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INCHIESTA<br />

fondità di assortimento, maggiore servizio, specializzazione<br />

e attrattività a tutto <strong>il</strong> negozio. Noi stipuliamo un contratto<br />

di affido di reparto che prevede forniture di servizi a fronte<br />

di una compartecipazione sul fatturato”. Una soluzione,<br />

quella degli spazi brandizzati, presente in diversi negozi, tra<br />

cui Palazzo della Moda a Urgnano (Bg) o Jdc Urban Store<br />

che propone spazi temporary alle aziende. Del resto si diffonde<br />

sempre di più <strong>il</strong> concetto di concept store, anche tra<br />

i monobrand. Un esempio è <strong>il</strong> negozio Larusmiani in via<br />

Montenapoleone a M<strong>il</strong>ano, che oltre agli abiti, vende alcuni<br />

prodotti elettronici di nicchia, tra cui <strong>il</strong> nuovo reader di<br />

Sony, e libri antichi, come quelli del geografo cinquecentesco<br />

Livio Sanudo e dell’astronomo greco Claudius Ptolemaeus,<br />

con prezzi che osc<strong>il</strong>lano tra 3.000 e 200.000 euro.<br />

HIGH TECH E SERVIZIO<br />

Nell’era della rivoluzione tecnologica, <strong>il</strong> negozio non può<br />

rimanere immune al web 2.0 e diventa quindi fondamentale<br />

la capacità di gestire i new media. Vanno studiate nuove<br />

Concept store Lux Giglio Bagnara di Genova<br />

forme di coinvolgimento dei consumatori attraverso i social<br />

network, la viralità, le sinergie tra mob<strong>il</strong>e e punto vendita.<br />

“Bisogna chiedersi – sostiene Michele Trevisan, global head<br />

of interior design Diesel Headquarter - come i consumatori<br />

faranno shopping fra 5 anni. Tutti i formati di negozi - multibrand,<br />

monobrand, outlet, ecc - dovranno fare i conti con<br />

clienti che sono nati nell’era di internet, della Psp, dei telefoni<br />

cellulari e delle tv satellitari. La tecnologia sta cambiando<br />

le nostre abitudini creando consumatori evoluti, esigenti e<br />

informati, che navigano e che vogliono acquistare in tempo<br />

reale. Lo shopping tradizionale dovrà puntare sulla creazione<br />

di esperienze ed emozioni sempre nuove”. Allo stato attuale,<br />

già la creazione di un sito di vendite on-line parallelo a quello<br />

fisico è un’arma vincente. “Abbiamo aperto due anni fa lo<br />

spazio e-commerce – racconta Claudio Antonioli – ed entro<br />

<strong>il</strong> 2012 <strong>il</strong> fatturato online dovrebbe pareggiare quello del<br />

negozio “fisico”. Da quando abbiamo aperto lo shop su internet<br />

ovviamente compriamo di più, abbiamo un assortimento<br />

più vasto, ma un magazzino unico, e questo ci permette di<br />

creare sinergie. Ma ciò che è ancora più interessante è che la<br />

boutique virtuale è un volano di comunicazione per quella<br />

reale, l’on-line cioè promuove l’offline, e infatti anche le vendite<br />

del negozio fisico sono aumentate”. Infine, <strong>il</strong> servizio: la<br />

professionalità del personale, azioni di crm e di fidelizzazione,<br />

disponib<strong>il</strong>ità di sartoria e su misura, consegne a domic<strong>il</strong>io,<br />

personal shopper, eventi, targettizzazione della clientela con<br />

sms e messaggi personalizzati, sono tutti interventi qualificanti<br />

e apprezzati. Ci piace concludere con <strong>il</strong> messaggio<br />

incoraggiante che ha espresso Fabio Paracolli, responsab<strong>il</strong>e<br />

commerciale per Armad<strong>il</strong>lo Scootewear in Italia, nel gruppo<br />

Pambianconews su Linkedin: “Sento parlare della morte dei<br />

multimarca da quando ho iniziato a lavorare. Certamente <strong>il</strong><br />

loro numero è sceso, la loro professionalità è aumentata e<br />

la quota di mercato è diminuita. Non per questo non sono<br />

riuscito a immaginare e a mettere in atto strategie multibrand<br />

per le aziende per le quali ho lavorato. Lunga vita alla<br />

diversità!”.<br />

L’OSCURO OGGETTO DEL RETAIL, IL PARALLELO<br />

L’innominab<strong>il</strong>e: tutti lo conoscono ma nessuno ne parla. Un<br />

fenomeno di dimensioni r<strong>il</strong>evanti, al confine con la legalità,<br />

in un certo senso un vizio del mercato, che consiste nell’acquisto<br />

di merce da parte del negoziante che viene venduta<br />

ad altri commercianti, soprattutto nelle aree asiatiche e<br />

mediorientali.<br />

Il cosiddetto “parallelo” potrebbe sembrare un danno per<br />

le maison perché perdono <strong>il</strong> controllo della merce, non<br />

sanno dove andranno le loro collezioni, magari in negozi<br />

che ne svalorizzano l’immagine o che vendono a un prezzo<br />

inferiore rispetto al listino consigliato e inflazionano <strong>il</strong><br />

brand. D’altro canto, le fashion house hanno bisogno di fare<br />

fatturato e di smaltire <strong>il</strong> surplus produttivo, così, quando<br />

un negoziante ordina centinaia di pezzi per modello, sanno<br />

che la maggior parte di questi prodotti prenderà la via del<br />

parallelo. Si crea così una bolla, un comparto gonfiato, e<br />

le aziende non hanno un feedback reale di quello che è <strong>il</strong><br />

mercato. Certo <strong>il</strong> commercio è libero e quindi <strong>il</strong> parallelo<br />

viene tollerato: da un punto di vista fiscale le fatture vengono<br />

regolarmente registrate dalle dogane, ma da un punto<br />

di vista contrattuale non mancano dubbi perché le licenze<br />

dei negozianti prevedono la vendita al dettaglio e non<br />

quella all’ingrosso. Ma che futuro ha <strong>il</strong> parallelo? Nessuno<br />

ci ha voluto rispondere, ma una considerazione si può fare:<br />

si può immaginare che in un mercato in cui i canali e le<br />

formule di distribuzione crescono costantemente (outlet,<br />

e-commerce, vendite a tempo…) le aziende riescano a<br />

smaltire più fac<strong>il</strong>mente l’eccesso di stock, e questo potrebbe<br />

determinare una progressiva riduzione del fenomeno del<br />

parallelo.<br />

62 PAMBIANCOWEEK 11 gennaio 2011

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