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36 Geriatria 2007 Vol. XIX; n. 1 <strong>Gennaio</strong>/Febbraio<br />

suoi elevati livelli circolanti sono stati associati all’obesità<br />

ed all’insulino-resistenza (8). Essa è un importante<br />

anello di congiunzione tra obesità, insulino-resistenza<br />

(9), diabete tipo 2 e NAFLD (10).<br />

I livelli plasmatici della resistina sono associati<br />

con i disturbi del metabolismo glucidico e lipidico.<br />

Anche nel diabete di tipo 2 la resistina e la adiponectina<br />

(altamente espressa nel tessuto adiposo<br />

bianco) giocano un ruolo fondamentale sulla genesi<br />

dell’insulino-resistenza.<br />

I livelli plasmatici di adiponectina sono ridotti<br />

nei soggetti con obesità legata all’insulino-resistenza,<br />

nel diabete di tipo 2 e nella malattia coronarica.<br />

Nei diabetici di tipo 2 questi tassi sono ridotti significativamente<br />

rispetto ai non-diabetici, mentre la<br />

concentrazione di adiponectina nei diabetici obesi è<br />

significativamente ridotta rispetto a quella dei diabetici<br />

non obesi. L’adiponectina plasmatica è correlata<br />

negativamente con il BMI, glicemia, trigliceridemia<br />

ed indice di di insulino-resistenza e positivamente<br />

con l’indice di sensibilità all’insulina. Infine,<br />

inibisce la neoglucogenesi epatica, promuove l’ossidazione<br />

degli acidi grassi nel muscolo scheletrico,<br />

contrasta gli effetti pro-infiammatori del TNF-α<br />

sulla parete vasale e probabilmente protegge dallo<br />

sviluppo del processo aterosclerotico. Nei pazienti<br />

obesi con insulino-resistenza l’adiponectina è ridotta<br />

non solo nel plasma ma anche nel tessuto adiposo<br />

e ciò li può predisporre all’instaurarsi di una<br />

progressiva forma di NAFLD o NASH. Pertanto,<br />

l’adiponectina possiede effetti antiflogistici, antidiabetici,<br />

antiobesità e, opponendosi allo sviluppo<br />

della fibrosi, deve essere considerata come sostanza<br />

epatoprotettrice (11).<br />

Elevati livelli di resistina antagonizzano l’azione<br />

dell’insulina epatica ed incrementano i valori<br />

plasmatici del glucosio. La resistina plasmatica è<br />

significativamente aumentata nei diabetici rispetto<br />

ai non-diabetici e, maggiormente, nei diabetici<br />

obesi rispetto ai non-obesi. Questi livelli plasmatici<br />

sono direttamente correlati con il BMI, la glicemia,<br />

la trigliceridemia e l’indice di insulino-resistenza e,<br />

negativamente con l’indice di sensibilità all’insulina.<br />

Tutto ciò suggerisce che nei pazienti diabetici di<br />

tipo 2 la relazione tra questi due ormoni e la sensibilità<br />

all’insulina svolge un ruolo decisivo nello sviluppo<br />

dell’insulino-resistenza (12). Questa adipochina<br />

possiede potenti proprietà pro-infiammatorie,<br />

agendo su IL-6 e TNF-α che però vengono soppresse<br />

dall’intervento dell’NFK-B-inibitore, il più<br />

importante fattore di inibizione della flogosi resistino-indotta.<br />

I livelli plasmatici della resistina, elevati<br />

nei cirrotici, sono anche correlati con quelli plasmatici<br />

del TNF-α, mentre non si è osservata alcuna<br />

correlazione tra essi e l’emodinamica epatica, la<br />

massa grassa corporea, il metabolismo energetico<br />

ed il grado di insulino-resistenza (13). Questi tassi<br />

plasmatici aumentano progressivamente con i vari<br />

stadi clinici della malattia, definiti dalle scale di<br />

Child-Pugh o Meld (Model for end-stage liver<br />

disease) (14). In questi pazienti cirrotici l’iperinsuli-<br />

nemia e gli elevati tassi plasmatici di TNF-α aumentano<br />

la resistina del tessuto adiposo. I livelli<br />

plasmatici di resistina sono associati negativamente<br />

con la produzione epatica di glucosio e positivamente<br />

con gli acidi grassi liberi circolanti così come<br />

con la produzione epatica di corpi chetonici. Dopo<br />

il trapianto del fegato i livelli plasmatici di resistina<br />

rimangono invariati mentre l’insulino-resistenza è<br />

significamene aumentata. Anche nei pazienti con<br />

NAFLD si riscontra una positiva correlazione tra i<br />

livelli di resistina e l’entità istologica dell’infiammazione.<br />

Pertanto, gli elevati livelli plasmatici di<br />

resistina sono in relazione alla gravità istologica<br />

della malattia, ma non con l’insulino-resistenza ed<br />

il BMI di questo tipo di pazienti (15).<br />

La NASH è caratterizzata da elevati livelli plasmatici<br />

di resistina, se comparata alla steatosi epatica.<br />

Tali elevati livelli di resistina sono fortemente<br />

predittivi dello stadio e del grado della NASH e<br />

possono essere clinicamente utilizzati per differenziare<br />

pazienti con NASH da quelli con una semplice<br />

steatosi. Infine, di recente si è visto che la NAFLD<br />

è associata ad elevati livelli plasmatici di PCR-ad alta<br />

sensibilità, fattore indipendente che può essere spiegato<br />

con la microinfiammazione presente nel fegato<br />

di questi pazienti (16).<br />

La resistina è direttamente correlata con la<br />

secrezione insulinica ed inversamente con la sensibilità<br />

all’insulina nei soggetti con malattie croniche<br />

del fegato e contribuisce, pertanto, al determinarsi<br />

di insulino-resistenza. I livelli plasmatici di resistina<br />

sono inversamente correlati con i marcatori<br />

della capacità biosintetica del fegato e direttamente<br />

correlati, probabilmente agendo a livello delle cellule<br />

stellate epatiche, con i marcatori dell’infiammazione<br />

come il TNF-α e PCR e con le complicanze<br />

cliniche (ad es. ipertensione portale). Colture di<br />

cellule stellate epatiche, che, una volta attivate, giocano<br />

un ruolo chiave nella patogenesi della flogosi<br />

epatica e della fibrosi attraverso la produzione di<br />

metalloproteinasi della matrice extracellulare,<br />

esposte alla resistina provocano, attraverso l’attivazione<br />

di NF-kappa B (Nuclear factor-kappa B),<br />

aumentata espressione di chemochine pro-infiammatorie<br />

come MCP-1 (Monocyte chemoattractant<br />

protein-1) ed IL-8 (Interleuchina-8). Anche le catecolamine<br />

partecipano alla patogenesi dell’ipertensione<br />

portale e della fibrosi epatica intervenendoo<br />

sulle cellule stellate epatiche attraverso gli α-1<br />

adrenocettori, particolarmente aumentati negli<br />

stadi avanzati della fibrosi. Le cellule stellate epatiche<br />

attivate sono ricche di questi recettori e la norepinefrina<br />

provoca in esse multiple e rapide oscillazioni,<br />

fosforilazione delle catene leggere della miosina<br />

(MLC II) e contrazione cellulare. Non interviene,<br />

invece, sulla proliferazione cellulare o sull’espressione<br />

dell’α-collagene, ma stimola la secrezione<br />

di chemochine e quella di NF-kappa B (17).<br />

TNF-α contribuisce alla perpetuazione della<br />

fibrosi epatica stimolando la produzione di metalloproteinasi-9<br />

della matrice da parte delle cellule

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