Approccio Computazionale alla Nanomineralogia
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<strong>Approccio</strong> <strong>Computazionale</strong> <strong>alla</strong> <strong>Nanomineralogia</strong><br />
Mauro Prencipe<br />
Note per la Scuola GNM: Proprietà ed applicazioni dei Minerali <strong>alla</strong> Nanoscala<br />
Otranto (Lecce) 14-18 Giugno 2004
Indice<br />
1 Premesse fisico-matematiche 2<br />
1.1 Stati di un sistema . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2<br />
1.2 Variabili dinamiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3<br />
1.3 Misure . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5<br />
1.4 Rappresentazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6<br />
1.5 Relazioni di commutazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9<br />
1.6 Principio di Corrispondenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10<br />
1.6.1 Un esempio semplice: la particella nella scatola . . . . . . . . . . . . . 12<br />
1.7 Momento Angolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13<br />
1.7.1 Un esempio: Lo spin dell’elettrone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15<br />
1.8 Autovettori del momento angolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17<br />
1.9 Equazioni del moto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17<br />
2 Applicazioni a sistemi atomici e molecolari 19<br />
2.1 L’atomo di idrogeno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19<br />
2.2 Il Principio di Antisimmetria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20<br />
2.3 Sistemi multielettronici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21<br />
2.4 Sistemi multinucleari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24<br />
2.5 L’energia elettronica nell’approssimazione monodeterminantale . . . . . . . . . 26<br />
2.6 Energia di correlazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29<br />
2.7 Metodo Variazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30<br />
3 Spazio di Fock e seconda quantizzazione 32<br />
3.1 Rappresentazione dello stato di un sistema nello spazio di Fock . . . . . . . . . 32<br />
3.2 Operatori nello spazio di Fock . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34<br />
3.3 Equazioni di Hartree-Fock . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37<br />
3.4 Funzioni base . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40<br />
3.4.1 Un esempio: la molecola H 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42<br />
4 Applicazione alle strutture cristalline 43<br />
4.1 Simmetria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43<br />
4.1.1 Un esempio: il gruppo 4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46<br />
4.2 Simmetria traslazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48<br />
4.3 Hartree-Fock periodico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50<br />
1
Capitolo 1<br />
Premesse fisico-matematiche<br />
1.1 Stati di un sistema<br />
In meccanica quantistica, lo stato di un sistema è specificato da un vettore di stato che contiene<br />
in sé tutte le informazioni sul sistema stesso, in linea di principio misurabili. Il generico<br />
stato del sistema viene identificato dal simbolo | 〉 e denominato vettore ket (notazione e<br />
nomenclatura dovuta a Dirac). Quando si faccia riferimento a un qualche stato particolare,<br />
è d’uso etichettarlo con una lettera posta entro il simbolo ket; per esempio |A〉 è il vettore<br />
ket che descrive un dato sistema nello stato A. Ai vettori ket possono farsi corrispondere dei<br />
vettori bra, di simbolo generico 〈 |; i bra sono definiti implicitamente da equazioni del tipo<br />
〈A|B〉 = c (1.1)<br />
dove, con la notazione 〈A|B〉 si intende il prodotto scalare tra i vettori |B〉 e 〈A|, essendo<br />
quest’ultimo il bra corrispondente (immaginario coniugato) al ket |A〉 e c un numero in generale<br />
complesso. Un’espressione 〈 | 〉 (o, più in generale, 〈· · · 〉) viene chiamata braket ed è quindi<br />
un numero (infatti è il prodotto scalare tra due vettori).<br />
I vettori ket possono essere moltiplicati per dei numeri (in generale complessi); si assume<br />
che gli stati corrispondenti ai vettori |A〉 e c|A〉 siano coincidenti. Lo stesso dicasi per i vettori<br />
bra. Il bra corrispondente al ket c|A〉 è 〈A|c, dove c indica il complesso coniugato di c.<br />
I vettori ket possono essere sommati per ottenere altri vettori ket, es.:<br />
|C〉 = c 1 |A〉 + c 2 |B〉 (1.2)<br />
dove c 1 , c 2 sono due numeri complessi. In tal caso si dice che lo stato corrispondente al ket<br />
|C〉 è una sovrapposizione degli stati corrispondenti ai ket |A〉 e |B〉. Similmente:<br />
〈C| = 〈A|c 1 + 〈B|c 2 (1.3)<br />
Due stati A e B si dicono ortogonali se 〈A|B〉 = 〈B|A〉 = 0. Ancora, uno stato A si dice<br />
normalizzato se il ket corrispondente soddisfa all’equazione 〈A|A〉 = 1.<br />
2
CAPITOLO 1. PREMESSE FISICO-MATEMATICHE 3<br />
Se nella (1.2) i ket |A〉 e |B〉 sono ortogonali (e normalizzati), i coefficienti c 1 e c 2 si ottengono<br />
moltiplicando l’equazione, a sinistra, rispettivamente per gli immaginari coniugati 〈A| e 〈B|:<br />
D’altra parte, usando la (1.3), abbiamo:<br />
〈A|C〉 = c 1 〈A|A〉 + c 2 〈A|B〉 = c 1 · 1 + c 2 · 0 = c 1<br />
〈B|C〉 = c 1 〈B|A〉 + c 2 〈B|B〉 = c 1 · 0 + c 2 · 1 = c 2<br />
(1.4)<br />
c 1 = 〈C|A〉 → c 1 = 〈C|A〉<br />
c 2 = 〈C|B〉 → c 2 = 〈C|B〉<br />
(1.5)<br />
Dal confronto delle (1.4) e (1.5) risulta allora che 〈A|C〉 = 〈C|A〉 e 〈B|C〉 = 〈C|B〉. In<br />
definitiva, affinchè un dato stato possa essere espresso in termini di sovrapposizione di altri<br />
stati, con coefficienti indipendenti d<strong>alla</strong> scelta della particolare rappresentazione (in ket o bra)<br />
conviene far valere la relazione generale<br />
1.2 Variabili dinamiche<br />
〈A|B〉 = 〈B|A〉 (1.6)<br />
L’effetto della misura di un’osservabile viene specificato tramite l’azione di un operatore sul ket<br />
che descrive il sistema. A ogni osservabile (o variabile dinamica) nota in meccanica classica<br />
corrisponde un operatore quantistico construito a partire da certe regole che, nell’insieme,<br />
prendono il nome di principio di corrispondenza.<br />
Se ˆF è l’operatore corrispondente <strong>alla</strong> variabile dinamica F , l’effetto della misura di F su<br />
un sistema nello stato rappresentato dal ket |A〉 è indicato dall’espressione ˆF |A〉. In generale,<br />
ˆF |A〉 = |B〉, dove |B〉 rappresenta un (diverso) stato del sistema; in altre parole, la misura<br />
di F comporta la transizione del sistema da uno stato A a uno stato (diverso) B. Vale pure<br />
un’equazione corrispondente per i bra: 〈A| ˆF † = 〈B|, dove l’operatore ˆF † viene detto coniugato<br />
Hermitiano (o aggiunto) di ˆF . Un operatore si dice Hermitiano (autoaggiunto) se ˆF = ˆF † .<br />
Gli operatori che rappresentano osservabili sono Hermitiani. Ricordando la (1.6), ponendo<br />
|B〉 = ˆF |C〉, abbiamo 〈B| = 〈C| ˆF † e:<br />
〈C| ˆF † |A〉 = 〈A| ˆF |C〉 (1.7)<br />
Gli operatori ˆF sono lineari nel senso che soddisfano equazioni del tipo<br />
ed analoghe sui bra.<br />
ˆF (c 1 |A〉 + c 2 |B〉) = c 1 ˆF |A〉 + c2 ˆF |B〉 (1.8)<br />
Non sempre l’effetto della misura dell’osservabile F su un sistema in uno stato A porta <strong>alla</strong><br />
transizione a uno stato diverso. In tali casi valgono equazioni del tipo<br />
ˆF |A〉 = a|A〉 (1.9)
CAPITOLO 1. PREMESSE FISICO-MATEMATICHE 4<br />
dove a è un numero e si è sfruttato il fatto che sia |A〉, sia a|A〉 descrivono lo stesso stato A.<br />
Equazioni simili sono molto importanti nella teoria generale e prendono il nome di equazioni<br />
agli autovalori. Con riferimento all’equazione (1.9), |A〉 si dice autovettore dell’operatore ˆF (lo<br />
stato A dicasi autostato) corrispondente all’autovalore a.<br />
Gli autovalori di un dato operatore Hermitiano corrispondente a una variabile dinamica F<br />
sono numeri reali. Infatti, stante la (1.9), vale la corrispondente<br />
〈A| ˆF = a〈A| (1.10)<br />
Moltiplicando la (1.9) a sinistra per 〈A| e la (1.10) a destra per |A〉 otteniamo:<br />
⎧<br />
⎨ 〈A| ˆF |A〉 = a〈A|A〉<br />
⎩<br />
〈A| ˆF |A〉 = a〈A|A〉<br />
(1.11)<br />
da cui a = a (cioé, a è un numero reale).<br />
Gli autovettori di un operatore Hermitiano corrispondenti ad autovalori diversi sono ortogonali:<br />
siano infatti<br />
⎧<br />
⎨ ˆF |A〉 = a|A〉<br />
(1.12)<br />
⎩ ˆF |B〉 = b|B〉<br />
con a diverso da b; moltiplicando per |A〉, da destra, l’immaginaria coniugata della seconda<br />
delle (1.12) e tenuto conto che b = b, si ha:<br />
〈B| ˆF |A〉 = b〈B|A〉 (1.13)<br />
D’altra parte, moltiplicando per 〈B|, da sinistra, la prima delle (1.12), abbiamo<br />
〈B| ˆF |A〉 = a〈B|A〉 (1.14)<br />
Sottraendo la (1.13) d<strong>alla</strong> (1.14) si ottiene (a − b)〈B|A〉 = 0 ed essendo per ipotesi a − b ≠ 0,<br />
segue 〈B|A〉 = 0.<br />
Si noti che se vale ˆF |A〉 = a|A〉 allora c ˆF |A〉 = ˆF c|A〉 = a c|A〉; in altre parole, se |A〉 è<br />
autovettore di ˆF associato all’autovalore a, anche c|A〉 è un autovettore associato allo stesso<br />
autovalore (si ricordi pure che |A〉 e c|A〉 descrivono lo stesso stato A).<br />
Un autovalore associato ad autovettori diversi (non proporzionali) si dice degenere. Una<br />
qualunque combinazione lineare di autovettori associati a un autovalore degenere è ancora un<br />
autovettore associato al medesimo autovalore: se<br />
ˆF |A i 〉 = a|A i 〉 (i = 1, n) (1.15)<br />
allora<br />
)<br />
( ∑<br />
i<br />
ˆF<br />
c i |A i 〉<br />
= ∑ i<br />
)<br />
( ∑<br />
i<br />
c i ˆF |Ai 〉 = a<br />
c i |A i 〉<br />
(1.16)
CAPITOLO 1. PREMESSE FISICO-MATEMATICHE 5<br />
Vediamo ancora una proprietà riguardante il coniugato Hermitiano del prodotto di due operatori<br />
ˆF e Ĝ; posti ˆF |A〉 = |B〉 e Ĝ † |C〉 = |D〉, si ha:<br />
Allora,<br />
〈B|D〉 = 〈A| ˆF † Ĝ † |C〉 = 〈D|B〉 = 〈C|Ĝ ˆF |A〉 = 〈A|(Ĝ ˆF ) † |C〉 (1.17)<br />
(Ĝ ˆF ) † = ˆF † Ĝ † (1.18)<br />
dove si è sfruttato il fatto che, per un qualunque operatore Ĝ, (Ĝ† ) † = Ĝ. In una sezione successiva<br />
si vedrà che il prodotto di operatori non è in generale commutativo ( ˆF Ĝ ≠ Ĝ ˆF ) e conta<br />
quindi l’ordine con cui i prodotti sono effettuati. La (1.18) dice che il coniugato Hermitiano<br />
del prodotto di due operatori è uguale al prodotto in ordine inverso dei coniugati Hermitiani<br />
degli stessi.<br />
1.3 Misure<br />
Si assume che il risultato della misura dell’osservabile F su un sistema che si trovi in un<br />
autostato di ˆF sia l’autovalore corrispondente a quell’autostato (o meglio, corrispondente all’autovettore<br />
associato a quell’autostato). Dunque, se vale ˆF |A〉 = a|A〉, a è il risultato della<br />
misura di F quando il sistema si trovi nello stato A descritto da |A〉. Se A è normalizzato,<br />
a = 〈A| ˆF |A〉.<br />
Se il sistema si trova in uno stato B che non è autostato di F , si assume comunque che il<br />
risultato della misura di F sia uno dei possibili autovalori di ˆF . Non è dato tuttavia conoscere<br />
con certezza quale tra gli autovalori di ˆF sia il risultato di una singola misura: è noto che<br />
la misura non potrà fornire che uno degli autovalori di ˆF , ma non si sa quale di questi. Si<br />
assume pure che il valore 〈B| ˆF |B〉 sia il valor medio di un gran numero di misure della stessa<br />
osservabile su sistemi identici (e non più misure ripetute della stessa osservabile sullo stesso<br />
sistema). Inoltre, per continuità fisica, la misura di un’osservabile F compiuta una seconda<br />
volta sullo stesso sistema deve dare lo stesso valore ottenuto con la prima misura. Sia a il<br />
risultato della prima misura di F su un sistema che si trova in uno stato B che non è autostato<br />
di F : sappiamo che a deve essere un autovalore di F ; ora, se ripetiamo la misura una seconda<br />
volta, per la continuità fisica di cui sopra, sappiamo che il risultato deve essere certamente a:<br />
questo vuol dire che, per la seconda misura, il sistema dove trovarsi in quell’autostato (A) di<br />
F associato all’autovalore a. Ma allora la prima misura ha causato la transizione del sistema<br />
dallo stato B allo stato A (collasso della funzione d’onda).<br />
Poiché la misura di un’osservabile F su un qualunque stato B causa la transizione da B<br />
a un autostato A di F , si ammette che B (qualunque esso sia) sia sempre esprimibile come<br />
sovrapposizione di un certo numero di autostati di F ; la misura avrebbe l’effetto di proiettare<br />
lo stato B su uno degli stati base da cui è composto. In formule:<br />
|B〉 = c 1 |A 1 〉 + · · · + c n |A n 〉 ≡ ∑<br />
c i |A i 〉 (1.19)<br />
i=1,n<br />
〈B| ˆF |B〉 = ∑ i,j<br />
c i c j 〈A i | ˆF |A j 〉 = ∑ i,j<br />
c i c j a j 〈A i |A j 〉 = ∑ i,j<br />
c i c j a j δ ij = ∑ j<br />
|c j | 2 a j (1.20)
CAPITOLO 1. PREMESSE FISICO-MATEMATICHE 6<br />
dove δ ij (delta di Krönecker) vale 1 se i = j, 0 altrimenti e si è tenuto conto dell’ortonormalità<br />
degli autostati di F . Il valor medio di F nello stato B è dunque una media pesata degli autovalori<br />
di F ; i quadrati dei moduli dei numeri (complessi) c i , coefficienti della combinazione<br />
lineare che esprime B in funzione degli A i , rappresentano i pesi nella media degli autovalori.<br />
In altri termini, ciascun |c i | 2 è la probabilità che la misura di F dia come risultato l’autovalore<br />
a i , nello stato rappresentato da |B〉; i c i sono allora le corrispondenti ampiezze di probabilità.<br />
Poiché B è uno stato generico (qualunque) di un sistema, perchè una misura di una data<br />
osservabile F sia sempre possibile, deve esistere un numero sufficiente di autostati di F con i<br />
quali esprimere qualunque stato B; in altre parole, gli autostati di F costitiscono un insieme<br />
completo. Data l’ortonormalità degli A i vale:<br />
〈A j |B〉 = ∑ i<br />
c i 〈A j |A i 〉 = ∑ i<br />
c i δ ij = c j (1.21)<br />
dunque i c i sono i prodotti scalari 〈A i |B〉. Allora,<br />
|B〉 = ∑ i<br />
c i |A i 〉 = ∑ i<br />
〈A i |B〉|A i 〉 = ∑ i<br />
|A i 〉〈A i |B〉 (1.22)<br />
Data la genericità di B vale allora la condizione di completezza:<br />
∑<br />
|A i 〉〈A i | = 1 (1.23)<br />
i<br />
Una variabile dinamica è un’osservabile solo se dispone di un insieme completo di autostati.<br />
1.4 Rappresentazioni<br />
Per i risultati visti <strong>alla</strong> sezione precedente, un insieme completo di autostati A i di una qualunque<br />
variabile dinamica F può essere usato per esprimere un qualunque stato B di un dato sistema.<br />
I coefficienti c i della combinazione lineare che esprime B in funzione degli A i definiscono<br />
univocamente B, cioè, fissata una base di autovettori, B viene univocamente rappresentato<br />
dai coefficienti della combinazione lineare:<br />
|B〉<br />
|A i 〉<br />
−→ (c 1 , . . . , c n ) ≡ {c i } i=1,n (1.24)<br />
Si dice che l’insieme dei c i costituisce una rappresentazione di B nello spazio degli autostati<br />
di F . La rappresentazione dipende comunque d<strong>alla</strong> scelta di F , così come la rappresentazione<br />
di un vettore della geometria ordinaria, in termini delle sue componenti lungo tre direzioni,<br />
dipende dallo specifico sistema di riferimento prescelto.<br />
Nella generalità dei casi il numero di autostati di una data osservabile non è finito e neppure<br />
è discreto il che vuol dire che possono esistere infiniti autostati variabili con continuità in un<br />
dato intervallo (che non è detto sia finito). Un esempio classico è quello delle coordinate di un<br />
oggetto: esistono infinite posizioni (coordinate espresse da tre numeri reali in un dato riferimento<br />
cartesiano) in cui un oggetto può trovarsi e, supposto non vi siano vincoli particolari,
CAPITOLO 1. PREMESSE FISICO-MATEMATICHE 7<br />
tali posizioni possono variare con continuità in un dato intervallo. Essendo la posizione di un<br />
oggetto un’osservabile, detto |r〉 il generico autostato dell’operatore posizione ˆr [r è l’insieme<br />
delle tre coordinate spaziali (x, y, z)], per cui ˆr|r〉 = r|r〉, un qualunque stato B potrà essere<br />
rappresentato dai coefficienti c(r) = 〈r|B〉 i quali, essendo le coordinate r variabili con continuità,<br />
sono in realtà delle funzioni delle stesse. Al variare di r, il ket |r〉 (o il bra 〈r|) descrive<br />
tutti i possibili autovettori di ˆr e c(r) rappresenta l’intero insieme dei coefficienti che esprimono<br />
|B〉 in funzione di |r〉. La funzione c(r) dunque è la rappresentazione di |B〉 nello spazio<br />
delle coordinate (rappresentazione di Schrödinger) ed è normalmente indicata con il simbolo<br />
ψ(r) (funzione d’onda). Quanto detto a proposito dei c i , in merito <strong>alla</strong> loro interpretazione in<br />
termini di ampiezze di probabilità, si traspone facilmente al caso degli autovalori continui: la<br />
funzione ψ(r) è l’ampiezza di probabilità che la misura della posizione di un oggetto dia come<br />
risultato r. La corrispondente densità di probabilità nel punto r è |ψ(r)| 2 , mentre la probabilità<br />
che la misura posizionale dia un valore compreso nell’intervallo infinitesimo dr è |ψ(r)| 2 dr.<br />
Nel caso di autovettori continui, la condizione di completezza (1.23) viene conveniente<br />
espressa da<br />
∫<br />
|r〉dr〈r| = 1 (1.25)<br />
dove la sommatoria (discreta) sugli autostati è stata sostituita da un integrale (sommatoria<br />
continua) sugli stessi. Risulta:<br />
∫<br />
∫<br />
|B〉 = 1 |B〉 = |r〉dr〈r|B〉 = |r〉dr ψ B (r) (1.26)<br />
La rappresentazione di B in un altro sistema di riferimento r ′ sarà allora facilmente ottenibile<br />
d<strong>alla</strong> (1.26):<br />
∫<br />
ψ B (r ′ ) = 〈r ′ |r〉dr ψ B (r) (1.27)<br />
ammesso di conoscere la funzione di trasformazione 〈r ′ |r〉.<br />
Se |A〉 è un ket normalizzato che descrive lo stato di una particella, 〈A|A〉 = 1. Nella<br />
rappresentazione di Schrödinger, per la condizione di completezza, si ha allora:<br />
∫<br />
∫<br />
∫<br />
〈A|A〉 = 1 = 〈A|1|A〉 = 〈A|r〉dr〈r|A〉 = dr ψ(r)ψ(r) = dr |ψ(r)| 2 (1.28)<br />
Vale a dire: l’integrale su tutto lo spazio della probabilità di trovare la particella in una qualche<br />
posizione r vale 1. Diviene così evidente la necessità di usare funzioni d’onda normalizzate:<br />
poiché deve essere certa la probabilità di trovare la particella in qualche punto dello spazio,<br />
la somma (integrale) delle probabilità su tutte le possibili posizioni deve essere 1 (1 è, per<br />
definizione, la probabilità dell’evento certo).<br />
Anche gli operatori possono essere rappresentati nello spazio base degli autovettori di una<br />
qualche variabile dinamica. Con riferimento al caso discreto e finito, sia ˆF un operatore e sia<br />
{|A i 〉} i=1,n un insieme completo (e finito) di vettori; l’insieme dei numeri f ij = 〈A i | ˆF |A j 〉<br />
costituisce la corrispondente rappresentazione di ˆF . Gli fij possono essere organizzati nella
CAPITOLO 1. PREMESSE FISICO-MATEMATICHE 8<br />
forma di una matrice quadrata di n righe ed n colonne:<br />
⎛<br />
⎞<br />
f 11 · · · f 1n<br />
ˆF |A i〉<br />
−→ {f ij } i,j=1,n → ⎜<br />
⎝ . . ⎟<br />
⎠ (1.29)<br />
f n1 · · · f nn<br />
Consideriamo ora l’espressione ˆF |B〉 = |C〉; introducendo la condizione di completezza (1.23)<br />
e moltiplicando a destra per 〈A j |, si ottiene:<br />
∑<br />
〈A j | ˆF |A i 〉〈A i |B〉 = 〈A j |C〉 (1.30)<br />
i<br />
Indicati rispettivamente con b i e c j gli scalari 〈A i |B〉 e 〈A j |C〉, l’equazione (1.30) può allora<br />
scriversi come<br />
c j = ∑ f ji b i (1.31)<br />
i<br />
La sommatoria implicata nella (1.31) altro non è che l’ordinario prodotto riga per colonna<br />
della matrice rappresentativa di ˆF per il vettore colonna (n righe e una colonna) rappresentativo<br />
di |B〉. L’insieme dei c j [uno per ogni 〈A j | nella (1.30)] costituisce il vettore colonna<br />
rappresentativo di |C〉. In sintesi:<br />
⎛<br />
⎞ ⎛ ⎞ ⎛ ⎞<br />
f 11 · · · f 1n b 1 c 1<br />
ˆF |B〉 = |C〉 |A i〉<br />
−→ ⎜<br />
⎝ . . ⎟ ⎜<br />
⎠ ⎝ . ⎟<br />
⎠ = ⎜<br />
⎝ . ⎟<br />
⎠ (1.32)<br />
f n1 · · · f nn b n c n<br />
Si noti che la rappresentazione di un operatore ˆF nello spazio base dei suoi stessi autovettori<br />
|A i 〉 è una matrice diagonale: gli elementi sulla diagonale principale sono gli autovalori di ˆF ,<br />
e tutti gli altri sono nulli:<br />
⎛ ⎞<br />
a 1<br />
.. .<br />
a n<br />
〈A j | ˆF |A i 〉 = a i 〈A j |A i 〉 = a i δ ij → ˆF |A i〉<br />
−→<br />
⎜<br />
⎝<br />
⎟<br />
⎠ (1.33)<br />
La ricerca degli autovalori di una data osservabile F viene perciò anche detta diagonalizzazione<br />
(della matrice rappresentativa, in un qualche spazio) di ˆF .<br />
Sappiamo che un operatore ˆF è Hermitiano se coincide con il suo coniugato Hermitiano:<br />
ˆF = ˆF † . In tal caso, ricordando la (1.7):<br />
〈A j | ˆF |A i 〉 = 〈A i | ˆF † |A j 〉 = 〈A i | ˆF |A j 〉 → f ji = f ij (1.34)<br />
Una matrice F i cui elementi coincidono con i complessi coniugati della matrice trasposta<br />
(f ji = f ij ) viene detta Hermitiana; la (1.34) dice allora che la matrice rappresentativa di un
CAPITOLO 1. PREMESSE FISICO-MATEMATICHE 9<br />
operatore Hermitiano è Hermitiana.<br />
La matrice rappresentativa dell’operatore Ĥ, prodotto di due operatori ˆF e Ĝ, in una base<br />
{|A i 〉} i=1,n , ha elementi h ij = 〈A i | ˆF Ĝ|A j〉. Per la condizione di completezza:<br />
h ij = ∑ k<br />
〈A i | ˆF |A k 〉〈A k |Ĝ|A j〉 (1.35)<br />
La (1.35) è l’elemento (i, j) della matrice prodotto riga per colonna delle due matrici rappresentative<br />
di ˆF e Ĝ, rispettivamente:<br />
h ij = ∑ k<br />
f ik g kj (1.36)<br />
da cui:<br />
Ĥ = ˆF Ĝ |A i〉<br />
−→<br />
⎛<br />
⎞ ⎛<br />
⎞ ⎛<br />
⎞<br />
h 11 · · · h 1n f 11 · · · f 1n g 11 · · · g 1n<br />
⎜<br />
⎝ . . ⎟<br />
⎠ = ⎜<br />
⎝ . . ⎟ ⎜<br />
⎠ ⎝ . . ⎟<br />
⎠ (1.37)<br />
h n1 · · · h nn f n1 · · · f nn g n1 · · · g nn<br />
Vale a dire: la matrice rappresentativa dell’operatore prodotto di due operatori è il prodotto<br />
riga per colonna delle matrici rappresentative dei due operatori.<br />
1.5 Relazioni di commutazione<br />
Siano A e B due variabili dinamiche, associate agli operatori  e ˆB, e sia |A〉 un autovettore<br />
di  associato all’autovalore a; supponiamo di compiere una misura dell’osservabile A<br />
e successivamente una misura dell’osservabile B, su un sistema che (all’inizio) sia nello stato<br />
rappresentato da |A〉. Il risultato della prima misura è a, e il sistema rimane ancora nello stato<br />
A (infatti |A〉 è autovettore di Â). La seconda misura fornirà un certo autovalore di B (secondo<br />
una data distribuzione di probabilità che dipende dai coefficienti della combinazione lineare di<br />
|A〉 in funzione degli autovettori |B i 〉 di ˆB ) e porterà il sistema nel corrispondente autostato di<br />
B. Supponiamo ora di invertire le due misure: la prima misura (B) fornirà ancora uno tra gli<br />
autovalori di ˆB (secondo la stessa distribuzione di probabilità di cui sopra); la seconda misura<br />
(A) non darà più con certezza il valore a perchè, a seguito della prima misura, il sistema si è<br />
spostato da un autostato di A a un autostato di B che, in generale, non è pure autostato di<br />
A. Le due misurazioni non sono dunque scambiabili: ai fini del risultato conta l’ordine con cui<br />
vengono effettuate. In formule<br />
ˆBÂ|A〉 ≠ Â ˆB|A〉 → ˆBÂ ≠ Â ˆB → ˆBÂ − Â ˆB ≠ 0 (1.38)<br />
Dunque, a differenza del prodotto ordinario, il prodotto tra operatori non è commutativo. Una<br />
notazione compatta per indicare la differenza ˆBÂ−Â ˆB è [ ˆB, Â]. Tale espressione viene detta<br />
commutatore (di  e di ˆB). Si noti che [ ˆB, Â] = −[Â, ˆB].
CAPITOLO 1. PREMESSE FISICO-MATEMATICHE 10<br />
Supponiamo ora che i due operatori commutino: questo vuol dire che [ ˆB, Â] = 0. In tal<br />
caso:<br />
 ˆB|A〉 = ˆBÂ|A〉 = a ˆB|A〉 (1.39)<br />
La (1.39), letta nel modo Â( ˆB|A〉) = a( ˆB|A〉), insieme con la Â|A〉 = a|A〉, dice che sia |A〉<br />
sia ˆB|A〉 sono autovettori dell’operatore Â, associati allo stesso autovalore a; allora, per quanto<br />
detto in precedenza (a meno di degenerazioni dell’autovalore che qui non consideriamo) ˆB|A〉<br />
e |A〉 descrivono lo stesso autostato e devono quindi differire al più per una certa costante (sia<br />
b). Dunque<br />
ˆB|A〉 = b|A〉 (1.40)<br />
vale a dire: |A〉 è autovettore di ˆB con autovalore associato b. In sintesi, due operatori che<br />
commutano hanno uno stesso insieme di autovettori; in tal caso sono possibili misure simultanee<br />
delle osservabili corrispondenti che forniscono risultati certi e indipendenti dall’ordine con<br />
cui vengono effettuate. In generale, dato un insieme I = {A i } i=1,n di osservabili che commutano,<br />
cioè tali per cui per ciascuna coppia (i, j) vale [Âi, Âj] = 0, ciascun autovettore potrà<br />
essere etichettato dall’insieme (a 1 , . . . , a n ) degli autovalori associati (uno per ogni operatore<br />
dell’insieme)<br />
|A〉 → |a 1 , . . . , a n 〉 ≡ |a〉 (1.41)<br />
dove si è indicato con a l’insieme {a i } i=1,n .<br />
Nella teoria generale è importante saper trattare con espressioni del tipo [AB, C] dove con<br />
A,B e C si intendono tre operatori (si è omesso il simbolo ˆ su ciascun operatore):<br />
[AB, C] = ABC − CAB = ABC − CAB + ACB − ACB<br />
Analogamente [A, BC] = B[A, C] + [A, B]C.<br />
= A(BC − CB) + (AC − CA)B = A[B, C] + [A, C]B (1.42)<br />
1.6 Principio di Corrispondenza<br />
Il principio di corrispondenza stabilisce regole precise per tradurre qualunque osservabile classica<br />
nel corrispondente operatore quantistico. Trattandosi per l’appunto di un principio, una<br />
sua dimostrazione non è formalmente richiesta e la sua veridicità, assunta a priori, si giustifica<br />
in base all’accordo tra i risultati sperimentali e quelli predetti con calcoli quantistici che<br />
ne facciano uso. Tuttavia è possibile ottenere dimostrazioni di tale principio assumendo a<br />
priori la veridicità di altri principi da cui viene poi ottenuto per derivazione logica. Una via<br />
(quella seguita da Dirac) consiste nello stabilire una corrispondenza tra il commutatore di due<br />
operatori quantistici  e ˆB e la parentesi di Poisson delle due variabili dinamiche classiche<br />
corrispondenti. L’altra via (quella seguita da Schwinger) consiste nell’assumere come principio<br />
base quello di minima azione: classicamente, data la Lagrangiana L di un sistema, la corretta<br />
traiettoria spazio-temporale percorsa dal sistema, nella propria evoluzione da un tempo t 1 a<br />
un tempo t 2 , è quella che rende minimo l’integrale di azione:<br />
I =<br />
∫ t2<br />
t 1<br />
L dq (1.43)
CAPITOLO 1. PREMESSE FISICO-MATEMATICHE 11<br />
dove q è un insieme di variabili canoniche atte a descrivere la traiettoria. Il principio di minima<br />
azione assume la forma δI = 0, ove con δI si intenda la variazione dell’integrale di azione a<br />
seguito di una variazione arbitraria della traiettoria tra gli estremi temporali t 1 e t 2 . È possibile<br />
formulare l’evoluzione di un sistema quantistico in modo analogo, costruendo opportunamente<br />
una Lagrangiana quantistica che, assunta la validità del principio di minima azione anche per<br />
un sistema quantistico, consenta di ottenere le corrette traiettorie spazio-temporali. D<strong>alla</strong><br />
corrispondenza tra le Lagrangiane classica e quantistica discendono poi le regole di traduzione<br />
delle osservabili classiche negli operatori quantistici.<br />
La trattazione dettagliata del principio di corrispondenza è molto complessa e va al di là<br />
degli scopi di queste note; seguiamo perciò una trattazione molto semplificata e parziale del<br />
principio, a partire d<strong>alla</strong> relazione di de Broglie, che supporremo nota e assunta a priori, tra<br />
impulso (p) di una particella e lunghezza d’onda (λ) dell’onda associata:<br />
dove h è la costante di Planck.<br />
λ = h/p (1.44)<br />
L’espressione generale di un’onda piana di vettore d’onda ⃗ k è ψ = e ı⃗k·⃗r . Riferendoci al<br />
caso semplice monodimensionale di un’onda che si propaga lungo x: ψ = e ıkx . Ricordando la<br />
relazione di Eulero e ıa = cos a + ı sin b, ψ = cos(kx) + ı sin(kx). A partire da una delle due<br />
componenti (reale o immaginaria) dell’onda ψ si evince facilmente che la lunghezza d’onda<br />
è data d<strong>alla</strong> relazione kλ = 2π, da cui: k = 2π/λ. Introducendo la (1.44), otteniamo:<br />
k = 2πp/h = p/¯h, dove ¯h = h/2π. In definitiva: ψ = e ıpx/¯h .<br />
Consideriamo ora la derivata rispetto a x dell’onda ψ:<br />
dψ<br />
dx = d<br />
eıpx/¯h = ıp¯h eıpx/¯h (1.45)<br />
dx<br />
Possiamo allora definire l’operatore −ı¯h d/dx che, agendo su ψ, fornisce<br />
−ı¯h d ψ = pψ (1.46)<br />
dx<br />
L’equazione (1.46) è un’equazione agli autovalori in cui un dato operatore (−ı¯h d/dx) agisce<br />
su una funzione (ψ) per dare la stessa funzione moltiplicata per una costante (p). Possiamo<br />
allora assumere che l’espressione quantistica dell’operatore impulso ˆp, nella rappresentazione di<br />
Schrödinger, sia proprio −ı¯h d/dx e ψ = e ıpx/¯h sia l’autovettore dell’operatore corrispondente<br />
all’autovalore p.<br />
In tre dimensioni l’operatore ˆp diviene un operatore vettoriale con tre componenti<br />
(ˆp x , ˆp y , ˆp z ), per cui<br />
(<br />
)<br />
ˆp = −ı¯h ∂/∂x⃗i + ∂/∂y⃗j + ∂/∂z ⃗ k ≡ −ı¯h∇ (1.47)<br />
dove (⃗i,⃗j, ⃗ k) sono tre vettori ortonormali e ∇ è l’operatore vettoriale gradiente. Si noti che ˆp 2 =<br />
ˆp·ˆp = −¯h 2 (∂ 2 /∂ 2 x+∂ 2 /∂ 2 y+∂ 2 /∂ 2 z) ≡ −¯h 2 ∇ 2 (dove ∇ 2 è l’operatore Laplaciano); l’operatore<br />
corrispondente all’energia cinetica ( ˆT ) di una particella di massa m, che classicamente è definita<br />
come p 2 /2m, è dunque −¯h 2 /2m∇ 2 .
CAPITOLO 1. PREMESSE FISICO-MATEMATICHE 12<br />
Data la commutabilità degli operatori di derivazione risulta che [ ˆT , ˆp ] = 0, per cui gli<br />
autostati dell’impulso sono anche autostati dell’energia cinetica; del resto, è immediato verificare<br />
che vale ˆT ψ = p 2 /2m ψ, essendo ψ l’autovettore dell’impulso, di cui all’equazione (1.46).<br />
Considerazioni che qui non sviluppiamo mostrano che, nella rappresentazione di Schrödinger,<br />
gli operatori posizione (ˆx, ŷ e ẑ), corrispondenti alle osservabili posizionali x, y e z,<br />
consistono nella semplice moltiplicazione per x, y e z.<br />
Si noti che [ˆp x , ˆx] ≠ 0 (ed analoghe relative alle altre due componenti, y e z); infatti,<br />
utilizzando una qualunque funzione di prova f(x), si ha:<br />
[d/dx, x]f(x) = (d/dx x − x d/dx)f(x) = d [xf(x)] − xdf(x)<br />
dx dx<br />
da cui, dovendo la (1.48) valere per qualunque f:<br />
= f(x) (1.48)<br />
[ˆp x , ˆx] = −ı¯h (1.49)<br />
Questo significa che gli autovettori dell’operatore ˆp non sono gli stessi dell’operatore ˆr: non è<br />
possibile conoscere con certezza e nello stesso tempo sia la posizione, sia l’impulso di una data<br />
particella (Principio di Indeterminazione di Heisenberg). Sono invece nulli tutti i commutatori<br />
del tipo [ˆp x , ŷ] tra componenti di ˆp e di ˆr riferite a direzioni diverse.<br />
1.6.1 Un esempio semplice: la particella nella scatola<br />
Immaginiamo una particella di massa m costretta a muoversi in una regione monodimensionale<br />
di lunghezza L nell’intervallo tra i punti x = 0 e x = L (scatola; l’esempio è facilmente<br />
estensibile alle 3 dimensioni) e cerchiamo gli autovalori e gli autovettori dell’operatore energia<br />
cinetica ˆT = ˆp 2 /2m. Sappiamo già che la funzione ψ = e ıpx/¯h è autofunzione di ˆT , ma non<br />
è l’unica. In realtà, come è facile verificare, anche funzioni del tipo cos(kx) e sin(kx) sono<br />
autofunzioni di ˆT , così come lo è una loro qualunque combinazione lineare [per la (1.16)]:<br />
ψ(x) = A cos(kx) + B sin(kx) (1.50)<br />
Se vogliamo, la soluzione ψ = e ıpx/¯h è una soluzione particolare con A = 1 e B = ı. Essendo<br />
la particella confinata entro l’intervallo (x ≥ 0, x ≤ L) la sua funzione d’onda deve annullarsi<br />
all’esterno della scatola (perchè la probabilità di trovare la particella fuori d<strong>alla</strong> scatola è nulla).<br />
La continuità della funzione ψ nel passaggio dall’esterno all’interno della scatola impone allora<br />
le due condizioni al contorno ψ(0) = 0, ψ(L) = 0. D<strong>alla</strong> prima condizione risulta:<br />
ψ(0) = 0 = A cos 0 + B sin 0 = A → A = 0 (1.51)<br />
da cui ψ = B sin(kx).<br />
Con la seconda condizione si ottiene:<br />
ψ(L) = 0 = B sin(kL) → sin(kL) = 0 → kL = nπ → k = nπ/L (1.52)
CAPITOLO 1. PREMESSE FISICO-MATEMATICHE 13<br />
dove n è un numero intero non nullo (se fosse k = 0 la funzione d’onda sarebbe nulla ovunque:<br />
non esistenza della particella; per lo stesso motivo non può essere B = 0). Nota la relazione<br />
tra k e p (di cui al paragrafo precedente: k = p/¯h), l’energia cinetica della particella sarà:<br />
T = p 2 /2m = ¯h 2 k 2 /2m = n 2¯h 2 π 2 /2mL 2 = n 2 h 2 /8mL 2 (1.53)<br />
Il risultato notevole è che il valore di T non può essere qualunque ma è ristretto ai multipli<br />
interi di h 2 /8mL 2 : la particella non può avere un qualsivoglia valore dell’energia cinetica, così<br />
come non può avere un momento p (e velocità) qualunque. Ancora, poiché n deve essere non<br />
nullo, l’energia cinetica della particella non può in alcun caso essere nulla: la particella non<br />
può stare ferma. L’energia cinetica più bassa consentita è h 2 /8mL 2 ed è chiamata energia di<br />
punto zero.<br />
La quantizzazione dell’energia cinetica (cioè la sua non continuità), ovvero l’esistenza di livelli<br />
energetici discreti, è una diretta conseguenza dell’imposizione delle condizioni al contorno.<br />
1.7 Momento Angolare<br />
Una osservabile classica particolarmente importante che, nei campi di forza centrali, è una<br />
costante del moto, è il momento angolare ⃗ l = ⃗r × ⃗p, dove il prodotto implicato è vettoriale.<br />
In componenti:<br />
⎧⎪ ⎨<br />
⎪ ⎩<br />
l x = yp z − zp y<br />
l y = zp x − xp z<br />
(1.54)<br />
l z = xp y − yp x<br />
Il modulo quadro di ⃗ l è la somma dei quadrati delle tre componenti: l 2 ≡ | ⃗ l| 2 = l 2 x + l 2 y + l 2 z.<br />
È interessante calcolare le relazioni di commutazione tra le diverse componenti del momento<br />
angolare, ad esempio:<br />
[ˆl x , ˆl y ] = [ŷˆp z − ẑ ˆp y , ẑ ˆp x − ˆxˆp z ] = [ŷˆp z , ẑ ˆp x ] − [ŷˆp z , ˆxˆp z ] − [ẑ ˆp y , ẑ ˆp x ] + [ẑ ˆp y , ˆxˆp z ] (1.55)<br />
Il primo commutatore a destra dell’ultima uguaglianza vale<br />
[ŷˆp z , ẑ ˆp x ] = ŷ[ˆp z , ẑ ˆp x ] + [ŷ, ẑ ˆp x ]ˆp z<br />
= ŷẑ[ˆp z , ˆp x ] + ŷ[ˆp z , ẑ]ˆp x + ẑ[ŷ, ˆp x ]ˆp z + [ŷ, ẑ]ˆp xˆp z = −ı¯hŷˆp x (1.56)<br />
Il secondo ed il terzo commutatore della (1.55) sono nulli, mentre il quarto vale:<br />
[ẑ ˆp y , ˆxˆp z ] = ẑ[ˆp y , ˆxˆp z ] + [ẑ, ˆxˆp z ]ˆp y<br />
= ẑˆx[ˆp y , ˆp z ] + ẑ[ˆp y , ˆx]ˆp z + ˆx[ẑ, ˆp z ]ˆp y + [ẑ, ˆx]ˆp z ˆp y = ı¯hˆxˆp y (1.57)<br />
In definitiva:<br />
[ˆl x , ˆl y ] = ı¯h(ˆxˆp y − ŷˆp x ) = ı¯hˆl z (1.58)<br />
In modo del tutto analogo si dimostra che [ˆl y , ˆl z ] = ı¯hˆl x e [ˆl x , ˆl z ] = −ı¯hˆl y . La non<br />
commutabilità delle diverse componenti del momento angolare implica la non misurabilità
CAPITOLO 1. PREMESSE FISICO-MATEMATICHE 14<br />
simultanea delle stesse: per un dato sistema è possibile specificare solo una delle tre componenti<br />
del momento angolare. Si noti che:<br />
[ˆl 2 , ˆl z ] = [ˆl 2 x, ˆl z ] + [ˆl 2 y, ˆl z ] + [ˆl 2 z, ˆl z ]<br />
= ˆl x [ˆl x , ˆl z ] + [ˆl x , ˆl z ]ˆl x + ˆl y [ˆl y , ˆl z ] + [ˆl y , ˆl z ]ˆl y + ˆl z [ˆl z , ˆl z ] + [ˆl z , ˆl z ]ˆl z<br />
= −ı¯hˆl xˆly − ı¯hˆl y ˆlx + ı¯hˆl y ˆlx + ı¯hˆl xˆly = 0 (1.59)<br />
Analogamente: [ˆl 2 , ˆl x ] = [ˆl 2 , ˆl y ] = 0. Il modulo quadro del momento angolare totale (o la sua<br />
radice e quindi il modulo del momento angolare totale) è quindi misurabile simultaneamente<br />
a una delle sue tre componenti. In sintesi, per un dato autostato B del momento angolare è<br />
possibile specificare contemporanemente sia il modulo del momento totale, sia una delle sue<br />
componenti (convenzionalmente ˆl z ) e l’autovettore rappresentativo potrà essere etichettato con<br />
i rispetti autovalori: |B〉 → |l, l z 〉.<br />
Consideriamo ora la componente ˆl z e vediamone la relazione di commutazione con l’operatore<br />
ˆp 2 (omettendo il simboloˆ):<br />
[p 2 , l z ] = [p 2 x, l z ] + [p 2 y, l z ] + [p 2 z, l z ] (1.60)<br />
con [p 2 x, l z ] = p x [p x , l z ] + [p x , l z ]p x<br />
e analoghe per le componenti p y e p z . D’altra parte,<br />
[p x , l z ] = [p x , xp y − yp x ] = x[p x , p y ] + [p x , x]p y − y[p x , p x ], −[p x , y]p x = ı¯hp y (1.61)<br />
e quindi, data la commutabilità tra p x e p y :<br />
[p 2 x, l z ] = ı¯hp x p y + ı¯hp y p x = 2ı¯hp x p y (1.62)<br />
Procedendo in modo analogo con gli altri due commutatori della (1.60), si ottiene:<br />
⎧<br />
⎨ [p 2 y, l z ] = −2ı¯hp x p y<br />
⎩<br />
[p 2 z, l z ] = 0<br />
(1.63)<br />
In totale: [p 2 , l z ] = 0. La componente ˆl z del momento angolare commuta con ˆp 2 e quindi con<br />
l’energia cinetica ˆT = ˆp 2 /2m.<br />
In un campo di forze centrali il potenziale ad esse associato dipende unicamente d<strong>alla</strong><br />
distanza dall’origine delle forze: V = V (r), dove r = (x 2 + y 2 + z 2 ) 1/2 . In particolare, un<br />
potenziale Coulombiano è della forma 1/r. Calcoliamo il commutatore [1/r, l z ]:<br />
Ricordando che p y = −ı¯hd/dy,<br />
[1/r, l z ] = x[1/r, p y ] + [1/r, x]p y − y[1/r, p x ] − [1/r, y]p x (1.64)<br />
[1/r, p y ] = −ı¯h[1/r, d/dy] = ı¯hd(1/r)/dy = −ı¯h2y/r (1.65)<br />
e quindi x[1/r, p y ] = −ı¯h2xy/r. In modo analogo si dimostra che il terzo commutatore nella<br />
(1.64) vale ı¯h2xy/r, mentre sono nulli i rimanenti due commutatori. In definitiva [1/r, l z ] = 0.
CAPITOLO 1. PREMESSE FISICO-MATEMATICHE 15<br />
Per quanto visto, la componente ˆl z del momento angolare orbitale commuta sia con l’operatore<br />
ˆT che rappresenta l’energia cinetica, sia con un operatore ˆV che rappresenta il potenziale dovuto<br />
a forze centrali, eventualmente agenti sul sistema. Lo stesso dicasi per ˆl. Definendo l’operatore<br />
Hamiltoniano (Ĥ) come la somma di ˆT e ˆV , abbiamo: [ˆlz , Ĥ] = [ˆl, Ĥ] = 0. L’Hamiltoniano<br />
rappresenta l’energia totale del sistema e la sua commutabilità con il momento angolare totale<br />
e con una delle sue componenti implica l’esistenza di stati che abbiano, nello stesso tempo,<br />
valori definiti dell’energia e del momento angolare. Se E è l’autovalore associato ad un dato<br />
autovettore |A〉 di Ĥ (cioè E è l’energia di un sistema che si trova in un certo autostato<br />
dell’Hamiltoniano), allora: |A〉 → |E, l, l z 〉. Questo risultato è <strong>alla</strong> base della teoria atomica.<br />
1.7.1 Un esempio: Lo spin dell’elettrone<br />
Misurazioni sperimentali indicano che all’elettrone è invariabilmente associato un momento<br />
magnetico. Fissato un sistema di riferimento, di tale momento magnetico è possibile ottenere<br />
una sola componente lungo un dato asse (sia z) la quale può avere solo i due possibili valori<br />
¯he/2mc e −¯he/2mc (e, m e c sono rispettivamente la carica, la massa elettronica e la velocità<br />
della luce). Questi risultati suggeriscono la possibilità di assegnare all’elettrone un momento<br />
angolare detto di spin (ŝ) la cui componente lungo z (ŝ z ) abbia gli autovalori ¯h/2 e −¯h/2.<br />
Indichiamo con |α〉 e con |β〉 gli autovettori di ŝ z associati rispettivamente agli autovalori<br />
¯h/2 e −¯h/2:<br />
{<br />
ŝz |α〉 = 1/2 ¯h|α〉<br />
(1.66)<br />
ŝ z |β〉 = −1/2 ¯h|β〉<br />
La matrice S z , rappresentativa di ŝ z nello spazio degli autovettori (|α〉, |β〉), è allora:<br />
S z = 1/2 ¯h<br />
( )<br />
1 0<br />
0 −1<br />
(1.67)<br />
Trattandosi di un momento angolare, per ŝ e le sue componenti devono valere le stesse relazioni<br />
di commutazione viste per ˆl e sue componenti; in particolare, in termini matriciali (cioè<br />
rappresentando tutti gli operatori di spin nello spazio degli autovettori di ŝ z ):<br />
⎧<br />
⎪⎨<br />
⎪⎩<br />
S x S y − S y S x ≡ [S x , S y ] = ı¯hS z<br />
S y S z − S z S y ≡ [S y , S z ] = ı¯hS x<br />
(1.68)<br />
S z S x − S x S z ≡ [S z , S x ] = ı¯hS y
CAPITOLO 1. PREMESSE FISICO-MATEMATICHE 16<br />
( ) ( )<br />
a b e f<br />
Siano e le matrici S x e S y , rispettivamente. D<strong>alla</strong> terza delle (1.68) abbiamo:<br />
c d g h<br />
( ) ( ) ( ) ( )<br />
S z S x − S x S z = 2¯h 1 1 0 a b<br />
− 1 a b 1 0<br />
0 −1 c d 2¯h c d 0 −1<br />
[( ) ( )] ( )<br />
= 1 a b a −b<br />
0 b<br />
2¯h −<br />
= ¯h<br />
−c −d c −d −c 0<br />
( )<br />
e f<br />
= ı¯h<br />
(1.69)<br />
g h<br />
vale a dire: e = h = 0; f = −ıb; g = ıc. Da questo risultato e d<strong>alla</strong> seconda delle (1.68) si<br />
ottengono pure a = d = 0. Infine, sfruttando la prima delle (1.68), si ottiene la relazione bc =<br />
1/4 ¯h 2 il che suggerisce di porre (per simmetria) b = c = 1/2 ¯h. Le tre matrici rappresentative<br />
delle componenti dello spin nelle tre direzioni (matrici di Pauli) sono allora:<br />
⎧ ( )<br />
0 1<br />
S x = 2¯h 1 1 0<br />
( )<br />
⎪⎨ 0 −ı<br />
S y = 1 2¯h (1.70)<br />
ı 0<br />
⎪⎩<br />
S z = 1 2¯h (<br />
1 0<br />
0 −1<br />
Si noti che solo la matrice S z è diagonale, il che vuol dire che gli autovettori (di S z ) |α〉 e |β〉<br />
non sono anche autovettori di S x e S y (così come deve essere). La matrice rappresentativa di<br />
ŝ 2 (S 2 = Sx 2 + Sy 2 + Sz) 2 è:<br />
S 2 = 1 4¯h2 [(<br />
1 0<br />
0 1<br />
)<br />
) ( ) ( )]<br />
1 0 1 0<br />
+ +<br />
0 1 0 1<br />
( )<br />
= 3 1 0<br />
4¯h2<br />
0 1<br />
(1.71)<br />
I vettori |α〉 e |β〉 sono autovettori di S 2 associati entrambi<br />
(<br />
all’autovalore<br />
(<br />
3/4 ¯h 2 ; infatti, essendo<br />
1 0<br />
0)<br />
1)<br />
|α〉 e |β〉 rappresentati rispettivamente dai vettori colonna<br />
e<br />
(poiché |α〉 = 1|α〉+0|β〉<br />
e |β〉 = 0|α〉 + 1|β〉) valgono le equazioni:<br />
⎧ ( ( ) ( )<br />
( )<br />
3 1 0 1 1 1<br />
⎪⎨ 4¯h2 =<br />
0 1) 3 0<br />
4¯h2 = 1 2<br />
0<br />
( 1 + 2 1)¯h2 0<br />
( ( ) ( )<br />
( ) (1.72)<br />
3 1 0 0 0 0<br />
⎪⎩ 4¯h2 =<br />
0 1) 3 1<br />
4¯h2 = 1 2<br />
1<br />
( 1 + 2 1)¯h2 1<br />
√<br />
1<br />
L’autovalore del momento di spin dell’elettrone è quindi ( 1 + 1) ¯h.<br />
2 2
CAPITOLO 1. PREMESSE FISICO-MATEMATICHE 17<br />
1.8 Autovettori del momento angolare<br />
Tornando al momento angolare orbitale (ˆl) per un sistema soggetto a forze centrali, una trattazione<br />
completa mostra che questo è quantizzato e può assumere soltanto i valori √ l(l + 1) ¯h,<br />
dove l è un numero intero, zero compreso. La componente del momento angolare lungo una<br />
data direzione (ˆl z ) è essa stessa quantizzata e può assumere soltanto i valori interi m, compresi<br />
nell’intervallo [−l, l] (tradizionalmente il numero quantico l z viene indicato con la lettera m).<br />
Si noti che nel caso dello spin i corrispondenti numeri quantici (s e s z ) valgono: s = 1/2 e<br />
s z = −1/2, 1/2.<br />
Gli autovettori del momento angolare, nella rappresentazione di Schrödinger, sono le funzioni<br />
armoniche sferiche che, in coordinate sferiche (r, θ, φ) sono indicate con la notazione<br />
Ym(θ, l φ) (le armoniche sferiche non hanno una dipendenza da r, radiale). Valgono allora le<br />
due equazioni:<br />
⎧<br />
⎨ ˆl 2 Ym(θ, l φ) = l(l + 1) ¯h 2 Ym(θ, l φ)<br />
(1.73)<br />
⎩ ˆl z Ym(θ, l φ) = m ¯h Ym(θ, l φ)<br />
Fissato l esistono allora 2l + 1 autofunzioni di ˆl 2 associate allo stesso autovalore l(l + 1)¯h 2 :<br />
precisamente tutte quelle ottenute al variare di m tra −l ed l. Per esempio, se l = 1 si hanno<br />
le tre armoniche Y−1(θ, 1 φ), Y0 1 (θ, φ) e Y1 1 (θ, φ). Combinazioni lineari di armoniche avento lo<br />
stesso l (e diverso m) sono ancora autofunzioni di ˆl 2 (e di ˆl) associate al medesimo autovalore,<br />
ma non sono ovviamente più autofunzioni di l z .<br />
1.9 Equazioni del moto<br />
Come già accennato, all’energia totale di un sistema corrisponde un operatore Hamiltoniano<br />
(Ĥ, Hermitiano) ottenuto, secondo il principio di corrispondenza, d<strong>alla</strong> funzione Hamiltoniana<br />
classica, essendo quest’ultima esprimibile (nei casi di nostro interesse) come somma dei<br />
contributi cinetico (T ) e potenziale (V ) all’energia totale: H = T + V .<br />
Si assume che la funzione d’onda Ψ(r, t) di un sistema soddisfi all’equazione del moto<br />
(equazione di Schrödinger dipendente dal tempo):<br />
∂Ψ(r, t)<br />
ĤΨ(r, t) = ı¯h<br />
∂t<br />
(1.74)<br />
dove t è il tempo. Se Ĥ non dipende dal tempo (sistema conservativo), considerazioni che<br />
qui tralasciamo mostrano che è possibile fattorizzare Ψ(r, t) nel prodotto e −iEt/¯h ψ(r), e<br />
all’equazione (1.74) corrisponde quella indipendente dal tempo:<br />
Ĥψ(r) = Eψ(r) (1.75)<br />
dove E è l’energia totale del sistema. Consideriamo un operatore ˆF e il suo valor medio in uno<br />
stato rappresentato dal vettore |ψ〉 [ψ(r, t) = 〈r|ψ〉]: F = 〈ψ| ˆF |ψ〉 e valutiamone la derivata<br />
rispetto al tempo; per la regola di derivazione di un prodotto:<br />
dF<br />
dt = 〈ψ| ˙ ˆF |ψ〉 + 〈ψ| ∂ ˆF |ψ〉 + 〈ψ| ˆF |ψ〉 ˙<br />
(1.76)<br />
∂t
CAPITOLO 1. PREMESSE FISICO-MATEMATICHE 18<br />
dove la notazione |ψ〉 ˙ (e 〈ψ|) ˙ indica la derivazione rispetto a t. Per la (1.74), |ψ〉 ˙ = −ı/¯hĤ|ψ〉<br />
e 〈ψ| ˙ = ı/¯h〈ψ|Ĥ (si ricordi che H è Hermitiano) che, introdotte nella (1.76), portano a:<br />
dF<br />
dt = ı/¯h〈ψ|Ĥ ˆF −<br />
∂ ˆF<br />
ˆF Ĥ|ψ〉 +<br />
∂t ≡ −ı/¯h〈ψ|[ ˆF ∂ ˆF<br />
, Ĥ]|ψ〉 +<br />
∂t<br />
(1.77)<br />
D<strong>alla</strong> (1.77) vediamo che se ˆF non dipende esplicitamente dal tempo (vale a dire: ∂ ˆF /∂t = 0)<br />
e se è nullo il commutatore [ ˆF , Ĥ], allora è nulla la derivata di F rispetto a t: F è una costante<br />
del moto. Si noti che questo è proprio il caso del momento angolare nel caso di un sistema<br />
soggetto a forze centrali.
Capitolo 2<br />
Applicazioni a sistemi atomici e<br />
molecolari<br />
2.1 L’atomo di idrogeno<br />
Il sistema conservativo più semplice dotato di un potenziale centrale V = −e 2 /r (dove e è<br />
la carica elettronica) è l’atomo di idrogeno. Nella rappresentazione di Schrödinger, a nucleo<br />
fermo, l’operatore Hamiltoniano assume la forma: −¯h 2 /2m∇ 2 − e 2 /r, dove il primo termine<br />
rappresenta il contributo cinetico all’energia. L’equazione del moto indipendente dal tempo è<br />
allora l’equazione differenziale del secondo ordine:<br />
( ) ]<br />
[− ¯h2 ∂<br />
2<br />
2m ∂x + ∂2<br />
2 ∂y + ∂2<br />
− e2<br />
ψ(r) = Eψ(r) (2.1)<br />
2 ∂z 2 r<br />
Poiché ˆl e ˆl z commutano con Ĥ, l’autofunzione ψ di Ĥ che soddisfa all’equazione (2.1) deve<br />
pure essere autofunzione del momento angolare. Passando a un sistema di coordinate sferiche,<br />
questo vuol dire che, fissati l ed m, sia ψ(r, θ, φ), sia l’armonica sferica Ym(θ, l φ) devono<br />
descrivere lo stesso autostato del momento angolare; ma allora ψ(r, θ, φ) e Ym(θ, l φ) devono<br />
differire al più per una costante (sia R): ψ(r, θ, φ) = R Ym(θ, l φ). Si noti che, non dipendendo<br />
gli autovettori del momento angolare da r, ma soltanto dalle coordinate θ e φ, si richiede che<br />
la costante R sia tale (cioè costante) solo rispetto alle ultime due coordinate, mentre nessun<br />
vincolo si pone relativamente ad una sua dipendenza da r.<br />
In ultima analisi, la trattazione dettagliata del problema e la soluzione esplicita dell’equazione<br />
(2.1) portano a:<br />
ψ(r, θ, φ) = R nl (r)Ym(θ, ⎧⎪ l φ)<br />
⎨<br />
⎪ ⎩<br />
Ĥψ(r, θ, φ) = E n ψ(r, θ, φ)<br />
ˆl 2 ψ(r, θ, φ) = l(l + 1)¯h 2 ψ(r, θ, φ)<br />
(2.2)<br />
ˆl z ψ(r, θ, φ) = m¯hψ(r, θ, φ)<br />
dove n è un numero intero positivo (zero escluso, come avviene nel caso della particella nella<br />
scatola) da cui dipende l’energia dell’elettrone nel campo creato dal nucleo [la seconda equazione<br />
delle (2.2) mostra appunto che E dipende solo da n]; l può assumere solo i valori interi<br />
19
CAPITOLO 2. APPLICAZIONI A SISTEMI ATOMICI E MOLECOLARI 20<br />
nell’intervallo [0, n−1] ed m quelli interi nell’intervallo [−l, l]. Le funzioni d’onda ψ nlm (r, θ, φ)<br />
prendono il nome di orbitali atomici.<br />
Per gli orbitali atomici è d’uso una notazione specifica: gli orbitali con l = 0, 1, 2, 3 vengono<br />
rispettivamente indicati con le lettere s, p, d e f e il numero quantico n si antepone al simbolo<br />
dell’orbitale; ad esempio ψ 200 ≡ 2s.<br />
Si noti che combinazioni lineari di orbitali atomici aventi lo stesso numero quantico l sono<br />
ancora autofunzioni di Ĥ e di ˆl 2 associate agli stessi autovalori (stessa energia e momento<br />
angolare totale). Ad esempio, gli orbitali ψ n11 e ψ n11 si possono combinare nelle somme:<br />
⎧<br />
⎨<br />
⎩<br />
√1<br />
2<br />
(ψ n11 + ψ n11 )<br />
√ı<br />
2<br />
(ψ n11 − ψ n11 )<br />
(2.3)<br />
I due nuovi orbitali vengono solitamente indicati con i simboli np x e np y e non sono autofunzioni<br />
di ˆl z ; ad esempio:<br />
ˆl z (np x ) = 1 √<br />
2<br />
[ˆl z ψ n11 + ˆl z ψ n11 ] = ¯h √<br />
2<br />
[1ψ n11 − 1ψ n11 ] = −ı¯h(np y ) (2.4)<br />
A differenza di ψ n11 e ψ n11 le due combinazioni lineari (2.3) sono funzioni reali, il che ne<br />
giustifica l’utilizzo. Gli orbitali ψ n10 hanno simbolo np z .<br />
In casi particolari (a simmetria non sferica) è d’uso considerare combinazioni lineari di<br />
orbitali aventi lo stesso n ma diverso l; si parla in tal caso di orbitali ibridi. Tali orbitali<br />
sono ancora autofunzioni di Ĥ associate <strong>alla</strong> stessa energia E n ma, in generale, non sono né<br />
autofunzioni di ˆl 2 , né di ˆl z .<br />
La descrizione del comportamento degli elettroni nel campo elettrico creato dal nucleo si<br />
completa con la considerazione dello spin: trascurando gli effetti di accoppiamento spin-orbita<br />
tra i momenti angolari orbitale e di spin, la funzione d’onda complessiva [spin-orbitale, ψ(x)]<br />
si fattorizza nel prodotto tra la componente orbitale φ(r) e la componente di spin χ(s), ove si<br />
intenda che la variabile s possa assumere solo i due valori ±1/2, in corrispondenza dei quali<br />
la funzione χ(s) rappresenti gli stati |α〉 e |β〉. La notazione x si riferisce all’insieme delle<br />
coordinate spaziali (r) e di spin (s). In sintesi:<br />
ψ nlms (x) = φ nlm (r)χ(s) (2.5)<br />
2.2 Il Principio di Antisimmetria<br />
Consideriamo un sistema composto da due particelle identiche descritto, nella rappresentazione<br />
di Schrödinger, d<strong>alla</strong> funzione d’onda ψ(x 1 , x 2 ). Precisamente, secondo l’interpretazione<br />
probabilistica, la quantità |ψ(x 1 , x 2 )| 2 dx 1 dx 2 è la probabilità di trovare la particella 1 nell’elemento<br />
di volume dx 1 e la particella 2 nell’elemento di volume dx 2 (stiamo considerando<br />
volumi dello spazio 4-D delle 3 coordinate spaziali, più la coordinata di spin). Scambiamo<br />
ora le due particelle, ponendo la prima nella posizione x 2 e la seconda nella posizione x 1 : la<br />
funzione d’onda relativa <strong>alla</strong> nuova situazione sarà allora ψ(x 2 , x 1 ) e |ψ(x 2 , x 1 )| 2 dx 1 dx 2 sarà
CAPITOLO 2. APPLICAZIONI A SISTEMI ATOMICI E MOLECOLARI 21<br />
la probabilità di trovare la particella 1 nell’elemento di volume dx 2 e la particella 2 nell’elemento<br />
di volume dx 1 . Poiché le due particelle sono identiche, il loro scambio non deve avere<br />
effetti misurabili (di fatto, lo scambio non altera nulla del sistema) il che significa che le due<br />
probabilià su scritte devono essere uguali:<br />
|ψ(x 1 , x 2 )| 2 dx 1 dx 2 = |ψ(x 2 , x 1 )| 2 dx 1 dx 2 (2.6)<br />
La (2.6) è compatibile con le due possibili equazioni:<br />
{<br />
ψ(x2 , x 1 ) = ψ(x 1 , x 2 )<br />
ψ(x 2 , x 1 ) = −ψ(x 1 , x 2 )<br />
Entrambe le possibilià sono in effetti osservate in Natura: le particelle che soddisfano <strong>alla</strong><br />
prima delle (2.7) sono dette bosoni e sono tutte le particelle a spin intero, zero compreso; le<br />
particelle che soddisfano <strong>alla</strong> seconda delle (2.7) sono dette fermioni e sono tutte le particelle<br />
a spin semi-intero. L’elettrone (spin 1/2) è un fermione. I sistemi multielettronici soddisfano<br />
così al principio di antisimmetria, per cui la loro funzione d’onda cambia di segno a seguito<br />
dello scambio di due elettroni.<br />
Nel caso generale, possiamo definire un operatore di permutazione 1 ˆP che scambia la<br />
posizione di due elettroni; se ˆP ij scambia l’elettrone i-esimo con l’elettrone j-esimo, allora:<br />
ˆP ij ψ(x 1 , . . . x i , . . . x j , . . . x n ) = −ψ(x 1 , . . . x j , . . . x i , . . . x n ). Se ˆP è una permutazione qualunque,<br />
che scambia un dato numero di elettroni, vale: ˆP ψ = ɛP ψ, dove ɛ P è la parità della<br />
permutazione, positiva se pari è il numero di scambi (p) operati da ˆP , negativa se p è dispari:<br />
ɛ P = (−1) p .<br />
Rimanendo al caso di due soli elettroni, se x 1 = x 2 , d<strong>alla</strong> seconda delle (2.7) si ha<br />
ψ(x 1 , x 1 ) = −ψ(x 1 , x 1 ) il che è possibile solo se ψ(x 1 , x 1 ) = 0: due elettroni aventi lo<br />
stesso spin (identico numero quantico s) non possono occupare la stessa posizione dello spazio,<br />
essendo nulla la corrispondente ampiezza di probabilità. Poiché la funzione d’onda è continua<br />
nelle coordinate (non presenta cioè salti bruschi al variare di queste), la circostanza per cui<br />
ψ(x 1 , x 1 ) = 0 implica che, fissata una delle due posizioni x (sia x 1 ), la stessa funzione abbia<br />
valori molto bassi per x 2 variabile nell’intorno di x 1 : è bassa la probabilità che i due elettroni<br />
(a spin identico) vengano a trovarsi in posizioni vicine. Questa è l’origine del principio di<br />
esclusione di Pauli sul quale torneremo in seguito. Due elettroni a spin opposto differiscono<br />
almeno per una coordinata (s), dunque per questi la circostanza x 1 = x 2 non può mai verificarsi<br />
anche nel caso r 1 = r 2 ; nessun vincolo è quindi imposto dal principio di antisimmetria<br />
alle loro rispettive posizioni.<br />
(2.7)<br />
2.3 Sistemi multielettronici<br />
Consideriamo ancora un sistema a due elettroni descritto d<strong>alla</strong> funzione d’onda ψ(x 1 , x 2 ).<br />
Fissiamo x 2 e consideriamo ψ(x 1 , x 2 ) come funzione di x 1 ; dato un insieme completo di au-<br />
1 Gli operatori di permutazione P sono Hermitiani e, nel loro insieme, costituiscono un gruppo: dato un<br />
insieme di N elettroni, esistono N! permutazioni {P i } i=1,N! , per cui P r P s = P q (cioè, il prodotto di due<br />
permutazioni, inteso come applicazione successiva delle stesse, è ancora una permutazione); Pr<br />
2 = I, dove I è<br />
l’operatore identità, per cui Pr<br />
−1 = P r , avendo definito con Pr −1 la permutazione inversa di P r .
CAPITOLO 2. APPLICAZIONI A SISTEMI ATOMICI E MOLECOLARI 22<br />
tofunzioni (sia {φ i (x)} i=1,n ) (dove n può essere infinito) di un qualunque operatore monoelettronico<br />
(cioè che agisce su un solo elettrone), sappiamo che ψ(x 1 , x 2 ) può essere espressa come<br />
combinazione lineare delle funzioni φ:<br />
ψ(x 1 , x 2 ) = ∑<br />
c i φ i (x 1 ) (2.8)<br />
i=1,n<br />
dove la dipendenza parametrica dalle coordinate x 2 si è trasferita nei coefficienti c i . Gli stessi<br />
coefficienti sono in realtà delle funzioni di x 2 , a loro volta esprimibili come combinazione lineare<br />
delle stesse funzioni dell’insieme completo {φ i (x)} i=1,n :<br />
c i (x 2 ) = ∑<br />
c ij φ j (x 2 ) (2.9)<br />
j=1,n<br />
dove i c ij sono degli scalari. Introducendo la (2.9) nella (2.8) si ha:<br />
ψ(x 1 , x 2 ) = ∑ i,j<br />
c ij φ i (x 1 )φ j (x 2 ) (2.10)<br />
La permutazione dei due elettroni produce:<br />
ˆP 12 ψ(x 1 , x 2 ) = ψ(x 2 , x 1 ) = ∑ i,j<br />
c ij φ i (x 2 )φ j (x 1 ) (2.11)<br />
da cui, scambiando tra loro gli indici i e j (i ↔ j) e tenuto conto del principio di antisimmetria<br />
e della commutabilità del prodotto di due funzioni φ, si ottiene:<br />
ψ(x 2 , x 1 ) = ∑ i,j<br />
c ji φ i (x 1 )φ j (x 2 ) = −ψ(x 1 , x 2 ) = − ∑ i,j<br />
c ij φ i (x 1 )φ j (x 2 ) (2.12)<br />
Ciò significa che c ij = −c ji e che c ii = 0: nella sommatoria non compaiono mai prodotti del<br />
tipo φ i φ i . L’equazione (2.10) si generalizza facilmente al caso di N elettroni, per cui la funzione<br />
d’onda complessiva risulta esprimibile come:<br />
ψ(x 1 , · · · , x N ) =<br />
∑<br />
c i1 ,...,i N<br />
φ i1 (x 1 )φ i2 (x 2 ) · · · φ iN (x N ) (2.13)<br />
i 1 ,...,i N<br />
La (2.13) prende il nome di espansione di Boys di una funzione d’onda multielettronica nella<br />
somma (eventualmente infinita) di prodotti di funzioni d’onda monoelettroniche. Come nel<br />
caso bielettronico, per effetto del principio di antisimmetria, sono nulli tutti i coefficienti dei<br />
prodotti aventi almeno due fattori uguali; ogni prodotto della somma è allora costituito da<br />
funzioni monoelettroniche diverse tra loro (prodotto di Hartree).<br />
Fissato un dato insieme k di N indici {k 1 , . . . , k N }, indichiamo con Φ k (x 1 , . . . , x N ) il corrispondente<br />
prodotto di Hartree [φ k1 (x 1 ) · · · φ kN (x N )] e con c k il relativo coefficiente nella (2.13);<br />
data l’ortonormalità dell’insieme {φ k (x)}, ogni c k è ottenibile dall’espressione:<br />
∫<br />
c k = 〈Φ k (x 1 , . . . , x N )|ψ(x 1 , . . . x N )〉 ≡ dx 1 · · · dx N φ k1<br />
(x 1 ) · · · φ kN<br />
(x N )ψ(x 1 , . . . x N ) (2.14)
CAPITOLO 2. APPLICAZIONI A SISTEMI ATOMICI E MOLECOLARI 23<br />
Il coefficiente c kP corrispondente ad un prodotto di Hartree Φ P k (x 1, . . . , x N ) che differisca<br />
da Φ k (x 1 , . . . , x N ) soltanto per una permutazione ˆP degli indici in k [che differisca cioè da<br />
Φ k (x 1 , . . . , x N ) soltanto per l’ordine con cui compaiono la varie funzioni φ che lo compongono]<br />
è dato da:<br />
c kP = 〈Φ P k |ψ〉 = 〈Φ k | ˆP ψ〉 = ɛ P 〈Φ k |ψ〉 = ɛ P c k (2.15)<br />
Diviene allora possibile raggruppare nella (2.13) tutti i termini che differiscono al più per una<br />
permutazione degli indici e, tenuto conto della (2.15), abbiamo:<br />
ψ(x 1 , . . . , x N ) = ∑ k<br />
∑N!<br />
p=1<br />
c k ɛ p Φ p k (x 1, . . . , x N ) (2.16)<br />
Riconosciamo in ciascun termine ∑ N!<br />
p=1 ɛ pΦ p k<br />
della sommatoria su k l’espressione di un determinante<br />
[determinante di Slater, Ψ k (x 1 , . . . x N )], e precisamente:<br />
∣ ∣∣∣∣∣∣∣<br />
Ψ k (x 1 , . . . x N ) = √ 1<br />
φ k1 (x 1 ) · · · φ kN (x 1 )<br />
.<br />
.<br />
N! (2.17)<br />
φ k1 (x N ) · · · φ kN (x N ) ∣<br />
dove si è introdotto il coefficiente di normalizzazione (1/N!) 1/2 . È conviente definire un operatore<br />
di antisimmetrizzazione  che, agendo su un prodotto di Hartree produca il corrispondente<br />
determinante di Slater:<br />
 = 1 ∑N!<br />
ɛ p ˆP (2.18)<br />
N!<br />
da cui:<br />
p<br />
p=1<br />
ÂΦ k = 1 ∑<br />
ɛ p ˆP Φk = 1 ∑<br />
ɛ p Φ p k<br />
N!<br />
N!<br />
= √ 1 Ψ k (2.19)<br />
N!<br />
Si verifica facilmente la normalizzazione di ciascun determinante di Slater:<br />
〈Ψ k |Ψ k 〉 = 1 N!<br />
∑N!<br />
r,s=1<br />
ɛ pr ɛ ps 〈 ˆP r Φ k | ˆP s Φ k 〉 = 1 N!<br />
p<br />
∑N!<br />
r,s=1<br />
ɛ pr ɛ ps 〈Φ k | ˆP r ˆPs Φ k 〉 (2.20)<br />
dove ciascun integrale 〈Φ k | ˆP r ˆPs Φ k 〉 vale 1 se e solo se r = s, zero altrimenti; infatti, nel caso in<br />
cui le due permutazioni ˆPr e ˆP s non siano identiche P r P s = P q ≠ I (dove I è la permutazione<br />
identica: applicare due volte la stessa permutazione ha l’effetto di non permutare alcunché);<br />
allora se ˆP q è la permutazione che scambia gli elettroni, poniamo r e s, fattorizzando l’integrale<br />
secondo l’espressione<br />
〈Φ k |Φ pq<br />
k 〉 = 〈φ k 1<br />
(x 1 )|φ k1 (x 1 )〉 · · · 〈φ kr (x r )|φ ks (x r )〉 · · · 〈φ ks (x s )|φ kr (x s )〉 · · · (2.21)<br />
compaiono degli integrali del tipo 〈φ kr |φ ks 〉 che sono nulli data l’ortonormalità dell’insieme<br />
delle φ. Da ciò deriva:<br />
〈Ψ k |Ψ k 〉 = 1 N!<br />
∑N!<br />
r,s=1<br />
ɛ pr ɛ ps δ rs = 1 N!<br />
∑N!<br />
r=1<br />
ɛ 2 p r<br />
= 1 (2.22)
CAPITOLO 2. APPLICAZIONI A SISTEMI ATOMICI E MOLECOLARI 24<br />
dove si è tenuto conto del fatto che ɛ 2 p r<br />
vale evidentemente sempre 1 essendo, per qualunque<br />
permutazione, il quadrato di 1 o -1. In definitiva, la funzione d’onda di un sistema multielettronico<br />
è esprimibile in modo esatto come combinazione lineare (in linea di principio infinita)<br />
di determinanti di Slater (chiamati anche detor), costruiti su un insieme completo di funzioni<br />
φ, autofunzioni di un qualunque operatore monoelettronico Hermitiano:<br />
⎧<br />
ψ(x 1 , . . . , x N ) = ∑ k c kΨ k (x 1 , . . . , x N )<br />
⎪⎨<br />
⎪⎩<br />
Ψ k (x 1 , . . . , x N ) = √ N! ÂΦ k(x 1 , . . . , x N )<br />
 = 1/N! ∑ p ɛ p ˆP<br />
Φ k (x 1 , . . . , x N ) = φ ki (x 1 ) · · · φ kN (x N )<br />
(2.23)<br />
Si sottolinea il fatto che ciascun prodotto di Hartree Φ k è costruito a partire da N spin-orbitali<br />
φ monoelettronici diversi tra loro (in effetti, è nullo ogni detor ottenuto antisimmetrizzando<br />
un prodotto di Hartree contenente almeno due spin-orbitali). Questa è la base del Principio<br />
di Esclusione di Pauli secondo il quale, entro un atomo, a ogni elettrone compete un insieme<br />
di numeri quantici diversi da quelli di ogni altro elettrone (in pratica, uno dato spin-orbitale<br />
può essere occupato al più da un elettrone).<br />
Nei calcoli pratici su sistemi multielettronici è, per ovvie ragioni, impossibile trattare con serie<br />
infinite di detor, per cui la funzione d’onda multielettronica viene solitamente espressa da una<br />
serie finita di detor o, al limite, da un detor solamente (metodo Hartree-Fock). Si noti che,<br />
ai fini della corretta rappresentazione della funzione d’onda multielettronica ψ, nel caso della<br />
serie infinita di detor è del tutto ininfluente la scelta dell’insieme di funzioni monoelettroniche<br />
φ: qualunque insieme completo di funzioni fornisce l’esatta rappresentazione di ψ. Nel caso di<br />
una serie finita di detor è invece necessario scegliere e ottimizzare adeguatamente l’insieme di<br />
funzioni φ, al fine di ridurre il più possibile l’errore di troncamento.<br />
2.4 Sistemi multinucleari<br />
Nel caso di un sistema multielettronico con più nuclei (molecola o cristallo), l’operatore Hamiltoniano<br />
H contiene i contributi cinetici dei nuclei e degli elettroni, e i contributi di potenziale<br />
dovuti alle interazioni elettrostatiche internucleari, interelettroniche e nucleo-elettrone:<br />
H = −¯h2<br />
2<br />
n∑<br />
k=1<br />
1<br />
M k<br />
∇ 2 k − ¯h2<br />
2m<br />
N∑<br />
∇ 2 i + 1 ∑ Z k Z h e 2<br />
+ 1 ∑<br />
2 r kh 2<br />
i=1<br />
k,h≠k<br />
i,j≠j<br />
e 2<br />
r ij<br />
− ∑ k,i<br />
Z k e 2<br />
r ki<br />
(2.24)<br />
dove le sommatorie su k e h sono riferite agli n nuclei; le sommatorie su i e j sono riferite<br />
agli N elettroni; M k e Z k sono rispettivamente la massa e il numero atomico del nucleo k; ∇ 2 k<br />
e ∇ 2 i sono i Laplaciani riferiti rispettivamente alle coordinate nucleari e a quelle elettroniche;<br />
m è la massa elettronica; e è il valore assoluto della carica elettronica; r kh , r ij e r ki sono,<br />
rispettivamente, le distanze tra i nuclei h e k, tra gli elettroni i e j e tra il nucleo k e l’elettrone<br />
i.
CAPITOLO 2. APPLICAZIONI A SISTEMI ATOMICI E MOLECOLARI 25<br />
Data la grande differenza di massa tra i nuclei e gli elettroni, le velocità dei primi devono<br />
necessariamente essere molto più basse di quelle dei secondi: gli elettroni seguono il moto dei<br />
nuclei e modificano istantaneamente la loro configurazione per ogni dato insieme di posizioni<br />
nucleari. In termini formali, ciò vuol dire che è possibile fattorizzare la funzione d’onda complessiva<br />
(nuclei+elettroni) nel prodotto di due funzioni d’onda delle quali, una descrive lo stato<br />
dei nuclei nel campo medio creato dagli elettroni, e l’altra descrive lo stato multielettronico<br />
nel campo creato da una specifica configurazione nucleare. Questa separazione tra il moto<br />
elettronico e quello nucleare costituisce l’approssimazione di Born-Oppenheimer. In formule:<br />
Ψ(x, R) = ψ(x, R)φ(R) (2.25)<br />
dove x e R descrivono rispettivamente gli insiemi delle coordinate elettroniche (comprensive<br />
dello spin) e nucleari. Nella (2.25) la ψ(x, R) dipende parametricamente d<strong>alla</strong> configurazione<br />
nucleare R ed è autofunzione dell’Hamiltoniano elettronico<br />
H el = − ¯h2<br />
2m<br />
N∑<br />
i=1<br />
∇ 2 i − ∑ k,i<br />
Z k e 2<br />
+ 1 ∑ e 2<br />
(2.26)<br />
r ki 2 r ij<br />
i,j≠j<br />
(dove la dipendenza parametrica dalle coordinate nucleari entra attraverso i termini di interazione<br />
nucleo-elettrone) con:<br />
H el ψ(x, R) = E el (R)ψ(x, R) (2.27)<br />
L’energia totale del sistema (a nuclei fissi), E(R), è la somma del contributo elettronico E el e<br />
del potenziale internucleare:<br />
E(R) = E el (R) + 1 2<br />
∑<br />
k,h≠k<br />
Z k Z h e 2<br />
r kh<br />
(2.28)<br />
Per inciso, la configurazione nucleare di equilibrio (R ◦ ) è quella corrispondente al minimo<br />
dell’energia E(R) rispetto alle coordinate nucleari:<br />
⎧ [ ]<br />
∂E(R)<br />
⎪⎨ = 0<br />
∂R<br />
R ◦<br />
[ (2.29)<br />
⎪⎩ ∂ 2 E(R)<br />
> 0<br />
∂R<br />
]R 2 ◦<br />
Nel seguito faremo riferimento unicamente <strong>alla</strong> funzione multielettronica ψ(r, R) omettendo<br />
però di indicare la dipendenza d<strong>alla</strong> configurazione nucleare R; l’Hamiltoniana H el e l’energia<br />
E el (R) verranno per brevità indicate con i soli simboli H ed E. L’equazione del moto da<br />
studiare sarà la (2.27).<br />
Notiamo esplicitamente che l’operatore Hamiltoniano può essere scomposto nella somma di<br />
contributi monoelettronici h(i) e bielettronici g(i, j):<br />
⎧<br />
h(i) = − ¯h2<br />
2m ∇2 i − ∑ n Z k e 2<br />
k=1 r ik<br />
⎪⎨<br />
⎪⎩<br />
g(i, j) = e2<br />
r ij<br />
H = ∑ i h(i) + 1 2<br />
∑<br />
i,j≠i g(i, j) (2.30)
CAPITOLO 2. APPLICAZIONI A SISTEMI ATOMICI E MOLECOLARI 26<br />
dove ciascun h(i) agisce sul solo elettrone i e ciascun g(i, j) agisce solo sulla coppia di elettroni<br />
(i, j).<br />
2.5 L’energia elettronica nell’approssimazione monodeterminantale<br />
Si pone qui il problema di valutare l’energia elettronica E nell’ambito delle approssimazioni<br />
monoderminantale (Hartree-Fock, in cui la serie infinita di determinanti di Slater viene troncata<br />
al primo termine) e di Born-Oppenheimer:<br />
⎧<br />
⎪⎨<br />
⎪⎩<br />
E = 〈Ψ|H|Ψ〉<br />
Ψ = √ N! ÂΦ<br />
Φ = ∏ N<br />
i=1 φ i(x i )<br />
(2.31)<br />
dove, ricordiamo, Φ è un prodotto (di Hartree) di N spin-orbitali monoelettronici φ (il simbolo<br />
∏ indica appunto la produttoria degli N φ i ), Â è l’antisimmetrizzatore, Ψ è il detor<br />
corrispondente all’applicazione dell’antisimmetrizzatore sul prodotto di Hartree.<br />
L’antisimmetrizzatore è un operatore Hermitano (perchè somma di operatori Hermitiani)<br />
per il quale: A 2 = A (qui e nel seguito omettiamo il simbolo ˆ di operatore); infatti, tenuto<br />
conto delle proprietà gruppuali degli operatori di permutazione, per cui P p P q = P r , e che<br />
ɛ p ɛ q ≡ (−1) νp+νq = (−1) νr ≡ ɛ r , dove gli esponenti ν sono il numero di scambi effettuati dalle<br />
corrispondenti permutazioni, si ha:<br />
A 2 = 1 ∑<br />
ɛ<br />
N! 2 p ɛ q P p P q = 1 ∑ ∑<br />
ɛ<br />
N! 2 r P r = 1 ∑<br />
A = A (2.32)<br />
N!<br />
p,q<br />
Inoltre, data l’indistinguibilità degli elettroni, l’antisimmetrizzatore commuta con l’Hamiltoniano<br />
(l’operatore Hamiltoniano resta invariato se scambiamo tra loro due elettroni qualunque):<br />
[A, H] = 0, da cui:<br />
E = 〈Ψ|H|Ψ〉 = N!〈AΦ|H|AΦ〉 = N!〈Φ|AHA|Φ〉 = N!〈Φ|HA 2 |Φ〉 = N!〈Φ|H|AΦ〉 =<br />
p<br />
r<br />
p<br />
=<br />
∑N!<br />
N∏<br />
ɛ p 〈 φ i (x i )|H|P p<br />
p i<br />
N<br />
∏<br />
j<br />
φ j (x j )〉 =<br />
=<br />
∑N!<br />
p<br />
N∑ N∏<br />
ɛ p 〈 φ i (x i )|h(k)|P p<br />
k=1<br />
i<br />
N<br />
∏<br />
j<br />
φ j (x j )〉 +<br />
+ 1 2<br />
∑N!<br />
p<br />
N∑ N∏<br />
ɛ p 〈 φ i (x i )|g(k, l)|P p<br />
k,l≠k<br />
i<br />
N<br />
∏<br />
j<br />
φ j (x j )〉 (2.33)
CAPITOLO 2. APPLICAZIONI A SISTEMI ATOMICI E MOLECOLARI 27<br />
Consideriamo dapprima i contributi monoelettronici nella (2.33); poiché il singolo operatore<br />
monoelettronico h(k) agisce solo sull’elettrone k, per tutte le permutazioni P p che scambiano<br />
due qualunque elettroni r ed s, e che non interessano l’elettrone k si ha:<br />
〈 ∏ N<br />
i<br />
φ i (x i )|h(k)|P p<br />
∏ N<br />
j φ j(x j )〉 =<br />
〈φ r (x r )|φ s (x r )〉〈φ s (x s )|φ r (x s )〉〈φ k (x k )|h(k)|φ k (x k )〉 ∏ i≠k,r,s 〈φ i(x i )|φ i (x i )〉<br />
(2.34)<br />
Data l’ortormalità dell’insieme delle φ, gli integrali del tipo 〈φ r (x r )|φ s (x r )〉 sono nulli, quindi<br />
il relativo contributo al termine monoettronico si annulla. Se P p scambia l’elettrone k con<br />
qualche altro elettrone r si ha, similmente:<br />
〈 ∏ N<br />
i<br />
φ i (x i )|h(k)|P p<br />
∏ N<br />
j φ j(x j )〉 =<br />
〈φ r (x r )|φ k (x r )〉〈φ k (x k )|h(k)|φ r (x k )〉 ∏ i≠k,r 〈φ i(x i )|φ i (x i )〉<br />
(2.35)<br />
Anche qui, l’integrale 〈φ r (x r )|φ k (x r )〉 annulla il relativo contributo. L’unico termine non nullo<br />
nella sommatoria su tutte le possibili permutazioni è quello relativo <strong>alla</strong> permutazione identica<br />
I:<br />
N∏<br />
N∏<br />
〈 φ i (x i )|h(k)|I φ j (x j )〉 = 〈φ k (x k )|h(k)|φ k (x k )〉 ∏ i (x i )|φ i (x i )〉 ≡ h k (2.36)<br />
i≠k〈φ<br />
i<br />
j<br />
Valendo 1 la parità della permutazione identica, il contributo monoelettronico complessivo<br />
all’equazione (2.33) vale:<br />
∑<br />
〈φ k |h(k)|φ k 〉 = ∑ h k (2.37)<br />
k<br />
k<br />
Vediamo ora i contributi bielettronici; come accade per i termini monoelettronici, poiché l’operatore<br />
g(k, l) agisce solo sugli elettroni k ed l, tutte le permutazioni che coinvolgono scambi di<br />
elettroni diversi da k e da l portano a un contributo nullo. Gli unici due contributi non nulli<br />
si hanno nel caso della permutazione identica (parità 1) e della permutazione P kl che scambia<br />
i corrispondenti due elettroni (parità -1), da cui:<br />
∑ N!<br />
p<br />
ɛ p〈 ∏ N<br />
∏<br />
i<br />
φ i (x i )|g(k, l)|P N<br />
p j φ j(x j )〉 =<br />
〈φ k (x k )φ l (x l )|g(kl)|φ k (x k )φ l (x l )〉 − 〈φ k (x k )φ l (x l )|g(kl)|φ l (x k )φ k (x l )〉<br />
(2.38)<br />
Fattorizzando gli spin-orbitali φ(x) nel prodotto di una funzione orbitale η(r) e di una funzione<br />
di spin χ(s) e tenuto conto che l’operatore g non agisce sulle componenti di spin (siamo<br />
appunto nell’ambito dell’approssimazione spin-orbitale che esclude nell’Hamiltoniano termini<br />
di accoppiamento spin-orbita), vediamo per il primo termine a destra dell’uguaglianza, nella<br />
(2.38):<br />
〈φ k (x k )φ l (x l )|g(kl)|φ k (x k )φ l (x l )〉 =<br />
〈η k (r k )η l (r l )|g(kl)|η k (r k )η l (r l )〉〈χ k (s)|χ k (s)〉〈χ l (s)|χ l (s)〉 = (2.39)<br />
〈η k (r k )η l (r l )|g(kl)|η k (r k )η l (r l )〉 ≡ g kl,kl
CAPITOLO 2. APPLICAZIONI A SISTEMI ATOMICI E MOLECOLARI 28<br />
Per il secondo termine della (2.38) vale invece:<br />
〈φ k (x k )φ l (x l )|g(kl)|φ l (x k )φ k (x l )〉 =<br />
〈η k (r k )η l (r l )|g(kl)|η l (r k )η k (r l )〉〈χ k (s)|χ l (s)〉〈χ l (s)|χ k (s)〉 = (2.40)<br />
〈η k (r k )η l (r l )|g(kl)|η l (r k )η k (r l )〉δ χk χ l<br />
≡ g kl,lk δ χk χ l<br />
Si noti che i contributi (2.40) sono nulli se la coppia di spin-orbitali k ed l è riferita a elettroni<br />
con spin opposti (χ k ≠ χ l → δ χk χ l<br />
= 0).<br />
In definitiva, l’energia E HF nell’approssimazione monodeterminantale (Hartree-Fock, HF) è:<br />
E HF =<br />
N∑<br />
h k + 1 2<br />
k<br />
N∑<br />
g kl,kl − 1 N∑<br />
g kl,lk δ χk χ<br />
2<br />
l<br />
(2.41)<br />
k,l≠k<br />
χ k =χ l<br />
k,l≠k<br />
I termini h k contengono il contributo cinetico e quello potenziale dovuto all’interazione dell’elettrone<br />
k con gli n nuclei del sistema. I termini g kl,kl descrivono l’interazione Coulombiana tra<br />
gli elettroni k ed l; per tale motivo vengono chiamati integrali Coulombiani:<br />
∫<br />
g kl,kl ≡<br />
dr k dr l<br />
e 2 |η k (r k )| 2 |η l (r l )| 2<br />
|r k − r l |<br />
(2.42)<br />
A livello Hartree-Fock, il contributo Coulombiano bielettronico viene quindi valutato come<br />
l’interazione tra le due distribuzioni di carica e|η k (r k )| 2 ed e|η l (r l )| 2 .<br />
I termini g kl,lk vengono detti integrali di scambio:<br />
∫<br />
g kl,lk =<br />
dr k dr l<br />
e 2 η k (r k )η l (r k )η l (r l )η k (r l )<br />
|r k − r l |<br />
(2.43)<br />
Tali termini (presenti solo per coppie di elettroni aventi lo stesso spin) sono l’espressione del<br />
principio di antisimmetria all’interno dell’approssimazione di Hartree-Fock: poiché due elettroni<br />
con spin identico tendono a evitarsi, la loro interazione Coulombiana repulsiva sarà più<br />
bassa rispetto a quella che si ha tra due elettroni a spin opposto; in tal caso il termine Coulombiano<br />
(2.42) viene diminuito del termine di scambio (2.43). Si noti che l’energia di scambio<br />
non ha uno specifico significato fisico: si tratta di un termine correttivo al modo con cui, in<br />
ambito Hartree-Fock, si calcola l’energia di interazione Coulombiana interelettronica.<br />
Introduciamo i simboli J k e K k e i due nuovi operatori monoelettronici Coulombiani e di<br />
scambio J e K, tali che:<br />
J k = ∑ ′<br />
g kl,kl = ∑ ′<br />
〈φ k φ l |g(k, l)|φ k φ l 〉 = 〈φ k | ∑ ′<br />
〈φ l |g(k, l)|φ l 〉|φ k 〉 ≡ 〈φ k |J|φ k 〉 (2.44)<br />
l<br />
l<br />
K k = ∑ ′<br />
g kl,lk = ∑ ′<br />
〈φ k φ l |g(k, l)|φ l φ k 〉 = 〈φ k | ∑ ′<br />
〈φ l |g(k, l)|φ k 〉|φ l 〉 ≡ 〈φ k |K|φ k 〉 (2.45)<br />
l<br />
l<br />
l<br />
l
CAPITOLO 2. APPLICAZIONI A SISTEMI ATOMICI E MOLECOLARI 29<br />
dove la notazione ∑ indica una sommatoria su tutti gli indici l ≠ k, e dove si sono reintrodotti<br />
gli spin-orbitali [nella (2.45) tutti i termini con χ l ≠ χ k sono nulli; formalmente, si può<br />
′l<br />
quindi sommare su tutti gli l omettendo di indicare la restrizione χ l = χ k ]. Possiamo allora<br />
scrivere:<br />
N∑<br />
{ 1<br />
E HF =<br />
2 h k + 1 2 (h k + J k − K k )}<br />
= 1 ∑<br />
〈φ k |(h + F )|φ k 〉 (2.46)<br />
2<br />
dove<br />
k<br />
k<br />
F = h + J − K (2.47)<br />
è l’operatore monoelettronico di Fock. Il valor medio di F nello stato φ k è:<br />
ε k = 〈φ k |F |φ k 〉 (2.48)<br />
e rappresenta l’energia (cinetica+potenziale) dell’elettrone k nel campo medio creato da tutti<br />
gli altri n − 1 elettroni e dai nuclei (energia associata all’orbitale φ k ); l’energia E HF è dunque<br />
pari a 1/2 ∑ k (h k + ε k ).<br />
La funzione d’onda monodeterminantale Ψ HF non è che un’approssimazione della vera funzione<br />
multielettronica ψ e, in quanto tale, non è autofunzione dell’Hamiltoniano esatto del<br />
sistema (esatto, ferme restando le approssimazioni spin-orbitale, non relativistica e di Born-<br />
Oppenheimer). Con il procedimento di Hartree-Fock (HF), il carattere approssimato del problema<br />
multielettronico viene trasferito d<strong>alla</strong> funzione d’onda all’Hamiltoniano; Ψ HF risulta<br />
essere autofunzione dell’Hamiltoniano efficace di Hartree-Fock:<br />
2.6 Energia di correlazione<br />
H HF = 1/2(h + F ) (2.49)<br />
Poiché, in ambito HF, le interazioni Coulombiana e di scambio tra due elettroni vengono<br />
calcolate attraverso la distribuzione media dei singoli elettroni [si rivedano le (2.42) e (2.43)]<br />
e, quindi, senza tener conto della correlazione tra le posizioni istantanee degli stessi, si parla<br />
di errore di correlazione.<br />
La vera funzione d’onda ψ potrà essere formalmente scritta come la somma di Ψ HF e di<br />
una funzione di correlazione ψ corr , per cui:<br />
E = 〈ψ|H|ψ〉 = 〈Ψ HF + ψ corr |H|Ψ HF + ψ corr 〉 =<br />
= 〈Ψ HF |H|Ψ HF 〉 + 〈ψ corr |H|Ψ HF 〉 + 〈Ψ HF |H|ψ corr 〉 + 〈ψ corr |H|ψ corr 〉 =<br />
= E HF + E corr (2.50)<br />
L’energia di correlazione E corr è dunque, per definizione, la differenza tra l’energia vera del<br />
sistema multielettronico e l’energia calcolata nell’ambito dell’approssimazione monodeterminantale.<br />
Così come per l’energia di scambio, anche all’energia di correlazione non può essere<br />
attribuito un preciso significato fisico, essendo niente più che un termine correttivo all’energia<br />
di Hartree-Fock.
CAPITOLO 2. APPLICAZIONI A SISTEMI ATOMICI E MOLECOLARI 30<br />
2.7 Metodo Variazionale<br />
Come detto, l’espansione della funzione d’onda multielettronica ψ in una serie infinita di determinanti<br />
di Slater (espansione di Boys) è esatta per qualunque insieme completo di funzioni<br />
monoelettroniche φ, con le quali si costruiscono i prodotti di Hartree. Tuttavia, troncando<br />
la serie a un solo termine, si pone il problema di determinare il miglior insieme di funzioni φ<br />
attraverso le quali esprimere ψ con il minimo errore. In campo molecolare tali funzioni vengono<br />
chiamate orbitali molecolari.<br />
Dato l’operatore Hamiltoniano del sistema, l’insieme delle sue autofunzioni {ψ i } i=0,∞ è<br />
ortonormale completo, il che vuol dire che qualunque funzione φ può essere espressa come<br />
combinazione lineare delle ψ. Consideriamo una di tali combinazioni lineari, normalizzata,<br />
troncata a n termini, che rappresenta una possibile approssimazione dell’autofunzione ψ 0 di H<br />
associata al più basso autovalore E 0 (stato fondamentale):<br />
φ =<br />
n∑<br />
c i ψ i (2.51)<br />
i=0<br />
D<strong>alla</strong> condizione 〈φ|φ〉 = 1 (φ è normalizzata) risulta ∑ i |c i| 2 = 1. Ordiniamo le funzioni ψ i<br />
secondo il valore dell’autovalore (energia E i ) a esse associato; l’energia E calcolata usando la<br />
funzione φ sarà:<br />
E = 〈φ|H|φ〉 = ∑ i,j<br />
c i c j 〈ψ i |H|ψ j 〉 = ∑ i,j<br />
c i c j E j 〈ψ i |ψ j 〉 = ∑ i<br />
|c i | 2 E i (2.52)<br />
dove si è tenuto conto del fatto che 〈ψ i |ψ j 〉 = δ ij . Poiché ciascun E i ≥ E 0 , sostituendo ogni E i<br />
con E 0 , abbiamo : ∑<br />
∑<br />
|c i | 2 E i ≥ E 0 |c i | 2 = E 0 → E ≥ E 0 (2.53)<br />
i<br />
i<br />
La disuguaglianza (2.53) ci dice che l’energia calcolata con una funzione d’onda approssimata φ<br />
non è mai inferiore all’energia esatta dello stato fondamentale ψ 0 del sistema. Evidentemente,<br />
E = E 0 nel caso in cui φ = ψ 0 (cioè, nel caso in cui la φ sia la funzione d’onda esatta per<br />
lo stato fondamentale). Questo importante risultato prende il nome di teorema variazionale.<br />
Tale teorema è <strong>alla</strong> base del metodo variazionale: dato un qualunque insieme ortonormale completo<br />
di funzioni ψ i , la miglior approssimazione possibile dello stato fondamentale del sistema,<br />
espressa come combinazione lineare φ di un sottoinsieme delle ψ i , si ottiene minimizzando<br />
l’energia in funzione dei coefficienti c i della combinazione lineare. In effetti, tanto più bassa è<br />
E, tanto più si avvicina a E 0 , tanto più φ si approssima a ψ 0 . In formule:<br />
φ[c] = ∑ n<br />
i=1 c iψ i → E[c] = 〈φ|H|φ〉<br />
〈φ|φ〉<br />
∂E[c]<br />
∂c<br />
= 0<br />
(2.54)<br />
dove si è indicata esplicitamente la dipendenza funzionale di φ e di E dall’insieme c dei coefficienti<br />
c i e si è rimosso il vincolo sulla normalizzazione di φ (per cui è comparso il denominatore<br />
〈φ|φ〉).
CAPITOLO 2. APPLICAZIONI A SISTEMI ATOMICI E MOLECOLARI 31<br />
Lavorando con combinazioni lineari reali di funzioni ψ i reali e notando che 〈φ|φ〉 = ∑ i |c i| 2 ,<br />
abbiamo:<br />
〈φ|φ〉E = 〈φ|H|φ〉 → E ∑ i<br />
|c i | 2 = ∑ i,j<br />
c i c j 〈ψ i |H|ψ j 〉 = ∑ i,j<br />
c i c j h ij (2.55)<br />
da cui, derivando rispetto a c k , tenuto conto che h ki = h ik (la matrice Hamiltoniana è<br />
Hermitiana e reale, se costruita con funzioni ψ reali):<br />
∂E ∑<br />
|c i | 2 + 2Ec k = 2 ∑ ∂c k<br />
i<br />
i<br />
h ki c i (2.56)<br />
Per la (2.54) le derivate ∂E/∂c k sono nulle e, quindi:<br />
∑<br />
h ki c i = Ec k (2.57)<br />
i<br />
Esiste una di tali equazioni per ogni coefficiente c k ; nell’insieme vale l’equazione matriciale:<br />
hc = Ec (2.58)<br />
la cui soluzione fornisce gli autovalori e le autofunzioni dell’energia. Si tratta allora di risolvere<br />
l’equazione secolare |h−EI| = 0 (dove I è la matrice identità): perchè si abbiano soluzioni non<br />
banali si deve annullare il determinante associato al sistema omogeneo<br />
(h − EI) c = 0.<br />
La soluzione del problema variazionale coincide dunque con la diagonalizzazione della matrice<br />
h rappresentativa dell’operatore Hamiltoniano nello spazio delle funzioni ψ.
Capitolo 3<br />
Spazio di Fock e seconda<br />
quantizzazione<br />
Tornando al problema di Hartree-Fock, nello spirito del metodo variazionale, è possibile ottenere<br />
il miglior insieme di orbitali molecolari per l’approssimazione monodeterminantale della<br />
funzione d’onda multielettronica, minimizzando l’energia E HF di cui <strong>alla</strong> (2.46) rispetto a variazioni<br />
delle φ k . Per esprimere tali variazioni e la conseguente derivata dell’energia lavoreremo<br />
nello spazio di Fock, con i cosiddetti metodi di seconda quantizzazione, la cui definizione è l’oggetto<br />
della presente sezione.<br />
3.1 Rappresentazione dello stato di un sistema nello<br />
spazio di Fock<br />
Sia {ψ i (x)} i=1.∞ un insieme di funzioni d’onda monoelettroniche, autofunzioni di un operatore<br />
Hamiltoniano monoelettronico h(i). Un sistema multielettronico descritto entro un modello<br />
a particelle indipendenti (IPM: independent particle model) prevede un Hamiltoniano<br />
H = ∑ N<br />
i<br />
h(i); è facile verificare che prodotti antisimmetrizzati di N funzioni ψ i sono autofunzioni<br />
di H. Una funzione Ψ k (x 1 , . . . , x N ) = √ N! ∏ N<br />
i=1 ψ k i<br />
(x i ) può essere vista come la<br />
rappresentazione di Schrödinger di un vettore |k 1 , . . . , k N 〉 dello spazio di Fock:<br />
∣ ∣∣∣∣∣∣∣<br />
〈x|k 1 , . . . , k N 〉 = √ 1<br />
ψ k1 (x 1 ) · · · ψ kN (x 1 )<br />
.<br />
.<br />
N! (3.1)<br />
ψ k1 (x N ) · · · ψ kN (x N ) ∣<br />
Tale vettore indica l’occupazione degli N spin-orbitali {ψ k1 , . . . , ψ kN }, da parte degli N elettroni.<br />
Si noti che, a causa dell’antisimmetria, valgono relazioni del tipo |ij〉 = −|ji〉 (scambio<br />
di due colonne nel determinante associato).<br />
Indicando con |∅〉 lo stato vuoto che non contiene elettroni, definiamo gli operatori creazione<br />
di elettroni a + j che, applicati allo stato vuoto creano un elettrone nello spin-orbitale ψ j :<br />
a + j<br />
|∅〉 = |j〉 (3.2)<br />
32
CAPITOLO 3. SPAZIO DI FOCK E SECONDA QUANTIZZAZIONE 33<br />
L’effetto dell’applicazione di a + j su un qualunque vettore |kl · · · p〉 che non contiene j è quello<br />
di porre un nuovo elettrone nello spin-orbitale ψ j :<br />
a + j |kl · · · p〉 = |kl · · · pj〉 = (−1)νr |klj · · · p〉 (3.3)<br />
dove ν r è il numero di permutazioni necessarie per riordinare la lista degli spin-orbitali come<br />
indicato nella (3.3). Viceversa, poiché non è possibile porre più di un elettrone in un dato<br />
spin-orbitale, a + j |klj · · · p〉 = 0. Dati due operatori creazione a+ i e a + j e un vettore che non<br />
contenga né i né j, abbiamo:<br />
a + i a+ j |k · · · p〉 = a+ i |k · · · pj〉 = |k · · · pji〉<br />
(3.4)<br />
a + j a+ i |k · · · p〉 = |k · · · pij〉 = −|k · · · pji〉<br />
Ciò significa che a + i a+ j + a + j a+ i = 0 (la stessa relazione è verificata se i o j o entrambi sono<br />
contenuti nel vettore su cui gli operatori sono applicati). In tal caso si dice che i due operatori<br />
anticommutano e si usa la notazione [a + i , a+ j ] + = 0.<br />
Parimenti è possibile definire degli operatori distruzione a − j che distruggono un elettrone<br />
nello spin-orbitale ψ j . L’applicazione di un qualunque operatore distruzione allo stato vuoto<br />
produce 0; lo stesso si verifica applicando a − j a un vettore che non contiene j. Negli altri casi:<br />
a − j<br />
|k · · · pj〉 = |k · · · p〉<br />
a − j |k · · · j · · · p〉 = (−1)νr |k · · · ̸j · · · p〉<br />
(3.5)<br />
dove ν r è il numero di scambi necessari per portare j in fondo <strong>alla</strong> lista. È facile verificare che<br />
anche per gli operatori distruzione vale la relazione di anticommutazione [a − i , a− j ] + = 0.<br />
Vediamo ora l’effetto dell’applicazione dei prodotti a − i a+ j<br />
|k · · · i · · · p〉 che non contiene j:<br />
e a + j a− i<br />
, con i ≠ j, sul vettore<br />
a − i a+ j |k · · · i · · · p〉 = a− i |k · · · i · · · pj〉 = (−1)νr |k · · · ̸i · · · pj〉<br />
a + j a− i |k · · · i · · · p〉 = (−1)νr−1 a + j |k · · · ̸i · · · p〉 = (−1)νr−1 |k · · · ̸i · · · pj〉<br />
(3.6)<br />
Se |k · · · i · · · p〉 contenesse j (o se considerassimo un vettore |k · · · p〉 che non contiene i) entrambi<br />
i prodotti di operatori darebbero risultato nullo. Dalle due equazioni (3.6) si desume<br />
quindi che [a − i , a+ j ] + = 0. D’altra parte, se i = j e il vettore |k · · · p〉 non contiene j:<br />
Viceversa, se |k · · · p〉 contiene j,<br />
a − j a+ j |k · · · p〉 = a− j |k · · · pj〉 = |k · · · p〉<br />
(3.7)<br />
a + j a− j |k · · · p〉 = 0<br />
a − j a+ j<br />
|k · · · j · · · p〉 = 0<br />
a + j a− j |k · · · j · · · p〉 = (−1)νr a + j |k · · · ̸j · · · p〉 = (−1)νr |k · · · ̸j · · · pj〉 = |k · · · j · · · p〉<br />
(3.8)
CAPITOLO 3. SPAZIO DI FOCK E SECONDA QUANTIZZAZIONE 34<br />
Complessivamente la (3.7) e (3.8) indicano che a − j a+ j + a+ j a− j = 1 da cui, considerando la (3.6),<br />
si ottiene [a + i , a− j ] + = δ ij .<br />
La condizione di normalizzazione di uno spin-orbitale, per cui 〈ψ k |ψ k 〉 = 1, implica nello spazio<br />
di Fock:<br />
〈k|k〉 = 1 = 〈∅|(a + k )† a + k |∅〉 → (a+ k )† a + k = 1 → (a+ k )† = (a + k )−1 (3.9)<br />
vale a dire: gli operatori creazione sono unitari (il coniugato Hermitiano coincide con l’operatore<br />
inverso). D’altra parte, come è facile verificare, l’inverso di un operatore creazione a + j è<br />
l’operatore distruzione a − j e, dunque, il coniugato Hermitano di un operatore creazione è un<br />
operatore distruzione. Possiamo allora semplificare leggermente la notazione e indicare con a j<br />
un operatore distruzione e con a † j l’operatore creazione.<br />
Riassumendo, le relazioni anticommutazione per gli operatori creazione/distruzione sono:<br />
⎧<br />
[a i , a j ] + = 0<br />
⎪⎨<br />
[a † i , a† j ] + = 0<br />
(3.10)<br />
⎪⎩<br />
[a † i , a j] + = δ ij<br />
Si noti che, se a † j |∅〉 = |j〉, vale 〈j| = 〈∅|(a† j )† = 〈∅|a j : un operatore a j crea dunque un elettrone<br />
nello spin-orbitale j se, anzichè vettori ket nello spazio di Fock, si usano vettori bra. Similmente,<br />
un operatore creazione sul ket è un operatore distruzione sul bra.<br />
3.2 Operatori nello spazio di Fock<br />
Consideriamo ora la rappresentazione di un operatore ˆF nello spazio di Fock, soffermandoci<br />
in primo luogo sugli operatori monoelettronici. Sia F S la rappresentazione dell’operatore<br />
monoelettronico ˆF nello spazio di Schrödinger. Sappiamo che l’applicazione di F S a uno<br />
spin-orbitale ψ k (x) (appartenente a un insieme ortonormale completo {ψ i }) produce un nuovo<br />
stato che, rappresentato nello spazio di Schrödinger, è esprimibile come combinazione lineare<br />
di spin-orbitali appartenenti allo stesso insieme {ψ i }:<br />
F S ψ k (x) = ∑ k ′ F k ′ kψ k ′(x) (3.11)<br />
Ricordato che ψ k (x) ≡ 〈x|ψ k 〉 ≡ 〈x|k〉 (dove, per brevità, si è indicato con |k〉 il vettore |ψ k 〉),<br />
moltiplicando a destra per 〈x|q〉 = 〈q|x〉 e integrando su tutte le coordinate (spaziali e di spin)<br />
si ottiene:<br />
∫<br />
〈q|x〉F S 〈x|k〉 dx = ∑ ∫<br />
F k ′ k 〈q|x〉dx〈x|k ′ 〉 = ∑ F k ′ k〈q|k ′ 〉 = ∑ F k ′ kδ qk ′ = F qk (3.12)<br />
k ′<br />
k ′ k ′<br />
dove si è sfruttata la condizione di completezza (1.25) e l’ortonormalità dell’insieme {ψ i }. In<br />
sostanza, i coefficienti F k ′ k che compaiono nella (3.11) sono dati da:<br />
F k ′ k = 〈k ′ |F S |k〉 (3.13)
CAPITOLO 3. SPAZIO DI FOCK E SECONDA QUANTIZZAZIONE 35<br />
Gli operatori monoelettronici di nostro interesse sono sempre della forma ˆF = ∑ ˆF i<br />
(i),<br />
vale a dire: sono sempre somme di operatori monoelettronici, ognuno dei quali agisce su<br />
un elettrone specifico. Nella rappresentazione di Schrödinger, l’azione di F S su un detor<br />
Ψ 1···N = √ N!ÂΦ 1···N, essendo Φ 1···N il prodotto di Hartree ψ 1 (x 1 ) · · · ψ N (x N ), è data da<br />
F S Ψ 1···N = √ N!F S Â<br />
= √ N! ∑ i<br />
N∏<br />
ψ j (x j ) = √ N!<br />
j=1<br />
∑<br />
N∏<br />
F ki Âψ k (x i )<br />
k<br />
N∑ N∏<br />
 ψ j (x j )F S (i)ψ i (x i ) =<br />
i=1<br />
j≠i<br />
j≠i<br />
ψ j (x j ) = ∑ i<br />
∑<br />
F ki Ψ 1···k···N (3.14)<br />
dove si è sfruttata la commutabilità dell’antisimmetrizzatore  con gli operatori monoelettronici<br />
F S (i) e il fatto che, in generale, il risultato dell’applicazione di F su uno stato rappresentato<br />
da ψ i è un nuovo stato rappresentabile come combinazione lineare delle stesse funzioni ψ k . Si<br />
noti che nella (3.14) la sommatoria su i è sugli N elettroni, mentre quella su k non è limitata<br />
superiormente (almeno, se l’insieme {ψ i } non è finito).<br />
Si verifica facilmente che i coefficienti F ki sono gli elementi di matrice:<br />
F ki = 〈1 · · · k · · · N|F S (i)|1 · · · i · · · N〉 (3.15)<br />
dove la scrittura |1 · · · N〉 indica il detor costruito con gli spin-orbitali (1, . . . , N).<br />
Nello spazio di Fock, il vettore |1 · · · k · · · N〉, corrispondente al detor Ψ 1···k···N , si può ottenere<br />
dal vettore |1 · · · i · · · N〉 attraverso l’applicazione dell’operatore a † k a i che distrugge un<br />
elettrone nello spin-orbitale ψ i e crea un elettrone nello spin-orbitale ψ k :<br />
|1 · · · k · · · N〉 = a † k a i|1 · · · i · · · N〉 (3.16)<br />
quindi, indicando con F F la rappresentazione di ˆF nello spazio di Fock, in corrispondenza<br />
della (3.14) troviamo un’equazione:<br />
F F |1 · · · N〉 = ∑ ∑<br />
F ki a † k a i|1 · · · N〉 (3.17)<br />
i<br />
La sommatoria su i nella (3.17) può formalmente essere estesa all’infinito (l’indice i può quindi<br />
variare su tutti i valori assunti dall’indice k) perchè per ogni valore di i > N l’operatore<br />
distruzione a i applicato al vettore |1 · · · N〉 produce un risultato nullo (infatti, se i > N, lo<br />
spin-orbitale ψ i non è occupato in |1 · · · N〉). In definitiva, dovendo la (3.17) valere per un<br />
detor qualunque, rinominando gli indici, si ha:<br />
k<br />
k<br />
F F = ∑ i,j<br />
F ij a † i a j (3.18)<br />
Veniamo ora al caso degli operatori bielettronici del tipo B = ∑ i,j≠i<br />
B(i, j). L’effetto
CAPITOLO 3. SPAZIO DI FOCK E SECONDA QUANTIZZAZIONE 36<br />
dell’applicazione di B S sul detor Ψ 1···N è:<br />
B S Ψ 1···N<br />
= √ N∏<br />
N!B S Â ψ k (x k ) = √ N∑ N∏<br />
N! Â ψ k (x k )B S (i, j)ψ i (x i )ψ j (x j ) =<br />
k=1<br />
√ ∑ N N∏<br />
N! Â<br />
i,j≠i<br />
k≠i,j<br />
ψ k (x k ) ∑ m,n<br />
√ ∑ N<br />
∑<br />
N! B mn,ij Âψ m (x i )ψ n (x j )<br />
i,j≠i k≠i,j<br />
B mn,ij ψ m (x i )ψ n (x j ) =<br />
i,j≠i m,n<br />
k≠i,j<br />
N∏<br />
ψ k (x k ) =<br />
N∑ ∑<br />
B mn,ij Ψ 1···m···n···N (3.19)<br />
i,j≠i m,n<br />
dove B mn,ij = 〈mn|B S (i, j)|ij〉. Nello spazio di Fock, al detor Ψ 1···m···n···N corrisponde il<br />
vettore |1 · · · m · · · n · · · N〉, ottenuto dal vettore |1 · · · i · · · j · · · N〉 nel modo:<br />
|1 · · · m · · · n · · · N〉 = a † na j |1 · · · m · · · j · · · N〉 = a † na j a † ma i |1 · · · i · · · j · · · N〉 (3.20)<br />
Ricordate le (3.10), conviene distingure i due casi j ≠ m e j = m. Nel primo caso:<br />
Nel secondo caso (j = m) abbiamo:<br />
Ora,<br />
a † na j a † ma i = −a † na † ma j a i = a † ma † na j a i (3.21)<br />
a † na j a † j a i = a † n(1 − a † j a j)a i = a † na i − a † na † j a ja i (3.22)<br />
a † na i |1 · · · i · · · j · · · N〉 = |1 · · · n · · · j · · · N〉 e, d’altra parte,<br />
a † na † j a ja i |1 · · · i · · · j · · · N〉 = (−1) ν i<br />
a † na † j a j|1 · · · ̸i · · · j · · · N〉 = (3.23)<br />
(−1) ν i<br />
a † n|1 · · · ̸i · · · j · · · N〉 = |1 · · · n · · · j · · · N〉<br />
quindi nel caso j = m, l’applicazione dell’operatore a † na i −a † na † j a ja i al vettore |1 · · · i · · · j · · · N〉<br />
produce un risultato nullo. In considerazione di questo fatto e della possibilità di estendere le<br />
sommatorie sugli indici i e j a tutto il campo di variabilità degli indici m e n (per lo stesso<br />
motivo visto nel caso degli operatori monoelettronici), abbiamo:<br />
B F |1 · · · i · · · j · · · N〉 = ∑<br />
B mn,ij a † ma † na j a i |1 · · · i · · · j · · · N〉 (3.24)<br />
i,j,m,n<br />
dove anche il vincolo i ≠ j è rimosso (a j a j |1 · · · i · · · j · · · N〉 = 0, quindi la rimozione del<br />
vincolo è ininfluente sul risultato). In definitiva,<br />
B F = ∑<br />
B mn,ij a † ma † na j a i (3.25)<br />
i,j,m,n
CAPITOLO 3. SPAZIO DI FOCK E SECONDA QUANTIZZAZIONE 37<br />
Nello spazio di Fock, l’Hamiltoniano H = ∑ i h(i) + 1/2 ∑′ i,j<br />
g(i, j) è espresso da:<br />
H F = ∑ i,j<br />
h ij a † i a j + 1 2<br />
∑<br />
i,j,m,n<br />
g mn,ij a † ma † na j a i (3.26)<br />
con h ij = 〈i|h|j〉; g mn,ij = 〈mn|g|ij〉. Il valor medio dell’energia in un dato stato | 〉 sarà dato<br />
dall’equazione<br />
E = 〈H〉 = ∑ h ij 〈a † i a j〉 + 1 ∑<br />
g mn,ij 〈a †<br />
2<br />
ma † na j a i 〉 (3.27)<br />
i,j<br />
3.3 Equazioni di Hartree-Fock<br />
i,j,m,n<br />
Siamo ora pronti per affrontare il problema variazionale connesso <strong>alla</strong> ricerca del miglior insieme<br />
di funzioni monoelettroniche (orbitali molecolari) per la rappresentazione dello stato<br />
fondamentale multielettronico, nell’ambito dell’approssimazione monodeterminantale. Si tratta<br />
di cercare il minimo dell’energia E = 〈Ψ|H|Ψ〉 rispetto a variazioni arbitrarie di Ψ, essendo<br />
H l’Hamiltoniano (3.26) e Ψ un determinante di Slater.<br />
Formalmente, una variazione di Ψ può essere espressa come l’applicazione di un operatore<br />
U <strong>alla</strong> Ψ, per produrre una nuova funzione Ψ ′ : |Ψ ′ 〉 = U|Ψ〉. Unico vincolo richiesto per la<br />
trasformazione è la conservazione della norma, per cui:<br />
〈Ψ ′ |Ψ ′ 〉 = 1 = 〈UΨ|UΨ〉 = 〈Ψ|U † U|Ψ〉 → U † U = I (3.28)<br />
dove I è l’operatore identità. In sostanza, si richiede che U sia unitario (il coniugato Hermitiano<br />
di U coincide con l’operatore inverso U −1 ). Conviene definire U attraverso un operatore R tale<br />
che:<br />
U = e R (3.29)<br />
dove R è un operatore antihermitiano: R † = −R; in tal modo U † U = e R† e R = e R−R = I. Si<br />
noti che per R tendente a 0, la trasformazione U è infinitesima (in tal caso U tende a I). La<br />
variazione infinitesima di E (δE) a seguito di una trasformazione infinitesima U sarà data da:<br />
E + δE = 〈Ψ ′ |H|Ψ ′ 〉 = 〈Ψ|U † HU|Ψ〉 = 〈Ψ|e −R He R |Ψ〉 (3.30)<br />
Sviluppando in serie gli esponenziali, abbiamo:<br />
e −R He R = (I − R + 1 2 R2 − · · · )H(I + R + 1 2 R2 + · · · ) =<br />
= H + HR − RH − RHR + 1 2 HR2 + 1 2 R2 H + · · · =<br />
= H + [H, R] + 1 [[H, R], R] + · · · (3.31)<br />
2<br />
Trascurando i termini di ordine superiore al primo (si tratta di una trasformazione infinitesima)<br />
e imponendo la stazionarietà dell’energia a seguito di tale trasformazione (δE = 0) otteniamo:<br />
δE = 〈Ψ|[H, R]|Ψ〉 = 0 (3.32)
CAPITOLO 3. SPAZIO DI FOCK E SECONDA QUANTIZZAZIONE 38<br />
La (3.32) prende il nome di condizione di Brillouin. Nello spazio di Fock, diamo ad R la forma<br />
di operatore monoelettronico:<br />
R = ∑ ∆ sr a † ra s (3.33)<br />
r,s<br />
e l’antihermiticità di R si traduce nella relazione ∆ † ij = −∆ ji dove, per definizione di matrice<br />
aggiunta (∆ † ), ∆ † ij = ∆ ji. Nello spazio di Fock, al detor Ψ corrisponde il vettore |1 · · · N〉 in<br />
cui solo gli spin-orbitali con indici compresi tra 1 e N sono occupati, mentre tutti gli altri sono<br />
vuoti. Nel seguito, gli indici i, j, . . . si riferiranno a spin-orbitali occupati, mentre gli indici<br />
m, n, . . . indicheranno quelli vuoti.<br />
Usando la condizione di Brillouin e separando le sommatorie sui sottoinsiemi di indici<br />
(i, j ≠ i), (i, m), (m, i), (m, n ≠ m), (i, i) e (m, m) che, nell’insieme, costituiscono tutte le<br />
possibili combinazioni, abbiamo:<br />
δE = ∑ i,j≠i<br />
∆ ij 〈Ψ|Ha † j a i|Ψ〉 − ∑ i,j≠ i<br />
∆ ij 〈Ψ|a † j a iH|Ψ〉 +<br />
∑<br />
∆ mi 〈Ψ|Ha † i a m|Ψ〉 − ∑<br />
m,i m,i<br />
∑<br />
∆ mn 〈Ψ|Ha † na m |Ψ〉 − ∑<br />
∆ im 〈Ψ|a † ma i H|Ψ〉 +<br />
∆ im 〈Ψ|Ha † ma i |Ψ〉 − ∑<br />
i,m i,m<br />
∑<br />
∆ mi 〈Ψ|a † i a mH|Ψ〉 +<br />
m,n≠m<br />
m,n≠m<br />
∆ mn 〈Ψ|a † na m H|Ψ〉 +<br />
∑<br />
∆ ii 〈Ψ|Ha † i a i|Ψ〉 − ∑ ∆ ii 〈Ψ|a † i a iH|Ψ〉 +<br />
i<br />
i<br />
∑<br />
∆ mm 〈Ψ|Ha † ma m |Ψ〉 − ∑ ∆ mm 〈Ψ|a † ma m H|Ψ〉 = 0 (3.34)<br />
m<br />
m<br />
La maggior parte dei termini nella (3.34) è nulla: i termini 〈Ψ|Ha † j a i|Ψ〉 (prima sommatoria)<br />
sono nulli perchè prevedono la creazione di un elettrone in uno spin-orbitale già occupato (ψ j );<br />
i termini 〈Ψ|a † j a iH|Ψ〉 (seconda sommatoria) sono nulli perchè prevedono l’azione da destra<br />
dell’operatore a † j a i sul bra 〈Ψ| (creazione di un elettrone nello spin-orbitale già occupato ψ i -<br />
si ricordi che un operatore distruzione su un ket è di creazione sul corrispondente bra); per<br />
motivi analoghi si annullano le sommatorie 4, 5, 7, 11, 12 (tutte per distruzione di elettroni<br />
in m) e la 8 (distruzione di un elettrone in n). I termini 〈Ψ|Ha † i a i|Ψ〉 e 〈Ψ|a † i a iH|Ψ〉 sono<br />
entrambi uguali a 〈Ψ|H|Ψ〉, quindi la coppia di sommatorie 9 e 10 si annulla identicamente.<br />
Le uniche due sommatorie non nulle sono la 3 e la 6, da cui:<br />
δE = ∑ i,m<br />
∆ im 〈Ψ|Ha † ma i |Ψ〉 − ∑ m,i<br />
∆ mi 〈Ψ|a † i a mH|Ψ〉 = 0 (3.35)<br />
D’altra parte, il complesso coniugato dei termini 〈Ψ|a † i a mH|Ψ〉 nella seconda sommatoria della<br />
(3.35) è<br />
〈Ψ|a † i a mH|Ψ〉 = 〈Ψ|(a † i a mH) † |Ψ〉 = 〈Ψ|Ha † ma i |Ψ〉 (3.36)<br />
e, poiché ∆ è antihermitiana, ∆ † mi = −∆ im; perciò −∆ mi = ∆ im (si ricordi che, per definizione<br />
di matrice aggiunta, ∆ † mi = ∆ im). In definitiva, le due sommatorie nella (3.35) sono l’una la
CAPITOLO 3. SPAZIO DI FOCK E SECONDA QUANTIZZAZIONE 39<br />
complessa coniugata dell’altra, per cui è sufficiente considerarne una soltano nella ricerca del<br />
punto di stazionarietà di E:<br />
δE = ∑ i,m<br />
∆ im 〈Ψ|Ha † ma i |Ψ〉 = 0 (3.37)<br />
dove, ricordiamo, l’indice i varia su tutti gli spin-orbitali occupati, mentre l’indice m su quelli<br />
vuoti (detti anche virtuali).<br />
Essendo i coefficienti ∆ im nella (3.35) degli scalari assolutamente arbitrari, la condizione<br />
δE = 0 si traduce nell’annullamento di ogni termine 〈Ψ|Ha † ma i |Ψ〉 e la condizione di Brillouin<br />
prende la forma<br />
〈Ψ|H|Ψ(i → m)〉 = 0 (3.38)<br />
dove con |Ψ(i → m)〉 si è indicato il rappresentativo (nello spazio di Fock) del detor ottenuto<br />
promuovendo un elettrone dallo spin-orbitale ψ i allo spin-orbitale ψ m .<br />
Vediamo ora in dettaglio la forma assunta dell’operatore Ha † ma i , essendo H l’Hamiltoniano<br />
(3.26), per cui:<br />
Ha † ma i = ∑ h rs a † ra s a † ma i + 1 ∑<br />
g rs,tu a †<br />
2<br />
ra † sa u a t a † ma i<br />
r,s<br />
r,s,t,u<br />
(3.39)<br />
dove, ricordiamo, i coefficienti h rs e g rs,tu altro non sono che degli scalari. Consideriamo<br />
dapprima i termini monoelettronici:<br />
da cui:<br />
a † ra s a † ma i = a † r(δ sm − a † ma s )a i = δ sm a † ra i − a † ra † ma s a i (3.40)<br />
h rs 〈a † ra s a † ma i 〉 = h rs 〈δ sm a † ra i 〉 − h rs 〈a † ra † ma s a i 〉 (3.41)<br />
Il secondo termine a destra dell’uguaglianza nella (3.41) è nullo (infatti, considerata l’azione<br />
a destra sul bra 〈Ψ|, tale termine prevede la distruzione di un elettrone nello spin-orbitale m<br />
che è vuoto) e quindi:<br />
∑<br />
h rs a † ra s a † ma i = ∑ δ sm h rs 〈a † ra i 〉 = ∑ δ ri h rm = h im ≡ 〈i|h|m〉 (3.42)<br />
r,s<br />
r<br />
r,s<br />
Nei termini bielettronici compare il prodotto a † ra † sa u a t a † ma i che si trasforma in:<br />
a † ra † sa u a t a † ma i = a † ra † sa u (δ mt − a † ma t )a i = δ mt a † ra † sa u a i − a † ra † sa u a † ma t a i =<br />
δ mt a † ra † sa u a i − a † ra † s(δ um − a † ma u )a t a i =<br />
δ mt a † ra † sa u a i − δ um a † ra † sa t a i + a † ra † sa † ma u a t a i (3.43)<br />
Il valor medio 〈 〉 dell’ultimo termine della (3.43) è nullo (distruzione di un elettrone nello<br />
spin-orbitale vuoto m, nel bra 〈 |), da cui:<br />
∑<br />
g rs,tu a † ra † sa u a t a † ma i = ∑<br />
g rs,tu δ mt 〈a † ra † sa u a i 〉 − ∑<br />
g rs,tu δ um 〈a † ra † sa t a i 〉 =<br />
r,s,t,u<br />
r,s,t,u<br />
r,s,t,u<br />
∑<br />
g rs,mu 〈a † ra † sa u a i 〉 − ∑ g<br />
} {{ } rs,tm 〈a † ra † sa t a i 〉 =<br />
} {{ }<br />
r,s,u<br />
r,s,t<br />
δ ri δ su<br />
δ ri δ st<br />
∑<br />
g is,ms − ∑ g is,sm (3.44)<br />
s<br />
s
CAPITOLO 3. SPAZIO DI FOCK E SECONDA QUANTIZZAZIONE 40<br />
In sintesi, ricombinando le (3.37), (3.42) e (3.44), otteniamo:<br />
δE = 0 → h im + ∑ j<br />
g ij,mj − ∑ j<br />
g ij,jm = 0 (3.45)<br />
Richiamando gli operatori h (2.37), J (2.44) e K (2.45), riconosciamo nella (3.45) l’elemento<br />
di matrice 〈i|F |m〉 dell’operatore monoelettronico di Fock (2.47), per cui la condizione di<br />
stazionarietà dell’energia E, a seguito di variazioni arbitrarie (ma che conservano la norma)<br />
della funzione d’onda monodeterminantale, si traduce nella:<br />
〈ψ i |F |ψ m 〉 = 0 (3.46)<br />
per ogni coppia di spin-orbitali di cui uno occupato (i) e uno vuoto (m). L’equazione di Hartree-<br />
Fock (3.46) è certamente soddisfatta dalle autofunzioni di F ; in tal caso, infatti, stante le<br />
equazioni {<br />
F |ψm 〉 = ε m |ψ m 〉<br />
F |ψ i 〉 = ε i |ψ i 〉<br />
e tenuto conto che autostati associati ad autovalori diversi sono ortogonali, si ha:<br />
〈ψ i |F |ψ m 〉 = ε m 〈ψ i |ψ m 〉 = 0 (3.47)<br />
La ricerca del miglior insieme di funzioni monoelettroniche (orbitali molecolari) per l’approssimazione<br />
monodeterminantale della funzione d’onda multielettronica coincide, quindi, nella<br />
ricerca delle autofunzioni dell’operatore di Fock.<br />
È da notare che, nelle loro definizioni, gli operatori J e K già contengono gli orbitali molecolari<br />
e, cioè, le stesse funzioni che dovrebbero risultare d<strong>alla</strong> soluzione delle equazioni di Hartree-<br />
Fock. In pratica si segue una procedura iterativa per cui, (1) a partire da un adeguato insieme<br />
di funzioni di partenza (orbitali atomici) si ottengono gli operatori J e K; (2) si rappresenta<br />
l’operatore di Fock nello stesso insieme di orbitali atomici e si diagonalizza la matrice risultante;<br />
(3) le autofunzioni di F così ottenute si utilizzano per ricalcolare J e K e si torna al punto<br />
(2). Il procedimento si arresta allorché la soluzione ottenuta a un certo passo non differisca<br />
per più di una certa soglia d<strong>alla</strong> soluzione ottenuta al passo precedente. Si parla di metodo a<br />
campo autoconsistente, da cui la sigla HF-SCF (Hartree-Fock, Self Consistent Field).<br />
3.4 Funzioni base<br />
Come detto nella sezione precedente, la soluzione del problema multielettronico in ambito<br />
monodeterminantale passa attraverso la diagonalizzazione della matrice di Fock F , rappresentativa<br />
del corrispondente operatore ˆF in qualche spazio funzionale. In pratica, gli orbitali<br />
molecolari ψ k vengono rappresentati da combinazioni lineari di funzioni ϕ j :<br />
ψ k (x) =<br />
M∑<br />
a kj ϕ j (x) (3.48)<br />
j=1
CAPITOLO 3. SPAZIO DI FOCK E SECONDA QUANTIZZAZIONE 41<br />
dove, seguendo il metodo variazionale, i coefficienti a kj vengono ottenuti diagonalizzando la<br />
matrice F di elementi F ij = 〈ϕ i | ˆF |ϕ j 〉.<br />
A prescindere dallo spin (e quindi, ponendo l’attenzione soltanto sulla parte orbitale di<br />
ciascun spin-orbitale), in linea di principio qualunque insieme completo di funzioni ϕ j può<br />
essere usato per rappresentare gli orbitali molecolari. Tuttavia, per problemi di convergenza<br />
e di costo del calcolo, è conveniente limitare la scelta a poche famiglie di funzioni e usare<br />
quelle in grado di fornire buone approssimazioni degli orbitali molecolari con relativamente<br />
pochi termini (M) nella combinazione lineare. In pratica, seguendo l’idea intuitiva per cui<br />
gli orbitali molecolari possono essere visti come sovrapposizione di orbitali atomici (AO), si<br />
scelgono funzioni centrate sui singoli nuclei che riproducono più o meno fedelmente gli AO degli<br />
atomi presenti nella molecola o cristallo; il metodo si identifica perciò con la sigla MO-LCAO:<br />
Molecular Orbitals as Linear Combination of Atomic Orbitals. Un problema computazionale<br />
legato all’uso di funzioni localizzate sui nuclei è la perdita di ortogonalità dell’insieme delle<br />
ϕ j (funzioni centrate su nuclei diversi non sono ortogonali); dal punto di vista formale questo<br />
comporta una modifica dell’equazione matriciale da risolvere per la diagonalizzazione di F ,<br />
con la comparsa di una matrice di overlap S i cui elementi S ij sono gli integrali 〈ϕ i |ϕ j 〉:<br />
F A = SAE (3.49)<br />
dove A è la matrice degli autovettori {a kj } k,j=1,M .<br />
Funzioni molto usate sia in campo molecolare sia in campo cristallino sono quelle di tipo<br />
gaussiano (GT F , Gaussian type functions) che, in coordinate sferiche (r, θ, φ), hanno la forma:<br />
g αlm (r, θ, φ) = r l Y m<br />
l (θ, φ)e −αr2 (3.50)<br />
Oltre che dai numeri quantici l ed m che descrivono la dipendenza angolare della funzione e,<br />
quindi, il tipo di orbitale, le GT F dipendono da un esponente α che deve essere ottimizzato<br />
variazionalmente, determinandone il valore a cui corrisponde il minimo dell’energia. Poiché<br />
una singola GT F non è solitamente in grado di riprodurre accuratamente l’andamento di un<br />
orbitale nelle vicinanze del nucleo, si usano spesso combinazioni lineari di GT F dette funzioni<br />
contratte, per cui il singolo orbitale ϕ j della (3.48) diventa:<br />
p j<br />
i=1<br />
p j<br />
∑<br />
∑<br />
ϕ j = d i g αi lm(r, θ, φ) = d i r l Yl m (θ, φ)e −α ir 2 (3.51)<br />
dove p j è il numero di primitive nella contratta ϕ j e dove i coefficienti d i ed esponenti α i vanno<br />
determinati variazionalmente. È d’uso indicare le basi contratte con notazioni che mostrano il<br />
numero di primitive per ogni orbitale (o per ogni insieme di orbitali con energia simile, come gli<br />
orbitali ns e np); per esempio, il simbolo 8-31G indica una base formata da una contrazione di<br />
8 primitive per descrivere lo shell più interno dell’atomo (1s) e una split valence, per lo shell di<br />
valenza (2s + 2p), composta da una contrazione di 3 primitive più una gaussiana esterna libera<br />
(in questo caso la valenza è descritta da due insiemi di funzioni: la contrazione e la gaussiana<br />
libera, da cui il nome split valence). Normalmente gli esponenti e i coefficienti delle gaussiane<br />
nelle contrazioni vengono ottimizzati variazionalmente sull’atomo isolato, mentre gli esponenti<br />
delle gaussiane libere più esterne si ottimizzano direttamente per la molecola o cristallo.<br />
i=1
CAPITOLO 3. SPAZIO DI FOCK E SECONDA QUANTIZZAZIONE 42<br />
Basi via via più ricche (aumento del numero di shell e aumento del numero di gaussiane<br />
per ogni contrazione) conducono a un abbassamento dell’energia totale e a una migliore descrizione<br />
degli orbitali molecolari, a causa dell’aumento della libertà variazionale (aumento del<br />
numero dei parametri ottimizzabili). Tuttavia, oltre un certo limite, un ulteriore aumento del<br />
numero di funzioni base non produce più miglioramenti apprezzabili; tale limite viene detto<br />
limite Hartree-Fock.<br />
3.4.1 Un esempio: la molecola H 2<br />
Riportiamo di seguito i risultati Hartree-Fock per la molecola di idrogeno. L’influenza della<br />
base viene valutata calcolando l’energia della molecola, a geometria fissa (0.7122 Å), aumentando<br />
via via il numero di shell e il numero di primitive. I risultati sono riportati nella seguente<br />
tabella (distanze in Å, energie in Hartree: 1 Hartree = 4.3597482 · 10 −18 J):<br />
Base 3G 6G 21G 31G 311G<br />
E (d = 0.7122 Å) -1.11751 -1.12621 -1.12256 -1.12658 -1.12776<br />
d equilibrio 0.71220 0.71049 0.73483 0.72996 0.73159<br />
E (d equilibrio ) -1.11751 -1.12622 -1.12296 -1.12683 -1.12804<br />
viriale 1.92477 1.92538 2.00185 1.99252 2.00025<br />
In tabella è pure riportato il coefficiente del viriale che è pari al rapporto −V/T tra il potenziale<br />
totale (V , inclusivo del termine internucleare) e l’energia cinetica degli elettroni (T ); <strong>alla</strong><br />
distanza di equilibrio, una funzione d’onda al limite Hartree-Fock deve avere un viriale pari<br />
a 2. Le basi 3G e 6G sono piuttosto distanti dal limite HF (come appare dal viriale) e la<br />
diminuzione di energia passando d<strong>alla</strong> 3G <strong>alla</strong> 6G è dovuta al miglioramento della descrizione<br />
della funzione d’onda nelle vicinanze dei nuclei. Le basi split valence hanno coefficienti del<br />
viriale decisamente migliori anche se le energie non sono molto più basse di quella calcolata<br />
con la 6G (la 21G presenta un’energia più alta a d = 0.71220 Å); la base 311G ha un viriale<br />
molto vicino a 2 e l’energia più bassa. Si pure noti l’effetto della base sulla distanza di equilibrio<br />
[la distanza a cui, a base fissa, si ha il minimo della curva E(d)].<br />
La base 311G prevede un totale di M = 6 shell (3 su ogni atomo) con le quali si costruisce<br />
una matrice di Fock F di dimensione 6, d<strong>alla</strong> cui diagonalizzazione si ottengono 6 orbitali<br />
molecolari con le rispettive energie. Dei 6 orbitali, solo uno (quello a energia più bassa) è<br />
occupato dai due elettroni a spin opposto; l’energia ε 0 = 〈ψ 0 |F |ψ 0 〉 di tale orbitale vale -0.5985<br />
Hartree.
Capitolo 4<br />
Applicazione alle strutture cristalline<br />
In questo capitolo si assumono note la definizione e le principali proprietà dei gruppi, peraltro<br />
discusse in numerosi testi. Qualche dettaglio è fornito relativamente al concetto di<br />
rappresentazione di un gruppo e sue proprietà.<br />
4.1 Simmetria<br />
Un sistema invariante a seguito di una data trasformazione si dice simmetrico rispetto a quella<br />
trasformazione. Per un sistema simmetrico, sono formalmente definibili degli operatori Ŝ che<br />
esprimono l’effetto della trasformazione attraverso equazioni del tipo:<br />
Ŝ|ψ〉 = s|ψ〉 (4.1)<br />
dove la simmetria del sistema rispetto a Ŝ viene formalmente tradotta in un’equazione agli<br />
autovalori: se il sistema è invariante rispetto <strong>alla</strong> trasformazione S, allora l’applicazione della<br />
stessa non deve avere effetti osservabili e quindi non mutare lo stato del sistema. In altre<br />
parole, gli stati possibili del sistema sono autostati degli operatori di simmetria.<br />
Non alterando nulla di un sistema, una simmetria Ŝ conserva evidentemente pure la<br />
normalizzazione; ricordando che al ket Ŝ|ψ〉 corrisponde il bra 〈ψ|Ŝ† , ciò implica:<br />
〈ψ|ψ〉 = 1 = 〈ψ|Ŝ† Ŝ|ψ〉 → S † Ŝ = Î (4.2)<br />
(dove Î è la trasformazione identica) per cui gli operatori di simmetria sono unitari (Ŝ† = Ŝ−1 ).<br />
Se un sistema è simmetrico rispetto a una trasformazione S, tutte le sue proprietà (che, ricordiamo,<br />
sono estraibili unicamente dal vettore di stato |ψ〉) sono necessariamente invarianti<br />
rispetto <strong>alla</strong> stessa. In particolare, l’energia del sistema non varia a seguito dell’azione di Ŝ,<br />
da cui:<br />
E = 〈ψ|Ĥ|ψ〉 = 〈ψ|Ŝ† ĤŜ|ψ〉 → S† ĤŜ = H (4.3)<br />
Data l’unitarietà di Ŝ, la (4.3) implica ĤŜ − ŜĤ ≡ [Ĥ, Ŝ] = 0: gli operatori di simmetria<br />
di un sistema commutano con l’Hamiltoniano. In generale, l’insieme {Ŝj} degli operatori<br />
che commutano con l’Hamiltoniano, dotato dell’operazione prodotto (inteso come applicazione<br />
43
CAPITOLO 4. APPLICAZIONE ALLE STRUTTURE CRISTALLINE 44<br />
successiva di operatori) è un gruppo. Infatti, siano Ŝi e Ŝj due operatori per cui [Ĥ, Ŝi] =<br />
[Ĥ, Ŝj] = 0, si ha:<br />
[Ĥ, ŜiŜj] = Ŝi[Ĥ, Ŝj] + [Ĥ, Ŝi]Ŝj = 0 (4.4)<br />
cioè il prodotto ŜiŜj commuta con Ĥ e dunque appartiene a {Ŝj}; l’operatore identità Î<br />
commuta evidentemente con Ĥ e quindi si trova in {Ŝj} con funzione di elemento neutro;<br />
infine, definito con Ŝ−1 i l’operatore inverso di Ŝi, per cui Ŝ−1 i Ŝ i = ŜiŜ−1 i = Î, abbiamo<br />
[Ĥ, Ŝi] = 0 = Ŝ−1 i<br />
[Ĥ, Ŝi]Ŝ−1 i<br />
= Ŝ−1 i Ĥ − ĤŜ−1 i = −[Ĥ, Ŝ−1 i ] (4.5)<br />
perciò anche l’inverso di ogni operatore di {Ŝj} commuta con Ĥ e si trova quindi nello stesso<br />
insieme {Ŝj} . Dunque, tutte le proprietà richieste per la definizione di gruppo sono rispettate.<br />
Il gruppo degli operatori che commutano con l’Hamiltoniano viene detto gruppo dell’equazione<br />
di Schrödinger. Da questo risultato discende che l’insieme degli operatori di simmetria di un<br />
sistema forma un gruppo (rispetto al prodotto di operatori).<br />
Gli autostati dell’Hamiltoniano di un sistema sono contemporaneamente autostati degli operatori<br />
Ŝ che appartengono al gruppo dell’equazione di Schrödinger (in forza della commutabilità<br />
tra Ĥ e Ŝ) e, in particolare, degli operatori che appartengono al gruppo di simmetria S del sistema.<br />
Divengono allora immediatamente applicabili agli autostati dell’energia le proprietà valide<br />
per le funzioni base delle rappresentazioni irriducibili di S (che sono appunto autofunzioni degli<br />
operatori di simmetria).<br />
Dato un gruppo S = {Ŝj} j=1,p di p operatori di simmetria Ŝj (p è l’ordine del gruppo),<br />
indicando con ξr k la r-esima funzione base della rappresentazione irriducible k del gruppo S,<br />
abbiamo:<br />
h∑<br />
Ŝ j ξr k = χ k rs(Ŝj)ξs k (4.6)<br />
s=1<br />
dove h è la dimensione della rappresentazione k e i χ k rs(Ŝj) sono degli scalari in generale<br />
complessi. Riferendoci per semplicità al caso dei gruppi abeliani (cioè ai gruppi commutativi,<br />
per cui ∀i, j ∈ {1, . . . , p}, [Ŝi, Ŝj] = 0, le dimensioni h di tutte le rappresentazioni irriducibili<br />
sono unitarie (h = 1) e il numero di tali rappresentazioni è pari all’ordine p del gruppo. In tali<br />
casi, la (4.6) si semplifica nella<br />
Ŝ j ξ k r = χ k (Ŝj)ξ k r (4.7)<br />
e lo scalare χ k (Ŝj) ≡ χ k j viene detto carattere dell’operatore (Ŝj) nella rappresentazione irriducibile<br />
k. L’insieme {χ k j } j=1,p dei caratteri di tutti gli operatori di S viene detto carattere della<br />
rappresentazione. Formalmente:<br />
Sξ k r ≡ {Ŝ1, . . . , Ŝp}ξ k r = {χ k 1, . . . , χ k p}ξ k r (4.8)<br />
Indicato con |χ k 〉 il vettore ket dei caratteri χ k j , vale l’importante teorema (di ortogonalità tra<br />
caratteri):<br />
p∑<br />
〈χ l |χ k 〉 = χ l jχ k j = pδ kl (4.9)<br />
j=1
CAPITOLO 4. APPLICAZIONE ALLE STRUTTURE CRISTALLINE 45<br />
L’ordine di un elemento Ŝj in un gruppo è quel numero intero n ≤ p (che si può dimostrare<br />
essere sempre esistente) tale che Ŝn j = Î; allora, per un gruppo abeliano<br />
Ŝ n j ξ k r = Îξk r = 1 · ξ k r = (χ k j ) n ξ k r (4.10)<br />
ciò implica che i caratteri χ k j siano tra le radici n-esime dell’unità (che sono in numero di n).<br />
Rappresentando il numero 1 in campo complesso, per cui 1 = e 2πmı , dove m è un intero, le<br />
radici n-esime dell’unità sono e 2πmı/n con m = 1, . . . , n (per esempio, per n = 4 si hanno le<br />
quattro radici 1, −1, ı, −ı).<br />
Le funzioni base per rappresentazioni irriducibili diverse sono ortogonali: 〈ξr k |ξs〉 l = 0;<br />
infatti, tenuto conto dell’unitarietà degli Ŝj (per cui Ŝ† j Ŝj = Î) e della (4.9):<br />
〈ξ l |ξ k 〉 = 1 p<br />
p∑<br />
〈ξ l |Ŝ† j Ŝj|ξ k 〉 = 1 ∑<br />
χ l<br />
p<br />
iχ k i 〈ξ l |ξ k 〉 = 1 p 〈χl |χ k 〉〈ξ l |ξ k 〉 = δ kl 〈ξ l |ξ k 〉 (4.11)<br />
i=1<br />
i<br />
Nel caso k ≠ l, la (4.11) ammette come unica soluzione 〈ξr k |ξs〉 l = 0. Si può dimostrare che<br />
l’insieme delle funzioni base delle diverse rappresentazioni irriducibili di un gruppo di simmetria<br />
è completo; qualunque funzione può quindi essere espressa come combinazione lineare delle<br />
stesse. In termini di vettori ket:<br />
p∑<br />
|ψ〉 = c k |ξ k 〉 (4.12)<br />
k<br />
dove, sfruttando l’ortogonalità tra funzioni base di diverse rappresentazioni irriducibili, si ha<br />
c l = 〈ξ l |ψ〉. Nello spazio delle funzioni ξ k , la matrice rappresentativa dell’operatore Hamiltoniano<br />
assume una forma diagonale a blocchi; infatti, essendo le ξ k anche autostati di H, si ha:<br />
H|ξ k 〉 = E k |ξ k 〉, da cui:<br />
H lk = 〈ξ l |H|ξ k 〉 = E k 〈ξ l |ξ k 〉 = E k δ lk (4.13)<br />
Si noti che, in generale, ciascuna ξ k è a propria volta una combinazione lineare di funzioni ζj<br />
k<br />
appartenenti <strong>alla</strong> stessa rappresentazione irriducibile k; la dimensione del k-esimo blocco della<br />
matrice Hamiltoniana corrisponde allora al numero (q) di funzioni ζj k usate per esprimere ξ k .<br />
In sintesi:<br />
H|ψ〉 = E|ψ〉<br />
⎧⎪ ⎨<br />
⎪ ⎩<br />
|ψ〉 = ∑ p<br />
k=1 c k|ξ k 〉<br />
|ξ k 〉 = ∑ q<br />
j=1 ak j |ζ k j 〉<br />
H k ij = 〈ζ k i |H|ζ k j 〉<br />
(4.14)<br />
dove con H k ij si è indicato l’elemento (i, j) del blocco k (di dimensione q × q) della matrice H;<br />
la diagonalizzazione di H k fornisce gli autovalori E k e gli autovettori di simmetria k (cioè i<br />
coefficienti a k j ).
CAPITOLO 4. APPLICAZIONE ALLE STRUTTURE CRISTALLINE 46<br />
È conveniente definire degli operatori proiezione (di Wigner) che, agendo su una funzione ψ,<br />
ne proiettino la componente appartenente ad una data rappresentazione irriducibile:<br />
ˆP k = 1 p<br />
p∑<br />
χ k j Ŝj (4.15)<br />
j<br />
e, ricordando la (4.9),<br />
ˆP k |ψ〉 = 1 p<br />
p∑<br />
l<br />
c l<br />
p∑<br />
χ l jŜj|ξ l 〉 = 1 p<br />
j<br />
p∑<br />
l<br />
c l<br />
p∑<br />
χ k j χ l j|ξ l 〉 = c k |ξ k 〉 (4.16)<br />
j<br />
Sfruttando gli operatori di Wigner è possibile costruire opportune funzioni di simmetria specificata<br />
per la rappresentazione dell’operatore Hamiltoniano.<br />
4.1.1 Un esempio: il gruppo 4<br />
Consideriamo il gruppo 4 avente gli elementi {1, 2, 4, 4 −1 } dove 1 rappresenta l’identità, 2 la<br />
rotazione di ordine 2, 4 e 4 −1 la rotazione di ordine 4 e sua inversa. Come è facile verificare,<br />
l’ordine n di ciascun elemento coincide con l’ordine della rotazione (per esempio, l’ordine della<br />
rotazione 4 è 4, infatti 4 rotazioni successive di ordine 4 corrispondono <strong>alla</strong> rotazione identica<br />
1: 4 4 = 1). Si ha allora che il carattere della rotazione 1 può essere solo 1; i caratteri della<br />
rotazione 2 possono essere 1 e -1; i caratteri di 4 e 4 −1 possono essere 1, -1 ı e −ı. Il numero<br />
di rappresentazioni irriducibili è 4 (il gruppo è abeliano e il suo ordine è 4) e i caratteri delle<br />
rappresentazioni devono essere ortogonali; questo implica la scelta obbligata:<br />
1 2 4 4 −1<br />
A 1 1 1 1<br />
B 1 1 -1 -1<br />
E 1 -1 ı -ı<br />
E 1 -1 -ı ı<br />
dove le quattro diverse rappresentazioni (una per riga) sono state etichettate con delle lettere<br />
(A, B ed E) seguendo delle regole che qui tralasciamo; le ultime due rappresentazioni nella<br />
tabella su scritta hanno la stessa etichetta E, essendo l’una la complessa coniugata dell’altra.<br />
Una rappresentazione tipo la A in tabella, che ha i caratteri pari a 1 per ogni elemento del<br />
gruppo, esiste per ogni gruppo e si chiama rappresentazione totalsimmetrica.<br />
Un esempio classico di applicazione è la classificazione degli orbitali π nel ciclobutadiene<br />
(C 4 H 4 ) costruiti come combinazione lineare di orbitali p z centrati sui nuclei degli atomi di<br />
carbonio. Si noti che la distinzione stessa tra orbitali π e orbitali σ, nelle molecole planari,<br />
ha origine d<strong>alla</strong> diversa simmetria degli orbitali rispetto al piano su cui giace la molecola:<br />
per definizione, gli orbitali π sono antisimmetrici rispetto a tale piano, (se ˆm è l’operatore
CAPITOLO 4. APPLICAZIONE ALLE STRUTTURE CRISTALLINE 47<br />
di riflessione rispetto al piano, si ha ˆm|π〉 = −1|π〉) mentre gli orbitali σ sono simmetrici<br />
( ˆm|σ〉 = 1|σ〉).<br />
Orientiamo la molecola in modo tale che la direzione z sia parallela all’asse di rotazione<br />
4, poniamo l’origine O nel baricentro e numeriamo gli atomi di carbonio come indicato nella<br />
figura seguente (asse z normale al piano molecolare):<br />
<br />
❅ <br />
4<br />
<br />
<br />
1<br />
❵ O<br />
<br />
3<br />
<br />
2<br />
❅ <br />
Carbonio<br />
Idrogeno<br />
L’orbitale π di simmetria A si può ottenere applicando l’operatore di Wigner ˆP A sull’orbitale<br />
(p z ) 1 centrato sull’atomo di carbonio 1:<br />
π A = ˆP A (p z ) 1 = 1 ]<br />
[1 ·<br />
4 Î(p z) 1 + 1 · ˆ2(p z ) 1 + 1 · ˆ4(p z ) 1 + 1 · ˆ4 −1 (p z ) 1 =<br />
1<br />
4 [(p z) 1 + (p z ) 3 + (p z ) 2 + (p z ) 4 ] (4.17)<br />
(si noti che la funzione così ottenuta non è normalizzata). Similmente, l’orbitale π di simmetria<br />
B si ottiene applicando ˆP B su (p z ) 1 :<br />
π B = ˆP B (p z ) 1 = 1 ]<br />
[1 ·<br />
4 Î(p z) 1 + 1 · ˆ2(p z ) 1 − 1 · ˆ4(p z ) 1 − 1 · ˆ4 −1 (p z ) 1 =<br />
1<br />
4 [(p z) 1 + (p z ) 3 − (p z ) 2 − (p z ) 4 ] (4.18)<br />
I due orbitali di simmetria E sono degeneri (hanno la stessa energia); corrispondono alle<br />
combinazioni lineari:<br />
π1 E = ˆP 1 E (p z ) 1 = 1 ]<br />
[1 ·<br />
4 Î(p z) 1 − 1 · ˆ2(p z ) 1 + ı · ˆ4(p z ) 1 − ı · ˆ4 −1 (p z ) 1 =<br />
1<br />
4 [(p z) 1 − (p z ) 3 + ı(p z ) 2 − ı(p z ) 4 ] (4.19)<br />
π2 E = ˆP 2 E (p z ) 1 = 1 ]<br />
[1 ·<br />
4 Î(p z) 1 − 1 · ˆ2(p z ) 1 − ı · ˆ4(p z ) 1 + ı · ˆ4 −1 (p z ) 1 =<br />
1<br />
4 [(p z) 1 − (p z ) 3 − ı(p z ) 2 + ı(p z ) 4 ] (4.20)<br />
In luogo dei due orbitali π1 E e π2 E si possono usare le loro combinazioni lineari reali<br />
{<br />
π<br />
E<br />
a = π1 E + π2 E = 1[(p 2 z) 1 − (p z ) 3 ]<br />
πb E = ı ( )<br />
π2 E − π1<br />
E =<br />
1<br />
[(p 2 z) 2 − (p z ) 4 ]<br />
(4.21)
CAPITOLO 4. APPLICAZIONE ALLE STRUTTURE CRISTALLINE 48<br />
In ambito Hartree-Fock, le energie degli orbitali π sono gli elementi di matrice 〈π|F |π〉; ad<br />
esempio, normalizzando π A , si ha:<br />
ε A = 1 4 〈(p z) 1 + (p z ) 3 + (p z ) 2 + (p z ) 4 |F |(p z ) 1 + (p z ) 3 + (p z ) 2 + (p z ) 4 〉 =<br />
〈(p z ) 1 |F |(p z ) 1 〉 + 2〈(p z ) 1 |F |(p z ) 2 〉 + 〈(p z ) 1 |F |(p z ) 3 〉 (4.22)<br />
dove si sono sfruttate evidenti relazioni del tipo 〈(p z ) 1 |F |(p z ) 2 〉 = 〈(p z ) 1 |F |(p z ) 4 〉. Calcolando<br />
le energie anche per gli altri orbitali, otteniamo in definitiva:<br />
⎧<br />
⎪⎨ ε A = 〈(p z ) 1 |F |(p z ) 1 〉 + 2〈(p z ) 1 |F |(p z ) 2 〉 + 〈(p z ) 1 |F |(p z ) 3 〉<br />
ε B = 〈(p z ) 1 |F |(p z ) 1 〉 − 2〈(p z ) 1 |F |(p z ) 2 〉 + 〈(p z ) 1 |F |(p z ) 3 〉<br />
(4.23)<br />
⎪⎩ ε E a = ε E b = 〈(p z) 1 |F |(p z ) 1 〉 − 〈(p z ) 1 |F |(p z ) 3 〉<br />
Nel caso specifico, essendosi usata una sola funzione base per ogni rappresentazione irriducibile,<br />
le dimensioni dei singoli blocchi della matrice di Fock sono unitarie.<br />
4.2 Simmetria traslazionale<br />
L’invarianza traslazionale tipica delle strutture periodiche rende possibile l’applicazione dei<br />
metodi quantistici anche ai cristalli, ovvero a strutture periodiche, virtualmente infinite, in<br />
una o più direzioni.<br />
Il gruppo T delle traslazioni di un reticolo è abeliano ed è costituito da infiniti elementi<br />
del tipo ˆR j che traslano un dato nodo di un vettore reticolare R j . Trattandosi di un gruppo<br />
infinito e abeliano, T ha infinite rappresentazioni irriducibili monodimensionali.<br />
Per definizione, l’azione di un operatore ˆR j su una funzione f(r) è:<br />
ˆR j f(r) = f(r + R j ) (4.24)<br />
e, nel caso in cui f(r) sia Ĥ(r)ψ(r), data l’invarianza traslazionale dell’operatore Hamiltoniano<br />
del cristallo [per cui Ĥ(r + R j ) = Ĥ(r)] , si ha:<br />
ˆR j Ĥ(r)ψ(r) = Ĥ(r + R j)ψ(r + R j ) = Ĥ(r)ψ(r + R j) = Ĥ(r) ˆR j ψ(r) (4.25)<br />
che, data la genericità di ψ, implica [Ĥ, ˆR j ] = 0. In definitiva, tutti gli elementi di T commutano<br />
con Ĥ e quindi T appartiene al gruppo dell’equazione di Schrödinger. Le autofunzioni di<br />
Ĥ sono allora contemporaneamente anche autofunzioni di ˆR j (∀ ˆR j ∈ T ):<br />
{<br />
Ĥψ = Eψ<br />
(4.26)<br />
ˆR j ψ = χ(R j )ψ<br />
Essendo T un gruppo, il prodotto di due traslazioni è ancora una traslazione: ˆRi ˆRj = ˆR l , da<br />
cui:<br />
ˆR i ˆRj ψ(r) = ˆR i ψ(r + R j ) = ψ(r + R j + R i ) = ˆR l ψ(r) (4.27)
CAPITOLO 4. APPLICAZIONE ALLE STRUTTURE CRISTALLINE 49<br />
e, perciò, l’operatore ˆR l trasla di R j + R i . Combinando la (4.27) con la seconda delle (4.26),<br />
si ottiene:<br />
ˆR i ˆRj ψ(r) = ˆR i χ(R j )ψ(r) = χ(R j )χ(R i )ψ(r) = ˆR l ψ(r) = χ(R i + R j )ψ(r) (4.28)<br />
da cui si ottiene l’importante relazione tra i caratteri degli operatori traslazione:<br />
χ(R j )χ(R i ) = χ(R i + R j ) (4.29)<br />
Data una base reticolare B = {a i } i=1,3 , ciascuna traslazione reticolare R j sarà esprimibile come<br />
combinazione lineare (a coefficienti interi, n i ) dei vettori di B:<br />
R j = ∑ i<br />
n i a i (4.30)<br />
da cui, d<strong>alla</strong> (4.29), segue che:<br />
χ(R j ) = χ(a 1 ) n 1<br />
χ(a 2 ) n 2<br />
χ(a 3 ) n 3<br />
(4.31)<br />
Scrivendo in notazione esponenziale ciascun χ(a i ), per cui χ(a i ) = e 2πık i<br />
, abbiamo:<br />
χ(R j ) = e 2πı(n 1k 1 +n 2 k 2 +n 3 k 3 ) = e 2πık·R j<br />
(4.32)<br />
dove k = ∑ l k la ∗ l , con i nuovi vettori a∗ definiti dalle relazioni a ∗ l · a i = δ li . Riconosciuti nei<br />
k i vettori appartenenti allo spazio reciproco, possiamo dire che esiste una rappresentazione<br />
irriducibile del gruppo di simmetria delle traslazioni per ogni vettore k dello spazio reciproco.<br />
Si noti che due vettori k e k ′ che differiscano per un vettore K del reticolo reciproco identificano<br />
la stessa rappresentazione; si ha infatti: K = ∑ i m ia ∗ i (con m i interi), K·R j = ∑ m i n i (quindi<br />
il prodotto K · R j è un numero intero) e<br />
χ k′ (R j ) = e 2πık′·R j<br />
= e 2πık·R j<br />
e 2πıK·R j<br />
= χ k (R j ) (4.33)<br />
per cui, per ogni ˆR j ∈ T , i caratteri delle due rappresentazioni k e k ′ sono uguali e identificano<br />
la stessa rappresentazione. Ci si può allora limitare a considerare le sole rappresentazioni (non<br />
equivalenti) etichettate da vettori k appartenenti <strong>alla</strong> prima zona di Brillouin.<br />
Le autofunzioni degli operatori di traslazione (che, ricordiamo, sono anche autofunzioni<br />
dell’Hamiltoniano) saranno esse stesse etichettabili con i vettori k dello spazio reciproco;<br />
richiamando la seconda delle (4.26), abbiamo<br />
ˆR j ψ k (r) = e 2πık·R j<br />
ψ k (r) (4.34)<br />
L’equazione (4.34) è il teorema di Bloch e la funzione ψ k viene detta funzione di Bloch.<br />
È d’uso introdurre le condizioni cicliche al contorno di Born-Von Karman che conferiscono al<br />
cristallo infinito la topologia di un 3-toro. In pratica, scelti tre interi N j (j = 1, 2, 3), si pone<br />
ψ k (r + N j a j ) = ψ k (r) (4.35)
CAPITOLO 4. APPLICAZIONE ALLE STRUTTURE CRISTALLINE 50<br />
ma, d’altra parte:<br />
ψ k (r + N j a j ) = e 2πıN jk·a j<br />
ψ k (r) (4.36)<br />
da cui deriva che e 2πıN jk·a j<br />
= e 2πıN jk j<br />
= 1; ciò comporta che per ciascun j si abbia k j = m j /N j<br />
con m j intero. Il numero di punti k nella prima zona di Brillouin diviene allora finito e pari a<br />
N = N 1 N 2 N 3 (infatti, entro tale zona, ciascun m j è compreso tra 0 e N j − 1); la generica rappresentazione<br />
irriducibile k sarà identificata da una terna di interi m j per cui k = ∑ j m j/N j a ∗ j.<br />
4.3 Hartree-Fock periodico<br />
Come già fatto per i gruppi puntuali, di cui <strong>alla</strong> sezione (4.1), è possibile definire degli operatori<br />
proiezione di Wigner che proiettino da una qualunque funzione φ la componente relativa a una<br />
specifica rappresentazione irriducibile k; a parte un non essenziale fattore di normalizzazione:<br />
⎧<br />
⎨ P k = ∑ j e−2πık·R j ˆRj<br />
⎩<br />
P k φ(r) = ∑ j e−2πık·R j ˆRj φ(r) = ∑ j e−2πık·R j<br />
φ(r + R j ) ≡ ∑ (4.37)<br />
j e2πık·R j<br />
φ(r − R j )<br />
dove nell’ultima sommatoria si è scambiato R j con −R j . Più in particolare, indicando con<br />
φ µ (r − A µ ) la µ-esima funzione monoelettronica (AO) centrata sul nucleo µ di coordinate A µ ,<br />
nella cella 0 del cristallo, abbiamo (per ogni k) la funzione di Bloch:<br />
ξ k µ(r) = P k φ µ (r − A µ ) = ∑ j<br />
e −2πık·R j<br />
φ µ (r − A µ − R j ) (4.38)<br />
Nello spazio delle funzioni di Bloch, la matrice rappresentativa dell’operatore di Fock ˆF assume<br />
una forma diagonale a blocchi; ciascun blocco corrisponde a un punto k e ha una dimensione (n )<br />
che dipende dal numero di atomi (nuclei) della cella elementare e dal numero di orbitali atomici<br />
(AO) usati per descrivere ogni atomo. Le autofunzioni di F (orbitali cristallini; CO), ottenute<br />
d<strong>alla</strong> diagonalizzazione di ciascun blocco F k , saranno allora esprimibili come combinazione<br />
lineare delle funzioni di Bloch:<br />
ψi k (r) = ∑ a µi (k)ξµ(r) k (4.39)<br />
µ<br />
dove l’indice i varia tra 1 e n. Le energie degli orbitali cristallini (autovalori di F ) sono:<br />
ε i (k) = 〈ψ k i |F k |ψ k i 〉 (4.40)<br />
Fissato l’indice i dell’autovalore ε i , l’energia del corrispondente orbitale cristallino varia con<br />
continuità al variare di k tra tutti i punti della prima zona di Brillouin e definisce quella che<br />
viene indicata col termine di banda. In ambito Hartree-Fock, possiamo dire che la struttura a<br />
bande di un solido cristallino, altro non è che l’insieme degli autovalori dell’operatore di Fock<br />
(funzioni di k) rappresentato nello spazio delle funzioni base delle rappresentazioni irriducibili<br />
del gruppo di simmetria delle traslazioni.
CAPITOLO 4. APPLICAZIONE ALLE STRUTTURE CRISTALLINE 51<br />
Dettagli tecnici sul metodo Hartree-Fock periodico e sulla implementazione nel programma<br />
CRYSTAL si possono trovare in Roetti C. (1996): The CRYSTAL code. In: Quantum-<br />
Mechanical Ab-Initio Calculation of the Properties of Crystalline Materials. Lecture Notes in<br />
Chemistry, 67, 125-137. Pisani (eds.) Springer, Berlin.<br />
Minimizzando l’energia E HF in funzione dei parametri geometrici (parametri di cella e<br />
coordinate frazionarie), nell’ambito dell’approssimazione di Born-Oppenheimer, si possono ottenere<br />
la struttura di equilibrio di una data fase cristallina e le sue proprietà estraibili d<strong>alla</strong><br />
funzione d’onda multielettronica.