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14 Geriatria 2007 Vol. XIX; n. 1 <strong>Gennaio</strong>/Febbraio<br />
Tab. 3 - Grado di parentela dei caregiver con i pazienti assistiti per area geografica (val. %)<br />
È stata evidenziata una sostanziale differenza<br />
tra i pazienti affetti da malattia di Alzheimer (DAT)<br />
e quelli con demenza vascolare (VD) in relazione<br />
alla prevalenza dei disturbi del comportamento<br />
(vedi Tab. 4).<br />
Infatti, oltre ai disturbi della memoria e al disorientamento<br />
temporo-spaziale, nei primi prevalgono<br />
l’affacendamento afinalistico ed il comportamento<br />
motorio aberrante, e nei secondi l’ansia, la<br />
depressione e l’insonnia.<br />
Inoltre, è stata osservata una differenza tra caregiver<br />
“familiari” e “istituzionali” relativamente al<br />
carico affettivo ed al coinvolgimento nelle attività<br />
sociali. Infatti, la maggior parte dei caregiver dei<br />
pazienti assistiti in famiglia presenta un disturbo<br />
depressivo con stato d’ansia ed insonnia, che si<br />
ripercuote poi sulla loro attività lavorativa e relazionale.<br />
I caregiver istituzionali invece assistono con<br />
impegno i loro pazienti, non presentando però fenomeni<br />
depressivi legati alla loro attività lavorativa.<br />
I risultati del nostro studio hanno quindi dimostrato<br />
che lo stress del caregiver è correlato alla gra-<br />
Reazioni emotive Reazioni fisiche<br />
rabbia affaticamento<br />
disperazione malattie<br />
imbarazzo<br />
senso di colpa<br />
riso, amore, gioia<br />
dolore<br />
depressione<br />
isolamento<br />
preoccupazioni<br />
essere fiduciosi<br />
essere realistici<br />
Nord-Ovest Nord-Est Centro Sud e Isole Totale<br />
Partner/coniuge 30.9 30.6 41.4 34.6 34.1<br />
Figlio/a 52.7 52.4 46.6 46.0 49.6<br />
Fratello/Sorella 2.3 1.9 1.1 3.8 2.4<br />
Nipote 4.3 3.8 1.1 3.3 3.2<br />
Altro 9.8 11.3 9.8 12.3 10.7<br />
Totale 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0<br />
Tab. 4<br />
Pincipali reazioni del Cargiver di fronte al compito dell’assistenza.<br />
vità dei disturbi del comportamento ed è direttamente<br />
proporzionale al progressivo aggravamento<br />
delle condizioni cliniche e del quadro psicopatologico<br />
del paziente, nonché al coinvolgimento affettivo<br />
del caregiver stesso.<br />
COMUNICAZIONE DELLA DIAGNOSI AL<br />
PAZIENTE<br />
Molti familiari dei pazienti affetti da demenza non<br />
vorrebbero informare il loro caro circa la patologia in<br />
atto e le conseguenze che questa potrebbe portare.<br />
In realtà è importante che il paziente sia informato<br />
perché la consapevolezza della diagnosi gli<br />
permette di progettare come godere del tempo che<br />
resta di inalterata attività mentale e di programmare<br />
il suo futuro.<br />
Il malato spesso sospetta già la diagnosi e in<br />
mancanza di adeguate informazioni può perdere<br />
fiducia nei confronti del medico e dei familiari<br />
giungendo a volte ad averne persino paura.<br />
Dopo la comunicazione della diagnosi un sostegno<br />
medico, psicologico e assistenziale dovrebbe essere<br />
a disposizione del paziente e della sua famiglia.<br />
COMUNICAZIONE DELLA DIAGNOSI AI FAMILIARI<br />
Essere correttamente informati circa la malattia<br />
e la sua evoluzione consente di ridurre il “BUR-<br />
DEN” cioè il peso fisico e psichico indotto dalla<br />
malattia sui familiari.<br />
Esistono organizzazioni di supporto che possono<br />
aiutare il caregiver in caso di necessità.<br />
L’obiettivo è quello di rassicurare il familiare,<br />
che rimane comunque il principale “ gestore “ della<br />
situazione.<br />
Il familiare che viene correttamente informato<br />
impara a convivere con la malattia e di conseguenza<br />
sviluppa meno stress e realizza una migliore<br />
interazione con il malato.<br />
COMUNICAZIONE DELLA DIAGNOSI AL<br />
CAREGIVER ISTITUZIONALE<br />
È importante che il medico informi anche il<br />
caregiver istituzionale della storia familiare e sanitaria<br />
del paziente, nonché della naturale evoluzione<br />
della patologia.<br />
È fondamentale un buon approccio iniziale con<br />
il paziente perché da questo dipende la collabora-