pag. 216-318 - Siapec
pag. 216-318 - Siapec
pag. 216-318 - Siapec
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
COMUNICAZIONI E POSTER
dffdaf
PATHOLOGICA 2005;97:219-222<br />
Patologia della prostata<br />
Adenocarcinoma della prostata: valutazione<br />
morfologica post-terapia mini-invasiva con<br />
“high intensity focused ultrasound” (HIFU)<br />
A. Parisi * , D. Dalfior * , M. Pea * , E. Bragantini * , A. Eccher<br />
* , V. Ficarra ** , R. Vittorio **** , M. Brunelli * **** , F. Menestrina<br />
* , G. Martignoni ***<br />
*<br />
Anatomia Patologica, Università di Verona; ** Clinica Urologica,<br />
Università di Verona; *** Anatomia Patologica, Università<br />
di Sassari; **** Ospedale di Arzignano, Vicenza<br />
Introduzione<br />
La tecnica HIFU è una delle nuove terapie mini-invasive usate<br />
nel trattamento dell’adenocarcinoma della prostata. In tale<br />
trattamento un’alta intensità di energia con ultrasuoni viene<br />
fatta convergere sulla prostata con innalzamento rapido della<br />
temperatura. Il nostro obiettivo è stato quello di analizzare le<br />
alterazioni morfologiche su tessuto prostatico post- HIFU.<br />
Metodi<br />
A ventinove pazienti affetti da adenocarcinoma e trattati con<br />
HIFU per presenza di rischio operatorio e/o con Gleason > =<br />
7 post-trattamento ormonale, sono state eseguite agobiopsie<br />
a sestante in 21 casi, e nei rimanenti 8 una TURP.<br />
Risultati<br />
Diffuse alterazioni reattive e degenerative quali fibrosi, sclerosi<br />
e scleroialinosi erano presenti in tutti (100%) in tutti i casi<br />
(percentuale variabile dal 30-70% dell’intero materiale<br />
esaminato); infiltrato flogistico eterogeneo e necrosi ischemica<br />
erano inoltre presenti in 5 casi (19%). Focolai di adenocarcinoma<br />
erano morfologicamente presenti in cinque casi<br />
su 29 (17%) (4/21 agobiopsie, 1/8 TURP).<br />
Conclusioni<br />
1) La tecnica HIFU induce uno spettro di modificazioni istopatologiche<br />
variabile da fenomeni di fibrosi, sclerosi e scleroialinosi,<br />
talora con necrosi ischemica e infiltrato linfoide<br />
eterogeneo.<br />
2) Residuo neoplastico è presente in un numero minore di casi<br />
(19%) e quando presente è morfologicamente riconoscibile.<br />
È opportuno variare il numero di biopsie in<br />
relazione al volume prostatico?<br />
R. Loss * , C. Cannizzaro * , A. Parisi * , D. Dalfior * , C. Sagramoso<br />
* , G. Novella ** , V. Ficarra ** , M. Brunelli * **** , G.<br />
Martignoni *** , F. Menestrina *<br />
*<br />
Anatomia Patologica, Università di Verona; ** Clinica Urologica,<br />
Università di Verona; *** Anatomia Patologica, Università<br />
di Sassari; **** Ospedale di Arzignano, Vicenza<br />
Introduzione<br />
Il volume della prostata è un parametro variabile e calcolabile<br />
con ecografia prostatica trans-rettale. Scopo di questo studio<br />
è individuare il numero di biopsie prostatiche da eseguire<br />
per diverso volume prostatico nei pazienti sottoposti a biopsia<br />
per sospetta neoplasia della prostata.<br />
Metodi<br />
Abbiamo selezionato 509 pazienti consecutivi sottoposti a<br />
primo set di 14 biopsie per via transperineale sotto guida ecografia<br />
transrettale (12 nella zona periferica e 2 nella zona di<br />
transizione). Tutti i prelievi sono stati campionati ed esaminati<br />
separatamente. L’accoppiamento dei differenti prelievi<br />
ha consentito di ricostruire la detection rate di 10 differenti<br />
schemi bioptici: 2 con 6 prelievi; 3 con 8 prelievi; 3 con 10<br />
prelievi; uno con 12 prelievi ed uno con 14. L’aumento della<br />
detection rate è stato espresso come numero di diagnosi aggiunte<br />
sul totale di quelle ottenute con lo schema a maggior<br />
numero di prelievi. Lo schema a 14 prelievi è stato confrontato<br />
con quelli a 6, 8 e 10 prelievi caratterizzati dalla migliore<br />
detection rate. La significatività statistica è stata valutata<br />
con il test di McNemar (p < 0,05 a due code).<br />
Risultati<br />
Lo schema a 14 prelievi ha individuato 232 (45,6%) carcinomi<br />
della prostata. La detection rate è risultata pari al 61,7%<br />
per volume prostatico ≤ 30 ml; al 43,8% per volume compreso<br />
tra 30,1-40 ml; al 45,1% tra 40,1-50 ml ed al 27,3% se<br />
> 50 ml (p < 0,0001). Nei 167 pazienti con prostata di volume<br />
≤ 30 ml lo schema a 14 prelievi è risultato migliore rispetto<br />
al sestante (p = 0,004) ma sovrapponibile agli altri (8,<br />
10, 12 prelievi), così come nei 128 pazienti con volume prostatico<br />
compreso tra 30,1-40 ml (p = 0,008). Negli 82 pazienti<br />
con volume prostatico compreso tra 40,1-50 ml, la detection<br />
rate ottenuta con i 14 prelievi è significativamente<br />
maggiore rispetto a quella ottenuta con lo schema a 8 (p <<br />
0,001) e 10 prelievi (p = 0,008); ciò vale anche per i 132 pazienti<br />
con prostata di volume > 50 ml.<br />
Conclusioni<br />
La detection rate ottenuta con 14 prelievi è risultata inversamente<br />
correlata al volume prostatico. In prostate di volume ≤<br />
40 ml potrebbe essere sufficiente l’esecuzione di 8 prelievi.<br />
Nelle prostate di volume compreso tra 40-50 ml è opportuno<br />
eseguire un campionamento minimo con 10 prelievi. La bassa<br />
detection rate registrata in pazienti con volume prostatico<br />
> 50 ml fa ipotizzare come in questo sottogruppo sia necessario<br />
un ulteriore incremento del numero di prelievi per migliorare<br />
il campionamento e la capacità diagnostica.<br />
Inibizione della crescita tumorale da parte di<br />
una dieta ricca in carotenoidi in topi<br />
geneticamente obbligati a sviluppare<br />
carcinoma prostatico<br />
P. Ascione, T. Pannellini, M. Iezzi, M. Liberatore, A. Fogliano<br />
* , M. Piantelli, M. Mariotti, M. Baldacci, L. Borgia,<br />
R. Spizzo, C. Sulpizio<br />
Dipartimento di Oncologia e Neuroscienze, Università di<br />
Chieti; Aging Research Center, CeSI, “G. d’Annunzio” University<br />
Foundation, Chieti; * Chimica degli Alimenti, Università<br />
“Federico II”, Napoli<br />
Introduzione<br />
Nei paesi a medio-alto sviluppo il carcinoma della prostata è<br />
la più frequente neoplasia nei maschi di età superiore a 50 anni<br />
e costituisce la seconda causa di morte per cancro. Studi<br />
epidemiologici hanno documentato nelle varie regioni geografiche<br />
differenze nell’incidenza e nella mortalità che non<br />
sembrano dipendere esclusivamente da fattori genetici. Sembra<br />
che l’alimentazione costituisca un fattore di rischio o di
220<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
protezione nei confronti di questa neoplasia, anche perché gli<br />
stessi studi epidemiologici suggeriscono che una dieta ricca<br />
di frutta e vegetali può ridurre il rischio di cancro prostatico.<br />
È stato dimostrato che il pomodoro e i suoi derivati, contenenti<br />
vari tipi di carotenoidi tra cui il licopene, hanno un effetto<br />
protettivo su modelli trapiantabili di tumore prostatico.<br />
Metodi<br />
Per confermare questi risultati in un sistema in vivo più complesso<br />
abbiamo testato l’effetto di una dieta addizionata di<br />
estratto di pomodoro su un modello transgenico di cancerogenesi<br />
prostatica: i topi TRAMP. In questi topi l’oncogene<br />
Tag dell’SV40, espresso solo nelle cellule epiteliali prostatiche,<br />
determina alla 10 a settimana di vita un’iperplasia prostatica<br />
lieve, che degenera dapprima in PIN (15 a -20 a settimana),<br />
quindi in adenocarcinoma ben differenziato (24 a settimana).<br />
Nel 30% dei casi subentra un carcinoma scarsamente differenziato<br />
a piccole cellule con talora aspetti neuroendocrini,<br />
metastatizzante. 45 topi sono stati nutriti con mangime senza<br />
proteine di soia e di pesce ed altri 45 topi hanno ricevuto lo<br />
stesso mangime addizionato di estratto di pomodoro al 13%.<br />
Da ciascun gruppo sperimentale sono stati selezionati 15 topi<br />
per valutarne la sopravvivenza. Gli animali rimanenti sono<br />
stati sacrificati a 20, 25 e 30 settimane. L’apparato genitale,<br />
i linfonodi periaortici, i polmoni, i reni, i surreni ed il fegato<br />
sono stati prelevati e sottoposti ad analisi istologica.<br />
Risultati<br />
Trentaquattro settimane dopo l’inizio del trattamento tre animali<br />
del gruppo di controllo e 12 animali del gruppo trattato<br />
sono ancora vivi. L’analisi istologica della prostata ha evidenziato<br />
un rallentamento della progressione tumorale nei topi<br />
trattati ai vari tempi esaminati. L’inibizione della crescita<br />
tumorale sembra interessare sia la componente sviluppantesi<br />
come adenocarcinoma sia quella a piccole cellule scarsamente<br />
differenziata.<br />
Conclusioni<br />
Questi risultati confermano il ruolo dei carotenoidi come<br />
agenti protettivi nei confronti del carcinoma prostatico.<br />
La microscopia virtuale nel controllo di<br />
qualità della diagnostica istologica<br />
agobioptica prostatica<br />
P. Dalla Palma, F. Demichelis, L. Morelli<br />
Servizio di Anatomia ed Istologia Patologica, Ospedale “S.<br />
Chiara”, Trento; Unità applicativa di Telemedicina ed Informativa<br />
Medica, Centro per la Ricerca Scientifica e Tecnologia,<br />
Povo (Trento); Servizio di Anatomia Patologica, Ospedale<br />
“S. Maria del Carmine”, Rovereto (TN)<br />
Introduzione<br />
Per telepatologia si intende la pratica della diagnostica patologica<br />
a distanza, mediante visualizzazione su monitor di immagini<br />
provenienti da un microscopio posto in una località<br />
remota e trasmesse tramite un canale di trasmissione dati ad<br />
alta velocità (reti digitali o comunicazione satellitare). La telepatologia<br />
è di due tipi: statica, trasmissione di singole immagini<br />
provenienti dal preparato istologico, e dinamica, osservazione<br />
di immagini in movimento del preparato. Una stazione<br />
di telepatologia dotata di questo collegamento consente<br />
al patologo di attuare la consulenza diagnostica a distanza<br />
(teleconsulto). Gli strumenti della telepatologia consentono<br />
di risolvere (almeno in parte) due problemi: a) l’opportunità<br />
che servizi di patologia presso grandi Ospedali centrali siano<br />
in grado di servire anche diversi piccoli Ospedali periferici<br />
(es. diagnosi intraoperatoria); b) l’opportunità di effettuare<br />
consulenze presso esperti di altri Ospedali (es. consulto istopatologici<br />
e “seconda opinione”).<br />
Ulteriori applicazioni possono poi derivare dalla disponibilità<br />
di adeguati strumenti, quali l’aggiornamento ed educazione<br />
permanente del patologo, la costituzione di un laboratorio<br />
di morfometria e il controllo di qualità.<br />
Metodi<br />
Mediante un sistema di telepatologia per la diagnosi a distanza<br />
sviluppato tra il Laboratorio di Telemedicina dell’ITC<br />
e il Servizio di Anatomia Patologica di Trento, Static Tele-<br />
Microscopy Sistem (STeMiSy), è stato effettuato un test clinico<br />
tra le U.O. di Anatomia Patologica degli Ospedali di<br />
Trento e Rovereto atto alla valutazione del controllo di qualità<br />
nella diagnostica istopatologica urologica. Sono state inviate<br />
tra l’U.O. remota e quella locale (alternativamente<br />
Trento e Rovereto) una casistica di 110 casi di preparati istologici<br />
relativi ad agobiopsie prostatiche nell’arco di 5 mesi,<br />
mediante sessioni telematiche della durata di circa un’ora e<br />
mezza ciascuna.<br />
Risultati<br />
La concordanza tra gli osservatori si è dimostrata eccellente,<br />
senza riscontro di discordanze maggiori (cioè benigno vs.<br />
maligno) tra le diagnosi, con score di Gleason identici<br />
nell’85% dei casi (94). Nei restanti 26 lo score differiva di<br />
solo 1 punto dalla scala di Gleason. Per ogni caso sono state<br />
acquisite una media di 10 immagini, con un tempo diagnostico<br />
medio di circa 7 minuti.<br />
Conclusioni<br />
La telepatologia è uno strumento affidabile per effettuare<br />
controllo di qualità tra U.O. a distanza, teleconsulenza e telediagnostica.<br />
Neuro D1, un gene contiguo al locus HOX D,<br />
possibile nuovo marker della differenziazione<br />
neuroendocrina nel carcinoma prostatico<br />
R. Franco, L. Cindolo * , M. Cantile ** , G. Liguori, S. Losito,<br />
M. D’Angelo, P. Chiodini *** , L. Salzano * , A. Di Blasi * ,<br />
E. Feudale, A. Gallo, C. Cillo ** , G. Botti<br />
U.O.C. Anatomia Patologica e UO di Urologia, INT Napoli;<br />
*<br />
Unità di Urologia e Anatomia Patologica, AORN “G. Rummo”,<br />
Benevento; ** Dipartimento Medicina Clinica e Sperimentale,<br />
Università “Federico II” Napoli; *** Dipartimento<br />
Igiene e Sanità Pubblica, Seconda Università di Napoli<br />
Introduzione<br />
La differenziazione neuroendocrina è descritta in vari gradi<br />
in gran parte dei carcinomi prostatici ed è stata correlata con<br />
la progressione e la cattiva prognosi di questi. Infatti l’acquisizione<br />
del fenotipo neuroendocrino è peculiare del carcinoma<br />
prostatico avanzato e ormono-refrattario.<br />
Attualmente la differenziazione neuro-endocrina è definita<br />
quasi esclusivamente in termini di espressione di cromogranina<br />
A e quindi non è nota l’esatta prevalenza di questo fenomeno<br />
per la mancanza di studi e di strumenti diagnostici<br />
univocamente affidabili ed univoci. La differenziazione, nell’organogenesi<br />
e nella cancerogenesi, è presieduta da un<br />
network di geni di fattori di trascrizione, i geni HOX. Recentemente<br />
studi di espressione condotti su tessuto prostatico<br />
neoplastico e su linee cellulari, prima e dopo induzione con<br />
cAMP, hanno rivelato un aumento di espressione dei geni<br />
HOXD, coinvolti nell’organogenesi e nella cancerogenesi e<br />
localizzati nella regione cromosomica 2q31-33, la stessa re-
PATOLOGIA DELLA PROSTATA<br />
221<br />
gione cromosomica di una serie di geni correlati alla conversione<br />
epiteliale-neuronale, tra cui uno dei più importanti<br />
sembra essere Neuro D 1 .<br />
Materiali e metodi<br />
È stata condotta una analisi estensiva di una di 146 campioni<br />
di tessuto prostatico umano mediante immunoistochimica per<br />
l’espressione esaminati per l’espressione immunoistochimica<br />
di cromogranina A (ChrA), sinaptofisina (SNP), CD56 e<br />
NeuroD1.<br />
È stata, inoltre, effettuato uno studio su 20 campioni dell’espressione<br />
del RNA di Neuro D mediante RT-PCR. Le correlazioni<br />
tra variabili cliniche, patologiche e sperimentali sono<br />
state analizzate mediante analisi univariata e multivariata.<br />
Risultati<br />
Sull’intera serie di campioni la positività per ChrA, SNP,<br />
CD56 e NeuroD1 è stata trovata nel 26,5%, 4,3%, 3,1% e<br />
35,5%.<br />
Nell’adenocarcinoma prostatico Neuro D1 è espresso più frequentemente<br />
del migliore tra i markers standard (ChrA); la<br />
sua espressione correla col grado di malignità, con l’infiltrazione<br />
microscopica perineurale, con il tPSA e gli stadi avanzati<br />
della patologia.<br />
Conclusioni<br />
Questo ci induce a suggerire Neuro D come marcatore della<br />
differenziazione neurendocrina nel carcinoma prostatico in<br />
una prospettiva di utilizzazione nella diagnostica oncologica.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Cantile M, et al. J Cell Physiol 2005.<br />
La diagnosi di microfocolaio di<br />
adenocarcinoma della prostata aumenta<br />
all’aumentare del numero dei prelievi bioptici<br />
M. Gobbato * , A. Parisi * , D. Dalfior * , M.G. Zorzi * , G. Novella<br />
** , V. Ficarra ** , M. Brunelli * **** , G. Martignoni *** , F.<br />
Menestrina *<br />
*<br />
Anatomia Patologica, ** Clinica Urologica, Università di Verona;<br />
*** Anatomia Patologica, Università di Sassari; **** Ospedale<br />
di Arzignano, Vicenza<br />
Introduzione<br />
I protocolli che prevedono un campionamento agobioptico<br />
esteso della prostata sono numerosi; scopo di questo studio è<br />
di verificare se la diagnosi di microfocolaio di adenocarcinoma<br />
della prostata è correlata all’incremento del numero di<br />
prelievi bioptici.<br />
Metodi<br />
Abbiamo valutato prospetticamente 509 pazienti consecutivi<br />
sottoposti a primo set bioptico per sospetta neoplasia. Tutti i<br />
pazienti sono stati sottoposti all’esecuzione transperineale<br />
sotto guida ecografia transrettale di 14 agobiopsie (12 nella<br />
zona periferica e 2 nella zona di transizione) ed i prelievi sono<br />
stati numerati ed esaminati separatamente. Ciò ha consentito<br />
di estrapolare e comparare la percentuale di diagnosi di<br />
microfocolaio di adenocarcinoma ottenuta con il sestante<br />
classico e con schemi a 8, 10, 12 e 14 prelievi. La comparazione<br />
tra le variabili di tipo categorico è stata eseguita utilizzando<br />
il chi-quadrato di Pearson (p < 0,05).<br />
Risultati<br />
Con l’esecuzione di 14 prelievi sono stati identificati 232<br />
adenocarcinomi della prostata. In 32 casi (13,7%) è stata formulata<br />
una diagnosi di microfocolaio di adenocarcinoma della<br />
prostata, essendo la neoplasia presente in meno del 5% di<br />
un singolo frustolo bioptico.<br />
Il campionamento a sestante ha permesso di diagnosticare 16<br />
microfocolai di adenocarcinoma. L’aggiunta rispetto al sestante<br />
di due prelievi periferici a livello dell’apice ha comportato<br />
un incremento di tale diagnosi del 12,5% dei casi (p<br />
= 0,45). L’aggiunta rispetto al sestante di 4 prelievi periferici<br />
laterali ha comportato un incremento pari al 28,1% (p =<br />
0,03). L’aggiunta di un sestante laterale completo incrementa<br />
il numero di diagnosi di microfocolaio del 37,5% rispetto<br />
al sestante tradizionale (p = 0,003). Lo schema da noi eseguito<br />
con 12 prelievi periferici più 2 in zona di transizione<br />
comporta un incremento del 50% rispetto al sestante (p <<br />
0,001). 4 diagnosi di microfocolaio di adenocarcinoma della<br />
prostata sono state formulate solo su prelievi eseguiti a livello<br />
della zona di transizione.<br />
Conclusioni<br />
L’incremento del numero di prelievi bioptici eseguiti nel<br />
campionamento prostatico dei pazienti con sospetta neoplasia<br />
si associa ad un incremento della percentuale di diagnosi<br />
di microfocolaio di adenocarcinoma della prostata. Tale differenza<br />
assume carattere significativo quando il numero di<br />
prelievi eseguiti è superiore a 8.<br />
Cytogenetic Markers In Clinically Localized<br />
Prostate Carcinoma<br />
R. Merola, G. Orlandi, E. Vico, M. Gallucci, C. Leonardo,<br />
P. De Carli, S. Sentinelli, P. Carlini, A.M. Cianciulli<br />
“Regina Elena” Cancer Institute, Rome<br />
We evaluated the frequency of determined cytogenetic profiles<br />
as prognostic adjunctive variables in prostate carcinoma (CaP).<br />
Fluorescence in situ hybridization (FISH) analysis for evaluation<br />
of 7, 8, X chromosomes and EGFR (7p12), LPL (8p22),<br />
MYC (8q24), AR (Xq12) genes in 79 neoplastic foci from 56<br />
patients with clinically localized prostate carcinoma was performed.<br />
By applying the cutoff value, we defined 74/77<br />
(96.1%), 56/76 (73.7%), 26/70 (37.1%) of examined foci as<br />
having aneusomy for chromosome 7, 8 and X respectively. On<br />
the basis of calculated ratio (centromere/gene signal), no sample<br />
was amplified for EGFR and AR gene (ratio < 2). Only<br />
2/71 (2.8%) samples showed MYC gene amplification with ratio<br />
values of 4.3 and 2.2. LPL deletion was present in 52/76<br />
(68.4%) samples (ratio < 1). We subdivided FISH anomalies in<br />
12 patterns, which describe all genetic alterations occurring in<br />
this cohort of patients. Statistically association between Gleason<br />
score (G) and both chromosome 7 aneusomy and 8p22<br />
deletion was present (p < 0.003 and p < 0.04, respectively). The<br />
frequency of chromosome 7 aneusomy was statistically higher<br />
in T3-4 cases than T2c and T2a-T2b ones (p < 0.029). We considered<br />
as unfavourable a genetic set if aneusomy for at least<br />
two chromosomes and one altered gene were present. The percentage<br />
of tumors, with unfavourable genetic pattern, increased<br />
from 36.4% to 75.0% in those with G > 7 and from<br />
40.0% to 73.7% in those with stage T3 or more. We propose<br />
that these alterations could be considered potent genetic markers<br />
adjunctive to conventional prognostic parameters. Since<br />
CaP tumor aggressiveness is undoubtedly associated with particular<br />
somatic genetic alterations, our goal was to identify a<br />
complete genetic profile significantly associated with adverse<br />
pathological features at the time of surgery and also to genetically<br />
characterize the patients in the same histological group.<br />
Supported by AIRC.
222<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
Espressione della sialoproteina ossea,<br />
dell’osteopontina e dell’osteonectina nel<br />
carcinoma prostatico<br />
A. Sidoni, R. Del Sordo, A. Cavaliere, G. Bellezza, S.<br />
Bracarda * , C. Caserta * , V. Castronovo ** , A. Bellahcène ** ,<br />
E. Bucciarelli<br />
Istituto di Anatomia Patologica, Università di Perugia; * Divisione<br />
di Oncologia Medica, Azienda Ospedaliera di Perugia;<br />
** Center for Experimental Cancer Research, Metastasis<br />
Research Laboratory, University of Liège, Belgium<br />
Introduzione<br />
La sialoproteina ossea (BSP), l’osteopontina (OPN) e l’osteonectina<br />
(ONC) sono glicoproteine coinvolte nei processi<br />
di mineralizzazione della matrice ossea. Alcuni carcinomi, ed<br />
in particolare quelli con elevata propensione alla metastatizzazione<br />
scheletrica come quelli della mammella e della prostata,<br />
sono in grado di produrre eterotopicamente queste molecole<br />
acquisendo, in tal modo, proprietà osteomimetiche e<br />
osteotropiche 1 . Molti dei dati disponibili in letteratura riguardano<br />
la BSP che in questi tumori assume anche significato<br />
prognostico 2 , mentre non sono ancora ben definiti i ruoli<br />
di OPN e ONC. Questo studio si propone di valutare l’espressione<br />
delle tre glicoproteine in una casistica di carcinomi<br />
prostatici allo scopo di analizzarne le correlazioni anatomo-cliniche<br />
ed i relativi significati biologici.<br />
Materiali e metodi<br />
Sono stati reclutati 100 casi di carcinoma prostatico osservati<br />
tra il 1989 e il 2003 in pazienti con un follow-up medio di<br />
70 mesi (3-109). L’espressione delle glicoproteine è stata determinata<br />
con metodica immunoistochimica valutando semiquantitativamente<br />
la percentuale di cellule positive e l’intensità<br />
della immunomarcatura.<br />
Risultati<br />
L’analisi preliminare dei dati dimostra che tutte le neoplasie<br />
esprimono almeno una delle glicoproteine con frequente positività<br />
anche nella componente benigna adiacente, nelle cellule<br />
stromali e in quelle endoteliali. La positività per la BSP<br />
è meno intensa nei casi liberi da metastasi mentre OPN e<br />
ONC vengono espresse in maniera equivalente ed a livelli<br />
medio-alti nella maggioranza dei casi, indipendentemente<br />
dalla presenza di metastasi.<br />
Conclusioni<br />
I risultati ottenuti confermano le spiccate capacità osteomimetiche<br />
del carcinoma prostatico e lasciano prefigurare possibili<br />
applicazioni terapeutiche per la prevenzione delle metastasi<br />
ossee.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Koeneman KS, et al. The prostate 1999;39:246-61.<br />
2<br />
Waltregny D, et al. J Natl Cancer Inst 1998;90:1000-8.
PATHOLOGICA 2005;97:223-233<br />
Patologia della mammella<br />
HER-2/neu, 17 chromosome aneusomy and<br />
MSI status in primary breast cancer:<br />
a possible correlation<br />
E. Rossi, L. Legrenzi, E. Dessy, A. Ubiali, A. Berenzi, P.<br />
Balzarini, A. Benetti, P. Grigolato<br />
2nd Department of Pathologic Anatomy, School of Medicine,<br />
University of Brescia<br />
Introduction<br />
A problem that was arisen about HER-2 evaluation is the amplification<br />
not followed by protein overexpression and the<br />
possible implication of chromosome 17 alteration. Moreover<br />
recent studies indicated that Microsatellite Instability (MSI)<br />
was found to be related to tumor phenotype and clinical features<br />
in various malignant human carcinomas. Because the<br />
nature of breast cancer pathogenesis is still unclear we decided<br />
to investigate simultaneusly HER-2 gene amplification<br />
by Fluorescence In Situ Hybridization (FISH), protein overexpression<br />
by immunohistochemistry and MSI by Polymerase<br />
Chain Reaction (PCR).<br />
Materials and methods<br />
Forty patients with primary invasive carcinoma of breast<br />
were studied. All the methods were applied on formalinfixed,<br />
paraffin-embedded samples. First immunohistochemistry<br />
and FISH were performed. Then we selected the 40 cases<br />
divided by immunohistochemistry score: 10 cases 3+, 10<br />
cases 2+, 10 cases 1+ and 10 cases 0. At the end an MSI<br />
analysis was performed on the cases studying chromosomes<br />
involved in DNA mismatch repair defects by microsatellite<br />
markers like Bat25, Bat26, D2S123, D5S346, D17S250.<br />
Results<br />
All the cases 0 and HER-2 not amplified were disomic and<br />
without MSI. Cases HER-2 amplified or without aneusomy<br />
for 17 chromosome always show a MSI Low (L) or High (H).<br />
Our results are summarized in the table.<br />
Conclusions<br />
Data described in literature show that DNA mismatch repair<br />
defects, involving hMLH1 (marker Bat 25) and hMSH2<br />
(marker Bat 26), are rare in sporadic and familiar breast cancer.<br />
In fact in the 40 cases analysed we did not find any alteration<br />
for these genes but a significant MSI was found<br />
studying other genes involved: hMSH-6 (marker D2S123),<br />
hMSH-3 (marker D5S346) and p53 (marker D17S250). We<br />
found MSI in cases 3+ amplified or not amplified with a high<br />
aneusomy for chromosome 17 and in cases 2+ and 1+ aneusomic<br />
for chromosome 17. The cases 0, not amplified and disomic<br />
for chromosome 17 did not show any MSI. In conclusion<br />
the cases investigated for HER-2 by immunohistochemisty<br />
and by FISH revealed a significant MSI only when<br />
an aneusomy for chromosome 17 is present.<br />
Mutazioni del gene Fosfatidilinositolo 3-<br />
chinasi (PI3K) e forme istologiche<br />
di carcinoma della mammella<br />
L. Felicioni * ** , F. Barassi * ** , C. Martella * ** , D. Paolizzi *<br />
**<br />
, G. Fresu * ** , S. Salvatore * ** , F. Cuccurullo ** , A. Mezzetti<br />
** , D. Campani *** , A. Marchetti * ** , F. Buttitta * **<br />
*<br />
Dipartimento di Oncologia e Neuroscienze, Università di<br />
Chieti; ** Aging Research Center (CeSI), “G. d’Annunzio”<br />
University Foundation, Chieti; *** Dipartimento di Oncologia,<br />
dei Trapianti e delle Nuove Tecnologie in Medicina,<br />
Pisa<br />
Introduzione<br />
Numerosi dati sperimentali dimostrano che una classe di enzimi<br />
ad attività chinasica, noti come Fosfatidilinositolo 3-<br />
chinasi (PI3K) è implicata nei processi di cancerogenesi<br />
umana. PI3K sono enzimi eterodimerici, costituiti da una subunità<br />
catalitica, p110alfa, codificata dal gene PIK3CA, e da<br />
una subunità adattrice/regolatoria, p85, codificata dal gene<br />
PIK3R1. Recentemente, mutazioni di tipo missenso di<br />
PIK3CA sono state evidenziate in alcune forme tumorali.<br />
Obiettivo del presente studio è stato quello di analizzare lo<br />
stato mutazionale di PIK3CA in una serie ampia di carcinomi<br />
della mammella, rappresentativa dei vari tipi istologici.<br />
Metodi<br />
Da una serie consecutiva di 780 tumori maligni sono stati selezionati<br />
74 carcinomi duttali, 56 lobulari, 22 mucinosi, 20<br />
midollari e 8 papillari. La presenza di mutazioni negli esoni<br />
1-20 è stata valutata mediante PCR-SSCP e sequenziamento<br />
diretto. È stato effettuato uno studio immunoistochimico dell’espressione<br />
proteica di Ki-67, ErbB2, p53, p21 e dei recettori<br />
per gli estrogeni e il progesterone. Inoltre, è stato valutato<br />
lo stato mutazionale di p53 mediante PCR-SSCP.<br />
Risultati<br />
Mutazioni di PIK3CA sono state riscontrate in 46 (26%) dei<br />
180 tumori esaminati. Le mutazioni risultavano concentrate<br />
Case# IHC score HER-2 FISH HER-2/neu FISH chromosome 17 aneusomy MSI<br />
7 (3+) Amplification Aneusomy MSI-L<br />
2 (3+) Amplification Disomy MSS<br />
1 (3+) No Amplification Aneusomy MSI-H<br />
6 (2+) No Amplification Disomy MSS<br />
3 (2+) No Amplification Aneusomy MSI-L<br />
1 (2+) Amplification Aneusomy MSI-H<br />
3 (1+) No Amplification Aneusomy MSI-H<br />
7 (1+) No Amplification Disomy MSS<br />
10 0 No Amplification Disomy MSS
224<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
in particolari codoni “hot spot” negli esoni 9 e 20: 23 (50%)<br />
delle 46 mutazioni erano presenti nell’esone 9 e 23 (50%)<br />
nell’esone 20. La distribuzione delle mutazioni era significativamente<br />
differente nei vari tipi istologici (p = 0,0002). Le<br />
mutazioni, infatti, erano molto frequenti nell’istotipo lobulare<br />
(46%), meno frequenti nei carcinomi duttali (22%) e infrequenti<br />
nei tumori midollari (10%), mucinosi (5%) e papillari<br />
(12%). Inoltre, le mutazioni dell’esone 9 sono risultate<br />
molto più frequenti nel carcinoma lobulare (30%) rispetto alle<br />
altre forme istologiche (5%) (p = 0,00014). Una correlazione<br />
inversa è emersa fra le mutazione di PIK3CA e l’espressione<br />
proteica di Ki-67 ed ErbB2, mentre non si osservavano<br />
correlazioni significative fra mutazione di PIK3CA e<br />
altri parametri clinico-patologici e biologici (età della paziente,<br />
dimensione del tumore, metastasi linfonodali, stato<br />
dei recettori ormonali, espressione e stato mutazionale di<br />
p53).<br />
Conclusioni<br />
I risultati ottenuti indicano che le mutazioni di PIK3CA sono<br />
maggiormente presenti nei carcinomi lobulari e duttali e che<br />
l’alta incidenza di mutazioni “hot spot” potrebbe fornire nuove<br />
promettenti possibilità terapeutiche in queste forme neoplastiche.<br />
Fast track biopsy (FTB): descrizione di una<br />
metodica istologica ed immunocitochimica<br />
rapida per la valutazione delle agobiopsie<br />
mammarie pre-operatorie<br />
S. Asioli, T. Ragazzini, E. Magrini, C. Cucchi * , M.P. Foschini,<br />
V. Eusebi<br />
Dipartimento di Scienze Oncologiche, sezione di Anatomia<br />
Patologica e * Chirurgia Oncologica, Università di Bologna,<br />
Ospedale “Bellaria”, Bologna, Italia<br />
Introduzione<br />
Descriviamo la metodica, denominata Fast Track Biopsy<br />
(FTB), che permette di ottenere un preparato istologico in 2<br />
ore e 30 minuti, dalla fissazione alla colorazione, tramite l’utilizzo<br />
della processazione con micro-onde. Su tale preparato,<br />
inoltre, è possibile effettuare indagini immunocitochimiche<br />
in tempi rapidi.<br />
Materiali e metodi<br />
Trentasei agobiopsie mammarie di 32 pazienti sono state incluse<br />
in paraffina e processate utilizzando un processatore<br />
automatico a micro-onde. In aggiunta, su casi selezionati è<br />
stata applicata una metodica di immunocolorazione rapida.<br />
La qualità dei preparati istologici colorati con Ematossilina<br />
ed Eosina (H&E) e delle reazioni di immunocitochimica con<br />
anticorpi anti-Recettore Estrogenico (ER), anti-Recettore<br />
Progestinico (PR) e anti-Ki67, confrontati con quelli ottenuti<br />
con l’immunocoloratore automatico convenzionale, è risultata<br />
soddisfacente.<br />
Risultati<br />
La nostra casistica è costituita da: 3 casi di B1 e 12 casi di<br />
B2, comprendenti fibroadenomi ed epiteliosi (iperplasia epiteliale<br />
di tipo usuale). Due casi di B3: un adenoma duttale e<br />
un fibroadenoma cellulato. Nessun B4 è stato diagnosticato.<br />
Diciotto casi di B5 comprendenti: 12 casi di carcinoma duttale<br />
infiltrante, NAS, 1 caso di carcinoma mucinoso infiltrante,<br />
3 casi di carcinoma lobulare infiltrante e 2 casi di carcinoma<br />
duttale in situ. Il tempo necessario per la FTB variava<br />
da 2 ore e 30 minuti a 4 ore (in media 2 ore e 54 minuti).<br />
Nell’ultimo mese dello studio (Gennaio, 2005) il tempo necessario<br />
per la FTB si è standardizzato su 2 ore e 30 minuti<br />
In 8 casi di B5 si è resa necessaria l’immunocitochimica. Il<br />
tempo impiegato per la metodica di immunocolorazione rapida,<br />
variava tra i 90 e i 100 minuti rispetto ai 220/230 minuti<br />
impiegati con l’immunocoloratore automatico convenzionale.<br />
Sette casi sono risultati positivi per ER (70%-80% del totale<br />
delle cellule neoplastiche) e 8 casi per PR (20%-90%). La positività<br />
per il Ki67 variava tra il 5% ed il 60% del totale delle<br />
cellule neoplastiche (in media 16,2%).<br />
Conclusione<br />
FTB è una procedura diagnostica rapida che può competere<br />
con FNAB (fine needle aspiration biopsy) nel raggiungimento<br />
di una diagnosi rapida qualitativamente soddisfacente. Le<br />
informazioni morfologiche della agobiopsia rispetto alla<br />
FNAB sono obiettivamente superiori. Correntemente alla base<br />
della scelta diagnostica della FNAB c’è la rapidità della<br />
procedura, con l’avvento della FTB anche quest’ultimo vantaggio<br />
sembra essere superato.<br />
Valutazione con analisi Fish<br />
e immunoistochimica di Topoisomerasi II alfa<br />
nel carcinoma mammario<br />
A. Bernardi, G. Canavese, G. Candelaresi, P. Lovadina,<br />
E. Margaria, E. Berardengo<br />
ASO “San Giovanni Battista” di Torino, S.C. Anatomia Patologica<br />
4, Ospedale “San Giovanni”, Torino<br />
Introduzione<br />
I carcinomi (ca) mammari con amplificazione di her2 mostrano<br />
beneficio statisticamente significativo se trattati con Antracicline<br />
probabilmente per effetto sull’attività della Topoisomerasi<br />
II alfa (Top2). Il meccanismo d’azione delle Antracicline<br />
su Top2 fu scoperto nel 1984 e considerato funzione primaria<br />
nella tossicità tumorale. Le Antracicline attivando Top2 incrementano<br />
la produzione di DNA fissurato e conseguente morte<br />
cellulare. L’amplificazione genica di Top2, valutata con metodica<br />
Fish è oggetto di studio per l’ipotesi di implicazione nella<br />
sensibilità al trattamento con Antracicline.<br />
Metodi<br />
In uno studio preliminare 44 ca mammari, 36 her2 amplificati,<br />
sono stati indagati con test di ibridazione in situ in fluorescenza<br />
(Fish) Dako Top2A kit (con validazione FDA e IVD europea).<br />
I dati ottenuti con lettura dei preparati al microscopio a<br />
fluorescenza, obiettivo 100x in immersione, sono stati analizzati<br />
con software Dako Cytomation. Sono state contemporaneamente<br />
effettuate reazioni immunoistochimiche per la valutazione<br />
dell’indice proliferativo (Ki67 mediana = 20) e la valutazione<br />
proteica di Top2 (over espressione ≥ 10%).<br />
Risultati<br />
17/36 (47,22%) tumori her2 amplificati presentavano amplificazione<br />
di Top2 e over espressione proteica nel 76,47%<br />
(13/17); 19/36 tumori non amplificati per Top2 avevano over<br />
espressione proteica nel 31,57% (6/19) e alto indice proliferativo.<br />
Gli 8 tumori her2 non amplificati e inseriti come controllo<br />
erano negativi per amplificazione di Top2.<br />
Conclusioni<br />
L’assenza di espressione proteica di Top2 in una percentuale<br />
di tumori con amplificazione del gene può essere imputata a<br />
regolazioni post trascrizionali. Top2 codificato dal gene omonimo<br />
sul cromosoma 17q12-21 è un enzima chiave nella du-
PATOLOGIA DELLA MAMMELLA<br />
225<br />
plicazione del DNA, legato alla proliferazione. La vicinanza<br />
all’oncogene her2 provoca spesso delle aberrazioni di Top2,<br />
mai trovata amplificata o deleta senza contemporanea amplificazione<br />
di her2. La letteratura dimostra che il valore predittivo<br />
di risposta al trattamento con Antracicline è dovuto allo<br />
stato del gene Top2 e non di her2. Nella convalida dell’ipotesi<br />
che lo stato di Top2 possa confermarsi un marcatore predittivo<br />
di risposta a terapia con Antracicline può rendersi utile<br />
nella caratterizzazione biologica delle neoplasie mammarie<br />
la sua valutazione con applicazione di analisi Fish e metodica<br />
immunoistochimica.<br />
Espressione di ER-β nelle cellule stromali di<br />
fibroadenomi e tumori fillodi della mammella<br />
I. Castellano, M. Bosco, P. Cassoni, R. Arisio * , A.P. Dei<br />
Tos ** , N. Fortunati *** , M. Catalano, A. Sapino<br />
Dipartimento di Scienze Biomediche ed Oncologia Umana,<br />
Università di Torino, Italia; * Dipartimento di Patologia,<br />
Ospedale “Sant’Anna”, Torino, Italia; ** Dipartimento di<br />
Patologia, Ospedale Regionale, Treviso, Italia; *** Dipartimento<br />
di Fisiopatologia Clinica, Università di Torino, Italia<br />
Introduzione<br />
L’ormono-dipendenza nella crescita dei fibroadenomi (FAD)<br />
della mammella è stata suggerita da tempo; tuttavia, non è al<br />
momento nota l’espressione di recettori per ormoni steroidei<br />
nella componente stromale di tali lesioni.<br />
Metodi<br />
Al fine di definire la presenza o meno di recettori per gli<br />
estrogeni (ER-α, ER-β, progesterone e androgeni) nello stroma<br />
delle lesioni fibroepiteliali della mammella, sono stati<br />
studiati 31 FAD e 32 tumori fillodi (PT). La presenza di entrambe<br />
le isoforme di ER è stata valutata: a) con metodica<br />
RT-PCR sia su mRNA estratto dalle lesioni in toto sia sulle<br />
sole cellule stromali micro-dissettate dalle lesioni stesse; b)<br />
con metodica immunoistochimica. Parallelamente è stato studiato<br />
il fenotipo delle cellule stromali, definendone lo stato di<br />
differenziazione muscolare liscia e mioepiteliale con metodica<br />
immunoistochimica e anticorpi anti-actina, calponina e<br />
p63. Infine, sono state allestite culture cellulari di cellule<br />
stromali di 3 FAD, che sono state trattate con estradiolo.<br />
Risultati<br />
Solo ER-β è risultato espresso nelle cellule stromali dei casi<br />
esaminati, con una maggior espressione nei PT e nei FAD con<br />
stroma iper-cellulare. Nei FAD, l’elevata espressione è risultata<br />
direttamente correlata con la giovane età della paziente, contrariamente<br />
a quanto osservato nei PT. In entrambe le lesioni,<br />
le cellule ER-β+ esprimevano un fenotipo di muscolo liscio<br />
(actina e/o calponina) mentre non si è mai osservata l’espressione<br />
di p63. Le cellule stromali dei 3 FAD messi in cultura sono<br />
risultate ER-β+; il trattamento con estradiolo ha determinato<br />
un aumento della crescita cellulare e della percentuale di<br />
cellule differenziate in senso miofibroblastico.<br />
Conclusioni<br />
L’aumenta espressione di ER-β nelle giovani donne e nei<br />
FAD a stroma più cellulare suggerisce uno specifico meccanismo<br />
ormono-dipendente nella regolazione della crescita di<br />
tali lesioni. Inoltre, l’associazione di ER-β con il fenotipo<br />
muscolare liscio indicherebbe un ruolo degli estrogeni nelle<br />
differenziazione miofibroblastica delle cellule stromali. In<br />
ultimo, questi risultati potrebbero essere utilizzati per valutare<br />
l’inserimento di antagonisti recettoriali ER-β selettivi nel<br />
trattamento adiuvante dei PT maligni.<br />
Metastasi di carcinoma mammario<br />
in meningioma: il fenomeno del “tumor<br />
in tumor”<br />
I. Castellano, P. Cassoni, F. Benech * , A. Ducati * , G. Bussolati<br />
Dipartimento di Scienze Biomediche ed Oncologia Umana,<br />
Università di Torino, Italia; * Sezione di Neurochirurgia e<br />
Neuroscienze, Università di Torino, Italia<br />
Introduzione<br />
L’evento di una metastasi di un carcinoma in un tumore intracranico<br />
primitivo è raro. Tuttavia esistono segnalazioni in<br />
letteratura sull’esistenza di particolari istotipi tumorali benigni<br />
che presentano caratteristiche tali da poter favorire l’insediazione<br />
di un cluster di cellule metastatiche. Il meningioma<br />
in particolare è un tumore benigno a lenta crescita ed altamente<br />
vascolarizzato che può accettare metastasi da tumori<br />
sistemici. È segnalata altresì in letteratura l’esistenza di<br />
una possibile associazione tra meningioma e carcinoma della<br />
mammella. Viene di seguito descritto il caso di una donna di<br />
65 anni, operata 3 anni prima di carcinoma mammario, attualmente<br />
ricoverata in stato comatoso, presentante una lesione<br />
fronto-temporale destra clinicamente e radiologicamente<br />
sospetta per meningioma.<br />
Metodi<br />
Il caso è stato documentato radiologicamente, istologicamente<br />
e con metodiche immunoistochimiche per definire i fenotipi<br />
cellulari.<br />
Risultati<br />
Il quadro radiologico riportava una lesione singola, frontotemporale<br />
destra, iperdensa con modesto edema perilesionale.<br />
Tuttavia, all’esame istologico il quadro morfologico metteva<br />
in evidenza, nel contesto di una attesa lesione meningea<br />
benigna con cellule disposte in aree vorticoidi, la presenza di<br />
una popolazione di cellule neoplastiche maligne. Queste ultime<br />
sono risultate negative alla vimentina (venuta invece positiva<br />
nelle cellule meningoteliali) e positive agli anticorpi<br />
anti-citocheratina ed ai recettori degli estrogeni confermando<br />
così la primitività mammaria del carcinoma nel meningioma.<br />
Conclusioni<br />
La metastasi di un carcinoma in un meningioma è un evento<br />
possibile e da tenere sempre attentamente in considerazione.<br />
In particolar modo, oltre alla non infrequente associazione tra<br />
carcinoma della mammella e meningioma (come lesioni distinte),<br />
nelle donne con pregresso carcinoma mammario deve<br />
essere valutata la possibilità di una “colonizzazione” di<br />
cellule neoplastiche in un meningioma sviluppatosi successivamente.<br />
Parametri oggettivi di valutazione<br />
dell’attività maligna del linfonodo sentinella<br />
nel carcinoma mammario<br />
A. Colasante, G. Castrilli, E. Cianchetti * , U. Tatasciore,<br />
T. D’antuono, D. Angelucci<br />
U.O. Anatomia Patologica ASL/Università Chieti; * Senologia<br />
ASL/Università Chieti<br />
Introduzione<br />
La stadiazione del carcinoma mammario comprende la valutazione<br />
dello stato del linfonodo sentinella (LS) sia dal punto di<br />
vista clinico che istopatologico. L’American Joint Committee<br />
on Cancer (AJCC) Staging Manual, Sixth Edition, del 2002,
226<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
distingue le ripetizioni linfoghiandolari ascellari in metastasi<br />
(MT), micrometastasi (MC) e cellule tumorali isolate (ITC).<br />
Dal punto di vista clinico sembra avere importanza il diverso<br />
tipo di metastasi MT vs. MC vs. ITC. In tal senso, ci sono lavori<br />
volti a determinare fattori predittivi dell’interessamento<br />
dei linfonodi ascellari in pazienti con LS positivo. Abbiamo<br />
valutato la capacità predittiva del LS sugli altri linfonodi del<br />
cavo ascellare omolaterale e reso riproducibile il concetto di<br />
attività maligna come definito dalla AJCC 2002.<br />
Metodi<br />
57 LS positivi di pazienti con Carcinoma mammario invasivo<br />
sono stati completamente seriati. Le sezioni colorate alternativamente<br />
con Immunoistochimica (IIC) con citocheratine<br />
(CK), MIB1 e con tricromica di Masson (TrM). Secondo<br />
lo Stadio 47 tumori erano T1 e 10 T2; riguardo al Grado 38<br />
tumori G1 e 19 G2-G3.<br />
Risultati<br />
Gruppo n° casi T1 n° (%) T2: n° (%)<br />
MT/TC 24 18 (75%) 6 (25%)<br />
ITC 33 29 (88%) 4 (12%)<br />
Gruppo n° casi G1 n° (%) G2-G3 n° (%)<br />
MT/TC 24 15 (63%) 9 (36%)<br />
ITC 33 23 (70%) 10 (30%)<br />
L’attività proliferativa MIB1-correlata, era maggiore del 5%<br />
in 16/24 LS che avevano MT/MC; mentre era assente (0%)<br />
in tutti i casi con ITC. La fibrosi-TrM (scala: 0, 1, 2) era presente<br />
in 21/24 LS con MT/MC, mentre era assente 33/33 LS<br />
con ITC.<br />
Conclusioni<br />
1)Le MT e le MC sono associate ad ambedue le caratteristiche<br />
di attività maligna (fibrosi ed attività proliferativa).<br />
2)Nelle ITC l’attività maligna è assente (MIB1 = 0, TrM =<br />
0).<br />
3)I casi a dimensione borderline tra MC e ITC presentano<br />
MIB1 > 5%/TrM = 0 oppure MIB1 < 5%/TrM > 0. Questa<br />
categoria borderline che mostra attività maligna come<br />
quella MT/MC, dovrebbe essere collocata, più opportunamente,<br />
nella classe MC.<br />
Valutazione comparativa di HER2/neu<br />
mediante CISH e immunoistochimica nel<br />
carcinoma della mammella<br />
P. Cusatelli, E. Pagetta<br />
U.O. Anatomia Patologica, ULSS 15 Alta Padovana, Camposampiero<br />
(PD)<br />
Introduzione<br />
Il carcinoma della mammella rappresenta circa il 20% delle<br />
neoplasie maligne della donna. Sono stati identificati marcatori<br />
biologici di significato prognostico e predittivo, rappresentati<br />
dallo stadio di malattia, dallo stato recettoriale di estrogeni e<br />
progesterone, dall’attività proliferativa (Mib1 index) e dall’espressione<br />
di HER2/neu. L’iperespressione di HER2 ha significato<br />
prognostico sfavorevole nelle pazienti N+ e predittivo in<br />
relazione al tipo di trattamento chemioterapico utilizzato. La<br />
valutazione dell’amplificazione dell’oncogene HER2/neu è comunemente<br />
eseguita mediante FISH, che è gravata dalla progressiva<br />
decadenza del segnale di fluorescenza, non premettendo<br />
una rivalutazione a posteriori. Lo scopo di questo studio è:<br />
A) di indagare sulla rilevanza clinica dell’amplificazione di<br />
HER2, mediante la nuova tecnica CISH (ibridizzazione in situ<br />
cromogena), in comparazione con l’evidenza di reattività immunoistochimica<br />
(IHC) della proteina espressa; B) di valutare<br />
il grado di sensibilità della CISH rispetto all’IHC.<br />
Materiali e metodi<br />
Nel presente studio sono stati valutati 52 casi di carcinoma<br />
della mammella per HER2 utilizzando: IHC con anticorpo<br />
policlonale anti-proteina di HER2 (rabbit, Ditta Dako, HercepTest)<br />
e di CISH mediante sonda Zymed per il gene. L’amplificazione<br />
dell’oncogene HER2 e l’espressione IHC della<br />
proteina è stata confrontata caso per caso con vetrini di controllo<br />
a positività nota.<br />
Risultati<br />
Le determinazioni IHC con Herceptest sono risultate positive<br />
(3+) in 6 casi su 52 (11,5%), negative (0,1+) in 6 casi su<br />
52 (11,5%) e intermedie (2+) in 39 su 52 (75%). Tali dati sono<br />
stati confrontati con quelli ottenuti da CISH; è stata dimostrata<br />
corrispondenza con entrambe le metodiche sia per i<br />
casi negativi (100%) che per i positivi. 4 casi (10,25%) a reattività<br />
Herceptest intermedia (2+) su 39 sono risultati positivi,<br />
ossia con amplificazione del gene, con CISH.<br />
Conclusioni<br />
1) l’analisi dell’espressione di HER2 mediante CISH ha dimostrato<br />
una buona sensibilità di individuazione di casi positivi<br />
rispetto all’immunoistochimica Herceptest, 2) una concordanza<br />
globale elevata ed, inoltre, 3) l’utilizzo di un cromogeno<br />
stabile, non fluorescente, ha permesso il recupero di<br />
pazienti per eventuale rivalutazioni e per nuove strategie terapeutiche.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Wixon CR, et al. Appl Immunohistochem Mol Morphol 2004;12.<br />
2<br />
Zarbo RJ, et al. Arch Pathol Lab Med 2003;127.<br />
Comparazione dei markers tumorali prima e<br />
dopo terapia neoadiuvante nel carcinoma<br />
localmente avanzato della mammella<br />
M. Di Bonito, F. La Vecchia, M. Staiano, M. Curcio, F.<br />
Formichelli<br />
U.O.C. di Anatomia Patologica, Istituto Tumori di Napoli<br />
Introduzione<br />
Abbiamo effettuato una rivalutazione immunofenotipica<br />
comparativa dell’indice proliferativo, dell’espressione recettoriale<br />
e dell’espressione HER/2 nel carcinoma localmente<br />
avanzato della mammella prima e dopo terapia neoadiuvante,<br />
per verificare un’eventuale variazione dell’espressione dei<br />
suddetti marcatori.<br />
Metodi<br />
Sono stati selezionati 62 casi di carcinoma mammario localmente<br />
avanzato.<br />
Dei casi sono stati definiti, sia sulla core biopsy che sul campione<br />
operatorio post-terapia neoadiuvante, istotipo, grading,<br />
ER, PgR, Ki-67, HER/2.<br />
Risultati<br />
All’esame istologico preoperatorio abbiamo riscontrato: 54<br />
carcinoma duttale, 7 carcinoma lobulare e 1 carcinoma mi-
PATOLOGIA DELLA MAMMELLA<br />
227<br />
dollare; 3 di grado I, 39 di grado II e 20 di grado III. La determinazione<br />
immunofenotipica ha evidenziato: espressione<br />
dei recettori ormonali in 44 casi, assenza in 10 casi, in 8 casi<br />
negatività del progesterone; l’oncogene HER/2 è risultato intensamente<br />
espresso (score 3+) in 5 casi, non espresso (score<br />
0) in 35 casi, parzialmente espresso (score 1+) in 15 casi e<br />
moderatamente espresso (score 2+) in 7 casi; l’indice proliferativo<br />
(Ki 67) risultava > 20% in 40 casi. Sui campioni chirurgici,<br />
dopo terapia neoadiuvante, non c’è stata discordanza<br />
di espressione recettoriale, ma solo una minima variazione<br />
delle positività degli elementi neoplastici in 15/44 casi. Tutti<br />
i casi in cui l’espressione della proteina HER/2 era assente<br />
(score 0) sono rimasti tali anche dopo terapia neoadiuvante;<br />
minime variazioni dell’intensità di membrana in 3/7 casi si<br />
sono osservati tra i casi score 1+ e 2+, però tutti con amplificazione<br />
genica negativa. Nei casi in cui c’era iperespressione<br />
HER/2 (score 3+) abbiamo riscontrato, invece, 1 caso con assente<br />
amplificazione genica sia sulla core biopsy che sul residuo<br />
tumorale dopo terapia neoadiuvante. L’indice proliferativo<br />
nel 50% dei casi è ridotto nelle cellule neoplastiche residue.<br />
Conclusioni<br />
La rivalutazione della risposta patologica dopo terapia neoadiuvante<br />
ha dimostrato modificazioni morfologiche tali da<br />
non essere più riconosciuto, in alcuni casi, l’istotipo; in accordo<br />
anche con i dati riscontrati in letteratura non si evidenzia<br />
una variazione statisticamente significativa dell’espressione<br />
dei markers suddetti nei carcinomi mammari trattati<br />
con terapia neoadiuvante.<br />
Il gene BRMS1 (Breast Metastasis Suppressor<br />
Gene 1) nel carcinoma mammario umano<br />
C. Di Cristofano, G. Lombardi, A. Capodanno, P. Aretini,<br />
P. Isola * , M. Tancredi, P. Collecchi, G. Naccarato, G.<br />
Bevilacqua, M.A. Caligo<br />
Dipartimento di Oncologia, Divisione di Anatomia Patologica<br />
e Diagnostica Molecolare ed Ultrastrutturale, Università<br />
di Pisa ed Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, Pisa,<br />
Italia; * Dipartimento di Patologia B.M.I.E., Università di<br />
Pisa, Pisa, Italia<br />
La mortalità per carcinoma mammario è strettamente correlata<br />
alla sua diffusione metastatica. Studi d’espressione genica<br />
su cellule tumorali con differenti potenzialità metastatiche<br />
hanno evidenziato più geni associati alla progressione metastatica.<br />
Il gene BRMS1 (Breast Metastasis Suppressor Gene<br />
1) mappa nella regione 11q13.1-q13.2, frequentemente alterata<br />
durante la progressione del carcinoma mammario. L’espressione<br />
di BRMS1 riduce la capacità metastatica di linee<br />
cellulari umane in saggi in vivo, in maniera dipendente dai livelli<br />
di espressione dell’mRNA e della proteina esogena.<br />
Dato che il coinvolgimento di BRMS1 nel carcinoma mammario<br />
umano non è stato ancora dimostrato, scopo di questo<br />
studio è stato determinare il suo ruolo nella progressione tumorale,<br />
indagando l’espressione in un sistema in vivo (tumore<br />
vs. metastasi), e verificare la correlazione tra l’espressione<br />
del gene e la proliferazione cellulare in vitro (linea cellulare<br />
umana da carcinoma della mammella Hs578T).<br />
L’espressione di BRMS1 è stata quantificata per Real-Time<br />
RT-PCR nell’epitelio duttale normale, nel tessuto neoplastico<br />
e nelle metastasi linfonodali, di pazienti affetti da carcinoma<br />
duttale della mammella con almeno 10 di follow-up e nella linea<br />
cellulare Hs578T. L’RNA totale è stato estratto da popolazioni<br />
cellulari isolate mediante microdissezione laser da<br />
tessuti congelati.<br />
L’espressione di BRMS1 nelle cellule neoplastiche è generalmente<br />
più alta che nelle rispettive popolazioni cellulari normali<br />
(p = 0,0005), mentre decresce nelle cellule neoplastiche<br />
metastatiche dei linfonodi (p = 0,001). I 47 pazienti analizzati<br />
sono stati stratificati in base alla loro prognosi, favorevole<br />
(liberi da malattia e/o vivi) o sfavorevole (con recidiva e/o<br />
deceduti per carcinoma della mammella). Sia l’analisi univariata<br />
(Log-Rank test p = 0,007) che l’analisi multivariata<br />
(Cox regression HR = 4,0 p = 0,054) hanno dimostrato che<br />
un’elevata espressione di BRMS1 nei tumori primari è associata<br />
ad un minore tempo di ripresa di malattia e di sopravvivenza.<br />
Analisi in vivo (tessuti) ed in vitro (Hs578T) mostrano<br />
che l’incremento d’espressione non sarebbe correlato con<br />
la proliferazione cellulare.<br />
Questo è il primo studio che evidenzia il coinvolgimento del<br />
gene BRMS1 nel carcinoma mammario umano. L’espressione<br />
di BRMS1 decresce durante la progressione del tumore<br />
mammario. I nostri dati suggeriscono tuttavia che una più alta<br />
espressione di BRMS1 nel tumore primario è correlata ad<br />
una prognosi peggiore.<br />
La localizzazione anatomica delle<br />
micrometastasi di carcinoma mammario al<br />
linfonodo sentinella è predittiva dello stato<br />
della dissezione ascellare<br />
L. Di Tommaso, C. Arizzi, D. Rahal, A. Destro, M. Alloisio<br />
* , S. Orefice * , A. Rubino * , E. Morenghi ** , G. Masci ** , I.<br />
Del Prato *** , R. Sacco **** , A. Santoro ** , M. Roncalli<br />
Dipartimento di Patologia, Scuola di Medicina e Chirurgia,<br />
Università di Milano; * Chirurgia ed ** Oncologia, Istituto<br />
Clinico “Humanitas”, Rozzano, Milano; *** Senologia e<br />
****<br />
Chirurgia, “Humanitas-Gavazzeni”, Bergamo<br />
Introduzione<br />
La maggior parte delle pazienti affette da carcinoma della<br />
mammella e con metastasi al linfonodo sentinella (LS), non<br />
ha ulteriori metastasi allo svuotamento ascellare (SA). Fra i<br />
parametri in grado di predire lo stato del SA il più significativo<br />
è rappresentato dalle dimensioni della metastasi.<br />
Metodi<br />
Nel periodo compreso fra il 01/01/2000 ed il 31/12/2004, 540<br />
pazienti con carcinoma della mammella sono state sottoposte<br />
a biopsia del LS presso l’Istituto Clinico Humanitas. Di queste,<br />
162 (30%) avevano metastasi al LS e sono state sottoposte<br />
a SA. Sia il LS che i linfonodi del SA sono stati esaminati<br />
su preparati inclusi in paraffina e colorati in E/E, senza il<br />
supporto di metodiche immunoistochimiche.<br />
Risultati<br />
Dei 162 casi, 62 (38%) erano rappresentati da micrometastasi<br />
e 100 (62%) da metastasi. In totale 53/162 (32,7%) pazienti<br />
avevano ulteriori metastasi al SA, con una differenza significativa<br />
(P < 0,0001) fra pazienti con metastasi (43/100,<br />
43%) e quelli con micrometastasi (10/62, 16,1%). Significativo<br />
anche il dato relativo alla stratificazione delle pazienti<br />
con micrometastasi in relazione alla localizzazione [seni<br />
(1/31; 3%) vs. parenchima (9/31; 29%); P: 0,026] ed alla dimensione<br />
del focolaio metastatico nel LS [< 1 mm (3/37;<br />
8%) vs. 1-2 mm (7/25; 28%); P: 0,045].<br />
Conclusione<br />
I nostri dati mostrano che la presenza di ulteriori metastasi<br />
al SA è correlata alla localizzazione delle micrometastasi
228<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
nel LS. È interessante osservare come questo ultimo dato<br />
fosse già stato segnalato per le metastasi di melanoma e<br />
sembra trovare una spiegazione razionale in recenti studi di<br />
biologia molecolare. È noto che melanoma e carcinoma<br />
mammario si comportino in maniera analoga, dando metastasi<br />
alle stesse sedi (linfonodi, polmoni, fegato e M.O.);<br />
studi recenti hanno dimostrato che questo comportamento è<br />
dovuto alla presenza di specifiche chemochine e relativi recettori.<br />
È possibile speculare che le cellule neoplastiche che<br />
entrano nel LS attraverso i seni linfatici aderiscano al parenchima<br />
in presenza di uno specifico recettore mentre, in<br />
assenza dello stesso, “saltino” il linfonodo dirigendosi ad<br />
altre sedi.<br />
I nostri risultati dimostrano che la localizzazione e la dimensione<br />
delle micrometastasi nel LS sono i parametri più significativi<br />
per predire lo stato del SA; viene inoltre suggerito<br />
che il profilo delle chemochine espresse dalle cellule neoplastiche<br />
possa essere utilizzato come indicatore della sede potenziale<br />
di metastasi.<br />
Breast presentation of follicular lymphoma<br />
F. Fiorentino, R. Laise, A. De Chiara, R. Franco, R. Di<br />
Francia * , P. Della Cioppa * , G. Botti<br />
Anatomia Patologica; * Ematologia Istituto dei Tumori<br />
“Giovanni Pascale”, Napoli<br />
Introduction<br />
Systemic follicular lymphomas affect extranodal sites in only<br />
10% of cases. Rarely extranodal presentation is the first<br />
sign of a systemic follicular lymphoma 1 .<br />
We report the case of 83 years old woman undergone to<br />
breast biopsy for a mammografic nodular lesion. A diagnosis<br />
of intraductal papyllary carcinoma of left breast was done,<br />
but a sparse and irregular lymphoid follicular prolypheration,<br />
of little lymphoid cells without clearly mantle zone 2 .<br />
Materials and metods<br />
Immunohistochemistry for characterization of lymphoid prolifereation<br />
was performed. Moreover we extracted the DNA<br />
with molecular biology PCR analysis was performed in order<br />
to detect eventual t(14;18).<br />
Results<br />
Lymphoid nodules resulted positive essentially to<br />
CD20,CD10, bcl6 and bcl2. PCR analysis showed t(14; 18).<br />
We interpreted sparse lymphoid nodules as expression of systemic<br />
follicular lymphoma. In fact the patient showed lomboaortic<br />
lymphoadenomegaly and cutaneous frontal lesion<br />
with histologic, immunophenotipic and molecular feature of<br />
a follicular lymphoma 2 .<br />
Discussion<br />
Lymphoid proliferation of extranodal sites could be expression<br />
of a systemic lymphoma. Immunohistochemical feature<br />
and molecular status must be used to interpret the neoplastic<br />
nature of these lesions and suggest an accurate clinical exam<br />
to identify a disseminated lymphoma.<br />
References<br />
1<br />
Franco R, et al. Mod Pathol 2001;14:913-9.<br />
2<br />
Bobrow LG, et al. Hum Pathol 1993;24:274-8.<br />
Carcinoma cistico ipersecretorio della<br />
mammella: una entità poco conosciuta.<br />
Descrizione di un caso e diagnosi<br />
differenziale<br />
E. Kuhn, L. Runza, S. Carinelli<br />
U.O. Anatomia Patologica, Ospedale Maggiore Policlinico,<br />
“Mangiagalli - Regina Elena”, Milano, Italia<br />
Introduzione<br />
Il carcinoma cistico ipersecretorio della mammella (CCI) è<br />
una rara e controversa variante di carcinoma duttale in situ<br />
(CDIS) descritta da Rosen nel 1984, con non più di 40 casi<br />
descritti. Presentiamo 1 caso che ha posto il problema della<br />
diagnosi differenziale delle lesioni ipersecretorie e ne discutiamo<br />
il significato biologico.<br />
Metodi<br />
Caso clinico<br />
Donna di 37 anni con massa palpabile della mammella destra.<br />
La paziente aveva partorito l’anno precedente. Non era<br />
in allattamento né in terapia ormonale. A seguito di una core<br />
biopsy è stata sottoposta 1 mese dopo a mastectomia semplice<br />
con biopsia del linfonodo sentinella. La paziente è libera<br />
da malattia dopo 1 anno.<br />
Risultati<br />
La biopsia mostrava strutture cistiche di dimensioni variabili<br />
contenenti secrezione eosinofila simil-colloidea. L’epitelio di<br />
rivestimento variava da piatto a cilindrico pseudostratificato<br />
con focali micropapille intraluminali. I nuclei erano ampi,<br />
vescicolosi o ipercromatici, con rari nucleoli. L’attività mitotica<br />
era minima e la necrosi assente.<br />
Il pezzo operatorio presentava un’area multicistica, biancastra,<br />
a margini mal definiti di 3,2 cm. Le cisti a contenuto<br />
giallo-roseo, misuravano fra 0,1 e 0,7 cm. Microscopicamente<br />
l’aspetto era analogo alla biopsia. Le immunocolorazioni<br />
per recettori estrogenici e progestinici hanno mostrato una<br />
positività del 5% e 10% rispettivamente, mentre è risultato<br />
negativo per l’Her2Neu. Il linfonodo sentinella era negativo.<br />
Conclusioni<br />
Il CCI è un’entità di dubbia interpretazione 1 , riconosciuta da<br />
alcuni come una variante di CDIS a basso grado 2 ma non inclusa<br />
nella classificazione WHO. A favore del simulatore di<br />
CDIS sono il decorso indolente, l’associazione con lesioni<br />
ipersecretorie benigne, e la discrepanza morfologica fra CCI<br />
e la componente invasiva, ad alto grado, quando presente.<br />
Tuttavia, la consistente presenza di atipia e micropapille, e<br />
l’associazione con carcinoma invasivo riscontrata nel 15-<br />
20% dei casi, favoriscono una natura preinvasiva.<br />
La conoscenza del CCI consente di distinguerlo dall’iperplasia<br />
pregnancy-like e l’iperplasia cistica ipersecretoria, uno<br />
spettro di lesioni benigne correlate e spesso associate, e dal<br />
carcinoma secretorio (Tab. I).<br />
Ringraziamenti<br />
Gli autori ringraziano il Prof. Rosai per aver confermato la<br />
diagnosi.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Jensen, et al. Arch Pathol Lab Med 1988;112:1179.<br />
2<br />
Rosen, et al. Atlas of Tumor Pathology, Tumors of Mammary Gland.<br />
AFIP 1993:226-31.
PATOLOGIA DELLA MAMMELLA<br />
229<br />
Tab. I. Diagnosi differenziale fra IPL, lesioni ipersecretorie e carcinoma secretorio.<br />
Caratteristiche IPL ICI ICIA CCI CS<br />
Età (media) 38-52 (45) 38-62 (52) Analoga a ICI 34-79 (56) 9-69 (25)<br />
Architettura Lobuli cistici Cisti duttali Cisti duttali Cisti duttali Microcistico e<br />
cribriforme<br />
Secreto Scarso Eosinofilo Eosinofilo Eosinofilo Abbondante,<br />
intraluminale<br />
pallido o amfofilo<br />
Epitelio cistico Singolo o doppio, Singolo, piatto Pseudostratificato Focolai di Papillare e<br />
talvolta o cubico CDIS a crescita cribriforme<br />
micropapillare<br />
micropapillare<br />
Nuclei Piccoli e scuri Vescicolosi Ipercromatici, Grandi, Piccoli e rotondi<br />
rari nucleoli<br />
ipercromatici,<br />
affollati. Nucleoli<br />
Citoplasma Abbondante, Eosinofilo Eosinofilo Scarso, senza Abbondante,<br />
chiaro. Granulare secreto amfofilo<br />
o vacuolizzato<br />
Bordi Vacuolati Lineari Lineari e Irregolari, Vacuolati<br />
citoplasmatici frastagliati frastagliati,<br />
vacuoli apicali<br />
IPL: iperplasia pregnancy-like. ICI: iperplasia cistica ipersecretoria. ICIA: iperplasia cistica ipersecretoria con atipia. CCI: carcinoma cistico ipersecretorio.<br />
CS: carcinoma secretorio.<br />
Immunolocalizzazione di p73∆N in una<br />
casistica di lesioni mammarie<br />
A. Labate, E. Mazzon * , F. Albiero, R. Cicciarello, G. Costa,<br />
M.E. Gagliardi, V. Cavallari<br />
Dipartimento di Patologia Umana; * Dipartimento Clinico<br />
Sperimentale di Medicina e Farmacologia, Sezione di Farmacologia;<br />
Policlinico Universitario, Università di Messina<br />
Introduzione<br />
Dall’analisi di diversi studi è stata riportata la possibilità che<br />
l’overespressione di p73∆N eserciti funzioni oncogeniche<br />
contribuendo alla genesi tumorale attraverso attività inibente<br />
le funzioni della p53 e della p73. cooperando con l’oncogene<br />
cMyc, E1A e con l’oncogene RAS.<br />
Materiali e metodi<br />
Le lesioni sono state studiate in microscopia ottica, microscopia<br />
elettronica a trasmissione, citometria a flusso, a pannel<br />
immunoistochimico per recettori ormonali ed a immunolocalizzazione<br />
dell’oncogene p73∆N Scopo è stato quello di<br />
valutare l’espressione più o meno aumentata dell’oncosoppressore,<br />
oncogene p73∆N in lesioni benigne, borderline e<br />
maligne.<br />
Risultati<br />
Nelle lesioni maligne l’espressione di p73∆N è stata correlata<br />
con il grado e tipo istologico, l’over espressione di HerB2,<br />
lo stato recettoriale per estrogeni e progesterone, la ploidia e<br />
l’SPF in citometria a flusso nonché la presenza o meno di basal<br />
lamina in MET. Tutte le lesioni maligne selezionte presentavano<br />
grading nucleare 3, nei carcinomi duttali infiltranti<br />
le lesioni analizzate esprimevano 24/40 contenuto di DNA<br />
iperploide e 16 un contenuto diploide. L’SPF presentava valori<br />
compresi tra 1,4% e 54% con una mediana di 11,45%.<br />
Nei carcinomi lobulari infiltranti l’iperploidia è stata riscontrata<br />
in 3/10 casi, 7 presentavano contenuto di DNA diploide.<br />
L’SPF presentava, valori tra 3,1% e 26,8% con una mediana<br />
di 14,25%. Le membrane basali erano costantemente assenti;<br />
il 30% delle lesioni presentava stato recettoriale negativo con<br />
over espressione di C-erb-2. Immunolocalizzazione di<br />
p73∆N: nessuna significativa espressione è stata osservata<br />
nelle lesioni benigne. Nelle lesioni borderline quali l’iperplasia<br />
duttale atipica è stata osservata una media positività in accordo<br />
con l’elevata potenzialità maligna delle lesioni. Un’intensa<br />
positività è stata osservata nelle lesioni maligne in relazione<br />
con altri parametri di aggressività quali il DNA iperploide<br />
con SFF elevata (valori normali circa 7%). In particolare<br />
una più intensa positività è stata osservata nelle lesioni<br />
maligne lobulari. Questi dati potrebbero accordarsi con quelli<br />
già descritti in letteratura e pertanto potremmo definire<br />
p73∆N più un oncogene che oncosoppressore, ma studi su<br />
casistiche più ampie potrebbero dare un contributo più significativo<br />
al dilemma oncogenetico del p73∆N.<br />
Bibliografia<br />
Oleksi Petrenko, et al. Molecular Cell Biol 2003;23:5540-55.<br />
Lesioni mammarie ad incerto potenziale di<br />
malignità: vero falso positivo di screening?<br />
Analisi istopatologica di 75 casi osservati<br />
presso lo screening mammografico di Verona<br />
E. Manfrin, R. Mariotto * , G.P. Pollini ** , F. Pellini ** , A.<br />
Remo, D. Reghellin, D. Dalfior, A. Eccher, F. Bonetti<br />
Istituto di Anatomia Patologica, Università di Verona; * Centro<br />
di Screening Mammografico, ULSS 20 di Verona; ** Dipartimento<br />
di Scienze Chirurgiche, Università di Verona<br />
Introduzione<br />
La biopsia chirurgica rappresenta l’indagine diagnostica di<br />
riferimento, i.e. “gold standard”, alla quale si ricorre per la<br />
conferma di un sospetto cito-radiologico formulato durante<br />
un esame di screening mammografico. Un elevato valore pre-
230<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
dittivo positivo per la biopsia chirurgica (PPV), corrispondente<br />
ad un basso rapporto biopsia benigna/biopsia maligna,<br />
rappresenta uno dei parametri qualitativi più importanti di un<br />
centro di screening. Una biopsia negativa per neoplasia, pur<br />
sottendendo da un punto di vista epidemiologico un falso positivo<br />
di screening, può rappresentare dal punto di vista strettamente<br />
patologico una lesione proliferativa ad incerto rischio<br />
evolutivo verso la malignità e pertanto meritevole di<br />
asportazione.<br />
Metodi<br />
L’organizzazione del CPSMV prevede la presenza di una sede<br />
e staff medico-tecnico-amministrativo dedicato allo screening;<br />
il personale medico composto da radiologi ed anatomopatologi<br />
esegue in tempo reale gli approfondimenti diagnostici<br />
di secondo livello (ecografia, citologia, microistologia)<br />
e dà l’indicazione alla biopsia chirurgica. Abbiamo analizzato<br />
le biopsie chirurgiche negative per neoplasia eseguite in<br />
conseguenza ad un sospetto cito-radiologico formulato presso<br />
il centro programma di screening mammografico di Marzana,<br />
Verona (CPSMV), e classificare il tipo di lesione proliferativa<br />
rilevata.<br />
Risultati<br />
Nei primi 5 anni di attività (1999-2004) presso il CPSMV sono<br />
state esaminate 55.000 donne di età compresa tra i 50-69 anni.<br />
I casi inviati a chirurgia sono stati 511; 424 casi (83%) malignità,<br />
87 casi (17%) non-malignità. Il rapporto benignità/malignità<br />
è 0,2. Le biopsie “non-malignità” hanno rilevato all’esame<br />
istologico nell’86% (75 casi) lesioni a rischio e nel 24%<br />
(12 casi) lesioni benigne. Le lesioni a rischio alto, i.e. iperplasia<br />
atipica, sono 31% (23 casi); le lesioni a rischio incerto 69%<br />
(52 casi) (10 radial scars, 19 proliferazioni papillari, 1 mucocele-like<br />
lesion, 21 adenosi complex, 1 tumore fillode).<br />
Conclusioni<br />
Le lesioni ad incerto potenziale di malignità contribuiscono a<br />
formare quel 10% circa di lesioni mammarie che necessitano<br />
di asportazione chirurgica per una corretta classificazione 1 .<br />
In esse sono presenti processi proliferativi con accertato rischio<br />
per lo sviluppo di neoplasia e il loro riconoscimento all’interno<br />
di uno screening dovrebbe ricadere tra i parametri di<br />
qualità.<br />
(Supported by Fondazione Cassa Risparmio VR-VI-BL-AN.<br />
Bando 2004. Progetto Cr. Mammella).<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Linee guida europee per la qualità in anatomia patologica nello screening<br />
mammografico, 2004.<br />
Carcinoma infiammatorio della mammella<br />
maschile. Descrizione di un caso<br />
E. Manfrin, A. Remo, G.P. Pollini * , F. Pellini * , D. Reghellin,<br />
D. Dalfior, A. Eccher, F. Bonetti, F. Menestrina<br />
Istituto di Anatomia Patologica, Università di Verona; * Dipartimento<br />
di Scienze Chirurgiche, Università di Verona<br />
Introduzione<br />
Il carcinoma infiammatorio è una forma molto aggressiva di<br />
carcinoma mammario che rappresenta tra l’1% e il 6% di tutti<br />
i casi di cancro mammario 1 . Tale lesione tra la popolazione<br />
maschile è rarissima rappresentando circa lo 0,5% dei cancri<br />
mammari maschili. A differenza della forma femminile<br />
che si manifesta in donne più giovani rispetto all’età media<br />
del carcinoma mammario, nella forma maschile si manifesta<br />
in pazienti sensibilmente più anziani 2 .<br />
Metodi<br />
Il paziente è un uomo di 86 anni che da circa un anno riferiva<br />
un dolore ciclico al capezzolo di destra. Nel 2004, viene sottoposto<br />
ad esame polifasico dove la clinica e la mammografia<br />
non riportano alterazioni significative. Nel 2005 in seguito a<br />
un nuovo episodio di dolore viene sottoposto ad esame clinostrumetale<br />
che mostra un’area eritematosa e una spiccata dolorabilità<br />
alla digitopressione del capezzolo ed ecograficamente<br />
una area edematosa con un aspetto spiculato del parenchima<br />
stromale retroareolare ed aumento di volume di alcuni linfonodi<br />
in cavo ascellare. L’esame citologico non viene eseguito<br />
a causa della dolorabilità della mammella. Si esegue una risonanza<br />
magnetica che evidenzia una lesione di 9 mm con fase<br />
contrastografica sospetta per carcinoma. Si decide per una biopsia<br />
chirurgica con esame estemporaneo della lesione che conferma<br />
la presenza di un carcinoma infiltrante. La mastectomia<br />
successiva riporta un carcinoma duttale infiltrante del diametro<br />
di cm 0,8 moderatamente differenziato con una spiccata angioinvasività<br />
anche dei linfatici subdermici (carcinomatosi<br />
dermica linfatica) e metastasi in cinque dei sette linfonodi<br />
ascellari. All’esame imunoistochimico la neoplasia mostra un<br />
basso indice replicativi con espressione dei recettori ormonali<br />
e iperespressione dell’HER2-neu (Hercep Test). Il paziente<br />
viene sottoposto a radio-chemioterapia.<br />
Risultati<br />
Il caso che riportiamo è uno dei pochi casi descritti in letteratura<br />
di carcinoma infiammatorio della mammella maschile<br />
e conferma l’età tardiva di insorgenza di tale malattia. Questa<br />
esperienza evidenzia l’importanza della risonanza magnetica<br />
come esame diagnostico in tale forma neoplastica e ne<br />
consiglia l’utilizzo. La negatività mammografica ed ecografica,<br />
in questa forma di carcinoma mammario possono determinare<br />
un ritardo diagnostico, che in questo caso è stato di<br />
molti mesi.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Chang S, Parker S, Pham T, Budzar A, Hursting SD. SEER 1975-1992<br />
Inflammatory breast carcinoma. Incidence and Survival. Cancer<br />
1998;82:2366-72.<br />
2<br />
Stalsberg H, Thomas DB. Age of distribution of histologic types of<br />
breast carcinoma. Int J Cancer 1993;54:1-7.<br />
Caratteristiche patologiche del cancro della<br />
mammella in Sudan: paragone con una<br />
ampia casistica italiana<br />
A. Marchetti * ** , D. Campani *** , M. Barbareschi **** , F.<br />
Buttitta * ** , L. Brancone * , A. Mohamadani ***** , K. Dafaallah<br />
Awadelkarim ***** , G. Aceto ** , S. Veschi ** , A. Cama ** ,<br />
P. Battista ** , E. Elgaili ***** , A. Balal ***** , F. Cuccurullo ** ,<br />
M. Di Gioacchino ** , N. Eldin Elwali ***** , R. Mariani-Costantini<br />
**<br />
*<br />
Dipartimento di Oncologia e Neuroscienze, Università di<br />
Chieti; ** Aging Research Center (CeSI), “G. d’Annunzio”<br />
University Foundation, Chieti; *** Dipartimento di Oncologia<br />
dei Trapianti e delle Nuove Tecnologie in Medicina; ****<br />
Unità di Anatomia Patologica, Ospedale di Trento, Italy; *****<br />
Università di Gezira, Wad Medani, Sudan<br />
Ben poco è noto delle caratteristiche clinico-patologiche del<br />
cancro della mammella nell’Africa sub-Sahariana. Da studi<br />
epidemiologici condotti su serie di tumori raccolti in ospedali<br />
sudanesi emerge che il carcinoma mammario rappresenta<br />
la forme neoplastica più frequente.
PATOLOGIA DELLA MAMMELLA<br />
231<br />
Abbiamo esaminato una serie di 83 carcinomi mammari fissati<br />
ed inclusi, raccolti presso il Department of Pathology,<br />
Faculty of Medicine, University of Gezira, Wad Medani,<br />
Central Sudan nel corso degli anni 2001-2002. I campioni sono<br />
stati sottoposti ad accurato rivalutazione istopatologica e<br />
ad allestimento di microarray tissutali sui qual sono state<br />
condotte reazioni immunoistochimiche per lo studio dell’espressione<br />
di ER, PR e p53. I dati sono stati comparati con<br />
quelli ottenuti su una serie consecutiva di 780 carcinomi<br />
mammari raccolti in una singola sede italiana (Dipartimento<br />
di Oncologia dei Trapianti e delle Nuove Tecnologie in Medicina).<br />
I carcinomi midollari risultavano significamene più frequenti<br />
nella serie sudanese rispetto a quella italiana (10/83, 12%<br />
vs. 20/780, 3%, P < 0,0001), mentre le frequenze degli altri<br />
principali istotipi (ductale, lobulare, papillare and mucinoso)<br />
erano comparabili nelle due serie. I tumori mammari del Sudan<br />
erano più frequentemente negativi per l’espressione di<br />
ER e PR (P < 0,0001) e positivi per l’espressione di p53, anche<br />
se quest’ultimo dato risultava statisticamente non significativo.<br />
Inoltre la frequenza dei carcinomi mammari maschili<br />
risultava più elevata nella casistica africana (P < 0,01).<br />
L’elevata incidenza di carcinomi midollari nella serie sudanese,<br />
non riportata in letteratura per le pazienti afro-americane,<br />
suggerisce che particolari fattori genetico-ambientali possano<br />
essere implicati nell’etiopatogenesi del carcinoma<br />
mammario in Sudan. Questa ipotesi è supportata anche dalla<br />
più alta incidenza di carcinomi della mammella maschili. La<br />
bassa espressione dei recettori per estrogeni e progesterone e<br />
la più alta frequenza di espressione di p53 nella serie africana<br />
può essere ascritta alla più elevata aggressività dei tumori<br />
mammari insorti nelle donne africane e afro-americane, ma<br />
potrebbe anche riflettere uno stato più avanzato di malattia<br />
neoplastica conseguente a una diagnosi tardiva.<br />
Studio finanziato da MIUR-COFIN, Università-Fondazione<br />
“G. d’Annunzio” e da INMO, Wad-Medani City, Sudan.<br />
Carcinoma mammario e mesotelioma<br />
maligno della pleura: un’associazione<br />
casuale?<br />
C. Rizzardi, M. Schneider, D. Camilot, V. Nicolin * , M.<br />
Melato<br />
UCO di Anatomia Patologica, Università di Trieste, Trieste,<br />
Italia; * Dipartimento di Morfologia Umana, Università di<br />
Trieste, Trieste, Italia<br />
Il problema della molteplicità neoplastica nei pazienti affetti<br />
da mesotelioma è ben documentato. In quest’ambito, dall’analisi<br />
della letteratura emerge l’esistenza di un rapporto tra<br />
carcinoma della mammella e mesotelioma della pleura, ulteriormente<br />
comprovato dalla casistica presentata, proveniente<br />
dagli archivi dell’Unità Operativa di Anatomia ed Istologia<br />
Patologica dell’Ospedale di Monfalcone, città nota per l’attività<br />
cantieristica e per gli elevati tassi di incidenza di mesotelioma<br />
maligno.<br />
La casistica è costituita da cinque donne, quattro decedute<br />
(età media 63,25 anni, range 42-80) ed una vivente (85 anni),<br />
la cui storia clinica è caratterizzata dall’associazione di un<br />
carcinoma della mammella con un mesotelioma della pleura;<br />
due di queste pazienti, inoltre, sono state colpite da una terza<br />
neoplasia, rispettivamente un carcinoma della vulva ed un<br />
carcinoma uroteliale della vescica.<br />
Tre di queste donne presentavano un’anamnesi positiva per<br />
esposizione all’asbesto confermata, al momento del riscontro<br />
diagnostico, dalla presenza di corpi dell’asbesto nel tessuto<br />
polmonare in quantità significativa.<br />
Dal punto di vista istologico, i mesoteliomi erano di tipo epitelioide<br />
in due casi, bifasico in tre casi; le neoplasie mammarie<br />
erano tutte rappresentate da carcinomi duttali infiltranti,<br />
in un caso con aspetti associati di carcinoma tubulare.<br />
I possibili meccanismi alla base dell’associazione tra carcinoma<br />
della mammella e mesotelioma pleurico sono:<br />
1)un fattore genetico predisponente comune, ipotesi avvalorata<br />
dalla presenza di una terza neoplasia in due delle cinque<br />
pazienti; una metilazione anomala dei geni p57KIP2,<br />
HIN-1 e dei decoy receptor di TRAIL ed una iporegolazione<br />
di sFRPs sono state descritte sia nel carcinoma mammario<br />
che nel mesotelioma;<br />
2)un fattore virale oncogeno, ad esempio SV40, in grado di<br />
agire sia sulla mammella che sulla pleura;<br />
3)un’azione oncogena diretta dell’amianto anche sulla mammella;<br />
4)un ruolo eziologico della terapia del carcinoma mammario<br />
nell’insorgenza del mesotelioma.<br />
L’associazione tra radioterapia per carcinoma mammario e<br />
mesotelioma pleurico è ben documentata in letteratura ed avvalorata<br />
dalla nostra casistica: ben tre delle pazienti erano<br />
state sottoposte a terapia radiante e, in due di queste, la sede<br />
del mesotelioma corrispondeva a quella del pregresso carcinoma<br />
mammario. Dalla letteratura emerge che anche la chemioterapia<br />
può entrare in gioco, forse sulla base di una predisposizione<br />
genetica.<br />
Valutazione istopatologica del linfonodo<br />
sentinella: analisi dei risultati in oltre due<br />
anni di esperienza<br />
F. Saro, C. Di Loreto, C.A. Beltrami, M. Pandolfi<br />
Istituto di Anatomia Patologica, Policlinico Universitario a<br />
Gestione Diretta, Udine<br />
Introduzione<br />
Nell’epoca in cui la patologia d’organo viene trattata sempre<br />
più di frequente con un approccio multidisciplinare, al fine di<br />
ottenere la massima radicalità con la minore distruttività, il<br />
trattamento conservativo delle neoplasie vede impegnata<br />
sempre maggiore forza intellettuale e tecnologica. In questo<br />
ambito rientra la procedura clinico-patologica della valutazione<br />
del linfonodo sentinella, che permette di ridurre la morbilità<br />
post-intervento e di migliorare la qualità di vita dei pazienti<br />
che vi vengono sottoposti.<br />
Tuttavia non c’è accordo per quanto riguarda il trattamento<br />
istopatologico del linfonodo sentinella nel carcinoma mammario,<br />
soprattutto per quanto riguarda il numero delle sezioni<br />
da esaminare, l’uso routinario di tecniche ancillari e, tra<br />
queste, quale sia la scelta elettiva tra immunoistochimica e<br />
biologia molecolare.<br />
Metodi<br />
Noi riportiamo la casistica dell’Anatomia Patologica del Policlinico<br />
Universitario di Udine, riferendoci ad un intervallo<br />
temporale che va dal 1/1/2003 al 31/5/2005, documentando i<br />
dati statistici preliminari relativi ai linfonodi sentinella, prelevati<br />
nella stessa seduta operatoria, in pazienti sottoposte a<br />
quadrantectomia mammaria per carcinoma. I linfonodi sono<br />
stati valutati in parte in esame estemporaneo, dopo congela-
232<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
zione in azoto liquido e sezionati al criostato, ed in parte dopo<br />
fissazione in formalina ed inclusione in paraffina, con<br />
l’applicazione routinaria dell’immunoistochimica con anticorpi<br />
anti-citocheratine (MNF 116, EPOS Dako).<br />
Risultati<br />
In totale sono stati effettuati 166 esami, di cui 83 in intraoperatoria<br />
e 83 dopo fissazione in formalina ed inclusione in<br />
paraffina, con un totale di 331 linfonodi esaminati.<br />
I linfonodi erano un minimo di 1 e un massimo di 7, per i<br />
linfonodi esaminati in esame estemporaneo, e un minimo di 1<br />
e un massimo di 13 per quelli fissati ed inclusi in paraffina,<br />
con una media di 1,9 nel primo e di 2 nel secondo gruppo. Nei<br />
76 casi di carcinoma infiltrante (stadio pT1 e pT2) sottoposti<br />
ad esame estemporaneo del linfonodo sentinella, le metastasi<br />
rilevate sono state in totale 16 (21%), in complessivi 19 linfonodi<br />
metastatici; di queste 7 erano micrometastasi (9,2%). Nel<br />
secondo gruppo descritto abbiamo riscontrato 22 casi di metastasi<br />
su 75 casi di carcinoma infiltrante (stadio pT1 e pT2),<br />
(29,3%), di cui 8 micrometastasi (10,7%), con 32 linfonodi<br />
metastatici nel complesso. Segnaliamo inoltre il riscontro di 4<br />
casi con cellule neoplastiche isolate nei seni linfonodali (ITC<br />
i +) negli esami fissati e inclusi in paraffina (4,8%).<br />
Conclusioni<br />
I nostri dati si dimostrano in linea con quelli presenti in letteratura,<br />
che riguardano casistiche in cui si esegue una procedura<br />
di esame estensivo del linfonodo sentinella, con l’allestimento<br />
di numerose sezioni istologiche e l’ausilio delle<br />
indagini di immunoistochimica.<br />
Mammary neuroendocrine carcinoma (socalled<br />
carcinoid tumor). A two cases report<br />
N. Scibetta, L. Marasà<br />
Servizio di Anatomia Patologica; ARNAS Civico “Di Cristina”,<br />
Ascoli; Palermo<br />
Introduction<br />
Mammary neuroendocrine carcinoma is a rare neoplasm with<br />
a poor prognosis compared with other invasive carcinomas.<br />
It is part of a group of neoplasm with morphologic, immunohistochemical<br />
and histochemical features (argyrophilia) identical<br />
to those of neuroendocrine tumours both of the gastroenteric<br />
tract and of the lung. This group must be differentiated<br />
from those mammary carcinomas, that apart from a peculiar<br />
morphology, show histochemical and immunohistochemical<br />
endocrine features. Such a definition can be seldom<br />
observed in the breast. Until alone 90 cases have been reported<br />
in the literature. Here we report two cases of mammary<br />
“carcinoid tumour” in women of 54 and 69 years old, with<br />
metastasis in the homolateral axillary glands, without correlated<br />
endocrine symptomatology.<br />
Methods<br />
Both patients has been subjected to quadrantectomy with homolateral<br />
axillary limpho-adenectomy. The specimens sent,<br />
were buffered 4% formalin fixed and paraplast-plus embedded.<br />
Sections have been prepared for H&E, alkaline alcian<br />
blue, PAS, grimelius. Immunohistochemical analisys was<br />
perfomed with antibodies against CK, chromogranin A, NSE,<br />
synapthophisyn, ER, PR, TTF1, vimentin, S100, CEA, E-<br />
cadherin.<br />
Results<br />
Macroscopically both the neoplasm were firm, circumscribed,<br />
with maximum diameter of 3 cm. Microscopically<br />
the tumor cells were mean sized, arranged in solid nest, separated<br />
by fibrous tissue, with rosette-like formations. The tumor<br />
cells were argyrophilic but not argentaffin, positive for<br />
NSE, chromogranin A, synapthophisyn, CK, ER, PR, negative<br />
for E-cadherin, CD10, TTF1. The immunohistological<br />
findings have excluded the lobular carcinoma and a metastasis<br />
to the breast of a carcinoid tumor located elsewhere.<br />
Conclusions<br />
Several theories have been formulated about the origin of<br />
mammary neuroendocrine carcinoma. It may arise from primitive<br />
epithelial cells, with the capacity to differentiate focally<br />
or extensively towards an endocrine line, or may arise from<br />
APUD cells, placed within the mammary parenchyma. Our<br />
case report otherwise resemble ordinary ductal-type carcinoma,<br />
for the positivity for estrogen and progesteron receptors,<br />
the presence of an in situ component, and the absence of histochemical<br />
feature (argentaffinity) similar to those carcinoid<br />
tumors of midgut derivation. Therefore we think that mammary<br />
“carcinoid tumor” is the example of carcinoma arising from<br />
primitive epithelial cells, with the capacity to differentiate towards<br />
an endocrine line, as described in other organs.<br />
Ruolo della COX2 nello switch angiogenico e<br />
nella metastatizzazione tumorale indotti dal<br />
gene HER2<br />
C. Sulpizio, M. Mariotti, T. Pannellini, P. Ascione, M.<br />
Baldacci, R. Spizzo, L. Borgia, M. Iezzi, M. Liberatore<br />
Dipartimento di Oncologia e Neuroscienze, Università di<br />
Chieti; Aging Research Center, CeSI, “G. d’Annunzio” University<br />
Foundation, Chieti<br />
Introduzione<br />
L’amplificazione del gene HER2 si ritrova in circa il 30% dei<br />
carcinomi mammari umani e si associa a prognosi sfavorevole.<br />
I carcinomi mammari, che risultano negativi per i recettori<br />
degli estrogeni e mostrano amplificazione dell’HER2,<br />
tendono ad esprimere alti livelli di ciclo-ossigenasi (COX)2.<br />
La COX2 catalizza reazioni chimiche che risultano essere<br />
uno step limitante nella formazione dei prostanoidi a partire<br />
dall’acido arachidonico. Studi sempre più numerosi suggeriscono<br />
che la COX2 giochi un ruolo importante nella tumorigenesi<br />
mammaria mediata dall’HER2.<br />
Metodi<br />
Il ruolo della COX2 è stato valutato durante lo sviluppo tumorale<br />
nei topi BALB-neuT, transgenici per la forma attivata<br />
dell’oncogene HER2/neu di ratto che costituiscono un valido<br />
modello di carcinogenesi mammaria. I carcinomi che si<br />
sviluppano in tali topi hanno una crescita estremamente aggressiva<br />
dipendente dall’espressione di HER2 e risultano negativi<br />
per i recettori degli estrogeni.<br />
Risultati<br />
A 4 settimane di vita i topi mostrano nell’epitelio mammario<br />
un’iperplasia atipica diffusa e proliferante. Le cellule epiteliali<br />
esprimono HER2, COX2, mPGES (Microsomal Prostaglandin<br />
E Synthase) 1, VEGF, MMP2 (Metalloproteinase 2)<br />
e PTEN2 (Phosphatidylinositol phospholipid phosphatase 2).<br />
Questa fase precoce della crescita tumorale si associa con un<br />
aumento nello sviluppo della rete vascolare e con la comparsa<br />
di cellule epiteliali che superano la membrana basale dei<br />
dotti ed infiltrano lo stroma. Nei carcinomi in fase avanzata<br />
(verso la 27 a settimana di vita) l’espressione dell’HER2 e della<br />
mPGES1 appare confinata alle zone periferiche suggerendo<br />
che la trascrizione dei due geni possa essere influenzata da<br />
inter-relazioni epitelio-stromali.
PATOLOGIA DELLA MAMMELLA<br />
233<br />
Conclusioni<br />
Tali osservazioni suggeriscono che nei tumori HER-2 positivi,<br />
overesprimenti COX2, la PGE2 induca la produzione di<br />
VEGF e di MMP, richiesta per i processi di neoangiogenesi e<br />
di invasione-disseminazione, e che un eventuale blocco della<br />
COX2 possa inibire la progressione e la metastatizzazione tumorale<br />
contrastando lo switch angiogenico ed il potenziale<br />
invasivo delle cellule tumorali.<br />
COX-2 expression in ductal and lobular intraepithelial<br />
neoplasia of the breast<br />
M. Zagami, G. Perrone, A. Bianchi, D. Santini * , B. Vincenzi<br />
* , V. Altomare ** , G. Tonini * , C. Rabitti<br />
Anatomia Patologica, * Oncologia Medica, ** Unità di Senologia,<br />
Università Campus Bio-Medico, Roma<br />
Background<br />
Cyclooxigenase-2 (COX-2) is an inducible enzyme that converts<br />
arachidonic acid to prostaglandins. COX-2 expression is<br />
sufficient to induce mammary tumorigenesis in transgenic mice<br />
and selective COX-2 inhibitors are both chemopreventive and<br />
chemotherapeutic in rat models of breast cancer 1 . There is accumulating<br />
evidence suggesting the role of COX-2 in breast tumour<br />
development and progression. Genetic and pharmacological<br />
studies indicate that COX-2 induction represents an early<br />
step in breast tumorigenesis. An our recent study has demonstrated<br />
a high COX-2 expression in ductal intra-epithelial neoplasia<br />
in contrast to invasive ductal breast cancer 2 . The aim of<br />
the current study was to assess, by immunohistochemical<br />
method, COX-2 expression in lobular intra-epithelial neoplasia<br />
(LIN) to verify any significant difference of expression with<br />
ductal intra-epithelial neoplasia (DIN).<br />
Methods<br />
We analyzed the expression of COX-2 protein by immunohistochemistry<br />
in tissue samples of 52 archival cases of breast intra-epithelial<br />
neoplasia, of which 25 DIN and 27 LIN. The antibody<br />
used was a mouse monoclonal antibody against COX-2<br />
protein (clone CX-294 Dako) at a 1:50 diluition. For the evaluation<br />
of COX-2 expression, we utilized an immunohistochemical<br />
score calculated combining an estimate of percentage and<br />
staining intensity of immunoreactive cells, both for membrane<br />
and citoplasmatic immunostaining.<br />
Results<br />
Cox-2 expression was found in 42 lesions (80.8%). Only 10 lesions<br />
(19.2%) resulted negative. A significant different localization<br />
of COX-2 immunoreactivity was observed between<br />
DIN and LIN. DIN demonstrated a prevalent COX-2 citoplasmatic<br />
staining (DIN 72% vs. LIN 37%; P = 0.011), on the contrary<br />
LIN demonstrated a prevalent membrane pattern (LIN<br />
78% vs. DIN 56%; P = 0.003). Furthermore, if COX-2 expression<br />
was distinguished in high and low, COX-2 was found to be<br />
more expressed in LIN (15/27, 55.6%) than in DIN (7/25, 28%)<br />
and this difference resulted statistically significant (P = 0.047).<br />
Conclusions<br />
Our results show that COX-2 is highly expressed in breast intra-epithelial<br />
neoplasia, as confirming the crucial role of COX-<br />
2 in the early steps of carcinogenesis. Furthermore we found a<br />
different pattern of localization of COX-2 immunostaining.<br />
This findings suggests a possible different activity of the enzyme<br />
on the basis of its localization. However, several studies<br />
in vitro and in vivo are needed to investigate the real significance<br />
of our data.<br />
References<br />
1<br />
Ristimaki A, et al. Cancer Res 2002;62:632-5.<br />
2<br />
Perrone G, et al. Histopathology 2005;46:561-8.<br />
Evaluation of COX-2 expression in lobular<br />
intraepithelial neoplasia<br />
M. Zagami, G. Perrone, A. Bianchi, D. Santini * , B. Vincenzi<br />
* , V. Altomare ** , G. Tonini * , C. Rabitti<br />
Anatomia Patologica, * Oncologia Medica, ** Unità di Senologia,<br />
Università Campus Bio-Medico, Roma<br />
Background<br />
Breast cancer is the most common cancer in women and is second<br />
only to lung cancer as a cause of cancer-related mortality.<br />
Epidemiological studies suggest that regular intake of NSAIDs<br />
may protect against breast cancer. There is considerable evidence<br />
that links COX-2 to the development of cancer. Overexpression<br />
of the COX-2 gene in mammary glands of transgenic<br />
mice has been found to be sufficient to induce tumorigenesis.<br />
Several studies have investigated COX-2 expression in breast<br />
invasive cancer and in ductal carcinoma in situ, but none has<br />
evaluated the protein expression in lobular intra-epithelial neoplasia.<br />
The aim of our study was to assess, by immunohistochemical<br />
method, COX-2 expression in lobular intra-epithelial<br />
neoplasia and verify any significative difference of expression<br />
among the three different grade of lobular intra-epithelial neoplasia<br />
(LIN) according to Tavassoli classification 1 .<br />
Methods<br />
We analyzed the expression of COX-2 protein by immunohistochemistry<br />
in tissue samples of 27 LIN, of which 7 were<br />
classified as LIN1, 15 LIN2 and 5 LIN3. The antibody used<br />
was a mouse monoclonal antibody against COX-2 protein<br />
(clone CX-294 Dako). For the evaluation of COX-2 expression,<br />
we used an immunohistochemical score which represents<br />
the product of percentage of tumour cell positivity and<br />
staining intensity, both for membrane and citoplasmatic immunostaining.<br />
Results<br />
COX-2 immunostaining showed a prevalent membrane pattern<br />
versus citoplasmatic one. Membrane COX-2 expression<br />
was detected in 21/27 (77.8%) samples of LIN. COX-2 was<br />
expressed in 5/7 (71.4%) LIN1, 15/15 (100%) LIN2 and 1/5<br />
(20%) LIN 3. Considering the percentage of COX-2 membrane<br />
staining, no significant difference was found between<br />
LIN1 and LIN2 (p = 0.156), while a significant statistical difference<br />
was found between LIN2 and LIN3 (p = 0.001).<br />
Moreover, a tendency to correlation was detected between<br />
LIN1 and 3 (p = 0.073). Furthermore, classifying LIN in two<br />
subgroups, low grade LIN (LIN1 and 2) and high grade LIN<br />
(LIN3), a significant statistical difference was detected in<br />
membrane COX-2 expression (P = 0.002).<br />
Conclusions<br />
Our results show that COX-2 is highly expressed in LIN supporting<br />
the role of COX-2 protein in the early step of carcinogenesis.<br />
Moreover, the significant difference of COX-2<br />
expression in low grade LIN vs. high grade LIN may represent<br />
the rational for using COX-2 selective inhibitors in lobular<br />
intraepithelial neoplasia.<br />
Reference<br />
1<br />
Bratthauer GL, et al. Virchows Arch 2002;440:134-8.
PATHOLOGICA 2005;97:234-240<br />
Patologia dei polmoni e della pleura<br />
Espressione immunoistochimica di TTF-1 e<br />
Galectina-3 su tissue microarray in 145 casi di<br />
carcinomi non a piccole cellule del polmone<br />
(NSCLC): correlazione anatomo-clinica e<br />
possibile significato prognostico<br />
G. Bellezza, L. Cagini * , M. Barbareschi ** , A.M. Piccolo ** ,<br />
A. Sidoni, A. Cavaliere, R. Del Sordo, R. Colella, G.M.<br />
Giustozzi * , P. Dalla Palma ** , E. Bucciarelli<br />
Istituto di Anatomia Patologica, Policlinico “Monteluce”,<br />
Perugia; * Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Policlinico<br />
“Monteluce”, Perugia; ** Anatomia Patologica, Ospedale<br />
“Santa Chiara”, Trento<br />
Introduzione<br />
Il fattore di trascrizione tiroideo (TTF-1) è un utile marcatore<br />
diagnostico nella distinzione tra neoplasie primitive e secondarie<br />
del polmone. Tuttavia il suo ruolo come fattore prognostico<br />
è ancora molto discusso, considerati i contrastanti<br />
risultati riportati in letteratura. Recentemente è stato osservato<br />
1 come la co-espressione di TTF-1 e Galectina-3 possa predire<br />
un comportamento più aggressivo nei tumori non a piccole<br />
cellule del polmone (NSCLC). Scopo di questo lavoro è<br />
quello di valutare il significato dell’espressione del TTF-1 e<br />
della galectina-3 in una casistica di NSCLC.<br />
Materiali e metodi<br />
Sono stati considerati 145 casi di NSCLC, stadio I e II operati<br />
in maniera radicale. L’espressione immunoistochimica<br />
del TTF-1 e della Galectina-3 è stata valutata con la tecnica<br />
del tissue microarray su 135 campioni (120 maschi e 15 femmine;<br />
età media 66 anni, range follow-up 31-82). Il followup<br />
medio globale è stato di 39,9 mesi. L’espressione immunoistochimica<br />
del TTF-1 e della Galectina-3 è stata correlata<br />
con i principali parametri anatomo-clinici (sesso, età, tipo<br />
istologico, pT, pN, grado di differenziazione) e il significato<br />
prognostico valutato mediante curve di Kaplan-Meier.<br />
Risultati<br />
Immunoreattività per TTF-1 e Galectina-3 si è riscontrata rispettivamente<br />
in 44/135 casi (32,6%) e in 68/131 casi<br />
(52%); in particolare il TTF-1 è risultato maggiormente<br />
espresso negli adenocarcinomi e nei carcinomi bronchioloalveolari<br />
(p = 0,000), mentre la Galectina-3 prevalentemente<br />
nei carcinomi anaplastici a grandi cellule (p = 0,026).<br />
L’espressione del TTF-1 e della Galectina-3 non sembra influenzare<br />
significativamente la prognosi, mentre un trend di<br />
correlazione si osserva suddividendo i casi in rapporto alla<br />
co-espressione del TTF-1 e della Galectina-3 (p = 0,09). In<br />
particolare il fenotipo Galectina-3+/TTF-1- è risultato quello<br />
a prognosi migliore.<br />
Conclusioni<br />
Nella nostra casistica l’espressione immunoistochimica del<br />
TTF-1 e della Galectina-3 si correla significativamente con il<br />
tipo istologico, ma non con gli altri parametri anatomo-clinici<br />
considerati. La co-espressione del TTF-1 e della Galectina-3<br />
individua sottogruppi di pazienti con differenti profili<br />
prognostici suggerendone una possibile interazione.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Puglisi F, et al. Cancer Letters 2004;212:233-9.<br />
Espressione del gene Int6 nei tumori<br />
polmonari non microcitomi: un nuovo<br />
marcatore prognostico<br />
C. Martella * ** , L. Felicioni * ** , F. Barassi * ** , S. Salvatore<br />
* ** , A. Chella *** , A. Mezzetti ** , F. Cuccurullo ** , R. Callahan<br />
**** , A. Marchetti * ** , F. Buttitta * **<br />
*<br />
Dipartimento di Oncologia e Neuroscienze, Università di<br />
Chieti; ** Aging Research Center (CeSI), “G. d’Annunzio”<br />
University Foundation, Chieti; *** Dipartimento di Chirurgia,<br />
Università di Pisa; **** Oncogenetic Section, Laboratory of<br />
Tumor Immunology, National Cancer Institute, N.I.H., Bethesda,<br />
Maryland, USA<br />
Introduzione<br />
Il gene Int-6 è stato per la prima volta identificato come sito<br />
di frequente inserzione del virus MMTV nei tumori mammari<br />
murini. Il ruolo oncogeno di Int-6 è emerso da studi condotti<br />
sulle forme chimeriche del gene che hanno dimostrato<br />
la loro intrinseca capacità di trasformare cellule in coltura e<br />
indurre tumori in topi nudi. Sulla base di recenti indagini,<br />
Int6 emerge come una proteina implicata in processi con finalità<br />
apparentemente opposte. Infatti, la proteina Int-6 risulta<br />
coinvolta sia nel processo di traslazione che nei meccanismi<br />
di degradazione proteica mediante legami con tre complessi<br />
cellulari: eIF3, proteosoma e COP9 signalosoma.<br />
Metodi<br />
In questo studio abbiamo esaminato lo stato del gene Int6 in<br />
una serie di 101 tumori polmonari, tutti al I stadio, e nei corrispondenti<br />
tessuti polmonari normali. Di tutti i pazienti esaminati<br />
erano noti i dati di follow-up, inclusi quelli relativi alla<br />
sopravvivenza libera da malattia e alla sopravvivenza globale.<br />
È stato esaminato sia lo stato di metilazione del gene,<br />
mediante trattamento del DNA con bisolfito e successiva<br />
PCR con primers che discriminano la sequenza metilata da<br />
quella non metilata, sia i livelli di espressione genica, mediante<br />
analisi quantitativa in Real-Time RT-PCR.<br />
Risultati<br />
Paragonando i livelli di espressione del gene Int6 presenti nel<br />
tumore con quelli presenti nel corrispondente tessuto normale,<br />
è stata documentata una iperespressione nel 73% dei tumori<br />
polmonari esaminati, mentre nei rimanenti casi era presente<br />
una ridotta espressione genica. Nell’85% dei tumori<br />
con ridotta espressione genica abbiamo osservato una ipermetilazione<br />
di Int6. Era presente una significativa correlazione<br />
fra stato di metilazione ed ipoespressione genica (P <<br />
0,000001). Inoltre, è stata osservata una relazione statisticamente<br />
significativa fra i livelli di espressione di Int6 e il comportamento<br />
biologico della neoplasia, in quanto bassi livelli<br />
di espressione venivano riscontrati in pazienti con più breve<br />
sopravvivenza libera da malattia (p = 0,0004) e più breve sopravvivenza<br />
globale (p = 0,0020). Tale relazione è stata confermata<br />
da un’analisi statistica multivariata.<br />
Conclusioni<br />
I risultati ottenuti indicano che in un quarto delle neoplasie<br />
polmonari al I stadio si realizza una metilazione di regioni regolatorie<br />
del gene Int6, con conseguente ipoespressione del<br />
gene e che a tali processi corrisponde una particolare aggressività<br />
del tumore.
PATOLOGIA DEI POLMONI E DELLA PLEURA<br />
235<br />
Analysis of COX-2 involvement in the<br />
pathogenesis and therapy of human<br />
mesothelioma<br />
A. Baldi, E.P. Spugnini * , I. Cardillo * , A. Verdina * , R. Galati<br />
* , M.P. Di Marino, F. Baldi, G. Citro *<br />
Dipartimento di Biochimica, Patologia, II Università di Napoli;<br />
* “Regina Elena” Cancer Inst., Rome<br />
Introduction<br />
Mesothelioma is a rare, highly aggressive tumour, accounting<br />
for less than 1% of all cancer deaths in the world. Although<br />
the association between exposure to asbestos and the<br />
development of mesothelioma is commonly accepted, the exact<br />
mechanism whereby asbestos induces mesothelioma is<br />
unknown. Moreover, mesothelioma has proved resistant to<br />
classical chemotherapeutic and radiation regimens and the<br />
natural history has not been influenced by standard therapy<br />
so far. COX-2 has been implicated in carcinogenesis of several<br />
neoplasms through the down-regulation of cell-mediated<br />
immunity, promotion of angiogenesis, inhibition of apoptosis,<br />
and the formation of carcinogenic metabolites. It has<br />
been recently suggested that COX-2 could be implicated in<br />
mesothelioma pathogenesis. Furthermore, COX-2 over-expression<br />
has been noted in many solid tumors and has been<br />
correlated with a worse prognosis in mesothelioma 1 2 .<br />
Methods<br />
The effects of the COX-inhibitors piroxicam and NS-398<br />
have been evaluated on the mesothelioma cell line MSTO-<br />
211H both by in vitro (proliferation assay; FACS analysis;<br />
quantification of apoptosis-related proteins) and in vivo assays<br />
(evaluation of ortotopic tumor growth in nude mice).<br />
Results<br />
Treatment of MSTO-211H cells with COX-inhibitors at concentrations<br />
of the drugs between 5X10 -4 and 1X10 -4 resulted<br />
in significantly decrease of the proliferation rate of these<br />
cells. FACS analysis revealed that this effect was due to both<br />
an increase in apoptosis and stop in G1 of the cell cycle. Consistently,<br />
analysis at RNA and protein level showed that expression<br />
of several pro-apoptotic and anti-apoptotic factors<br />
was modulated in these cells. The analysis of COX-2 inhibitors<br />
treatment on mesothelioma cells in vivo in an ortotopic<br />
model of mesothelioma in nude mice revealed that<br />
piroxicam was effective in significantly increase the survival<br />
time of the animals when it was provided with cisplatin.<br />
Conclusions<br />
The in vitro and in vivo data presented clearly demonstrate<br />
that inhibition of COX-2 activity in mesothelioma cells is<br />
able to efficiently counteract the malignity of these cells by<br />
acting both on proliferation and apoptosis. These results underline<br />
the potential clinical utilization of COX-2 inhibitors<br />
as anti-tumor agents in the therapy of mesothelioma.<br />
References<br />
1<br />
Baldi A, et al. Thorax 2002;57:353-6.<br />
2<br />
Baldi A, et al. Thorax 2004;59:428-33.<br />
La polmonite da legionella pneumophila a<br />
pattern non tipico<br />
R. Bellocci, A. Casoria, B. Zappacosta, M.L. Brancone,<br />
M. Piccolomini, R. Zappacosta, A. Colasante, D. Angelucci<br />
Istituto di Anatomia e Istologia Patologica e Citodiagnostica,<br />
Chieti, Italia<br />
Introduzione<br />
I processi flogistici parenchimali polmonari possono mostrare<br />
un quadro morfologico non tipico. Tra queste la polmonite<br />
da Legionella Pneumophila (LP), che necessita di integrazione<br />
laboratoristica e radiologica.<br />
Metodi<br />
Un paziente di 55 anni, con sindrome nefrosica in trattamento<br />
steroideo, è ricoverato in Chirurgia Toracica per febbre e<br />
tosse persistente. Quadro radiologico di consolidazione parenchimale<br />
escavata al lobo inferiore del polmone sinistro.<br />
Esami colturali per ricerca batteriologica di eventuali agenti<br />
infettivi. Le sezioni istologiche, sono state colorate con metodiche<br />
istochimiche (Giemsa e Ziehl Nielsen), immunoistochimiche<br />
(CD 68, CD 138, Mycobacterium bovis, catene k e<br />
λ), oltre che con quelle routinarie.<br />
Risultati<br />
L’esame istologico rivelava un addensamento atelectasico<br />
con vallo di fibroblasti proliferanti a demarcare un’area di<br />
necrosi centrale ricca di detriti fibrinosi. L’infiltrato flogistico<br />
era costituito da linfociti, aggregati in strutture pseudofollicolari<br />
prive di centri germinativi e da un elevato numero di<br />
plasmacellule e macrofagi, questi ultimi riuniti in formazioni<br />
pseudogranulomatose. Le plasmacellule, a morfologia tipica<br />
e CD138+, erano policlonali (k e λ). Assenti i granulociti<br />
neutrofili. La LP, evidenziata su coltura, era confermata indirettamente<br />
dall’elevato titolo anticorpale sierico specifico.<br />
Intervento di lobectomia inferiore sinistra. Il quadro morfologico,<br />
che poteva suggerire una LIP, non era suffragato da<br />
quello TC. Una patologia neoplastica plasmacellulare non era<br />
confortata né dagli esami elettroforetici né da quelli immunoistochimici.<br />
La polmonite da LP, sospettabile per la presenza<br />
del batterio, per la demarcazione del focolaio e per la<br />
necrosi, sembrava “esclusa” dall’assenza di infiltrato granulocitario<br />
e dalla ricchezza di plasmacellule.<br />
Conclusioni<br />
La polmonite da LP può avere una presentazione istologica<br />
“atipica” che va ricercata al fine di impostare una corretta terapia<br />
antibiotica. Questa patologia è talora scambiata per una<br />
LIP oppure per uno pseudotumore infiammatorio (granuloma<br />
plasmacellulare). I criteri istologici suggeriti, quelli radiologici<br />
e quelli laboratoristici, se correttamente applicati, conducono<br />
ad una corretta diagnosi. Ad oggi, a nostra conoscenza,<br />
in letteratura è descritto un solo altro caso di polmonite da<br />
LP con tali caratteristiche.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Walsh JJ, et al. Chest 1991;100:1170-2.<br />
2<br />
AFIP, Atlas og Nontumor Pathology, First Series Fascicle 2, 2002.
236<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
L’iperplasia diffusa delle cellule<br />
neuroendocrine del polmone TTF1+<br />
R. Bellocci, A. Casoria, B. Zappacosta, M.L. Brancone,<br />
M. Piccolomini, S. Magnasco, G. Lattanzio, D. Angelucci<br />
Istituto di Anatomia e Istologia Patologica e Citodiagnostica,<br />
Chieti, Italia<br />
Introduzione<br />
L’Iperplasia Diffusa delle Cellule Neuroendocrine del Polmone<br />
(IDCNP) è una condizione di infrequente riscontro e<br />
scarse conoscenze si hanno circa il suo decorso clinico e le<br />
possibilità terapeutiche.<br />
Metodi<br />
2 casi di IDCNP sono stati osservati su lobectomie in presenza<br />
di processi flogistici cronici ad andamento fibrosante. Gli<br />
esami di diagnostica per immagini (RX, TC) preoperatori<br />
non rivelavano micronodularità sospette. Sezioni seriate di<br />
tessuto polmonare sono state colorate con EE e sottoposte ad<br />
indagini di immunoistochimica (Sinaptofisina, Cromogranina<br />
A, TTF1, Vimentina e MIB1).<br />
Risultati<br />
Il parenchima polmonare presentava aree di fibroelastosi con<br />
infiltrato flogistico cronico linfocitario. In alcuni bronchioli<br />
terminali si evidenziavano piccole vegetazioni endoluminali,<br />
ispessimento parietale ad opera di una popolazione epiteliale<br />
fusata a nuclei ipercromatici. In altri campi le vegetazioni<br />
sembravano diffondere negli alveoli senza connessione con<br />
la parete (aspetti di pseudo-diffusione). Gli elementi cellulari<br />
erano positivi per Sinaptofisina, Cromogranina A, per<br />
TTF1 e per MIB1 (30%); negativa era la vimentina. Tutti i<br />
foci descritti erano di dimensioni inferiori a 2 mm. La diagnosi<br />
è stata di IDCNP. Questa condizione viene distinta dai<br />
tumorlets e può accom<strong>pag</strong>nare i Carcinoidi Tipici (CT), le fibrosi<br />
e le flogosi. Interessante è il reperto di positività per<br />
TTF1, che di norma è più frequentemente espresso dai Microcitomi<br />
(MC) e dai Carcinoidi Atipici (CA) piuttosto che<br />
dai CT. La IDCNP va differenziata anche da foci di attivazione<br />
fibroblastica riscontrabili nella polmonite interstiziale<br />
usuale (UIP) i quali, negativi ai markers neuroendocrini, risultano<br />
positivi per vimentina. L’espressione del 30% di attività<br />
proliferativa MIB1-correlata è certamente inusuale per<br />
un CT, mentre costituisce la regola per i CA e MC.<br />
Conclusioni<br />
L’espressione di TTF1 nell’IDCNP ci ha indotto a riconsiderare<br />
il significato di questa condizione. Dalla IDCNP potrebbero<br />
derivare i CT, ma anche i CA ed i MC. La differenziazione<br />
IDCNP/TTF1+ da IDCNP/TTF1- potrebbe essere più<br />
utile di quella IDCNP idiopatica vs. IDCNP secondaria.<br />
Tumore a cellule chiare del polmone:<br />
descrizione di un caso in un paziente<br />
nefrectomizzato per carcinoma renale a<br />
cellule chiare<br />
F. Corsi, R. Zamparese, A. Pennella, P. Bufo<br />
Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Servizio di Anatomia<br />
Patologica, Università di Foggia<br />
Introduzione<br />
Il tumore a cellule chiare del polmone (CCTL o sugar tumor,<br />
per il contenuto cellulare in glicogeno) è una rara neoplasia<br />
benigna, descritta da Liebow e Castleman nel 1963 1 .<br />
I pazienti sono asintomatici e la neoplasia viene scoperta incidentalmente<br />
all’Rx torace.<br />
Caso clinico<br />
Paziente di 74 anni, nefrectomizzato 12 anni prima per carcinoma<br />
renale a cellule chiare. Ricoverato per pancreatite, la<br />
TAC mostra nodulo del lobo polmonare superiore sinistro;<br />
che viene asportato.<br />
La lesione appariva come un nodulo rotondeggiante grigiastro<br />
a margini netti del ø max di 0,5 cm.<br />
Istologicamente, la neoplasia era ben delimitata, priva di capsula<br />
propria, costituita da ampie cellule poligonali con citoplasma<br />
chiaro e nuclei piccoli ed ipercromici, talora lievemente<br />
pleomorfi e nucleolati, con presenza di spazi vascolari<br />
sinusoidali; assente la necrosi.<br />
Le cellule tumorali erano PAS+; l’immunoistochimica (IIC)<br />
era negativa per CK ad alto e basso PM, HMB45, cromogranina,<br />
S-100 e CD34, fortemente positiva per NKI/C3 ed NSE;<br />
focalmente positiva la vimentina.<br />
Sulla base della morfologia e dell’IIC (negatività per le CK),<br />
è stata esclusa una metastasi di carcinoma renale ed è stata<br />
fatta diagnosi di CCTL.<br />
Discussione<br />
Il CCTL è una neoplasia benigna che può essere diagnosticata<br />
erroneamente come metastasi di carcinoma a cellule chiare,<br />
specialmente su sezioni al congelatore.<br />
La sua istogenesi è incerta: Liebow e Castleman ipotizzarono<br />
un’origine miogenica, non confermata dalla negatività<br />
delle indagini IIC per l’actina. È stata considerata un’origine<br />
epiteliale, ed in particolare un’associazione con le cellule di<br />
Clara, ma sono costantemente negativi i marker epiteliali. Altri<br />
autori hanno ipotizzato una derivazione da cellule di tipo<br />
neuroendocrino, pericitico o melanocitario: quest’ultima ipotesi<br />
è sostenuta dalla positività alla reazione IIC, nella maggior<br />
parte dei casi, per HMB45, HMB50 ed S-100 2 . Il nostro<br />
caso mostra negatività per HMB45 ed S-100, forte positività<br />
per l’antigene melanocitario NKI/C3; sono in effetti descritti<br />
in letteratura casi HMB45-negativi.<br />
Il CCTL è considerato benigno ed è sufficiente la resezione<br />
chirurgica, sebbene siano riportati casi di tumori di grandi dimensioni<br />
e necrotici che hanno metastatizzato; pertanto è necessario<br />
considerare tale entità nella diagnosi differenziale<br />
delle neoplasie a cellule chiare del polmone.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Liebow AA, Castleman B. Am J Pathol 1963;43:13.<br />
2<br />
Gal AA, et al. Arch Pathol Lab Med 1991;115:1034-8.<br />
Significato prognostico della proteina<br />
p27Kip1 e del fattore di crescita Ki-67 in 122<br />
mesoteliomi pleurici<br />
A. Pennella, M. Musti * , A. Scattone ** , D. Cavone * , P.<br />
Nazzaro *** , E. Mattioli ** , R. Nenna ** , L. Vurro ** , L. Pollice<br />
** , G. Serio **<br />
Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Università di Foggia;<br />
*<br />
Dipartimento di Medicina Interna e Medicina Pubblica,<br />
Università, Bari; ** Dipartimento di Anatomia Patologica,<br />
Università di Bari; *** Dipartimento di Metodologia Clinica,<br />
Università di Bari<br />
Introduzione<br />
Il mesotelioma maligno (MM) è un tumore asbesto-correlato,<br />
particolarmente aggressivo (sopravvivenza media 6-18 mesi),<br />
in continuo aumento e resistente a protocolli terapeutici
PATOLOGIA DEI POLMONI E DELLA PLEURA<br />
237<br />
convenzionali. Stadio della malattia, istotipo tumorale e presenza<br />
di metastasi costituiscono i parametri prognostici più<br />
rappresentativi. L’identificazione di marcatori prognostici di<br />
tipo biologico rappresenta un importante obiettivo di ricerca<br />
e ben indagati nei tumori umani sono l’espressione di MIB-1<br />
(Ki-67), p27kip1, p53 etc. che esprimono in maniera affidabile<br />
la relazione tra attività proliferativa tumorale e sopravvivenza.<br />
Scopo dello studio è la valutazione immunoistochimica<br />
(IIC) dell’espressione di Ki-67 e p27 in una casistica di<br />
MM e la correlazione del dato quantitativo con i parametri<br />
clinico-morfologici.<br />
Metodi<br />
La determinazione IIC dell’indice di proliferazione cellulare<br />
con l’anticorpo MIB-1 e della proteina p27 è stata effettuata<br />
su 122 MM della pleura diagnosticati e/o revisionati nel periodo<br />
1990-2001 e inseriti nel Registro Regionale Mesotelioma<br />
(COR Puglia-DPR 366/96). I pazienti avevano ricevuto<br />
solo una biopsia toracoscopica e chemioterapia palliativa.<br />
L’immunopositività è stata espressa in valore percentuale su<br />
500 cellule neoplastiche osservate ad alto ingrandimento.<br />
Risultati<br />
Abbiamo osservato 84 (68,9%) mesoteliomi epitelioidi<br />
(ME), 28 (23%) bifasici (MB) e 10 (8,2%) sarcomatoidi<br />
(MS). Il 73,8% dei casi era osservato nei maschi e il 26,2%<br />
nelle femmine. L’età media al tempo della diagnosi era di<br />
66,6 anni (sd: 10,1; range: 23-90). Il tempo medio di sopravvivenza<br />
era di 12,1 ± 10,2 mesi (mediana 9,5); nei ME 13,41<br />
± 10,9 mesi, nei MB 10,25 ± 8,3 e nei MS 6,15 ± 4,9. Ki-<br />
67(LI) e p27 presentavano valori di media ± sd di 32,4 ± 22,7<br />
e 36 ± 23,9 rispettivamente. Le differenze non sono risultate<br />
significative. Una correlazione significativa è stata osservata<br />
con il tempo di sopravvivenza (p = 0,0001). Un’alta espressione<br />
di p27 era significativamente correlata (p = 0,001) ad<br />
una più lunga sopravvivenza (> 12 mesi) mentre alti valori di<br />
Ki-67 erano significativamente espressi (p = 0,0001) in pazienti<br />
con breve sopravvivenza (< 12 mesi). I due marcatori<br />
sono risultati inversamente correlati tra di loro. Nessuna correlazione<br />
è stata osservata tra p27 e Ki-67 con l’istotipo epitelioide<br />
e bifasico e con gli altri parametri clinici considerati.<br />
Conclusioni<br />
I risultati sottolineano la validità della p27 e del Ki-67 (LI)<br />
come indicatori prognostici IIC di routine nei pazienti affetti<br />
da MM.<br />
HHV-8 and EBV are not commonly found in<br />
idiopathic pulmonary fibrosis<br />
D. Reghellin, A. Zamò, V. Poletti * , L. Montagna, S. Pedron,<br />
P. Piccoli, M. Chilosi<br />
Department of Pathology, University of Verona, Verona,<br />
Italy; * Department of Diseases of the Thorax, “GB Morgagni”<br />
Hospital, Forlì, Italy<br />
Introduction<br />
Idiopathic Pulmonary Fibrosis/Usual Interstitial Pneumonia<br />
(IPF/UIP) is a diffuse and progressive lung disease whose<br />
pathogenesis is incompletely understood. Recently, the presence<br />
of Herpesvirus-specific DNA was detected in the large<br />
majority of cases of a series of IPF/UIP and other lung interstitial<br />
diseases. We have therefore tested our own IPF/UIP series<br />
for the presence of HHV-8 and EBV proteins.<br />
Methods<br />
We used a variety of sensitive technologies including immunohistochemistry<br />
with NCL-HHV8-LNA and EBV-LMP1<br />
antibodies, as well as EBV RNA (EBER) in-situ hybridisation;<br />
the presence of HHV-8 and EBV DNA was also investigated<br />
by means of PCR and subsequent analysis using a microfluidic<br />
apparatus.<br />
Results<br />
Despite the good sample quality, immunohistochemical, insitu<br />
hybridisation and PCR results were negative for both<br />
EBV and HHV-8.<br />
Conclusions<br />
We conclude that EBV and HHV-8 are not involved in the<br />
pathogenesis of IPF/UIP.<br />
Expression of p16 gene in pulmonary<br />
squamous cell carcinoma and in contiguous<br />
normal bronchial epithelium<br />
E. Rossi, E. Dessy, A. Benetti, A. Berenzi, A. Tironi, P.<br />
Baronio, P. Balzarini, P. Grigolato<br />
2nd Department of Pathologic Anatomy, School of Medicine,<br />
University of Brescia<br />
Introduction<br />
The onset of the pulmonary squamous cell carcinoma (SCC)<br />
is clearly correlated to the habit of tobacco smoking. The carcinogenic<br />
effect of cigarettes develops through many steps<br />
over several years (multistep theory) and initiates in widely<br />
dispersed foci throughout the whole respiratory tree (fied<br />
cancerization). In this process smoke plays an important role<br />
in inactivating the p16 gene, an important component in cell<br />
cycle regulation 1 . We studied the behaviour of the p16 gene<br />
by FISH and its production by immunohistochemistry in a<br />
group of patients with SCC and focalised our attention both<br />
on neoplastic tissue and on normal epithelium in bronchi and<br />
bronchioles adjacent to neoplasms.<br />
Methods<br />
Formalin-fixed, paraffin-embedded surgical resected samples<br />
of lung from 4 subjects with SCC and from 4 smokers with<br />
non-neoplastic pathology were considered. FISH was applied<br />
using probes labelling p16 region (9p21). The p16 gene<br />
probe spans approximately 190 Kb and contains a number of<br />
genetic loci including D91749, D9S1747, p16(INK4A), p14<br />
(ARF), D9S1748, p15 (INK4B) while chromosome 9 was<br />
identified by a centromeric α-satellite probe. Immunostaining<br />
technique was carried out by using mouse anti-human<br />
p16 (INK4A), clone E6H4 antibody in CINtec p16 histology<br />
kit from Dako; immunostaining was considered positive<br />
when at least 10% of nuclei were stained 2 ; reactive stromal<br />
cells served as internal positive control.<br />
Results<br />
The p16 expression resulted negative in all the tumors and<br />
occasionally positive in 2/4 normal adjacent bronchi. In all<br />
tumors and in 2 normal bronchi FISH detected abnormalities<br />
in chromosome 9 (polysomy in 3/4 cases tumors and in 2/4<br />
normal bronchi, monosomy in 1/4 tumor) and in the p16 region<br />
(1 signal for p16 gene in 2/4 tumor, more than 2 signals<br />
in 2/4 tumors and in 2/4 normal bronchi). No alterations<br />
(FISH and immunohistochemistry) were seen in control cases.<br />
Conclusion<br />
Our data support the concept of multistep cancerization in<br />
smokers in the histologically normal bronchi, in agreement
238<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
with others 3 . This may be due to an accumulation of molecular<br />
alterations in histologically normal bronchial mucosa in<br />
the development of SCC of the lung.<br />
References<br />
1<br />
Belinsky SA, et al. J Clin Ligand Assay 2002;25:95-9.<br />
2<br />
Tanaka R, et al. Cancer 2005;103:608-15.<br />
3<br />
Caballero OL, et al. Genes, Chromosomes and Cancer 2001;32:119-<br />
25.<br />
EGFR expression and mutation analysis in<br />
lung adenocarcinoma and tumor-associated<br />
atypical adenomatous hyperplasia<br />
G. Sartori, N. Bigiani, L. Schirosi, A. Cavazza ** , G. Rossi,<br />
A. Marchioni * , F. Maselli * , A. Maiorana, M. Migaldi,<br />
G.P. Trentini<br />
Sezione di Anatomia Patologica, * Malattie dell’Apparato<br />
Respiratorio, Università di Modena e Reggio Emilia; ** Unità<br />
Operativa di Anatomia Patologica, Ospedale SMN, Reggio<br />
Emilia<br />
Introduction<br />
Epidermal Growth Factor Receptor (EGFR) is a tyrosine<br />
kinase receptor of the erbB family deeply involved in nonsmall<br />
cell lung cancer growth mechanisms. Recently, the<br />
finding of somatic mutations of EGFR has been correlated<br />
with nonsmokers, female sex and histologic subtype of<br />
adenocarcinoma (ADC) with bronchioloalveolar (BAC)<br />
features and implicated in the clinical response using selective<br />
EGFR-inhibitors. We analysed the EGFR status in<br />
lung ADC and in foci of tumor-associated atypical adenomatous<br />
hyperplasia (AAH), the pre-invasive lesion of<br />
ADC, in order to explore the role of EGFR mutation as early<br />
molecular event in lung carcinogenesis and the possible<br />
clonal relation between infiltrative and pre-invasive lesions<br />
of ADC.<br />
Methods<br />
We identified 8 cases of pulmonary ADC in which multiple<br />
foci of AAH were present in the normal adjacent parenchyma.<br />
In all cases, several 4-micron thick sections were obtained<br />
from formalin-fixed and paraffin-embedded representative<br />
blocks. Immunohistochemical analysis was performed<br />
using EGFR mAb (Dako) in an automated immunostainer<br />
(Benchmark, Ventana). Sequencing analyses<br />
were performed by PCR and EGFR exons 18, 19 and 21<br />
were investigated.<br />
Results<br />
The cases consisted of 4 men and 4 women (7 smokers and 1<br />
nonsmoker) with mixed acinar ADC with BAC (3 non-mucinous,<br />
1 mucinous), 1 mucinous-BAC, 1 papillary ADC, 1<br />
moderately-differentiated ADC and 1 non-mucinous BAC.<br />
EGFR expression was noted in all cases of ADC, BAC and<br />
AAH with a membrane pattern mainly restricted to mucinous-BAC.<br />
EGFR mutation analysis showed an identical<br />
puntiform mutation (L858R) on exon 21 in 1 case (non-mucinous<br />
BAC in a nonsmoker woman) both in BAC and AAH.<br />
No other mutational events were detected in the remaining<br />
lesions.<br />
Conclusions<br />
EGFR expression in neoplastic and pre-invasive lesions document<br />
a key role of this molecule in lung cancer, but did not<br />
permit a reliable selection of patients that could benefit from<br />
targeted therapies with small molecules. Although further investigations<br />
are required on larger series, the finding of an<br />
identical EGFR mutation in only 1 non-mucinous BAC and<br />
tumor-associated AAH and the lack of such mutations in the<br />
other combined lesions seems to suggest a clonal origin and<br />
a carcinogenetic early role of EGFR in a small subset of patients<br />
with lung cancer.<br />
Mesotelioma maligno primitivo peritoneale<br />
localizzato nel sacco erniario. Analisi genetica<br />
di due casi<br />
A. Scattone, A. Pennella * , M. Gentile ** , M. Testini *** , AL<br />
Buonadonna ** , A. Gentile, D. Galetta **** , L. Pollice, G.<br />
Serio<br />
Dipartimento di Anatomia Patologica, Università, Bari; * Dipartimento<br />
di Scienze Chirurgiche, Università, Foggia; **<br />
Divisione Genetica, IRCCS, Castellana Grotte (BA); *** Dipartimento<br />
Scienze Chirurgiche, Università, Bari; **** U.O.<br />
Oncologia Sperimentale e Clinica, IRCCS, Bari<br />
Introduzione<br />
Il mesotelioma maligno primitivo del sacco erniario (MM-<br />
PSE) è una neoplasia estremamente rara la cui prognosi risulta<br />
essere meno aggressiva della forma peritoneale diffusa<br />
e non presenta correlazione con l’esposizione all’asbesto. Il<br />
trattamento chirurgico associato alla radioterapia migliorano<br />
il decorso clinico della malattia e il tempo di sopravvivenza<br />
riportato in 3 pazienti deceduti (totale 7 casi descritti), varia<br />
tra 5 e 10 anni.<br />
Nel mesotelioma diffuso studi molecolari individuano perdite<br />
cromosomiche ricorrenti che rivestono un importante significato<br />
diagnostico. Scopo del presente lavoro è l’individuazione<br />
di alterazioni genetiche in due casi di MMPSE con<br />
CGH (Comparative Genomic Hybridization) e con analisi dei<br />
microsatelliti.<br />
Metodi e risultati<br />
Riportiamo due casi di MMPSE osservati incidentalmente<br />
in due maschi di anni 71 rispettivamente, sottoposti ad intervento<br />
di ernioplastica inguinale sinistra complicata. Entrambi<br />
i pazienti non riferivano nella storia clinico-anamnestica<br />
esposizione all’asbesto né precedenti interventi chirurgici<br />
addominali. Macroscopicamente il sacco erniario mostrava<br />
numerosi noduli di dimensioni variabili (1-3 cm nel<br />
caso 1 e fino a 10 cm nel caso 2). La diagnosi istologica di<br />
mesotelioma maligno veniva confermata dall’indagine immunoistochimica<br />
condotta su sezioni di tessuto paraffinato<br />
con metodo convenzionale (avidina-biotina-perossidasi)<br />
utilizzando anticorpi monoclonali: CK 5/6, calretinina,<br />
EMA, vimentina, CEA, BerEp4, HMB-1, leuM1, Ki-67<br />
(Mib-1). L’analisi molecolare è stata effettuata su DNA<br />
estratto da campioni di tessuto paraffinato con tecniche<br />
standardizzate. L’indagine con CGH non ha evidenziato alterazioni<br />
cromosomiche e l’analisi dei microsatelliti instabilità.<br />
I due pazienti sono stati sottoposti a cicli di chemioterapia<br />
post-chirurgica: un paziente moriva dopo 53 mesi dall’intervento<br />
(Caso 1), l’altro risulta vivente e libero da ripresa di<br />
malattia a 36 mesi dalla diagnosi (Caso 2).<br />
Conclusioni<br />
Lo studio molecolare suggerirebbe l’esistenza di una via cancerogenetica<br />
distinta da quella del MM diffuso e ipotizzerebbe<br />
il coinvolgimento di meccanismi epigenetici nello sviluppo<br />
del MMPSE.
PATOLOGIA DEI POLMONI E DELLA PLEURA<br />
239<br />
Expression and molecular analysis of tyrosine<br />
kinases EGFR, c-kit, PDGFRS and c-met in<br />
pleuropulmonary solitary fibrous tumors<br />
L. Schirosi, G. Sartori, N. Bigiani, A. Cavazza * , G. Rossi,<br />
A. Maiorana, S. Bettelli, L. Garagnani, M. Migaldi,<br />
G.P. Trentini<br />
Sezione di Anatomia Patologica, Università di Modena e<br />
Reggio Emilia, Modena; * Unità Operativa di Anatomia Patologica,<br />
Ospedale SMN Reggio Emilia, Reggio Emilia<br />
Introduction<br />
Solitary fibrous tumor (SFT) is a rare mesenchymal tumor<br />
mainly occurring in the pleura. Its clinical course is usually benign<br />
but rare examples behave aggressively and no effective<br />
treatments exist in metastatic disease. We evaluated the role of<br />
several tyrosine kinases as possible targets for alternative molecular<br />
therapies in a series of pleuropulmonary SFT.<br />
Methods<br />
Thirty-four cases of pleuropulmonary SFT were retrospectively<br />
collected. All the cases were routinely formalin-fixed,<br />
paraffin-embedded and 3-micron thick sections were obtained<br />
from a representative block. All the cases were previously<br />
tested for CD34, bcl-2, CD99 and cytokeratins for diagnostic<br />
intent. Immunostains were performed using an automated<br />
immunostainer (Benchmark, Ventana). The following<br />
antibodies were applied: c-kit (Dako), EGFR (Dako),<br />
PDGFRα and PDGFRβ (Santa Cruz), c-met (NeoMarkers).<br />
Positive cases were quoted when tumors showed at least 10%<br />
of stained cells and a moderate-to-strong intensity staining.<br />
Sequencing analyses were performed by PCR and different<br />
domains of c-kit (exons 9 and 11), EGFR (exons 18, 19, 21),<br />
PDGFRα (exon 12), PDGFRβ (exons 12, 14, 18) and c-met<br />
(exon 14, 17, 18, 19) were investigated.<br />
Results<br />
Twenty-eight SFT had a favorable outcome, while five presented<br />
locoregional recurrences and 1 showed a frank sarcomatous<br />
overgrowth. At immunohistochemistry, no case<br />
showed staining for c-kit and EGFR, while all strongly expressed<br />
PDGFRβ and c-met. PDGFRα expression was noted<br />
in 8 cases. At molecular analysis, no mutations were detected<br />
in the tested exons of c-kit, EGFR, PDGFRα and c-met,<br />
while a puntiform mutation on PDGFRβ exon 18 (D850V)<br />
was found in the unique frankly malignant case.<br />
Conclusions<br />
We found that, among “drugable” tyrosine kinases, PDGFRβ<br />
and c-met were consistently expressed in SFT thus appearing<br />
somewhat involved in neoplastic growth mechanisms, while<br />
c-kit, EGFR and PDGFRα were completely negative or expressed<br />
in a limited number of cases, respectively. Most important,<br />
no mutations were detected on the tested exons of c-<br />
kit, EGFR, PDGFRα and c-met, while a puntiform mutation<br />
on PDGFRβ exon 18 was observed only in the sarcomatous<br />
SFT. This finding clearly needs further investigations on<br />
larger series of malignant SFT, but one could argue that<br />
PDGFRβ mutations may be a key molecular step in malignant<br />
transformation of SFT and a predisposing event for targeted<br />
therapies with selective inhibitors.<br />
La certezza della diagnosi anatomo-clinica<br />
nei casi del registro siciliano dei mesoteliomi<br />
R. Tumino * ** , C. Nicita ** , S. Scondotto *** , G. Dardanoni<br />
*** , M. Di Giorgi *** , A. Nicolosi *** , A. Mira ***<br />
*<br />
U.O. Anatomia Patologica e ** Registro Tumori, Dipartimento<br />
Oncologia, Azienda Ospedaliera Ragusa; *** Dipartimento<br />
Osservatorio Epidemiologico Regione Sicilia, Palermo<br />
Introduzione<br />
La diagnosi di mesotelioma maligno richiede spesso un notevole<br />
impegno professionale e non può prescindere da un corretto<br />
inquadramento anatomo-clinico e radiologico-chirurgico<br />
del paziente. Le informazioni raccolte dal Registro Regionale<br />
Siciliano dei Mesoteliomi, istituito nel 1998 e riconosciuto<br />
dell’ISPESL, hanno reso possibile valutare il grado di<br />
certezza della diagnosi dei casi registrati nel periodo 1998-<br />
2002.<br />
Metodi<br />
Analisi descrittiva dei 280 casi di mesotelioma maligno in<br />
pazienti residenti in Sicilia corredati da referto isto/citologico.<br />
In accordo alle linee guida del DPCM n° 308 del<br />
10.12.02 i pazienti sono stati classificati nelle seguenti categorie:<br />
mesotelioma maligno certo (con tre sottolivelli di<br />
certezza), mesotelioma maligno probabile (con due sottolivelli<br />
di probabilità) e mesotelioma maligno da definire. I<br />
dati sono tabulati per sesso e sede anatomica (pleura, peritoneo<br />
e pericardio).<br />
Risultati<br />
La Tabella evidenzia come l’istologia, l’IHC e la diagnostica<br />
per immagini (RX/TC) sono documentati e coerenti in 142<br />
Livello di certezza diagnostica Tipo e coerenza della base di diagnosi Num. di casi e %<br />
Mesotelioma certo Istologia, IHC e RX/TC coerenti. 142 50,7%<br />
(quadro istologico caratteristico) Istologia e RX/TC coerenti;<br />
IHC non effettuata o non dirimente 99 35,4%<br />
o non disponibile<br />
Istologia caratteristica;<br />
IHC e RX/TC non effettuati o 5 1,7%<br />
non dirimenti o non disponibili.<br />
Mesotelioma probabile Citologia con Citoncluso e RX/TC coerenti. 10 3,6%<br />
(quadro citologico caratteristico) Citologia senza Citoincluso e RX/TC coerenti 9 3,2%<br />
Istologia o citologia dubbia Istologia o Citologia dubbia senza IHC o 15<br />
(casi da definire) IHC dubbia; RX/TC non significativo o dubbio 5,4%<br />
TOTALE 280 100%
240<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
dei 280 casi (50,7%), mentre 99 (35,4%) e 5 (1,7%) casi con<br />
quadro morfologico caratteristico non sono hanno rispettivamente<br />
IHC o IHC e RX/TC documentati o coerenti; i mesoteliomi<br />
probabili, cioè con diagnosi citologica e RX/TC significativa,<br />
sono rappresentati da 10 casi in cui l’esame citologico<br />
è stato fatto su striscio e citoinclusione e da 9 pazienti<br />
con solo il preparato su striscio. In 15 casi istologici (5,4%)<br />
non è stato possibile documentare la diagnosi in maniera conclusiva.<br />
Il più alto grado di certezza diagnostica (istologia,<br />
IHC e RX/TC coerenti) si è osservato nei due casi a localizzazione<br />
pericardica, in 11 dei 16 casi a localizzazione peritoneale<br />
e solo in 129 dei 257 mesoteliomi pleurici. L’IHC non<br />
è stata documentata o valutabile in 10 dei 20 mesoteliomi sarcomatosi<br />
e in 5 dei 12 bifasici mentre è risultata documentata<br />
nel 65% degli epiteliali. Il 72,5% delle donne affette da<br />
mesotelioma ha avuto il massimo livello di certezza diagnostica,<br />
mentre negli uomini questa percentuale è stata pari al<br />
49,1%.<br />
Conclusioni<br />
Similmente alle altre regioni italiane si evidenzia che la diagnosi<br />
anatomo-clinica di mesotelioma non è documentabile<br />
in maniera definitiva in una discreta percentuale di casi; per<br />
migliorare la clinical governance ed in considerazione delle<br />
implicazioni medico-legali di questo tumore appare utile implementare<br />
audit anatomo-clinici al fine di ottimizzare la<br />
performance diagnostica.<br />
Espressione dei recettori per l’EGF (EGFR,<br />
ERBB2, ERBB3 e ERBB4) nei tumori<br />
neuroendocrini del polmone<br />
D. Vitolo, L. Ciocci, G. Deriu, S. Cortese, M. Matarrazzo,<br />
F. Longo, C.D. Baroni<br />
Dipartimento di Medicina Sperimentale e Patologia, I Facoltà<br />
di Medicina e Chirurgia, Università di Roma “La Sapienza”<br />
Introduzione<br />
L’espressione e la codistribuzione dei recettori per l’EGF<br />
partecipano ai meccanismi fondamentali che regolano la crescita<br />
e progressione neoplastica di numerosi tumori umani ed<br />
in alcuni di essi hanno assunto significato prognostico (EG-<br />
FR nei tumori della testacollo) e terapeutico (ErbB2 nel carcinoma<br />
della mammella).<br />
Metodi<br />
L’espressione e la codistribuzione di EGFR, ErbB2, ErbB3 e<br />
ErbB4 sono state valutate in 14 carcinomi epidermoidali, 22<br />
adenocarcinomi, 11 carcinomi bronchioloalveolari, 20 carcinoidi<br />
atipici, 11 carcinomi neuroendocrini a piccole cellule e<br />
10 carcinomi neuroendocrini a grandi cellule mediante metodo<br />
immunoistochimico.<br />
Risultati<br />
EGFR è espresso e codistribuito nel 50% dei carcinomi non<br />
a piccole cellule e nel 30% dei carcinoidi atipici. Nei carcinomi<br />
neuroendocrini a piccole e grandi cellule questo recettore<br />
è espresso rispettivamente nel 18% e 40% dei casi e codistribuito<br />
nel 33% e 50% di quelli positivi. ErbB2 è espresso<br />
e codistribuito nel 50% dei carcinomi non a piccole cellule<br />
e nel 60% dei carcinoidi atipici, in cui è codistribuito nel<br />
75% dei casi positivi. ErbB2 è espresso rispettivamente nel<br />
45% e 33% dei carcinomi neuroendocrini a piccole e grandi<br />
cellule ed è codistribuito nell’83% e nel 37% dei casi positivi.<br />
ErbB3 è espresso e codistribuito nel 70% circa dei carcinomi<br />
non a piccole cellule e nel 65% dei carcinoidi atipici, in<br />
cui è codistribuito nel 75% dei casi positivi. ErbB3 è espresso<br />
rispettivamente nel 27% e 50% dei carcinomi neuroendocrini<br />
a piccole e grandi cellule ed è codistribuito nel 50% e<br />
72% dei casi positivi. ErbB4 è espresso e codistribuito<br />
nell’85% circa dei carcinomi non a piccole cellule, ed è<br />
espresso nel 75% dei carcinoidi atipici in cui è codistribuito<br />
nell’81% dei casi positivi. ErbB4 è espresso e codistribuito<br />
nel 90% dei carcinomi neuroendocrini a piccole e grandi cellule.<br />
Conclusioni<br />
EGFR non sembra giocare un ruolo significativo nella patogenesi<br />
dei tumori neuroendocrini. L’espressione e la codistribuzione<br />
di ErbB2 nel carcinoide atipico e nel carcinoma neuroendocrino<br />
a piccole cellule ne suggeriscono un possibile<br />
ruolo patogenetico in queste neoplasie. L’espressione e la codistribuzione<br />
di ErbB3 nel carcinoide atipico, potrebbe correlare<br />
con la capacità differenziativa di queste neoplasie, come<br />
già osservato in letteratura nei carcinomi non a piccole<br />
cellule
PATHOLOGICA 2005;97:241-250<br />
Patologia gastro-intestinale<br />
Gene expression profiles of primary and<br />
metastatic pancreatic endocrine tumours<br />
reveal potential new markers and targets for<br />
therapy<br />
M. Milione, G. Capurso, S. Lattimore * , T. Crnogorac-Jurcevic<br />
* , F. Panzuto, V. Bhakta * , E. Pilozzi ** , A. Vecchione<br />
** , N. Campanini *** , C. Bordi *** , N.R. Lemoine, G. Delle<br />
Fave<br />
Digestive and Liver Disease Unit, II Medical School, University<br />
“La Sapienza”, Roma; * Molecular Oncology Unit,<br />
Cancer Research UK Clinical Centre, Barts and the London<br />
School of Medicine, London; ** Pathology Unit, II Medical<br />
School, University “La Sapienza”, Roma; *** Department of<br />
Pathology, University of Parma<br />
Introduction<br />
Pancreatic endocrine tumours (PETs) are rare and heterogeneous<br />
tumors. At time of diagnosis, some 2/3 of “non-functioning”<br />
(NF) pancreatic endocrine tumours (PETs) have liver<br />
metastases, which are the most important factors affecting<br />
their prognosis. The molecular pathway leading to islet cells<br />
carcinogenesis and progression is poorly understood. There<br />
have been few attempts to investigate the expression profiles<br />
of PETs, yet limiting the analysis to primary lesions.<br />
We therefore aimed at investigating the RNA-based global<br />
expression of a subset of aggressive, sporadic, NF PETs,<br />
characterized by disease progression, and by the presence of<br />
liver metastases, as these cases would benefit from new therapeutic<br />
approaches.<br />
Matherial and methods<br />
To investigate the RNA-based global expression of NF PETs,<br />
focusing on the abnormalities leading to the metastatic<br />
process. We analyzed the expression profiles of 16 NF PETs<br />
samples (9 primary lesions, 7 liver metastases) from 10 patients<br />
and of 3 PETs cell lines (BON, QGP and CM) using<br />
purified pancreatic islets as reference on the Affymetrix Human<br />
Genome U133 Set, consisting of two GeneChip® arrays,<br />
containing 45,000 probe sets, rapresenting almost the<br />
entire human genome. Differentially expressed genes were<br />
identified by a Welch two sample t-test using the false discovery<br />
rate correction with a cut off value, of p value lower<br />
than 0.001. The clustering of the samples and the geneontology<br />
of the disregulated genes were analysed using appropriate<br />
bioinformatic tools. Selected genes potentially involved<br />
with the metastatic process or possibly available as biomarkers,<br />
and not described in islet cells or PETs before, were validated<br />
by immunohistochemistry on an independent set of 29<br />
PETs and/or by qrt-pcr on 13 PETs and purified islets.<br />
Results<br />
A list of 738 individual disregulated genes (491 from the A<br />
chip, 247 from the B chip), 524 of them upregulated, 214<br />
dowregulated in PETs was obtained. Analysis of the expression<br />
profiles revealed co-clustering of matched primary and<br />
metastatic lesions. Of the upregulated genes the bridging interactor<br />
1 (BIN-1) resulted expressed only in alfa cells in normal<br />
islets and stained 57% of primary and 86% of metastatic<br />
lesions at IHC; overexpression of the src-like kinase LCK<br />
was confirmed by IHC on 50% of primary and 28% of<br />
metastatic lesions with intracellular localization changing<br />
from only membrane in normal islets to membrane and cytoplasmatic<br />
in neoplastic cells. Overexpression of SERPIN A10<br />
and of bone marrow stromal antigen 2 (BST-2) were confirmed<br />
by qrt-pcr in 57% of primary lesions, and in 100% and<br />
83% of metastatses, respectively.<br />
Conclusions<br />
In conclusion, we have analysed for the first time the genetic<br />
expression profiles of both primary and liver metastases of<br />
aggressive endocrine carcinoma, with findings suggesting a<br />
close similarity between matched lesions. Moreover, we have<br />
identified disregulated genes that may eventually be useful<br />
markers (SERPIN A10, BIN-1) or targets for therapy (LCK)<br />
in PETs.<br />
Progressione della colite ulcerativa cronica in<br />
relazione a parametri clinici (DAI score) e<br />
morfologici (proliferazione - apoptosi)<br />
A.M. Anniciello, A. Iacono, T. Staiano * , F. Ventre, M.<br />
D’Armiento, F.P. D’Armiento<br />
Dipartimento di Scienze Biomorfologiche Funzionali, Sezione<br />
Anatomia Patologica e Citopatologia; * Dipartimento di<br />
Gastroenterologia, Università “Federico II”, Napoli<br />
Introduzione<br />
L’attività della colite ulcerativa cronica può essere clinicamente<br />
valutata mediante il “disease activity index” (DAI: <<br />
3, tra 3 e 6; tra 7 e 10, > 10) secondo parametri di remissione,<br />
sanguinamento, diarrea, fragilità mucosale. Obiettivo dello<br />
studio è la correlazione del DAI score con il quadro morfologico<br />
(immunoistochimica – Ki67 e p53; istochimica – Tunel),<br />
ipotizzando che la proliferazione cellulare e l’apoptosi<br />
influenzano la normale omeostasi cellulare incidendo su andamento<br />
della malattia.<br />
Metodi<br />
Abbiamo reclutato 31 pazienti (20 M, 11 F, età media M =<br />
43; F = 38), tutti privi di complicanze (megacolon, cancro),<br />
in follow-up endoscopico/bioptico, intervallo mediano di 8<br />
anni (r4-16), confrontando la morfologia con la clinica all’esordio<br />
di malattia (T0) e all’ultimo controllo (T1). È stato effettuato<br />
studio immunoistochimico con Ki67 e p53, e studio<br />
istochimico dell’apoptosi mediante TUNEL. La positività<br />
cellulare è stata valutata dividendo la ghiandola in 2 parti: basale<br />
e superficiale. I dati del DAI score e quelli morfologici<br />
sono stati elaborati mediante analisi statistica con il Mann-<br />
Whitney U-test.<br />
Risultati<br />
I valori ottenuti dal DAI score hanno mostrato un significativo<br />
incremento dell’attività di malattia tra T0 e T1: DAI < 3:<br />
8 vs. 3 (p < 0,05); DAI 3-6: 18 vs. 21 (p NS); DAI 7-10: 5 vs.<br />
7 (p < 0,05). In 11 pz su 31 si è verificato un aumento clinico<br />
dell’attività della malattia. I valori mediani di Ki67, p53 e<br />
Tunel variano in maniera significativa se confrontati tra T0 e<br />
T1 (Ki67 9 vs. 14 p = 0,015; p53 10 vs. 16 p = 0,046; apoptosi<br />
12 vs. 24 p = 0,015). L’aumento dell’espressione dei 3<br />
marcatori nel tempo si associa ad un comportamento stazionario<br />
della malattia (proctite o colite sinistra), confermato dal<br />
DAI che negli stessi 9 casi non ha subito variazioni tra l’esordio<br />
di malattia e la fine del follow-up (pNS); un decremento<br />
o una stazionarietà del Ki67 con associato incremento<br />
dell’indice apoptotico e della p53si associa invece ad un’e-
242<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
stensione della malattia (pancolite) con un DAI che subisce<br />
un parallelo incremento nel tempo (11 casi) (p = 0,048).<br />
Conclusioni<br />
I risultati confermano l’ipotesi che il mantenimento dell’omeostasi<br />
cellulare nei confronti delle noxae patogene della<br />
malattia è l’elemento più importante che condiziona non solo<br />
l’evoluzione verso le complicanze quanto la progressione<br />
della malattia.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Chigara Hagiwara, et al. J Gastroenterol Hepatol 2002;17:758-64.<br />
2<br />
Campieri M. Aliment Pharmacol Ther 2003;17:1471-80.<br />
Descrizione di un caso di tumore pleomorfo<br />
della testa del pancreas: limiti della<br />
diagnostica estemporanea in corso di CPRE<br />
V. Arena, P. Federico, G. Petrone, E. Stigliano, F. De<br />
Giorgio * , A. Capelli<br />
Istituto di Anatomia Patologica; * Istituto di Medicina Legale,<br />
Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma<br />
Introduzione<br />
La diagnosi intraoperatoria delle lesioni pancreatiche non è<br />
agevole nei casi di adenocarcinomi ben differenziati e nei casi<br />
di pancreatite cronica con notevole distorsione architetturale.<br />
Solitamente la ricerca di invasione perineurale e l’attento<br />
esame dei caratteri citologici delle formazioni ghiandolari<br />
può essere d’aiuto. Nel caso di neoplasie a pattern non adenocarcinomatoso,<br />
le caratteristiche istomorfologiche sono di<br />
solito di aiuto nel formulare una diagnosi corretta.<br />
Materiali metodi e risultati<br />
Descriviamo un caso di un tumore pleomorfo della testa del<br />
pancreas la cui diagnosi è stata possibile solo dopo autopsia<br />
in quanto l’esame estemporaneo in corso di CPRE ha documentato<br />
solo frammenti di tessuto fibroso costituiti da elementi<br />
fusati non atipici a pattern storiforme, con una buona<br />
quota di infiltrato flogistico inglobante porzioni di tessuto<br />
pancreatico atrofico. Il paziente giungeva all’exitus senza<br />
una diagnosi di natura ed in sede di riscontro diagnostico si<br />
confermava a livello della testa del pancreas, una neoformazione<br />
di 11 x 9 x 7 cm intimamente adesa alla C duodenale.<br />
Macroscopicamente la neoplasia appariva costituita da aree<br />
di colorito bianco giallastro con aree di necrosi ed istologicamente<br />
trattavasi di un tumore pleomorfo costituito da una duplice<br />
popolazione cellulare: la prima fusata, atipica, organizzata<br />
in pattern storiforme. La seconda formata da larghi elementi<br />
multinucleati.<br />
Conclusioni<br />
La diagnosi etiologica delle ostruzioni biliari in caso di lesioni<br />
pancreatiche sospette per neoplasia, è richiesta nei casi<br />
di non resecabilità o quando si renda necessaria una radiochemioterapia<br />
palliativa. L’approccio diagnostico percutaneo<br />
mediante US o TAC mostra dei limiti operativi e solitamente<br />
viene evitato per il rischio di disseminazione intraaddominale.<br />
La CPRE è considerata una metodica più sensibile, e lo<br />
dovrebbe essere ancor di più nel caso di tumori pancreatici<br />
non convenzionali. Il caso da noi descritto mostra però che vi<br />
sono ancora limiti nella metodica, in relazione al fatto che<br />
spesso tali neoplasie sono circondate e frammiste a tessuto<br />
infiammatorio e fibrotico. Pertanto una negatività del reperto<br />
cito-istologico ottenuto mediante CPRE non può essere presa<br />
come elemento diagnostico di certezza se contrasta col sospetto<br />
clinico o radiologico. Si deve pertanto pensare o ad altre<br />
procedure invasive o ad una ripetizione dell’esame con un<br />
più esteso campionamento.<br />
Espressione di EGFR negli adenocarcinomi del<br />
colon: analisi immunoistochimica (IHC)<br />
comparativa tra metodica DAkOCytomation<br />
(EGFRpharmDx ® ) e ventana (CONFIRMAnti-<br />
EGFR) e assetto molecolare in FISH<br />
L. Baron, M. Postiglione, P. Beltotti, N. De Stefano, F.<br />
Quarto<br />
U.O. di Anatomia ed Istologia Patologica e Citopatologia<br />
P.O. “S. Leonardo”, Castellammare di Stabia (NA), Italy<br />
Introduzione<br />
Il significato clinico della sovraespressione di EGFR è legato<br />
più che al suo ruolo prognostico a quello predittivo della<br />
suscettibilità all’immunoterapia con cetuximab.<br />
Metodi<br />
Abbiamo comparato l’espressione di EGFR in 118 adenocarcinomi<br />
del colon avvalendoci di due diversi test IHC (EG-<br />
FRpharmDx ® DAkOCytomation e CONFIRMAntiEGFR<br />
Ventana). Per entrambe le metodiche l’immunoreattività, valutata<br />
come positività di membrana con o senza diffusione citoplasmatica<br />
è stata gradata con metodica semiquantitativa<br />
come % di cellule positive con un cut-off di positività<br />
dell’1% come indicato dallo score consigliato. Tutti i campioni<br />
sono stati inoltre sottoposti a metodica molecolare, FI-<br />
SH, (LSI-EGFR/CEP7, Vysis ® ) per evidenziare l’eventuale<br />
amplificazione/delezione genica del recettore. Abbiamo poi<br />
correlato la sovraespressione di EGFR ai parametri istomorfologici<br />
classici. L’analisi statistica è stata effettuata utilizzando<br />
il test del χ 2 .<br />
Risultati<br />
Con il test EGFRpharmDx ® -DAkOCytomation su 118 casi<br />
da noi analizzati il 12% ha mostrato solo una debole e focale<br />
positività ed è stato pertanto considerato negativo. L’88%<br />
dei casi positivi si distribuisce in modo eterogeneo in 3 diversi<br />
classi di positività: il 65,3% (68) ha mostrato solo diffusione<br />
citoplasmatica, il 24% (25) una diffusione citoplasmatica<br />
accom<strong>pag</strong>nata da una positività di membrana e solo<br />
il 10,7% (11) esclusivamente positività di membrana.<br />
Nella metodica IHC CONFIRMAntiEGFR-Ventana la %<br />
dei casi negativi sale dal 12% al 19% a danno della classe di<br />
immunoreattività del tipo diffusione citoplasmatica mentre<br />
rimangono sostanzialmente immodificate le altre 2 classi di<br />
positività.<br />
L’analisi molecolare in FISH dei campioni positivi ha evidenziato<br />
solo un 2,5% di amplificazioni geniche; pertanto, a<br />
differenza di quella di HER2, la sovraespressione di EGFR<br />
non è altrettanto evidente e non sembra guidata tanto dall’amplificazione<br />
genica ma piuttosto da molteplici pathway<br />
di attivazione che codificherebbero per una forma mutata del<br />
recettore. Inoltre la sovraespressione proteica di EGFR non<br />
ha mostrato alcuna correlazione statisticamente significativa<br />
con i parametri istomorfologici considerati.<br />
Conclusioni<br />
L’espressione di EGFR ha mostrato una tale eterogeneità, indipendente<br />
dalla metodica, da rendere troppo riduttiva l’esclusiva<br />
indicazione di un cut-off di positività dell’1% che<br />
comprenda un ventaglio di neoplasie ad espressione recettoriale<br />
certamente non sovrapponibile.
PATOLOGIA GASTRO-INTESTINALE<br />
243<br />
Morphological evidence of neutrophil-tumor<br />
cell phagocytosis (cannibalism) in human<br />
gastric adenocarcinomas and in nonneoplastic<br />
foveolar cells<br />
R.A. Caruso, G. Basile, C. Crisafulli, E. Quattrocchi, F.<br />
Fedele, A. Bonanno, C. Fazzari, G. Pizzi<br />
Dipartimento di Patologia Umana, Policlinico Universitario,<br />
Messina<br />
The phenomenon of neutrophil-tumor cell emperipolesis or<br />
phagocytosis (cannibalism) has been documented by light<br />
microscopy in various human carcinomas, but little is known<br />
about the cellular pathological processes and the morphological<br />
changes involved. In an attempt to clarify the nature of<br />
this phenomenon, our ultrastructural studies on the relationships<br />
among neutrophils and tumor cells in human gastric<br />
carcinomas and in non-neoplastic gastric mucosa are reviewed<br />
and analyzed. At the electron microscopy, apoptotic<br />
neutrophils were found within vacuoles of adenocarcinoma<br />
cells in two cases. They showed either early apoptotic morphology<br />
with perinuclear chromatin aggregation but cytoplasm<br />
integrity or late apoptotic morphology with uniform,<br />
collapsed nucleus and tightly packed cytoplasmic granules. A<br />
light microscopy review of 200 cases of resected gastric carcinomas<br />
identified 22 cases (11%) that were characterized by<br />
neutrophil-tumor cell phagocytosis (cannibalism). TUNEL<br />
staining confirmed the presence of apoptotic neutrophils<br />
within the cytoplasm of the tumor cells. Neutrophil cannibalism<br />
is not specific for tumor. In 3 out of 22 control specimens<br />
apoptotic neutrophils were seen in the cytoplasm of non-neoplastic<br />
foveolar cells. This study provide light and electron<br />
microscopic evidence of apoptotic neutrophils phagocytosed<br />
both by gastric adenocarcinoma cells and normal foveolar<br />
cells.<br />
Mucosa gastrica eterotopica nella colecisti:<br />
case report<br />
V. Ciuffetelli, G. Calvisi * , M. De Vito, D. Barbera, A.R.<br />
Vitale, P. Leocata<br />
Università dell’Aquila, Dipartimento di Medicina Sperimentale,<br />
Cattedra di Anatomia Patologica; * ASL4 U.O. Anatomia<br />
Patologica<br />
Introduzione<br />
La presenza di mucosa gastrica nella colecisti è estremamente<br />
insolita; in letteratura ne sono stati descritti 42 casi, tre dei<br />
quali asintomatici. I sintomi di solito si manifestano sotto<br />
forma di colecistite acuta (nei pazienti con età inferiore ai 20<br />
aa) o con colecistite cronica, calcolosi ed ematobilia, nei pazienti<br />
più anziani 1 . Talvolta all’eterotopia può associarsi anche<br />
metaplasia intestinale di tipo colico, talora con focolai displastici.<br />
Carcinomi possono insorgere su ectopia gastrica<br />
così come su metaplasia intestinale.<br />
Caso clinico<br />
Alla nostra osservazione è giunto il caso di una paziente di 36<br />
aa con sindrome addominale, sottoposta ad intervento di colecistectomia<br />
retrograda sottosierosa, successivo ad esame ecotomografico<br />
epatobiliare che aveva messo in evidenza all’interno<br />
della colecisti, in sede periinfundibolare, “una neoformazione<br />
isoecogena al parenchima epatico, ovalariforme, delle<br />
dimensioni di cm 2,5 x 1,4, contigua alla parete inferiore della<br />
colecisti stessa, la cui sede non si modificava alle variazione<br />
dei decubiti, riferibile in prima ipotesi ad adenoma”.<br />
Risultati<br />
Il campione operatorio misurava cm 6,5 x 3 e presentava una<br />
formazione polipoide sottoinfundibolare dell’altezza di cm 2,1.<br />
Non erano presenti formazioni calcolotiche. L’esame istologico<br />
ha rivelato che la formazione polipoide consisteva di mucosa<br />
gastrica eterotopica con cellule parietali e colonnari mucosecernenti<br />
e diffusa iperplasia criptica. La mucosa adiacente<br />
mostrava le tipiche caratteristiche della colecistite cronica.<br />
Discussione<br />
L’eterotopia gastrica è stata descritta in tutto il tratto gastrointestinale,<br />
dalla cavità orale al retto. Curiosamente però<br />
è estremamente rara nella colecisti, dove generalmente si manifesta<br />
con sintomi di colecistite acuta, soprattutto nei giovani.<br />
Embriologicamente la colecisti origina dal “primordio”<br />
epatico, che deriva dalla superficie ventrale dell’intestino primitivo<br />
(foregut) caudalmente allo stomaco in via di sviluppo.<br />
Entrambi sono in prossimità del setto traverso durante l’ultimo<br />
stadio di sviluppo. Sembra pertanto che l’eterotopia possa<br />
derivare sia da un intrappolamento di tessuto gastrico primitivo,<br />
che da una differenziazione eterotopica all’interno<br />
della colecisti o da una differenziazione metaplastica.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Xeropotamos N, et al. Gut 2001;48:719-23.<br />
Carcinoma ereditario non poliposico del<br />
colon (HNPCC) da delezione completa del<br />
gene MSH2: un caso ad insorgenza precoce<br />
(17 anni) con storia famigliare non<br />
significativa<br />
L. Delsedime, E. David, M. Micheletti, M. Barberis * , I.<br />
Borelli * , A. Allavena * , A. Arrigoni ** , E. Grosso * , B. Pasini<br />
* , N. Migone *<br />
SCDU Anatomia Patologica I; * SCDU Genetica Medica, **<br />
SC Gastroenterologia, “S. Giovanni Antica Sede”, Azienda<br />
Ospedaliera “S. Giovanni Battista” di Torino, Università di<br />
Torino<br />
Introduzione<br />
Nella Regione Piemonte è attivo dal 2002 un Programma di<br />
screening per il carcinoma ereditario non poliposico del colon<br />
retto (HNPCC) che ha permesso di raccogliere fino ad ora una<br />
casistica di 325 casi probandi, di cui 217 con dati completi di<br />
analisi immuno-istochimica e di ricerca instabilità dei microsatelliti<br />
(MSI) su tessuto; lo screening mutazionale è attualmente<br />
completo in 89 casi. I casi di età < 40 anni sono 69.<br />
Caso clinico<br />
Presentiamo il caso di una ragazza cui viene diagnosticato un<br />
adenocarcinoma del colon destro pT3-N0 all’età di 17 anni;<br />
l’anamnesi famigliare non risultava significativa (ad eccezione<br />
per una nonna con neoplasia del colon ed isterectomia all’età<br />
di 54 aa). Successivamente, con il comparire di altri due casi<br />
di tumore al colon in parenti di primo grado (padre a 48 e zio<br />
a 51 aa), il caso viene rivalutato ed inviato presso i ns Laboratori<br />
per gli approfondimenti diagnostici su tessuto neoplastico<br />
d’archivio, nel sospetto clinico di HNPCC. All’indagine immunoistochimica<br />
è stata osservata nel tumore doppia negatività<br />
di espressione per MSH2 e MSH6, con espressione conservata<br />
per la proteina codificata dal gene MLH1. Due dei tre<br />
microsatelliti presi in considerazione (BAT25 e BAT40) sono
244<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
risultati instabili, mentre BAT26 è risultato stabile; complessivamente<br />
il reperto è stato di alta instabilità (MSI-H). Questi risultati<br />
hanno indirizzato alla ricerca della mutazione germinale.<br />
L’analisi mutazionale in DHPLC non ha messo in evidenza<br />
mutazioni puntiformi nei geni MSH2 ed MLH1. La successiva<br />
analisi con multiplex ligation-dependent probe amplification<br />
(MLPA) ha messo in evidenza la delezione completa del<br />
gene MSH2. Le stesse analisi sono state poi effettuate su campioni<br />
istologici e su sangue del padre e sono state osservate le<br />
medesime alterazioni.<br />
Conclusioni<br />
Delezione completa di MSH2 è stata riscontrata nella nostra<br />
casistica solamente in questa famiglia ed in un’altra con carcinoma<br />
del colon destro a 36 aa. nel probando.<br />
La rilevanza del caso è data dalla giovane età di insorgenza,<br />
dalla situazione iniziale di apparente non-rischio famigliare,<br />
dalla stabilità del microsatellite BAT26 e dal tipo infrequente<br />
di mutazione riscontrata, cioè delezione completa del gene<br />
MSH2.<br />
Il dato di un’età così giovanile di insorgenza di carcinoma del<br />
colon deve essere tenuto in considerazione nella valutazione<br />
di tempi di sorveglianza colonscopica nelle famiglie<br />
HNPCC.<br />
Depletion of MTDNA limited to the external<br />
layer of muscularis propria induces<br />
gastrointestinal dysmotility in a MNGIE<br />
patient<br />
C. Giordano, M. Sebastiani, C. Travaglini, P. Sale, M.L.<br />
Valentino * , V. Carelli * , G. d’Amati<br />
Dipartimento di Medicina Sperimentale e Patologia, Università<br />
di Roma “La Sapienza”; * Dipartimento di Scienze Neurologiche,<br />
Università di Bologna<br />
Introduction<br />
Mitochondrial neurogastrointestinal encephalomyopathy<br />
(MNGIE) is an autosomal recessive disease clinically defined<br />
by severe gastrointestinal dysmotility, cachexia, ptosis,<br />
ophthalmoparesis, peripheral neuropathy, white matter<br />
changes in brain MRI, and mitochondrial abnormalities.<br />
Loss-of-function mutations in thymidine phosphorylase (TP)<br />
gene induce pathologic accumulations of thymidine and deoxyuridine,<br />
which generate mtDNA defects (depletion, multiple<br />
deletions and point mutations).<br />
The origin of gastrointestinal dysmotility is currently unclear.<br />
Material and methods<br />
We present a detailed histological description of the gastrointestinal<br />
tract of a patient carrying the homozygous TP<br />
mutation 1443G > A and, by the mean of laser capture microdissection,<br />
correlate the morphological findings with<br />
mtDNA abnormalities.<br />
Results<br />
Small intestine showed marked atrophy of the external layer<br />
of muscularis propria, with evidence of cytoplasmic vacuolization,<br />
mitochondrial proliferation and nuclei with condensed<br />
chromatin. In contrast, the internal layer and the<br />
myenteric and submucosal plexi were unremarkable. Genetic<br />
analysis revealed strikingly selective depletion of mtDNA<br />
in the small intestine, compared to esophagus, stomach and<br />
colon. Microdissection of the small intestine revealed depletion<br />
of mtDNA only in the external layer of muscularis propria.<br />
Interestingly, analysis of the gastrointestinal tract from<br />
ten controls revealed a non-homogeneous distribution of<br />
mtDNA content; the small intestine had the lowest levels of<br />
mtDNA. Multiple deletions were detected only in the upper<br />
esophagus and in skeletal muscle. Site-specific somatic point<br />
mutations, mostly T > C transitions preceded by 5’poly-A sequences,<br />
were detected at low abundance both in the muscle<br />
and nervous tissue of the gastrointestinal tract.<br />
Conclusions<br />
We conclude that profound mtDNA depletion in the external<br />
layer of muscularis propria is the major determinant for the<br />
morphologic changes and indicates that visceral myopathy is<br />
responsible for gastrointestinal dysmotility in this MNGIE<br />
patient. Our results suggest that tissues with constitutively<br />
low amounts of mtDNA may be more sensitive to defects of<br />
thymidine phosphorylase.<br />
Epstein-Barr virus infection in gastric<br />
carcinomas with peritumoral neutrophil<br />
infiltration<br />
A. Ieni, G. Niedobitek * , T. Kirchner * , R.A. Caruso, C. Inferrera<br />
Dipartimento di Patologia umana Messina; * Institute Of<br />
Pathology, University Of Erlangen, Germany<br />
The Epstein-Barr virus is a ubiquitous human herpesvirus<br />
which establishes a life-long persistent infection of B-cells in<br />
over 90% of the human adult population. The association of<br />
Epstein-Barr virus (EBV) with a proportion of gastric carcinomas<br />
is well established. We have recently identified tumour<br />
infilration by neutrophils as a potential indicator of a<br />
favourable prognosis in advanced gastric cancer (AGC). Here<br />
we have tested the hypothesis that infiltration by neutrophils<br />
may be related to EBV infection of the tumour cells.<br />
Methods<br />
One hundred cases of gastric carcinomas (50 carcinomas with<br />
peritumoral neutrophil infiltration – 50 gastric adenocarcinomas<br />
without stromal inflammatory reaction) were analysed by<br />
in Situ Hybridization for the detection of the EBV-encoded<br />
small nuclear RNAs (EBERs) 35S-labelled probes were employed<br />
and bound probes were detected by autoradiography.<br />
Results<br />
In situ hybridization showed EBV infection of the tumour<br />
cells in one case of neutrophil-rich gastric carcinoma and in<br />
one case of ordinary carcinoma (2%). In one of these cases,<br />
EBV infection was detected both in tumour tissue and in the<br />
adjacent non-neoplastic mucosa. These data confirm that<br />
Epstein-Barr virus infection is rarely associated with gastric<br />
carcinoma and show that EBV is not preferentially found in<br />
AGC with neutrophils. Furthermore we provide evidence of<br />
viral infection of non-neoplastic gastric mucosa.<br />
Congenital malignant peripheral nerve<br />
sheath tumor of the small bowel<br />
unassociated with von Recklinghausen’s<br />
disease: a heretofore unreported occurrence<br />
E. Kuhn, F. Pallotti, L. Runza, S. Carinelli<br />
U.O. Anatomia Patologica, Ospedale Maggiore Policlinico<br />
“Mangiagalli - Regina Elena”, Milano, Italia<br />
Introduction<br />
Malignant peripheral nerve sheath tumor (MPNST) in children<br />
is uncommon, and is frequently associated with von
PATOLOGIA GASTRO-INTESTINALE<br />
245<br />
Recklinghausen’s disease (VRD) 1 . Congenital MPNST is a<br />
very rare entity with only a few cases reported. We report<br />
here the first case, to the best of our knowledge, of congenital<br />
MPNST of the small bowel.<br />
Methods<br />
Clinical features<br />
A 7-day-old term male infant presented with intestinal obstruction<br />
from birth. Ultrasound examination was not conclusive.<br />
Surgical exploration showed a mass in the jejunum,<br />
a 45 mm segment of which was resected. Clinical examinations<br />
showed no other evidences of disease. 3 months after<br />
the surgery the patient is well and free of disease.<br />
Pathological features<br />
The surgical specimen showed a 14 mm intramural polipoid<br />
lesion which obliterated the intestinal lumen. Microscopically,<br />
the lesion was composed of an unencapsulated spindle cell<br />
proliferation with infiltrative pattern of growth and high cellularity.<br />
The tumor cells were arranged in fascicles, and<br />
showed a moderate amount of eosinophilic cytoplasm and<br />
uniform oval nuclei with an inconspicuous nucleolus. The<br />
mitotic count was 3 mitosis/10HPF. No necrosis was present.<br />
The adjacent intestinal wall was unremarkable. Immunohistochemically,<br />
the tumor cells were diffusely positive for vimentin<br />
and focally for S100, while CD117, CD34, smooth<br />
muscle actin, desmin and EMA were negative.<br />
Conclusions<br />
Pediatric MPNST is a rare entity, most of them associated with<br />
VRD 1 . The usual locations are extremities, limb girdle, trunk,<br />
head and neck region, and retroperitoneum. There has been also<br />
described a congenital case in the orbital region. Our case is<br />
primarily located in the small bowel and does not present clinical<br />
evidence of VRD or another diseases. We believe that our<br />
case is the first report of a congenital MPNST in this location,<br />
unassociated with VRD, in the English literature.<br />
The differential diagnosis includes cellular schwannoma, especially<br />
the recently described congenital and childhood<br />
plexiform variant, cellular neurofibroma, GIST, fibrosarcoma<br />
and monophasic synovial sarcoma.<br />
The overall prognosis of the pediatric MPNST is not good,<br />
with a median survival of 45 months and 50% of local recurrences<br />
at 12 months 2 . We believe that our case is of lowgrade<br />
malignancy because of the patient’s age (< 7 years), the<br />
absence of VRD, small tumor size, the absence of necrosis<br />
and the low mitotic activity 2 .<br />
Acknowledgments<br />
we would like to thank Dr. Andrew E. Rosenberg (Boston)<br />
for his valuable opinion about our case.<br />
References<br />
1<br />
Ducatman B, et al. J Neuroncol 1984;2:241-8.<br />
2<br />
Meis J, et al. Am J Surg Pathol 1992;16:694-707.<br />
Aspetti morfologici della leismaniosi epatica<br />
AIDS associata. Analisi ultrastrutturale<br />
A. Labate, F. Albiero, R. Cicciarello, G. Costa, M.E. Gagliardi,<br />
P. Napoli Nania * , V. Cavallari<br />
Dipartimento di Patologia Umana, Policlinico Universitario,<br />
Università di Messina; * S.C. Azienda Ospedale “Piemonte”,<br />
Messina<br />
Introduzione<br />
La leismaniosi viscerale è considerata un’infezione opportunistica<br />
nei pazienti con immunodeficienza acquisita. Un aumento<br />
dell’incidenza è stata rilevata sia nelle aree endemiche<br />
che non endemiche. Viene riportato un caso di leismaniosi<br />
epatica in soggetto con AIDS e ne vengono descritti gli aspetti<br />
clinici e morfologici, dati strutturali ed ultrastrutturali.<br />
Storia clinica<br />
Il paziente presenta una storia clinica di circa 15 anni: tossicodipendente<br />
HIV positivo, da 10 anni HCV positivo. Da anni<br />
presenta infezione opportunistica da candida del tratto oro-esofageo.<br />
Pregresse infezioni da toxoplasma (IgG+) e CMV (Titolo<br />
> 22) Giunge all’ultimo ricovero in condizioni precarie con<br />
astenia insufficienza respiratoria (addensamento polmonare<br />
con aumento dell’aia cardiaca vengono evidenziati all’esame<br />
radiologico). Grave pancitopenia (Tab. A), alterata in maniera<br />
moderata la funzionalità epatica; CD4/CD8 dimezzato rispetto<br />
ai valori normali. Presenza di ab anti leismania 1:200 positivi.<br />
L’ECO addome evidenzia un fegato aumentato di volume e<br />
strutturalmente disomogeneo. Viene pertanto effettuato un prelievo<br />
bioptico che viene analizzato dalla nostra struttura.<br />
Analisi morfologica del campione bioptico<br />
La biopsia a noi pervenuta è stata analizzata in microscopia<br />
ottica e in microscopia elettronica a trasmissione.<br />
Microscopia ottica<br />
L’esame istologico mette in evidenza un ampliamento degli<br />
spazi potali, occupati da infiltrati linfocitari e sede di moderati<br />
fenomeni di fibrosi. La lamina limitante periportale è<br />
parzialmente frammentata. Gli epatociti mostrano moderati<br />
fenomeni regressivi.<br />
Microscopia elettronica<br />
L’esame ultrastrutturale evidenzia un’epatite cronica caratterizzata<br />
dalla presenza di un infiltrato infiammatorio linfoplasmacellulare<br />
e necrofagico in sede portale con profili linfocitari<br />
spesso aderenti alla lamina limitante epatocitaria. Si rileva altresì<br />
la presenza di fenomeni regressivi e sclerosi negli spazi di<br />
Disse. Si evidenziano profili di protozoi provvisti di ciglia, raggruppati<br />
in aggregati nel citoplasma delle cellule del Kupfer.<br />
Fattori prognostici utili nella routine per<br />
valutare il comportamento biologico del<br />
carcinoma epatocellulare<br />
A. La Mura, P.F. Bellomo * , G. Marino Marsilia * , R. Monaco<br />
* , G.G. Di Costanzo **<br />
Scuola di Specializzazione in Anatomia Patologica, Seconda<br />
Università di Napoli; * Unità Operativa Struttura Complessa<br />
di Anatomia Patologica, AORN “A. Cardarelli”, Napoli; **<br />
Unità Operativa Struttura Complessa di Epatologia ed Unità<br />
Pancreas, AORN “A. Cardarelli”, Napoli<br />
Introduzione<br />
Il carcinoma epatocellulare (HCC) è la più frequente neoplasia<br />
maligna primitiva del fegato e la sua prognosi è spesso<br />
difficile da prevedere. Con uno studio retrospettivo, abbiamo<br />
confrontato alcuni parametri che rientrano nella routine della<br />
diagnostica al fine di individuare fattori prognosticamente<br />
utili per poter meglio predire il comportamento biologico<br />
della neoplasia al momento della diagnosi.<br />
Metodi<br />
Abbiamo selezionato, dal 1999 al 2004, 30 casi di HCC a follow-up<br />
noto, di cui 29 nelle sue varianti classiche ed 1 caso<br />
di carcinoma fibrolamellare, trattati chirurgicamente. I 30 casi<br />
comprendono pazienti di età tra i 15 ed i 75 anni, con<br />
un’età media di 60 anni, tutti, ad eccezione del carcinoma fibrolamellare,<br />
insorti su epatopatia cronica con quadro morfologico<br />
francamente cirrotico o di iniziale sovvertimento no-
246<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
dulare ad eziologia nota. Abbiamo considerato il grado di differenziazione<br />
secondo Edmondson, le dimensioni, lo stadio<br />
al momento della diagnosi secondo il TNM, l’indice mitotico<br />
valutato con Ki-67, l’espressione immunoistochimica di<br />
p53 e CD34, il contenuto di DNA (ploidia), determinata mediante<br />
citometria dinamica, l’evoluzione clinica.<br />
Risultati<br />
Abbiamo osservato una correlazione positiva tra l’indice mitotico,<br />
il grado di differenziazione e la recidiva di malattia, indipendente<br />
dallo stadio e dalle dimensioni della neoplasia.<br />
CD34, valutato qualitativamente secondo il pattern di distribuzione<br />
e quantitativamente secondo 5 gradi esprimenti la percentuale<br />
di cellule endoteliali marcate in relazione alla superficie<br />
sinusoidale epatica 1 , ha mostrato la presenza di positività<br />
non solo alla periferia, ma anche all’interno dei noduli neoplastici<br />
con un’espressione aumentata rispetto al parenchima epatico<br />
circostante la neoplasia, ma con differenze non significativamente<br />
correlabili a nessuno degli alti parametri. L’espressione<br />
di p53 e la ploidia non hanno mostrato alcuna correlazione<br />
statisticamente significativa con nessun parametro.<br />
Conclusioni<br />
Nella nostra esperienza Ki-67 offre un’ulteriore informazione<br />
prognostica, ben correlabile al grado di differenziazione,<br />
ed utile soprattutto nei casi con basso stadio al momento della<br />
diagnosi. Nessuna informazione prognostica è data da p53<br />
e dalla ploidia. CD34 non rappresenta un fattore prognostico;<br />
il suo impiego è limitato alla diagnosi differenziale tra l’HCC<br />
ben differenziato ed i noduli displastici.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Park YN, et al. Am J Surg Pathol 1998;22:656-62.<br />
Espressione del gene MGMT nel carcinoma<br />
colo-rettale: correlazioni cliniche,<br />
patologiche e biomolecolari<br />
G. Lanza, R. Gafà, I. Maestri, L. Guerzoni, E. Miotto, S.<br />
Sabbioni, M. Negrini, L. Cavazzini<br />
Dipartimento di Medicina Sperimentale e Diagnostica, Università<br />
di Ferrara<br />
Introduzione<br />
La O 6 -metilguanina-DNA-metiltransferasi (MGMT) è un enzima<br />
di riparazione del DNA, che agisce principalmente rimuovendo<br />
gli addotti alchilici in posizione O 6 della guanina.<br />
Il gene MGMT è di particolare interesse in campo oncologico,<br />
essendo implicato sia nello sviluppo che nella terapia di<br />
numerosi tipi di tumore. Il significato clinico-patologico della<br />
inattivazione di MGMT nel carcinoma colo-rettale (CCR)<br />
è poco conosciuto. Nel presente studio è stata valutata la<br />
espressione di MGMT in una serie consecutiva di CCR in relazione<br />
a numerosi parametri clinici, patologici e molecolari<br />
ed alla metilazione del promoter del gene.<br />
Metodi<br />
La analisi immunoistochimica della espressione di MGMT e<br />
dei geni del DNA mismatch repair (MMR) MLH1, MSH2 e<br />
MSH6 è stata condotta su sezioni paraffinate con anticorpi<br />
monoclonali ed un sistema streptavidina-biotina-perossidasi.<br />
La instabilità dei microsatelliti è stata valutata con PCR fluorescente<br />
utilizzando markers mono e dinucleotidici, mentre<br />
la metilazione del promoter di MGMT è stata analizzata in 57<br />
casi mediante methylation-specific PCR.<br />
Risultati<br />
Perdita di espressione di MGMT è stata evidenziata in 44<br />
(22,4%) dei 196 tumori esaminati. La espressione di MGMT<br />
è risultata correlata alla età del paziente (P = 0,01) ed alla sede<br />
della neoplasia (P = 0,02), i tumori MGMT-negativi essendo<br />
più frequenti nei soggetti di età > 70 anni e nel colon<br />
prossimale. La espressione di MGMT non è risultata, invece,<br />
correlata al sesso, al grado di differenziazione, all’istotipo ed<br />
allo stadio. Perdita di espressione di MGMT è stata rilevata<br />
più spesso nei tumori con deficit del MMR che nei tumori<br />
con normale funzione del MMR ed in particolare nei tumori<br />
MLH1-negativi rispetto ai tumori MLH1-positivi (39% vs.<br />
19%) (P = 0,02). La espressione di MGMT è risultata, infine,<br />
correlarsi in maniera altamente significativa al pattern di metilazione<br />
del gene. Metilazione del promoter è stata evidenziata<br />
in 11/13 tumori MGMT-negativi (84,6%), mentre 38<br />
delle 44 neoplasie MGMT-positive (86,4%) sono risultate<br />
non metilate (P < 0,001).<br />
Conclusioni<br />
La inattivazione di MGMT, determinata nella maggioranza<br />
dei casi da ipermetilazione del promoter, si verifica in una<br />
percentuale significativa di CCR ed è più frequente nei tumori<br />
con inattivazione epigenetica di MLH1. Le conseguenze<br />
funzionali della inattivazione di MGMT, anche dal punto<br />
di vista della sensibilità alla terapia con agenti alchilanti, necessitano<br />
di essere ulteriormente indagate.<br />
Carcinoma gastrico: correlazioni anatomo<br />
cliniche in 902 casi<br />
P. Leocata, M. De Vito, AR Vitale, V. Ciuffetelli, D. Barbera,<br />
S. Di Rito, A. Chiominto *<br />
Università dell’Aquila, Dipartimento di Medicina Sperimentale,<br />
Cattedra di Anatomia Patologica; ** ASL4 AQ-UO Anatomia<br />
Patologica<br />
Introduzione<br />
Il carcinoma gastrico rappresenta la quinta forma più comune<br />
di cancro in Europa con circa 192.000 nuovi casi ogni anno,<br />
il 23% di tutte le neoplasie.<br />
Metodi<br />
Abbiamo esaminato 902 campioni operatori di gastrectomia<br />
totale e subtotale per carcinoma gastrico, provenienti dai presidi<br />
ospedalieri di L’Aquila, Atri ed Avezzano, nel periodo<br />
compreso fra gennaio 1969 e dicembre 2004, confrontando<br />
l’andamento della malattia nei tre decenni. I casi sono stati<br />
classificati secondo i criteri di Lauren e Ming e la malattia è<br />
stata stadiata usando il sistema pTNM.<br />
Risultati<br />
Lo studio ha evidenziato la prevalenza della forma infiltrativa<br />
secondo Ming (79%) rispetto a quella espansiva, con un<br />
andamento rimasto costante nei tre decenni. La classificazione<br />
di Lauren ha mostrato la prevalenza della forma diffusa<br />
(54%) nei confronti di quella intestinale. Tale riscontro appare<br />
in linea con i dati attesi per una area geografica come quella<br />
i esame. Per le varietà macroscopiche si è notata una netta<br />
prevalenza delle forme ulcerate (67%) rispetto a quelle vegetanti<br />
in accordo con Ming secondo cui la maggior parte delle<br />
forme ulcerate si accom<strong>pag</strong>na all’istotipo a crescita infiltrativa.<br />
Inoltre l’analisi dei dati ha messo in luce un netto decremento<br />
delle forme T3 che sono passate dal 48,5% dei primi<br />
dieci anni (1969-1980) al 26% dell’ultimo decennio (1993-<br />
2004). Alla diminuzione degli stadi T3 si è accom<strong>pag</strong>nata<br />
una riduzione, non parimenti marcata, dei T4, scesi al 7,8%<br />
dal 8,2%. Più significativa è stata la crescita delle neoplasie<br />
in stadio T1: nella nostra U.O. si è passati dal 12,6% del pri-
PATOLOGIA GASTRO-INTESTINALE<br />
247<br />
mo decennio al 18,35% dell’ultimo. L’incremento più significativo<br />
si è registrato nel periodo compreso fra il 1981 ed il<br />
1992 (4%). Il dato complessivo (16,4% di ECG sul totale), è<br />
maggiore rispetto ai dati nazionali (13%). Verosimilmente<br />
questa crescita è da mettere in relazione alla notevole attività<br />
dei servizi di Diagnostica Endoscopica: nel nostro P.O. nel<br />
1972 si contavano 192 prestazioni (1/3 delle quali seguite da<br />
biopsia) diventate circa 4.000 nel 2004.<br />
Conclusioni<br />
L’esame dello stadio secondo il TNM ha messo in luce un<br />
netto decremento delle forme T3-T4 che sono passate dal<br />
58,2% del primo decennio al 33,8% del terzo decennio e<br />
l’aumento dei T1 (EGC) con una crescita percentuale del 6%<br />
dal 1980 al 2004. Invece. contrariamente a quanto riportato<br />
in letteratura, nel periodo in esame non sono state rilevate<br />
differenze significative di incidenza circa gli istotipi.<br />
Ruolo prognostico degli indici di<br />
proliferazione cellulare e di apoptosi<br />
nell’adenocarcinoma duttale del pancreas<br />
B.E. Leone, R. Trezzi, F. Pagni, F. Bono, F. Mangili *<br />
Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Università Milano-Bicocca,<br />
Servizio di Anatomia Patologica, Ospedale “S. Gerardo”<br />
di Monza; * Servizio di Anatomia Patologica, Ospedale<br />
di Desio<br />
Introduzione<br />
Da diversi anni lo studio delle neoplasie si sta rivolgendo alla<br />
valutazione delle caratteristiche biologiche di queste ultime<br />
per trovare nuovi parametri prognostici, tra cui la cinetica<br />
di proliferazione cellulare in rapporto all’apoptosi. Scopo<br />
di questo lavoro è l’analisi della correlazione tra indici di<br />
proliferazione e di apoptosi e caratteristiche clinico-patologiche<br />
dell’adenocarcinoma pancreatico e il loro significato prognostico.<br />
Materiali e metodi<br />
Lo studio comprende 33 pazienti. Per l’analisi dell’indice di<br />
proliferazione cellulare è stata utilizzata la tecnica immunoistochimica<br />
con anticorpo monoclonale anti Ki-67. L’analisi<br />
dell’indice di apoptosi è stata eseguita tramite studio morfologico<br />
e biologico-molecolare in situ con tecnica ISOL e TU-<br />
NEL, che hanno dato valori sovrapponibili. I dati relativi al<br />
follow-up sono stati ottenuti per 16 casi.<br />
Risultati<br />
Valori di MIB significativamente più alti sono stati trovati in<br />
tumori scarsamente differenziati e tumori di dimensioni maggiori.<br />
L’indice di apoptosi è risultato significativamente più<br />
alto nei tumori scarsamente differenziati rispetto a tumori<br />
moderatamente differenziati, ma non sono emerse altre differenze<br />
significative. È stata dimostrata una correlazione diretta<br />
tra indice di proliferazione e apoptosi. Sia l’indice di proliferazione,<br />
sia l’indice di apoptosi sono risultati inversamente<br />
proporzionali alla prognosi.<br />
Conclusione<br />
Possiamo affermare che la percentuale di cellule proliferanti<br />
aumenta soprattutto in tumori maggiormente aggressivi e di<br />
dimensioni maggiori, ma non è semplicemente la quota di<br />
cellule attivamente proliferanti ad avere un ruolo prognostico<br />
nell’adenocarcinoma duttale del pancreas.<br />
Questo studio mostra una correlazione lineare diretta tra indice<br />
di proliferazione e di apoptosi: significa che un’elevata<br />
quota di cellule in proliferazione è associata, quasi come<br />
meccanismo compensatorio, a frequenti fenomeni di perdita<br />
cellulare. Lo studio biparametrico di proliferazione e morte<br />
cellulare ha quindi un importante ruolo nel definire al meglio<br />
la crescita tumorale e la conoscenza di questo rapporto può<br />
essere anche un utile strumento per la valutazione dell’efficacia<br />
di trattamenti neoadiuvanti convenzionali o immunoterapici,<br />
che hanno il fine di diminuire la quota proliferativa o<br />
di promuovere l’apoptosi.<br />
La metaplasia intestinale alla giunzione<br />
esofago gastrica: prevalenza e lesioni<br />
associate<br />
L. Mastracci, Y. Musizzano, P. S<strong>pag</strong>giari, F. Grillo, P.<br />
Ceppa, R. Fiocca<br />
DICMI Sezione di Anatomia Patologica, Università di Genova<br />
Introduzione<br />
La metaplasia intestinale alla giunzione esofago gastrica<br />
(MIG) ha una patogenesi controversa. Scopo dello studio è<br />
determinare la prevalenza della MI e valutare la frequenza di<br />
associazione della MIG con patologie gastriche e/o esofagee.<br />
Materiali e metodi<br />
Sono stati analizzati retrospettivamente 485 pazienti sottoposti<br />
a esofago-gastro-duodenoscopia per sintomi riferibili al<br />
tratto digestivo superiore tra gennaio 1999 e giugno 2004. In<br />
tutti i pazienti inclusi nello studio erano state effettuate biopsie<br />
multiple della mucosa del 3° esofageo inferiore, della<br />
giunzione esofago-gastrica (GEG) ed della mucosa gastrica<br />
antrale ed ossintica. Tutti i campioni sono stati colorati con<br />
EE, PAS-Alcian Blu e Giemsa per la ricerca di H. pylori. I<br />
preparati sono stati revisionati contemporaneamente da due<br />
patologi esperti che hanno valutato la presenza di esofagite<br />
microscopica, esofago di Barrett, metaplasia intestinale alla<br />
GEG e gastrite e metaplasia intestinale gastrica.<br />
Risultati<br />
Si è riscontrata MIG in 91/485 casi (18,8%); 11 soggetti presentavano<br />
metaplasia intestinale di tipo completo, 77 di tipo<br />
incompleto e 3 di tipo misto (completo ed incompleto). Il<br />
rapporto M/F era di 1,5/1 per pazienti con MIG e 1/1 nei 394<br />
soggetti privi di MIG, con una età media di 59,5 anni nei primi<br />
e 53,3 nei secondi (p = 0,0003). I casi con e senza MIG<br />
hanno mostrato rispettivamente le seguenti prevalenze di lesioni<br />
gastriche e/o esofagee associate: esofagite microscopica<br />
50,5% vs. 58,6%, esofago di Barrett 31,9% vs. 0%, gastrite<br />
da H. pylori 22,0% vs. 23,9%, metaplasia intestinale gastrica<br />
27,5% vs. 17,3% (p = 0,037). Solo il 4,4% dei soggetti<br />
con MIG non presentava lesioni, né gastriche né esofagee,<br />
rispetto al 24,1% dei soggetti senza MIG. Poiché numerosi<br />
pazienti presentavano più tipi di lesione associate, la loro<br />
somma percentuale supera il 100%. La Tabella I mostra la distribuzione<br />
delle lesioni dopo aver raggruppato insieme le diverse<br />
lesioni riscontrabili rispettivamente nell’esofago e nello<br />
stomaco.<br />
Conclusioni<br />
La MIG può associarsi sia a lesioni esofagee che a lesioni gastriche.<br />
La prevalenza di patologie esofagee associate è maggiore<br />
nei soggetti con MIG rispetto ai controlli. La frequenza<br />
di reperti di normalità sia nell’esofago che nello stomaco<br />
è molto bassa (4,4%) nei soggetti con MIG rispetto ai controlli<br />
(24,1%) e questo suggerisce che la MIG non rappresenti<br />
un fenomeno isolato ma costituisca l’espressione a livello<br />
giunzionale di patologie esofagee o gastriche.
248<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
Tab. I. Prevalenza di lesioni esofagee e/o gastriche in pazienti con MIG ed in controlli.<br />
Lesioni associate Prevalenza in casi con MIG Prevalenza in casi senza MIG p<br />
Lesioni esofagee 46,1% (42/91) 34,8% (137/394) 0,053<br />
Lesioni gastriche 13,2% (12/91) 17,2% (68/394) 0,93<br />
Lesioni esofagee + gastriche 36,3% (33/91) 23,9% (94/394) 0,017<br />
Esofago e stomaco normali 4,4% (4/91) 24,1% (95/394) < 0,0001<br />
APC promoter methylation and 5q21<br />
deletions are peculiar to gastric and<br />
duodenal endocrine tumours<br />
S. Pizzi, C. Azzoni, L. Bottarelli, T. D’Adda, C. Pasquali<br />
* , G. Rindi, C. Bordi<br />
Dipartimento di Patologia e Medicina di Laboratorio, Sezione<br />
Anatomia Patologica, Università di Parma, Parma, Italia;<br />
*<br />
Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Semeiotica<br />
Chirurgica, Università di Padova, Padova, Italia<br />
Background<br />
The role of the Wnt pathway in the pathogenesis of digestive<br />
endocrine tumors is still under debate. Mutations of β-catenin<br />
and E-cadherin have been found in gastrointestinal carcinoids,<br />
but not in pancreatic endocrine tumours (PETs), and generally<br />
very rare APC (adenomatous poliposis coli) mutations have<br />
been detected. The aim of the present work was to systematically<br />
investigate alterations (deletion and/or promoter methylation)<br />
of the APC locus in a series of gastroenteropancreatic endocrine<br />
neoplasms, with special emphasis to the site of origin,<br />
the level of differentiation and the clinical behaviour.<br />
Methods<br />
Sixty cases were analyzed including 38 foregut (stomach,<br />
n = 24; pancreas, n = 10; duodenum, n = 4), 14 midgut<br />
(ileum-caecum, n = 8; appendix, n = 6) and 8 hindgut<br />
(large bowel, n = 4; rectum, n = 4) tumours. According to<br />
the WHO classification, the neoplasms were further subdivided<br />
in three categories: poorly differentiated endocrine<br />
carcinomas (PDECs, n = 11), well differentiated endocrine<br />
carcinomas (WDECs, n = 27) and well differentiated endocrine<br />
tumours (WDETs, n = 22). Deletions at APC locus<br />
at 5q21 were detected by loss of heterozygosity (LOH)<br />
analysis using the microsatellite marker D5S346. The<br />
methylation status of APC promoter was analyzed by<br />
methylation-specific PCR.<br />
Results<br />
APC promoter methylation was found in 30% of cases and<br />
was restricted to foregut tumours (58%, P < 0.0001), independently<br />
of the behaviour or the differentiation. Among<br />
foregut neoplasms methylation was striking more frequent<br />
in the stomach and duodenum (75%) than in pancreas<br />
(11%, P < 0.01). LOH at APC locus was found in 37% of<br />
cases, in particular in tumours from the stomach (36%),<br />
duodenum (50%), colon (100%) and rectum (25%), but was<br />
absent in pancreas, ileum and appendix. Indeed, 5q21 LOH<br />
was more frequently detected in PDECs, from both the<br />
stomach (83% of cases) and the colon (100% of cases) than<br />
in well differentiated neoplasms, either benign or malignant<br />
(P < 0.01).<br />
Conclusions<br />
Inactivation of the Wnt pathway has previously been shown<br />
to represent a frequent and early event in gastrointestinal, but<br />
not in pancreatic, endocrine neoplasms, on the basis of immunohistochemical<br />
and mutational studies on β-catenin. Our<br />
data are in agreement with this observation and indicate APC<br />
methylation as a major mechanism for Wnt pathway inactivation<br />
in gastric and duodenal endocrine tumours.<br />
Differential involvement of the p16-Rb<br />
pathway and alterations of the CDKN2 locus<br />
in gastroenteropancreatic endocrine<br />
tumours<br />
S. Pizzi, C. Azzoni, L. Bottarelli, N. Campanini, T. D’Adda,<br />
G. Rindi, C. Bordi<br />
Dipartimento di Patologia e Medicina di Laboratorio, Sezione<br />
Anatomia Patologica, Università di Parma, Parma, Italia<br />
Background<br />
Alterations of the p16-Rb pathway appear to be implicated in<br />
the pathogenesis of gastroenteropancreatic (GEP) endocrine<br />
tumours. Previous data from our laboratory indicate that loss<br />
of p16 and/or Rb expression are frequent events in gastrointestinal<br />
endocrine carcinomas, either well (WDECs) or poorly<br />
differentiated (PDECs) 1 . The aim of the present work is to<br />
further analyze the expression of p16, Rb and cyclinD1 and<br />
the related alterations at the 9p21 CDKN2 locus (harbouring<br />
the p16, p15 and p14 genes) in different subtypes of GEP endocrine<br />
tumours, subdivided according to the site of origin,<br />
the biological behaviour and the level of differentiation.<br />
Methods<br />
Sixty cases were analyzed including 38 foregut (stomach, n<br />
= 24; pancreas, n = 10; duodenum, n = 4), 14 midgut (ileumcaecum,<br />
n = 8; appendix, n = 6) and 8 hindgut (large bowel,<br />
n = 4; rectum, n = 4) tumours. According to the WHO classification,<br />
neoplasms were further subdivided in 11 PDECs, 27<br />
WDECs and 22 well differentiated endocrine tumours<br />
(WDETs). The p16, Rb, cyclinD1 proteins were analyzed by<br />
immunohistochemisty (IHC). Deletions at CDKN2 locus<br />
were detected by loss of heterozygosity (LOH) analysis using<br />
two 9p21 microsatellite markers (D9S157, D9S171). The<br />
promoter status of p16, p15 and p14 genes was analyzed by<br />
methylation-specific PCR.<br />
Results<br />
Loss of p16 and Rb expression and hyperexpression of cyclinD1<br />
were found in 37%, 58% and 53% of cases, respectively.<br />
Significant differences were found between PDECs<br />
(characterized by absence of both p16 loss and cyclinD1 accumulation)<br />
and well differentiated neoplasms (P < 0.01).<br />
Moreover among well differentiated tumours, the pattern of<br />
expression of the three proteins varied according to the sites<br />
of origin. LOH at 9p21 was frequently (> 75% of cases)<br />
found only in PDECs and in well differentiated gastric neoplasms,<br />
either WDETs or WDECs. Promoter methylation at
PATOLOGIA GASTRO-INTESTINALE<br />
249<br />
p16, p14 and p15 genes was rarely detected (5%, 3% and<br />
14% of cases, respectively).<br />
Conclusions<br />
Our immunohistochemical data suggest that alterations of the<br />
p16-Rb pathway have an important role in GEP endocrine tumours,<br />
although the targets of inactivation vary according to<br />
the degree of differentiation and the site of origin of the neoplasms.<br />
Differential mechanisms for p16-Rb pathway inactivation<br />
in different subtypes of GEP endocrine tumours are also<br />
shown by the restriction of high LOH rates at CDKN2 locus<br />
to gastric and duodenal tumours.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Pizzi S, et al. Cancer 2003;98:1273-82.<br />
Serrated adenoma: a pathological and<br />
immunohistochemical study<br />
F. Tatangelo, F. Fiorentino, L. Terracciano * , G. Liguori, F.<br />
Pagliuca, G. Botti<br />
U.O.C. Anatomia Patologica, Istituto Tumori, Napoli; * Dipartimento<br />
Anatomia Patologica, Università “Federico II”,<br />
Napoli<br />
Introduction<br />
With the name of “serrated adenoma” 1 is designed a cathegory<br />
of lesions that often were detected in gastrointestinal<br />
tract, mainly in large bowel. They are considered as a morphological<br />
continuum from hyperplastic plyps to true (dysplastic)<br />
adenomas. Their peculiar morphologic characteristics<br />
comprise a double pattern, with “serrated” glandular architecture,<br />
as in hyperplastic polyps, and dysplastic cytologic<br />
features, as in adenomas.<br />
Generally, the greater diagnostic difficulty is to distinguish<br />
this “entity” from large hyperplastic polyps and true adenomas,<br />
because of lack of reproducible morphologic criteria.<br />
The aim of this work is to evaluate the real nature of these lesions<br />
and their eventual premalignant potential by a morphologic<br />
and immunohistochemical study, comparing biomorphological<br />
characteristics of hyperplastic polyps, adenomas<br />
and serrated adenomas.<br />
Methods<br />
A total of 100 cases of colo-rectal polyps (50 adenomas, 35<br />
hyperplastic polyps and 15 serrated adenomas) were examined<br />
using routine staining methods and immunohistochemical<br />
staining for these markers: Ki67; Bcl 2; COX 2; Egfr; on<br />
paraffin embedded specimens, and then were submitted on<br />
biomolecular analysis for detection of microsatellite instability<br />
expression (MSI-H and MSI-L).<br />
Results<br />
We obtained these peliminar data about immunohistochemical<br />
profile:<br />
• Adenomas: Ki67 80%; Bcl2 69%; COX 2 80%; Egfr 40%;<br />
• Hyperplastic polyps: Ki67 50%; Bcl 2 25%; COX 2 15%;<br />
Egfr 55%;<br />
• Serrated adenomas: Ki67 70%; Bcl 2 60%; Cox 2 65%;<br />
Egfr 45%.<br />
The presence of microsatellite instability, both MSI-H MSI-L<br />
is high in serrated adenomas. This datum is very interesting<br />
and although this study was performed on a little pool of cases,<br />
the results obtained make us optimistic about their value.<br />
Conclusions<br />
Ki67, COX 2, Egfr, Bcl 2 and MSI expression can help us to<br />
distinguish real premalicnant potential of some precursors of<br />
colo-rectal carcinoma. Our studies are in progress to assess<br />
their effective diagnostic and prognostic value.<br />
References<br />
1<br />
Longacre TA, et al. Am J Surg Pathol 1990;14:524-37.<br />
Valore prognostico del CD44 nei tumori<br />
stromali gastrointestinali<br />
L. Tornillo 1 , V. Carafa 1 , G. Sauter 2 , C. Tapia 1 , A. Boscaino<br />
3 , R. Russo 4 , L. Insabato 5 , L. Terracciano 5 6<br />
1<br />
Institut für Pathologie, Universität Basel, Basel, Schweiz; 2<br />
Institut für Pathologie, Universitätsklinikum Hamburg-Eppendorf,<br />
Hamburg, Deutschland; 3 U.O. Anatomia Patologica,<br />
Ospedale “Antonio Cardarelli”, Napoli, Italia; 4 U.O. Anatomia<br />
Patologica, Ospedale “S. Leonardo”, Salerno, Italia; 5<br />
Dipartimento Scienze Biomorfologiche e Funzionali, Università<br />
“Federico II”, Napoli, Italia; 6 Dipartimento di Scienze<br />
per la Salute, Università del Molise, Campobasso, Italia<br />
Introduzione<br />
I tumori stromali gastrointestinali (GIST) sono i più frequenti<br />
tumori mesenchimali del tratto gastrointestinale, con un’incidenza<br />
di 10-20 nuovi casi/1.000.000/anno e sono caratterizzati<br />
nella grande maggioranza dalla positività immunoistochimica<br />
per il CD117 (KIT). Dal punto di vista genetico presentano<br />
mutazioni attivanti delle RTK III (KIT o PDGFRα).<br />
È difficile riuscire a predirne il comportamento nel singolo<br />
caso. Il CD44 è una molecola di adesione coinvolta in molteplici<br />
funzioni come il controllo dell’apoptosi e dello sviluppo<br />
cellulare e ne è stato ipotizzato il possibile valore prognostico<br />
1 .<br />
Metodi<br />
142 tumori mesenchimali gastrointestinali (100 GIST) sono<br />
stati utilizzati per la costruzione di un Tissue Microarray<br />
(TMA). 43 erano sicuramente maligni, i restanti sono stati<br />
classificati secondo la dimensione e l’indice mitotico in 12<br />
high-risk, 19 intermediate-risk, 21 low-risk, 5 very low-risk.<br />
59/70 casi mostravano mutazioni per il gene c-kit. È stata effettuata<br />
una colorazione immunoistochimica per le seguenti<br />
isoforme: CD44v3, CD44v5, CD44v6, CD44v9 e la positività<br />
è stata messa in relazione con diversi parametri clinicopatologici.<br />
Risultati<br />
Il numero di casi valutabili varia fra 93 e 98. È stata osservata<br />
una correlazione statisticamente significativa fra il rischio<br />
di malignità e l’intensità della colorazione per l’isoforma<br />
CD44v4 (p = 0,0027, Spearman-rank test). Nessuna relazione<br />
è stata osservata con altri parametri quali la localizzazione<br />
o il tipo istologico. Il tipo di mutazione nell’esone 11 (delezioni<br />
vs. inserzioni/mutazioni puntiformi) è correlato con<br />
l’espressione di CD44v3 e CD44v5 (p = 0,0480), mentre tutti<br />
i 3 casi con mutazione nell’esone 9 hanno mostrato positività<br />
per tutte le isoforme studiate. Nell’analisi univariata la<br />
sopravvivenza correla direttamente con l’espressione dell’isoforma<br />
v3 (p = 0,05) e nell’analisi multivariata con v4 e v6<br />
(p = 0,0387 e 0,0088, rispettivamente).<br />
Conclusioni<br />
I nostri dati mostrano una possibile associazione fra i livelli<br />
di espressione del CD44 e altri parametri clinico-patologici.<br />
Nonostante i limiti dello studio (dimensioni della serie), sembra<br />
possibile che almeno alcune isoforme di CD44 possano<br />
essere coinvolte nella prognosi dei GIST e nell’acquisizione<br />
di un fenotipo più “aggressivo”.
250<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Montgomery E, Abraham SC, Fisher C, et al. CD44 loss in gastric<br />
stromal tumors as a prognostic marker. Am J Surg Pathol<br />
2004;28:168-77.<br />
Immunohistology of some Aquaporins in<br />
hyperplastic and neoplastic hepatic lesion<br />
D. Villari, D. Maisano, P.A. Nicòtina<br />
Dipartimento di Patologia Umana, Policlinico Universitario<br />
“G. Martino”, Messina, Italia<br />
Recent experimental evidences have been provided that special<br />
water channel proteins, such as Aquaglyceroporins 8 and<br />
9 (AQP-8 and -9), are expressed in hepatocyte membrane<br />
and cytoplasmic vesicles. AQP-8 and AQP-9 are known to<br />
allow the selective passage of glycerol and other solutes, including<br />
urea, monocarboxylates, polyols, carbamides, and<br />
nucleosides. Hepatic AQP-8 has been related with the structure<br />
of bile canaliculi and bile secretion. AQP-9 was reported<br />
to be common in the hepatocyte and developmentally regulated,<br />
depending on metabolic states, as a channel protein<br />
for glycerol influx and urea efflux. AQP-1, assisting transmembrane<br />
water flow in extra-hepatic sites, is regarded as a<br />
critical reabsorption factor. On this basis, such AQP s<br />
have<br />
been investigated in hyperplastic and neoplastic hepatic lesions,<br />
including focal nodular hyperplasias (FNH s<br />
) and hepatocellular<br />
carcinomas (HCC s<br />
), classified by current systems.<br />
Excised lesions from 18 patients (11 men and 7<br />
women) with a mean age of 61.5 years, were 2 FNH s<br />
, 2 well<br />
differentiated HCC s,<br />
8 moderately differentiated HCC s<br />
(including<br />
5 lesions with a glandular-like pattern) and 6 poorly<br />
differentiated HCC s<br />
. As controls, needle biopsies from 4<br />
HCV hepatitis-affected subjects were also investigated. Control<br />
immunohistology showed: a) AQP-1 staining in biliary<br />
epithelium and endothelial cell membrane of the non-sinusoidal<br />
blood vessels; b) AQP-8 positive reaction decored as<br />
hepatocyte cytoplasm as apical membrane of biliary epithelial<br />
cells; c) AQP-9 outlined the hepatocyte cell-membrane<br />
facing sinusoids, in centrolobular areas. In the study lesions,<br />
AQP-1 was immunolocalized in capillarized sinusoids of the<br />
FNH s<br />
and of both the well- and moderately-differentiated<br />
HCC s.<br />
AQP-1 labelling also profiled the apical border of biliary<br />
epithelium, as in the FNH s<br />
as in tubule-forming cells of<br />
the moderately differentiated HCC s<br />
. AQP-8 was absent in the<br />
FNH s,<br />
but it occurs in glandular-like HCC s<br />
. AQP-9 positivity<br />
was confined to paraseptal and perivascular FNH-hepatocytes,<br />
in well-differentiated HCC s<br />
, but it was lacking in moderately/poorly<br />
differentiated HCC s.<br />
The described AQP-1 in<br />
liver is unprecedented. It is a critical reabsorption factor of<br />
capillary endothelium and assists bile secretion in hepatic<br />
FNH and no-high-grade HCC. Coherently, AQP-8 and AQP-<br />
9 may be related to differentiation rate and secretion of the<br />
newly formed hepatocytes.<br />
A new enzymo-histochemical diagnosis kit<br />
for Hirschsprung Disease<br />
F. Venerucci 1 , A. Favre 2 , G. Martucciello 3<br />
1<br />
Bio-Optica, Milano; 2 Istituto G. Gaslini; Chirurgia Pediatrica,<br />
Genova; 3 IRCCS Policlinico San Matteo; Divisione di<br />
chirurgia pediatrica, Pavia<br />
Hirschsprung Disease (HD) is a neurocristopathy that occurs<br />
at an approximate rate of 1 case per 5000 newborns in all the<br />
world. It is a rectal innervation intrinsic disorders, characterized<br />
by a congenital absence of ganglion cells in the distal<br />
colon resulting in a functional obstruction, appearing with severe<br />
constipation.<br />
The diagnosis is performed on rectal suction biopsy specimens<br />
taken 2 to 10 cm above the pectinate line. Acetylcholinesterase<br />
(AChE), Lactic Dehydrogenase (LDH), and<br />
NADPH-diaphorase (NADPH-d) histochemical techniques<br />
were performed on serial cryostatic sections, following<br />
Scharli and Meier-Ruge criteria (1981)<br />
The basic treatment is to remove the poorly functioning<br />
aganglionic bowel and create an anastomosis to the distal<br />
rectum. For this reason the surgeon performs intraoperative<br />
seromuscular biopsies of the rectum and colon to assess the<br />
lenghth of the aganglionic and ipoganglionic portion with enzymo-histochemistry.<br />
The most common complication of HD are related to problems<br />
of misdiagnosis. These are:<br />
– False positive diagnosis in Pseudo-HD.<br />
– False negative diagnosis in true HD with risk of occlusion,<br />
enterocolitus and death.<br />
– Non-radical treatment with persistent aganglionosis.<br />
– Too radical treatment with risk of extensive resection of<br />
a long segment of normoganglionic intestine.<br />
The gold standard techniques for this pathology are:<br />
– AChE: to assess the infiltration of cholinergic fibers in<br />
the lamina propria of the gut, the criterion standard of<br />
HD, in the pre-operative mucosal biopsies; and the<br />
– ANE technique: useful for intraoperative examination to<br />
determine the anastomosis level, where the ganglion cells<br />
begin to appear.<br />
In the pathology laboratories it is often very difficult to prepare<br />
the incubation media within a limited time, by technicians.<br />
The Bio-Optica presents here a new enzymo-histochemical<br />
diagnosis kit for pathologists, produced with a lyophilization<br />
technologie. The kit, ready for use, can be easy purchased at<br />
room temperature and stored at +4°C, for several months. It<br />
contains AChE and ANE lyophilized reagents for preoperative<br />
diagnosis and for intraoperative examinations on criostatic<br />
sections.<br />
The kit has to provide different synergic enzyme-histochemical<br />
techniques. In a near future also Succinic Dehidrogenase<br />
and NADPH-diaphorase will be added to the kit.<br />
References<br />
Scharli AF, Meier-Ruge W. Localized and disseminated forms of neuronal<br />
intestinal dysplasia mimicking Hirschsprung’s disease. J Pediatr<br />
Surg 1981;16:164-70.
PATHOLOGICA 2005;97:251-252<br />
Transizione pre-cancerosi – cancro<br />
SEL1 expression in high grade prostatic intraepithelial<br />
neoplasia and acinar<br />
adenocarcinoma<br />
M. Barberis, E. Roz, I. Biunno *<br />
Dipartimento di Anatomia Patologica e Medicina di Laboratorio,<br />
Multimedica, Milano; * CNR, Div. Biologia Cellulare,<br />
Milano<br />
Background<br />
SEL1L gene is most likely involved in cancer progression<br />
possibly by cell-matrix interactions. Here we report the differential<br />
immunohistochemical expression of SEL1L in benign<br />
prostatic hyperplasia, high grade prostatic intraepithelial<br />
neoplasia (HGPIN) and acinar adenocarcinoma of the<br />
prostate.<br />
Materials and methods<br />
Seventeen whole-mount blocks from retropubic prostatectomies,<br />
containing at least 2 foci of HGPIN adjacent to adenocarcinoma<br />
and the needle biopsies containing at least one<br />
focus of HGPIN were choosen from our archives.<br />
3-5 µ/thick macrosections were immunostained with anti-<br />
SEL1L. The results were valuated with a scoring method<br />
considering the degree of staining intensity and the percentage<br />
of the stained cells.<br />
Results<br />
The foci of HGPIN were always strongly positive and at<br />
least the 80% of the epithelial cells were decorated by<br />
SEL1L. Within the infiltrating areas of acinic adenocarcinoma,<br />
SEL1L was variably, but consistently expressed. The<br />
morphological heterogeneity of prostatic carcinoma was<br />
confirmed by the different expression of the target in microscopic<br />
fields of the same tumor with different Gleason’s<br />
grade. The well differentiated areas (Gleason 2-4) were<br />
generally negative or weakly positive, whereas in poorly<br />
differentiated areas (Gleason > 7) SEL1L was expressed<br />
with moderate or (focally) strong intensity.<br />
Conclusions<br />
This study suggests that the variability of SEL1L-expression<br />
reflects different phases of tumor progression. Our results<br />
could indicate thate depending on the cancer model<br />
system, SEL1l encoded protein may either enhance or inhibit<br />
cancer progression and this depends on the presence of<br />
the protein in the tissue normal cells.<br />
Moreover SEL1L expression could be a useful tool for the<br />
pathologist in the the differential diagnosis of HGPIN with<br />
its mimics: lobular atrophy, post-atrophic hyperplasia, post<br />
radiation metaplastic changes and adenocarcinoma.<br />
Evaluation of oncogenic hpv dna<br />
quantification by real-time pcr assays in<br />
cervical samples<br />
F. Broccolo * , R. Garcia Parra * ** , S. Chiari ** , A. Brenna *** ,<br />
P. Perego *** , M. Viltadi * , G. Cassina * , A. Maneo ** , C.<br />
Mangioni ** , C.E. Cocuzza *<br />
*<br />
Department of Clinical Medicine, Prevention and Biotechnology,<br />
University of Milano-Bicocca; ** Departments of Obstetrics<br />
and Gynecology and *** Pathology, “San Gerardo”<br />
Hospital, Monza, Italy<br />
Introduction<br />
High-risk (oncogenic) HPV types (16, 18, 31, 33, 45 and<br />
58) are known to be a major risk factor in the development<br />
of cervical cancer. Currently, HPV infections are monitored<br />
primarily by HPV DNA detection assays but these qualitative<br />
DNA determinations do not distinguish between persistent<br />
infection, considered to be the pre-cursor of neoplastic<br />
progression, and transient infection. Recently, HPV viral<br />
load has been proposed as marker of viral replication suggestive<br />
of persistant infection. This quantitative method remains<br />
controversial as most studies have not standardised<br />
the number of cells per sample; furthermore many investigators<br />
have focused only on HPV 16, responsible for not<br />
more 50% of all oncogenic HPV infections. The aim of this<br />
study was evaluate the clinical significance of the HPV viral<br />
load and to compare it with cytological and histological<br />
findings.<br />
Methods<br />
The study was performed on total of 363 cervical cytology<br />
samples recruited from patients attending Monzàs “San Gerardo”<br />
Hospital. Of these, 95 were obtained from patients with<br />
recent abnormal cytology (ASCUS, L-SIL, H-SIL and carcinoma),<br />
90 with normalized cytology after surgical treatment<br />
(conisation) and 90 with previous diagnosis of ASCUS or L-<br />
SIL but with normal cytological findings at the time of the<br />
sampling. A cohort of 88 women with negative Pap test were<br />
also included. All patients included in study had cytological<br />
findings confirmed by colposcopic/bioptic examination. The<br />
viral load of oncogenic HPV-16, 18, 31, 33, 45, 58 types was<br />
evaluate by normalized quantitative real-time PCR assays adjusting<br />
the signal obtained for HPV DNA with the amount of<br />
cellular DNA calculated from amplification of a single copy<br />
human gene (CCR5).<br />
Results<br />
The prevalence for the six carcinogenic HPV types (16, 18,<br />
31, 33, 45 and 58) ranged from 22% (normal cytology) to<br />
89% (recent diagnosis of H-SIL) as showed in Table I. The<br />
frequency for HPV genotypes 16, 31, 33, 18, 45 and 58 was<br />
44%, 27%, 23%, 7%, 3% and 0%, respectively. The viral<br />
load increased with increasing severity of associated lesions<br />
(Tab. I). By contrast, although the median of the viral load<br />
was significantly lower in patients with normal cytology following<br />
surgical treatment (cone biopsy) (Tab. I), a relevant<br />
percentage (16%) showed still a high quantity of HPV DNA<br />
(≥ 10 5 copy/10 5 cells) in cervical samples. The quantity of<br />
HPV DNA was also found to be very high (≥ 10 5 copy/10 5<br />
cells) in 8% of patients with previous diagnosis of ASCUS/L-<br />
SIL, but normal cytology at the time of sampling.
252<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
Tab. I. Prevalence and viral loads of oncogenic HPV as determined by Real-Time PCR assays in cervical samples.<br />
Diagnosis (No. patients) Patients No. positive Viral load by TaqMan assay<br />
for one or more<br />
(No. of HPV Genome<br />
genotype (%)<br />
Equivalent/10 5 cells)<br />
Median<br />
New cases:<br />
ASCUS/L-SIL (50) 30 (60) 7,000<br />
H-SIL (45) 40 (89) 21,000<br />
Normal:<br />
Previously ASCUS/L-SIL (90) 37 (41) 370<br />
After conisation (90) 38 (42) 290<br />
Normal (88) 19 (22) 30<br />
Conclusions<br />
In this study HPV genotype 31 was found to be the second<br />
most frequent genotype in Italy. 16% of women, who had undergone<br />
surgical treatment for a previous history of cervical<br />
precancerous lesions, still showed high HPV viral loads;<br />
these patients could be at higher risk of developing recurrent<br />
cervical neoplasia. A small group of patients with normal cytology<br />
but with a previous history ASCUS/L-SIL were also<br />
found to have high HPV viral loads; this finding may be indicative<br />
of a persisting infection leading to disease progression.<br />
These findings suggest that increased HPV DNA viral load<br />
could represent a possible early marker for the presence of<br />
cervical precancerous lesions.<br />
Lichen planus orale come modello<br />
interpretativo del ruolo del sistema dei<br />
recettori per EGF nelle condizioni<br />
precancerose e nei rispettivi carcinomi<br />
D. Vitolo, L. Ciocci, S. Cortese, G. Deriu, R. Pippi, G. De<br />
Muro, S. Cortese, C.D. Baroni<br />
Dipartimento di Medicina Sperimentale e Patologia, I Facoltà<br />
di Medicina e Chirurgia, Università di Roma “La Sapienza”,<br />
Roma<br />
Introduzione<br />
Il ruolo svolto dai recettori dell’EGF è stato indagato in molti<br />
tumori, ma non è stato ancora del tutto compreso. Alcuni di<br />
questi recettori, come EGFR nei carcinomi della testa-collo e<br />
ErbB-2 nel carcinoma della mammella, vengono considerati<br />
indice prognostico o bersaglio per immunoterapia. Nel presente<br />
studio abbiamo valutato l’espressione dei recettori dell’EGF<br />
nel lichen planus orale che come noto, rappresenta una<br />
condizione precancerosa che può evolvere in carcinoma invasivo<br />
senza fasi di displasia.<br />
Metodi<br />
Abbiamo valutato l’espressione e la codistribuzione di EG-<br />
FR, ErbB-2, ErbB-3 e ErbB-4, in 11 casi di lesioni flogistiche<br />
aspecifiche del cavo orale, in 15 casi di neoplasia intraepiteliale<br />
a basso grado, in 11 casi di carcinoma invasivo e in<br />
29 casi di lichen planus orale, mediante metodica immunoistochimica.<br />
Risultati<br />
Nelle lesioni flogistiche aspecifiche e nelle neoplasie intraepiteliali<br />
a basso grado, abbiamo osservato codistribuzione di<br />
due o più recettori in tutti i casi. In particolare, nelle neoplasie<br />
intraepiteliali a basso grado, EGFR, ErbB-2 e ErbB-3 sono<br />
stati osservati codistribuiti rispettivamente nel 93%, 46%<br />
e 93% dei casi. Nel carcinoma invasivo, la codistribuzione di<br />
due o più recettori è stata osservata in tutti i casi; EGFR,<br />
ErbB-2 e ErbB-3 sono stati osservati codistribuiti nel 73%,<br />
91% e 63% dei casi rispettivamente. Nel lichen planus, abbiamo<br />
osservato codistribuzione di 2 o più recettori in 27 casi;<br />
EGFR, ErbB-2 e ErbB-3 sono stati osservati codistribuiti<br />
nel 70%, 81% e 74% dei casi.<br />
Conclusioni<br />
La frequenza assoluta di codistribuzione dei recettori dell’EGF,<br />
ed in particolare di ErbB-2, nel lichen planus e nel<br />
carcinoma invasivo è simile, ed è superiore a quella osservata<br />
nella neoplasia intraepiteliale di basso grado. Al contrario,<br />
EGFR e ErbB-3 sono più frequentemente codistribuiti nei casi<br />
di neoplasia intraepiteliale di basso grado che nel lichen<br />
planus e nel carcinoma invasivo. L’insieme di queste osservazioni<br />
suggerisce che il lichen planus orale sia una condizione<br />
patologica in cui la bassa espressione di EGFR e ErbB-<br />
3 da un lato, e l’aumentata espressione di ErbB-2 dall’altro,<br />
possano contribuire al difetto di maturazione dell’epitelio e<br />
all’aumentata incidenza di trasformazione neoplastica. Infine<br />
il pattern recettoriale di espressione osservato può rappresentare<br />
un modello per comprendere i meccanismi EGF-correlati<br />
alla base dello sviluppo di un carcinoma in una condizione<br />
precancerosa.
PATHOLOGICA 2005;97:253-256<br />
Markers tumorali<br />
Metilazione de novo di p16, hMLH1 e MGMT<br />
nei carcinomi sincroni endometriali e ovarici<br />
C. Riva, D. Furlan, R. Cerutti, I. Carnevali, E. Dainese, C.<br />
Facco, C. Capella<br />
Dipartimento di Morfologia Umana, Sezione di Anatomia<br />
Patologica, Università dell’Insubria, Varese<br />
Introduzione<br />
La patogenesi e il profilo molecolare dei carcinomi sincroni<br />
endometriali e ovarici sono poco conosciuti, sebbene l’insorgenza<br />
indipendente dei tumori nelle due sedi sia un evento<br />
descritto da tempo e relativamente frequente.<br />
L’obiettivo della ricerca era la valutazione della frequenza<br />
della mutilazione de novo dei geni hMLH1, p16 e MGMT in<br />
una casistica di neoplasie sincrone endometriali e ovariche.<br />
Metodi<br />
La casistica comprendeva 14 pazienti con diagnosi di neoplasia<br />
sincrona endometriale e ovarica (in 5 casi bilaterale)<br />
definita su base morfologica e clinicopatologica. Sono state<br />
complessivamente studiate 33 neoplasie comprendenti 14<br />
carcinomi endometriali (13 carcinomi endometrioidi e un<br />
carcinoma a cellule chiare) e 19 carcinomi ovarici di istotipo<br />
endometrioide (14) sieroso (2), mucinoso (2) e a cellule chiare<br />
(1) già precedentemente valutati per instabilità dei microsatelliti<br />
(IM).<br />
La determinazione della metilazione del DNA nelle isole<br />
CpG dei geni hMLH1, p16 e MGMT è stata indagata mediante<br />
PCR metilazione-specifica del DNA tumorale sottoposto<br />
a modificazione mediante bisolfito di sodio.<br />
Risultati<br />
In tutti i 14/33 (42%) tumori con IM e assente espressione<br />
immunoistochimica di hMLH1 si è osservata ipermetilazione<br />
di hMLH1. Un’anomala distribuzione della metilazione di<br />
p16 era presente in 12/27 casi (44%) e nella metà di essi era<br />
concomitante a IM. In 15/26 casi (57%) si è osservata ipermetilazione<br />
di MGMT e in 5 di essi era presente IM.<br />
Conclusioni<br />
La frequenza elevata di ipermetilazione nei promotori dei geni<br />
hMLH1, p16 e MGMT suggerisce che neoplasie sincrone<br />
endometriali e ovariche possano essere contraddistinte da un<br />
fenotipo metilatore a livello delle isole CpG (CIMP).<br />
La similarità dei profili molecolari suggerisce l’azione di un<br />
comune meccanismo patogenetico nelle due sedi come effetto<br />
di cancerizzazione di campo a livello di epiteli di derivazione<br />
mulleriana.<br />
Ridotta espressione di HIN-1 (High in Normal-<br />
1) nei tumori polmonari non microcitomi: un<br />
evento frequente con potenziale significato<br />
prognostico<br />
F. Barassi * ** , C. Martella * ** , L. Felicioni * ** , A. Chella *** ,<br />
S. Salvatore * ** , A. Castrataro * , F. Mucilli **** , R. Sacco **** ,<br />
A. Marchetti * ** , F. Buttitta * **<br />
*<br />
Dipartimento di Oncologia e Neuroscienze, Università di<br />
Chieti; ** Aging Research Center (CeSI), “G. d’Annunzio”<br />
University Foundation, Chieti; *** Dipartimento di Chirurgia,<br />
Università di Pisa; **** Dipartimento di Chirurgia, Università<br />
di Chieti<br />
Introduzione<br />
HIN-1 (High in Normal-1) è un ipotetico gene oncosoppressore<br />
recentemente scoperto mediante analisi di espressione<br />
ad alta processività. Con questo studio ci siamo prefissi di<br />
analizzare il livelli di espressione dell’RNA messaggero<br />
(RNAm) di questo gene in una serie di carcinomi polmonari<br />
non microcitomi (CPNM) e di valutarne il significato prognostico.<br />
Metodi<br />
L’espressione del gene HIN-1 è stata quantificata in una serie<br />
consecutiva di 91 pazienti con CPNM in stadio I mediante<br />
real-time RT-PCR effettuata sui campioni tumorali e rispettivi<br />
tessuti polmonari normali. Il rapporto tra i due livelli<br />
di espressione è stato comparato con i dati clinicopatologici<br />
mediante analisi statistica mono e multivariata.<br />
Risultati<br />
Settantuno tumori (78% dei casi) presentavano una riduzione<br />
dell’RNAm di HIN-1 rispetto al tessuto polmonare normale<br />
di riferimento. Il livello di riduzione variava notevolmente<br />
(fra -2n e -3350n). Utilizzando un cut-off a -46n (valore corrispondente<br />
alla mediana della distribuzione) 46 casi venivano<br />
definiti come affetti da marcata riduzione di espressione<br />
di HIN-1 e 45 come normali o con lieve riduzione di espressione.<br />
Si osservava una associazione statisticamente significativa<br />
tra bassi livelli di RNAm di HIN-1 e stadio T (P =<br />
0,036). L’analisi univariata della sopravvivenza mediante il<br />
metodo di Kaplan-Meier rivelava una associazione dell’espressione<br />
di HIN-1 sia con la sopravvivenza globale (P =<br />
0,0095) che con l’intervallo libero da malattia (P = 0,0122).<br />
Una analisi multivariata confermava che un basso livello di<br />
RNAm per HIN-1 rappresenta un fattore indipendente di prognosi<br />
sfavorevole.<br />
Conclusioni<br />
I risultati presentati indicano che l’espressione dell’RNAm di<br />
HIN-1, valutata mediante real-time RT-PCR, rappresenta un<br />
potenziale marcatore di prognosi nei pazienti con CPNM in<br />
stadio precoce di malattia. Ulteriori studi saranno necessari<br />
per validare questo dato.
254<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
Perdita di espressione delle proteine MLH1,<br />
MSH2, MSH6 ed instabilità dei microsatelliti<br />
nel carcinoma dell’endometrio<br />
R. Gafà, E. Grandi, I. Maestri, L. Guerzoni, A. Gaban, L.<br />
Cavazzini, G. Lanza<br />
Dipartimento di Medicina Sperimentale e Diagnostica, Sezione<br />
di Anatomia Istologia e Citologia Patologica, Università<br />
di Ferrara<br />
Introduzione<br />
Instabilità dei microsatelliti (MSI) è stata osservata nel 20%<br />
dei carcinomi endometriali (CE). Il ruolo della analisi immunoistochimica<br />
della espressione dei geni del DNA mismatch<br />
repair (MLH1, MSH2, MSH6) nella identificazione dei tumori<br />
endometriali con MSI necessita di essere definito. Nel<br />
presente studio sono state valutate l’espressione delle proteine<br />
del DNA mismatch repair e la MSI in una serie consecutiva<br />
di CE diagnosticati presso la nostra istituzione negli anni<br />
2002-2003.<br />
Metodi<br />
Lo studio comprende 87 pazienti con CE di età compresa tra<br />
39 e 83 anni. L’analisi genetica della MSI è stata effettuata su<br />
campioni fissati in formalina ed inclusi in paraffina con metodica<br />
di PCR fluorescente, utilizzando i markers mononucleotidici<br />
BAT26, BAT25 e BAT40. I tumori con instabilità in<br />
almeno uno dei loci esaminati sono stati classificati come<br />
MSI-H e quelli non instabili come MSS. L’analisi immunoistochimica<br />
dell’espressione delle proteine MLH1, MSH2 ed<br />
MSH6 è stata effettuata utilizzando anticorpi monoclonali<br />
anti-MLH1 (clone G168-728), anti-MSH2 (clone Fe11 e clone<br />
G219-1129) ed anti-MSH6 (clone 44).<br />
Risultati<br />
Degli 87 CE esaminati, 62 (71,3%) hanno evidenziato positività<br />
nucleare per MLH1, MSH2 ed MSH6, mentre 25<br />
(28,7%) hanno presentato perdita di espressione di MLH1,<br />
MSH2 o MSH6. In particolare, in 21 tumori (24,1%) è stata<br />
osservata perdita di espressione di MLH1, in 3 perdita di<br />
espressione di MSH2 e di MSH6 e in un caso perdita di<br />
espressione della sola proteina MSH6. Degli 82 casi sottoposti<br />
ad analisi della MSI, 63 (72,4%) sono stati classificati come<br />
MSS e 19 come MSI-H. È stata evidenziata una ottima<br />
correlazione tra i risultati ottenuti con le due metodiche. Infatti<br />
tutti i 19 tumori classificati come MSI-H all’analisi genetica<br />
hanno presentato perdita di espressione all’indagine<br />
immunoistochimica, mentre delle 63 neoplasie classificate<br />
come MSS, 60 (95,2%) hanno mostrato normale reattività<br />
per le tre proteine (P < 0,001).<br />
Nessuna correlazione è emersa tra espressione di MLH1,<br />
MSH2 e MSH6 ed età della paziente, istotipo e grado di differenziazione<br />
della neoplasia.<br />
Conclusioni<br />
I risultati ottenuti indicano che la MSI è una alterazione genetica<br />
frequente nel CE, nella maggior parte dei casi determinata<br />
da inattivazione di MLH1. L’analisi immunoistochimica<br />
della espressione di MLH1, MSH2 ed MSH6 rappresenta<br />
una metodica semplice e attendibile per la individuazione<br />
dei carcinomi endometriali con deficit del DNA mismatch<br />
repair.<br />
Carcinomi con traslocazioni coinvolgenti i<br />
geni della famiglia MiTF/TFE<br />
S. Gobbo 1 , R. Tardanico 2 , G. Martignoni 3 , M. Pea 1 , L.<br />
Pecciarini 5 , M. Brunelli 1 6 , P. Balzarini 2 , E. Macri 4 , P. Cossu<br />
Rocca 3 , M. Chilosi 1 , F. Menestrina 1 , C. Doglioni 5<br />
1<br />
Anatomia Patologica, Università di Verona; 2 Università di<br />
Brescia; 3 Università di Sassari; 4 Ospedale “San Martino”,<br />
Belluno; 5 Ospedale “San Raffaele”, Milano; 6 Ospedale di<br />
Arzignano, Vicenza<br />
Introduzione<br />
Recentemente è stato descritto un gruppo di neoplasie renali<br />
con traslocazioni (tRC) della regione Xp11 e t(6;11) con relativa<br />
immunoespressione di rispettivamente TFE3 e TFEB,<br />
fattori di trascrizione della famiglia MiTF/TFE. Entrambe le<br />
neoplasie insorgono in giovani adulti e sono morfologicamente<br />
simili ai carcinomi renali a cellule chiare; le prime<br />
possono dare metastasi.<br />
Metodi<br />
Descriviamo 4 casi di tRC con indagini di immunoistochimica<br />
(ICH) con TFE3, TFEB, in un pannello inglobante CK8-<br />
18, HMB45, Mart1, vimentina, CD10 e parvalbumina (PV).<br />
Abbiamo incluso come controllo 15 angiomiolipomi.<br />
Risultati<br />
Le due tRC positive per TFE3 erano femmine di 9 e 24 anni<br />
e le 2 tRC positive per TFEB erano femmine di 52 e 42 anni.<br />
Le neoplasie con traslocazione TFE3 presentavano aspetti architetturali<br />
e citologici indistinguibili da un carcinoma a cellule<br />
chiare; le neoplasie mostravano focale positività alla<br />
CK8-18 in 1/2 casi ed i rimanenti marcatori non erano immunoespressi.<br />
Le neoplasie con traslocazione TFEB erano<br />
caratterizzate da una doppia popolazione di cellule epiteliomorfe,<br />
una medio-grande e a citoplasma chiaro e l’altra a piccole<br />
cellule raggruppate intorno a materiale ialino. Tali neoplasie<br />
erano positive al marcatore HMB45 e Mart1, focalmente<br />
per CK8-18 e vimentina; PV e CD10 positive in 1/2<br />
casi. Un paziente ha sviluppato metastasi para-tracheali e<br />
pleuriche 3 anni dopo nefrectomia. Gli angiomiolipomi non<br />
esprimevano TFE3 e TFEB.<br />
Conclusioni<br />
1) i tRC sono estremamente rari e non esclusivi dell’età pediatrica;<br />
2) morfologicamente sono eterogenei ma sono simili<br />
ai carcinomi a cellule chiare; 3) l’indagine immunoistochimica<br />
deve considerare marcatori quali il TFE3 e TFEB nell’individuare<br />
tali neoplasie renali con traslocazione Xp11 e<br />
t(6;11) rispettivamente; 4) le neoplasie TFEB positive possono<br />
esprimere focalmente CK8-18; 5) le neoplasie con traslocazione<br />
t(6;11) precedentemente considerate a decorso benigno<br />
possono dare metastasi.<br />
Espressione della Timidina Fosforilasi nel<br />
tessuto pancreatico maligno e non maligno.<br />
Possibile ruolo terapeutico della Capecitabina<br />
E. Mattioli, R. Patruno * , A. F. Zito * , E. Ruggieri * , F. Vacca<br />
* , R. Ricco, G. Ranieri *<br />
Dipartimento di Anatomia Patologica, Bari, Italia; *<br />
I.R.C.C.S. Oncologico, Bari, Italia<br />
Introduzione<br />
La Timidina Fosforilasi (TF) è un enzima multifunzione:<br />
espresso da epiteli, endoteli e macrofagi, è coinvolto nel me-
MARKERS TUMORALI<br />
255<br />
tabolismo nucleotidico, ha attività proangiogenica ed attiva<br />
farmaci fluoropirimidinici, quali la Capecitabina (CAP), trasformandoli<br />
in 5-FU; incremento della sua espressione è stato<br />
descritto in lesioni preneoplastiche (come la CIN) e in numerosi<br />
tumori solidi (tra cui carcinomi di mammella, colon,<br />
polmone) ed associato ad aumento della densità microvascolare<br />
(MVD).<br />
In questo studio abbiamo confrontato la sua espressione da<br />
parte di cellule epiteliali ed endoteliali nel tessuto neoplastico<br />
e in quello adiacente non neoplastico di 38 casi di carcinoma<br />
pancreatico. La componente endoteliale è stata valutata<br />
in termini di microvasi TF-positivi: laddove, infatti, i<br />
markers endoteliali classici (CD31, CD34, Fattore VIII) non<br />
sono in grado di distinguere tra endoteli quiescenti e non, noi<br />
ipotizziamo che TF, per le sue proprietà chemotattiche e mitogeniche<br />
su di essi, possa marcare gli endoteli attivati, esprimendo<br />
quindi l’attività neoangiogenica del tumore.<br />
Metodi<br />
Sezioni di 6 µm di materiale paraffinato sono state deparaffinate<br />
con xilene e alcoli, sottoposte ad antigen retrieval in forno<br />
a microonde e, previa inibizione della perossidasi endogena<br />
con H 2<br />
O 2<br />
al 3%, colorate con anticorpo monoclonale<br />
anti-TF (P-GF.44C NeoMarkers). Lo staining è risultato diffusamente<br />
nucleare e focalmente anche citoplasmatico. La<br />
valutazione è stata effettuata sia con conta microscopica tradizionale<br />
(da due distinti osservatori) sia con un sistema di<br />
analisi d’immagine (Leica Quantimet 500); i microvasi sono<br />
stati identificati secondo il metodo Weidner modificato,<br />
escludendo le aree di necrosi.<br />
L’associazione tra espressione di TF e istologia (neoplasia vs.<br />
tessuto normale) è stata valutata con il test t-Student.<br />
Risultati<br />
L’espressione di TF è risultata in media significativamente<br />
più alta nel tessuto neoplastico che in quello limitrofo per entrambe<br />
le componenti considerate (Tab. I).<br />
Conclusioni<br />
Questi dati suggeriscono un coinvolgimento dell’espressione<br />
di TF nella tumorigenesi pancreatica e nel contempo interessanti<br />
presupposti per l’utilizzo della CAP in questo tumore:<br />
infatti, la più alta espressione di TF nella neoplasia potrebbe<br />
permettere una maggiore selettività di effetti rispetto all’uso<br />
del 5-FU; l’attivazione diretta del farmaco nelle cellule endoteliali<br />
potrebbe poi contrastare la neoangiogenesi della<br />
neoplasia, riducendone così la vitalità.<br />
Fosforilata nella diagnosi differenziale tra<br />
adenoma e carcinoma della tiroide<br />
R. Zamparese, F. Corsi, G. Pannone, A. Gatta, M.C. Pedicillo,<br />
P. Bufo<br />
Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Cattedra di Anatomia<br />
Patologica, Università di Foggia<br />
Introduzione<br />
Nel processo di apoptosi cellulare sono implicate numerose<br />
molecole fra cui l’ampio gruppo delle IAP (Proteine Inibitrici<br />
dell’Apoptosi) ed in particolare la forma attiva della survivina,<br />
la survivina fosforilata (P-Survivina). Quest’ultima una<br />
volta fosforilata in corrispondenza della THR34 ad opera della<br />
p34cdc2 impedisce l’apoptosi, consentendo alla cellula di<br />
proseguire nel ciclo cellulare.<br />
Le indagini fino ad ora condotte in vari tessuti sulla survivina<br />
sono basate sull’utilizzo di metodi di biologia molecolare<br />
e di immunoistochimica ed hanno dimostrato una spiccata<br />
espressione della survivina in numerosi tessuti fetali, ma non<br />
nei tessuti normali dell’adulto, e in numerosi tumori maligni<br />
dell’uomo.<br />
Il nostro studio ha lo scopo di valutare l’espressione immunoistochimica<br />
della survivina fosforilata negli adenomi e nei<br />
carcinomi della tiroide al fine di dimostrare una differente<br />
espressione delle reazioni immunoistochimiche per questa<br />
molecola nelle neoplasie benigne e maligne della tiroide.<br />
Materiali e metodi<br />
La nostra ricerca è stata condotta su 23 casi di carcinoma della<br />
tiroide e 10 casi di adenoma della tiroide. I 23 casi di carcinoma<br />
della tiroide sono costituiti da 14 casi di carcinoma<br />
ben differenziato della tiroide varietà papillare classica e 9<br />
casi della varietà follicolare del papillare; trattasi di pazienti<br />
di età compresa tra 31 e 75 anni, 18 donne e 5 uomini.<br />
Dei 10 casi di adenoma, 9 sono pazienti di sesso femminile<br />
ed 1 di sesso maschile, di età compresa tra i 28 ed i 56 anni.<br />
Le sezioni istologiche di ogni campione sono state saggiate<br />
con anticorpi policlonali per la survivina umana ricombinante<br />
(ab469, Abcam, Cambridge) e per la survivina fosforilata<br />
di origine umana (sc-16320-R, Santa Cruz Biotechnology,<br />
INC.) e l’espressione immunoistochimica è stata valutata<br />
com metodo semiquantitativo.<br />
Risultati<br />
L’espressione immunoistochimica della survivina fosforilata<br />
è elevata nelle cellule neoplastiche dei carcinomi, mentre è<br />
negativa nei nuclei delle cellule degli adenomi della tiroide.<br />
L’espressione immunoistochimica della survivina, invece, è<br />
Tab. I.<br />
Espressione di TF negli epiteli Espressione di TF negli endoteli<br />
(% di cellule positive a 400x, (% di microvasi positivi a 400x,<br />
area di campo 0,19 mm 2 ) area di campo 0,19 mm 2 )<br />
Tessuto pancreatico 31 ± 12 * 37 ± 14 *<br />
neoplastico<br />
Tessuto pancreatico 9 ± 5 * 14 ± 9 *<br />
non neoplastico<br />
Valore p 0.005 0.01<br />
(t-test)<br />
*<br />
media ± deviazione standard
256<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
positiva sia negli adenomi sia nei carcinomi della tiroide. Il<br />
parenchima sano circostante è solo debolmente e localmente<br />
positivo sia per la survivina fosforilata che per la survivina.<br />
Conclusioni<br />
I risultati incoraggiano l’utilizzo della survivina fosforilata<br />
per la diagnosi differenziale tra adenoma e carcinoma della<br />
tiroide nei casi di dubbia interpretazione.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Ito Y, et al. Oncol Rep 2003;10:1337-40.<br />
Valutazione dell’espressione delle<br />
oncoproteine del papillomavirus nella<br />
gestione e nel triage delle donne in follow-up<br />
per lesioni di basso grado<br />
R. Zappacosta, G. Di Bonaventura * , B. Zappacosta, A.<br />
Casoria, L. Brancone, M. Piccolomini, G. Di Girolamo,<br />
G. D’Egidio ** , S. Rosini<br />
Sezione Citodiagnostica, Dipartimento Oncologia e Neuroscienze;<br />
* Dipartimento di Scienze Biomediche, Università<br />
“G. d’Annunzio”, Chieti-Pescara; ** U.O. Ginecologia e<br />
Ostetricia, P.O. Guardiagrele (CH)<br />
Introduzione<br />
L’infezione persistentemente 1 attiva, indotta dai Papillomavirus<br />
ad alto rischio oncogeno (HR-HPV), rappresenta un significativo<br />
fattore di rischio per lo sviluppo del cervicocarcinoma.<br />
È ormai chiara la correlazione tra infezione da HPV,<br />
mutazioni delle proteine p53 e pRB e rischio di sviluppo del<br />
cancro cervicale 2 .<br />
Obiettivo dello studio è stato quello di valutare l’utilità clinica<br />
della stima degli oncotrascritti virali E6/E7 su campioni<br />
cervico-vaginali in fase liquida, al fine di individuare, tra le<br />
pazienti con diagnosi citologica di lesione di basso grado,<br />
quelle ad alto rischio di sviluppare una lesione di alto grado<br />
o un cervicocarcinoma infiltrante.<br />
Metodi<br />
Sono state selezionate 48 donne di età compresa tra i 24 e gli<br />
82 anni, in follow-up o in trattamento per lesioni cervicali. Su<br />
ciascuna è stato eseguito un esame colposcopico ed un prelievo<br />
citologico in fase liquida (Thin Prep). Parallelamente<br />
all’indagine morfologica, lo stesso campione residuo, in triplo<br />
cieco, è stato studiato con HPV-DNA test (Hybrid Capture<br />
II, Digene) e con HPV-mRNA test, per valutare l’espressione<br />
delle oncoproteine virali E6/E7 (tecnologia NASBA in<br />
Real-Time, Pretect HPV-Proofer, Norchip).<br />
Risultati<br />
Le correlazioni tra diagnosi citologica e biologia molecolare<br />
sono rappresentate in Tabella I. L’espressione di E6/E7 è presente<br />
in soli 9/48 casi (18,7%) e soltanto in 7/30 casi (23,3%)<br />
positivi per DNA-HR+. Un campione (L-SIL) risulta mR-<br />
NA+ ma DNA-; un caso (ASCUS) è mRNA+ ma DNA-LR+.<br />
Tra le 27 pazienti colposcopicamente negative, 15 (55,5%)<br />
presentano DNA-HR+; 3 (20%) di queste sono anche positive<br />
per mRNA virale. Tra le 20 donne colposcopicamente positive,<br />
11 (55%) mostrano DNA-HR+; di queste, 6 (54,5%)<br />
evidenziano il trascritto E6/E7.<br />
Conclusioni<br />
I nostri risultati preliminari mostrano come l’espressione delle<br />
oncoproteine virali E6/E7 sia riscontrabile solo in una piccola<br />
percentuale di casi positivi per HPV-DNA HR+. Poiché<br />
è la persistenza dell’espressione oncogenica di HPV il vero<br />
precursore della progressione neoplastica, solo la positività<br />
per E6/E7-mRNA potrà identificare le infezioni che molto<br />
verosimilmente evolveranno in neoplasia. In conclusione,<br />
pensiamo che l’associazione HPV-DNA test/NASBA-mRNA<br />
test possa candidarsi valido mezzo per migliorare la sensibilità<br />
diagnostica del Thin Prep Pap test e per individuare, tra<br />
le pazienti con lesioni di basso grado, quelle effettivamente<br />
da trattare perché ad alto rischio di sviluppare una neoplasia<br />
cervicale infiltrante.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Cuschieri KS. J Med Virol 2004;73:65-70.<br />
2<br />
von Knebel Doeberitz M. Eur J Cancer 38:2229-42.<br />
Tab. I.<br />
Diagnosi DNA negativo DNA-LR+ DNA-HR+ Presenza Tipo HPV<br />
citologica<br />
mRNA E6/E/7<br />
(n. di casi)<br />
Negativo/BCC 9 (64,3%) 0 5 (35,7%) 1 (7,1%) 18<br />
(14)<br />
ASC- 4 (44,4%) 1 (11,1%) 4 (44,4%) 2 (22,2%) 16, 16<br />
(9)<br />
L-SIL 3 (13,6%) 1 (4,5%) 18 (81,8%) 4 (18,2%) 16, 16, 16, 31<br />
(22)<br />
H-SIL 0 0 3 (100%) 2 (66,6%) 16, 16<br />
(3)
PATHOLOGICA 2005;97:257-264<br />
Citopatologia<br />
Citologia diagnostica in fase liquida di lesioni<br />
del cavo orale: analisi del DNA con citometria<br />
a flusso<br />
A. Demurtas * , I. Rostan, P. Burlo ** , A. Marsico, M. Pentenero<br />
*** , S. Gandolfo *** , R. Navone<br />
Dipartimento di Scienze Biomediche ed Oncologia Umana<br />
dell’Università di Torino, Sezione di Anatomia Patologica,<br />
Torino; * UOADU Anatomia Patologica 2 dell’A.O. “S. Giovanni<br />
Battista” di Torino, Torino; ** UOADU Anatomia Patologica<br />
1 dell’A.O. “S. Giovanni Battista” di Torino, Torino; ***<br />
Struttura Universitaria convenzionata di Patologia ed Oncologia<br />
Orale dell’A.O. “S. Giovanni Battista” di Torino, Torino<br />
Introduzione<br />
La citopatologia esfoliativa per la diagnosi di displasie e neoplasie<br />
del cavo orale, benché nota da molti anni perché semplice,<br />
non invasiva, indolore e poco costosa, non ha trovato sinora<br />
un’applicazione così estesa come altri tipi di citologia<br />
diagnostica. L’impiego di nuove tecnologie (citologia computer-assistita,<br />
AgNORs, immunocitochimica, citologia in fase<br />
liquida) 1 ha consentito di migliorare sensibilità e specificità;<br />
un certo numero di casi resta tuttavia non diagnosticabile usando<br />
la sola citologia. Poiché è stato dimostrato, con lo studio del<br />
DNA di lesioni orali 2 , che la ploidia è un buon indicatore di<br />
malignità, abbiamo valutato il DNA di cellule prelevate da lesioni<br />
orali sospette per neoplasia (in particolare leuco-eritroplachie<br />
e lichen) ed esaminate con la citologia in strato sottile.<br />
Tutti i casi sono stati biopsiati ed esaminati istologicamente.<br />
Metodi<br />
In 50 soggetti sono stati effettuati prelievi citologici orali da<br />
cui sono stati ottenuti preparati in strato sottile dopo diluizione<br />
nel liquido del Thin Prep (Cytic). Nel materiale residuo<br />
è stata valutata la ploidia utilizzando per la colorazione del<br />
DNA il CycleTEST PLUS DNA Reagent Kit e per l’analisi<br />
un citofluorimetro FACSalibur (Becton Dickinson) con laser<br />
Ioni Argon. Sono stati acquisiti almeno 20.000 eventi per<br />
ogni campione. Il DNA index (D.I.) è stato calcolato usando<br />
il programma statistico Multicycle. Per euploide si intende<br />
un D.I. uguale a 1, per aneuploide un D.I. diverso da 1.<br />
Risultati<br />
Su 18 casi di carcinoma squamoso o displasia di alto grado,<br />
in 11 l’analisi citometrica ha dimostrato la presenza di una<br />
popolazione aneuploide frammista alla popolazione euploide<br />
più numerosa (near-diploidia). I carcinomi verrucosi (2) erano<br />
euploidi o poliploidi. Lesioni non neoplastiche (13 casi)<br />
erano formate da cellule euploidi in 8 casi; 5 casi presentavano<br />
una near-diploidia.<br />
Conclusioni<br />
L’esame del DNA, effettuato sullo stesso campione usato per<br />
l’esame citologico, può fornire indicazioni utili alla diagnosi<br />
di tumori e displasie orali. Inoltre, se verranno confermati i<br />
dati di Sudbo et al. 3 , l’eventuale presenza di aneuploidia in<br />
lesioni con displasia di basso grado o addirittura senza displasia<br />
morfologica potrebbe avere importanza prognostica.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Navone R. 3° Congresso Nazionale SIAPEC-IAP, Firenze 26-30 settembre<br />
2004.<br />
2<br />
Remmerbach TW, et al. Anal Cell Pathol 2003;25:159-66.<br />
3<br />
Sudbo J, et al. Oral Oncol 2001;37:558-65.<br />
Determinazione immunocitochimica di p16 INK4a<br />
per la caratterizzazione delle lesioni cervicali<br />
positive per papillomavirus ad alto rischio<br />
oncogeno<br />
S. Rosini, R. Zappacosta, M. Vizzino, P. Ascione, T. Orsini,<br />
A. Esposito, P. Visci ** , M. Liberati *<br />
Sezione di Citodiagnostica, Dipartimento di Oncologia e<br />
Neuroscienze; * Sezione di Ginecologia e Ostetricia, Dipartimento<br />
di Medicina e Scienze dell’Invecchiamento, Università<br />
“G. d’Annunzio”, Chieti-Pescara; ** Società Italiana di Colposcopia<br />
Introduzione<br />
Il valore aggiuntivo dell’HPV-DNA Test nel migliorare la<br />
sensibilità del Pap test è ormai acclarato: un test HPV negativo<br />
permette di “negativizzare” una diagnosi borderline con<br />
conseguenti evidenti vantaggi economici, per il SSN, e psicologici<br />
per la paziente. Di converso la sua bassa specificità<br />
risiede nella incapacità di discriminare le infezioni da HPV<br />
ad alto rischio oncogeno attive da quelle transienti. Questo<br />
comporta inutili allarmismi, disorientamento del clinico e rischio<br />
di sovratrattamento di una lesione spesso transitoria.<br />
Il presente studio è stato condotto al fine di determinare la<br />
validità dell’immunocitochimica con p16 INK4a (inibitore chinasico<br />
ciclino-dipendente, legato all’espressione dell’oncoproteina<br />
virale E7) su casi di anormalità citologica associata<br />
a positività dell’HPV-DNA Test per i tipi virali ad alto rischio<br />
oncogeno.<br />
Metodi<br />
Lo studio immunocitochimico con p16 INK4a (anticorpo monoclonale<br />
murino Dako; clone E6H4; diluizione 1:100) è stato<br />
condotto su 96 campioni citologici cervicovaginali residui in<br />
fase liquida con diagnosi citologica di: ASC-(46), L-SIL<br />
(44),H-SIL (6); tutti i casi selezionati risultavano altresì positivi<br />
per HR-HPV al test di ibridizzazione con sonda molecolare<br />
(Hybrid Capture II). I campioni sono stati valutati come<br />
significativamente positivi per p16 INK4a se contenenti più<br />
del 25% di cellule squamose superficiali ed intermedie con<br />
espressione nucleare e citoplasmatica.<br />
Risultati<br />
L’espressione di p16 INK4a è stata riscontrata immunocitochimicamente<br />
solo in 29 su 96 (30,2%) casi positivi per HPV-<br />
HR. In particolare: 15/46 ASC- (32,6%), 10/44 L-SIL<br />
(22,7%), 4/6 H-SIL (66,7%).<br />
Conclusioni<br />
La positività per p16 INK4a , evidenziata dai campioni citologici<br />
HR-HPV+, rappresenta l’espressione immunofenotipica<br />
dell’integrazione dell’HPV ad alto rischio oncogeno nel genoma<br />
della cellula ospite e della trascrizione delle proteine<br />
oncogeniche E6/E7. Ciò dimostra che l’HPV test è un esame<br />
indiretto, capace di individuare la presenza di sottotipi virali<br />
ad alto rischio oncogeno ma inadatto nel distinguere la natura<br />
della lesione e le sue potenzialità oncogene.<br />
Pensiamo, quindi, che la determinazione immunocitochimica<br />
di p16 INK4a sulle lesioni HR-HPV+ possa rappresentare un<br />
mezzo standardizzato, automatizzato, altamente efficace ed<br />
efficiente, per la caratterizzazione ed il management delle pazienti.<br />
La negatività per p16 INK4a del campione citologico cervicovaginale<br />
HR-HPV+ è in grado di escludere con ottima
258<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
attendibilità la presenza di lesioni attive ed offre lo strumento<br />
per una più corretta programmazione del follow-up.<br />
Metodica Immunocyt (u-Cyt+) nella diagnosi e<br />
follow-up del carcinoma transizionale della<br />
vescica<br />
A. Bernardi, M. Gussio, P. Lovadina, P. Luparia, E. Berardengo<br />
S.C. Anatomia Patologica 4, Ospedale “San Giovanni Antica<br />
Sede”, ASO San Giovanni Battista di Torino, Torino<br />
Introduzione<br />
A Fradet e Lockart si deve la messa a punto della metodica<br />
Immunocyt (uCyt+) che evidenzia markers specifici del tumore<br />
della vescica presenti in cellule esfoliate dall’epitelio<br />
transizionale in campioni di urina spontanea. Il test specie nei<br />
tumori a basso grado se combinato con la citologia può migliorare<br />
significativamente la sensibilità diagnostica.<br />
Metodi<br />
In uno studio prospettico preliminare 106 campioni di urina<br />
spontanea da pazienti, età media 64 anni, previa filtrazione su<br />
membrane Watman 25 um sono stati processati con u-Cyt+<br />
Kit (DiagnoCure) che utilizza in immunofluorescenza gli anticorpi<br />
19A211 coniugato con texas Red contro un antigene<br />
carcinoembrionale ad alto peso molecolare e M0.344 +<br />
LDQ10 coniugati con fluoresceina contro mucine citoplasmatiche<br />
presenti in molti tumori della vescica. La lettura<br />
con microscopio a fluorescenza, doppio filtro, obiettivo 40x<br />
è stata eseguita parallelamente al test citologico in doppio<br />
cieco.<br />
Risultati<br />
Sono stati identificati tre gruppi di pazienti (pz).<br />
Primo: 15 pz con patologia prostatica benigna o maligna, 14<br />
con test citologico. Concordanza 76,92% (10/13) tra u-Cyt+<br />
e citologia e discordanza in 3 casi u-Cyt+ positivi e citologia<br />
negativa, specificità di u-Cyt+ 53,84%.<br />
Secondo: 44 pz sintomatici per disuria, ematuria, cistiti: 43<br />
con test citologico. Concordanza 60,46% (26/43) tra u-Cyt+<br />
e citologia, discordanza in 6 casi u-Cyt+ negativi e citologia<br />
positiva (3 negativi alla cistoscopia, 1 G3) e in 11 casi u-Cyt+<br />
positivi e citologia negativa (1 G1, 1 confermato negativo alla<br />
biopsia). Sensibilità dei due tests 69,76%, specificità di u-<br />
Cyt+ 55,81%.<br />
Terzo: 47 pz con pregresso tumore della vescica, 44 con test<br />
citologico. Concordanza 68,18% (30/44) tra u-Cyt+ e citologia,<br />
discordanza in 2 casi u-Cyt+ negativi e citologia positiva<br />
(1 confermato negativo) e in 12 casi u-Cyt+ positivi e citologia<br />
negativa (3 positivi al controllo istologico, 1 pz trattato<br />
con BCG, 1 falso positivo). Sensibilità 77,27%, specificità<br />
di u-Cyt+ 63,63%.<br />
Conclusioni<br />
Nel “management” del carcinoma transizionale della vescica<br />
Immunocyt abbinato alla citologia si conferma valido aiuto<br />
per diagnosi e follow-up. Lesioni delle basse vie urinarie<br />
possono dare false positività (nel 1° gruppo bassa specificità<br />
di u-Cyt+ che aumenta passando al 2°-3° gruppo). Incremento<br />
della sensibilità nel 2° e 3° gruppo di 9 punti %.<br />
Galectina-3 nella valutazione pre-operatoria<br />
dei noduli tiroidei: citologia convenzionale<br />
vs. citologia su strato sottile<br />
R. Zappacosta, R. Bellocci, E. Dell’Osa, S. Andreozzi, M.<br />
Liberatore, S. Setta, F. Francomano * , U. Tatasciore, S.<br />
Rosini<br />
Sezione di Citodiagnostica, Dipartimento di Oncologia e<br />
Neuroscienze; * Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Università<br />
“G. d’Annunzio”, Chieti-Pescara<br />
Introduzione<br />
La caratterizzazione preoperatoria dei noduli tiroidei, mediante<br />
test immunocitochimico con Galectina-3 (Gal-3) è ormai<br />
una procedura diagnostica riconosciuta da molte Istituzioni<br />
Internazionali 1 2 . Infatti oltre a fornire un criterio oggettivo<br />
di caratterizzazione biologica della lesione nodulare<br />
tiroidea, tale test combina anche la semplicità di esecuzione<br />
ad un ridotto time-consuming.<br />
Obiettivo del nostro studio retrospettivo è stato quello di comparare<br />
i risultati ottenuti dall’esecuzione del test su materiale<br />
residuo da citologia in fase liquida (TLC) con i risultati ottenuti<br />
su materiale citologico convenzionale (CC), al fine di individuare<br />
una metodica scevra da interferenze tecniche (causa<br />
di risultati discordanti) validandola per la pratica routinaria.<br />
Metodi<br />
L’espressione di Gal-3 (Ylem, 1:100) è stata valutata sul materiale<br />
residuo di 30 preparati TLC (4 carcinomi papillari, 11<br />
proliferazioni papillari sospette; 12 proliferazioni follicolari<br />
sospette; 3 sospette neoplasie oncocitarie) e su 15 campioni<br />
preparati CC decolorati (5 carcinomi papillari e 10 proliferazioni<br />
follicolari sospette) tutti ottenuti da pazienti con noduli<br />
tiroidei palpabili candidati alla resezione chirurgica. Per<br />
tutti i casi citologici erano disponibili i corrispondenti esami<br />
istologici. Sui preparati sono stati valutati: pattern di immunopositività,<br />
cellularità, morfologia e conservazione cellulare,<br />
presenza di materiale di fondo.<br />
Risultati<br />
Le correlazioni tra diagnosi citologica ed espressione immunocitochimica<br />
di Gal-3 sono rappresentate in Tabella I. Abbiamo<br />
osservato spesso, sui preparati immunocitochimici da<br />
CC, false positività imputabili ad artefatti da fissazione all’aria<br />
nonché alterazioni del dettaglio citologico conseguenti alla<br />
formazione di spessi aggregati cellulari. Nei CC si rilevava<br />
costantemente un fondo “sporco” per la presenza di detriti<br />
ematici e cellulari. Infine, la metodica di allestimento ICC<br />
del preparato CC è stata di gran lunga più complessa.<br />
Conclusioni<br />
L’allestimento TLC dei campioni citologici tiroidei per lo<br />
studio immunocitochimico con Gal-3 permette, anche a distanza<br />
di ventiquattro mesi dal prelievo, di ottenere ottimi risultati.<br />
I vantaggi sono da ricondurre ad assenza di interferenze<br />
di fondo dovute ad aspecificità, (conseguente migliore<br />
interpretabilità dei risultati), ad omogenea distribuzione delle<br />
cellule positive su tutto il vetrino, a minore richiesta di anticorpo<br />
impiegato, a bassissimo time-consuming.<br />
Riteniamo, quindi, che lo studio immunocitochimico con<br />
Gal-3 dei preparati tiroidei da agoaspirazione, allestiti su<br />
strato sottile, possa aumentare l’efficienza e l’efficacia dello<br />
diagnostica tiroidea e confermarsi un valido mezzo per la caratterizzazione<br />
delle lesioni tiroidee e per la selezione dei pazienti<br />
effettivamente da sottoporre ad intervento chirurgico.
CITOPATOLOGIA<br />
259<br />
Tab. I.<br />
Diagnosi Citologica Diagnosi Citologica/ Diagnosi Istologica<br />
Gal-3+<br />
Gal-3+<br />
TLC CC Benigno Adenoma maligno<br />
Sospetto carcinoma papillare 2/11 9/11 TLC 2/11 TLC<br />
Controllo istologico<br />
Proliferazione follicolare 2/12 1/10 10/12 TLC 2/12 TLC<br />
Controllo istologico fondo+++ 9/10 CC 1/10 CC<br />
dettaglio cellulare+<br />
componente ematica+++<br />
Neoplasia Oncocitaria 1/3 2/3 TLC 1/3 TLC<br />
Controllo istologico<br />
Carcinoma papillare 4/4 5/5 4/4 TLC<br />
fondo+++<br />
5/5 CC<br />
dettaglio cellulare+<br />
componente ematica+++<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Bartolazzi A, et al. Lancet 2001;357:1644-50.<br />
2<br />
Rossi ED, et al. Cancer 2005;105:87-95.<br />
Molecular detection of breast cancer cells in<br />
fine needle aspiration cytology of resected<br />
sentinel lymph nodes<br />
M. Barberis, M. Cannone, C. Oliveri, E. Roz, F. Rispoli,<br />
S. Ferrarese, S. Alexiadis<br />
Dipartimento di Anatomia Patologica e Medicina di Laboratorio,<br />
Gruppo Multimedica, Milano<br />
Background<br />
Sentinel lymph node (SLN) biopsy represents a new standard<br />
of care for patient with clinically lymph-node negative<br />
breast cancer. However the extensive, multilevel frozen<br />
section of the SLN is subject to false negative results, costly<br />
and time consuming. The use of immunohistochemistry<br />
does not overcome the need for a serial and complete sectioning<br />
of the node. Recently the suitability of high sensitivity<br />
molecular biology assays for the identification of “occult”<br />
metastases has attracted much interest. Unfortunately<br />
the part of the specimen used for molecular assays cannot<br />
be histologically examined. To overcome this drawback, we<br />
have devised a procedure to perform the molecular test before<br />
the extensive intraoperative examination: the fine needle<br />
aspiration cytology (FNAC) of the surgically removed<br />
SLN.<br />
Material and methods<br />
The diagnostic accuracy of the extensive histological examination<br />
and immunohistochemistry of 101 SLNs from 98<br />
breast carcinoma patients were compared with that of the<br />
evaluation of two specific mRNA markers by reverse – transcription<br />
– polymerase chain reaction (Mammaglobin and<br />
MUC-1). Cell specimens were obtained by FNAC of the<br />
SLNs immediately before freezing.<br />
Results<br />
Metastases were detected on frozen in 19 cases (18.81%).<br />
Immunohistochemistry on serial sections confirmed the<br />
metastases and showed micrometastases or isolated tumor<br />
cells in 24 SLNs (23.76%).<br />
Mammaglobin was expressed in 20 FNAC-specimens<br />
(19.80%).<br />
MUC-1 assay was positive in 11 cases only (10.89%).<br />
Conclusions<br />
This technique allows a complete histological examination<br />
without the sacrifice of a part of the SLN and in the same<br />
time gives a valuable diagnostic adjunct for the detection of<br />
occult tumour cells. Moreover it is less expensive and time<br />
consuming than extensive immunohistochemistry<br />
Comparison of cervical cytology with two<br />
molecular markers of HPV viral activity as<br />
predictors for the development of cervical<br />
neoplasia<br />
F. Broccolo * , R. Garcia Parra * ** , S. Chiari ** , A. Brenna *** ,<br />
P. Perego *** , M. Viltadi * , G. Cassina * , A. Maneo ** , C.<br />
Mangioni ** , C.E. Cocuzza *<br />
*<br />
Department of Clinical Medicine, Prevention and Biotechnology,<br />
University of Milano-Bicocca; ** Departments of Obstetrics<br />
and Gynecology and *** Pathology, “San Gerardo”<br />
Hospital, Monza, Italy<br />
Introduction<br />
Human papillomaviruses (HPVs) play an essential part in the<br />
development of cervical cancer, particularly when infection<br />
is caused by “high risk” genotypes such as HPV 16, 18, 31,<br />
33, and 45.<br />
HPVs infections are common among sexually active women<br />
and they are often transient and asymptomatic. Currently, the<br />
presence of HPV viruses is monitored primarily by HPV<br />
DNA detection assays but this qualitative DNA determination<br />
cannot distinguish between persistent infection, considered<br />
to be a pre-cursor of neoplastic progression, and transient<br />
infections. Emphasis has recently been placed on establishing<br />
accurate new methods to diagnose HPV infection. Recently,<br />
two different HPV markers with different clinical implications,<br />
“viral load” (a marker of active viral replication<br />
suggestive of persistant infection) and the presence of HPV<br />
transforming transcripts (indicative of oncogenic activity)<br />
have been proposed although their clinical value have been<br />
never compared. The aim of the present study was to com-
260<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
pare the HPVs viral load with the presence of oncogenic transcripts<br />
and correlate them to the results of conventional<br />
screening methods (cytological, colposcopical and histological<br />
findings).<br />
Methods<br />
The study was performed on a total of 143 cervical cytology<br />
samples recruited from patients attending Monzàs San Gerardo<br />
Hospital. Of these, 60 were newly diagnosed as having<br />
altered cytology (ASCUS, L-SIL, H-SIL), 12 showed normal<br />
cytology subsequent to previous ASCUS/L-SIL, 8 normal<br />
cytology following surgical treatment for previous H-SIL and<br />
43 women with negative Pap test. All cytological findings<br />
were confirmed by either colposcopy and/or biopsy specimen;<br />
patients with discrepancies between cytological and<br />
histological findings were excluded from the study. The carcinogenic<br />
HPV types DNA quantification and the presence<br />
E6-E7 oncogenic transcripts were determined by Real-time<br />
PCR assays (TaqMan) and NASBA (Pretect HPV-Proofer;<br />
Norchip), respectively.<br />
Results<br />
The prevalence of HPV DNA and E6/E7 mRNA for the carcinogenic<br />
HPV types (16, 18, 31, 33, and 45) was respectively<br />
22% in cases of normal cytology, 92% in HSIL as compared<br />
to 0% in normal cytology to 66% in HSIL. The association<br />
rate between the two markers was calculated by evaluating<br />
different cut off values; a higher association was<br />
showed when the cut off value selected for the viral load was<br />
≥ 10 3 copy/10 5 cells (0.58 Pearson’s χ 2 ), irrespective of the<br />
cytological subgroup. In particularly, a higher association<br />
was found for genotypes 16 and 18 (0.93 and 1, respectively;<br />
Pearson’s χ 2 ) while no significant association was shown for<br />
genotype 31. Although both markers showed a significant association<br />
with cytological and histological findings, the HPV<br />
DNA quantification was found to be a more sensitive marker<br />
than the detection of E6-E7 mRNA, as shown in Table I.<br />
Conclusions<br />
A good correlation was found between the results obtained<br />
for the two different markers of HPV viral activity studied,<br />
particularly for genotypes 16 and 18. The viral load (using as<br />
cut off value 10 3 copy/10 5 cells), however, showed a significantly<br />
better clinical correlation compared to the presence of<br />
oncogenic transcripts, especially in patients with early cervical<br />
precancerous lesions, indicating this as a useful early predictive<br />
marker for the development of cervical cancer. This<br />
probably refects the absence of E6/E7 expression in exfoliating<br />
epithelial cells in patients with early precancerous lesions.<br />
Tumore di Buschke-Lowenstein dell’ano:<br />
valutazione di 3 casi<br />
I. Castellano, P. Cassoni, A. Mobiglia * , M. Mistrangelo * ,<br />
M. Bellò ** , A. Mussa * , G. Bussolati<br />
Dipartimento di Scienze Biomediche ed Oncologia Umana, *<br />
Sezione di Chirurgia Oncologica e ** Sezione di Medicina<br />
Nucleare, Università di Torino, Italia<br />
Introduzione<br />
Il condiloma gigante acuminato o tumore di Buschke-<br />
Lowenstein è una rara entità che interessa la regione anorettale<br />
e perianale. È una neoplasia papillomatosa a crescita lenta<br />
ed espansiva che può pro<strong>pag</strong>arsi alla vescica, al retto ed all’area<br />
vulvo-vaginale; frequentemente può andare incontro a<br />
recidive (66% dei casi) o a trasformazione maligna (56%),<br />
ma solitamente non dà metastasi. Vengono di seguito descritti<br />
tre casi di tumore di Buschke-Lowentstein giunti all’attenzione<br />
del Dipartimento di Chirurgia Oncologica e dell’Anatomia<br />
Patologica dell’Università di Torino.<br />
Metodi<br />
Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad intervento chirurgico<br />
locale dopo essere stati studiati mediante anoproctoscopia,<br />
ecografia, risonanza magnetica pelvica e linfoscintigrafia per<br />
la biopsia del linfonodo sentinella. Il materiale è stato fissato<br />
in formalina, incluso in paraffina e sono state allestite sezioni<br />
colorate con ematossilina-eosina e con anticorpi-anti HPV.<br />
Il linfonodo sentinella è stato esaminato mediante plurime sezioni<br />
e colorazione con anticorpi anti-citocheratine.<br />
Risultati<br />
Le lesioni avevano aspetto verrucoide grigiastro a larga base<br />
d’impianto. L’esame istologico evidenziava la presenza di un<br />
epitelio spiccatamente iperplastico ben differenziato, con<br />
acantosi, iperparacheratosi e con papille dermiche tozze ed<br />
allungate. Negli strati superficiali erano presenti cellule di<br />
aspetto coilocitico, risultate positive alla colorazione immunoistochimica<br />
con anticorpi anti-HPV. In tutti i pazienti la ricerca<br />
di cellule neoplastiche nei linfonodi sentinella è risultata<br />
negativa. Non si è osservata mortalità né recidive postoperatorie.<br />
Conclusioni<br />
Il carcinoma verrucoso dell’ano o tumore di Buschke-<br />
Lowenstein è una neoplasia rara ma di difficile trattamento<br />
per l’ampiezza della lesione e la potenziale malignità. Il trattamento<br />
primario di scelta è l’ampia escissione locale con<br />
elettrocauterio o laser, anche se alcuni autori suggeriscono<br />
l’amputazione addomino-perineale sec. Miles o la radioterapia<br />
eventualmente associata alla chemioterapia in casi con<br />
Tab. I. Comparison of the cytological and histological findings with the HPV viral load and the detection of E6/E7 oncogenic transcripts.<br />
Patients No. positive for one or more genotype (%)<br />
Cytology and histology results HPV viral load by TaqMan assay Detection of HPV E6/E7 oncogenic<br />
(Patients No.) (No. of HPV genome Equivalent/10 5 cells) transcripts by NASBA<br />
Cut-off: > 10 3 copy<br />
Cut-off: > 10 5 copy<br />
ASCUS/LSIL (29) 15 (52) 10 (34) 9 (31)<br />
H-SIL (31) 24 (77) 19 (61) 21 (68)<br />
Normal:<br />
Previously ASCUS/L-SIL (12) 3(25) 3 (25) 2 (17)<br />
after conisation (8) 4 (50) 3 (38) 3 (38)<br />
Normal (43) 3 (7) 1 (2) 0 (0)
CITOPATOLOGIA<br />
261<br />
ampie lesioni o molteplici recidive. L’identificazione tramite<br />
la valutazione istologica del linfonodo sentinella dei rari casi<br />
con metastasi linfonodali può altresì permettere di riconoscere<br />
e selezionare senza la necessità di un intervento chirurgico<br />
maggiormente invasivo i pazienti per i quali vi è indicazione<br />
alla chemioterapia.<br />
Aspirato con ago sottile dei noduli tiroidei:<br />
striscio convenzionale vs. preparato in strato<br />
sottile<br />
A. Cavaliere, R. Colella, A. Sidoni, M. Giansanti, G. Bellezza,<br />
I. Ferri, P. DeFeo * , E. Puxeddu * , N. Avenia ** , E.<br />
Bucciarelli<br />
Istituto di Anatomia Patologica; * Dipartimento di Scienze<br />
Endocrine e Metaboliche; ** Dipartimento di Scienze Chirurgiche,<br />
Università di Perugia<br />
Introduzione<br />
La citologia aspirativa con ago sottile è ormai divenuta una<br />
metodica ampiamente utilizzata nella gestione dei noduli tiroidei.<br />
Accanto allo striscio convenzionale è stato introdotto,<br />
più di recente, l’allestimento di preparati in strato sottile. In<br />
questo studio abbiamo confrontato i risultati ottenuti con le<br />
due metodiche nel materiale osservato presso il nostro Istituto.<br />
Metodi<br />
Sono stati presi in considerazione 2.175 noduli tiroidei tutti<br />
aspirati con ago sottile (G 27 o 25) sotto guida ecografia. Di<br />
questi in 1.911 casi è stato possibile effettuare un doppio passaggio.<br />
Per convenzione il materiale ottenuto con il primo<br />
passaggio è stato strisciato con il metodo convenzionale; il<br />
secondo passaggio è stato allestito in strato sottile.<br />
Risultati<br />
I risultati, globalmente considerati, sono stati concordanti in<br />
1.454 casi (76,08%) e discordanti i 457 (23,92%). È stata formulata<br />
una diagnosi di negatività in 1.481 casi (77,6%), di<br />
positività per neoplasia in 39 casi (2%) (26 carcinomi, 10<br />
adenomi, 3 tumori a cellule di Hurthle), di sospetto per carcinoma<br />
in 2 casi (0,1%) e di inidoneo in 389 casi (20,3%).<br />
L’analisi dei dati discordanti ha messo in evidenza nello striscio<br />
convenzionale un maggior numero di casi di inidonei<br />
(273 vs. 171) ma anche un maggior numero di casi positivi<br />
per neoplasia (15 vs. 4). In 81 casi è stato possibile avere il<br />
confronto cito-istologico; i risultati sono stati concordanti in<br />
69 casi (85%) ed in particolare in 47 noduli iperplastici, 20<br />
Tab. I. Confronto Cito-Istologico dei Casi Discordanti.<br />
Citologia No. Istologia<br />
Negativa 4 Adenomi<br />
1 Tumore ben differenziato<br />
ad incerto potenziale<br />
di malignità<br />
1 Carcinoma papillare<br />
Inidonea 3 Noduli iperplastici<br />
2 Adenomi<br />
Sospetta<br />
per carcinoma 1 Adenoma trabecolare<br />
ialinizzante<br />
carcinomi, 2 adenomi. Si sono avuti risultati discordanti in 12<br />
casi (15%) (Tab. I).<br />
Conclusioni<br />
Nella nostra esperienza emerge che in presenza di materiale<br />
adeguato lo striscio convenzionale offre una maggiore possibilità<br />
diagnostica nei casi positivi e che la citologia in strato<br />
sottile consente di ridurre significativamente il numero degli<br />
inidonei.<br />
Citologia su strato sottile: validazione e<br />
controllo di qualità in ambito di screening<br />
mammografico presso IST Genova<br />
B. Gatteschi, F. Carli, P. Castellano, M.L. Maisto, B. Spina,<br />
G. Tanara, M. Truini, L. Bonelli *<br />
S.C. di Anatomia e Citoistologia Patologica, * S.S. Prevenzione<br />
Secondaria e Screening, Istituto Nazionale per la Ricerca<br />
sul Cancro, Genova<br />
Introduzione<br />
Il controllo di qualità (CdQ) citologico nello screening mammografico<br />
ne condiziona l’accuratezza e la riproducibilità:<br />
hanno importanza sia l’allestimento che la lettura dei preparati.<br />
Dal 2000 in IST tutti i campioni sono allestiti su strato<br />
sottile (n. medio di AA mammari 800/anno): il CdQ nella casistica<br />
di screening ha fornito l’occasione per effettuare una<br />
validazione e un CdQ della metodica di allestimento.<br />
Metodi<br />
Il periodo relativo al CdQ citologico va da Luglio 2002 ad<br />
Aprile 2005. I campioni sono stati ottenuti mediante agoaspirazione<br />
con ago sottile. Il materiale è stato immediatamente<br />
raccolto in Cytolyt (Cytyc Corporation) e allestito su strato<br />
sottile usando il processatore Thin Prep Cytyc 2000; i vetrini<br />
sono stati colorati con colorazione standard di Papanicolaou.<br />
Per la refertazione sono state seguite le Linee Guida Europee.<br />
I preparati sono stati rivisti collegialmente e in cieco rispetto<br />
alla prima diagnosi da 4 medici e 2 citologhe. La diagnosi di<br />
revisione si è basata sul consenso dei 6 operatori ed è stata effettuata<br />
la revisione dei preparati istologici disponibili.<br />
Risultati<br />
Il CdQ è stato effettuato in 146 campioni. Gli inadeguati sono<br />
stati il 18,5%. La fase diagnostica vs. revisione ha dimostrato<br />
una concordanza del 87%. Disaggregata per categorie<br />
la concordanza è stata: C1 = 92,6% C2 = 96,7% C3 = 10,0%<br />
C4 = 60,0% C5 = 88,9%. Il controllo istologico era disponibile<br />
in 36 pazienti (C1 = 6; C2 = 3; C3 = 10; C4 = 8; C5 = 9).<br />
Nelle classi C4 e C5 in fase diagnostica la% di cancro è stata<br />
del 75% e del 89%; in revisione la % è passata al 89% e al<br />
100%, rispettivamente. Due cancri sono stati diagnosticati in<br />
C1 e uno in C2. La concordanza è stata soddisfacente nella<br />
classe C2 nonostante un FN (ca. lobulare diventato C3 in revisione).<br />
Nelle classi C3-C4 la concordanza è diminuita nettamente,<br />
evidenziando il problema già noto della “zona grigia”<br />
delle classi “atipiche”. Nella classe C5 si è verificato un<br />
miglioramento: un caso di ADH è stato riclassificato C3.<br />
Conclusioni<br />
Si osserva un miglioramento della concordanza cito/istologica<br />
nella fase di revisione. Il CdQ è stato utile e formativo: importante<br />
in fase di revisione il dialogo tra gli operatori. Il<br />
CdQ della metodica di allestimento, valutato attraverso la<br />
concordanza con la diagnosi istologica, è stato molto soddisfacente.<br />
La classe C3 conferma i gravi problemi di riproducibilità.
262<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
Citologia agoaspirativa (FNAC) e microbiopsia<br />
con mammotome nelle lesioni non palpabili<br />
della mammella<br />
C. Giardina, A.M. Guerrieri, G. Ingravallo, G. Cassandro,<br />
M. Zaccaria, A. Napoli, A. Cimmino, R. Ricco, V.<br />
Lattanzio<br />
Dipartimento di Anatomia Patologica, Università di Bari,<br />
Saris, Policlinico, Bari<br />
Introduzione<br />
Scopo dello studio è valutare la distribuzione di lesioni mammarie<br />
nelle classi diagnostiche citologiche C1-C5 e microistologiche<br />
B1-B5 e il loro significato rispetto alla diagnosi finale<br />
e confrontare l’affidabilità delle due metodiche.<br />
Metodi<br />
Negli anni 200-2004, 1.520 pazienti sono state sottoposte ad<br />
agoaspirato sotto guida stereotassica o ecografica (ago 23-24<br />
G) e 524 pazienti hanno avuto un’agobiopsia con Mammotome<br />
(ago 11G). Le citologie sono state diagnosticate come:<br />
C1: 28,5%, C2: 38,8%, C3: 6,5%, C4: 8,6%, C5: 17,4%. Le<br />
agobiopsie sono state diagnosticate come: B1: 0,6%, B2:<br />
55,2%, B3: 7,3%, B4: 1,2%, B5: 36%.<br />
Risultati<br />
L’esame istologico definitivo era valutabile in 365 casi di citologia:<br />
46 C1 (10,6%), 36 C2 (6%), 25 C3 (25%), 61 C4<br />
(46%), 147 C5 (55%) e in 183 casi di microbiopsia; nessun<br />
caso B1 è stato sottoposto a chirurgia, 3 casi B2 hanno avuto<br />
successiva chirurgia 2 erano benigni uno era un carcinoma<br />
(liponecrosi alla CB). Dei casi B3 17 hanno avuto intervento<br />
chirurgico: 15 erano benigni, 2 maligni. I 4 casi B4 sottoposti<br />
a chirurgia 3 erano lesioni atipiche uno era carcinoma in<br />
situ.<br />
L’istologia definitiva era valutabile in 159/180 casi B5: la<br />
diagnosi è stata confermata in 151 casi; (95 in situ e 56 invasivi);<br />
in 7 casi non c’era più tumore sul pezzo operatorio, in<br />
un caso (0,6%) la diagnosi carcinoma in situ ben differenziato<br />
è stata modificata in iperplasia duttale atipica.<br />
La sensibilità è risultata 71% per la FNAC e 97,8% per la<br />
CB, la specificità era 96,7% per la FNAC e 99,6% per CB.<br />
Il valore predittivo positivo (VPP) dell’agoaspirato è risultato<br />
99,2 per la classe C5. Il valore predittivo negativo<br />
(VPN) per la FNAC è stato 96,8%. Il VPP della microbiopsia<br />
è risultato 99,4% per B5. Il VPN della microbiopsia è<br />
risultato 99,6.<br />
Conclusioni<br />
La distribuzione delle lesioni nelle categorie “C” e “B” è<br />
risultata diversa con un diverso significato in confronto<br />
con la diagnosi finale soprattutto per le classi C3 e B3 e C4<br />
e B4. Molto diversa è risultata nelle due metodiche la percentuale<br />
di casi non diagnostici e di casi positivi per malignità.<br />
In conclusione la CB ha mostrato valori più elevati di specificità<br />
e sensibilità, e un maggiore valore predittivo negativo<br />
che la FNAC, tuttavia i valori di sensibilità, specificità, VPP<br />
e VPN della citologia sono risultati assolutamente accettabili<br />
ed essa può quindi a tutt’oggi essere considerata un valido<br />
mezzo diagnostico per molte lesioni mammarie.<br />
Carcinoma duttale salivare a basso grado:<br />
diagnosi agoaspirativa<br />
E. Padolecchia, C. Montresor, P. Cusati, S. Fiaccamento,<br />
F. Zorzi<br />
Anatomia Patologica. Fondazione Poliambulanza; Brescia<br />
Introduzione<br />
Il carcinoma duttale salivare di “basso grado” è una rara neoplasia<br />
descritta di recente come variante a buona prognosi del<br />
carcinoma duttale che per definizione è ad “alto grado” 1 .<br />
Sono descritte anche neoplasie in transizione da basso ad alto<br />
grado.<br />
Metodi<br />
Paziente di sesso maschile di anni 32 con formazione nodulare<br />
parotidea destra di cm 3.<br />
Agoaspirazione eseguita sotto guida ecografica con ago 27 G<br />
da cui si allestiscono n 5 vetrini colorati con EE.<br />
Pezzo operatorio di parotidectomia semplice; sezioni in paraffina<br />
colorate con EE e PAS.<br />
Risultati<br />
Agoaspirato: presenza di aggregati di cellule epiteliali ad architettura<br />
cribriforme con minori irregolarità citologiche.<br />
Istologia: prevalente componente di crescita epiteliale intraduttale<br />
con proiezioni micropapillari, aree fenestrate e aspetti<br />
cribriformi in assenza di comedonecrosi. Le cellule di piccola<br />
taglia hanno nuclei rotondi od ovali con cromatina finemente<br />
dispersa e nucleoli piccoli o assenti. Il citoplasma è<br />
privo di muco che è presente in alcuni lumi ghiandolari.<br />
Conclusioni<br />
La diagnosi citologica agoaspirativa può essere difficile ed<br />
erronee diagnosi di adenocarcinoma pleomorfo di basso grado,<br />
come pure falsi reperti di lesione benigna tipo adenoma<br />
pleomorfo sono riportate in letteratura 2 .<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Brandwien-Gensler M, et al. Am J Surg Pathol 2004;28:1040-4.<br />
2<br />
Khurana KK, et al. Cancer Cytopatholol 1997;81:373-8.<br />
Carcinoma mucoepidermoide differenziato,<br />
variante oncocitica: diagnosi citologica<br />
agoaspirativa<br />
E. Padolecchia, S. Fiaccavento, P. Cusati, M.C. Montresor,<br />
F. Zorzi<br />
Servizio di Anatomia Patologica, Fondazione Poliambulanza<br />
Brescia<br />
Introduzione<br />
Il carcinoma mucoepidermoide si caratterizza per una notevole<br />
variabilità della composizione cellulare con presenza di<br />
cellule mucosecretive, squamose, intermedie, colonnari,<br />
chiare e più raramente oncocitiche 1 .<br />
Queste ultime possono essere presenti in una varietà di neoplasie<br />
benigne e maligne o essere espressione di modificazioni<br />
metaplastiche con i caratteri della oncocitosi diffusa, di<br />
una metaplasia oncocitica nodulare o di un’iperplasia oncocitica<br />
adenomatosa 2 .<br />
Metodi<br />
Paziente di sesso maschile di anni 64 con nodulo parotideo<br />
sinistro palpabile del diametro massimo di cm 1,5.<br />
Agoaspirato di lesione ecograficamente cistica eseguito con<br />
ago 27 G ha ottenuto 2 cc di liquido torbido. Gli strisci sono<br />
colorati con EE.
CITOPATOLOGIA<br />
263<br />
Pezzo operatorio di cm 4,5 x 3,4 x 2 con lesione nodulare a<br />
profilo bozzuto del diametro di cm 1,5 con aree cistico-emorragiche.<br />
Si allestiscono sezione in paraffina colorate con EE<br />
e PASD.<br />
Risultati<br />
Nei preparati agospirativi prevalgono istiociti schiumosi di<br />
provenienza endocistica, ma sono presenti anche alcuni aggregati<br />
epiteliali di cellule ossifile prive di atipie che suggeriscono<br />
una diagnosi di tumore di Warthin; tuttavia ad un’accurata<br />
ricerca si rinvengono aggregati di cellule a citoplasma<br />
chiaro, microvacuolato, con moderate atipie nucleari e presenza<br />
di aggregati coesivi di cellule di piccola taglia con nucleo<br />
rotondo a fine disegno cromatinico. La valutazione di<br />
insieme della cellularità rinvenuta suggerisce la possibilità di<br />
un carcinoma mucoepidermoide con componente oncocitaria.<br />
La diagnosi citologica è confermata dall’esame istologico del<br />
pezzo operatorio che evidenzia anche un’area di invasione<br />
del parenchima ghiandolare circostante.<br />
Conclusioni<br />
La presenza di cellule ossifile (oncociti) in agoaspirati di lesioni<br />
nodulari delle ghiandole salivari pone problemi di diagnosi<br />
differenziale con oncocitoma, tumore di Warthin e neoplasie<br />
con modificazioni oncocitiche in particolare adenoma<br />
pleomorfo, carcinoma a cellule aciniche e variante oncocitica<br />
del carcinoma mucoepidermoide.<br />
L’evidenza di un’associazione con altre componenti cellulari<br />
consente in molti casi una diagnosi preoperatoria.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Brannon RB, et al. Oncocytic mucoepidermoid carcinoma of paratiroid<br />
gland origin. Oral Surg Oral Med Oral Pathol Oral Radiol Endod<br />
2003;96:727-33.<br />
2<br />
Paulino AF, et al. Oncocytic and oncocytoid tumors of salivary gland.<br />
Semin Diagn Pathol 199;16:98-104.<br />
Fine needle aspiration cytology of<br />
intraductal papillary mucinous tumor. Case<br />
report<br />
L. Righi, D. Pacchioni, M. Volante, P.R. Mioli * , A. Sapino,<br />
G. Bussolati<br />
Dipartimento di Scienze Biomediche ed Oncologia Umana,<br />
Università di Torino; * Chirurgia d’Urgenza, ASO “San Giovanni<br />
Battista”, Torino<br />
Introduction<br />
Intraductal Papillary Mucinous Tumor (IPMT) of the pancreas<br />
has become the accepted terminology of a group of<br />
mucin-producing epithelial proliferations lying within ectasic<br />
segments of the main pancreatic duct or its large branches.<br />
These neoplasms generally are associated with an indolent<br />
course, characteristic endoscopic-ultrasonographic<br />
(EUS) findings, and a variable histo- and cyto-morphology<br />
ranging from hyperplasia to carcinoma 1 .<br />
Methods<br />
We report a case of a 67 year old woman presenting with dyspepsia<br />
and abdominal pain. Computerized Tomography scan<br />
demonstrated a pancreatic mass, 3 cm in size. EUS-guided<br />
fine-needle aspiration (FNA) was performed.<br />
Results<br />
In the cytological specimen, single or loosely cohesive clusters<br />
of neoplastic cells showing a goblet-cell morphology<br />
were entrapped in aboundant mucinous material. A variable<br />
degree of nuclear atypia was present and the neoplastic elements<br />
were arranged in papillary structures. Immunocytochemistry<br />
for MUC1 and MUC2 2 was performed. The patient<br />
underwent surgical excision of the lesion. Histological<br />
examination showed a diffuse intraductal papillary mucinous<br />
tumor associated with an extensive invasive component (so<br />
called papillary mucinous carcinoma) with focal infiltration<br />
of the peripancreatic tissue.<br />
Conclusions<br />
Cytological diagnosis of IPMT by EUS-guided FNA is feasible.<br />
Clinical, radiographic and pathological correlations are<br />
recommended to improve cytological diagnostic accuracy in<br />
a differential diagnosis between IPMT and other tumors as<br />
cystic ductal adenocarcinomas and cystic mucinous neoplasms.<br />
References<br />
1<br />
Layfield LJ, et al. Diagn Cytopathol 2005;32:16-20.<br />
2<br />
Chu PG, et al. Am J Surg Pathol 2005;29:359-67.<br />
Valutazione dell’espressione di citocheratina<br />
19 e p63 nella citologia agoaspirativa del<br />
carcinoma papillare della tiroide<br />
C.A. Sagramoso, M. Bonzanini, G. Marini * , P. Dalla Palma<br />
Anatomia Patologica, * Radiologia, Ospedale “S. Chiara”,<br />
Trento, Italia<br />
Introduzione<br />
Il carcinoma papillare (CP) è la più frequente neoplasia maligna<br />
della tiroide e l’esame citologico mediante agoaspirazione<br />
con ago sottile (FNA) rappresenta attualmente la metodica<br />
diagnostica pre-operatoria più accurata.<br />
Sebbene i criteri diagnostici citologi del CP siano ben stabiliti,<br />
casi dubbi, che pongono problemi di diagnosi differenziale<br />
con lesioni benigne, non sono infrequenti nella pratica<br />
routinaria.<br />
La citocheratina 19 (CK 19) si è rivelata molto sensibile ma<br />
poco specifica nella distinzione delle diverse lesioni tiroidee<br />
1<br />
. p63, una proteina omologa di p53, è stata recentemente descritta<br />
nel carcinoma papillare della tiroide e nella tiroidite di<br />
Hashimoto 2 .<br />
Scopo di questo lavoro è stato quello di verificare l’espressione<br />
di questi due marcatori nella FNA del CP.<br />
Metodi<br />
Sono stati selezionate le FNA relative a 21 CP, a 3 carcinomi<br />
follicolari, a 5 adenomi follicolari, a 2 adenomi oncocitari, a 10<br />
iperplasie nodulari e a 3 tiroiditi, accertati istologicamente.<br />
Per le indagini immunoistochimiche sono stati impiegati gli<br />
anticorpi CK 19 (clone DC-10, Medac) e p63 (clone 63P02,<br />
Bioptica). La metodica è stata eseguita come indicato dalle<br />
ditte produttrici.<br />
Risultati<br />
CK 19 è risultata positiva in 20/21 carcinomi papillari (95%),<br />
in 3/3 carcinomi follicolari (100%), in 2/5 adenomi follicolari<br />
(40%), in 1/2 adenomi oncocitari (50%), in 6/10 iperplasie<br />
plurinodulari (60%), in 3/3 tiroiditi (100%). La maggior intensità<br />
di espressione (+++) si è osservata nel CP (11 casi), in<br />
2 adenomi, in 1 carcinoma follicolare e in 1 caso di iperplasia.<br />
p63 ha evidenziato una positività nucleare intensa ma spesso<br />
focale in 13/21 (62%) CP e in 2/10 iperplasie nodulari (20%).<br />
Tutte le altre lesioni sono risultate negative.
264<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
La coespressione di p63 e di una intensa positività di CK 19<br />
(++/+++) si è osservata in 12 CP e in 1 caso di iperplasia nodulare.<br />
Conclusioni<br />
Dai nostri risultati emerge che la CK 19, a meno di un’intensa<br />
positività, non è specifica in citologia per il CP; p63 al<br />
contrario si è dimostrata meno sensibile ma più specifica risultando<br />
positiva pressoché esclusivamente nel CP.<br />
Sebbene ulteriori studi a riguardo siano indispensabili, la<br />
coespressione di CK 19 e p63 può essere di ausilio nell’identificazione<br />
citologica del CP, qualora gli aspetti morfologici<br />
si rivelino dubbi.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Sahoo S, et al. Am J Clin Pathol 2001;116:696-702.<br />
2<br />
Unger P, et al. Hum Pathol 2003;34:764-9.<br />
La citologia su strato sottile nel II livello di<br />
screening del carcinoma della cervice<br />
uterina. Risultati della nostra esperienza e<br />
confronti con il pap test convenzionale<br />
L. Saragoni, M. Liverani, S. Danesi, F. De Paola, R. Fedriga<br />
U.O. Anatomia Patologica, Ospedale “Pierantoni”, Forlì,<br />
Italia<br />
Introduzione<br />
La qualità della prestazione citologica rappresenta il cuore<br />
della prevenzione della patologia cervicale e vari studi hanno<br />
dimostrato che campionamenti inadeguati, errori nella metodologia<br />
organizzativa e gestionale del programma di screening<br />
associati ad interpretazioni diagnostiche errate giustificano<br />
incidenza e mortalità ancora troppo elevati.<br />
Lo scopo di questo lavoro è di confrontare l’efficacia delle<br />
due metodiche: pap test convenzionale ed in strato sottile<br />
ThinPrep (TP) su un campione di 453 casi diagnosticati come<br />
“atypical squamous cells” ASCUS o “atypical glandular<br />
cells” AGUS.<br />
Metodi<br />
Tutte le donne con pap test con diagnosi citologica di<br />
ASCUS/AGUS sono state richiamate entro 3 mesi nell’ambito<br />
degli accertamenti di II livelli del programma di screening<br />
del cervicocarcinoma per eseguire un TP.<br />
Risultati<br />
Sulla diagnosi iniziale di ASCUS/AGUS con pap test convenzionale,<br />
124 casi (27,37%) sono classificati adeguati<br />
mentre 329 casi (72,63%) sono classificati soddisfacenti ma<br />
con fattori limitanti (subottimali). Nella ripetizione della citologia<br />
con TP, 322 (71,08%) sono classificati adeguati, 129<br />
casi (28,48%) come “subottimali” e 2 casi come insoddisfacenti<br />
(inadeguati) (p < 0,0001). Una analisi dei casi “subottimali”<br />
ha evidenziato che le principali cause nel pap test convenzionale<br />
sono: la cattiva conservazione (40,24%), la presenza<br />
di granulociti (36,43%), una intensa flogosi (12,14%)<br />
ed emazie (5,48%). L’analisi statistica mostra una differenza<br />
significativa (p < 0,0001) nelle proporzione tra i casi classificati<br />
“negativi” (80,29%), ASCUS/AGC (10%) e SIL<br />
(3,82%) con metodo TP e la diagnosi iniziale di<br />
ASCUS/AGC. Sui 54 casi confermati ASCUS/AGC con TP,<br />
30 casi sono confermati categoria-specifica nella alterazione<br />
delle cellule coinvolte. Il follow-up istologico dei 19 casi con<br />
SIL ha confermato una lesione displastica in 7 su 10 casi<br />
(70%); in 9 casi non è stata eseguita nessuna biopsia.<br />
Conclusioni<br />
L’esperienza preliminare di questo studio, sembra evidenziare<br />
che un adeguato “training” nella raccolta del campione in<br />
fase liquida possa migliorare l’adeguatezza del campione e la<br />
accuratezza della diagnosi citologica.
PATHOLOGICA 2005;97:265-307<br />
Patologie varie<br />
L’interleuchina 7 induce mielopoiesi ed<br />
eritropoiesi: ruolo dei linfociti T<br />
F.B. Aiello * ** , J.R. Keller * G. Dranoff *** , S. Rosini ** , R.<br />
Mazzucchelli * , S.K. Durum *<br />
*<br />
National Cancer Institute, Frederick MD, USA; ** Anatomia<br />
Patologica, Dipartimento di Oncologia e Neuroscienze Università<br />
di Chieti; *** Dana Farber Cancer Institute, Boston,<br />
MA, USA<br />
Introduzione<br />
L’interleuchina 7 (IL-7) è indispensabile per la linfopoiesi,<br />
infatti in presenza di mutazioni che inattivano il recettore per<br />
IL-7 (IL-7R) si osserva Immunodeficienza Combinata Severa,<br />
patologia che comporta una mortalità infantile dell’80%<br />
entro il terzo anno di vita. L’IL-7 “in vivo” non ha effetti tossici,<br />
e sono in corso trials clinici nell’uomo, in quanto ne sarebbe<br />
auspicabile l’utilizzazione per la ricostituzione della<br />
linfopoiesi nell’AIDS, e nel trapianto di midollo osseo. Gli<br />
effetti della IL-7 su “lineages” non linfoidi sono poco noti ma<br />
potrebbero essere clinicamente rilevanti. Scopo del lavoro è<br />
stato di studiare gli effetti della somministrazione di IL-7 sulla<br />
mielopoiesi e l’eritropoiesi in modelli murini.<br />
Metodi<br />
IL-7 (20 microgrammi/0,2 ml di veicolo/iniezione/giorno per<br />
9 giorni) o il suo veicolo da solo sono stati somministrati a<br />
topi immunocompetenti (C57BL/6), a topi privi di linfociti T<br />
maturi, (RAG1-/-) e a topi deficienti nella produzione delle<br />
citochine GM-CSF e IL-3 (GM-CSF-/-IL3-/-). Sono stati<br />
quindi studiati: 1) gli effetti sulla mielopoiesi ed sulla eritropoiesi<br />
mediante analisi citofluorimetriche, morfologiche e<br />
immunoistochimiche; 2) gli effetti sulla produzione di citochine<br />
“in vivo” e “in vitro” mediante ELISA; 3) l’espressione<br />
di IL-7R su cellule eritroidi purificate mediante citofluorimetria<br />
e RT-PCR; 4) gli effetti eritropoietici di IL-7 “in vitro”<br />
mediante saggio delle colonie eritropoietiche in metilcellulosa.<br />
Risultati<br />
IL-7 induce aumento del numero delle cellule mieloidi immature<br />
e mature “in vivo”, sia a livello splenico che a livello<br />
del sangue periferico. Tale azione risulta essere mediata dai<br />
linfociti T che producono citochine mielopoietiche quali<br />
GM-CSF e IL-3 e altre. IL-7 inoltre è in grado di indurre un<br />
aumento del numero dei progenitori eritropoietici a livello<br />
splenico. Tale effetto potrebbe essere diretto in quanto: 1) si<br />
osserva nei topi RAG-/- e GM-CSF-/-IL3-/-; 2) Il 30% delle<br />
cellule eritroidi TER-119+ esprime IL-7R; 3) IL-7 aumenta<br />
drammaticamente il numero delle colonie eritropoietiche formato<br />
da cellule IL-7R+ “in vitro”.<br />
Conclusioni<br />
IL-7 “in vivo” induce mielopoiesi ed eritropoiesi. Tali effetti<br />
positivi confermano la validità della sperimentazione di protocolli<br />
terapeutici che prevedono l’utilizzazione di IL-7 per<br />
la ricostituzione della linfopoiesi.<br />
Grave stenosi bilaterale congenita del giunto<br />
pielo-ureterale associata a dismorfismi faciali<br />
ed iperaccrescimento in prematuro. Ipotesi di<br />
diagnosi dismorfologica differenziale<br />
V. Arena, W. Lattanzi * , E. Arena, E. Stigliano, G. Monego<br />
* , A. Capelli<br />
Istituto di Anatomia Patologica; * Istituto di Anatomia Umana<br />
e Biologia Cellulare, Università Cattolica del Sacro Cuore,<br />
Roma, Italia<br />
Introduzione<br />
La stenosi del giunto uretero-pielico rappresenta la causa più<br />
frequente di ostruzione alta delle vie urinarie con conseguente<br />
idronefrosi. Forme gravi ad esordio precoce nella vita endouterina<br />
si associano a elevata mortalità perinatale. Descriviamo<br />
un caso autoptico di stenosi bilaterale del giunto calico-pielico<br />
in un neonato di 29 settimane, con sindrome da<br />
iperaccrescimento e tratti dismorfici.<br />
Metodi<br />
L’esame esterno con rilievo di parametri morfometrici e la<br />
valutazione dismorfologica hanno preceduto l’esame autoptico<br />
e le analisi istologiche del caso.<br />
Risultati<br />
All’esame esterno si è evidenziato un addome batraciano, subittero,<br />
lievi tratti dismorfici del volto e macroglossia. I parametrici<br />
morfometrici ponevano il sospetto di sindrome da<br />
iperaccrescimento prenatale. L’esame autoptico ha consentito<br />
di apprezzare, oltre alle alterazioni polmonari e cardiache<br />
tipiche dell’immaturità, reni notevolmente aumentati di volume<br />
con marcata dilatazione della pelvi renale. L’uretere è apparso<br />
stenotico prossimalmente sia a destra che a sinistra e al<br />
taglio si è potuta apprezzare una idronefrosi bilaterale senza<br />
evidenza di assottigliamento del parenchima renale che mostrava<br />
una marcata congestione ematica con evidenza, a livello<br />
delle colonne del Bertin, di aree serpiginose di colorito<br />
biancastro.<br />
Conclusioni<br />
Le alterazioni rinvenute nel parenchima renale mostravano<br />
una corteccia nefrogenica talora disorganizzata con evidenza<br />
solo in alcuni punti di strutture riferibili ad apici delle piramidi<br />
del Malpighi, delineando un quadro idronefrotico in un<br />
parenchima renale non giunto ancora a maturazione. Alcune<br />
evidenze in letteratura suggeriscono che le ostruzioni renali<br />
congenite siano conseguenza di disordini primitivi dello sviluppo<br />
renale. Sono descritte sindromi su base genetica in cui<br />
l’ostruzione ureterale si associa ad un quadro malformativo<br />
sistemico. In particolare, l’evidenza dell’iperaccrescimento,<br />
associato alla displasia renale con idronefrosi ed ai tratti dismorfici,<br />
pongono il sospetto di sindrome di Simpson-Golabi-Behmel<br />
(MIM 312870) e Beckwitt-Wiedeman (MIM<br />
130650); la diagnosi differenziale in senso dismorfologico<br />
può essere posta anche con rare forme ad ereditarietà autosomica<br />
recessiva, quali la sindrome Schinzel-Giedion (MIM<br />
269150), la cui origine etio-patogenetica è tuttavia ignota.
266<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
Acephalus acardius amorphous fetus<br />
V. Arena, W. Lattanzi * , E. Stigliano, C. Maggiore, R.P. De<br />
Vincenzo ** , A. Capelli<br />
Istituto di Anatomia Patologica; * Istituto di Anatomia Umana<br />
e Biologia Cellulare; ** Istituto di Clinica Ostetrica Ginecologica,<br />
Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma<br />
Introduzione<br />
Acephalus acardia is among the most severe malformations described<br />
in fetuses, with an incidence of about 1 in 35,000 births.<br />
This condition can be observed in 1% of monozygotic (MZ)<br />
twins and is due to twin-twin transfusion syndrome, frequently<br />
occurring in monochorionic twin pregnancies, when vascular<br />
anastomoses occur in the fused placenta. The pathogenesis of<br />
the acardia resides in the haemodynamical consequences of the<br />
fused placentation and the severity of the syndrome depends<br />
upon the type of the anastomoses arising between the vascular<br />
networks of the two fetuses, configuring the “twin reverse arterial<br />
perfusion syndrome” (TRAP). We report a case of monozygotic<br />
twins, one which being an acephalus acardius amorphus<br />
fetus, showing features of extremely severe sistemic immaturity<br />
with very few structured organs.<br />
Methods<br />
Defined external and autoptic examinations were performed<br />
on the dismorphic twin, along with the histological examination<br />
of tissue samples. The placenta was also examined and<br />
cytogenetical analysis was carried out on different specimens<br />
from the fetus, in order to complete the evaluation of the dismorphic<br />
syndrome.<br />
Results<br />
The fetus appeared as a 33 x 40 cm globular mass of tissue<br />
and the histological examination showed features of extremely<br />
severe sistemic immaturity with few structured organs<br />
within the inner mass. The karyotype was 46, XX. The<br />
placenta was monochorionic biamniotic with superficial<br />
anastomoses between the normal and the acardiac twin umbelical<br />
vessels. The umbilical cord was composed by 1 arterial<br />
and 1 venous vessel in the dismorphic twin while it was<br />
normal in the other twin.<br />
Conclusions<br />
The most severe type of acardiac acephalus malformation is<br />
represented by the acardius amorphous, very few cases with<br />
complete autoptical examination have been described so far.<br />
According to the results obtained by the feto-placental detailed<br />
examination along with the normal female karyotype, we believe<br />
that the low pressure and hypoxigenated blood which<br />
nourished the “perfused” twin (twin-to-twin transfusion syndrome)<br />
could provide the reason for the extremely severe dismorphic<br />
sequence, as suggested by previous scientific reports.<br />
Descrizione di un LBCL EBV e LES relato. Ruolo<br />
della terapia immunosoppressiva nella genesi<br />
di un fenotipo tumorale con particolari<br />
caratteri di aggressività<br />
V. Arena, S. Sioletic, I. Pennacchia, P. Federico, F. De<br />
Giorgio * , E. Stigliano, A. Capelli<br />
Istituto di Anatomia Patologica, * Istituto di Medicina Legale,<br />
Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma<br />
Introduzione<br />
Recenti studi hanno indagato la stretta associazione tra<br />
Epstein Barr virus (EBV), Lupus eritematoso sistemico<br />
(LES) e l’insorgenza di Linfomi non-Hodgkin (LNH) 1 . Il<br />
ruolo dell’EBV nella patogenesi dei LNH è noto da tempo,<br />
meno nota è l’interazione con il LES. Le ragioni di quest’ultima<br />
risiedono nel fatto che l’EBV promuove la proliferazione<br />
B cellulare ed innesca un continuo stimolo antigenico che<br />
in individui predisposti potrebbe determinare il LES. Sono<br />
state inoltre evidenziate delle omologie di sequenza tra gli<br />
autoantigeni del LES e alcune proteine dell’EBV come EB-<br />
NA1 ed EBNA2. Esiste comunque una stretta correlazione<br />
tra LES e insorgenza di linfomi. Studi epidemiologici confermano<br />
nei pazienti con LES una incidenza di LNH quattro<br />
volte superiore alla popolazione normale 2 .<br />
Metodi e risultati<br />
Descriviamo il caso di una giovane donna (49 aa) affetta da<br />
LES dall’età di 20 anni sottoposta a riscontro diagnostico dopo<br />
un breve ricovero in rianimazione per una sospetta sepsi<br />
conseguente ad inappropriata terapia immunosoppressiva.<br />
All’esame macroscopico il quadro appariva quello di una<br />
morte per shock settico con massivi versamenti nelle cavità e<br />
abbondanza di linfonodi che apparivano di aspetto reattivo,<br />
non ponendo alcun sospetto macroscopico di patologia linfomatosa.<br />
L’acceleramento dei fenomeni putrefattivi corroborava<br />
il sospetto di una morte settica. L’esame istologico ha<br />
invece documentato una diffusa infiltrazione linfomatosa<br />
multiorgano (linfonodi, pericardio, rene e tessuti perirenali,<br />
corpo e cervice uterina). La popolazione blastica è risultata<br />
CD20 positiva, con crescita prevalentemente di tipo angiocentrico<br />
e perineurale configurando un quadro morfologico<br />
di Linfoma B a grandi cellule. Gli elementi neoplastici hanno<br />
altresì mostrato positività per EBNA ed LMP-1 indicando<br />
pertanto un ruolo dell’EBV nella patogenesi linfomatosa.<br />
Conclusioni<br />
Il caso da noi descritto suggerisce come la copresenza di una<br />
infezione da EBV e di una condizione di alterata risposta immunitaria<br />
dovuta sia alla malattia di base che alla terapia immunosoppressiva<br />
inappropriata, possa determinare l’insorgenza<br />
di un linfoma B a grandi cellule con caratteri di aggressività<br />
tali da portare rapidamente all’exitus senza possibilità<br />
di diagnosi od eventuale terapia.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Moon UY, et al. Arthritis Res Ther 2004;6:295-302.<br />
2<br />
Bernatsky S, et al. Arthritis Rheum 2005;52:1481-90.<br />
Significato diagnostico di PPARγ e Galectina 3<br />
nei tumori ben differenziati della tiroide<br />
C. Arizzi, V. Midolo * , A. Pizzocaro ** , G. Franchi, A. Destro,<br />
L. Cozzaglio *** , P. Travaglini ** , S. Bosari * , M. Roncalli,<br />
L. Di Tommaso<br />
U.O. di Anatomia Patologica, Università di Milano, Istituto<br />
Clinico “Humanitas”, Rozzano, Milano, Italia; * Anatomia<br />
Patologica, Università di Milano, Ospedale “S. Paolo”, Milano,<br />
Italia; ** U.O. di Endocrinologia, Istituto Clinico “Humanitas”,<br />
Rozzano, Milano, Italia; *** U.O. di Chirurgia Generale,<br />
Istituto Clinico “Humanitas”, Rozzano, Milano, Italia<br />
Introduzione<br />
L’inquadramento dei tumori follicolari ben differenziati (TF)<br />
è tra i maggiori problemi diagnostici in patologia tiroidea.<br />
Seppur non in maniera univoca, la Galectina 3 (Gal3) è stata<br />
indicata come utile marcatore immunoistochimico di malignità.<br />
A questo stesso scopo, più di recente, è stato introdot-
PATOLOGIE VARIE<br />
267<br />
to l’anticorpo PPARγ come espressione fenotipica della traslocazione<br />
PAX8-PPARγ, specifica dei carcinomi follicolari.<br />
Questo lavoro si propone di comparare l’espressione dei due<br />
anticorpi in una casistica di TF della tiroide.<br />
Metodi<br />
Sono stati considerati 44 TF [19 adenomi follicolari (AF), 3 tumori<br />
follicolari ad incerto potenziale di malignità (TFIPM), 6<br />
carcinomi follicolari minimamente invasivi (CFmi) e 16 carcinomi<br />
follicolari ampiamente invasivi (CFai)] e di ciascun caso<br />
selezionata una sezione rappresentativa. Di ogni lesione sono<br />
stati identificati i due principali aspetti istologici di crescita<br />
(follicolare, microfollicolare, trabecolare, solido); effettuate<br />
due reazioni immunocitochimiche per Gal3 (Santa Cruz) e<br />
PPARγ (Dako), e valutata la loro espressione in relazione all’intensità<br />
[assente, debole, intensa], all’estensione [assente, <<br />
5%, 6-50%, > 50%] ed alla sede [periferica, centrale, entrambe].<br />
Il follow-up medio è stato di 23 mesi (range 0-93).<br />
Risultati<br />
Dei 19 AF 11 risultavano PPARγ-/Gal3-; 4 PPARγ+/Gal3-; 0<br />
PPARγ-/Gal3+; 5 PPARγ+/Gal3+, questi ultimi, istologicamente,<br />
mostravano aree microfollicolari ed in due casi aspetti<br />
di dubbio superamento della capsula. I 3 casi TFIPM risultavano<br />
PPARγ+/Gal3+. Dei 6 casi di CFmi 0 risultavano<br />
PPARγ-/Gal3-; 3 PPARγ+/Gal3-; 1 PPARγ-/Gal3+; 2<br />
PPARγ+/Gal3+. Dei CFai 4 risultavano PPARγ-/Gal3- (prevalentemente<br />
solidi); 5 PPARγ+/Gal3- (prevalentemente microfollicolari);<br />
4 PPARγ-/Gal3+ (prevalentemente follicolari)<br />
e 3 PPARγ+/Gal3+ (microfollicolari e follicolari).<br />
Conclusioni<br />
Franchi adenomi risultano PPARγ-/Gal3-; un gruppo di TF<br />
morfologicamente ancora compatibili con la diagnosi di AF<br />
(9%) mostra aspetti di crescita microfollicolare e<br />
PPARγ+/Gal3+ sovrapponendosi ai TFIPM e suggerendo una<br />
maggiore cautela nella loro gestione. In nessun caso di CFmi<br />
è presente la combinazione PPARγ-/Gal3-; nei CFai l’espressione<br />
di uno o entrambi i marcatori è in relazione a forme ben<br />
differenziate ed il profilo PPARγ-/Gal3- si associa ad aspetti<br />
di scarsa differenziazione. I nostri dati confermano il significato<br />
di Gal3 e PPARγ e ne suggeriscono l’uso combinato.<br />
Vascular endothelial growth factor<br />
expression (VEGF) in salivary glands of young<br />
and old hyperoxic rats<br />
L. Artese, V. Perrotti, C. Di Giulio * , G. Bianchi * , A. Piattelli<br />
Department of Stomatology and Oral Science, University<br />
“G. d’Annunzio” Chieti-Pescara, Chieti, Italy; * Department<br />
of Biomedical Sciences, University “G. d’Annunzio” Chieti-<br />
Pescara, Chieti, Italy<br />
Introduction<br />
Vascular endothelial growth factor (VEGF) represents a family<br />
of secreted growth factors with a high specificity for endothelial<br />
cells. It has been demonstrated the pivotal role of<br />
VEGF in the physiological and physiopathological regulation<br />
of the neoangiogenetic process. The aim of this study was to<br />
evaluate if the hyperoxia and age could influence the expression<br />
of vascular endothelial growth factor (VEGF) in salivary<br />
glands of young and old rats subjected to barium hyperoxia.<br />
Methods<br />
Our study was carried out on four groups of male Wistar rats<br />
(total 24 rats). The rats belonging to the first two groups were<br />
exposed to barium hyperoxia (98-100% O 2<br />
) for a period of<br />
60-65 hours in a large Plexiglas chamber; the other two<br />
groups were control groups. The rats were then anaesthetized<br />
with Nembutal (30 mg/kg) intraperitoneally and then put<br />
down. The submandibular glands were removed and<br />
processed for immunohistochemical analysis of VEGF.<br />
Results<br />
The exposure to hyperoxia decreases salivary gland VEGF<br />
expression in rats. The tissues analyzed (nervous tissue, vascular<br />
endothelium, myo-epithelial cells, ductal endothelium,<br />
mucinous glands) always expressed VEGF, thus demonstrating<br />
that not only vascular endothelial cells, but also the other<br />
elements evaluated, have a role in the neoangiogenesis.<br />
Only in sierous glands, in both normoxic and hyperoxic<br />
young and old rats, the VEGF expression is constantly negative<br />
and it does not influence the neoangiogenetic process.<br />
Conclusions<br />
The vascular growth is a fundamental part of normal salivary<br />
gland development, so we speculate that strategies aimed at<br />
preservation or promotion of salivary gland VEGF expression<br />
may mitigate or attenuate hyperoxia-induced gland microvascular<br />
injury. Further studies specifically aimed at investigating<br />
these prospects as well as undertaking a comprehensive<br />
examination of the effect of O 2<br />
and eventually NO on<br />
VEGF are warranted are warranted.<br />
Chronic hypoxia as a model for studying HIF-<br />
1α, VEGF and NOS during aging<br />
L. Artese, V. Perrotti, A. Piattelli, G. Bianchi * , C. Di Giulio *<br />
Department of Stomathology and Oral Science, University<br />
“G. d’Annunzio”, Chieti-Pescara, Italy; * Department of<br />
Biomedical Sciences, University “G. d’Annunzio”, Chieti-<br />
Pescara, Italy<br />
Introduction<br />
Aging, as a physiological part of life, can be considered a cumulative<br />
result of oxidative damage to cells, deriving from<br />
aerobic metabolism. Aging is characterized by several modifications<br />
that include a reduction in VO 2<br />
, decreased omeostatic<br />
capacity, reduction in ventilatory response and adaptation<br />
to stress. Both chronic hypoxia and chronic hyperoxia are<br />
considered stress stimuli. In these conditions, free radical<br />
species (ROS) are generated, so damaging structural and<br />
functional components of membranes. To test if oxygen sensitive<br />
mechanisms are affected by hypoxia, we studied hypoxia<br />
inducible factor-1alpha (HIF-1alpha), vascular endothelial<br />
growth factor (VEGF) and inducible nitric oxide<br />
synthase (iNOS) expression by immunohistochemical analysis<br />
in young and old rat carotid bodies (CBs) using hypoxia<br />
as a model for modulating aging.<br />
Methods<br />
Four groups each composed by six male Wistar rats, 3 and 24<br />
months old were used. Two groups, each composed by three<br />
rats, were kept in room air (21% O 2<br />
) and used as control. The<br />
other two groups were kept in a Plexiglas chamber and underwent<br />
intermittent hypoxic challenge for 12 days. Carotid<br />
bifurcation of the rats was exposed and carotid body was excised<br />
from each rat and promptly processed for electron microscopy<br />
and immunohistochemistry.<br />
Results<br />
HIF-1α, VEGF and iNOS are expressed in the carotid bodies.<br />
In a normoxic environment, the expression of HIF-1α is high-
268<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
er in the old rats as compared to the young ones, and a lower<br />
expression of VEGF is revealed in the old rats as compared to<br />
the young rats. No significant difference in iNOS expression<br />
could be shown between young and old normoxic rats. On the<br />
other hand, chronic intermittent hypoxia increases HIF-1α expression<br />
in the young and the old rats, and such increase is<br />
more evident in the young rats. VEGF expression is increased<br />
in both young and old hypoxic rats, but such an increase is less<br />
evident in the hypoxic old rats. iNOS is more expressed in the<br />
hypoxic young rats as compared to the hypoxic old ones. In the<br />
CBs, aging shows a reduction in mitochondrial number and<br />
area, these effects are similar to those induced by hypoxia.<br />
Electron microscopy sections showed a reduced mitochondrial<br />
number and area in the aged CBs and during hypoxia.<br />
Conclusions<br />
Less responsiveness to hypoxia could be evidenced in the<br />
aged rats as compared to the young rats, suggesting an age<br />
dependency of the oxygen sensitive mechanisms.<br />
Banca cellule di campioni citologici<br />
criopreservati<br />
V. Ascoli, D. Bosco, C. Carnovale-Scalzo, D. De Mattia,<br />
D. Di Gianvito, L. Grillo, L. Marchese, L. Marinelli, L.<br />
Ranazzi, F. Nardi<br />
Università “La Sapienza”, Dipartimento di Medicina Sperimentale<br />
e Patologia, Roma, Italia<br />
Introduzione<br />
I campioni citologici residui dopo allestimento a fini diagnostici<br />
costituiscono prezioso materiale biologico da conservare<br />
a fini di ricerca. I versamenti sono i campioni più idonei,<br />
essendo vere e proprie colture cellulari in vivo. Un metodo<br />
adeguato per lo stoccaggio di cellule che permetta ampia utilizzazione<br />
(preparazione di strisci, colture cellulari, estrazione<br />
di DNA/RNA) è la criopreservazione.<br />
Metodi<br />
Dal 1993 stiamo criopreservando cellule vitali da campioni<br />
citologici, prevalentemente versamenti intracavitari. Il sedimento<br />
cellulare viene risospeso in DMSO (criopreservante),<br />
siero fetale bovino (fonte proteica) e mezzo di coltura, in proporzioni<br />
1:7:1 in cryovials (1,5 ml) che vengono congelati<br />
lentamente e stoccati a -80°C, in scatole di cartone a 81 pozzetti.<br />
Si congelano inoltre aliquote di liquido dopo separazione<br />
del sedimento e pellets “secchi” (per estrazione DNA).<br />
Risultati<br />
Il materiale criopreservato corrisponde a circa 4.000 cryovials<br />
relativi a 778 casi (Tab. I). Si tratta prevalentemente di<br />
versamenti neoplastici da: (a) carcinoma metastatico (polmone,<br />
mammella, ovaio, pancreas, colon); (b) mesotelioma maligno;<br />
(c) linfoma (secondario o primitivo); (d) altre neoplasie<br />
rare. Un secondo gruppo è costituito da versamenti nonneoplastici<br />
contenenti cellule mesoteliali reattive (cirrosi<br />
HCV o HBV-correlate; pleuro-pneumopatie croniche). Alcuni<br />
campioni scongelati ed utilizzati per valutare la qualità<br />
delle cellule ai fini della conservazione antigenica e per l’estrazione<br />
di DNA ed amplificazione di geni, umani e virali,<br />
sono risultati ottimamente preservati.<br />
Conclusioni<br />
La criopreservazione di materiale citologico è un metodo<br />
semplice che richiede un congelatore -80°C e bassi costi di<br />
consumo. Consente di stoccare cellule di diverse patologie e<br />
cellule “controparti” normali di varia origine (mesoteliale,<br />
epiteliale, linfoide). Presenta diversi vantaggi rispetto alla<br />
criopreservazione di materiale istologico: (a) in caso di neoplasia<br />
la popolazione è > 80% tumorale, non essendo presente<br />
stroma; (b) le cellule sono vitali e pertanto potenzialmente<br />
utilizzabili per colture cellulari; (c) occupano poco spazio;<br />
(d) consente lo studio di patologie particolari come i linfomi<br />
intracavitari primitivi che crescono in fase liquida. Il materiale<br />
stoccato dalla nostra unità di ricerca è disponibile per<br />
future collaborazioni, alla luce della rilevanza di studi multicentrici<br />
in caso di patologie rare.<br />
Banca di materiale biologico di mesotelioma<br />
maligno<br />
V. Ascoli, C. Carnovale-Scalzo, D. De Mattia, D. Bosco,<br />
F. Nardi<br />
Università di Roma “La Sapienza”, Dipartimento di Medicina<br />
Sperimentale e Patologia, Roma, Italia<br />
Introduzione<br />
Con il termine mesotelioma maligno si classificano un grup-<br />
Tab. I<br />
Casi 778 Positivi 416 50% carcinomi metastatici<br />
28% linfomi<br />
21% mesoteliomi<br />
1% miscellanea<br />
Negativi 277 Iperplasia mesoteliale<br />
Linfociti reattivi<br />
Sospetti 85 Neoplastici vs. reattivi<br />
Campioni 932<br />
Versamenti Pleurici 532<br />
Versamenti Peritoneali 337<br />
Versamenti Pericardici 35<br />
Altre tipologie 28<br />
Materiale stoccato 3971<br />
Vials-cellule 1875<br />
Vials-liquidi sopranatanti 2011<br />
Pellets secchi 85
PATOLOGIE VARIE<br />
269<br />
428 campioni relativi a 148 casi di mesotelioma maligno<br />
Versamenti Tessuto Siero/sangue ME Tessuto congelato DNA<br />
Cellule Pellets Liquido Cell-block paraffina periferico<br />
77 1 8 * 65 2 54 3 122 * 9 * 55 * 26 * 12 *<br />
1<br />
57 casi; 2 52 casi; 3 36 casi; * corrisponde al numero di casi; ME = microscopia elettronica<br />
po eterogeneo di varianti clinico-patologiche di neoplasie diverse<br />
sotto il profilo morfologico ed immunofenotipico e molecolare<br />
e di comportamento clinico.<br />
Metodi<br />
Da un archivio (1980-2004) di 270 casi di mesotelioma sono<br />
stati raccolti campioni biologici relativi a un sottogruppo di<br />
148. Il materiale conservato consta di tessuti (in paraffina,<br />
congelati in OCT, o inclusi in resina per la microscopia elettronica),<br />
sieri/sangue periferico, cellule da versamenti (vitali,<br />
pellets “secchi” e citoinclusi in paraffina), liquidi da versamento,<br />
e DNA da sedimento.<br />
Risultati<br />
La Tabella in alto indica i campioni conservati dei 148 casi di<br />
mesotelioma maligno (pleura = 118; peritoneo = 20; pericardio<br />
= 2; sedi multiple = 8) con i seguenti istotipi: non ulteriormente<br />
specificato = 32; epiteliale = 76; bifasico = 26; sarcomatoso =<br />
10; localizzato = 1; mesotelioma ben differenziato del peritoneo<br />
= 3. Per ogni soggetto è stato conservato almeno un tipo di campione<br />
su cui è stata effettuata la diagnosi di mesotelioma (tessuto<br />
o cellule da versamento). Per la maggior parte dei casi sono<br />
stati conservati vari tipi di campioni (tessuto, cellule da versamento).<br />
In altri casi sono stati conservati campioni multipli in<br />
diverse fasi della malattia (esordio, recidive e/o metastasi).<br />
Conclusioni<br />
Abbiamo costituito una banca di materiale biologico di mesotelioma<br />
maligno di casi ben caratterizzati per istotipo ed<br />
immunofenotipo di cui si conoscono anche informazioni rilevanti<br />
per storia di esposizione ad amianto. La diversa tipologia<br />
del materiale raccolto riflette l’evoluzione diagnostica<br />
nell’arco degli ultimi 20 anni. Negli anni ’80 la citologia non<br />
era considerata valida nella diagnosi di certezza di mesotelioma<br />
e i casi venivano accertati sulla base dell’esame istologico<br />
e talvolta mediante microscopia elettronica. Più recentemente,<br />
dopo la standardizzazione di panel di immunoistochimica,<br />
la diagnosi istologica è sempre più accurata e quella citologica<br />
(su citoincluso in paraffina) sempre più accettata in<br />
termini di affidabilità. Alla luce della rarità del mesotelioma<br />
maligno e della rilevanza di studi multicentrici in caso di patologie<br />
rare, il materiale stoccato dalla nostra unità di ricerca<br />
è disponibile per future collaborazioni per caratterizzazioni<br />
molecolari, al fine di valutare eventuali varianti molecolari<br />
e/o con espressione genica differenti.<br />
Danno epatico in corso di malattie HHV8-<br />
associate<br />
V. Ascoli, K. Giannakakis, D. Remotti * , A. Onetti Muda<br />
Università di Roma “La Sapienza”, Dipartimento di Medicina<br />
Sperimentale e Patologia, Roma, Italia; * Azienda Ospedaliera<br />
“S. Camillo - Forlanini”, Roma, Italia<br />
Introduzione<br />
Il virus umano HHV8 è associato a tre disordini di natura displastica/neoplastica:<br />
sarcoma di Kaposi (KS), malattia di Castleman<br />
multicentrica (MCD) e linfoma intracavitario primitivo<br />
(PEL). Il virus è endemico in Italia: 5-25% di sieropositività<br />
nella popolazione generale e fino al 35% in alcune aree in Sardegna<br />
e Sicilia. Le malattie HHV8-relate sono più frequenti,<br />
ma non esclusive, in soggetti coinfettati da HIV. Altro gruppo<br />
a rischio sono i pazienti sottoposti a trapianto d’organo solido<br />
e gli anziani (immunosenescenza). In vivo, HHV8 infetta a vita<br />
i linfociti B. In letteratura non sono molto noti gli aspetti<br />
anatomopatologici dell’infezione in specifici organi. Lo studio<br />
presenta il quadro clinico-patologico relativo al fegato in 5 casi<br />
autoptici di soggetti sieropositivi per HHV8 e coinfettati da<br />
HIV, e affetti da KS e/o MCD e/o PEL.<br />
Metodi<br />
Frammenti di parenchima epatico prelevati in corso di autopsia<br />
di 5 soggetti HIV-positivi di sesso maschile, omosessuali.<br />
(Tabella in basso). Sezioni istologiche di 4 micron sono<br />
state colorate con: ematossilina-eosina, rosso sirio, CK 7, anti-HHV8<br />
(LANA e v-IL-6), anti-HBsAg e anti-HBcAg.<br />
Risultati<br />
Abbiamo osservato le seguenti alterazioni: 1) danno epatocitario<br />
(steatosi e necrosi a ponte); 2) modificazioni della deposizione<br />
della matrice extracellulare (fibrosi portale, esili<br />
setti incompleti); 3) danno biliare (neoduttulogenesi, metaplasia<br />
colangiocitica degli epatociti, attivazione delle cellule<br />
ovali). 4 casi su 5 presentavano infiltrazione dei sinusoidi e<br />
degli spazi portali da parte di cellule linfoidi atipiche HHV8-<br />
positive (LANA-positive); in alcuni casi queste cellule sembrano<br />
avere intimo contatto con gli epatociti.<br />
Conclusioni<br />
Non sembra che in corso di malattie HHV8-relate, il virus<br />
abbia un tropismo per gli epatociti e le cellule dei dotti bi-<br />
N° Sex Età Nascita Autopsia Infezioni virali Malattie HHV8-relate<br />
HIV EBV HHV8 KS MCD PEL-Morfologia<br />
1 M 67 Sardegna SS 1998 Pos Pos Pos No Sì Sì-plasmocitoide<br />
2 M - - 1998 Pos Pos Pos Sì No No<br />
3 M 41 Calabria CS 1998 Pos Neg Pos Sì Sì Sì-anaplastico<br />
4 M 48 Puglia BA 1997 Pos Neg Pos Si Sì Sì-anaplastico<br />
5 M 42 Svizzera 2002 Pos Pos Pos Sì Sì No
270<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
liari. Tuttavia è però presente un danno epatico che si<br />
esprime prevalentemente come sofferenza biliare e/o fibrosi,<br />
in assenza di infezione da HCV e HBV. Il danno è associato<br />
ad infiltrato di cellule linfoidi atipiche HHV8-positive<br />
degli spazi portali e dei sinusoidi (4 casi), compatibile<br />
con compromissione epatica da malattia linfoproliferativa,<br />
oppure è indipendente (1 caso).<br />
Sviluppo, prevenzione e cura di carcinomi<br />
salivari in topi transgenici<br />
M. Baldacci, M. Liberatore, M. Mariotti, T. Pannellini, P.<br />
Ascione, C. Sulpizio, R. Spizzo, L. Borgia, M. Iezzi<br />
Dipartimento di Oncologia e Neuroscienze, Università di<br />
Chieti; Aging Research Center, CeSI, “G. d’Annunzio” University<br />
Foundation, Chieti<br />
Introduzione<br />
I carcinomi delle ghiandole salivari, della parotide in particolare,<br />
costituiscono il 3-5% di tutti i tumori maligni della<br />
testa e del collo. L’amplificazione del gene HER-2 associata<br />
all’inattivazione della p53 sono gli eventi genici che si riscontrano<br />
più frequentemente e che comportano la prognosi<br />
peggiore.<br />
Metodi<br />
Abbiamo dapprima generato i topi transgenici BALB-neuT<br />
nel cui codice è inserito il gene attivato di ratto HER-2 sotto<br />
il “promoter” MMTV. Mentre le femmine di tali animali<br />
sviluppano carcinomi lobulari nella mammella, i maschi a<br />
10 settimane di vita presentano nei dotti intercalari e negli<br />
acini della parotide focolai multipli di iperplasia, prima tipica<br />
poi atipica, che, confluendo, danno luogo a carcinomi<br />
di tipo acinico molto simili a quelli umani. Abbiamo potuto<br />
osservare che solamente durante la fase iperplastica si manifesta<br />
una qualche attività angiogenica e che il cancro si<br />
avvale della rete vascolare precostituita. Abbiamo generato<br />
poi topi BALB-neuT funzionalmente deficitari di p53. In<br />
tale ceppo sia i maschi che le femmine sviluppano nella parotide,<br />
assai precocemente, focolai di iperplasia evolventi<br />
rapidamente in carcinomi indifferenziati metastatizzanti al<br />
polmone. Ripetute vaccinazioni a DNA codificante per il<br />
prodotto del gene HER-2, associate a somministrazioni di<br />
interleuchina 12, durante la fasi di iperplasia e carcinoma<br />
“in situ” sono in grado di proteggere tutte le femmine ed il<br />
50% dei maschi.<br />
Risultati e conclusioni<br />
Le indagini morfologiche (in grado di monitorare nella parotide<br />
il susseguirsi degli eventi anti-vascolari e citotossici<br />
indotti dai trattamenti), insieme alle analisi immunologiche,<br />
indicano che la prevenzione e cura esercitata dalla vaccinazione<br />
si basa essenzialmente sulla produzione di anticorpi<br />
contro la proteina codificata dal Her-2 ed in minor grado<br />
sull’attività anti-angiogenica svolta dall’interleuchina 12.<br />
Increased toll-like receptor 4 expression in<br />
thymus of myasthenic patients with thymitis<br />
and thymic involution<br />
M. Barberis, P. Bernasconi * , F. Baggi * , L. Passerini, M.<br />
Cannone * , E. Arnoldi * , L. Novellino, F. Cornelio * , R Mantegazza<br />
*<br />
Dipartimento di Anatomia Patologica e Medicina di Laboratorio,<br />
Gruppo Multimedica, Milano; * Istituto Neurologico<br />
“Besta”, Milano<br />
Background<br />
Thymic abnormalities are present in about 80% of myasthenia<br />
gravis (MG) patients; the thymus seems to be the main site of<br />
autosensitization to the acetylcholine receptor (AChR).<br />
Materials and methods<br />
In view of findings that the innate immune system can generate<br />
an autoimmune response, we studied the expression of<br />
Toll-like receptors (TLR) 2-5, key components of innate immunity<br />
signaling pathways, in 37 thymuses from patients with<br />
autoimmune MG.<br />
Results<br />
TLR4 mRNA levels were significantly greater in thymitis (hyperplasia<br />
with diffuse B-cell infiltration) and involuted thymus,<br />
than germinal center hyperplasia and thymoma. By immunohistochemistry<br />
and confocal microscopy, cells positive<br />
for TLR4 protein were rare in thymoma; while in thymitis<br />
TLR4 protein was mostly found on epitheliomorphic (cytokeratin-positive)<br />
cells located in close association with clusters of<br />
AChR-positive myoid cells in thymic medulla, and also at the<br />
borders between cortical and medullary areas. B cells were<br />
never TLR4-positive. TLR4 protein was also present in remnant<br />
tissue of involuted thymus.<br />
Conclusions<br />
This is the first observation of a restricted pattern of TLR expression<br />
in pathological MG thymuses. We can speculate that<br />
in a subgroup of MG patients innate immunity might be a<br />
critical step in the development or substaining acquired immunity.<br />
Undifferentiated (embryonal) sarcoma of the<br />
liver: report of a pediatric case with<br />
cytogenetic study<br />
M. Barisella, P. Collini, P. Dagrada, A. Pellegrinelli, M.<br />
Casanova * , A. Ferrari * , C. Meazza * , F. Fossati-Bellani * , V.<br />
Mazzaferro ** , S. Pilotti<br />
Department of Anatomic Pathology; * Unit of Pediatrics; **<br />
Department of Surgery<br />
Introduction<br />
Undifferentiated (embryonal) sarcoma (UES) of the liver 1 is<br />
a rare and aggressive hepatic tumor of older children displaying<br />
a divergent differentiation, reported to have a worst<br />
outcome in older literature.<br />
Case history<br />
We report on a case of UES occurring in a previously healthy<br />
10-year old boy complaining of a serotine fever for 1 month.<br />
A mass was discovered in his right liver resulting on magnetic<br />
resonance as an expansive polycyclic and solid mass of<br />
IV and V hepatic segments with a suspected connection with<br />
the sovrahepatic vein. No elevation of hepatic markers nor<br />
alfa-feto protein were found. A FNAC was performed under
PATOLOGIE VARIE<br />
271<br />
ultra-sound control, which showed a proliferation of pleomorphic,<br />
large, epithelioid cells, adjacent to an area with<br />
periductal tumoral cell condensation and myxoid stroma resembling<br />
the cambium layer of embryonal rhabdomyosarcoma.<br />
Co-expression of AE1-AE3 and 8-18 CKs, vimentin and<br />
desmin led to a diagnosis of UES. The patient underwent 3<br />
cycle of chemotherapy sec VAIA scheme with a > 50% regression<br />
of the liver mass. A right enlarged hepatectomy was<br />
performed 3 months later. It showed a 8.5 cm diffusely jelly<br />
and friable mass, surrounded by a thin fibrous capsule. On<br />
histologic sections, most of the tumor was necrotic with<br />
residual small foci of vital neoplastic cells that showed an IIC<br />
fenotype super imposable to that of the preoperative FNAC.<br />
Classical cytogenetic analysis showed a peculiar cariotype,<br />
i.e., 46XY,del(6)(q23), der(19)t(11;19)(q13.4;q12), similar<br />
but not identical to that reported in both benign liver hamartoma<br />
and liver UES. The child is still alive and well four<br />
months after diagnosis.<br />
Conclusions<br />
Respect to the poor prognosis reported previously, a multimodal<br />
therapeutical approach, consisting of a correct preoperative<br />
diagnosis, feasible also on FNAC, followed by neoadjuvant<br />
chemotherapy and then radical surgery could offer a<br />
better prognosis to patient with UES 2 .<br />
References<br />
1<br />
Lack, et al. Am J Surg Pathol 1991;15:1-16.<br />
2<br />
Bisogno, et al. Cancer 2002;94:252-7.<br />
Decrease in thyroid autoantibodies after<br />
eradication of Helicobacter pylori infection<br />
G. Bertalot, M. Favret, R. Negrini<br />
Dipartimento dei Servizi, Azienda Ospedaliera Desenzano<br />
d/G, Leno (BS), Italia<br />
Introduction<br />
In Italy each year some 250,000 people are affected by autoimmune<br />
thyroid diseases (AITD) and their prevalence<br />
among the adult population of all age groups is 3.5%.<br />
As for most autoimmune diseases, AITDs are thought to arise<br />
from an interaction between genetic and environmental factors.<br />
Two earlier reports described that patients with AITD<br />
have a high incidence of gastric infection by H. pylori.<br />
In this limited case-control study we aimed to further understand<br />
whether H. pylori is implicated in AITD, by evaluating<br />
the effect of H. pylori eradication therapy on the titres of<br />
serum autoantibodies.<br />
Methods<br />
We randomly selected ten patients (all females, mean age 46<br />
years) positive for anti-TPO and positive for H. pylori by the<br />
urea breath test (UBT).<br />
Five of them were treated for H. pylori infection with a triple<br />
therapy regimen for seven days. Eradication was confirmed<br />
by UBT after two months of finishing treatment.<br />
Results<br />
During the follow-up period, four out of the treated patients<br />
showed a considerable decrease in the autoantibody titre,<br />
whereas no significant variations were seen in the five control<br />
patients.<br />
Conclusions<br />
A possible mechanism that explains how an infection in the<br />
stomach can produce pathological effects on a distant organ<br />
is the induction of an autoimmune reaction. We have previously<br />
reported how H. pylori has a special tendency to induce<br />
autoimmunity through a mechanism of antigenic mimicry.<br />
Gastric mucosa infected by H. pylori and thyroid tissue in<br />
AITD are both characterized by the appearance of mucosaassociated<br />
lymphoid tissue (MALT). MALT lymphoid cells<br />
have a strong tendency to re-circulate to the MALT due to<br />
their specific receptors. Given these observations, a possible<br />
pathogenic mechanism could be the following: autoantibodies<br />
and T-helper lymphocytes activated by H. pylori in the<br />
stomach recognise cross-reacting antigens expressed in the<br />
thyroid and initiate a local immuno-inflammatory response.<br />
The release of cryptic antigens by the damaged thyrocytes<br />
aggravates the autoimmune reaction. This process accounts<br />
for the MALT appearance of thyroid tissue. Chronic immune<br />
response induced by H. pylori continues to activate cross-reactive<br />
B and T lymphocytes whose migration to the thyroid<br />
gland is further facilitated by the homing tendency of these<br />
cells to MALT.<br />
These preliminary results suggest that patients with AITD<br />
shoud be examined for the presence of H. pylori because<br />
eradication of the infection could yield clinical benefit in this<br />
disease.<br />
Lipomielomeningocele associato con resti<br />
nefrogenici ectopici<br />
D. Bifano, M.E. Errico, M. Rocco, V. Donofrio<br />
S.C. Anatomia Patologica AORN “Santobono-Pausilipon”,<br />
Napoli<br />
Introduzione<br />
È opinione comune che i resti nefrogenici originino dal blastema<br />
nefrogenico persistente e sono considerati lesioni che<br />
precorrono il tumore di Wilms. Questi resti usualmente occorrono<br />
come lesioni perilobari e intralobari nel rene e, raramente,<br />
in siti ectopici quali cuore, torace, surrene, colon e canale<br />
inguinale. I pochi casi di resti nefrogenici nell’area lombosacrale<br />
sono stati associati, nella maggior parte, con anomalie<br />
spinali.<br />
Riportiamo il caso di un bambino di 6 mesi affetto da lipomielomeningocele.<br />
Macroscopica<br />
Campione costituito da losanga cutanea e da numerosi frammenti<br />
fibroadiposi il maggiore dei quali di cm 4,5 x 4 x 3,5<br />
con area centrale nodulare di cm 2 di diametro massimo, solida.<br />
Microscopica<br />
Nel contesto di tessuto adiposo maturo si osserva tessuto<br />
neurogliale ed ependimale ben differenziati con focale rivestimento<br />
meningeo; l’area nodulare appare non lipomatosa<br />
ma costituita da tessuto renale immaturo disorganizzato con<br />
abbozzi glomerulari e strutture tubulari, anche cisticamente<br />
dilatate; alcuni tubuli immaturi sono circondati da un collaretto<br />
di mesenchima condensato e da lobuli di cartilagine.<br />
Morfologicamente ricorda resti nefrogenici intralobari con<br />
dotti primitivi e foci di cartilagine come si osserva nella displasia<br />
renale.<br />
Conclusioni<br />
Gli aspetti descritti sono consistenti con Lipomielomeningocele<br />
associato con resti nefrogenici ectopici. che ricordano<br />
quelli intralobari e con dotti primitivi circoscritti da mesenchima<br />
e foci di cartilagine come si osserva nella displasia renale.<br />
Si esclude la possibilità di un teratoma con elementi ne-
272<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
frogenici immaturi per l’organizzazione complessiva delle<br />
varie componenti.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Sharma MC, Arora R, Sharma P, Mehta VS, Sarkar C. Diastematomyelia<br />
associated with ectopic dysplastic renal tissue – report of a<br />
rare case. Child’s Nerv Syst 2001;17:689-92.<br />
2<br />
Horenstein MG, Manci EA, Walker AB, Dehner LP. Lumbosacral ectopic<br />
nephrogenic rest unassociated with spinal dysraphism. Am J<br />
Surg Pathol 2004;28:1389-92.<br />
Analisi frattale in patologia umana<br />
G. Bianciardi, C. Miracco, D. Spina, M.T. Del Vecchio,<br />
M.M. De Santi, P. Luzi<br />
Dipartimento di Patologia Umana e Oncologia, Sezione di<br />
Anatomia e Istologia Patologica, Siena, Italia<br />
Introduzione<br />
Un processo neoplastico esaminato a livello microscopico<br />
presenta una struttura ramificata e complessa che mantiene lo<br />
stesso livello di complessità al cambiare della scala 1 . Questa<br />
è la legge, probabilistica, dell’omotetia base della geometria<br />
frattale fondata da B.B. Mandelbrot.<br />
Da più di una decade l’applicazione di questa geometria allo<br />
studio dei tumori umani ha permesso l’ottenimento di indici<br />
numerici, quali la Dimensione Frattale (D), utili nella diagnosi<br />
e nella prognosi della malattia neoplastica. In questo<br />
Lavoro presentiamo risultati ottenuti presso il nostro dipartimento<br />
nello studio di materiale bioptico utilizzando i principi<br />
dell’analisi frattale.<br />
Metodi<br />
Abbiamo studiato in microscopia ottica il confine del tumore<br />
in biopsie di carcinoma a cellule basali della cute (n = 157) e<br />
di carcinoma invasivo della vescica (n = 27) e il pattern vascolare<br />
in prelievi chirurgici di adenocarcinoma polmonare<br />
(stadio IA, n = 64). In microscopia elettronica è stato analizzato<br />
il contorno del nucleo del linfocita T nella micosi fungoide<br />
(n = 18) e nella dermatite cronica (n = 16). L’analisi<br />
frattale è stata eseguita secondo la metodica del box-counting<br />
mediante apposito software da noi realizzato.<br />
Risultati<br />
I basaliomi infiltrativi, misti e espansivi hanno fornito un valore<br />
medio di D decrescente, statisticamente significativo<br />
(classificazione corretta 75%, p < 0,001). I valori di D del<br />
carcinoma invasivo della vescica è risultato maggiore nel tumore<br />
di alto grado rispetto al basso grado (p < 0,05). I valori<br />
di D dei nuclei dei linfociti T nella micosi fungoide sono<br />
risultati maggiori che nella dermatite cronica (p < 0,001). I<br />
valori di D della vascolarizzazione nell’adenocarcinoma del<br />
polmone è risultata più bassa nei pazienti con sopravvivenza<br />
maggiore.<br />
Conclusioni<br />
In tutte le patologie neoplastiche da noi esaminate l’analisi<br />
frattale è stata in grado di fornire un indice (dimensione frattale)<br />
oggettivo, utile a distinguere tra classi diagnostiche e<br />
nel determinare la prognosi del paziente.<br />
C-kit and PDGFRA expression characterizes<br />
not only AIDS-related but also classic and<br />
iatrogenic type of Kaposi’s sarcoma. An<br />
immunohistochemical and molecular study<br />
N. Bigiani, G. Sartori, L. Schirosi, G. Rossi, M. Migaldi,<br />
G.P. Trentini<br />
Sezione di Anatomia Patologica, Università di Modena e<br />
Reggio Emilia, Modena<br />
Introduction<br />
High levels of c-kit and PDGFRα have been previously detected<br />
in AIDS-related Kaposi’s sarcoma (KS) 1 . In addition,<br />
a clinical benefit has been recently reported using a selective<br />
inhibitor against c-kit and PDGFRα in this setting 2 . We studied<br />
immunoexpression and mutational status of these tyrosine<br />
kinase receptors (TKR) in a series of KS arisen in different<br />
clinical conditions (AIDS-related, iatrogenic and classic<br />
types) in order to have a more comprehensive landscape<br />
of the role of these molecules in KS.<br />
Methods<br />
Thirtheen cases of KS (4 AIDS-related, 4 iatrogenic and 5<br />
classic types) were randomly selected for the study. In all<br />
cases, several 4-micron thick sections were obtained from<br />
formalin-fixed and paraffin-embedded reperesentative<br />
blocks. Immunohistochemical analysis was performed using<br />
c-kit (Dako) and PDGFRα (Santa Cruz) in an automated immunostainer<br />
(Benchmark, Ventana). Sequencing analyses<br />
were performed by PCR and c-kit (exons 9, 11) and<br />
PDGFRα (exon 12) were investigated.<br />
Results<br />
Among iatrogenic KS (post-transplant patients), all expressed<br />
c-kit, while 3 out of 4 stained with PDGFRα. In classic<br />
type KS, 3 co-expressed c-kit and PDGFRα and 2 did not<br />
stain for both. Finally, the AIDS-related KS showed c-kit expression<br />
in 3 and PDGFRα in 2. Of note, nodular stage KS,<br />
regardless of the clinical setting, showed a more pronunced<br />
immunoreactivity. All the 5 cases (1 iatrogenic, 1 AIDS-related,<br />
3 classic) analysed for mutational status revealed a<br />
wild-type set-up.<br />
Conclusions<br />
Our results first show that c-kit and PDGFRα expression<br />
characterizes a subset in all variant of KS and no mutations<br />
were detected at least in the tested exons of these TKR. Given<br />
that some AIDS-related KS patients have had a clinical response<br />
with a selective inhibitor of these type III TKR commonly<br />
used in c-kit mutated gastrointestinal stromal tumors 2<br />
and we did not evidence these mutational events in KS, it has<br />
still to be clarified the involved molecular mechanism related<br />
to the clinical response with targeted therapies. However,<br />
since the TKR set-up in all different KS types seems identical,<br />
it is reasonable to consider this alteranative treatment also<br />
in non AIDS-related KS patients, particularly in posttransplant<br />
subjects in which KS may behave in aggressive<br />
fashion.<br />
References<br />
1<br />
Moses AV, et al. J Virol 2002;76:8383-99.<br />
2<br />
Koon HB, et al. J Clin Oncol 2005;23:982-9.
PATOLOGIE VARIE<br />
273<br />
Il vetrino digitale nella routine diagnostica<br />
istologica<br />
A. Bondi, E. Scarselli, S. Cerasoli, F. Nuzzo, D. Bartolini,<br />
F. Scarpellini, L. Riccioni, L. Mancini, E. Elegibili, I.<br />
Lucchi<br />
Anatomia, Istologia Patologica, Citodiagnostica e Citogenetica,<br />
Azienda USL di Cesena<br />
Il vetrino digitale, impropriamente definito anche “caso virtuale”,<br />
si basa sul trasferimento di tutte le informazioni<br />
morfologiche presenti in un vetrino istologico o citologico in<br />
un file. Si ottiene così una dettagliata foto del vetrino (in<br />
realtà è un collage di molte immagini digitali affiancate) che<br />
viene esaminata sul monitor di un computer grazie ad un adeguato<br />
software che permette i movimenti fra i vari campi del<br />
preparato, in modo simile al funzionamento del tavolino traslatore<br />
di un microscopio. Anche gli ingrandimenti possono<br />
essere variati entro un range (in genere 4x 400x).<br />
Sono state descritte esperienze di teleconsulti che sfruttavano<br />
vetrini digitali, oppure controlli di qualità e verifiche di riproducibilità:<br />
viene qui testata la possibilità di utilizzare uno scanner<br />
di digitalizzazione per vetrini nella routine diagnostica.<br />
Tutti i vetrini relativi a 200 casi istologici consecutivi sono<br />
stati scansionati con uno Mirax-Scan (Zeiss), per un totale di<br />
540 sezioni colorate con ematossilina-eosina. I vetrini digitali<br />
così ottenuti sono stati osservati su un monitor ad alta risoluzione<br />
al posto dei vetrini convenzionali per arrivare alla<br />
diagnosi istologica. Durante lo studio dei casi digitali sono<br />
state richieste le colorazioni speciali ed immunoistochimiche<br />
come usuale, che a loro volta sono state sottoposte a scansione<br />
e consegnate al richiedente in formato digitale. Se il Patologo<br />
era in grado di formulare la diagnosi esclusivamente sui<br />
vetrini digitali, si effettuava la scrittura del referto, il caso veniva<br />
controllato sui vetrini convenzionali da un altro Patologo<br />
senza conoscere la diagnosi formulata sul digitale e, se le<br />
due interpretazioni erano coincidenti, il referto veniva licenziato,<br />
altrimenti il caso era sottoposto a verifica ed eventualmente<br />
ad una terza opinione,<br />
Oltre alla concordanza diagnostica sono stati valutati:<br />
– un parametro soggettivo di affidabilità del caso digitale<br />
percepita dal Patologo: uno score da 0 a 10 per esprimere<br />
l’attendibilità percepita delle immagini digitali;<br />
– il tempo impiegato per la lettura su file, confrontato con<br />
quello richiesto per la lettura convenzionale;<br />
– il numero ed il tipo di colorazioni richieste.<br />
La affidabilità diagnostica è risultata molto alta, anche se alcuni<br />
dettagli tecnici sono migliorabili: la difficoltà maggiore<br />
nel fare “microscopia senza microscopio” è stata l’accettazione<br />
del metodo da parte di patologi con grande esperienza<br />
sulle metodiche convenzionali.<br />
Adenocarcinoma di tipo mammario della<br />
vulva con componente in situ<br />
M. Bonucci, E.D. Rossi, L. Bonito * , A. Cappucci *<br />
Servizio di Anatomia Patologica, Casa di Cura “San Feliciano”<br />
Roma; * U.O. Ostetricia Ginecologia, Casa di Cura<br />
“Santa Famiglia”, Roma<br />
Introduzione<br />
L’adenocarcinoma vulvare di tipo mammario rappresenta una<br />
patologia estremamente rara. In letteratura risultano citati solo<br />
13 casi. Tale tipo di patologia deve la sua origine patogenetica<br />
alla riconosciuta possibilità che il tessuto ectopico<br />
mammario localizzato nella vulva derivi da residui della linea<br />
mammaria.<br />
Metodi<br />
Una paziente di 53 anni viene inviata all’esame ginecologico<br />
per la presenza di una lesione rilevata di cm 1,5. sottocutanea<br />
sul grande labbro sinistro. La lesione viene asportata con una<br />
piccola losanga di cute sovrastante. L’esame macroscopico<br />
evidenzia una neoformazione di 1,2 cm di colorito biancastro<br />
e margini poco definibili.<br />
Risultati<br />
L’esame istologico mostra una proliferazione di dotti atipici<br />
che infiltrano il tessuto adiposo; aspetti morfologici compatibili<br />
con un carcinoma mammario. Lo studio mammario<br />
ha dato solo l’evidenza di un’area di carcinoma duttale in<br />
situ del seno sinistro con linfonodo “sentinella” negativo.<br />
La diagnosi viene conclusa come adenocarcinoma vulvare<br />
di tipo mammario (G2) infiltrante il tessuto fibroadiposo<br />
con ampia componente di carcinoma in situ di tipo solido<br />
pari al 60%.<br />
Conclusioni<br />
Tale neoplasia tende a metastatizzare molto precocemente ed<br />
a presentare una prognosi sfavorevole. Tale patologia vista la<br />
rarità della casistica non presenta chiare linee guida nel management.<br />
Fibro-miofibromatosi infantile<br />
M. Bonucci, E.D. Rossi, G.L. Corsetti * , E. Torri *<br />
Servizio di Anatomia Patologica; * Servizio di Otorinolaringoiatria,<br />
Casa di Cura “San Feliciano”, Roma<br />
Introduzione<br />
La fibro-miofibromatosi rappresenta una entità patologica<br />
descritta con diverse terminologie a partire dal 1951. Questa<br />
patologia è costituita da una proliferazione benigna di fibroblasti<br />
e miofibroblasti con una presentazione bifasica di elementi<br />
fusati con una zona centrale costituita da cellule non<br />
ben differenziate e focalmente organizzate in un pattern simile<br />
all’emengiopericitoma. Questa patologia viene descritta<br />
nei bambini sotto i due anni di cui circa i 2/3 alla nascita. La<br />
manifestazione clinica più tipica consiste in una lesione non<br />
dolente e consistenza soffice con differenti pattern di crescita<br />
spesso con ulcerazioni.<br />
Metodi<br />
Il nostro caso è rappresentato da una bambina di 5 anni che<br />
in corso di adenoidectomia ha mostrato una lesione ipofaringea<br />
aggettante nel lume di circa 2 cm che l’otorino ha asportato<br />
con ansa diatermia. La neoformazione di colorito roseo<br />
e di consistenza molle teso elastica al taglio mostrava una architettura<br />
fascicolata.<br />
Risultati<br />
L’esame istologico evidenzia una proliferazione fibroblastica<br />
e mioide in fascicoli, con focale pattern emangiopericitoma<br />
simile, scarsissime mitosi, coerente con la diagnosi istologica<br />
di fibro-miofibromatosi infantile.<br />
Conclusioni<br />
Tale patologia richiede una ampia escissione per la sua intrinseca,<br />
anche se bassa, capacità di recidivare. Questo caso<br />
si è presentato in un’età più elevata della norma, senza ulcerazioni<br />
ed in assenza di sintomatologia.
274<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
Osteosarcoma extrascheletrico primitivo<br />
cardiaco con aree condroblastiche (G3)<br />
M. Bonucci, E.D. Rossi<br />
Servizio di Anatomia Patologica e Citopatologia Diagnostica,<br />
Casa di Cura “San Feliciano”, Roma<br />
Introduzione<br />
I tumori primitivi cardiaci rappresentano una entità di non<br />
frequente riscontro diagnostico. La maggior parte sono tumori<br />
primitivi benigni di cui il 75% costituiti da mixomi<br />
atriali. I tumori maligni sono prevalentemente sarcomi tra cui<br />
il sarcoma osteogenico risulta una delle più rare entità con<br />
solo 30 casi citati in letteratura.<br />
Metodi<br />
Un nuovo caso viene da noi riportato in una paziente di 62<br />
anni che si presenta al cardiochirurgo con diagnosi ecografica<br />
di neoformazione striale sinistra di 5,5 cm di diametro ad<br />
ecostruttura disomogenea. La neoformazione ha rapporti con<br />
la parete posterolaterale dell’atrio sinistro ed impegna parzialmente<br />
l’ostio atrioventricolare, con infiltrazione dell’ostio<br />
delle vene polmonari di sinistra e della base del cuore. La<br />
paziente viene sottoposta ad intervento chirurgico con parziale<br />
debulking della neoformazione atriale.<br />
Risultati<br />
L’esame macroscopico evidenzia una serie di frammenti di<br />
consistenza duro-calcifica, teso elastica e molle. L’esame<br />
istologico evidenzia una proliferazione neoplastica caratterizzata<br />
da aree di cartilagine maligna diffusamente cellulata,<br />
aree a cellule fusate e cellule giganti ed aree di ossificazione<br />
maligna con abbondante osteoide. La proliferazione risulta<br />
positiva alla colorazione per S100, Vicentina e negativa per<br />
CD34, Actina muscolo specifico (HHF35), Citocheratina.<br />
Conclusione<br />
La diagnosi istologica definitiva conclude per osteosarcoma<br />
extrascheletrico con aree condroblastiche (G3).<br />
La prognosi a lungo termine per tali sarcomi risulta limitata<br />
anche dovuta alla non completa radicalità chirurgica. I trattamenti<br />
radio e chemioterapici possono essere utilizzati senza<br />
tuttavia risultare di grosso successo. L’osteosarcoma primitivo<br />
cardiaco con differenziazione condroblastica rappresenta<br />
una rara entità istologica. La componente condrosarcomatosa<br />
in questo caso abbastanza preponderante, pone il problema<br />
di diagnosi differenziale con la ben più rara forma di condrosarcoma<br />
primitivo cardiaco; la presenza di diffusa osteoide<br />
maligna dà in finale la caratterizzazione della lesione come<br />
osteosarcoma primitivo cardiaco.<br />
Adrenocortical carcinomas: case report and<br />
review of the literature<br />
F. Brunelli, T. Curti, P. Siciliano, S. Discepoli<br />
ASL Avezzano, Sulmona, P.O. Avezzano, U.O. Anatomia Patologica<br />
Introduction<br />
Medical records of patients with the diagnosis of adrenal carcinoma<br />
(ADC) between 1990 and 2005 were reviewed. ADC<br />
is a rare and highly malignant tumour with up to 70% of the<br />
patients diagnosed at an advanced clinical stage, up to 40%<br />
presenting with metastases. The annual incidence is of 1 to 2<br />
cases per million people. It is a very aggressive tumor, with<br />
a median survival of 28 months, and is slightly more common<br />
in women (58.6%) than in man (41.4%). The etiology of<br />
disease is still unknown. Most ADC are hormone functional.<br />
These tumors most commonly produce cortisol (30%), then<br />
androgens (20%), estrogens (10%) or aldosterone (2%). The<br />
most common clinical finding was a recent diagnosis of moderate-to-severe<br />
hypertension (68%), poorly controlled by<br />
pharmacological treatment 1 .<br />
Case report<br />
We report a rare case of low-stage ADC of the left adrenal<br />
gland, of a 29-year-old man. The large (cm 10 x 6), non-functioning<br />
and poorly-differentiated ADC was metastatic to the<br />
liver and lung at time of the diagnosis. The positivity for<br />
synaptophysin and vimentin was detected. The moderate hypertension<br />
was only symptom, poorly – controlled by pharmacological<br />
treatment.<br />
After surgery also chemotherapy treatment was performed,<br />
(caelix 50 mg, cisplatin 60 mg, ciclofosfamide 500 mg). Results<br />
of treatment are not satisfying.<br />
Conclusions<br />
This tumor have an unpredictable prognosis. A number of<br />
prognostic factors have been identified in patients with ADC,<br />
but criteria predicting survival are not uniform. Factors associated<br />
with a worse prognosis were stage of disease, nonoperative<br />
management, positive surgical margins, vascular invasion,<br />
and older age. In conclusion, curative surgery was the<br />
most effective treatment. Treatment also includes chemotherapy,<br />
especially with mitotane, usually in combination with<br />
doxorubicin, etoposide, and cisplatin. Results of treatment<br />
are not satisfying, so adjuvant multicenter trials are still underway.<br />
Tumor morphology is a better predictor of metastatic<br />
risk in ADC than current immunohistochemistry-detected<br />
cell cycle regulatory and proliferation-associated proteins.<br />
Survival for ADC is poor. Even after complete surgical excision,<br />
up to 80% of the patients show locoregional recurrence<br />
or metastases 2 . Monitoring arterial pressure, endocrine parameters,<br />
and metabolic parameters can be helpful for the early<br />
detection of ADC recurrences.<br />
References<br />
1<br />
Gomez-Rivera F, et al. Adrenocortical carcinomas: twelve – year prospective<br />
experience. Am Surg 2005;71:90-4.<br />
2<br />
Meyer A, et al. Long-term survival over 28 years of a patient with metastatic<br />
adrenal cortical carcinoma-case report. Anticancer Res<br />
2004;24:1901-4.<br />
Carcinomi a cellule renali di tipo cromofobo<br />
aggressivi: studio di citogenetica in interfase<br />
M. Brunelli * *** , S. Gobbo * , M. Pea * , R. Colombari *** , M.<br />
Chilosi * , A. Scarpa * , F. Bonetti * , F. Menestrina * , G. Martignoni<br />
**<br />
*<br />
Anatomia Patologica, Università di Verona; ** Università di<br />
Sassari; *** Ospedale di Arzignano, Vicenza<br />
Introduzione<br />
Il carcinoma a cellule renali di tipo cromofobo (chRCC) è un<br />
tumore che metastatizza in rari casi. Il chRCC primitivo presenta<br />
un assetto di anomali cromosomiche numeriche come la<br />
monosomia dei cromosomi 1, 2, 6, 10 e 17. Tali anomalie cromosomiche<br />
non sono state studiate nelle varianti aggressive<br />
del chRCC (lesioni metastatiche e/o varianti sarcomatoidi).<br />
Metodi<br />
Abbiamo raccolto 10 casi di chRCC aggressivi, 3 con metastasi<br />
a distanza nel polmone, nel pancreas e nei linfonodi re-
PATOLOGIE VARIE<br />
275<br />
troperitoneali rispettivamente 10, 12 e 5 anni dopo la nefrectomia<br />
e 7 casi con trasformazione sarcomatoide. Abbiamo<br />
eseguito l’analisi di ibridazione in situ fluorescente (FISH)<br />
su materiale incluso in paraffina, utilizzando sonde centromeriche<br />
per i cromosomi 1, 2, 6, 10 e 17. I segnali sono stati<br />
contati in un numero di nuclei variabile da 100-200.<br />
Risultati<br />
Nei 3 casi con metastasi abbiamo rilevato un pattern costituito<br />
da un singolo segnale presente in tutti i cromosomi sia nella<br />
lesione primitiva che nelle relative metastasi (pancreas,<br />
polmone) (20% dei casi totali) (singolo segnale nel 66-88%<br />
dei nuclei); un pattern costituito da doppio segnale fluorescente<br />
presente in tutti i cromosomi sia nella lesione primitiva<br />
che nelle metastasi linfonodali (10%) (doppio segnale in ><br />
78% dei nuclei). Un caso (10%) con trasformazione sarcomatoide<br />
presentava come anomalie un singolo segnale per i<br />
cromosomi 1, 6, e 17 nella porzione epiteliale e nella porzione<br />
sarcomatoide e tre/più segnali per il cromosoma 10 e 17<br />
nella porzione sarcomatoide; 3 casi (30%) presentavano un<br />
pattern privo di anomalie nella porzione epiteliale ed aberranti<br />
(mosaico) nella porzione sarcomatoide quali la simultanea<br />
presenza di singolo e tre o più segnali fluorescenti per<br />
tutti i cromosomi; 3 casi (30%) avevano aberrazioni cromosomiche<br />
numeriche (mosaico) sia nella componente epiteliale<br />
che nella componente sarcomatoide.<br />
Conclusioni<br />
1) tre pattern di anomalie cromosomiche numeriche caratterizzano<br />
le varianti aggressive dei chRCC; 2) il pattern di anomali<br />
cromosomiche presenti nei chRCC con metastasi sono<br />
le stesse sia nella lesione renale che in quella metastatica; 3)<br />
la componente sarcomatoide dei chRCC ha anomalie cromosomiche<br />
più frequenti della componente epiteliale e più complesse<br />
(mosaico); 4) nella diagnosi differenziale delle lesioni<br />
metastatiche alla valutazione morfologica tali pattern di anomalie<br />
possono avvalorare l’ipotesi di una origine renale e con<br />
istotipo chRCC.<br />
Adenoma pleomorfo a localizzazione<br />
mammaria: case report<br />
G. Calvisi * , S. Saltarelli * , A.R. Vitale, D. Barbera, V.<br />
Ciuffetelli, M. De Vito<br />
Università dell’Aquila, Dipartimento di Medicina Sperimentale,<br />
Cattedra di Anatomia Patologica; * ASL4 U.O. Anatomia<br />
Patologica<br />
Introduzione<br />
L’adenoma pleomorfo (AP) è la neoplasia più comune delle<br />
ghiandole salivari, rappresentando il 60%-65% di tutti i tumori<br />
della ghiandola parotide ed il 45% dei tumori delle<br />
ghiandole salivari minori. È stato descritto in sedi meno comuni<br />
quali: seni paranasali, laringe e palato; a livello cutaneo<br />
è più noto come “siringoma condroide”. La localizzazione<br />
mammaria appare un’evenienza rara 1 . È più frequente nel<br />
5°-6° decennio di vita, con una predominanza nel sesso femminile<br />
(60%).<br />
Caso clinico<br />
Paziente di 80 aa che all’esame obiettivo presentava una tumefazione<br />
adesa ai piani superficiali, mobile rispetto ai piani<br />
profondi, non dolente né dolorabile, in sede sottoareolare destra.<br />
All’esame ecotomografico la formazione nodulare appariva<br />
a pareti calcifiche, con multiple calcificazioni interne,<br />
delle dimensioni di mm 17,8 x 15,5 x 16,7, a margini lievemente<br />
irregolari. I cavi ascellari apparivano liberi. La paziente<br />
veniva sottoposta a tumorectomia.<br />
Risultati<br />
All’esame macroscopico il campione operatorio appariva di<br />
consistenza dura, di colore biancastro, apparentemente capsulato.<br />
Previa inclusione in paraffina, il campione è stato colorato<br />
con ematossilina eosina e sottoposto ad indagini immunoistochimiche.<br />
L’esame istologico ha evidenziato cellule di<br />
natura epiteliale disposte in strutture duttali e cordonali intersecantesi<br />
e cellule di tipo mioepiteliale. Lo stroma interposto<br />
si presentava di tipo denso, con aree mixoidi ed aree di metaplasia<br />
condroide ed ossea. Le indagini immunoistochimiche<br />
evidenziavano positività per S100 e vimentina ed in minor misura<br />
per actina e p63 nella maggior parte delle cellule. Il quadro<br />
morfologico era indicativo di adenoma pleomorfo.<br />
Discussione<br />
Sebbene di raro riscontro, la localizzazione mammaria dell’adenoma<br />
pleomorfo non è sorprendente in quanto la mammella,<br />
essendo una ghiandola sudoripara modificata, condivide<br />
con le ghiandole salivari e la cute la medesima origine<br />
embriologica. Nel caso in esame la diagnosi differenziale si<br />
poneva con il carcinoma metaplastico ed il papilloma intraduttale<br />
con differenziazione ossea e condroide. Nel primo vi<br />
è la presenza di cellule epiteliali poco differenziate infiltranti,<br />
frammiste ad elementi mesenchimali atipici o francamente<br />
maligni (minime atipie nell’AP). Nel secondo invece manca<br />
la componente mioepiteliale (caratteristica dell’AP).<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Reid-Nicholson M, et al. Arch Pathos Lab Med 2003;127:474-7.<br />
Metastasi pancreatiche da carcinoma renale<br />
a cellule chiare<br />
D. Campani, L.E. Pollina, N. Funel, M. Menicagli, U.<br />
Boggi, M. Del Chiaro, G. Bevilacqua<br />
Divisione di Anatomia Patologica e Diagnostica Molecolare<br />
ed Ultrastrutturale e Centro di Riferimento Regionale Toscano<br />
per la Cura delle Malattie del Pancreas, Dipartimento di<br />
Oncologia, Università di Pisa ed Azienda Ospedaliera-Universitaria<br />
di Pisa<br />
Introduzione<br />
Il pancreas è sede inusuale di metastasi rappresentando meno<br />
del 5% di tutte le neoplasie pancreatiche. Le neoplasie che<br />
più frequentemente metastatizzano al pancreas sono il carcinoma<br />
della mammella, del polmone, della cute (melanoma) e<br />
del rene. Il carcinoma renale ha particolare predisposizione a<br />
metastatizzare in siti rari, come tiroide e pancreas e le metastasi<br />
solitarie al pancreas sono difficilmente distinguibili da<br />
un carcinoma pancreatico primitivo. Un’adeguata anamnesi<br />
che escluda un pregresso carcinoma renale è essenziale per<br />
un corretto orientamento diagnostico prima della resezione<br />
pancreatica. In questo studio viene riportata la casistica del<br />
Centro di Riferimento Toscano per la Cura delle Malattie del<br />
Pancreas.<br />
Materiali e metodi<br />
Da 232 resezioni pancreatiche, eseguite dal 2001 al 2005, sono<br />
stati selezionati 6 casi di metastasi da carcinoma renale<br />
(2,6%).<br />
Risultati<br />
L’età media dei pazienti era 65 anni (range 52-73) 2 maschi<br />
e 4 femmine. L’intervallo mediano tra la diagnosi di carcino-
276<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
ma renale e il riscontro della metastasi pancreatica era di 96<br />
mesi (range 0-192). In 2 casi con metastasi singola nella testa<br />
del pancreas è stata eseguita duodeno-cefalo-pancreasectomia<br />
(DCP). In 1 caso con metastasi multiple localizzate alla<br />
testa del pancreas è stata eseguita DCP. In 1 caso con una<br />
metastasi cefalopancreatica ed una nel corpo veniva eseguita<br />
DCP ed enucleazione della lesione del corpo. Due casi presentavano<br />
metastasi multiple nella testa e nel corpo-coda e i<br />
pazienti sono stati sottoposti a pancreasectomia totale, in 1 di<br />
questi la metastasi pancreatica era sincrona al carcinoma renale<br />
ed il paziente è stato sottoposto anche a nefrectomia. Le<br />
dimensioni dei noduli pancreatici variavano da 3 mm a 60<br />
mm. La diagnosi istologica in tutti i casi era di carcinoma a<br />
cellule chiare interpretata come metastasi da carcinoma renale<br />
sulla base dell’anamnesi dei pazienti. I linfonodi regionali<br />
erano in media 25 (range 16-53) e risultavano tutti negativi<br />
per metastasi.<br />
Conclusioni<br />
Poiché il carcinoma a cellule chiare del pancreas rappresenta<br />
un’entità molto rara è necessaria un’accurata anamnesi del<br />
paziente per escludere la possibilità di metastasi da carcinoma<br />
renale. Queste possono manifestarsi anche molti anni dopo<br />
l’insorgenza della neoplasia primitiva. La bassa frequenza<br />
di complicanze post-operatorie nelle resezioni pancreatiche<br />
permette di migliorare la prognosi dei pazienti con metastasi<br />
da carcinoma renale.<br />
Expression of CD205 (DEC-205), a receptor<br />
involved in antigen-processing, in thymic<br />
epithelial tumours<br />
M. Chilosi, A. Brighenti, A. Zamò, S. Pedron, L. Montagna,<br />
P. Piccoli<br />
Anatomia Patologica, Dipartimento di Patologia, Università<br />
di Verona<br />
CD205 (also known as DEC-205), is a membrane protein acting<br />
as an endocytic receptor for extracellular antigens. Accordingly,<br />
high expression of the molecule is observed in mature<br />
antigen-presenting dendritic cells, including interdigitating<br />
and Langerhans’ cells. In these cell subsets CD205 is involved<br />
in antigen processing, greatly enhancing the efficiency<br />
of antigen presentation. Interestingly, CD205 is also expressed<br />
by cortical thymic epithelial cells, where the receptor<br />
is involved in the clearance of apoptotic thymocytes. This<br />
phenomenon is intriguing since impaired clearance of apoptotic<br />
cells has been suggested to be involved in the development<br />
of autoimmunity. Nevertheless, information regarding<br />
the expression of CD205 in thymic epithelial tumours (TET)<br />
is currently not available. In this study we have investigated a<br />
series of human TET by immunohistochemistry using the<br />
monoclonal antibody NCL-L-DEC205 and the Bond Polymer<br />
Detection System (Novocastra - Menarini). In control thymic<br />
samples CD205 immunoreactivity was restricted to cortical<br />
epithelial cells and medullary interdigitating dendritic cells,<br />
as previously described. TET were classified following<br />
W.H.O. criteria as A (3 cases), AB (3 cases), B1 (3 cases), B2<br />
(3 cases), B3 (3 cases), and thymic carcinoma (1 case). Neoplastic<br />
epithelial cells of all types of TET were intensely immunoreactive<br />
for CD205, with the exception of the case of<br />
thymic carcinoma where neoplastic epithelial cells were completely<br />
negative. Focal aggregates of negative cells were also<br />
present in one B3 sample, characterised by more atypical<br />
morphology. In our opinion these data are relevant for the following<br />
reasons: first, the expression of CD205 is maintained<br />
in all types of thymomas, without any relation with their putative<br />
origin (e.g. cortical versus medullary). These data are in<br />
line with the recent demonstration of a common thymic epithelial<br />
cell precursor. Second, the observation of heterogeneity<br />
of CD205 expression in thymomas and thymic carcinoma<br />
suggests that this marker could be associated with undifferentiated<br />
and aggressive features, thus representing a useful diagnostic<br />
marker. Further study is needed on larger series to<br />
evaluate this interesting possibility.<br />
Sarcoma a cellule follicolari dendritiche con<br />
componente sarcomatoide a localizzazione<br />
intracranica: case report<br />
A. Chiominto * , G. Coletti * , D. Barbera, V. Ciuffetelli, R.<br />
De Franco, P. Leocata<br />
Università dell’Aquila, Dipartimento di Medicina Sperimentale,<br />
Cattedra Anatomia Patologica; * ASL 4 L’Aquila, U.O.<br />
Anatomia Patologica<br />
Introduzione<br />
Il sarcoma a cellule follicolari dendritiche è una rara neoplasia<br />
a sede nodale ed extranodale tipica dell’età adulta, che<br />
colpisce entrambi i sessi con eguale prevalenza.<br />
Le sedi extranodali più comuni sono: tonsille, nasofaringe,<br />
pancreas, tessuti peripancreatici e peritoneali. Nel 2003 Hasselblat<br />
et al. ne hanno descritto un caso a localizzazione intracranica<br />
1 .<br />
Caso clinico<br />
Il caso giunto alla nostra osservazione è relativo ad un paziente<br />
di 81 aa ricoverato per trauma cranico; all’esame CT<br />
veniva riscontrata la presenza di una lesione nodulare a sede<br />
parietale-parasagittale destra, confermata da una MR con<br />
mdc. Il paziente, che 2 anni prima era stato nefrectomizzato<br />
per carcinoma renale, veniva sottoposto ad intervento chirurgico.<br />
Il campione operatorio misurava cm 3,5 x 3 x 2,8 e presentava<br />
contorni netti e aspetto lobulato. Previa inclusione in paraffina,<br />
è stato colorato con ematossilina-eosina e sottoposto<br />
a colorazioni immunoistochimiche.<br />
Risultati<br />
L’esame istologico ha evidenziato un tessuto neoplastico a<br />
contorni ben definiti, costituito da fasci di ampie cellule fusate,<br />
anche in sede perivascolare, disposte in pattern prevalentemente<br />
vorticoide; tali cellule presentavano citoplasma<br />
eosinofilo ed ampio nucleo vescicoloso, spesso provvisto di<br />
piccoli nucleoli; piccoli linfociti apparivano associati alle<br />
cellule neoplastiche. Erano presenti figure mitotiche in numero<br />
di 4-5 x 10/HPF ed aree di necrosi. Il tessuto neoplastico<br />
era positivo per vimentina, CD68, CD35, CD23, fascina e<br />
focalmente per EMA. Alcuni cluster di cellule erano positive<br />
per CK AE1/AE3 e CK8.<br />
Veniva posta diagnosi di sarcoma a cellule follicolari dendritiche<br />
(FDCs) con componente sarcomatosa rappresentata da<br />
fibroblastic reticulum cells.<br />
Conclusioni<br />
L’FDC sarcoma è una rara neoplasia a malignità intermedia<br />
caratterizzata da recidive locali, ma potenzialmente metastatizzante.<br />
Di fondamentale importanza per la diagnosi sono<br />
l’esame morfologico e le colorazioni immunoistochimiche,<br />
tipicamente positive per CD21, CD23 e CD35. La positività
PATOLOGIE VARIE<br />
277<br />
per tali marker consente di porre diagnosi differenziale con<br />
gli altri tumori a cellule dendritiche; la negatività per cheratine<br />
e desmina dirime invece problemi di diagnosi differenziale.<br />
Alcune caratteristiche morfologiche, sovrapponibili a<br />
quelle dei meningiomi, possono indurre ad una sottostima dei<br />
FDCs a localizzazione intracranica.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Hasselblatt M, et al. J Neurosurg 2003;99:1089-90.<br />
Rilievi morfologici ed immunoistochimici su<br />
un caso di carcinoide associato a struma<br />
ovarico<br />
M. Chimenz * , P. Napoli, M. Starrantino, M.P. Sciacca, M.<br />
Righi * , R.A. Caruso *<br />
Servizio di Anatomia Patologica, Ospedale “Piemonte”;<br />
*<br />
Dipartimento di Patologia Umana, Policlinico Universitario,<br />
Messina<br />
Gli Autori descrivono un caso di carcinoide associato a struma<br />
ovarico, asportato chirurgicamente ad una paziente di 38<br />
anni. L’esame microscopico della lesione ha evidenziato follicoli<br />
tiroidei contenenti colloide, inclusi in un connettivo<br />
denso contenente un carcinoide trabecolare. L’indagine immunoistochimica<br />
mostra la positività per cromogranina e sinaptofisina<br />
nella componente carcinoide, mentre la tireoglobulina<br />
è presente nell’epitelio follicolare tiroideo. L’indice di<br />
proliferazione (MIB1) evidenzia una positività pari al 3%<br />
nelle cellule del carcinoide. Lo struma ovarico associato a<br />
carcinoide è una lesione proliferativa benigna, che può essere<br />
erroneamente diagnosticata come adenocarcinoma. Il riconoscimento<br />
di tale rara entità è quindi importante, in quanto<br />
il trattamento chirurgico è curativo.<br />
Carcinoma a cellule renali: valutazione<br />
dell’istotipo come fattore prognostico<br />
D. Dalfior * , A. Parisi * , L. Bortesi * , I. Franceschetti * , A.<br />
Caneva **** , V. Ficarra ** , P. Cossu Rocca *** , M. Brunelli *<br />
****<br />
, M. Pea * , F. Menestrina * , G. Martignoni ***<br />
*<br />
Anatomia Patologica, ** Clinica Urologica, Università<br />
di Verona; *** Anatomia Patologica, Università di Sassari;<br />
****<br />
Ospedale di Arzignano, Vicenza<br />
Introduzione<br />
Vi sono dati discordanti riguardo il ruolo dell’istotipo del carcinoma<br />
del rene come fattore prognostico. Lo scopo di questo<br />
studio è quello di valutarne l’importanza su 491 casi.<br />
Metodi<br />
Abbiamo considerato 491 carcinomi a cellule renali consecutivi<br />
sottoposti a nefrectomia e/o enucleazione dal 1986 al<br />
2000. Tutti i preparati istologici sono stati rivisti da un patologo<br />
che ne ha ridefinito l’istotipo in accordo con la classificazione<br />
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO)<br />
del 2004. Le curve di sopravvivenza causa-specifica sono<br />
state comparate mediante log rank test (p < 0,05 a due code).<br />
Risultati<br />
I 491 carcinomi sono stati così suddivisi: 388 (79%) a cellule<br />
chiare, 57 papillari (11,6%), 25 cromofobi (5,1%), 8 dei<br />
dotti collettori (1,6%) e 16 inclassificabili (3,2%). Il followup<br />
mediano era di 54 mesi (range interquartile 24-96 mesi).<br />
Nell’analisi dei tre istotipi più frequenti la sopravvivenza<br />
causa-specifica era peggiore nell’istotipo a cellule chiare (sopravvivenza<br />
a 5 anni dell’81,3%), rispetto all’istotipo papillare<br />
(p = 0,04) (sopravvivenza a 5 anni del 90,1%) e cromofobo<br />
(p = 0,01) (sopravvivenza a 5 anni del 100%); non vi<br />
sono differenze di sopravvivenza causa-specifica statisticamente<br />
significative tra l’istotipo papillare e cromofobo (p =<br />
0,13). I pazienti affetti dal carcinoma dei dotti collettori hanno<br />
una mediana di sopravvivenza di 12 mesi.<br />
Conclusioni<br />
1) la recente classificazione WHO suddivide istotipi con prognosi<br />
diverse; 2) tra gli istotipi più frequenti il carcinoma a<br />
cellule chiare risulta più aggressivo di quello papillare e cromofobo;<br />
3) il carcinoma dei dotti collettori ha prognosi severa;<br />
4) la sopravvivenza dei pazienti con carcinoma inclassificabile<br />
mostra diverse curve di sopravvivenza ed ulteriori studi<br />
sono necessari per distinguere nel loro ambito categorie di<br />
carcinomi con comportamento biologico distinto.<br />
The IL-12rβ2 gene protects from<br />
autoimmunity and functions as a tumor<br />
suppressor in B cell malignancies<br />
E. Di Carlo, I. Airoldi * , C. Sorrentino, T. D’Antuono, B. Banelli<br />
** , L. Moserle *** , E. Rossi **** , A. Amadori *** , V. Pistoia *<br />
Department of Oncology and Neurosciences, Surgical Pathology<br />
Section, “G. d’Annunzio” University, Chieti, Italy; * Laboratory<br />
of Oncology, “G. Gaslini” Institute, Genoa, Italy;<br />
**<br />
Laboratory of Tumor Genetics, Istituto Nazionale per la<br />
Ricerca sul Cancro, Genoa, Italy; *** Department of Oncology<br />
and Surgical Sciences, University of Padua, Padua,<br />
Italy; **** Department of Hematology, Azienda Ospedaliera<br />
“S. Martino”, Genoa, Italy<br />
Introduction<br />
IL-12 is a cytokine endowed with a powerful antitumor activity<br />
that binds to a receptor (R) composed of the β1 chain<br />
and the β2 chain which is a specific IL-12R component.<br />
We have previously shown that lymphoblastoid B cell lines<br />
(LCLs) and Burkitt lymphoma (BL) cell lines express IL-<br />
12Rβ1 mRNA but lack IL-12Rβ2 mRNA, while normal<br />
naive, germinal center, and memory B cells express the transcripts<br />
of both genes. These findings led us to speculate that<br />
malignant B cells could benefit from the silencing of the IL-<br />
12Rβ2 gene.<br />
Methods<br />
We first investigated, by RT-PCR and fluorescence microscopy,<br />
IL-12R gene expression in primary tumor cells<br />
from 41 patients with different chronic B cell lymphoproliferative<br />
disorders.<br />
Second, we studied the mechanism(s) involved in and the<br />
functional consequences of the silencing of IL-12Rβ2 gene in<br />
primary neoplastic B cells and in transformed B cell lines, by<br />
using the MSP technique (to test the methylation status of the<br />
IL-12Rβ2 gene) and the hIL-12Rβ2 gene transfection of B cell<br />
lines which were tested for their response to human recombinant<br />
IL-12 (hrIL-12) in vitro and in vivo (in SCID-NOD mice).<br />
Third, we investigated whether the targeted inactivation of<br />
the IL-12Rβ2 gene in mice resulted into increased susceptibility<br />
to development of B cell malignancies.<br />
Results<br />
1. Primary malignant B cells isolated from mantle cell lymphoma<br />
(MCL), marginal zone lymphoma (MZL), and follic-
278<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
ular lymphoma (FL) B cells, analogously to LCLs and BL<br />
cell lines, did not express IL-12Rβ2 mRNA.<br />
2. Hypermethylation of a CpG island in the noncoding exon<br />
1 was associated with silencing of this gene in malignant B<br />
cells. The DNA methyltransferase inhibitor 5-Aza-2β-deoxycytidine<br />
restored IL-12Rβ2 mRNA expression in primary<br />
neoplastic B cells that underwent apoptosis and decreased<br />
proliferation following exposure to hrIL-12.<br />
HrIL-12 strongly reduced the tumorigenicity of IL-12Rβ2-<br />
transfected BL cells in SCID-NOD mice through antiproliferative<br />
and proapoptotic effects, coupled with neoangiogenesis<br />
inhibition related to hIFN-γ-independent induction of<br />
hMig/CXCL9.<br />
3. IL-12Rβ2 KO mice developed immune complex-mediated<br />
mesangial glomerulonephritis, systemic vasculitis, Sjogren’s<br />
syndrome and oligoclonal B cell lymphoproliferative disorder<br />
in the kidney and liver. Lymph node monoclonal plasmacytomas<br />
were observed in a half of aged animals.<br />
Conclusions<br />
The IL-12Rβ2 gene acts as tumor suppressor in chronic B<br />
cell malignancies, and IL-12 exerts direct antitumor effects<br />
on IL-12Rβ2-expressing neoplastic B cells.<br />
Occurrence of autoimmunity, lymphoproliferation and B cell<br />
neoplasia in IL-12Rβ2 KO mice supports the novel concept<br />
that IL-12 acts physiologically to restrain aberrant B cell activation.<br />
Tumori pediatrici delle ghiandole salivari:<br />
descrizione di un caso di sialoblastoma<br />
M.E. Errico, D. Bifano, M. Rocco, V. Donofrio<br />
S.C. Anatomia Patologica, A.O.R.N. “Santobono-Pausilipon”,<br />
Napoli<br />
Introduzione<br />
Il sialoblastoma è una estremamente rara neoplasia epiteliale<br />
congenita che insorge a livello della parotide e più raramente<br />
della sottomandibolare, e che morfologicamente ricapitola<br />
l’embriogenesi delle ghiandole salivari; tumori con morfologia<br />
simile sono state riportati in letteratura come embriomi,<br />
carcinomi congeniti, adenocarcinoma basalioide di basso<br />
grado, carcinoma adenoideo-cistico, etc.; tali neoplasie sono<br />
infatti aggressive e potenzialmente maligne.<br />
Caso clinico<br />
Presentiamo un caso di sialoblastoma manifestatosi come<br />
una grossa massa della regione angolomandibolare/laterale<br />
del collo ed asportato a 20 giorni dalla nascita.<br />
L’aspetto della lesione è quello di una massa ovalare bozzuta,<br />
di cm 9 x 8 x 4 del peso di 200 grammi, in sezione solida,<br />
multinodulare, di consistenza molle-elastica e colorito grigio-giallastro.<br />
Istologicamente la neoplasia appare costituita da piccoli nidi<br />
di cellule basaloidi con scarso citoplasma, nucleo rotondoovalare,<br />
cromatina dispersa e piccolo nucleolo, talora solidi,<br />
talora cribriformi, talora con un lume simil-duttale, contenente<br />
secreto basofilo e rivestito da cellule cubico cilindriche<br />
con citoplasma più evidente, eosinofilo, e nuclei basali; si osservano<br />
anche “sheets” solidi più grandi, con palizzata periferica,<br />
focale differenziazione sebacea e focolai di necrosi,<br />
sepimentati da stroma fibroso in parte denso in parte fibromixoide.<br />
È presente apprezzabile attività mitotica, mentre<br />
non si sono repertati immagini di crescita perineurale. All’indagine<br />
immunoistochimica le cellule mostrano positività per<br />
CK di alto p.m. e CK pan nella componente duttale e focale<br />
positività per S-100; debole e solo focale la positività per Actina;<br />
negative vimentina, CEA, EMA e CD117.<br />
Conclusioni<br />
Il sialoblastoma è una neoplasia embrionale delle ghiandole<br />
salivari. Lo spettro istologico dei tumori delle salivari nell’infanzia<br />
comprende quattro categorie: la controparte dei tumori<br />
benigni dell’adulto; gli amartomi, i sialoblastomi/embriomi<br />
ed infine le neoplasie maligne analoghe a quelle dell’adulto.<br />
Tra queste, il termine di sialoblastoma sta ad indicare<br />
neoplasie epiteliali basalioidi, con caratteristiche morfologiche<br />
che ricapitolano gli stadi di embriogenesi delle salivari;<br />
tale termine comprende tumori più o meno differenziati,<br />
da indolenti a potenzialmente maligni. I criteri istologici indicativi<br />
di un decorso aggressivo sono l’invasione perineurale<br />
e vascolare e la necrosi, per cui il nostro caso rientra nelle<br />
neoplasie a basso potenziale di malignità, con capacità di recidiva<br />
locale.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Brandwein M, Al-Naeif NS, Manwani D, Som P, Goldfeder L, Rothschild<br />
M, et al. Sialoblastoma: clinicopathological/immunohistochemical<br />
study. Am J Surg Pathol 1999;23:342-8.<br />
2<br />
. Batsakis JG, Frankenthaler R. Embryoma (sialoblastoma) of salivary<br />
glands. Ann Otol Rhinol Laryngol 1992;101:958-60.<br />
Tumori pediatrici delle ghiandole salivari:<br />
descrizione di un caso di “salivary gland<br />
anlage” tumor<br />
M.E. Errico, D. Bifano, M. Rocco, V. Donofrio<br />
S.C. Anatomia Patologica A.O.R.N. “Santobono-Pausilipon”,<br />
Napoli<br />
Introduzione<br />
Il “salivary gland anlage tumor”, noto anche come anche adenoma<br />
pleomorfo congenito, è una inusuale lesione del rinofaringe<br />
che origina dalle ghiandole salivari minori e che si<br />
manifesta in genere con disturbi respiratori alla nascita o durante<br />
le prime settimane di vita.<br />
Caso clinico<br />
Riportiamo un caso di un neonato di 20 giorni con grave di<br />
stress respiratorio per la presenza di un polipo rinofaringeo<br />
della linea mediana.<br />
La lesione appare come una formazione ovalare polipoide,<br />
peduncolata, di cm 2, a superficie esterna liscia, grigiastra, in<br />
sezione solida.<br />
L’esame istologico ha mostrato una proliferazione sottomucosa<br />
solida, rivestita da epitelio squamoso non cheratinizzante,<br />
e caratterizzata da noduli densamente cellulari, sepimentati<br />
e circondati da uno stroma fibroso per lo più lasso; nello<br />
stroma si osservano nidi squamosi e strutture simil duttali<br />
con metaplasia squamosa, talvolta anastomizzatesi e in più<br />
punti in continuità con l’epitelio sovrastante, che appare focalmente<br />
eroso. Le aree solide sono costituite da cellule in<br />
parte rotondo-ovalari, in parte fusate, con nucleo monomorfo,<br />
cromatina dispersa e bordi citoplasmatici indistinti,<br />
talora con alone chiaro perinucleare, strettamente commiste a<br />
strutture duttali; in queste aree è presente attività mitotica.<br />
L’indagine immunoistochimica ha mostrato positività di tale<br />
popolazione per vimentina, pan-CK, CK di alto e basso p. m.,<br />
actina e focalmente EMA, negatività per CD99, Desmina, S-<br />
100 e CD34; le strutture epiteliali sono risultate CK e EMA<br />
positive.
PATOLOGIE VARIE<br />
279<br />
Conclusioni<br />
Il “salivary gland anlage tumor” è una rara lesione congenita<br />
del rinofaringe, costituita da una doppia componente cellulare,<br />
epiteliale e mioepiteliale, entrambe non completamente<br />
differenziate, simile a quella delle ghiandole salivari embrionali.<br />
Tale lesione ha in comune con gli amartomi la localizzazione<br />
mediana e il comportamento clinico, in genere indolente,<br />
e con il tumore misto la simile composizione cellulare<br />
(da cui il termine di adenoma pleomorfo congenito), rappresentando<br />
un esempio di lesione con caratteristiche intermedie<br />
tra un amartoma e una vera neoplasia.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Dehner LP, Valbuena L, Perez-Atayde A, Reddick RL, Askin FB, Rosai<br />
J. Salivary gland anlage tumor (“congenital pleomorphic adenoma”).<br />
A clinicopathologic, immunohistochemical and ultrastructural<br />
study of nine cases. Am J Surg Pathol 1994;18:25-36.<br />
Amartoma mesenchimale infantile epatico:<br />
presentazione di un caso<br />
M.E. Errico, D. Bifano, M. Rocco, V. Donofrio<br />
S.C. Anatomia Patologica, A.O.R.N. “Santobono-Pausilipon”,<br />
Napoli<br />
Introduzione<br />
L’amartoma mesenchimale è una rara lesione epatica dell’infanzia,<br />
che origina dal piatto duttale del fegato fetale; si manifesta<br />
in genere nei primi due anni di età, con distensione<br />
addominale o come massa palpabile asintomatica, in piccoli<br />
pazienti con normale funzionalità epatica e normali livelli di<br />
alfa-feto proteina. A causa della sua crescita rapida, prima o<br />
immediatamente dopo la nascita, esso viene spesso clinicamente<br />
diagnosticato come tumore maligno.<br />
Caso clinico<br />
Noi presentiamo un caso di amartoma mesenchimale in una<br />
bambina di due anni, manifestatosi con emoperitoneo, e considerato,<br />
anche alla luce del quadro strumentale, un ematoma<br />
organizzato.<br />
Il campione esaminato è costituito da un frammento vagamente<br />
polipoide di cm 3,5 x 2 al taglio di aspetto parenchimatoso<br />
emorragico.<br />
Istologicamente in un background siero-emorragico con aree<br />
di necrosi ischemica, si osserva una commistione di tessuto<br />
mesenchimale, dotti biliari e cordoni di epatociti; la componente<br />
mesenchimale contiene sparse cellule di aspetto fusato<br />
e stellato; i dotti biliari proliferanti circoscritti da mesenchima<br />
mostrano un pattern talvolta ramificante; i cordoni di epatociti<br />
sono frammisti e dislocati alla periferia del campione<br />
simil-polipoide; sono presenti suggestive immagini di ematopoiesi<br />
extramidollare.<br />
Conclusioni<br />
L’amartoma mesenchimale è una rara lesione epatica con pattern<br />
vascolare simile a quello osservabile in caso di torsione<br />
di un lobo accessorio; tale aspetto, evidente anche nel nostro<br />
caso, potrebbe suggerire una origine ischemica, ma la recente<br />
scoperta di una specifica traslocazione cromosomica<br />
(19q13), depone per una natura neoplastica. Il comportamento<br />
biologico dell’amartoma mesenchimale infantile è tuttavia<br />
benigno, con rara capacità di recidiva locale, se non completamente<br />
escisso; esso può tuttavia determinare insufficienza<br />
cardiaca, dovuta a “shunt” arterio-venoso, e/o complicanze<br />
emodinamiche e respiratorie, se non correttamente diagnosticato<br />
e trattato.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Dehner LP, Ewing SL, Sumner HW. Infantile mesenchymal hamartoma<br />
of the liver. Histologic and ultrastructural observations. Arch<br />
Pathol 1975;99:379-82.<br />
2<br />
Rakheja D, Margraf LR, Tomlinson GE, Schneider NR. Hepatic mesenchymal<br />
hamartoma with translocation involving chromosome<br />
band 19q13.4: a recurrent abnormality. Cancer Genet Cytogenet<br />
2004;153:60-3.<br />
L’espressione nucleare di bcl10 si associa alla<br />
deregolazione dell’apoptosi nei linfomi MALT<br />
degli annessi oculari, indipendentemente<br />
dalle traslocazioni che coinvolgono il gene<br />
MLT1 e correla con ridotti intervalli di<br />
sopravvivenza libera da malattia<br />
R. Franco, S. Staibano * , M. Laise, M.E. Errico * , F.I. Camacho<br />
** , F. Tranfa * , M. Iorio, M. D’Angelo, G. Liguori,<br />
A. De Renzo * , R. Merola *** , G. Botti, M. Piris ** , G. De<br />
Rosa *<br />
Istituto dei tumori “G. Pascale”, Napoli; * Università “Federico<br />
II”, Napoli; ** CNIO, Madrid; *** Istituto “Regina Elena”,<br />
Roma<br />
Introduzione<br />
Come altri linfomi MALT non gastrointestinali, i linfomi<br />
MALT degli annessi oculari (OABLM) rispetto al modello gastrico<br />
mostrano caratteristiche distintive, che implicano specifiche<br />
sequenze etiopatogenetiche, interessanti per decorso clinico<br />
e per la scelta di specifiche strategie terapeutiche.<br />
Materiali e metodi<br />
39 casi di OABLM e 8 casi di linfomi non MALT dello stesso<br />
distretto mediante Tissue-microarrays sono stati studiati<br />
per l’espressione immunoistochimica delle principali molecole<br />
coinvolte nella regolazione dell’apoptosi e del ciclo cellulare,<br />
per l’indice apoptotico (TUNEL) e la presenza delle<br />
principali traslocazioni descritte nei linfomi di tipo MALT<br />
(FISH).<br />
Inoltre, per l’importanza che gli agenti infettivi nell’etiopatogenesi<br />
dei linfomi MALT, abbiamo valutato l’incidenza dell’infezione<br />
da HCV, la presenza di EBV (ibridazione in situ)<br />
e, in un gruppo selezionato, la presenza della Chlamydia psittaci,<br />
potenziale agente patogeno nei OABLM (PCR).<br />
I dati sono poi stati valutati statisticamente in relazione agli<br />
intervalli liberi da malattia (DFS).<br />
Risultati<br />
Abbiamo osservato nel gruppo OABLM rispetto ai linfomi<br />
non MALT una deregolazione apoptotica (ridotta caspasi 3 e<br />
aumentata pIkB, marker dell’attività di NfkB).<br />
La FISH mostrava assente t(11;18) e in 5 casi presenza di<br />
t(14;18) (q32;q21), statisticamente correlata con l’espressione<br />
di pIkB.<br />
14 casi mostravano espressione nucleare aberrante di bcl10<br />
associata all’espressione di IkB fosforilata, a un ridotto indice<br />
apoptotico e a più corti DFS. L’aumento delle grandi cellule,<br />
inoltre, era associato ad aumentata espressione di Cycline<br />
A e E e Ki67 e a ridotta espressione di p16.<br />
Negli OABLM 6/12 erano HCV+, mentre EBV non era presente<br />
in nessun OABLM. La presenza di Chlamydia pittaci è<br />
stata studiata in 6 pazienti: 2 casi (1 Linfoma OABLM e un<br />
DBCL ex MALT della congiuntiva) positivi e 4 (3 OABLM<br />
MALT e 1 linfoma follicolare) negativi.<br />
Conclusioni<br />
I linfomi MALT degli annessi oculari mostrano deregolazio-
280<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
ne dell’apoptosi, in cui un ruolo chiave è giocato dall’espressione<br />
nucleare di bcl10, indipendentemente dalle traslocazioni<br />
che coinvolgono il gene MLT1.<br />
L’espressione nucleare aberrante di bcl10, inoltre, sembra associato<br />
a più corti DFS.<br />
La positività per HCV in 50% dei pazienti con sierologia nota,<br />
indica un possibile ruolo di questa infezione nell’etio-patogenesi<br />
di questi linfomi. Necessita, invece, di ulteriori verifiche<br />
il ruolo della Chlamydia psittaci.<br />
Ruolo della reazione microgliale e delle<br />
Caspasi nella Corea di Huntington –<br />
osservazioni immunoistochimiche<br />
S. Galatioto, M. Righi, C. Crisafulli, M. Chimenz, G.<br />
Trombetta, M. Nunnari<br />
Dipartimento Patologia Umana, Università di Messina, Italia<br />
Introduzione<br />
La Corea di Huntington (HD) è una malattia neurodegenerativa<br />
a trasmissione autosomica dominante, clinicamente caratterizzata<br />
da una sindrome ipercinetica e da demenza progressiva.<br />
Dal punto di vista neuropatologico l’HD è ricondotta prevalentemente<br />
ad una perdita di neuroni “spinosi” efferenti GA-<br />
BA-ergici presenti a livello del neostriato e della corteccia.<br />
Analogamente ad altre malattie neurodegenerative. anche<br />
nella HD è stata segnalata la presenza di un precoce e progressivo<br />
accumulo di microglia (c.d. reazione infiammatoria)<br />
(Sapp et al., 2001).<br />
In quest’ottica alcuni Autori hanno ipotizzato che sostanze<br />
citotossiche, come l’IL-1beta, secrete dalla microglia “attivata”<br />
siano in grado di accelerare e perpetuare il processo neurodegenerativo<br />
alla base della condizione. (Sarra et al.,<br />
2005). Peraltro è stato anche sostenuto, specie su modelli<br />
sperimentali della HD, il ruolo importante svolto dal gruppo<br />
delle Caspasi nella regolazione dei meccanismi apoptosici<br />
che concorrono alla morte neuronale (Sanchez Mejia, Friedlander,<br />
2001).<br />
Metodi<br />
9 casi di HD precedentemente studiati dal punto di vista neuropatologico<br />
classico nonché da quello immunoistochimico<br />
con particolare riferimento ai neuropeptidi dimostrabili nei<br />
neuroni sopravvissuti del neostriato, sono stati ripresi ed allestite<br />
altre sezioni paraffiniche utilizzate per la ricerca attuale.<br />
È stato impiegato il metodo immunoistochimico all’avidinabiotina<br />
per la dimostrazione degli anticorpi CR3/43, GLUT-<br />
5, Caspasi-9 e IL-1beta.<br />
L’immunoreattività dimostrata per i diversi anticorpi è stata<br />
confrontata in una scala semiquantitativa.<br />
Risultati<br />
A) I risultati immunoistochimici con gli anticorpi impiegati<br />
per visualizzare lo stato di “attivazione” della reazione “infiammatoria”<br />
confermano quelli di altri Autori circa la esistenza<br />
nella HD di una reazione microgliale sin negli stadi<br />
tardivi della malattia.<br />
B) Il riscontro, a livello dei neuroni sopravvissuti dello striato<br />
di una modesta immunoreattività anti-Caspasi 9, sebbene<br />
meno dimostrativi di quelli ottenuti da altri Autori con l’impiego<br />
di metodi più sensibili, sembrano tuttavia sostanzialmente<br />
concordare con gli stessi.<br />
Conclusioni<br />
I nostri dati, per quanto preliminari, potrebbero suggerire, tenuto<br />
conto dei contributi della letteratura, la possibile esistenza,<br />
nel meccanismo apoptosico della HD, di un circolo<br />
vizioso comprendente la microglia “attivata”, la secrezione<br />
di sostanze neurotossiche come ad es. l’IL-1beta, oltre al ciclo<br />
delle caspasi nel quale, com’è noto, un ruolo centrale è<br />
svolto dalla Caspasi 9.<br />
Bibliografia<br />
Sapp E, Kagel KB, Aronin N, et al. J Neuropathol Exp Neurol<br />
2001;60:161-72.<br />
Sanchez Mejia RO, Friedlander RM. Neurosci 2001;7:480-9.<br />
Riscontro del virus HPV nei tratti superiori<br />
dell’apparato genitale femminile: studio<br />
molecolare su campioni di isterectomia ed<br />
annessiectomia bilaterale con carcinoma<br />
cervicale HPV positivo<br />
G. Giordano, T. D’Adda, L. Gnetti, M. Melpignano *<br />
Dipartimento di Patologia e Medicina di Laboratorio, Sezione<br />
di Anatomia ed Istologia Patologica, Università di Parma,<br />
Italia; * Dipartimento di Scienze Ostetriche-Ginecologiche<br />
e Neonatologia, Università di Parma, Italia<br />
Introduzione<br />
In questo studio gli Autori, per la prima volta, valutano la<br />
presenza del virus papilloma umano (HPV), mediante la tecnica<br />
dell’amplificazione DNA (Polymerase Chain reaction)<br />
(PCR) nei tratti genitali superiori dell’apparato genitale femminile,<br />
su campioni di isterectomia ed annessiectomia bilaterale<br />
con carcinoma cervicale infiltrante HPV positivo, allo<br />
scopo di stabilire se un’infezione da HPV potrebbe estendersi<br />
dalla cervice uterina ai tratti più prossimali dell’apparato<br />
genitale.<br />
Materiali e metodi<br />
Sono stati selezionati dalla casistica del Dipartimento di Patologia<br />
e medicina di Laboratorio dell’Università di Parma 8<br />
casi di carcinoma cervicale infiltrante in campioni di isterectomia<br />
ed annessiectomia bilaterale. Tutti i campioni sono stati<br />
processati secondo tecniche di routine e sono stati esaminati<br />
istologicamente. La stadiazione delle neoplasie è stata<br />
effettuata secondo il sistema FIGO ed il sistema TNM. Per<br />
l’estrazione del DNA, tre sezioni istologiche della neoplasia<br />
cervicale, della mucosa endometriale, della mucosa tubarica<br />
e dell’epitelio ovarico di superficie sono state microdissezionate<br />
manualmente. Il DNA estratto è stato amplificato mediante<br />
PCR, utilizzando primers G5+/G6 per la regione altamente<br />
conservata L1 del genoma dell’HPV (genotipi: 6, 11,<br />
13, 16,18, 30-35, 39, 40, 42, 45, 51- 53, 56, 58, 61, 66) 1 .<br />
Risultati<br />
Istologicamente le neoplasie cervicali selezionate comprendevano<br />
7 carcinomi squamosi ed un adenocarcinoma villoghiandolare.<br />
Lo stadio di sviluppo variava da IA 1<br />
a IVB secondo<br />
il sistema FIGO e da T 1a1<br />
a T 2b,<br />
secondo il sistema<br />
TNM.<br />
La mucosa uterina e quella tubarica non rilevavano alcuna<br />
neoplasia. Solo in un caso un ovaio presentava un teratoma<br />
cistico maturo. All’analisi molecolare PCR tutte le neoplasie<br />
cervicali erano HPV positive. In sei casi una debole positività<br />
per HPV è stata individuata nella mucosa endometriale, in<br />
quella tubarica e nell’epitelio ovarico di superficie. I risulta-
PATOLOGIE VARIE<br />
281<br />
ti erano, tuttavia, eterogenei, poiché la distribuzione dell’HPV<br />
DNA variava nei diversi tratti dello stesso caso e da<br />
caso a caso.<br />
Conclusioni<br />
Questo studio dimostra che in casi di carcinoma cervicale<br />
infiltrante, HPV positivo, l’HPV può estendersi ai tratti superiori<br />
dell’apparato genitale. Probabilmente tale infezione<br />
è latente e, pertanto, non produce altri virioni, non determina<br />
effetti citopatici e può essere individuata solo come un<br />
debole segnale all’analisi molecolare. La differente distribuzione<br />
dell’HPV DNA nei diversi tratti dello stesso campione<br />
di isterectomia ed annessiectomia e nei diversi casi<br />
potrebbe essere dovuta al fatto che l’HPV non infetti l’intera<br />
superficie ovarica e l’intera mucosa endometriale e tubarica,<br />
ma solo una loro parte.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
de Roda H, et al. J Gen Virol 1995;76:1057-62.<br />
Identification of Lf mRNA isoforms from<br />
human neoplastic cells harvested by lasermicrodissection<br />
G. Giuffrè, S. Penco * , V. Barresi, C. Garrè ** , G. Barresi,<br />
G. Tuccari<br />
Department of Human Pathology, University of Messina;<br />
*<br />
Department of Laboratory Medicine, Medical Genetics<br />
Unit, “Niguarda-Cà Granda” Hospital, Milan; ** Department<br />
of Oncology, Biology and Genetics, University of Genoa,<br />
Italy<br />
Introduction<br />
Lactoferrin (Lf), a 80 kDa basic glycoprotein, is a member<br />
of the transferrin family of iron-binding proteins, which has<br />
been previously documented mainly in the cytoplasm of human<br />
neoplastic cells from several tissues by immunohistochemistry.<br />
Nevertheless, the origin of Lf as well as its biological<br />
meaning remain still controversial. In order to verify<br />
if Lf is produced by neoplastic cells or alternatively it<br />
can be absorbed from other elements such as mononuclear<br />
cells or polymorph granulocytes, we have investigated the<br />
expression of Lf mRNAs utilizing a laser-assisted microdissection<br />
procedure. In fact, this latter technique allows<br />
to cut small tissue fragments as well as single cells by an ultraviolet<br />
laser beam in order to select a specific cell population<br />
of interest from a heterogeneous sample under direct<br />
microscopic visualization.<br />
Methods<br />
Laser-microdissection has been performed using a Leica AS<br />
LMD system (Leica Microsystems, Germany) on cryostatic<br />
sections of breast, gastric and colorectal cancers obtained at<br />
surgery and post-fixed with ethanol. From each section<br />
stained with Haematoxilin-Eosin, a variable number of neoplastic<br />
epithelial cells (from 300 to 600) has been harvested<br />
in different PCR tubes. RNA extraction has been performed<br />
by RNeasy Micro Kit (Qiagen); successively, using the 1st<br />
Strand cDNA Synthesis Kit for RT-PCR (Roche Applied<br />
Science), RNA has been reverse transcribed into singlestranded<br />
cDNA. Finally, cDNA has been amplified utilizing<br />
primer pairs designed for the specific detection of target sequences<br />
of human Lf as well as its alternative isoform ∆Lf.<br />
Results<br />
Sufficient cDNA for Lf amplification has been obtained<br />
starting from 300 neoplastic cells. Lf expression has been<br />
detected in all breast cancer samples, although a different<br />
and variable evidence of Lf isoforms has been noted. In addition,<br />
Lf expression has been variably encountered in gastric<br />
and colorectal cancers.<br />
Conclusions<br />
In our opinion the laser microdissection may represent a<br />
valid tool to perform Lf molecular analysis; in fact, by this<br />
procedure, we have demonstrated the presence of different<br />
Lf isoforms in selected epithelial cells obtained from various<br />
kinds of human neoplasms. Finally, the investigation of<br />
Lf mRNAs variation along the tumorigenic cell progression<br />
in human neoplasms may be also performed.<br />
Espressione di Na + /I - symporter (NIS) nelle<br />
ghiandole endometriali di donne infertili<br />
M. Trovato 1 , L. Grosso 1 , E. Vitarelli 1 , M. Tripepi 2 , A.<br />
Abbate 3 , P. Rizzo 2 , V. Benedetto 2 , S. Sciacchitano 4 5 , G.<br />
Barresi 1<br />
1<br />
Dipartimento di Patologia Umana, Università di Messina,<br />
Messina, Italia; 2 Dipartimento di Scienze Ginecologiche,<br />
Ostetriche e Medicina della Riproduzione, Università di<br />
Messina, Messina, Italia; 3 Centro di Riproduzione Umana,<br />
Messina, Italia; 4 II Facoltà di Medicina e Chirurgia, Ospedale<br />
“S. Andrea”, Università di Roma “La Sapienza”, Roma,<br />
Italia; 5 Centro di Ricerca Ospedale “S. Pietro Fatebenefratelli”,<br />
AfaR, Roma, Italia<br />
La tiroide accumula ed organifica lo Iodio tramite il NIS.<br />
Tuttavia il NIS è stato dimostrato in altri organi che non sono<br />
in grado di organificare lo Iodio come le ghiandole salivari,<br />
lo stomaco e le ghiandole endometriali. Nei tessuti extratiroidei,<br />
l’espressione del NIS suggerisce un possibile<br />
coinvolgimento di questo trasportatore di Iodio nei processi<br />
fisiologici. Allo scopo di chiarire il ruolo del NIS nelle<br />
ghiandole endometriali, noi abbiamo studiato l’immunoespressione<br />
del NIS in biopsie endometriali di 20 pazienti<br />
con infertilità primaria, non altrimenti specificata, ed in 14<br />
donne fertili. Le 34 donne erano state sottoposte ad ecografia<br />
transvaginale ed isteroscopia in fase estrogenica tardiva<br />
(pre-ovulatoria) per determinare lo spessore dell’endometrio<br />
ed effettuare la biopsia. A tutte le pazienti infertili era<br />
stato dosato l’estradiolo.<br />
NIS era osservato nell’epitelio ghiandolare in 17/20 delle<br />
biopsie endometriali delle pazienti infertili ed in 12/14 di<br />
quelle fertili. Nelle ghiandole endometriali delle pazienti infertili<br />
l’immunoreattività del NIS era significativamente più<br />
espressa (60% ± 21% vs. 19% ± 9%, media ± SD; P =<br />
0,0001). L’immunocolorazione del NIS era sempre localizzata<br />
sulla membrana e nel citoplasma dell’epitelio ghiandolare.<br />
Tuttavia, una positiva reazione al NIS poteva anche osservarsi<br />
a livello del nucleo. Questa tipo di localizzazione si riscontrava<br />
più frequentemente nelle ghiandole endometriali<br />
delle pazienti infertili rispetto alle donne fertili (12% vs. 1%,<br />
P = 0,004). L’espressione del NIS non correlava con lo spessore<br />
dell’endometrio o i livelli di estradiolo. In conclusione,<br />
i nostri risultati sono indicativi di un possibile ruolo del NIS<br />
nel regolare la fertilità a livello dell’endometrio.
282<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
Sindrome di Richter a localizzazione<br />
colecistica. Descrizione di un raro caso<br />
M. Guerriero, L.M. Larocca, M. De Ninno * , A. Carbone *<br />
Istituto di Anatomia Patologica, Policlinico “A. Gemelli”,<br />
Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma; * Servizio di<br />
Anatomia Patologica, Centro di Ricerca e Formazione ad Alta<br />
Tecnologia nelle Scienze Biomediche, Università Cattolica<br />
del Sacro Cuore, Campobasso<br />
La sindrome di Richter (SR) è lo sviluppo nel tempo di un<br />
linfoma non Hodgkin di alto grado in pazienti affetti da leucemia<br />
linfatica cronica B (LLC-B) o da altro disordine linfoproliferativo<br />
di basso grado come ad esempio un linfoma plasmocitoide.<br />
Presentiamo il caso di un paziente di 59 anni affetto<br />
da 3 anni da LLC-B. Insorgeva improvviso dolore all’ipocondrio<br />
destro in genere dopo i pasti e con andamento ingravescente.<br />
L’ecografia epato-biliare dimostrava ispessimento<br />
della parete della colecisti che era aumentata di volume,<br />
senza infiltrazione del circostante parenchima epatico<br />
(controllato con TC). Si eseguiva una colecistectomia. Successive<br />
TC total body non documentavano presenza di lesioni<br />
sospette o di ripetizioni in altre sedi. La colecisti misurava<br />
10 cm di lunghezza ed il colletto era duro e ispessito per un<br />
diametro complessivo di 4,5 cm. Al taglio la parete era biancastra.<br />
L’esame istologico documentava un linfoma non-<br />
Hodgkin diffuso pleomorfo a grandi cellule con talora elementi<br />
sternbergoidi (alto grado) della colecisti. Gli elementi<br />
linfomatosi risultavano intensamente Pan-B (MB2) positivi,<br />
CD20 negativi (controllo interno positivo), CD30 negativi. Si<br />
osservava inoltre un numero discreto di linfociti T di accom<strong>pag</strong>namento<br />
CD3 positivi, con quota del 70% positiva per<br />
CD8 (distribuita in tutto l’ambito) e quota del 30% positiva<br />
per CD5 (distribuita alla superficie mucosa e alla periferia<br />
della massa linfomatosa). Gli elementi linfoidi presentavano<br />
una positività nucleare non dirimente per EBV. Alla luce della<br />
storia clinica e dei risultati delle indagini morfologiche ed<br />
immunoistochimiche la diagnosi di SR veniva fatta. È raro<br />
l’esordio di SR con coinvolgimento extra linfonodale: sono<br />
stati descritti casi di localizzazioni al tratto gastrointestinale<br />
(giunzione gastro-esofagea, stomaco, valvola ileo-ciecale), al<br />
SNC, alla cute (lesioni singole o multiple), agli occhi, ai testicoli<br />
ai polmoni ed ai reni. Sino ad oggi, è stato riportato un<br />
solo caso di SR a localizzazione alla colecisti.<br />
Bibliografia<br />
Maryniak RK, et al. Acta Haematol Pol 1991;22:165-9.<br />
Tsimberidou AM, et al. Cancer 2005;103:<strong>216</strong>-28.<br />
Riscontro autoptico in un caso di sindrome<br />
mieloproliferativa associata a sindrome 5qsfociata<br />
in leucemia mieloide acuta con<br />
mielopoiesi extramidollare<br />
M. Guerriero, L.M. Larocca, S. Storti * , G. Giordano * , A.<br />
Carbone **<br />
Istituto di Anatomia Patologica, Policlinico “A. Gemelli”,<br />
Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma; * U.O.C. di Oncoematologia,<br />
Centro di Ricerca e Formazione ad Alta Tecnologia<br />
nelle Scienze Biomediche, Università Cattolica del<br />
Sacro Cuore, Campobasso; ** Servizio di Anatomia Patologica,<br />
Centro di Ricerca e Formazione ad Alta Tecnologia nelle<br />
Scienze Biomediche, Università Cattolica del Sacro Cuore,<br />
Campobasso<br />
La sindrome 5q- (delezione interstiziale del braccio lungo del<br />
cromosoma 5) è caratterizzata da andamento clinico indolente<br />
e prognosi relativamente buona. Presentiamo un caso di<br />
sindrome 5q- con presentazione clinica a tipo di sindrome<br />
mieloproliferativa cronica evoluta in leucemia mieloide acuta.<br />
Una donna di 78 anni giunge alla nostra osservazione lamentando<br />
dolore al fianco sinistro. È presente forte leucocitosi<br />
e l’esame fisico rivela una severa epatosplenomegalia.<br />
La prima ipotesi diagnostica è di leucemia mieloide cronica.<br />
L’esame morfologico dello striscio di sangue periferico dimostra,<br />
tuttavia, presenza di displasia eritroide e granulocitaria<br />
con il 15% di blasti, con isolati corpi di Auer e molti dacriociti.<br />
La biopsia osteomidollare (BOM) documenta presenza<br />
di marcata iperplasia della serie megacariocitica e granulocitaria<br />
e con quota blastica superiore al 30% della cellularità.<br />
Viene avanzato il sospetto di evoluzione blastica di patologia<br />
mieloproliferativa. L’esame del cariotipo mostra delezione<br />
5q. Dopo un mese di trattamento la epatosplenomegalia<br />
aumenta ulteriormente. Una nuova BOM mostra mielofibrosi<br />
con presenza di numerosi megacariociti e megacarioblasti<br />
con presenza di blasti CD34 positivi (1-2%). In corso<br />
di una sepsi da P. aeruginosa la paziente muore. L’esame autoptico<br />
evidenziava leucemia mieloide acuta con blasti MPO<br />
e CD68 positivi, CD34 negativi. A livello midollare è presente<br />
una minima quota megacarioblastica residua (CD61+).<br />
La milza è sede di localizzazione massiva alla polpa rossa<br />
con presenza di quota marginale eritropoietica vicaria, con<br />
partecipazione anche di elementi megacarioblastici (CD61+).<br />
Il fegato presenta localizzazione a livello sinusoidale. Il soggetto<br />
presentava inoltre segni polmonari indicativi di una fase<br />
precoce di ARDS. I polmoni, inoltre, presentavano fibrosi<br />
interstiziale con aspetti pseudo-ghiandolari. Questo caso suggerisce<br />
l’esistenza di un sottogruppo di delezioni 5q con caratteristiche<br />
proliferative marcate tali da poter sfociare in una<br />
leucemia acute secondaria. Il nostro caso supporta i l concetto<br />
di sindrome mieloproliferativa-mielodisplastica mista e<br />
sostiene la possibile esistenza di nuove entità patologiche.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Washington LT, et al. Leuk Lymphoma 2002;43:761-5.<br />
2<br />
Takahashi H, et al. Am J Hematol 2000;64:120-3.
PATOLOGIE VARIE<br />
283<br />
Metastasi ovarica destra e pseudomixoma<br />
peritoneale da carcinoma mucinoso primitivo<br />
dell’appendice, 15 mesi dopo carcinoma<br />
mucinoso ovarico sinistro<br />
M. Guerriero, G.F. Zannoni, M. De Ninno * , A. Carbone *<br />
Istituto di Anatomia Patologica, Policlinico “A. Gemelli”,<br />
Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma; * Servizio di<br />
Anatomia Patologica, Centro di Ricerca e Formazione ad Alta<br />
Tecnologia nelle Scienze Biomediche, Università Cattolica<br />
del Sacro Cuore, Campobasso<br />
L’adenocarcinoma dell’appendice è una neoplasia molto rara:<br />
rappresenta meno dello 0,5% di tutte le neoplasie gastrointestinali<br />
ed il 5% di tutte le neoplasie appendicolari. Descriviamo<br />
il caso di una paziente di 52 anni che veniva sottoposta<br />
a escissione di massa ovarica sinistra, risultata essere<br />
all’esame istologico tumore mucinoso primitivo ovarico, e<br />
che sviluppava 15 mesi dopo neoplasia mucinosa primitiva<br />
dell’appendice con pseudomixoma peritoneale e metastasi all’ovaio<br />
destro. Il tumore ovarico sinistro presentava diametro<br />
di 30 cm, aspetto multiloculato con presenza di gelatina densa<br />
ed aree più solide con aspetto cribroso. Istologicamente il<br />
tumore si presentava come una neoplasia mucinosa tipo intestinale<br />
con aspetti da cistoadenoma, aree da tumore borderline<br />
con estese aree di franca trasformazione in adenocarcinoma.<br />
Quindici mesi dopo, la paziente si ripresentava con una<br />
massa ovarica destra di 20 cm con aspetto multiloculato e gelatinosa,<br />
con aderenze alla superficie esterna dell’utero e a<br />
segmento colico, con congelamento fibro-gelatinoso degli<br />
organi. L’omento presentava placche gelatinose. La colecisti<br />
e la milza erano congelate in tessuto neoplastico. Erano presenti<br />
altri noduli neoplastici peritoneali, il maggiore perisplenico<br />
di 16 cm. L’appendice presentava un aspetto a salsicciotto<br />
(lunga 6 cm, spessa 2 cm). La superficie esterna appariva<br />
tesa. Al taglio si osservava tessuto neoplastico biancogiallastro<br />
con aspetti gelatinosi che occupava quasi tutto l’organo.<br />
Al microscopio il tumore appendicolare e quello ovarico<br />
avevano gli stessi caratteri. Erano presenti amputazione<br />
ghiandolare e necrosi “sporca”. Una revisione globale del caso<br />
corredata da indagini IIC ha dato i seguenti risultati. Il primo<br />
tumore ovarico di sinistra è risultato CK7 positivo e<br />
CK20 negativo. Il tumore appendicolare e quello ovarico destro,<br />
nonché le diverse localizzazioni peritoneali comparse<br />
successivamente, sono risultati CK20 positivi e CK7 negativi.<br />
La conclusione è stata che si trattava di due tumori differenti:<br />
una neoplasia ovarica primitiva a sinistra e una successiva<br />
neoplasia primitiva appendicolare con localizzazione<br />
ovarica destra (e con altre localizzazioni), comparsa 15 mesi<br />
dopo la prima.<br />
Tumore gigantocellulare tenosinoviale di<br />
insolite dimensioni a partenza<br />
dall’articolazione coxo-femorale presentatosi<br />
come ernia inguinale<br />
M. Guerriero, F.M. Serafini * , I. Paris ** , M. De Ninno *** ,<br />
J. Rosai **** , A. Carbone ***<br />
Istituto di Anatomia Patologica, Policlinico “A. Gemelli”,<br />
Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma; * U.O.C. di<br />
Chirurgia Oncologica, Centro di Ricerca e Formazione ad<br />
Alta Tecnologia nelle Scienze Biomediche, Università Cattolica<br />
del Sacro Cuore, Campobasso; ** U.O.C. di Terapie Palliative,<br />
Centro di Ricerca e Formazione ad Alta Tecnologia<br />
nelle Scienze Biomediche, Università Cattolica del Sacro<br />
Cuore, Campobasso; *** Servizio di Anatomia Patologica,<br />
Centro di Ricerca e Formazione ad Alta Tecnologia nelle<br />
Scienze Biomediche, Università Cattolica del Sacro Cuore,<br />
Campobasso; **** Centro Consulenze Anatomia Patologica<br />
Oncologica, Centro Diagnostico Italiano, Milano<br />
I tumori gigantocellulari tenosinoviali (c.d. tenosinovite nodulare)<br />
di tipo diffuso con ampio coinvolgimento dei tessuti<br />
limitrofi (sinovite villonodulare pigmentata dei tessuti molli)<br />
sono lesioni rare, specie quando raggiungono notevoli dimensioni.<br />
Descriviamo il caso di una massa iliaca destra con<br />
protrusione attraverso il canale inguinale, a lungo interpretata<br />
come ernia inguinale, in un maschio di 40 anni. L’insorgenza<br />
di dolore all’arto inferiore destro induceva ulteriori indagini.<br />
Una TC documentava la presenza di una massa ovoidale<br />
ben demarcata di 17 x 15 cm disomogenea per presenza<br />
di cisti centrale. La massa veniva riferita al muscolo ileopsoas<br />
destro. Veniva sospettato un interessamento della testa<br />
del femore destro. Una biopsia della fossa inguinale mostrava<br />
linfonodi reattivi. Una agobiopsia TC-guidata della massa<br />
presentava caratteri suggestivi per schwannoma. La massa<br />
veniva asportata e veniva resecata una pro<strong>pag</strong>gine che penetrava<br />
nella testa del femore. La cavità ossea veniva sigillata<br />
con cemento osseo antiblastico. La massa si presentava come<br />
ovoidale e pseudocapsulata di 17 x 15 x 3,5 cm, del peso di<br />
375 g. Al taglio la neoplasia appariva di colore bianco-giallastro<br />
con aree brunastre e cisti centrale di 10 x 8 cm contenente<br />
liquido sieroso. Al microscopio si osservavano elementi<br />
istiodi con aspetto epitelioide con citoplasma eosinofilo,<br />
a tratti fusati. Presente pigmento emosiderinico (Perl’s positivo)<br />
in sede intra- ed extracellulare. Abbondante la componente<br />
infiammatoria con molte cellule a citoplasma schiumoso.<br />
Si osservavano aree alveolari e pseudopapillari con<br />
stratificazione di elementi di tipo sinoviale con quadri non<br />
lontani da quanto si osserva nella sinovite villonodulare pigmentata.<br />
Non erano presenti segni istologici di malignità (necrosi,<br />
elevata attività mitotica, controllata anche con Ki67, o<br />
marcato pleomorfismo cellulare), sebbene la pro<strong>pag</strong>gine di<br />
tessuto prelevata all’interno della testa del femore contenesse<br />
gli stessi elementi istioidi presenti nella lesione. Nell’insieme<br />
i dati morfologici depongono per tenosinovite nodulare<br />
dell’articolazione coxo-femorale (tumore gigantocellulare<br />
tenosinoviale), tipo diffuso (sinovite villonodulare pigmentata<br />
dei tessuti molli), con ampio coinvolgimento dei tessuti<br />
molli, con erosione ossea della testa del femore.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Ushijima M, et al. Cancer 1986;57:875-84.<br />
2<br />
Somerhausen NS, et al. Am J Surg Pathol 2000;24:479-92.
284<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
Role of protease-activated receptors in<br />
orofacial granulomatosis<br />
S. Ketabchi, D. Massi, G. Ficarra * , I. Rubino * , A. Franchi,<br />
M. Paglierani, E. Maiorano *** , S. Capodiferro * , P. Geppetti<br />
** , M. Santucci<br />
Dipartimento di Patologia Umana ed Oncologia, * Dipartimento<br />
di Odontostomatologia, ** Dipartimento di Area Critica<br />
Medico-Chirurgica, Università di Firenze; *** Dipartimento<br />
di Anatomia Patologica e Genetica, Università di Bari<br />
Introduction<br />
The term orofacial granulomatosis (OFG) refers to a heterogeneous<br />
group of conditions, including Melkersson-Rosenthal<br />
Syndrome (MRS), Miescher’s cheilitis, oral Crohn’s disease<br />
and sarcoidosis, all characterized histologically by the<br />
presence of granulomatous inflammation. Clinically, patients<br />
show persistent and/or recurrent labial swelling and enlargement,<br />
oral ulcers and a variety of other abnormalities involving<br />
the oral cavity and facial tissues. Protease-activated receptors<br />
(PARs) are members of the G-protein-coupled receptor<br />
superfamily that are activated by the proteolytic cleavage<br />
of their amino terminal domain. There is compelling evidence<br />
that PAR-1 and PAR-2 have a crucial role in inflammatory<br />
diseases of several tissues, including the gut, skin,<br />
and airways. PAR-1, activated by thrombin, contributes to inflammation<br />
by inducing neutrophilic aggregation and chemotaxis<br />
of neutrophils and monocytes. PAR-2 induces edema<br />
and NO-dependent vasorelaxation. It has been recently<br />
demonstrated that the activity of thrombin and of other proteinases<br />
is significantly increased in the colon of inflammatory<br />
bowel disease (IBD) patients. The aim of the study was<br />
to investigate a possible role of PAR-1 and PAR-2 in the<br />
pathogenesis of OFG.<br />
Methods<br />
PAR-1 and PAR-2 expression was evaluated by immunohistochemistry<br />
in tissue biopsies taken from oral Crohn’s disease<br />
(5 cases), MRS (7 cases) and normal oral mucosa (5 cases),<br />
as controls. The avidin-biotin-peroxidase complex<br />
(ABC) method was used with monoclonal antibodies against<br />
PAR-1 and PAR-2 (Zymed). PARs immunoreactivity was<br />
semiquantitatively evaluated.<br />
Results<br />
Overall, PAR-1 and PAR-2 expression was related to the intensity<br />
of the inflammatory infiltrate. PAR-1 positivity was<br />
mostly observed in mononuclear inflammatory cells in<br />
lichenoid and edematous lesions, whereas a strong PAR-2<br />
immunostaining was detected in the cell cytoplasm of epithelioid<br />
histiocytes and giant cells in granulomatous lesions,<br />
irrespective of the clinical features (Crohn vs. MRS).<br />
Conclusions<br />
PAR-2 overexpression in OFG tissue biopsies featuring granulomatous<br />
inflammation supports a role of PAR-2 in the<br />
pathogenesis of the disease. It is conceivable that PARs-induced<br />
oral inflammation may involve prostaglandin release<br />
and MMP activation. However, the exact mechanism through<br />
which PAR-2 activation modulates oral inflammation in vivo<br />
requires further investigation.<br />
Expression of inducible nitric oxide synthase<br />
by tumor-associated macrophages in<br />
cutaneous malignant melanoma<br />
S. Ketabchi, D. Massi, L. Calorini * , A. Franchi, F. Bianchini<br />
* , M. Paglierani, C. Miracco ** , P. Geppetti *** , M. Santucci<br />
Dipartimento di Patologia Umana ed Oncologia e * Dipartimento<br />
di Patologia e Oncologia Sperimentali, Università di<br />
Firenze; ** Dipartimento di Patologia Umana ed Oncologia,<br />
Università di Siena; *** Dipartimento di Area Critica Medico-<br />
Chirurgica, Università di Firenze<br />
Introduction<br />
The biological significance of tumor-associated macrophages<br />
(TAMs) in melanoma growth is not yet completely clarified.<br />
Macrophages may exert a direct anti-tumoral activity, however,<br />
tumor cells may redirect the release of bioactive molecules<br />
by macrophages to facilitate tumor progression.<br />
Macrophages use arginine to synthesize nitric oxide (NO)<br />
through the inducible NO synthase (iNOS). NO can contribute<br />
to the tumoricidal activity of macrophages, however<br />
NO may increase blood flow and promote angiogenesis.<br />
Thus, the net effect of NO in tumor cell-host cell interactions<br />
is still unclear. The aims of this study were the following: i)<br />
to evaluate in vivo iNOS expression by TAMs; ii) to investigate<br />
in vitro whether tumor cells may affect the release of NO<br />
in macrophages.<br />
Methods<br />
In vivo studies were performed by immunohistochemistry in<br />
tissue sections from 30 invasive melanomas representative of<br />
different pT categories (pT1-pT4). The avidin-biotin-peroxidase<br />
complex (ABC) method was used for the immunostaining<br />
with monoclonal antibody against CD68 (clone PGM-1,<br />
Dako) and polyclonal antibody against iNOS (Biomol Res<br />
Lab). In vitro experimental model was represented by B16<br />
murine melanoma cells co-cultivated with inflammatory<br />
macrophages isolated from the peritoneal exudates collected<br />
from thioglycolate-treated syngeneic mice.<br />
Results<br />
Immunohistochemical analyses revealed that the number of<br />
CD68+ TAM expressing iNOS was variable, according to location.<br />
This subpopulation was most frequently found in peritumoral<br />
location. High numbers of iNOS+/CD68+ TAMs<br />
were found in thin (pT1) melanomas, predominantly in peritumoral<br />
location, whereas the number of iNOS+/CD68+<br />
TAMs, both in peritumoral and intratumoral location, significantly<br />
decreased in more advanced tumors (pT2-pT4). Regarding<br />
in vitro studies, the level of NO generation by inflammatory<br />
macrophages co-cultivated with murine<br />
melanoma cells was found to be greater than that of<br />
macrophage cultures, when co-cultures were stimulated with<br />
IFN-γ plus LPS. The specificity of this phenomenon was indicated<br />
by the finding that, contact with murine melanoma<br />
cells did not influence NO generated by mouse fibroblasts<br />
under the same culture conditions.<br />
Conclusions<br />
Overall, our results suggest that iNOS expression by TAMs<br />
might be a marker of host response to melanoma growth,<br />
even though in vitro experiments reveal that for an effective<br />
NO release by macrophages, TAMs require a further stimulation<br />
with IFN-γ plus LPS.
PATOLOGIE VARIE<br />
285<br />
Combined high grade basal cell carcinoma<br />
and malignant melanoma of the skin<br />
(“malignant basomelanocytic tumor”): report<br />
of two cases<br />
E. Kuhn, J. Rodriguez * , D. Nonaka ** , M. Reichel *** , J.<br />
Rosai *<br />
U.O. Anatomia Patologica, Clinica “Mangiagalli”, Milano,<br />
Italia; * Centro Consulenza Anatomia Patologica Oncologica,<br />
Centro Diagnostico Italiano, Milano, Italia; ** Department<br />
of Pathology, University of New York, NY, USA; *** Department<br />
of Dermatology, Columbia University, NY, USA<br />
Introduction<br />
Cutaneous combined carcinoma and melanoma is a very rare<br />
entity, with a only a handful reported of cases, including<br />
combined squamous cell carcinoma (SCC) and melanoma,<br />
and combined basal cell carcinoma (BCC) and melanoma<br />
(malignant basomelanocytic tumor) 1 . We report 2 cases of<br />
combined high-grade BCC and melanoma.<br />
Methods<br />
Both cases were sent in consultation to one of the authors.<br />
H&E slides were reviewed. Immunostains for AE1/AE3,<br />
CK903, p63, HMB45, MART-1, Melan-A, S100 and double<br />
immunostain for p63 and MART-1 were performed.<br />
Results<br />
Clinical features<br />
Case 1: A 90-year-old man with history of sun-damaged skin,<br />
numerous SCC and BCC, and melanoma in situ excised from<br />
his back 3 years previously, presented with a 10 mm plaque<br />
on the neck, suspicious for SCC or BCC. The lesion was excised.<br />
12 months later the patient is free of disease.<br />
Case 2: A 79-year-old man with history of cutaneous SCC<br />
and BCC, presented with a 5 mm flat lesion on left pretragal<br />
area, suspicious for BCC. It was excised. 6 months later the<br />
patient is free of disease.<br />
Pathologic features<br />
Both cases showed a tumor composed of dermal nests of<br />
basaloid cells with peripheral palisading and high nuclear<br />
grade, associated with basaloid nests and larger single cells at<br />
the junctional area. Melanin was scanty. Reactivity for keratins<br />
and p63 was seen in the tumor cells of all the nests.<br />
Melanocytic stains reacted in a subset of tumor cells within<br />
the same dermal nests. Double stains showed tumor cells<br />
positive for both p63 and Melan-A within the same nests.<br />
Conclusions<br />
Our cases showed features of combined high-grade BCC and<br />
melanoma. They need to be distinguished from: 1) Collision<br />
tumor, in which the 2 components are sharply demarcated; in<br />
contrast to our cases that were intimately intermingled; 2)<br />
Colonization by non-neoplastic melanocytes, in which the<br />
melanocytes are highly pigmented with a dendritic configuration<br />
and without atypia, in contrast to our cases in which<br />
they were atypical, not particularly dendritic and with scanty<br />
pigmentation; 3) Antigen transfer resulting in non-specific<br />
staining, thought unlikely because our cases showed an appropriate<br />
staining pattern, such as cytoplasmic with membrane<br />
accentuation with MART-1.<br />
We favor the hypothesis of dual epithelial-melanocytic differentiation,<br />
a phenomenon that has also been described in<br />
the breast 2 .<br />
References<br />
1<br />
Erickson L, et al. Am J Surg Pathol 2004;28:1393-6.<br />
2<br />
Padmore R, et al. Cancer 1996;78:2515-25.<br />
L’espressione di p16Ink4 è utile per<br />
distinguere l’atrofia dal SIL di alto grado nel<br />
tratto cervico-vaginale<br />
E. Kuhn, F. Pallotti, M. Cattaneo, S. Carinelli<br />
Anatomia Patologica, Ospedale Maggiore Policlinico “Mangiagalli-Regina<br />
Elena”, Milano, Italia<br />
Introduzione<br />
L’epitelio squamoso cervicale atrofico e il SIL di alto grado<br />
hanno in comune ridotta maturazione, affollamento nucleare<br />
e aumento del rapporto nucleo/citoplasma. La diagnosi differenziale<br />
pertanto è spesso difficile nella post-menopausa.<br />
Per risolvere tale problema sono stati impiegati differenti metodi<br />
quali la ripetizione del prelievo dopo terapia estrogenica<br />
e l’indagine immunoistochimica con markers di proliferazione<br />
cellulare come Mib1(Ki67) e proteina PCNA.<br />
Recentemente è stato dimostrato che nelle neoplasie squamose<br />
cervicali associate ad infezione da HPV di alto rischio,<br />
l’inattivazione della proteina del retinoblastoma (pRb) da<br />
parte dell’oncoproteina virale E7 porta ad elevato accumulo<br />
intracellulare di proteina p16 1 . Questo studio valuta l’impiego<br />
immunoistochimico della proteina p16 nella diagnosi differenziale<br />
tra atrofia e SIL di alto grado.<br />
Metodi<br />
In uno studio su 58 biopsie cervico-vaginali selezionate prospetticamente<br />
per scarsa concordanza diagnostica interosservatore,<br />
sono stati individuati 12 casi di donne in post-menopausa<br />
(età 50-68 anni, media 59 anni) con atrofia/CIN sulla<br />
biopsia. Un Pap-test atipico era presente in 6 su 7. Fra queste<br />
pazienti una era stata sottoposta (10 anni prima) ad isterectomia<br />
radicale e radioterapia per carcinoma cervicale ed un’altra<br />
(9 anni prima) ad isterectomia per CIN3; due avevano<br />
avuto condilomatosi (4 e 16 anni prima). Sezioni di 3 micron<br />
sono state colorate con metodo immunoistochimico per la<br />
proteina p16. I dati sono stati correlati con la revisione dei<br />
preparati istologici.<br />
Risultati<br />
La revisione istologica dei casi ha confermato l’atrofia in 11<br />
casi e un caso è stato classificato CIN2. I problemi interpretativi<br />
nelle lesioni atrofiche sono risultati: ipercromasia (8),<br />
polimorfismo nucleare (5), vacuolizzazione citoplasmatica<br />
(4), polarizzazione atipica dei nuclei (2). La p16 è risultata<br />
negativa nei 11 casi di atrofia e positiva nel caso di CIN2.<br />
Conclusioni<br />
La p16 rappresenta un test utile nella diagnosi differenziale<br />
tra lesioni atrofiche e SIL di alto grado in casi difficili.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Keating JT, et al. Am J Surg Pathol 2001;25:884-91.<br />
Utilizzo di indagini di morfologia molecolare<br />
con immunoistochimica per la diagnosi postmortem<br />
di linfoma non Hodgkin a grandi<br />
cellule a fenotipo Null<br />
G. Lattanzio, A. Casoria, B. Zappacosta, M.L. Brancone,<br />
M. Piccolomini, S. Magnasco, D. Angelucci<br />
Istituto di Anatomia Patologica, Chieti, Italia<br />
Introduzione<br />
Il riscontro diagnostico su un paziente di anni 69, deceduto<br />
per scompenso cardiaco acuto ha evidenziato un nodulo polmonare,<br />
versamento e masse solide pleuriche nell’emitorace
286<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
di sinistra, un nodulo surrenalico e adenopatie sopra e sotto<br />
diaframmatiche. L’utilizzo di indagini di morfologia molecolare<br />
con immunoistochimica ha consentito la diagnosi postmortem<br />
di linfoma non Hodgkin anaplastico a grandi cellule<br />
a fenotipo Null.<br />
Metodi<br />
campionamento multiplo del processo eteroformativo nelle<br />
varie sedi (polmonare, pleurica, linfoghiandolare, surrenalica).<br />
Esame istologico dei preparati ottenuti. Utilizzo di un<br />
ampio “panel” di anticorpi (Melan-A, HMB-45, Vimentina,<br />
CD 3, CD 30, CD 20, CD 68, AML, Desmina, ALK).<br />
Risultati<br />
L’esame istologico dei preparati ha evidenziato aggregati di<br />
cellule epiteliomorfe, talora raggruppate in strutture simil-alveolari,<br />
con aree “spindle” a pattern di crescita “herringbonelike”.<br />
Tali aspetti morfologici avrebbero potuto suggerire una<br />
diagnosi di mesotelioma bifasico/adenocarcinoma pseudomesoteliomatoso.<br />
Le indagini di morfologia molecolare con<br />
immunoistochimica hanno dimostrato: positività per CD 30<br />
(di membrana), per ALK (citoplasmatica e nucleare) e negatività<br />
per gli altri markers.<br />
Conclusioni<br />
L’esame istologico, supportato dalle indagini di morfologia<br />
molecolare con markers immunoistochimici, ha consentito di<br />
porre diagnosi di linfoma non Hodgkin anaplastico a grandi<br />
cellule a fenotipo Null in paziente con diagnosi clinico-strumentale<br />
di neoplasia maligna di verosimile origine polmonare<br />
o pleurica.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Kawai A, et al. Intern Med 1997;36:591-4.<br />
2<br />
Wasik MA, et al. Am J Clin Pathol 2002;118(Suppl):S81-92.<br />
Leucemia linfatica cronica/linfoma linfocitico<br />
(LLC): l’espressione di Zap-70, analizzata alla<br />
diagnosi su biopsia ossea, è un importante<br />
fattore prognostico<br />
M. Lestani, A. Remo, A. Ambrosetti * , R. Zanotti * , G. Pizzolo<br />
* , A. Zamò, F. Menestrina, M. Chilosi<br />
Unità Operativa di Anatomia Patologica e * Divisione di<br />
Ematologia, Policlinico “G.B. Rossi”, Verona<br />
Introduzione<br />
Negli ultimi anni sono stati individuati diversi marcatori biologici<br />
in grado di identificare – nel contesto di una patologia<br />
dal comportamento spesso imprevedibile – gruppi di pazienti<br />
a prognosi omogenea. Lo stato mutazionale delle regioni<br />
variabili delle immunoglobuline (IgVH) si è rivelato uno<br />
strumento efficace e con importanti implicazioni biologiche.<br />
Le LLC a cellule naive o pre-follicolari hanno un comportamento<br />
più aggressivo, rispetto alle forme postfollicolari/ipermutate.<br />
L’espressione dello Zap-70, considerata<br />
possibile surrogato dello stato mutazionale delle IgVH, è<br />
stata valutata con metodiche di citometria a flusso. Se efficacemente<br />
applicabile sulla biopsia ossea, il metodo consentirebbe<br />
di identificare i pazienti a prognosi sfavorevole già alla<br />
diagnosi.<br />
Metodi<br />
154 biopsie ossee (BOM) selezionate sulla base a) dell’espressione<br />
di criteri morfologici ed immunofenotipici; b) della<br />
data del prelievo (entro sei mesi dalla diagnosi). Tutte le<br />
BOM sono state trattate secondo protocolli standard. Dopo<br />
un ciclo di “antigen retrieval” (bagnomaria per 30’) le sezioni<br />
sono state incubate con un AbMo specifico per ZAP-70<br />
(clone 2F3.2, 1:200 – Upstate Biotechnology, Buckingham,<br />
UK). Un prodotto polimerico (DAKO cytomation EnVision+,<br />
HRP) è stato utilizzato come sistema di rivelazione.<br />
L’espressione citoplasmatica di ZAP-70 sui linfociti T rappresenta<br />
il controllo positivo. Nonostante ZAP-70 sia costituzionalmente<br />
espresso, a bassa intensità, dalle cellule della<br />
LLC, le condizioni immunoistochimiche scelte consentono<br />
di identificare due distinte popolazioni di pazienti (ZAP-70<br />
neg./ZAP-70 pos.).<br />
Risultati<br />
74/154 (48%) casi di LLC sono stati definiti ZAP-70 positivi.<br />
I dati sono stati correlati con età (33-83; mediana 62), sesso<br />
(95 m/59 f), stadio Binet, sopravvivenza e decorso clinico.<br />
L’espressione di ZAP-70 correla con a) stadio (alta percentuale<br />
di stadi avanzati B-C) (P = 0,001); b) bassa percentuale<br />
di “overall survival” (38% vs. 86% a 10 anni) (P = 0,0004);<br />
c) bassa percentuale di “progression free survival” (6% vs.<br />
46% a 10 anni) (p < 0,0001).<br />
Conclusioni<br />
ZAP-70 può essere efficacemente identificato nei linfociti<br />
della LLC su BOM. Il dato è prognosticamente rilevante, soprattutto<br />
nei casi in stadio A alla diagnosi: nel contesto di un<br />
gruppo considerato a prognosi favorevole, si identifica una<br />
sottopopolazione di pazienti ad alto rischio. Questi pazienti<br />
potrebbero trarre beneficio da un trattamento terapeutico precoce<br />
o più intenso.<br />
Una mutazione nel gene codificante WIP<br />
potrebbe essere alla base delle sindromi tipo<br />
Wiskott-Aldrich senza alterazioni del gene<br />
WAS<br />
M. Liberatore, M. Iezzi, M. Mariotti, T. Pannellini, P.<br />
Ascione, M. Baldacci, C. Sulpizio, R. Spizzo, L. Borgia<br />
Dipartimento di Oncologia e Neuroscienze, Università di<br />
Chieti; Aging Research Center, CeSI, “G. d’Annunzio” University<br />
Foundation, Chieti<br />
Introduzione<br />
La sindrome di Wiskott-Aldrich (WAS) è una rara forma di<br />
immunodeficienza caratterizzata da microtrombocitopenia,<br />
eczema, infezioni ricorrenti ed aumentato rischio di malattie<br />
autoimmuni. La WAS è dovuta a mutazioni del gene che codifica<br />
la proteina WAS (WASp). WASp è espressa in tutte le<br />
cellule del sangue non eritroidi ed è coinvolta nella polimerizzazione<br />
dell’actina influenzando forma e motilità cellulare.<br />
Le mutazioni del gene WAS determinano per lo più un’alterazione<br />
di WASp nella porzione alla quale si associa, per<br />
l’attivazione e regolazione, la proteina WIP.<br />
Metodi<br />
Abbiamo studiato le alterazioni patologiche che si sviluppano<br />
nei topi resi geneticamente deficitari del gene codificante<br />
WIP (topi WIP-/-).<br />
Risultati<br />
Tali topi presentano, a cominciare da 8 settimane, linfopenia,<br />
granulocitosi ed un ridotto numero di piastrine che risultano<br />
più piccole del normale. Nel midollo osseo non si<br />
osservano alterazioni se non aspetti lievi di iperplasia mieloide.<br />
L’esame immunoistochimico della milza mostra una<br />
lieve diminuzione delle cellule B. A 16 settimane di vita tutta<br />
la polpa bianca è marcatamente diminuita con evidentissi-
PATOLOGIE VARIE<br />
287<br />
ma riduzione della componente B cellulare. La zona marginale<br />
risulta praticamente assente. La polpa rossa è aumentata<br />
per una mielopoiesi molto pronunciata. Tale condizione<br />
patologica si aggrava con il procedere dell’età ed a 36 settimane<br />
di vita la milza, macroscopicamente ingrandita, è costituita<br />
pressoché totalmente da tessuto emopoietico mentre<br />
la polpa bianca (sia T che B) è estremamente ridotta o assente.<br />
Nonostante la variabilità presente nei vari topi e nei<br />
vari distretti corporei, i linfonodi a cominciare da 16 settimane<br />
di vita presentano una riduzione nel numero dei centri<br />
germinativi ed un assottigliamento della zona corticale B<br />
linfoide. I topi WIP-/- sono poi affetti da colite ulcerosa, si<br />
ammalano per svariate infezioni batteriche e virali e soffrono<br />
di malattie autoimmuni. Il difetto del sistema immune è<br />
determinato da alterazioni non nello sviluppo ma nella funzione<br />
dei T e B linfociti poiché entrambe le componenti cellulari<br />
rispondono in maniera abnorme allo stimolo esercitato<br />
sui rispettivi recettori per l’antigene.<br />
Conclusioni<br />
Le alterazioni patologiche osservate nei topi WIP-/-, assolutamente<br />
simili a quelle riscontrate nei pazienti con WAS, suggeriscono<br />
che un’alterazione del gene WIP potrebbe essere<br />
alla base dei casi di WAS in cui non si è trovata alterazione<br />
di WASp.<br />
Ruolo di FHIT nella patogenesi e progressione<br />
del melanoma umano<br />
M. Mariotti, M. Iezzi, M. Liberatore, P. Ascione, M. Baldacci,<br />
C. Sulpizio, R. Spizzo, L. Borgia, T. Pannellini<br />
Dipartimento di Oncologia e Neuroscienze, Università di<br />
Chieti; Aging Research Center, CeSI, “G. d’Annunzio” University<br />
Foundation, Chieti<br />
Introduzione<br />
Fragile histidine triad (FHIT) è un gene situato su uno dei<br />
più noti siti fragili del genoma umano (3p 14.2) e codifica per<br />
una proteina di 16.8 kd appartenente alla famiglia delle nucleotide-binding<br />
proteins con funzioni biologiche poco definite.<br />
Molti dati suggeriscono che il gene FHIT agisca come<br />
oncosoppressore. FHIT è infatti alterato per delezione o translocazione<br />
in molti tipi di cancro (in particolare nei carcinomi<br />
squamosi e negli adenocarcinomi del polmone, nei carcinomi<br />
dello stomaco e del pancreas) e meno frequentemente<br />
per metilazione. È stato dimostrato che l’espressione del trascritto<br />
di FHIT è normale in vari tumori della cute, non esistono<br />
dati sull’espressione della proteina FHIT nelle lesioni<br />
neviche benigne e maligne della cute.<br />
Metodi<br />
Allo scopo di chiarire tale aspetto abbiamo studiato l’espressione<br />
di FHIT e Ki67, mediante immunoistochimica, su 10<br />
nevi intradermici, 10 nevi giunzionali, 10 nevi con moderato<br />
grado di displasia, 10 melanomi in situ, 10 melanomi a crescita<br />
superficiale, 10 melanomi nodulari, 10 metastasi polmonari<br />
o linfonodali da melanoma.<br />
Risultati<br />
FHIT è intensamente espresso nel 100% dei nevi intradermici<br />
e mediamente espresso nel 40% dei nevi giunzionali o<br />
composti. FHIT è scarsamente presente nel 40% dei nevi displastici,<br />
nel 20% dei melanomi in situ, e nel 10% dei melanomi<br />
a crescita radiale. Tale espressione correla inversamente<br />
con la presenza del Ki67 e quindi con il grado di proliferazione<br />
cellulare. Nei melanomi nodulari e nelle metastasi<br />
FHIT è presente nel 100% dei casi con pattern di espressione<br />
di tipo focale, alternandosi aree intensamente positive ad altre<br />
negative. In tali casi, inoltre, si perde la chiara correlazione<br />
inversa con il grado di proliferazione cellulare.<br />
Conclusioni<br />
I dati raccolti nel presente studio indicano che FHIT è espresso<br />
soprattutto in cellule melanocitarie normali non proliferanti.<br />
Tale espressione è ridotta nelle lesioni pretumorali e in<br />
quelle tumorali preinvasive o in fase di invasione precoce.<br />
Ciò suggerirebbe un ruolo di FHIT nei primi momenti della<br />
trasformazione tumorale. L’espressione di FHIT nelle fasi<br />
avanzate della progressione neoplastica dei melanomi suggerisce<br />
che le cellule tumorali, accumulando nel tempo ulteriori<br />
alterazioni geniche, possono rendersi indipendenti dalla<br />
funzione di questo oncosoppressore.<br />
Pax 8 expression in urothelial carcinoma<br />
L. Mariuzzi, L. Pellizzari * , G. Damante * , F. Saro, M. De<br />
Luca, D. Pivetta, M. Pandolfi, F. Zattoni ** , C.A. Beltrami<br />
Istitute of Pathology, University of Udine, Italy; * Istitute of<br />
Genetics, University of Udine, Italy; ** Department of Urology,<br />
General Hospital of Udine, Italy<br />
Introduction<br />
The transcription factor Pax8 was described as an important<br />
determinant for thyroid development in mice and in man. Its<br />
function was also established in kidney ontogenesis, where<br />
Pax8 plays its role together with the homologous factor Pax2.<br />
In this study we demonstrate, by means of immunohistochemistry<br />
and RT-PCR, the expression of Pax8 in neoplastic<br />
human adult bladder mucosa.<br />
Material and methods<br />
The material consisted of tissue microarrays comprising 116<br />
bladder biopsies from 45 subjects (32 male and 13 female,<br />
mean age 71): 9 normal controls, 2 papillary urothelial neoplasia<br />
of low malignant potential, 12 non invasive papillary<br />
urothelial carcinoma, low grade and 16 non invasive papillary<br />
urothelial carcinoma, high grade, of which 7 deriving<br />
from papillary urothelial carcinoma, low grade.<br />
Fresh material was obtained from 6 normal subjects and from<br />
13 patients with transitional cell carcinoma (7 low grade papillary<br />
urothelial carcinomas and 6 high grade papillary<br />
urothelial carcinomas). All carcinomas were graded according<br />
to the 2004 WHO classification system.<br />
We also analyzed 4 cell lines derived from human urothelial<br />
carcinoma of different grade. Immunohistochemistry was<br />
performed on formalin fixed, paraffin embedded material for<br />
the detection of Pax8 protein; RNA was extracted from fresh<br />
material for evaluation of Pax8 expression by means of RT-<br />
PCR.<br />
Results<br />
Immunohistochemistry demonstrated Pax8 positivity in 2/2<br />
papillary urothelial neoplasia of low malignant potential, in<br />
9/12 non invasive papillary urothelial carcinoma, low grade,<br />
7/7 non invasive papillary urothelial carcinoma, high grade<br />
(ex low grade) and in 9/9 non invasive papillary urothelial<br />
carcinoma, high grade; normal urothelial mucosa had no reactivity<br />
for Pax8.<br />
Immunohistochemistry results were confirmed by means of<br />
RT-PCR: normal human bladder mucosa does not display any<br />
Pax8 expression while all urothelial carcinomas show variable<br />
Pax8 expression in term of splicing isoforms. Moreover,<br />
the 4 cell lines deriving from different grade urothelial carcinomas<br />
demonstrated Pax8 expression.
288<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
Conclusions<br />
With this work we demonstrate, for the first time, Pax8 expression<br />
in human bladder tumors. This expression is not present<br />
in normal human bladder but it appears in papillary<br />
urothelial carcinomas. Thus, evaluation of Pax8 expression<br />
could represent a new diagnostic tool in human bladder neoplastic<br />
pathology.<br />
Metodiche di smascheramento dell’antigene<br />
nella valutazione di ki67 e valutazione<br />
morfometrica dell’indice di proliferazione<br />
L. Mastracci, P. S<strong>pag</strong>giari, L. Repetto, S. Pigozzi, P. Ceriolo,<br />
A. Cusimano, R. Fiocca<br />
DICMI Sezione Anatomia Patologica, Università di Genova<br />
Introduzione<br />
Precedenti osservazioni hanno dimostrato che l’utilizzo di<br />
metodi combinati di immunoistochimica e di analisi di immagine<br />
per la valutazione dell’indice di proliferazione dell’epitelio<br />
squamoso costituisce un parametro obiettivo e riproducibile<br />
nella diagnosi di esofagite microscopica. Scopo<br />
dello studio è di identificare la migliore metodica immunoistochimica<br />
in relazione al tempo di fissazione per la valutazione<br />
di Ki67 con sistemi di analisi di immagine.<br />
Metodi<br />
Frammenti di mucosa esofagea, gastrica, colica sono stati prelevati<br />
da campioni chirurgici e fissati in formalina tamponata<br />
al 10% a temperatura ambiente per tempi scalari progressivi<br />
(da 24 ore a tre mesi). Su tali campioni sono state eseguite<br />
reazioni immunoistochimiche per la valutazione dell’indice di<br />
proliferazione utilizzando differenti metodiche: 1) manuale -<br />
pretrattamento termico in forno a microonde con tampone citrato<br />
pH 6, anticorpo primario (clone MIB-1 DAKO), sistema<br />
di sviluppo UltraVision (bioptica); 2) semiautomatica - pretrattamento<br />
termico in forno a microonde con tampone citrato<br />
pH 6, immunocoloratore semiautomatico (modello Opti-<br />
Max Plus BioGenex) con anticorpo primario (clone MIB-1<br />
DAKO); 3) automatica - immunocoloratore automatico BenchMark<br />
xt; pretrattamento termico a temperatura controllata,<br />
anticorpo primario clone K-2 VENTANA.<br />
I risultati sono stati valutati e raffrontati sia in termini qualitativi<br />
che quantitativi, mediante sistema di analisi di immagine<br />
(LUCIA 4.6).<br />
Risultati e conclusioni<br />
Per tempi brevi di fissazione (1-3 giorni) le metodiche di immunocolorazione<br />
semiautomatica ed automatica hanno fornito<br />
risultati positivi e sostanzialmente analoghi, mentre la metodica<br />
manuale ha fornito risultati meno intensi sulle mucose gastrica<br />
e colica e risultati negativi su mucosa esofagea (Tab. I).<br />
Fissazioni prolungate (7-90 giorni) determinano una progressiva<br />
diminuzione di immunoreattività in campioni di epitelio<br />
squamoso esofageo ma non nei campioni di mucosa gastrica<br />
e di mucosa colica. Tale effetto è limitato alle metodiche immunoistochimiche<br />
manuali e semiautomatiche, eseguite a<br />
temperatura ambiente dopo pretrattamento in forno a microonde<br />
con tampone citrato pH 6. Con metodica automatica<br />
a temperatura controllata l’immunoreattività è conservata anche<br />
dopo fissazione protratta fino a 90 giorni.<br />
L’analisi di immagine applicata a campioni di mucosa esofagea<br />
non ha dimostrato alcuna significativa riduzione di percentuale<br />
d’area positiva in immunoreazioni eseguite con metodica<br />
automatica tra 1 e 30 giorni di fissazione.<br />
Linfoma di Hodgkin e virus di Epstein Barr:<br />
studio biomolecolare ed immunoistochimico<br />
A. Menin, E. D’amore, E. Bonoldi, P. Bevilacqua, S. Cazzavillan<br />
U.O. Anatomia Patologica Ospedale “S. Bortolo” ULSS 6,<br />
Vicenza<br />
Introduzione<br />
I casi di linfoma di Hodgkin correlati ad EBV sono circa il<br />
40-50% nei Paesi sviluppati e raggiungono percentuali ancora<br />
maggiori nei Paesi in via di sviluppo (Asia 65%, Sud America<br />
e Africa 90-100%). Le conoscenze sempre maggiori sul<br />
ruolo di EBV nella patogenesi dell’HL possono fornire nuovi<br />
spunti terapeutici per i casi HL EBV correlati. Obiettivi del<br />
nostro studio: 1) ricercare la presenza del virus di Epstein<br />
Barr (EBV) nelle cellule R-S e loro varianti in una casistica<br />
di 52 casi di linfomi di Hodgkin; 2) Effettuare una comparazione<br />
fra i diversi metodi di rivelazione del virus al fine di<br />
valutarne la sensibilità ed ottimizzarne l’utilizzo nella pratica<br />
diagnostica.<br />
Materiali e metodi<br />
È stata presa in esame una casistica retrospettiva di 52 casi di<br />
linfoma di Hodgkin, su cui è stato ricercato il virus EBV tramite:<br />
a) amplificazione del DNA virale mediante Polymerase<br />
Chain Reaction (geni LMP1, EBNA2 ED BMLF1) e b) metodiche<br />
di immunoistochimica (antigene LMP1) ed ibridizzazione<br />
in situ (EBER), tramite allestimento di singolo bloc-<br />
Tab. I. Intensità della immunoreazione in mucosa esofagea, gastrica e colica confrontando metodiche manuale, semiautomatica e automatica<br />
con crescenti tempi di fissazione.<br />
Metodica 1 g 3 gg 7 gg 14 gg 30 gg 60 gg 90 gg<br />
Mucosa Esofagea Manuale - - - - - - -<br />
Semiautomatica ++ ++ + + - - -<br />
Automatica ++ ++ ++ ++ ++ ++ ++<br />
Mucosa Gastrica Manuale + + + +/- - - -<br />
Semiautomatica ++ ++ ++ ++ + + +/-<br />
Automatica ++ ++ ++ ++ ++ ++ ++<br />
Mucosa Colica Manuale +/- +/- +/- - - - -<br />
Semiautomatica ++ ++ ++ ++ + + +/-<br />
Automatica ++ ++ ++ ++ ++ ++ ++
PATOLOGIE VARIE<br />
289<br />
chetto di paraffina di Tissue Microarrays. Il materiale è costituito<br />
da tessuto fissato in formalina tamponata al 10% e incluso<br />
in paraffina secondo protocolli standard.<br />
Risultati<br />
Il 50% dei casi di Linfoma di Hodgkin è risultato positivo alla<br />
ricerca dell’EBV con la combinazione di tutte le metodiche<br />
utilizzate (PCR, ICH, ISH). La valutazione delle singole<br />
tipologie di analisi ha mostrato una maggiore sensibilità diagnostica<br />
della metodica molecolare (18/52 - 34,6%), e fra i<br />
geni testati, l’amplificazione del gene BMLF1 (16/52 -<br />
30,8%). Per quel che riguarda le indagini istomorfologiche,<br />
la metodica di ISH (EBERs) si è rivelata più sensibile (13/51<br />
- 25%) rispetto alla indagine immunoistochimica con anticorpo<br />
LMP1 (5/50 - 9,6%) con una buona concordanza (casi<br />
positivi ad entrambe).<br />
Conclusioni<br />
I dati ottenuti dall’analisi della nostra casistica hanno evidenziato<br />
maggiore sensibilità dei metodi di biologia molecolare<br />
nei confronti dell’ICH e dell’ISH. I metodi istomorfologici<br />
sono tuttavia più affidabili, in quanto non risentono degli<br />
artefatti tecnici e dei diversi adattamenti virali. Le metodiche<br />
immunoistochimiche non hanno mostrato, nei confronti<br />
delle metodiche biomolecolari, una concordanza statisticamente<br />
significativa, ovvero si sono rivelate indipendenti e<br />
non sempre sovrapponibili. A nostro avviso l’iter diagnostico<br />
dovrebbe comprendere ambedue i metodi non potendo essere<br />
considerati alternativi.<br />
Luteoma gravidico con ascite massiva:<br />
descrizione di un caso<br />
D. Micello, C. Riva, F. Sessa, M.A. Audi Grivetta, C. Capella<br />
Dipartimento di Morfologia Umana, Sezione di Anatomia<br />
Patologica, Università dell’Insubria, Varese<br />
Introduzione<br />
Il luteoma gravidico è una lesione ovarica non tumorale caratterizzata<br />
da una proliferazione di grandi cellule luteiniche<br />
e formazione di noduli unici o multipli. La sua patogenesi è<br />
probabilmente correlata a un’esagerata risposta di cellule<br />
stromali ovariche agli ormoni gravidici.<br />
La lesione è generalmente asintomatica e regredisce completamente<br />
durante il puerperio.<br />
Descriviamo un caso di luteoma gravidico con ascite massiva<br />
materna insorta nel II trimestre.<br />
Caso clinico<br />
Una donna di 42 anni, primigravida, esegue amniocentesi alla<br />
16° settimana con diagnosi di cariotipo fetale 46XX. Alla<br />
20° settimana presenta distensione addominale marcata con<br />
riscontro ecografico di versamento ascitico e neoformazione<br />
ovarica sin. solida di cm 5. Viene sottoposta a 2 successive<br />
paracentesi con evacuazione di lt 2 e 2,5 di liquido limpido<br />
citrino. L’esame citologico del versamento dimostra numerose<br />
cellule grandi poligonali isolate, con nucleo vescicoloso<br />
nucleolato e citoplasma eosinofilo, alfa-inbina+, citocheratina<br />
e calretinina-, commiste a una popolazione di cellule mesoteliali<br />
reattive calretinina+.<br />
La paziente viene sottoposta a laparotomia con evacuazione<br />
di oltre 6 lt di liquido ascitico e annessiectomia sin. L’ovaio<br />
presenta neoformazione solida giallastra di cm 7 con estesa<br />
rottura spontanea capsulare. L’esame istologico mostra distese<br />
solide e trabecole di cellule con abbondante citoplasma eosinofilo,<br />
nuclei vescicolosi grandi, rotondi o ovali con nucleolo<br />
prominente. Le cellule appaiono intensamente e diffusamente<br />
alfa-inibina+. Il quadro è diagnostico per luteoma<br />
gravidico.<br />
Il decorso successivo della gravidanza è regolare con parto a<br />
termine mediante taglio cesareo e reperto di normalità addomino-pelvica.<br />
Conclusioni<br />
Il luteoma gravidico è generalmente asintomatico e costituisce<br />
un reperto incidentale in corso di taglio cesareo. Nel 25%<br />
dei casi induce virilizzazione nella 2° metà della gravidanza.<br />
L’interesse del caso descritto è legato alla eccezionalità della<br />
presentazione con ascite materna nel II trimestre. Esiste infatti<br />
un’unica altra descrizione di luteoma gravidico con ascite,<br />
insorta però nel post-partum (Rodriguez et al., 1999).<br />
Questa rara entità deve essere pertanto considerata nella diagnostica<br />
differenziale di una massa pelvica con ascite in una<br />
paziente gravida.<br />
Nodulo necrotico solitario del fegato:<br />
segnalazione di tre casi<br />
Y. Musizzano, M. Mora, L. Mastracci, S. Bonadio, P.<br />
Ceppa, R. Fiocca<br />
DICMI, Sezione di Anatomia Patologica, Università di Genova<br />
Introduzione<br />
Il nodulo necrotico solitario (NNS) del fegato è un’entità<br />
estremamente rara. Costituisce spesso un reperto accidentale<br />
in corso esami radiologici, esami istologici estemporanei<br />
intraoperatori o riscontri autopsici. I NNS sono lesioni benigne<br />
caratterizzate da un’area centrale di necrosi delimitata<br />
da una capsula fibrosclerotica contenente fibre elastiche<br />
e cellule infiammatorie. L’aspetto ecografico è solitamente<br />
quello di una lesione “a bersaglio” con centro iperecogeno,<br />
mentre alla TC appaiono come lesioni ipodense, senza<br />
rinforzo in seguito a somministrazione di MdC, con un<br />
comportamento radiologico sovrapponibile a quello delle<br />
metastasi da adenocarcinoma o dei colangiocarcinomi periferici,<br />
potendo quindi essere interpretati come lesioni neoplastiche,<br />
sospetto ulteriormente rafforzato dall’eventuale<br />
reperto bioptico di materiale cellulare necrotico. Per quanto<br />
riguarda l’eziologia del NNS sono state formulate varie ipotesi,<br />
quali la possibile derivazione da un emangioma sclerosante,<br />
un’eziologia infettivo-parassitaria (malaria o infestazione<br />
da clonorchis sinensis) o post-traumatica, un danno di<br />
natura ischemica o fattori iatrogeni. Inoltre, in una percentuale<br />
variabile di pazienti (fino al 50% in alcune casistiche)<br />
è dimostrabile una concomitante neoplasia primitiva potenzialmente<br />
in grado di produrre metastasi epatiche (lesione<br />
tumore-associata?), senza che sia tuttavia dimostrabile la<br />
natura neoplastica dei noduli. Riportiamo 3 casi di NNS osservati<br />
presso il nostro Istituto.<br />
Metodi<br />
I casi sono stati valutati in base al sesso ed età dei pazienti,<br />
alla storia clinico-anamnestica, alla patologia correlata ed alle<br />
metodiche strumentali eseguite. In tutti i casi i noduli sono<br />
stati esaminati in toto su sezioni multiple corredate di indagini<br />
istochimiche ed immunoistochimiche (PAS, AB-PAS,<br />
Grocott, Ziehl-Nielsen e citocheratine).<br />
Risultati<br />
I casi descritti riguardavano 2 donne ed 1 uomo di 59, 61 e<br />
63 anni. In 2 pazienti la neoformazione fu riscontrata casualmente<br />
in corso di ecotomografia addominale e di colecistec-
290<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
tomia videolaparoscopica; in 1 paziente fu riscontrato un nodulo<br />
a 18 mesi da una colectomia per adenocarcinoma con<br />
metastasectomie epatiche multiple. In nessun paziente erano<br />
segnalate pregresse malattie infettive-parassitarie o uso di<br />
farmaci epatotossici. In tutti i casi l’esame istologico evidenziò<br />
la presenza di focolai di necrosi coagulativa, delimitati da<br />
un vallo fibrosclerotico con occasionali infiltrati linfoplasmacellulari.<br />
Negative le indagini istochimiche atte ad evidenziare<br />
l’eventuale presenza di forme fungine o di batteri<br />
acido-alcol resistenti.<br />
Conclusioni<br />
Solo 1 dei 3 casi da noi osservati era associato a malattia neoplastica<br />
al momento della diagnosi e nel follow-up; negli altri<br />
2 casi non si è potuto evincere alcuna causa certa. Dato<br />
l’aspetto sia strumentale che macroscopico sospetto per neoplasia<br />
l’esame istologico dopo asportazione della lesione nella<br />
sua totalità costituisce l’unico strumento per definire la natura<br />
della neoformazione.<br />
Tissue engineering. Formazione di un lembo<br />
epidermico: metodica feeder-layer e su<br />
supporto di collageno<br />
S. Negri, C. Fila * , A. Bellomi, P. Pagliaro *<br />
Servizio Anatomia Patologica, Ospedale “C. Poma”, Mantova;<br />
* Servizio Trasfusionale, Ospedale “C. Poma”, Mantova<br />
Introduzione<br />
L’ingegneria tessutale è un’area multidisciplinare di ricerca<br />
che ha come scopo la rigenerazione di tessuti ed organi danneggiati<br />
del nostro organismo, partendo dal presupposto che<br />
la quasi totalità delle cellule animali possono essere coltivate<br />
in laboratorio.<br />
Lo scopo di questa ricerca è quello di isolare cheratinociti<br />
umani, derivanti da prelievi di cute autologa, farli crescere e<br />
differenziare in coltura in modo da formare lembi cutanei con<br />
caratteristiche morfo-funzionali e immunoistochimiche molto<br />
simili a quelle dell’epidermide normale.<br />
Questi lembi possono essere utilizzati per la terapia di ulcere,<br />
ustioni e per interventi di chirurgia ricostruttiva.<br />
Materiali e metodi<br />
Estrazione enzimatica dei cheratinociti provenienti da biopsia<br />
cutanea con formazione di una coltura primaria, utilizzando<br />
metodica su feeder-layer con linea di fibroblasti 3T3<br />
murini in fiasca.<br />
La coltura primaria a sub-confluenza viene riseminata (coltura<br />
secondaria) con due modalità diverse:<br />
1)in fiasca di coltura con metodica feeder-layer con formazione<br />
di un lembo epidermico;<br />
2)oppure su supporto di collageno tipo I quasi completamente<br />
immerso nel terreno di coltura DMEM. I fibroblasti<br />
3T3 vengono seminati 24 ore prima dei cheratinociti provenienti<br />
dalla coltura primaria.<br />
Dopo 19 giorni i due lembi così formati vengono fissati in<br />
formalina ed inclusi in paraffina.<br />
Risultati - Esame istologico<br />
1)Il lembo di epidermide con metodica feeder-layer è sottile<br />
e formato solo da 3-4 file di cellule: basale, spinoso, granuloso;<br />
2)il lembo di epidermide coltivato su collageno presenta<br />
maggiore spessore e struttura tridimensionale.<br />
Indagini immunoistochimiche eseguite: P63, KAE1,<br />
HMB45.<br />
Conclusioni<br />
Il lembo epidermico ottenuto con metodica feeder-layer mostra<br />
normale maturazione e rappresentazione di tutti gli strati<br />
epidermici, tranne lo strato corneo.<br />
Si segnala la presenza dei melanociti a livello basale e quindi<br />
la possibilità di ottenere epidermide normo-pigmentata.<br />
I limiti del lembo epidermico così ottenuto, che ne riducono<br />
la possibilità d’impiego clinico, sono il ridotto spessore e la<br />
conseguente fragilità.<br />
Risulta quindi evidente la necessità di impiegare un supporto<br />
idoneo da utilizzare come carrier per le cellule in coltura.<br />
Riteniamo che l’utilizzo di supporto di collageno per i cheratinociti<br />
sia la soluzione ideale per i vari impieghi clinici.<br />
Tissue engineering: colture di condrociti su<br />
supporto di collageno di tipo I<br />
S. Negri, C. Fila * , P. Pagliaro * , A. Bellomi<br />
Servizio Anatomia Patologica, Ospedale “C. Poma”, Mantova;<br />
* Servizio Immunoematologia e Medicina Trasfusionale,<br />
Ospedale “C. Poma”, Mantova<br />
Introduzione<br />
Il tessuto cartilagineo è dotato di limitata capacità di rigenerazione<br />
delle lesioni ad esso associate, in quanto il naturale<br />
processo di riparazione porta alla formazione di tessuto fibrocartilagineo<br />
che non presenta le caratteristiche di resistenza e<br />
deformabilità al carico tipiche della cartilagine ialina che ricopre<br />
la superficie articolare.<br />
In campo ortopedico è stata dimostrata la possibilità di trapiantare<br />
condrociti umani per la ricostruzione di cartilagine.<br />
Scopo della nostra ricerca è di valutare la possibilità di coltivare<br />
e di espandere condrociti umani e seminarli su supporto<br />
di collageno di tipo I.<br />
Materiali e metodi<br />
Il frammento di tessuto cartilagineo proviene da cartilagine<br />
di testa femorale asportata per artroprotesi. Tale frammento<br />
viene sottoposto a digestione enzimatica seguita da isolamento<br />
e coltura dei condrociti con formazione di una coltura<br />
primaria.<br />
La coltura primaria a sub-confluenza viene riseminata (coltura<br />
secondaria) su supporto di collageno, successivamente fissato<br />
in formalina ed incluso in paraffina.<br />
Risultati<br />
L’estrazione dei condrociti, ha permesso di ottenere 2 milioni<br />
di cellule che vengono seminati in fiasca F 75.<br />
Durante la prima settimana di coltura le cellule perdono il loro<br />
aspetto tondeggiante, assumendo forma fusata e ramificata<br />
fibroblasto-simile e si moltiplicano.<br />
Alla II settimana le cellule diventano molto voluminose, globose<br />
e ramificate.<br />
Dopo 14 gg si procede a staccare le cellule dalla fiasca tramite<br />
tripsinizzazione e a riseminarle (1 milione per cm quadrato)<br />
sul supporto di collageno trattato opportunamente.<br />
Dopo 2 settimane l’esame istologico mostra la presenza di<br />
condrociti di forma tondeggiante, circondati da matrice extracellulare.<br />
Conclusioni<br />
I nostri risultati mostrano che le cellule di cartilagine articolare<br />
umana sono in grado di crescere su substrato di collagene<br />
di tipo I con produzione di matrice extra-cellulare. Queste<br />
colture di condrociti su supporto possono essere impiegate<br />
per riparare lesioni cartilaginee.
PATOLOGIE VARIE<br />
291<br />
L’impiego di scaffolds dovrebbe portare ad un miglioramento<br />
della tecnica chirurgica, consentendo di trattenere “fisicamente”<br />
le cellule nella zona da riparare e una malleabilità di<br />
utilizzo che possa favorire un adattamento spaziale ottimale<br />
all’interno di lesioni di qualsiasi forma.<br />
Involvement of chromosome 3 and X gains in<br />
cervical carcinogenesis<br />
G. Orlandi, R. Merola, E. Vico, M.A. Carosi, F. Tomassini,<br />
A.M. Cianciulli<br />
“Regina Elena” Cancer Institute, Rome<br />
To investigate cumulative genetic changes during development<br />
and progression of cervical carcinoma, we examined<br />
isolated nuclei from 70 cervical squamous intraepithelial lesions<br />
(SIL) of different histological groups (LSIL, HSIL and<br />
cancer) for chromosome 3, X and 7 aneuploidy and for<br />
EGFR gene amplification by Fluorescence in situ Hybridization.<br />
Polysomy of chromosomes 3 and X defined genetic transition<br />
from HSIL to cervical carcinoma, showing statistical differences<br />
(p = 0.0001 and p = 0.0001, respectively). Regarding<br />
monosomy, only chromosome 3 showed significant differences<br />
(P = 0.039) when we compared HSIL and cervical<br />
carcinoma. No other statistical significant result emerged.<br />
Taking into account all three groups simultaneously by the<br />
Kruskal-Wallis test, polisomy of chromosome 3 and X increases<br />
with progressing from LSIL to cervical carcinoma<br />
(Tab. I).<br />
Since eight samples (1 HSIL and 7 cervical carcinoma)<br />
showed chromosome 7 polysomy higher than 20%, we evaluated<br />
the status of EGFR gene to establish true amplification.<br />
Our results showed all ratios, EGFR/Chromosome 7, lower<br />
than 2, meaning no EGFR amplification.<br />
Our findings revealed an accumulation of chromosome 3 and<br />
X aberrations during neoplastic transformation, while the frequency<br />
of chromosome 7 aneusomy was similar in all three<br />
groups. We propose that chromosome 3 and X alterations in<br />
premalignant lesions could be considered a potentially useful<br />
intermediate biomarker of tumorigenesis to detect patients at<br />
high risk of cervical carcinoma who may benefit from preventive<br />
intervention.<br />
Componente genetica HLA e artrite<br />
reumatoide in una mummia italiana del XVI<br />
secolo<br />
F. Papola, G. Fontecchio, L. Ventura * , C. Mercurio * , M.A.<br />
Fioroni, R. Azzarone, C. Battistoni, C. Cervelli, R. Ciranni<br />
** , G. Fornaciari **<br />
Centro Regionale di Immunoematologia e Tipizzazione Tissutale<br />
e * U.O. di Anatomia Patologica, Azienda USL 4, L’Aquila;<br />
** Sezione di Storia della Medicina, Dipartimento di<br />
Oncologia, dei Trapianti e delle Nuove Tecnologie in Medicina,<br />
Università di Pisa<br />
Introduzione<br />
In campo paleoepidemiologico era risultata finora piuttosto<br />
sostenibile l’ipotesi che l’artrite reumatoide (AR) fosse comparsa<br />
inizialmente nelle popolazioni indigene del continente<br />
americano, mentre si sarebbe diffusa in Europa solo in tempi<br />
assai recenti 1 . L’evidenza radiologica ed anatomopatologica<br />
dei segni tipici della malattia in una mummia del XVI secolo,<br />
rinvenuta nella Basilica di S. Francesco in Arezzo e denominata<br />
la “Dama dalle Trecce”, ha condotto ad una rivisitazione<br />
di tale teoria, retrodatando di 200 anni l’origine dell’AR<br />
nel Vecchio Mondo 2 .<br />
La componente genetica assume un ruolo significativo nell’AR,<br />
grazie alla stretta associazione tra predisposizione a<br />
sviluppare la malattia e geni appartenenti al sistema polimorfico<br />
MHC codificante per gli antigeni di istocompatibilità,<br />
quali gli alleli HLA di classe II DRB1*0101, *0401, *0404,<br />
*0405, *1001 (fenotipicamente DR1, DR4 e DR10), frequenti<br />
nei pazienti europei, e *1402 (corrispondente all’antigene<br />
DR14), comune fra i nativi americani.<br />
Metodi<br />
Si è proceduto alla tipizzazione genomica del locus HLA-<br />
DR, impiegando DNA isolato da sezioni deparaffinate e campioni<br />
di osso secco, analizzato mediante le tecniche di biologia<br />
molecolare PCR-SSO (Polymerase Chain Reaction-Sequence-Specific<br />
Olygonucleotides) e PCR-SSP (Sequence-<br />
Specific Primers).<br />
Risultati<br />
Entrambe le metodiche hanno fornito risultati concordanti,<br />
assegnando alla mummia il genotipo DRB1*0101; 11.<br />
Conclusioni<br />
Poiché gli alleli su citati condividono la sequenza<br />
“EQK/RRAA”, altamente conservata nella terza regione<br />
Tab. I.<br />
p value<br />
LSIL vs. LSIL vs. HSIL vs. LSIL vs. HSIL vs.<br />
HSIL * Tumour * Tumour* Tumour **<br />
Chromosome<br />
3 Monosomy ns ns 0.039 ns<br />
Polysomy ns 0.008 0.0001 0.0001<br />
7 Monosomy ns ns ns ns<br />
Polysomy ns ns ns ns<br />
X Monosomy ns ns ns ns<br />
Polysomy ns 0.0001 0.0001 0.0001<br />
*<br />
Mann-Whitney test (non-parametric test)<br />
**<br />
Kruskal Wallis test<br />
ns = not significant
292<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
ipervariabile (HVR3) della catena DRβ1, è verosimile che<br />
omologie di sequenza tra svariati agenti infettivi e determinanti<br />
self dell’ospite diano luogo a reattività crociata innescando<br />
la reazione autoimmunitaria dell’AR (mimetismo<br />
molecolare). Agenti etiologici differenti possono avere agito<br />
su diversi substrati genetici delle varie popolazioni dando<br />
origine al medesimo fenotipo patologico.<br />
Sebbene il possesso di fattori genetici di rischio per l’AR non<br />
possa esser considerato un marcatore diagnostico, la positività<br />
per DRB1*0101 nella “Dama dalle Trecce” contribuisce<br />
a sostenere l’ipotesi che l’AR fosse presente nel Vecchio<br />
Mondo già nella metà del XVI secolo.<br />
Nella diatriba riguardante l’antichità della malattia in Europa<br />
il presente studio costituisce il primo esempio del contributo<br />
che le tecniche di genotipizzazione HLA possono fornire alla<br />
valutazione diagnostica dell’AR nei resti umani antichi.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Rothschild BM, et al. Semin Arthritis Rheum 1990;19:278-84.<br />
2<br />
Ciranni R, et al. Clin Exp Rheumatol 2002;20:745-52.<br />
20/21 (95.2%) of intestinal type lesions, 9/18 (50%) of pancreatico-biliary<br />
and 6/6 (100%) of unusual type. A significant<br />
statistical difference was found between pancreatico-biliary<br />
vs. intestinal type (P = 0.001) and between pancreatico-biliary<br />
vs. unusual type (P = 0.032). Furthermore, a negative<br />
statistical significant correlation was found between T factor<br />
and COX-2 expression (P = 0.048). No significant correlation<br />
was found between N factor and COX-2 expression (P =<br />
0.267).<br />
Conclusion<br />
Our results suggest that COX-2 is highly expressed in ampullary<br />
carcinomas and may represent the rational for targeting<br />
COX-2 in ampullary cancer therapy. Moreover, differences<br />
found in COX-2 expression among histopathological<br />
types support the concept of histogenetically different types<br />
of ampullary carcinomas.<br />
References<br />
1<br />
Kune GA, et al. Cancer Res 1988;48:4399-404.<br />
2<br />
Zhou H, et al. Am J Surg Pathol 2004;28:875-82.<br />
COX-2 expression in ampullary carcinomas:<br />
correlation with histopathologic type and<br />
clinico-pathological parameters<br />
G. Perrone, A. Verzì, D. Santini * , B. Vincenzi * , D. Borzomati<br />
** , E. De Dominicis, R. Coppola ** , G. Tonini * , C.<br />
Rabitti<br />
Anatomia Patologica, * Oncologia Medica, ** Chirurgia Generale,<br />
Università Campus Bio-Medico, Roma<br />
Background<br />
Epidemiological studies suggest that regular intake of nonsteroidal<br />
anti-inflammatory drugs (NSAIDs) are associated<br />
with reduced incidence of gastrointestinal cancer 1 . Several<br />
lines of evidence indicate that the anti-neoplastic effect of<br />
non-steroidal anti-inflammatory drugs (NSAIDs) is attributable<br />
to COX-2 inhibition. To data, there have been few clinico-pathological<br />
studies concerning COX-2 expression in human<br />
ampullary carcinoma and no data have been reported<br />
about its relationship with histopathologic type.<br />
The ampulla of Vater consists of papilla, common cannel,<br />
distal common bile duct, and the distal main pancreatic duct.<br />
The papilla is covered by intestinal mucosa. The other parts<br />
of ampulla are lined by a simple mucinous epithelium like<br />
that of pancreatico-biliary tree 2 . In consequence, from the<br />
pathophysiological point of view, ampullary carcinoma appears<br />
as a heterogeneous disease arising from two different<br />
types of mucosa, which might reflect the broad histomorphologic<br />
spectrum of these tumors.<br />
The aim of our study was to assess COX-2 expression within<br />
different histopathologic types in a series of primary untreated<br />
ampullary carcinomas and its possible correlation<br />
with pathological parameters.<br />
Methods<br />
Material included 45 surgical specimens of invasive ampullary<br />
carcinomas categorized according International<br />
Union Against Cancer. Ampullary carcinomas were histologically<br />
classified into pancreatico-biliary, intestinal and unusual<br />
types and were analyzed for evaluation of COX-2 expression<br />
by immunohistochemical method.<br />
Results<br />
High COX-2 expression was detected in 35 (77.8%) ampullary<br />
carcinomas. High COX-2 expression was detected in<br />
Densità microvascolare (MVD) ed espressione<br />
del Vascular Endothelial Growth Factor<br />
(VEGF) in rialzi di seno; valutazione<br />
immunoistochimica a tre e sei mesi<br />
G. Petrone, L. Artese, M. Degidi, C. Rubini * , V. Perrotti,<br />
G. Iezzi, A. Piattelli<br />
Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche, Università<br />
“G. D’Annunzio”, Chieti-Pescara; * Dipartimento di Anatomia<br />
Patologica, Università di Ancona<br />
Introduzione<br />
Il Bio-Oss è un materiale da innesto di origine bovina, molto<br />
utilizzato nelle tecniche rigenerative, in quanto risulta estremamente<br />
biocompatibile e dotato di proprietà osteoconduttive.<br />
Alla base dei processi rigenerativi, quindi nei meccanismi<br />
di formazione di nuovo osso, gioca un ruolo fondamentale<br />
l’angiogenesi. Un metodo per valutare la presenza di vasi<br />
sanguigni in un tessuto è la conta dei microvasi che serve per<br />
calcolare la densità microvascolare (MVD).<br />
Lo scopo di questo studio è una valutazione immunoistochimica,<br />
a tre e sei mesi del VEGF e della densità microvascolare<br />
(MVD) nelle tecniche di rialzo di seno mascellare con<br />
l’utilizzo del Bio-Oss.<br />
Metodi<br />
In questo studio hanno partecipato un totale di 10 pazienti. In<br />
tutti i pazienti, che presentavano un certo grado di riassorbimento<br />
dell’osso mascellare, è stato eseguito un rialzo di seno,<br />
utilizzando come materiale da innesto il Bio-Oss. I prelievi<br />
sono stati eseguiti in 5 pazienti dopo 3 mesi ed negli altri<br />
5 dopo 6 mesi. Come controlli sono stati utilizzati dei prelievi<br />
di osso basale di 4-5 mm, al di sotto del pavimento del<br />
seno. Tutti i campioni sono stati sottoposti a valutazioni immunoistochimiche.<br />
Risultati<br />
I dati della densità microvascolare ottenuti dalle valutazioni<br />
sono stati: MVD controllo di 23,9, MVD Bio-Oss a tre mesi<br />
di 23,3, MVD Bio-Oss a sei mesi di 29,5. Da questi dati<br />
emerge che non ci sono differenze statisticamente significative<br />
tra il gruppo Bio-Oss a tre mesi ed il gruppo Bio-Oss a<br />
sei mesi. L’analisi statistica confrontando il tessuto osseo di<br />
controllo con Bio-Oss a tre mesi è risultata non significativa<br />
(P = 0,52). Per quanto riguarda l’espressione del VEGF, esso
PATOLOGIE VARIE<br />
293<br />
è presente nei vasi sia a tre mesi che a sei mesi. A tre mesi<br />
sembra maggiore poiché è presente più tessuto connettivo<br />
cellulato.<br />
Conclusioni<br />
I risultati ottenuti mostrano che non ci sono differenze statisticamente<br />
significative della densità microvascolare tra i siti<br />
rigenerati ed i siti controllo.<br />
L’osteogenesi, è strettamente correlata alla rivascolarizzazione<br />
dei tessuti che rigenerano, poiché questi ultimi hanno un<br />
maggiore fabbisogno metabolico; ciò richiede la formazione<br />
di un denso network di capillari. Le interazioni tra i processi<br />
di neoformazione ossea ed angiogenesi non sono ancora<br />
completamente chiare, nel futuro saranno necessari ulteriori<br />
studi per approfondire tale problema.<br />
Carcinoma a piccole cellule dell’ovaio,<br />
variante ipercalcemica. Descrizione di un<br />
caso<br />
E. Piazzola, E. Manfrin, I. Franceschetti, L. Bortesi, F.<br />
Menestrina<br />
Anatomia Patologica, Ospedale Policlinico “G.B. Rossi”,<br />
Università di Verona, Italia<br />
Introduzione<br />
Si descrive un caso di carcinoma a piccole cellule dell’ovaio,<br />
variante ipercalcemica, raro tumore aggressivo ad istogenesi<br />
ancora incerta.<br />
Metodi<br />
Una donna di 35 anni, P2002, si presenta per aumento di volume<br />
dell’addome ed astenia. All’esame obiettivo è presente<br />
massa ovarica destra, versamento peritoneale ed idrotorace<br />
destro.<br />
La paziente viene sottoposta ad isteroannessiectomia bilaterale,<br />
appendicectomia, linfoadenectomia pelvica, omentectomia<br />
e resezione del legamento infundibulo pelvico destro.<br />
Risultati<br />
L’ovaio destro è sostituito da massa del peso di g 960 a superficie<br />
liscia e bozzuta. In sezione, la lesione è prevalentemente<br />
solida, di aspetto carnoso, con aree di necrosi ed emorragia.<br />
Istologicamente è caratterizzata da una proliferazione<br />
diffusa di cellule neoplastiche con elevato indice proliferativo,<br />
disposte in filiere, cordoni, aree solide. Focalmente gli<br />
elementi neoplastici formano strutture simil follicolari, di<br />
fondamentale importanza diagnostica 1 . Dal punto di vista citologico,<br />
si riconosce una doppia popolazione di cellule: una<br />
di piccole dimensioni, con nucleo ipercromico a profilo irregolare<br />
ed un’altra, maggioritaria, di grandi dimensioni con<br />
nucleo vescicoloso fornito di macronucleolo e citoplasma<br />
ampio debolmente eosinofilo. In alcune aree si apprezzano<br />
globuli citoplasmatici ialini che rendono eccentrica la posizione<br />
del nucleo. Sono presenti emboli neoplastici endovasali.<br />
Alla diagnosi la lesione metastatizza ai linfonodi iliaci comuni,<br />
otturatori destri, para-aortici destri e lombo-aortici; si<br />
localizza inoltre al legamento infundibulo pelvico mentre<br />
non coinvolge l’ovaio controlaterale. La calcemia non è stata<br />
dosata. Il profilo immunofenotipico mostra espressione disomogenea<br />
per CK8-18-19 ed EMA, vimentina, actina, desmina).<br />
Risultano negativi i marcatori neuroendocrini, CD30,<br />
alfa feto proteina, fosfatasi alcalina placentare, hCG, inibina<br />
ed i recettori per estrogeni e progesterone. Nonostante la chemioterapia,<br />
la paziente muore per malattia 10 mesi dopo la<br />
diagnosi.<br />
Conclusioni<br />
Il carcinoma a piccole cellule dell’ovaio, variante ipercalcemica<br />
è una neoplasia ovarica molto rara, di difficile diagnosi.<br />
Il caso in esame presenta caratteri comuni a quanto descritto<br />
in letteratura per età di insorgenza (giovanile), stadio<br />
avanzato alla diagnosi, prognosi infausta 2 .<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Young RH, et al. Am J Surg Pathol 1994;18:1102-16.<br />
2<br />
McCluggage WG. Adv Anat Pathol 2004;11:288-96.<br />
La tomografia a coerenza ottica nella<br />
identificazione precoce dell’aterosclerosi<br />
G. Pizzicannella, M. Zimarino * , F. Prati ** , E. Stabile *** , J.<br />
Pizzicannella * , T. Fouad ** , A. Filippini, M. Chiariello *** ,<br />
R. De Caterina *<br />
U.O. Anatomia Patologica, ASL di Lanciano, Vasto; * Istituto<br />
di Cardiologia, Università “G. d’Annunzio”, Chieti;<br />
**<br />
U.O. Cardiologia Invasiva, Ospedale “San Giovanni”, Roma;<br />
*** Istituto di Cardiologia, Università “Federico II”, Napoli<br />
Introduzione<br />
Le attuali tecniche diagnostiche non consentono una accurata<br />
identificazione “in vivo” dei primi stadi dell’aterosclerosi.<br />
La tomografia a coerenza ottica (OCT) è un analogo ottico<br />
dell’ecografia intravascolare e consente la realizzazione di<br />
immagini ad elevata risoluzione (circa 10 µm) all’interno del<br />
lume arterioso. Obiettivo del presente studio è stato di analizzare<br />
la capacità diagnostica dell’OCT nell’identificare i<br />
primi stadi di aterosclerosi, ovvero le lesioni di tipo I-III secondo<br />
la classificazione di Stary.<br />
Materiali e metodi<br />
Otto conigli bianchi maschi di razza “New Zealand” (peso<br />
3,5-4 kg) sono stati sottoposti a danno elettrico perivascolare<br />
su entrambe le carotidi comuni per una lunghezza di circa 10<br />
mm. Gli animali hanno poi ricevuto una dieta ad elevato contenuto<br />
lipidico (1,5% di colesterolo) per circa 2 mesi. Il catetere<br />
da OCT è stato successivamente posizionato prossimalmente<br />
al segmento lesionato in entrambe le arterie, accedendo<br />
alle carotidi comuni mediante le carotidi esterne ed ottenendo<br />
le immagini durante il “ritiro”, che è stato eseguito ad<br />
una velocità di 0,5 mm/sec. Gli accumuli lipidici sono stati<br />
identificati come aree di ridotta densità di segnale e “backscattering”<br />
più eterogeneo rispetto al tessuto fibroso. Dopo la<br />
visualizzazione con OCT i conigli sono stati sottoposti ad eutanasia<br />
e le arterie sono state fissate con formalina neutra al<br />
10% e processate secondo routine. Le sezioni sono state colorate<br />
in ematossilina-eosina, tricromia di Masson e pentacromica<br />
di Movat.<br />
Risultati<br />
Dopo 41 ± 16 giorni, il colesterolo-LDL è aumentato dal valore<br />
basale di 28 ± 15 mg/dL al valore prima del sacrificio di<br />
643 ± 135 mg/dL (P < 0,001). Una carotide è risultata completamente<br />
occlusa; 9 carotidi sono state visualizzate con<br />
OCT e sono stati identificate 32 lesioni aterosclerotiche, delle<br />
quali 23 (72%) nel segmento sottoposto a danno elettrico.<br />
All’analisi istomorfometrica, 13 lesioni sono state definite<br />
come Stary tipo I (con macrofagi isolati), 10 tipo II (con accumuli<br />
lipidici intracellulari), and 9 tipo III (con la presenza<br />
di piccoli depositi lipidici extracellulari). Non sono state<br />
identificate lesioni avanzate (≥ type IV), verosimilmente a
294<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
causa della brevità di durata della dieta ipercolesterolemica.<br />
L’OCT non ha identificato alcuna lesione di tipo I o II. Nelle<br />
lesioni di tipo III, la sensibilità, specificità ed accuratezza<br />
diagnostica dell’OCT sono risultate rispettivamente 56%,<br />
100%, e 88%. La localizzazione di tutte le lesioni di tipo III<br />
identificate con l’OCT corrispondeva con la localizzazione<br />
documentata dall’istologia.<br />
Conclusioni<br />
L’OCT documenta accuratamente lesioni aterosclerotiche<br />
“intermedie” (tipo III sec. Stary) “in vivo”, ma non è in grado<br />
di identificare stadi più precoci di aterosclerosi.<br />
Feocromocitoma: studio morfologico,<br />
immunoistochimico e di Biologia Molecolare<br />
dei marcatori di malignità<br />
L. Reggiani Bonetti, E. Siopis * , G. Sartori, D. Santini ** ,<br />
C. Cirilli *** , L. Losi, G.P. Trentini<br />
Dipartimento Integrato di Servizi Diagnostici, di Laboratorio<br />
e di Medicina Legale, Università di Modena e Reggio<br />
Emilia; * U.O. Endocrinologia e Malattie del Metabolismo,<br />
“S. Orsola-Malpighi”, Università di Bologna; ** Anatomia<br />
Patologica “S. Orsola-Malpighi”, Università di Bologna; ***<br />
Registro Tumori della Provincia di Modena<br />
Introduzione<br />
Il feocromocitoma è una rara neoplasia surrenalica che origina<br />
dalle cellule cromaffini. La maggior parte dei feocromocitomi<br />
è fatta di tumori benigni e la percentuale di forme maligne<br />
riportate in letteratura varia dal 2,4% al 26%. Attualmente<br />
l’unico indice certo di malignità è rappresentato dalla<br />
presenza di metastasi. Scopo del presente studio è quello di<br />
identificare differenti categorie di pazienti (con diagnosi di<br />
feocromocitoma benigno, maligno, borderline) sulla base dei<br />
differenti marcatori riportati in letteratura.<br />
Metodi<br />
Dagli archivi di Anatomia Patologica del Policlinico di Modena<br />
e del Policlinico “S. Orsola-Malpighi” di Bologna sono<br />
stati selezionati 62 casi di feocromocitoma (31 uomini e 31<br />
donne) di età compresa tra i 20 e i 90 anni, diagnosticati nel<br />
periodo 1984-2004. Dal pezzo operatorio fissato in formalina<br />
al 10%, sono stati eseguiti prelievi mirati poi inclusi in paraffina.<br />
Da ciascun preparato si sono ottenute sezioni seriate<br />
di 5 micron colorate con ematossilina-eosina. Sono state eseguite<br />
indagini di immunoistochimica utilizzando i seguenti<br />
anticorpi: proteina S100, Cromogranina A, CD31, VEGF e<br />
MIB-1. È stata inoltre eseguita uno studio LOH 1 delle regioni<br />
1p36.33 e 1p34.3 dei geni SDHD ed SDHB. Infine è stato<br />
calcolato il PASS score.<br />
Risultati<br />
Dei 62 casi studiati, 5 presentavano metastasi e all’indagine<br />
immunoistochimica sono risultati negativi con proteina S100<br />
e si è dimostrata correlazione tra neoangiogenesi tumorale e<br />
mutazioni a carico dei geni che codificano per alcune subunità<br />
mitocondriali (SDHB e D) determinata con studio LOH.<br />
L’attività citoproliferativa di questi casi è risultata > 5%. Il<br />
PASS score non si è rivelato un indice specifico di malignità.<br />
Conclusioni<br />
L’utilizzo del PASS score, isolato, non sembra un fattore prognostico<br />
attendibile nel differenziare le forme benigne da<br />
quelle maligne, pertanto si propone un aumento del punteggio<br />
di alcuni valori quali l’invasione vascolare e il superamento<br />
della capsula, oltre alla correlazione con i risultati immunoistochimici<br />
e di biologia molecolare come sopra riportati.<br />
Si propone inoltre l’introduzione di una categoria “borderline”,<br />
con caratteri intermedi di malignità per la quale si<br />
propone una differente gestione del paziente.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Gimenez-Roqueplo AP, et al. Mutation in the SDHB gene are associated<br />
with extra-adrenal and/or malignant pheocromocytomas. Cancer<br />
research 2003;63:5615-21.<br />
Iperplasia focale nodulare in fegato cirrotico<br />
D. Reghellin * , P. Capelli * , M. Brunelli * ** , A. Caneva ** , V.<br />
Rucco ** , L. Bortesi * , F. Menestrina * , G. Martignoni *** , R.<br />
Colombari **<br />
*<br />
Anatomia Patologica, Università di Verona, ** Ospedale di<br />
Arzignano, Vicenza, *** Università di Sassari<br />
Introduzione<br />
l’iperplasia focale nodulare è una lesione che si riscontra nel<br />
fegato non-cirrotico. Del tutto recentemente sono stati riportati<br />
5 casi in fegato cirrotico. La diagnosi differenziale di tale<br />
lesione include principalmente l’epatocarcinoma, il nodulo<br />
displastico e i noduli macrorigenerativi. La diagnosi indica<br />
quadri anatomo-clinici e prognosi differenti.<br />
Metodi<br />
Descriviamo un caso di iperplasia focale nodulare in fegato<br />
cirrotico.<br />
Risultati<br />
Una donna di 65 anni, anti-HBc+, è stata ricoverata in precoma<br />
epatico per encefalopatia porto-sistemica in cirrosi epatica<br />
scompensata tossietilica, ipertensione portale con varici<br />
esofagee. Sia l’ecografia addominale che la TAC evidenziava<br />
una neoformazione solida al lobo sinistro di mm 40, iperdensa<br />
in fase arteriosa e con cercine denso marginale. Entrambe<br />
le indagini orientavano per la diagnosi di epatocarcinoma<br />
in fegato cirrotico micronodulare. La resezione epatica<br />
del nodulo evidenziava un lesione ovalare di aspetto plurinodulare,<br />
colorito brunastro chiaro del diametro massimo di<br />
mm 35; tessuto fibroso delimitava e sepimentava il nodulo.<br />
Istologicamente non vi era atipia cellulare; erano inoltre presenti<br />
colestasi canalicolare, presenza di proteine rame-associate<br />
e corpi di Mallory negli epatociti peri-settali. Gli epatociti<br />
erano organizzati in lamine multiple ben ordinate, con<br />
trama reticolare preservata. La vascolarizzazione era aumentata<br />
con aumento della positività al marcatore immunofenotipico<br />
CD34 verso i setti e la periferia del nodulo. Vasi arteriosi<br />
e dotti biliari erano contenuti nel connettivo fibroso che<br />
circondava e sedimentava il nodulo. Il parenchima epatico<br />
circostante presentava alterazione cirrotica dell’architettura<br />
acinare con micronoduli.<br />
Conclusioni<br />
1) l’iperplasia focale nodulare è una lesione che può svilupparsi<br />
anche in fegato cirrotico; 2) l’iperplasia focale nodulare<br />
in fegato cirrotico è morfologicamente simile a quella descritta<br />
più frequentemente in fegato non-cirrotico; 3) in presenza<br />
di nodulo in fegato cirrotico l’iperplasia focale nodulare<br />
deve essere presa in considerazione nella diagnosi differenziale<br />
con l’epatocarcinoma, i noduli displastici e macrorigenerativi;<br />
4) non dovrebbe pertanto essere escluso dal trapianto<br />
il paziente cirrotico con evidenza clinico-radiologica<br />
di nodulo, senza la conferma istologica dell’eventuale diagnosi<br />
di epatocarcinoma.
PATOLOGIE VARIE<br />
295<br />
Carcinoma a cellule renali di tipo papillare a<br />
cellule oncocitiche: studio clinico-patologico<br />
di 10 casi<br />
A. Remo * , G. Martignoni ** , M. Brunelli * *** , P. Cossu Rocca<br />
** , S. Gobbo * , M. Pea * , M.M. Mina * , M. Chilosi * , A.<br />
Scarpa * , F. Menestrina *<br />
*<br />
Anatomia Patologica, Università di Verona, ** Università di<br />
Sassari, *** Ospedale di Arzignano, Vicenza<br />
Introduzione<br />
Il carcinoma a cellule renali di tipo papillare (RCCp) mostra<br />
un ampio spettro morfologico variabile da papille delimitate<br />
da un monostrato di cellule di piccola taglia, a papille delimitate<br />
da un epitelio pseudostratificato con cellule di grande<br />
taglia e con citoplasma eosinofilo. L’RCCp è caratterizzato<br />
da trisomie dei cromosomi 7, 17 e perdita dell’Y ed evidenzia<br />
un immunofenotipo con espressione della racemasi<br />
(100%) e CK7 (60%). Sono state riportate rare neoplasie del<br />
rene ad architettura papillare composte da cellule oncocitiche,<br />
ma non i loro dati clinici e genetici.<br />
Materiali e metodi<br />
Abbiamo studiato 10 neoplasie composte da papille rivestite<br />
da cellule oncocitiche con citoplasma eosinofilo, granulare,<br />
con nucleo rotondo e nucleolo evidente, caratterizzate da<br />
un’alternanza di aree solide e papille ben distinte, con indagini<br />
ultrastrutturali (2 casi), immunoistochimiche (AE1/AE3,<br />
EMA, Cam5.2, anti-mitocondrio, MIB1, racemasi, CK7 e<br />
CK19) (7 casi) e di citogenetica in interfase (FISH) con sonde<br />
centromeriche (Abbott) su materiale incluso in paraffina<br />
(10 casi) per l’analisi dei cromosomi 7, 17 e Y.<br />
Risultati<br />
7 pazienti erano maschi, 3 femmine, con una media d’età di<br />
64 anni (range 40-78); il diametro massimo della neoplasia<br />
variava da cm 1,7-7,5 (media 4,2) ed il follow-up da 1 a 12<br />
anni (media 6). L’AE1/AE3, l’anti-mitocondrio, la racemasi<br />
e la vimentina sono risultate espresse nel 100% dei casi,<br />
CK19 nel 86%, EMA nel 71%, CK7 nel 43%, Cam5.2 nel<br />
29%, Il MIB1 è risultato positivo con range di 0-7 cellule X<br />
C.F.I. L’analisi ultrastrutturale ha evidenziato cellule stipate<br />
di mitocondri con creste lamellari. Tre o più segnali fluorescenti<br />
erano presenti nell’80% delle neoplasie: per il cromosoma<br />
7 nel 70% e per il cromosoma 17 nel 60%. La perdita<br />
del cromosoma Y era presente in 4/7 pazienti maschi. Un paziente<br />
è deceduto per la neoplasia 4 anni dopo la prima diagnosi<br />
con metastasi epatiche e cerebrali.<br />
Conclusioni<br />
1) le neoplasie papillari del rene a cellule oncocitiche appartengono<br />
all’istotipo del RCCp; 2) il profilo immunoistochimico<br />
è simile ai RCCp; 3) tali neoplasie condividono le stesse<br />
anomalie cromosomiche numeriche dei RCCp; 4) il carcinoma<br />
a cellule renali di tipo papillare a cellule oncocitiche<br />
può metastatizzare; 5) la descrizione morfologica del RCCp<br />
deve essere ampliata al fine di valutare meglio il comportamento<br />
biologico dei RCCp a cellule oncocitiche.<br />
Supportato da Fondazione Cassa di Risparmio di Verona.<br />
Diagnosi molecolare dei linfomi non Hodgkin<br />
B in Genescan (GS) mediante elettroforesi<br />
capillare (EC): criteri di valutazione<br />
M. Riccardi, P.M. Donisi, N. Di Lorenzo, A. Paparella, V.<br />
Stracca-Pansa<br />
U.O. Anatomia Patologica, Struttura Semplice di Patologia<br />
Molecolare, Dipartimento di Medicina di Laboratorio ed<br />
Anatomia Patologica, Venezia<br />
Introduzione<br />
Lo sviluppo di protocolli di PCR per l’amplificazione di sequenze<br />
dei geni delle catene pesanti delle immunoglobuline<br />
ha facilitato l’identificazione di clonalità nei linfomi non<br />
Hodgkin B (LNH-B). Lo studio dei prodotti di PCR mediante<br />
EC, utilizzando GS come software di analisi, ha migliorato<br />
l’interpretazione dei risultati rispetto all’utilizzo di tecniche<br />
convenzionali (gel di agarosio-AGGE), caratterizzate da<br />
falsi negativi e falsi positivi legati alla difficile risoluzione<br />
delle oligoclonalità. Considerata la scarsità di riferimenti in<br />
letteratura per l’interpretazione dei risultati ottenuti dall’analisi<br />
di clonalità in GS, riportiamo una serie di criteri utili all’analisi<br />
dei caratteristici elettroferogrammi.<br />
Metodi<br />
Dal 2003 sono stati raccolti circa 3.000 campioni (sangue periferico,<br />
midollare e tessuto) di soggetti affetti da LNH-B e,<br />
all’introduzione dell’analisi con GS, è stata effettuata una valutazione<br />
di clonalità dei prodotti di PCR in doppio utilizzando<br />
sia AGGE che EC. Abbiamo scelto un approccio combinato<br />
di analisi delle regioni FR2 e FR3 con PCR seminested,<br />
ed amplificato il gene “housekeeping” (GHK) bcl-6 dallo<br />
stesso campione come riferimento della qualità del DNA<br />
estratto e dell’efficienza della PCR. Sono stati inoltre eseguiti<br />
test di risoluzione (diluizioni scalari in acqua del DNA amplificato)<br />
e di sensibilità (diluizioni seriali del DNA di campioni<br />
monoclonali in pool di DNA ottenuto da soggetti sani).<br />
Risultati<br />
In EC il limite di risoluzione è risultato dell’1% (3% in AG-<br />
GE), e il limite di sensibilità dello 0,5% (5% in AGGE). La<br />
valutazione in doppio AGGE/EC ha permesso di associare ad<br />
ogni condizione (mono-, poli- e oligoclonalità) uno specifico<br />
elettroferogramma. L’esperienza maturata con GS invece ha<br />
portato ad individuare specifici criteri di valutazione e accorgimenti:<br />
1) altezza del picco clonale almeno doppia rispetto<br />
agli adiacenti; 2) picchi non elevati ma eccentrici rispetto alla<br />
distribuzione policlonale sono indice di clonalità; 3) corsa<br />
dell’amplificato in esame insieme al GHK bcl-6; 4) uso di<br />
scale di riferimento costanti per peso molecolare dell’amplificato<br />
e per sua quantità relativa appaiono condizioni metodologiche<br />
irrinunciabili.<br />
Conclusioni<br />
Considerata la notevole capacità di risoluzione e sensibilità<br />
dell’EC, essa appare la tecnica di elezione per l’analisi delle<br />
proliferazioni linfocitarie B purché vengano adottati precisi<br />
criteri per la corretta interpretazione dei risultati.
296<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
In vitro expression of h-Mammaglobin gene<br />
in mononuclear cells activated by PHA-E<br />
S. Roncella * , G. Cutrona ** , P. Ferro * ***** , M.R. Mariani *** ,<br />
L. Boffa *** , S. Matis ** , D. Gianquinto **** , B. Bacigalupo * ,<br />
M. Ferrarini ** , F. Fedeli *<br />
*<br />
U.O. di Anatomia ed Istologia Patologica e **** Dipartimento<br />
di Chirurgia, ASL 5 La Spezia; ** Divisione di Oncologia Medica<br />
C e *** Sezione di Epigenetica Istituto Nazionale Ricerca<br />
Cancro (IST), Genova; ***** Associazione Italiana Leucemie<br />
Linfoma e Mieloma Sezione “Francesca Lanzone” La Spezia<br />
Introduction<br />
Human Mammaglobin (hMAM) gene is considered a specific<br />
marker expressed in normal and neoplastic epithelial cells<br />
of the breast 1 . Since it is never found in peripheral blood<br />
cells of non neoplastic patients, hMAM is considered a<br />
promising candidate marker for detection of circulating rare<br />
malignant cells in the breast cancer patients 2 . However, peripheral<br />
blood mononuclear cells (MNC) may show an aberrant<br />
expression of several genes following activation. This<br />
finding may produce false-positive results in clinical interpretation.<br />
In this study, the specificity of hMAM expression was evaluated<br />
in the normal blood cells following in vitro activation.<br />
Methods<br />
Eighty-one cases of MNC from normal donors were separated<br />
by Ficolle-Hipaque density gradient. Twelve samples<br />
were cultured for 24 hour (h) in the presence or in the absence<br />
of phaseolus vulgais lectin (PHA-E) (1:1000 v/v)<br />
and/or Interleukin 2 (IL-2) (10IU) and tested in RT-PCR for<br />
detection of hMAM mRNA. In another set of experiments, a<br />
time course expression of specific hMAM mRNA was performed<br />
by culturing MNC for 12, 24, 48, 72 h as above.<br />
Results<br />
Both the freshly isolated and the unstimulated MNC never<br />
expressed the hMAM mRNA. After 24h, hMAM mRNA was<br />
found in PHA-E stimulated cultures (5/12 experiments). In<br />
contrast, stimulation with IL-2 alone was not enough to induce<br />
hMAM mRNA expression in all the samples tested.<br />
Time course experiments demonstrated that hMAM was expressed<br />
in a period of time between the 12 and the 48 hours<br />
of stimulation, thus suggesting a variability in its induction.<br />
In addition, hMAM expression was transient and could be<br />
lost in a short time period.<br />
Conclusions<br />
Our data demonstrated that activation by PHA-E in vitro,<br />
may lead to the expression of hMAM in normal MNC. However,<br />
freshly isolated MNC of patients without breast cancer<br />
do not express hMAM, this would suggest that this gene is<br />
suitable for breast cancer determination in peripheral blood.<br />
Infact, hMAM expression in vivo may follow different pathway.<br />
However, further experiments are needed to analyze<br />
whether viral or bacterial conditions may influence hMAM<br />
expression.<br />
References<br />
1<br />
Watson MA, Fleming TP. Mammaglobin, a mammary-specific member<br />
of the uteroglobin gene family, is overexpressed in human breast<br />
cancer. Cancer Res 1996;56:860-5.<br />
2<br />
Zehentner B, Carter D. Mammaglobin: a candidate diagnostic<br />
marker for breast cancer. Clin Biochem 2004;37:249-57.<br />
Flow cytometry analyses of CD10, CD5 and<br />
CD23 expression by lymph-node biopsy of B-<br />
cell non-Hodgkin’s lymphomas and benign<br />
lymph-node diseases<br />
S. Roncella * , P. Ferro * ** , M. Moroni * , N. Gorji * , S. Tozzini<br />
* , P. Dessanti * , A. Giannico * , M.R. Romano *** , M. Dono<br />
*** , F. Fedeli *<br />
*<br />
U.O. Anatomia ed Istologia Patologica, ASL 5 La Spezia; **<br />
Associazione Italiana Leucemie Linfoma e Mieloma Sezione<br />
“Francesca Lanzone” La Spezia; *** Laboratorio Analisi,<br />
ASL 5 La Spezia<br />
Introduction<br />
Each Non-Hodgkin B Cell Lymphomas (NH-BL) is associated<br />
with the expression of particular markers. These markers<br />
may be shared among different types of NH-BL, thus making<br />
difficult the interpretation of the data for a final correct diagnosis.<br />
In this study, we evaluated the presence of CD10, CD5<br />
and CD23 antigens in a cohort of NH-BL and benign lymphnode<br />
biopsy (bLN) and correlated this expression with the ultimate<br />
diagnosis.<br />
Methods<br />
16 Follicle Center Lymphomas (FCL), 11 Mantle Cell Lymphomas<br />
(MCL), 4 B- CLL/Small Lymphocytic Leukemias<br />
(SLL), 2 Marginal Zone Cell Lymphomas (MZL), 16 Diffuse<br />
Large Lymphomas (DLCL), 4 Lymphoplasmocytoid Lymphomas<br />
(LPC) and 52 bLN were double stained and analyzed<br />
by flow cytometry. Markers were arbitrarily considered positive<br />
when expressed at least on 25% of the cells analysed.<br />
Results<br />
The majority of bLN showed a CD10 - CD5 - CD23 - pattern<br />
phenotype, but one exceptional atypical case co-expressing<br />
the three markers was found. The CD10 was expressed in<br />
70% of the FCL cases and only in 25% of DLCL. An unusual<br />
expression of this marker was found in one MZL case. The<br />
CD23 was displayed by all the SLL cases but also in one<br />
MCL case.<br />
The CD5 was unequivocally expressed in 100% of SLL cases<br />
and in 91% of MCL. In contrast, CD5 was found also in<br />
25% of DLCL, in 12% of FCL, and one case of LPC.<br />
When contemporary expression of the three markers was analyzed,<br />
we found that all SLL showed the CD10 - CD5 + CD23 +<br />
phenotype, but, interestingly, this pattern was also seen in<br />
one case of MCL. DLCL were mostly heterogeneous, since<br />
only 44% accounted for a CD10 - CD5 - CD23 - phenotype. Instead,<br />
the remaining cases may include a CD10 + CD5 - CD23 -<br />
(19%), a CD10 - CD5 - CD23 + (13%), a CD10 - CD5 + CD23 -<br />
(13%), a CD10 + CD5 + CD23 - (6%), and finally a CD10 - CD5 +<br />
CD23 + (6%) phenotype. Three major typical patterns were<br />
observed for the FCL cases: a CD10 + CD5 - CD23 + (50%), a<br />
CD10 + CD5 - CD23 - (31%) and a CD10 - CD5 + CD23 + (13%).<br />
Two atypical cases were found: both were negative for CD10<br />
and CD5 but one was CD23 positive and one CD23 negative.<br />
While the CD10 marker was absent in all of the 4 LPC cases<br />
studied, the CD5 and CD10 showed variability in their expression.<br />
Conclusions<br />
In this study we analyzed the CD10, CD5, CD23 expression<br />
in lymph node biopsy by flow cytometry. The knowledge of<br />
the spectrum of immune phenotypes, including the atypical<br />
cases may be helpful in achieving a correct diagnosis of the<br />
different NH-BL.
PATOLOGIE VARIE<br />
297<br />
Carcinoma uroteliale della vescica: studio<br />
FISH del cromosoma 17 e del gene HER2-neu<br />
su biopsia vescicale<br />
R. Russo * ** , M. Galdi ** , P. Angrisani *<br />
*<br />
U.O.C. Anatomia ed Istologia Patologica; ** Struttura Semplice<br />
Dipartimentale di Genetica<br />
Introduzione<br />
Il carcinoma uroteliale infiltrante della vescica appare caratterizzato<br />
da una bassa frequenza di amplificazione del gene<br />
HER2-neu con valori tra 3,4 e 7% e da una alta frequenza di<br />
polisomia del cromosoma 17 con valori tra 65,5% e 97% su<br />
campioni chirurgici.<br />
Scopo di questo studio è stato quello di testare con FISH in<br />
interfase il gene HER2-neu ed il cromosoma 17 su campioni<br />
di biopsia vescicale con diagnosi di carcinoma vescicale in<br />
stadio pre-invasivo ed invasivo al fine di valutare:<br />
1) la frequenza della amplificazione del gene HER2-neu e<br />
della polisomia del cromosoma 17 su biopsia vescicale;<br />
2) la correlazione tra il grado e lo stadio della neoplasia e la<br />
presenza di alterazioni del cromosoma 17 e/o del gene<br />
HER2-neu.<br />
Materiali e metodi<br />
Sono stati studiati 23 campioni bioptici da TUR di pazienti<br />
affetti da carcinoma vescicale di cui 13 casi in stadio pre-invasivo<br />
(pTa) e 10 casi in stadio invasivo (6 pT1, 4 pT2). Il<br />
grading era: grado 2 in 12/23 casi e grado 3 in 11/23 casi. È<br />
stata applicata la metodica FISH in interfase su materiale fissato<br />
in formalina e incluso in paraffina secondo i protocolli<br />
standard. Sono state utilizzate la sonda CEP 17 per la sequenza<br />
alfa satellite del cromosoma 17 e Sonda LSI specifica<br />
per il locus del gene HER2/neu (17q11.2-q12). Il calcolo<br />
dei segnali è stato fatto su 60 nuclei neoplastici in tre aree diverse.<br />
Risultati<br />
La amplificazione gene HER2-neu è stata riscontrata in 1 solo<br />
caso pT2G3 con un rapporto HER2/CEP17 pari a 4.12. La<br />
polisomia del Cromosoma 17 è stata rilevata in 15/23 casi<br />
(65,2%) con un range di valori medi di segnale tra 2,11 e 4,08<br />
(valore di cutoff 1,88); La polisomia del gene HER2-neu in<br />
15/23 casi (65,2%) con un range di valori medi di segnale tra<br />
2,05 e 4,73. (valore di cutoff 2,0). I casi di carcinoma uroteliale<br />
invasivo (pT1/pT2) hanno espresso polisomia del cromosoma<br />
17 e del gene HER2-neu nel 100%. I casi di carcinoma<br />
uroteliale non invasivo di grado 2 (pTa G2 = 8 casi)<br />
non hanno presentato polisomia 17 e HER2-neu mentre questa<br />
era invece presente nei casi di carcinoma uroteliale non<br />
invasivo di grado 3 (pTa G3 = 5 casi)<br />
Conclusioni<br />
L’amplificazione del gene HER2-neu è un evento raro e tardivo<br />
nella progressione della neoplasia vescicale. La polisomia<br />
del cromosoma 17/HER2-neu è presente nel carcinoma<br />
uroteliale in stadio invasivo ed in una quota di carcinomi uroteliale<br />
non infiltranti (pTa) in particolare i casi G3. Pertanto,<br />
lo studio FISH del Cromosoma 17/HER2-neu potrebbe rappresentare<br />
un utile contributo alla selezione su biopsia dei casi<br />
di carcinoma uroteliale non invasivo che potrebbero avere<br />
un decorso biologico più sfavorevole ed una più precoce capacità<br />
infiltrativa<br />
Ulcera del Buruli: studio anatomo-clinico su<br />
una patologia di interesse internazionale<br />
F. Sanguedolce, A. Cimmino, G. Ostuni * , F. Sisto * , V. Navach<br />
* , R. Ricco<br />
DAP-Dipartimento di Anatomia Patologica, Università di<br />
Bari; * Divisione di Chirurgia Plastica Ospedaliera, Policlinico,<br />
Bari<br />
Introduzione<br />
L’ulcera del Buruli rappresenta la terza micobatteriosi nel<br />
mondo per prevalenza dopo la tubercolosi e la lebbra. Si<br />
tratta di una malattia cutanea cronica necrotizzante che colpisce<br />
soggetti immunocompetenti, provocando dapprima<br />
una lesione rilevata (nodulo o placca) e successivamente<br />
estesa ulcerazione della cute e dei tessuti profondi (tessuti<br />
molli e ossa) esitando in amputazioni e deformità. Le aree<br />
endemiche sono rappresentate dalle regioni subtropicali<br />
dell’Africa, dell’America Centrale e Meridionale, dell’Asia<br />
e dell’Australia; finora, 7 sono i casi riportati nei Paesi occidentali<br />
in seguito a viaggi internazionali. Nel maggio<br />
2004 la 57 a World Health Assembly ha invitato tutti gli stati<br />
membri dell’OMS a intensificare la ricerca al fine di implementare<br />
le conoscenze diagnostiche, terapeutiche e prognostiche<br />
in merito. Riportiamo i primi risultati (anni 2002-<br />
2005) della nostra esperienza in Benin in collaborazione<br />
con l’Istituto di Chirurgia Plastica Ospedaliera e l’Istituto<br />
di Igiene dell’Università di Bari.<br />
Materiali e metodi<br />
Sono stati esaminati finora 32 casi di sospetta ulcera del Buruli<br />
in vari stadi provenienti da pazienti di età compresa tra 2<br />
e 55 anni. È stata effettuata terapia chirurgica mediante ampia<br />
escissione dell’ulcera e successiva copertura con innesti<br />
dermo-epidermici interi ed a rete. I campioni operatori sono<br />
stati fissati in formalina tamponata al 10%, e inclusi in paraffina;<br />
le sezioni ottenute sono state colorate con ematossilinaeosina<br />
e con Ziehl-Neelsen. Inoltre, sono stati effettuati sul<br />
materiale a fresco prelevato dalle lesioni colorazioni per evidenziare<br />
i micobatteri ed esami colturali su terreni specifici.<br />
Risultati<br />
L’esame istologico delle lesioni si è basato sull’individuazione<br />
e valutazione semiquantitativa delle seguenti lesioni elementari:<br />
necrosi (classificata in base alla sede), edema interstiziale,<br />
presenza di cellule infiammatorie linfo-granulocitarie,<br />
vasculite e trombosi dei vasi dermo-ipodermici, fibrosi e<br />
cicatrizzazione, iperplasia dell’epidermide. Nell’80% dei casi<br />
le lesioni esaminate presentavano gli aspetti caratteristici della<br />
fase preulcerativa e ulcerativa; la fibrosi risultava presente<br />
nel 35% dei casi, anche in concomitanza con la necrosi.<br />
Conclusioni<br />
In base ai dati clinico-microbiologici ed istopatologici, l’evoluzione<br />
delle lesioni da una fase preulcerativa alla cicatrizzazione<br />
appare come un continuum comprendente lesioni<br />
elementari attribuibili a più stadi. Pertanto, non esistendo una<br />
corrispondenza precisa con l’aspetto macroscopico in vivo<br />
l’esame microscopico è necessario ai fini diagnostici e prognostici<br />
della lesione.
298<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
Rilevazione dei recettori della somatostatina<br />
in casi di osteosarcoma mediante tecniche di<br />
immunoistochimica e di ibridizzazione in situ<br />
B. Sardella, M. Leopizzi, L. Ciocci, C. Nuzzo, C. Della<br />
Rocca *<br />
Dipartimento di Medicina Sperimentale e Patologia, Università<br />
di Roma “La Sapienza”; * Dipartimento di Medicina<br />
Sperimentale e Patologia, Università di Roma “La Sapienza”,<br />
Polo Pontino sede di Latina<br />
Introduzione<br />
Le proprietà antiproliferative e proapoptotiche della somatostatina,<br />
mediate da recettori specifici espressi dalle cellule<br />
bersaglio, sono alla base di protocolli terapeutici nei quali sono<br />
valutati gli effetti dei suoi analoghi sulla crescita neoplastica.<br />
Non esistono lavori sperimentali in letteratura che forniscano<br />
risultati circa l’espressione di tali recettori in vivo<br />
nel sarcoma osteogenico, probabilmente anche a causa delle<br />
difficoltà tecniche relative al trattamento dei tessuti calcificati.<br />
Scopo di questo studio è stato di valutare l’espressione dei<br />
recettori per la somatostatina nell’osteosarcoma, variante<br />
classica, sia con metodiche di immunoistochimica che con<br />
tecniche di ibridizzazione in situ. L’identificazione di tali recettori<br />
potrebbe consentire di elaborare protocolli terapeutici<br />
mirati che prevedano l’impiego degli analoghi della somatostatina<br />
in questo tipo di neoplasia.<br />
Metodi<br />
Mediante metodica immunoistochimica, con l’impiego di anticorpi<br />
policlonali specifici, è stata valutata l’espressione dei<br />
cinque recettori noti (SSTR1, SSTR2A, SSTR2B, SSTR3,<br />
SSTR4, SSTR5) della somatostatina in 5 casi di osteosarcoma,<br />
variante classica. Contemporaneamente è stata valutata<br />
l’espressione dell’mRNA specifico per SSTR2B e SSTR5 nei<br />
medesimi casi, tramite metodica di ibridizzazione in situ, impiegando<br />
sonde commerciali fluoresceinate.<br />
Entrambe le metodiche sono state appositamente standardizzate<br />
per lo studio di tessuti ossei sottoposti a processazione<br />
routinaria e a decalcificazione.<br />
Risultati<br />
Nei 5 casi di osteosarcoma valutati le cellule neoplastiche sia<br />
mono- che multi-nucleate sono risultate positive (diffusa positività<br />
citoplasmatica, con rinforzo di membrana), sebbene<br />
in diversa misura, per SSTR1, SSTR2A, SSTR2B, SSTR3,<br />
SSTR5. Costantemente negativa è risultata la colorazione per<br />
SSTR4. L’espressione dell’mRNA specifico per i recettori<br />
SSTR2B e SSTR5 è stata osservata nelle cellule neoplastiche<br />
sia mono- che multi-nucleate, con pattern granulare citoplasmatico<br />
e focale rinforzo di membrana nucleare.<br />
Conclusioni<br />
1)È possibile applicare tecniche immunoistochimiche e di<br />
ibridizzazione in situ, ormai standardizzate, nello studio di<br />
tessuti ossei processati routinariamente e decalcificati.<br />
2)Le cellule neoplastiche dell’osteosarcoma, variante classica,<br />
esprimono tutti i recettori per la somatostatina, in misura<br />
diversa, ad eccezione del SSTR4.<br />
3)Le cellule neoplastiche dell’osteosarcoma esprimono mR-<br />
NA specifico per SSTR2B e SSTR5.<br />
Guided bone regeneration using<br />
demineralized laminar bone sheets in the<br />
treatment of implant-associated defects. A<br />
clinical and histological study<br />
A. Scarano, B. Assenza, L. Artese, A. Piattelli<br />
Dental School, University of Chieti-Pescara, Chieti, Italy<br />
Introduction<br />
One of the problems in oral implantology is the use of implants<br />
in athophic bone; the bone should be of the correct<br />
height and thickness to receive an implant placed in an exakt<br />
way.<br />
In order to solve this problem, many regenerative techniques<br />
and materials have been investigated, such as resorbable and<br />
non resorbable membranes or filling materials.<br />
Materials and methods<br />
This study was designed to evaluated the regenerative potential<br />
at dehisced implant sites of the resorbable demineralized<br />
laminar bone (Lamina corticale Tecnoss s.r.l., Torino-Italy).<br />
Eight screw-type fixtures (Bone System, Milano, Italy)<br />
showing buccal dehiscences in 8 patients were treated using<br />
the laminar bone. Was inserted into a defect resulting from<br />
the extraction of an impacted tooth; the defect was filled by<br />
collagenized sterilized pig bone particles (OsteoBiol, Tecnoss<br />
Srl, Turin, Italy).<br />
Results<br />
After a four months healing period it was possible to see that<br />
there had been a complete healing of the bone defect and the<br />
tissue present had macroscopical features similar to mature<br />
bone. All particles were united and surrounded by newlyformed<br />
bone. This bone was woven or lamellar. Between the<br />
implant surface and the OsteoBiol particles there was always<br />
the presence of newly-formed bone. This bone was constituted<br />
by primary and secondary osteons with concentric sheets<br />
of lamellae with a central longitudinal Haversian canal.<br />
Conclusion<br />
In the laminar bone-treated sites, the membrane maintained<br />
its integrity in almost all cases.<br />
Neuroblastoma olfattorio: rilievi morfologici<br />
ed immunoistochimici su un caso e revisione<br />
della letteratura<br />
P. Napoli, M.P. Sciacca, S. Agabiti, A. Labate, G. Trombetta<br />
* , R.A. Caruso *<br />
Servizio di Anatomia Patologica, Ospedale “Piemonte”;<br />
*<br />
Dipartimento di Patologia Umana, Policlinico Universitario,<br />
Messina<br />
Il neuroblastoma olfattorio, neoplasia di raro riscontro, origina<br />
nell’area dell’epitelio olfattorio. La bassa incidenza di<br />
questa neoplasia rende difficile la formulazione di una classificazione<br />
clinica e istopatologica standardizzata. Il tumore<br />
è a lenta crescita, può invadere i seni paranasali, l’orbita e<br />
l’encefalo, ed è caratterizzato da un tasso elevato di recidive<br />
locali. Le metastasi si verificano negli stadi avanzati della<br />
neoplasia. Un nuovo caso, giunto alla nostra osservazione, riguarda<br />
un uomo di 52 anni, impiegato, con anamnesi patologica<br />
negativa. Nel corso di un esame rinoscopico, effettuato<br />
in seguito a reiterati episodi di epistassi, si riscontra una lesione<br />
polipoide. Si esegue una polipectomia e il materiale<br />
viene inviato al nostro Servizio per l’esame istopatologico.
PATOLOGIE VARIE<br />
299<br />
Macroscopicamente, la neoplasia appare come una massa polipoide,<br />
ricoperta da mucosa ampiamente erosa. Istologicamente,<br />
la proliferazione neoplastica è costituita da piccole<br />
cellule rotonde disposte in ampi nidi. L’immunoistochimica<br />
evidenzia positività per cromogranina, sinaptofisina e NSE.<br />
Citocheratine ed EMA risultano negativi. Sulla base di tali<br />
dati viene posta la diagnosi di neuroblastoma olfattorio. In<br />
seguito all’analisi della letteratura viene consigliato ai clinici<br />
una accurata stadiazione TNM della neoplasia e uno stretto<br />
follow-up.<br />
Pigmented nevoid lesion in a benign cystic<br />
ovarian teratoma. A case report<br />
N. Scibetta, L. Marasà<br />
Servizio di Anatomia Patologica, ARNAS Civico “Di Cristina,<br />
Ascoli”, Palermo<br />
Introduction<br />
Mature cystic teratoma of the ovary, or dermoid cyst, is a benign<br />
tumor composed of well-differentiated derivatives of<br />
three germ layers, with predominating ectodermal elements.<br />
Mature cystic teratoma occasionally may undergo neoplastic<br />
change in one of its elements, squamous cell carcinoma is the<br />
predominant entity. There have been no report, however, of<br />
secondary benign tumors other than a few cases of benign<br />
melanocytic nevus, including cases of blue nevus and compound<br />
nevus. We describe a case of collections of dendritic<br />
melanocytes, of the type occurring in a blue nevus, in a mature<br />
cystic teratoma of the ovary, and we discuss briefly<br />
about the embryogenic origin of melanocytes.<br />
Methods<br />
A 53-year-old, nonparous, has been subjected to left laparosalpingo-oophorectomy,<br />
because ultrasound and abdomen<br />
TAC disclosed left complex adnexal masse. The haematic tumoral<br />
markers and the uterus and the right ovary were normal.<br />
The specimens sent were formalin 4% fixed and paraplast<br />
plus included. Sections of 3-5 µm thickness have been<br />
prepared for H&E stain, Masson-Fontana silver stain and<br />
prussian blue, and immunohistochemical stains.<br />
Results<br />
Macroscopically the left ovary harboured a round neoformation,<br />
with maximum diameter cm 6, with a smooth, graywhite,<br />
glistening surface. The cut surface revealed a unilocular<br />
cavity, filled with fatty material and hair, surrounded by<br />
a firm capsule. The microscopic observation pointed out a<br />
mature trifoliate cystic teratoma, with prevalence of epidermoid<br />
tissues. A dense, multifocal proliferation of pigmented<br />
dermal cells, greatly elongated, wavy and slender, positive<br />
for S100 protein and HMB45 stains, negative for CD34, with<br />
abudant fine melanin granules that stained positively with<br />
Fontana-Masson silverstain and negatively with prussian<br />
blue, were found. These cells were consistent with dendritic<br />
melanocytes. This lesion resembled a benign blue nevus,<br />
due to the absence of mitotic figures, junctional activity, and<br />
cellular atypia. Multiple poorly circumscribed clusters of<br />
these dendritic cells were also present scattered in teratoma,<br />
and some of these were found adjacent to mature neuroglial<br />
tissue.<br />
Conclusions<br />
This case represents a rare report of a nevoid lesion, arising<br />
in ovarian cystic teratoma. Dense collections of dendritic<br />
melanocytes were found occasionally adjacent to neuroglial<br />
tissue. This finding adds further support to the current belief<br />
that in the normal skin, melanocytes (or their precursors) migrate<br />
from the central neural crest to assume their permanent<br />
position in the basal layer of the epidermis.<br />
The lipoleiomyoma of the uterus. A case<br />
report<br />
N. Scibetta, L. Marasà<br />
Servizio di Anatomia Patologica, ARNAS Civico “Di Cristina,<br />
Ascoli”, Palermo<br />
Introduction<br />
The uterine lipoleyomioma is a mesenchymal benign neoplasm<br />
characterized by the presence of fatty tissue in an otherwise<br />
typical leiomyoma. It is a rare tumor wich constitute<br />
about the 0,8% of the leiomyomas uteri. They occur in middle-aged<br />
or erderly women and may arise in any part of the<br />
uterus, including the cervix. Here we report a case of uterine<br />
lipoleiomyoma and briefly discuss about the pathogenesis of<br />
this lesion.<br />
Methods<br />
A 63 years old woman, was subjected to a bilateral hysterosalpingo-oophorectomy<br />
for several uterine leiomyomas. The<br />
specimens sent were formalin 4% fixed and paraplast-plus<br />
embedded. Sections of 3 µm thickness have been prepared<br />
for typical stains (H&E and PAS). The immunohistochemycal<br />
stains have been perfomed by following antibodies: α<br />
smooth muscle actin, caldesmon, vimentin, S100, CD10,<br />
desmin, HMB45.<br />
Results<br />
Macroscopically the corpus uteri harboured several leiomyomas<br />
of different size, ranged from cm 5 to cm 1. One of<br />
these node, intramural, with maximum diameter cm 3.5, had<br />
soft yellow areas on the cut surface and softish consistence.<br />
Microscopically we noticed wide areas of fat cells with rare<br />
bundles of smooth muscle cells, without atypia, necrosis and<br />
mitoses. The smooth muscle cells were also positive for α-<br />
smooth muscle actin, desmin, caldesmon, negative for CD10.<br />
The fat cells were positive for vimentin, negative for α<br />
smooth muscle actin and caldesmon.<br />
Conclusions<br />
The presence of fatty tissue in the myometrium has been interpreted<br />
either as a lipomatous degeneration, or as a metaplasia<br />
of smooth muscle cells, or still as a real neoplasm frequently<br />
associated with a leiomyoma, the so-called<br />
lipoleiomyoma. The presence, in the our case report, of adipose<br />
tissue areas in the middle neoplasm let us exclude that<br />
these fat cells came from a periuterin loose connective tissue,<br />
trapped within the leiomyoma. Finally, the pathogenesis<br />
of this lesion can be fully ascribed to a mixed, benign, heterologous,<br />
mesenchymal neoplasm. Furthermore the uterine<br />
mesenchima can differentiate in lacked tissue in the uterus,<br />
without passing through a phenomen of metaplasia, as clearly<br />
expressed in the uterine malignant mixed mesodermal tumor<br />
with omologous and or heterologous sarcomatous elements.
300<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
Tumor of collision: sarcomatoid carcinoma<br />
and small cell carcinoma of the urinary<br />
bladder. A case report<br />
N. Scibetta, L. Marasà<br />
Servizio di Anatomia Patologica, ARNAS Civico, “Di Cristina,<br />
Ascoli”, Palermo<br />
Introduction<br />
SCC of the urinary bladder is a malignant neoplasm that<br />
comprises less than 0.5% of all bladder neoplasm and it frequently<br />
occurs in mixed carcinomas. The sarcomatoid carcinoma<br />
(SC) is a unusual tumor composed of malignant splindle<br />
and pleomorphic cells, positive for both vimentin and<br />
CK. We present the clinical and histopathological features of<br />
a case of SCC and SC to better understand the characteristics<br />
of this bladder tumour.<br />
Methods<br />
A 66 years old man presented an undifferentiated carcinoma<br />
with infiltration of the tunica muscularis in the transurethral<br />
biopsy specimens. A radical cystoprostatectomy was perfomed.<br />
The sections of 3 µm were routinely stained with<br />
H&E, alcian blue, PAS, Masson trichrome and immunohistochemical<br />
studies were perfomed. He was alive without evidence<br />
of disease at 15 months of follow-up.<br />
Results<br />
Macroscopically, nodular ulcerated masse, sized 3 cm, was<br />
localized in the anterior wall of the bladder. At cut a firm grey<br />
tissue invaded the whole of posterior bladder wall. The specimens<br />
of anterior wall disclosed a malignant neoplasm, that<br />
infiltrated inside the wall, composed of loosely cohesive<br />
sheets of small cells with scanty cytoplasm, hypercromatic<br />
nuclei and inconspicuous nucleoli, numerous mitoses, positive<br />
for chromogranin A, CK, synaptophisyn, NSE, CEA,<br />
negative for vimentin, PSA, CD44. The specimens of posterior<br />
wall disclosed a high-grade neoplasm in wich a malignant<br />
epithelial component (undifferentiated type) coexisted<br />
with an area having sarcoma-like appearance with splindle<br />
and pleomorphic cells, positive for vimentin, CK, CA19.9,<br />
CD44, CEA, negative for PSA and NE markers, without heterologous<br />
elements. The junction between the two components<br />
was abrupt. Prostate and seminal vesicles were found<br />
negative for neoplasm.<br />
Conclusions<br />
In the sarcomatoid component the areas of transition between<br />
epithelial undifferentiated and sarcoma-like cells, the immunoreactivity<br />
for CK of the latter and the lack of areas of<br />
specific mesenchymal differentiation suggested that it was of<br />
epithelial nature. This we preferred to designate as a SC<br />
rather than carcinosarcoma. The SCC occurring in the urinary<br />
bladder must be carefully differentiated from direct invasive<br />
foci of SCC of the prostate and metastatic cancer originating<br />
from the lung. In these cases the small cells were negative<br />
for TTF, PSA. There are few neoplasm described in the<br />
literature, that are similar to the present case. Most cases reported<br />
mixed SCC with SC. The two components described<br />
in our malignant bladder tumor are separated, without areas<br />
of a transition, although several histological samples have<br />
been taken, suggesting a collision tumor.<br />
Well-differentiated papillary mesothelioma of<br />
the peritoneum. A case report<br />
N. Scibetta, L. Marasà<br />
Servizio di Anatomia Patologica, ARNAS Civico “Di Cristina,<br />
Ascoli”, Palermo<br />
Introduction<br />
WDPM of the peritoneum is a rare indolent mesothelial neoplasm,<br />
that occurs mostly in women (80% of the cases), who<br />
are usually in reproductive age; occasional patients are postmenopausal.<br />
The lesions are usually an incidental finding at<br />
surgery, rarely have been associated with abdominal ascites.<br />
The cause of these rare tumors is not apparent, and they do<br />
not have a link with exposure to asbestos. In this report, we<br />
describe a rare case of WDPM of peritoneum and the correlated<br />
problems of differential diagnosis.<br />
Methods<br />
A woman 64 years old, 10 years ago has been subjected, to<br />
hysterectomy with left salpingo-oophorectomy for leiomyomas.<br />
Some month ago ascites appeared, with a growing of<br />
haematic values of CA125 (56UI). At laparatomy small tumor<br />
foci described as “papillary”, were on the ovarian surface,<br />
in addition to multiple omental and pelvic tumor nodules,<br />
with size variable in the 0.5 cm to 2.0 cm range. The patient<br />
was subjected to right salpingo-oophorectomy, omentectomy<br />
and toilette of peritoneal cavity. She was alive without<br />
evidence of disease at 18 months of follow-up. The tissues<br />
were fixed in buffered 4% formalin, embedded in paraffin<br />
and sections routinely stained with H&E, alkaline alcian<br />
blue, PAS. Immunohistochemical studies were performed.<br />
Results<br />
The histological study of the specimens disclosed fibrous<br />
papillae, covered by a single layer of flattened to cuboidal<br />
mesothelial cells, lacking atipias and mitoses. No psammoma<br />
bodies and evidence of stromal invasion are encountered in<br />
this case. The cells were negative for CEA, B72.3, BER-EP4,<br />
LEUM1, P53, positive for EMA, CK5/6, calretinin, trombomodulin,<br />
WT1.<br />
Conclusions<br />
The morphologic and immunohistochemical features reported<br />
in this case are consistent with WDPM, an indolent neoplasm.<br />
From the gross standpoint, the multiple peritoneal<br />
nodules in WDPM may lead to confusion with peritoneal carcinomatosis.<br />
Another major source of diagnostic confusion is<br />
the occasional example of diffuse peritoneal malignant<br />
mesothelioma in wich well differentiated papillary elements<br />
are prominent. When the lesions of WDPM are small, the<br />
possibility that they represent iperplasia rather than neoplasia<br />
may come under consideration. The picture that emerges<br />
from the follow-up current study of WDPMP is that of a predominantly<br />
benign tumor. Currently there is no indication of<br />
the cause of WDPMP, and there is no evidence that it is related<br />
to asbestos. In our case the patient referred a pelvic<br />
surgery and no exposure to asbestos.
PATOLOGIE VARIE<br />
301<br />
The role of B lymphocytes and NK cells in<br />
cardiac allograft rejection<br />
C. Sorrentino, T. D’Antuono, A. Scarinci * , A. Pellicciotta,<br />
R. Bellocci, M. Pasquale * , C. Di Iorio * , E. Di Carlo<br />
Department of Oncology and Neurosciences, Surgical Pathology<br />
Section, “G. d’Annunzio” University, Chieti, Italy; *<br />
Medical and Surgical Department of Cardiology, Cardiology<br />
Section, “SS Annunziata” Hospital, Chieti, Italy<br />
Introduction<br />
Acute rejection episodes still occur in transplanted patients<br />
despite improvement of the immunosuppressive regimens.<br />
They constitute a critical risk factor for the subsequent development<br />
of chronic rejection and are the leading cause of<br />
allograft loss. A better understanding of the mechanisms<br />
leading to intramyocardial inflammatory cell recruitment and<br />
activation and to cardiomyocyte damage may suggest new<br />
ways of controlling graft rejection.<br />
Methods<br />
In accordance with the criteria established by International<br />
Society for Heart and Lung Transplantation (ISHLT), we<br />
analysed 39 endomyocardial biopsies (EMB) from transplanted<br />
patients undergoing constant immunosuppressive<br />
therapy (cyclosporin A, azathioprine, deltacortene). Then, we<br />
selected EMB with G 3A rejection, the grade in which aspects<br />
of cardiomyocyte replacement or damage by infiltrating<br />
cells become to appear. These EMB were analysed, by<br />
immunohistochemistry and laser scanning confocal microscopy,<br />
to investigate a) the presence and the functional<br />
state of the different leukocyte populations and, b) the expression<br />
of mediators possibly involved in their recruitment.<br />
Results<br />
In comparison with EMB with G 0 or G 1A/B rejection,<br />
EMB with G 3A rejection showed a significant infiltration of<br />
macrophages, CD4 + and CD8 + T lymphocytes and of both<br />
CD209 + and CD83 + dendritic cells. Four out of ten EMB with<br />
G 3A rejection were marked by a significant influx of CD20 +<br />
B lymphocytes and CD94 + NK cells. Co-localisation analyses<br />
revealed that B lymphocytes expressed MHC II, CD80 and<br />
CD86 and co-operate to IL-12 production, while NK cells<br />
tested positive for CD69 and co-operate to IFN-γ production.<br />
In these EMB, we also observed a low but distinct expression<br />
of the B cell attracting chemokine-1, BCA-1/CXCL13 by<br />
macrophages and of the NK cell attracting chemokine namely<br />
fractalkine/neurotactin/CX3CL1 by macrophages and endothelial<br />
cells. Interestingly, the clinical and istopathological<br />
monitoring of this few patients revealed a trend toward a recurrence<br />
of the rejection episodes.<br />
Conclusions<br />
Intramyocardial infiltration by functionally activated B and<br />
NK cells may play a key role in the dynamic of allograft rejection<br />
and the chemokines CXCL13 and CX3CL1, respectively,<br />
may be involved their recruitment. Our findings, although<br />
have to be confirmed in a larger group of patients,<br />
strongly suggest that a) B lymphocytes and NK cells are involved<br />
in the development of immunosuppressive drug resistance,<br />
b) analyses of the cellular and molecular profile of<br />
acute rejection may be predictive of graft outcome and useful<br />
for planning individualization of therapy.<br />
Carcinoma papillare della tiroide in bambina<br />
di nove anni. Descrizione di un caso<br />
F. Tallarigo, R. Patarino, A.V. Filardo * , M.G. Scalia<br />
Anatomia Patologica e Citodiagnostica, Ospedale “San Giovanni<br />
di Dio” Crotone; * Anatomia Patologica e Citodiagnostica,<br />
Ospedale “Pugliese-Ciaccio”, Catanzaro<br />
Introduzione<br />
Il Carcinoma della tiroide è una entità rara nelle prime due<br />
decadi di vita. È stimato che il 10% del totale di casi di carcinoma<br />
della tiroide si verifichino entro questo range di età,<br />
e rappresenta una percentuale compresa tra lo 0,5 e il 3% di<br />
tutte le neoplasie maligne che interessano bambini ed adolescenti.<br />
C’è una netta predominanza del sesso femminile con<br />
un rapporto femmine/maschi che è di 2-2,5:1. L’istotipo più<br />
comune è quello papillare.<br />
Metodi<br />
Ad una bambina di nove anni veniva riscontrato un nodulo latero-cervicale<br />
sinistro che all’esame ecografico si diagnosticava<br />
come linfonodo a struttura sovvertita. Si eseguiva FNA<br />
del linfonodo che mostrava una ricca popolazione di elementi<br />
epiteliali, di tipo cuboidale, dispersi, talora aggregati a formare<br />
strutture di tipo micropapillare, con nuclei ingranditi ed<br />
irregolari, cromatina finemente dispersa con presenza di incisure<br />
e pseudoinclusi. Veniva pertanto fatta diagnosi di neoplasia<br />
papillare di possibile derivazione tiroidea. La piccola<br />
paziente era sottoposta ad intervento chirurgico di tiroidectomia<br />
con svuotamento linfonodale latero-cervicale sinistro.<br />
Risultati<br />
All’esame macroscopico la tiroide presentava una piccola (< 1<br />
cm Ø) lesione nodulare, biancastra, di consistenza aumentata a<br />
livello del lobo sin. Istologicamente questa area corrispondeva<br />
ad un carcinoma papillare di tipo classico con presenza di aree<br />
solide. La neoplasia presentava dal punto di vista immunofenotipico<br />
una intensa positività alla citokeratina 19, alla galectina-3<br />
e all’anticorpo HBME-1. L’esame dei linfonodi, relativi<br />
allo svuotamento latero-cervicale, mostrava un solo linfonodo<br />
(2 cm Ø) quasi completamente metastatico. Tutti gli altri linfonodi<br />
isolati risultavano indenni da metastasi.<br />
Conclusioni<br />
Clinicamente il carcinoma tiroideo dell’infanzia si comporta<br />
in maniera diversa rispetto alla forma adulta. Il coinvolgimento<br />
linfonodale è la principale manifestazione clinica della<br />
neoplasia (35%-53%), mentre il riscontro di metastasi polmonari<br />
è in relazione al tempo intercorso per la diagnosi<br />
(5%-16%). Comunque la prognosi, anche nei casi con localizzazione<br />
a distanza, è relativamente buona. Oltre all’istotipo<br />
papillare, che è il più comune, c’è la variante follicolare<br />
che è meno comune, mentre le varianti midollare ed anaplastica<br />
sono estremamente rare. L’eziologia è sconosciuta, anche<br />
se esistono specifici fattori di rischio che ne aumentano<br />
l’incidenza e che includono l’esposizione alle radiazioni ionizzanti,<br />
soprattutto nei primi anni di vita. L’importanza delle<br />
radiazioni come fattore di rischio per il carcinoma della tiroide<br />
è stata dimostrata dall’aumento dell’incidenza di questa<br />
patologia nei bambini della Bielorussia dopo l’incidente di<br />
Chernobyl. Altri fattori di rischio sono, la deficienza di iodio,<br />
la tiroidite cronica di Haschimoto, situazioni che si associano<br />
ad aumentati livelli, per lungo periodo, di TSH, fattori genetici<br />
dovuti a mutazioni spontanee (riarrangiamento<br />
RET/PTC) o a trasmissione ereditaria, come nel caso del carcinoma<br />
midollare. Nel caso in esame non sussisteva nessun<br />
fattore di rischio.
302<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
Melanoma della mucosa della cavità nasale:<br />
descrizione di due casi<br />
F. Tallarigo ** , S. Squillaci, A.V. Filardo *** , D. Lambertenghi<br />
* , N. Hadjmohammadi, G. Pizzoli<br />
Servizi di Anatomia Patologica e * Radiologia, Ospedale di<br />
Vallecamonica, Esine (Italia); ** Servizio di Anatomia Patologica,<br />
Ospedale “S. Giovanni di Dio”, Crotone (Italia);<br />
***<br />
Servizio di Anatomia Patologica, Ospedale “Pugliese-<br />
Ciaccio”, Catanzaro (Italia)<br />
Introduzione<br />
Il melanoma primitivo della regione seno-nasale e del rinofaringe<br />
è un evento raro con un’incidenza stimata ≤ 4% di tutte<br />
le neoplasie primitive del distretto; comprende circa il 4%<br />
di tutti i melanomi localizzati alla testa ed al collo.<br />
Metodi<br />
Caso n. 1: donna di 71 anni presenta, nell’Aprile 2005, rinorrea<br />
limpida ed epistassi recidivanti a causa di una neoformazione<br />
polipoide nella cavità nasale destra a contatto con il<br />
setto nasale. Pervengono per esame estemporaneo due frammenti,<br />
il maggiore di 2,5 cm di colorito grigio-roseo e consistenza<br />
molle-elastica, refertati come neoplasia mesenchimale<br />
benigna da definire dopo inclusione e in un secondo momento<br />
altri 6 frammenti, due dei quali riferibili a base di impianto<br />
della lesione.<br />
Caso n. 2: uomo di 60 anni, affetto da epistassi recidivanti,<br />
viene escisso in toto polipo carnoso nella fossa nasale sinistra<br />
adeso al turbinato inferiore di 1,7 cm e dopo 74 mesi è vivo<br />
e libero da malattia.<br />
Risultati<br />
All’esame microscopico tutti i frammenti del caso n. 1 sono<br />
sostituiti da una proliferazione di cellule con nucleo ovale o<br />
allungato, frequenti nucleoli, rima di citoplasma acidofilo, talora<br />
disposte in aggregati o nidi separati da una ricca componente<br />
vascolare con alcuni elementi plurinucleati e altri con<br />
granuli di pigmento nel citoplasma, negativo al Pearls. Le<br />
mitosi sono 2-3/10 HPF. Nel caso n. 2 spiccano elementi epitelioidi<br />
a citoplasma ampio con indice mitotico di 3-4/10<br />
HPF. L’immunoistochimica risulta in entrambi i casi positiva<br />
per vimentina, S-100, MART-1 e HMB-45 con negatività di<br />
altri marcatori e viene posta diagnosi di melanoma della mucosa<br />
nasale.<br />
Conclusioni<br />
L’incidenza del melanoma primitivo della regione seno-nasale<br />
varia tra lo 0,3% ed il 2% di tutti i melanomi. Pone problemi<br />
di diagnosi differenziale sia con un secondarismo che<br />
con altre neoplasie, quali il carcinoma scarsamente differenziato,<br />
il linfoma, il plasmocitoma, il neuroblastoma olfattorio,<br />
il tumore neuroectodermico, il carcinoma neuroendocrino<br />
a piccole cellule e il rabdomiosarcoma.<br />
Non agevole la diagnosi clinica pre-operatoria e l’esame<br />
estemporaneo può indurre il patologo a diagnosi errate.<br />
Recentemente è stato proposto un sistema di staging e si è osservato<br />
che la grandezza delle lesioni più che lo spessore (><br />
3 cm) e l’indice mitotico (> 10/10 HPF) potrebbero avere significato<br />
come fattori prognostici sfavorevoli 1 .<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Thompson LDR, et al. Am J Surg Pathol 2003;27:594-611.<br />
Primary splenic B-cell lymphoma (marginal<br />
zona lymphoma). Report of a case<br />
F. Tallarigo, R. Patarino, S. Squillaci * , G. Mammolenti,<br />
F.V. Murgi, M.G. Scalia<br />
Anatomia Patologica, Ospedale “San Giovanni di Dio”,<br />
Crotone; * Servizio di Anatomia Patologica, Ospedale di Esine<br />
(BS)<br />
Introduction<br />
Splenic marginal zone lymphoma (SMZL) is a specific lowgrade<br />
small B-cell lymphoma that is incorporated in the<br />
World Healt Organization classification. Characteristic features<br />
are splenomegaly, moderate lymphocytosis with villous<br />
morphology, intrasinusoidal pattern of involvement of various<br />
organs, especially bone marrow, and relative indolent<br />
course. Tumor progression with increase of blastic forms and<br />
aggressive behaviour are observed in a minority of patients.<br />
Methods<br />
The case of a 45-year-old female patient admitted for abdominal<br />
pain due to large splenomegaly is reported. The patient<br />
present mild pancytopenia. Laparotomy with splenectomy<br />
was performed. Macroscopic examination present<br />
marked splenomegaly (1,800 g).<br />
Results and conclusion<br />
Histologically, the spleen is characterised by a nodular infiltrate.<br />
Neoplastic cells extend from the marginal zone to the<br />
red pulp with variable involvement. Cytologically, the neoplastic<br />
cells are medium sized with roundish or slightly irregular<br />
nucleus, clumped chromatin, frequent small nucleolus,<br />
and moderate amount of cytoplasm with distinct borders<br />
sometimes of villous appearance. Involvement of hilar<br />
splenic lymph nodes and liver is observed. Bone marrow<br />
biopsy has not bee performed. Immunophenotypically, the<br />
tumor cells has a mature B-cell phenotype and express positivity<br />
for CD20, CD45RA, Cd79a, bcl2, IgM, and negativity<br />
for CD5, CD43, CD23, CD10, Bcl-6 and cyclin D1. Histological<br />
differential diagnosis include a number of entities<br />
such as lymphoid hyperplasias, other marginal lymphomas,<br />
mantle cell lymphoma, follicular lymphoma, and B-CLL.<br />
Germinoma extragonadico: descrizione del<br />
primo caso a localizzazione orbitaria<br />
L. Ventura, P. Perrini * , F. Liberati ** , A. Ricci * , A. Dal<br />
Mas, M. Di Franco, R. Galzio *<br />
UU.OO. di Anatomia Patologica e di * Neurochirurgia,<br />
Azienda USL 4, L’Aquila; ** U.O. di Anatomia Patologica,<br />
Azienda USL, Rieti<br />
Introduzione<br />
I casi a localizzazione extragonadica costituiscono il 2-5%<br />
delle neoplasie germinali dell’adulto e solitamente insorgono<br />
in strutture mediane, quali retroperitoneo, mediastino, pineale<br />
e regione soprasellare. L’orbita rappresenta una sede assai<br />
rara per tali neoplasie, tipicamente diagnosticate nei giovani;<br />
nessun report ha mai riguardato il germinoma 1 .<br />
Presentiamo il primo caso di germinoma primitivo dell’orbita<br />
in un maschio adulto esente da lesioni in altra sede.<br />
Metodi<br />
Un uomo di 56 anni giungeva alla nostra osservazione con<br />
proptosi sinistra ingravescente da 3 mesi, associata a dolore<br />
e diminuzione del visus. L’esame obiettivo evidenziava che-
PATOLOGIE VARIE<br />
303<br />
mosi e congiuntivite dell’occhio sinistro, con acuità visiva di<br />
1/30 a sinistra e 10/10 a destra.<br />
La risonanza magnetica mostrava una massa tondeggiante di<br />
22 x 20 x 18 mm situata nell’adipe retrobulbare, che comprimeva<br />
il globo oculare senza deformarlo e spostava medialmente<br />
il nervo ottico. La lesione, isointensa alle immagini T1<br />
e T2-pesate, era più evidente dopo iniezione del mezzo di<br />
contrasto. A seguito della diagnosi clinica di angioma il paziente<br />
veniva sottoposto ad orbitotomia laterale ed escissione<br />
della neoformazione.<br />
Il campione veniva fissato in formalina, campionato e processato<br />
per colorazioni istochimiche ed immunoistochimiche.<br />
Risultati<br />
L’esame macroscopico evidenziava una formazione nodulare<br />
grigiastra, parenchimatosa, di cm 2 x 1,8 x 1,5, parzialmente<br />
circondata da adipe.<br />
L’istologia mostrava aggregati di ampie cellule rotondeggianti,<br />
a citoplasma chiaro, PAS-positivo, con nuclei ipercromatici,<br />
nucleoli eosinofili prominenti e 4 mitosi/10 HPF. Tali<br />
cellule, immunopositive per PLAP, CD117 e cheratine<br />
AE1/3 (focalmente) e negative per vimentina, AFP, CD30, β-<br />
HCG, LCA, S100 e CD68, erano circondate da macrofagi,<br />
linfociti e plasmacellule. Il decorso postoperatorio è risultato<br />
privo di inconvenienti, con immediato miglioramento dei<br />
sintomi clinici, in assenza di terapie adiuvanti.<br />
Dopo 24 mesi il paziente risulta libero da malattia locale ed<br />
in altre sedi, con livelli serici dei marcatori tumorali nella<br />
norma.<br />
Conclusioni<br />
Sebbene eccezionale, il germinoma orbitario deve esser considerato<br />
nella diagnostica differenziale delle lesioni intraorbitarie.<br />
Considerato l’elevato rischio di cancro del testicolo<br />
metacrono dopo la diagnosi di neoplasia germinale extragonadica<br />
2 e nell’ipotesi di una metastasi da seminoma testicolare<br />
occulto, appare giustificato un lungo follow-up di questi<br />
pazienti.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Kivela T, et al. Surv Ophthalmol 1994;38:541-54.<br />
2<br />
Bokemeyer C, et al. APMIS 2003;111:49-63.<br />
Associazione GIST-carcinoma renale:<br />
descrizione di due casi e revisione della<br />
letteratura<br />
L. Ventura, F. Calista * , T. Ventura, C. Ficorella * , E. Ricevuto<br />
*<br />
U.O. di Anatomia Patologica, Azienda USL 4, L’Aquila;<br />
*<br />
Oncologia Medica, Dipartimento di Medicina Sperimentale,<br />
Università di L’Aquila<br />
Introduzione<br />
Un recente contributo scientifico sottolinea l’associazione tra<br />
carcinoma a cellule renali (RCC) papillare e tumore stromale<br />
gastrointestinale 1 . Poiché le due neoplasie sono legate a<br />
mutazioni di oncogeni della famiglia delle tirosinchinasi recettoriali,<br />
rispettivamente c-met e c-kit, è stato ipotizzato che<br />
mutazioni attivanti a monte di questi sistemi possano spiegare<br />
tale associazione.<br />
Anche l’istotipo a cellule chiare del RCC può associarsi a GI-<br />
ST, condividendo con quest’ultimo la perdita del braccio cromosomico<br />
14q 2 .<br />
Descriviamo due ulteriori casi di associazione GIST-RCC a cellule<br />
chiare, effettuando la completa revisione della letteratura.<br />
Metodi<br />
Abbiamo effettuato lo studio retrospettivo delle lesioni associate<br />
ai GIST autoptici e chirurgici da noi osservati nel periodo<br />
1980-2004, unitamente alla revisione della letteratura.<br />
Risultati<br />
Sono stati individuati due pazienti maschi di 65 anni con GI-<br />
ST gastrico a categoria di rischio molto bassa, incidentale, e<br />
coesistente RCC a cellule chiare, Fuhrman 2, rispettivamente<br />
pT1 e pT3b, entrambi del rene sinistro.<br />
In totale, sono noti 12 casi di tale associazione, comprendenti<br />
4 carcinomi papillari (M:F = 3:1, età media: 59,7), 5 carcinomi<br />
a cellule chiare (M:F = 3:2, età media: 69,4) e 3 carcinomi<br />
non altrimenti specificati.<br />
Conclusioni<br />
La differenza di età tra i due sottogruppi può avere significato,<br />
mentre l’evenienza di GIST multipli descritta in un caso<br />
conferma la possibilità di neoplasie differenti che condividono<br />
meccanismi biologici simili. Sebbene la maggioranza dei<br />
GIST in entrambi i sottogruppi appartenga alle categorie di<br />
rischio inferiori e costituisca riscontro occasionale in corso di<br />
chirurgia o autopsia, la presenza di casi a rischio elevato suggerisce<br />
un’associazione non casuale tra le due neoplasie.<br />
Ulteriori studi sono necessari per verificare se tali associazioni<br />
dipendono da meccanismi genetici o rappresentano<br />
semplici coincidenze. In ogni caso, il carcinoma renale amplia<br />
lo spettro delle neoplasie maligne che possono essere<br />
anamnesticamente riscontrate nei pazienti affetti da GIST.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Au WY, et al. Ann Oncol 2004;15:843-4.<br />
2<br />
Tzankov A, et al. Cancer Detect Prev 2003;27:256-8.<br />
Linfadenite di Piringer-Kuchinka con<br />
dimostrazione istologica di cisti toxoplasmica<br />
L. Ventura, F. Liberati * , M. Sarra, E. Pompili, T. Ventura<br />
U.O. di Anatomia Patologica, Azienda USL 4, L’Aquila;<br />
*<br />
U.O. di Anatomia Patologica, Azienda USL, Rieti<br />
Introduzione<br />
La toxoplasmosi rappresenta una causa relativamente frequente<br />
di linfadenopatia. Sebbene esistano criteri istologici<br />
definiti per la dimostrazione della malattia a livello linfonodale,<br />
l’identificazione microscopica dell’agente eziologico<br />
risulta eccezionale 1 2 . Per tali motivi, il valore diagnostico dei<br />
reperti istologici è usualmente subordinato ai risultati delle<br />
analisi sierologiche 2 .<br />
Presentiamo un caso di linfadenite toxoplasmica diagnosticata<br />
istologicamente dopo identificazione di cisti toxoplasmica.<br />
Metodi<br />
Un uomo di 32 anni si presentava all’osservazione clinica<br />
con linfadenopatia laterocervicale destra di recente insorgenza,<br />
in assenza di rilievi anamnestici significativi. L’intervento<br />
chirurgico evidenziava due stazioni linfonodali di consistenza<br />
duro-elastica, dei diametri massimi rispettivi di cm 3<br />
ed 1, che venivano bioptizzate.<br />
Il campione operatorio veniva fissato in formalina, campionato<br />
e processato per ottenere colorazioni istochimiche ed<br />
immunoistochimiche.<br />
Risultati<br />
Entrambi i linfonodi presentavano architettura conservata e<br />
la classica triade di iperplasia follicolare florida, iperplasia<br />
dei linfociti B monocitoidi e focolai irregolari di istiociti epitelioidi,<br />
talora posti nei centri germinativi. Ulteriori sezioni
304<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
del linfonodo di maggiori dimensioni mostravano una cisti<br />
toxoplasmica PAS-positiva situata alla periferia di un centro<br />
germinativo follicolare, non evidente alle prime colorazioni<br />
di routine.<br />
Gli esami sierologici, eseguiti un mese dopo l’intervento,<br />
mostravano marcato innalzamento dei valori di IgG ed IgM<br />
specifiche.<br />
Conclusioni<br />
La forma tissutale del Toxoplasma gondii (bradizoite o cisti<br />
toxoplasmica) può restare silente per anni e dare manifestazioni<br />
cliniche in caso di diminuzione dell’immunità dell’ospite.<br />
La biopsia linfonodale viene solitamente effettuata al fine di<br />
escludere neoplasie maligne. La classica triade istopatologica<br />
è considerata altamente specifica e relativamente sensibile<br />
per la diagnosi di linfadenite toxoplasmica 2 , ma la dimostrazione<br />
diretta del microrganismo costituisce un reperto occasionale<br />
1 e la ricerca del DNA toxoplasmico mediante PCR<br />
ha mostrato risultati discordanti 2 .<br />
Poiché nel caso in esame la cisti toxoplasmica era presente<br />
solo in alcuni dei preparati allestiti, l’analisi di numerose sezioni<br />
a differenti livelli potrebbe aiutare ad evidenziare un reperto<br />
probabilmente sottostimato.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Aisner SC, et al. Am J Clin Pathol 1983;79:125-7.<br />
2<br />
Lin M-H, et al. Pathol Int 2001;51:619-23.<br />
Carcinoma renale mucinoso, tubulare ed a<br />
cellule fusate. Descrizione di un caso<br />
L. Ventura, G. Coletti, A. Dal Mas, G. Romano * , B. Di<br />
Pasquale * , R. Mazzucchelli **<br />
UU.OO. di Anatomia Patologica e di * Urologia, Azienda<br />
USL 4, L’Aquila; ** Sezione di Anatomia Patologica ed Istopatologia,<br />
Università Politecnica delle Marche, Ancona<br />
Introduzione<br />
Il tipo istologico mucinoso, tubulare ed a cellule fusate rappresenta<br />
un’entità introdotta di recente nella classificazione<br />
dei carcinomi renali 1 .<br />
Descriviamo il caso di un carcinoma renale da noi recentemente<br />
osservato, con caratteristiche che ne consentono l’inclusione<br />
in tale categoria.<br />
Metodi<br />
Il caso riguarda una donna di 77 anni, giunta alla nostra osservazione<br />
in seguito ad un singolo episodio di ematuria macroscopica.<br />
Un’ecografia ed una successiva TC rilevavano la<br />
presenza di neoformazione solida del rene sinistro del diametro<br />
di circa 4 cm. La paziente veniva quindi sottoposta a<br />
nefrectomia radicale per via laparoscopica retroperitoneale e<br />
dimessa in terza giornata postoperatoria.<br />
Il campione operatorio veniva fissato in formalina, campionato<br />
e processato per ottenere colorazioni istochimiche ed<br />
immunoistochimiche.<br />
Risultati<br />
All’esame macroscopico il rene, di cm 11 x 5 x 4, presentava<br />
una formazione nodulare mediorenale ben circoscritta, solida,<br />
giallastra chiara, del diametro massimo di cm 3,5. Microscopicamente<br />
la neoplasia risultava costituita da strutture<br />
tubulari ramificate, separate da stroma mixoide alcian-positivo<br />
e rivestite da cellule cuboidali che focalmente assumevano<br />
morfologia fusata. Tali elementi presentavano citoplasma<br />
chiaro o debolmente eosinofilo e nuclei uniformi, rotondeggianti,<br />
senza evidenza di nucleoli e mitosi. Erano presenti foci<br />
microscopici di necrosi con emosiderofagi e cellule stromali<br />
multinucleate. Al di fuori della neoplasia erano presenti<br />
adenomi papillari corticali, una cisti da ritenzione e pielonefrite<br />
cronica aspecifica. Il profilo immunoistochimico mostrava:<br />
positività diffusa per citocheratine AE1/3; positività<br />
multifocale per citocheratine 7, CAM 5.2 e 34βE12; positività<br />
focale per vimentina ed EMA; negatività per CD10, citocheratina<br />
20, CD15, CD117, cromogranina A, sinaptofisina<br />
e p53. Meno dell’1% delle cellule era positivo per Ki67. Sette<br />
mesi dopo l’intervento la paziente è in buona salute.<br />
Conclusioni<br />
Nonostante la discreta variabilità istopatologica ed immunofenotipica<br />
dei casi finora descritti in letteratura, questo istotipo<br />
inusuale di carcinoma renale potrebbe addirittura rappresentare<br />
una distinta entità clinicopatologica, che predilige il<br />
sesso femminile ed è caratterizzata da differenziazione nefronica<br />
distale, basso grado di malignità e decorso clinico favorevole<br />
1 2 .<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Aubert S, et al. Int J Surg Pathol 2004;12:179-83.<br />
2<br />
Rakozy C, et al. Mod Pathol 2002;15:1162-71.<br />
Diffusione parotidea da epatocarcinoma:<br />
case report<br />
A.R. Vitale, G. Coletti * , S. Saltarelli * , M. De Vito, S. Di<br />
Rito, P. Leocata<br />
Università dell’Aquila, Dipartimento di Medicina Sperimentale,<br />
Cattedra di Anatomia Patologica; * ASL4 U.O. Anatomia<br />
Patologica<br />
Introduzione<br />
Il carcinoma epatocellulare raramente metastatizza alle<br />
ghiandole salivari 1 . Solitamente le metastasi alla parotide<br />
hanno origine da tumori primitivi localizzati nella testa e nel<br />
collo. Una corretta diagnosi differenziale fra tumore primitivo<br />
e metastatico è fondamentale per un’adeguata valutazione<br />
prognostica e terapeutica.<br />
Caso clinico<br />
Paziente di 82 aa con tumefazione nella regione parotidea destra,<br />
di consistenza duro lignea, non dolente né dolorabile alla<br />
palpazione. All’esame ecografico si evidenziava nella regione<br />
mandibolare destra una tumefazione di cm 3,8 x 3,4 x<br />
1,5 ad ecostruttura solida, disomogenea, con piccole aree liquide<br />
e con intenso segnale vascolare intranodale.<br />
È stato eseguito un FNAB che ha evidenziato “cluster di cellule<br />
epitelioidi atipiche, ad ampio citoplasma granulare e nucleo<br />
tondeggiante, provvisto di evidente nucleolo”. I reperti<br />
erano suggestivi di “neoformazione di ghiandola salivare del<br />
tipo a cellule acinose e/o oncocitaria” che necessitava di ulteriori<br />
approfondimenti istologici.<br />
Il successivo esame istologico su biopsia ha messo in evidenza<br />
un tessuto neoplastico costituito da filiere di cellule ad<br />
ampio citoplasma eosinofilo e nucleo tondeggiante, nucleolato<br />
con una vascolarizzazione di tipo sinusoidale. In alcuni<br />
campi microscopici si osservavano diversi corpi acidofili tipo<br />
Councilman e piccoli aggregati di materiale granulare<br />
giallo-oro (di tipo biliare). Il tessuto neoplastico, all’indagine<br />
immunoistochimica, era positivo per CD10 ed Hepatocyte. I<br />
reperti erano compatibili con diffusione di epatocarcinoma<br />
trabecolare. Un’anamnesi più approfondita ha permesso di rilevare<br />
una primitività epatica non segnalata dai clinici.
PATOLOGIE VARIE<br />
305<br />
Discussione<br />
Escludendo testa e collo il 20% delle metastasi parotidee deriva<br />
da polmone, rene, mammella e più raramente dal tratto<br />
GI e GU. Tipicamente le metastasi da epatocarcinoma coinvolgono<br />
i polmoni attraverso il sistema della vena porta. Nel<br />
nostro caso non ci sono evidenze di coinvolgimento polmonare<br />
ma solo parotideo. Ciò rende la presentazione della malattia<br />
peculiare, anche se possibile per la presenza del plesso<br />
venoso perivertebrale di Batson. La rarità del caso in esame<br />
tuttavia è dovuta al fatto che in letteratura sono stati descritti<br />
solo altri 2 casi di epatocarcinoma metastatizzante alla<br />
ghiandola parotide.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Romanas MM, et al. Diagn Cytopathol 2004;30:401-5.<br />
Espressione e distribuzione dei recettori della<br />
somatostatina nei timomi<br />
D. Vitolo, G. Deriu, L. Ciocci, M. Matarrazzo, S. Cortese,<br />
C.D. Baroni<br />
Dipartimento di Medicina Sperimentale e Patologia, I Facoltà<br />
di Medicina e Chirurgia, Università di Roma “La Sapienza”,<br />
Roma<br />
Introduzione<br />
La “somatostatin receptor scintigraphy” utilizza gli analoghi<br />
marcati della somatostatina (octeotride) nella diagnostica per<br />
immagini e nel follow-up di pazienti affetti da timoma. Non<br />
è però descritta in letteratura l’espressione e la distribuzione<br />
“ex vivo” dei recettori della somatostatina in neoplasie epiteliali<br />
primitive del timo. Abbiamo valutato l’espressione dei<br />
recettori della somatostatina in queste neoplasie al fine di<br />
comprenderne il significato fisiopatologico e per dare una base<br />
anatomopatologica all’uso degli analoghi della somatostatina<br />
nella diagnostica per immagini e nella terapia neoadiuvante<br />
e adiuvante di questi tumori.<br />
Metodi<br />
Mediante immunoistochimica, abbiamo studiato espressione<br />
e distribuzione di SSTR1, SSTR2A, SSTR2B, SSTR3,<br />
SSTR4 e SSTR5 nel timo fetale (5 casi), involuto (5 casi) e<br />
nell’iperplasia follicolare (4 casi), e in neoplasie epiteliali<br />
primitive (3 casi di Timoma A, 1 di Timoma AB, 6 di Timoma<br />
B2, 3 di Timoma B3, 3 di Timoma C).<br />
Risultati<br />
SSTR1, SSTR3 e SSTR5 sono espressi in tutti i casi di timoma<br />
studiati. L’espressione di SSTR2A non è stata mai osservata<br />
nei timomi tipo A e B3; si osserva invece nel caso di timoma<br />
AB, in 4 casi di timoma B2 e in 2 casi di timoma C.<br />
L’espressione di SSTR2B è stata osservata in 2 casi di timoma<br />
A, in un caso di timoma AB, in 5 casi di timoma B2, in 2<br />
casi di timoma B3 e in 2 casi di timoma C. L’espressione di<br />
SSTR4 non è stata mai osservata.<br />
Conclusioni<br />
I timomi esprimono gli stessi recettori del timo normale e<br />
iperplastico, ma con patterns diversi. Il recettore ad alta affinità<br />
SSTR2A è espresso nei timomi di tipo B2, caratterizzati<br />
da aspetti di differenziazione midollare, mentre è assente nei<br />
timomi di tipo A e B3, che ne sono privi. I timomi di tipo B1<br />
e B2 presentano aree di differenziazione midollare che suggeriscono<br />
che in questi istotipi le cellule neoplastiche mantengono<br />
aspetti di differenziazione funzionale. Pertanto l’espressione<br />
dei recettori della somatostatina nei timomi di tipo<br />
B2 conforta l’ipotesi che questi siano costituiti da cellule<br />
neoplastiche funzionalmente differenziate. Ciò è in parte<br />
confermato dall’assenza di SSTR2A nei timomi di tipo A e<br />
B3, privi di differenziazione midollare. La mancata espressione<br />
di SSTR2A in queste ultime varietà di timoma potrebbe<br />
comprometterne l’efficacia del monitoraggio strumentale<br />
e della terapia con gli analoghi della somatostatina.<br />
Espressione di TP73L nei linfomi B a grandi<br />
cellule primitivi del mediastino: un utile<br />
marcatore diagnostico<br />
A. Zamò, G. Malpeli, A. Scarpa, C. Doglioni * , M. Chilosi,<br />
F. Menestrina<br />
Dipartimento di Patologia, Università di Verona, Verona,<br />
Italia; * Dipartimento di Istopatologia, Ospedale “San Raffaele”,<br />
Milano, Italia<br />
Introduzione<br />
Il linfoma B a grandi cellule primitivo del mediastino è<br />
un’entità nosologica ben distinta la cui patogenesi molecolare<br />
è solo parzialmente nota, che difetta di marcatori diagnostici<br />
ben definiti. Recentemente studi di profilamento genetico<br />
hanno rivelato caratteristiche in comune tra il linfoma di<br />
Hodgkin ed il linfoma B a grandi cellule primitivo del mediastino.<br />
Studi morfologici ed immunoistochimici hanno successivamente<br />
confermato questa parziale sovrapposizione.<br />
Metodi<br />
In questo studio abbiamo analizzato l’espressione delle diverse<br />
isoforme di TP73L (nota anche come p63) nel linfoma<br />
B a grandi cellule primitivo del mediastino sia a livello di<br />
proteina che di mRNA.<br />
Risultati<br />
Abbiamo così dimostrato che solamente le isoforme transattivanti<br />
(TA) di TP73L erano presenti nei casi di linfoma B a grandi<br />
cellule primitivo del mediastino. Abbiamo anche dimostrato<br />
che TP73L è espressa in un sottogruppo di cellule del centro<br />
germinativo, ed anche in una percentuale di linfomi B diffusi a<br />
grandi cellule, ma non è mai presente nel linfoma di Hodgkin<br />
di tipo classico. Anche il linfoma di Hodgkin di tipo nodulare a<br />
prevalenza linfocitaria è risultato positivo per TP73L. L’analisi<br />
delle isoforme tramite RT-PCR quantitativa ha mostrato che<br />
TA-TP73L-alfa era la più rappresentata linfoma B a grandi cellule<br />
primitivo del mediastino, ma TA-TP73-gamma era la più<br />
deregolata in confronto sia a cellule del centro germinativo purificate,<br />
sia a linfomi B diffusi a grandi cellule.<br />
Conclusioni<br />
L’espressione di TP73L si è dimostrata un utile marcatore<br />
diagnostico del linfoma B a grandi cellule primitivo del mediastino,<br />
e ha fornito nuovi indizi sulle vie molecolari che<br />
giocano un ruolo in questo linfoma.<br />
Tumore adenomatoide del testicolo<br />
R. Zamparese, F. Corsi, W. Giannubilo * , P. Bufo<br />
Università di Foggia, Dipartimento di Scienze Chirurgiche,<br />
Sezione di Anatomia Patologica, Ospedale “Colonnello D’Avanzo”;<br />
* Università Politecnica delle Marche, Azienda<br />
Ospedaliera “Umberto I”, Clinica Urologica, Ancona<br />
Introduzione<br />
Il tumore adenomatoide è una neoplasia benigna rara, che interessa<br />
il testicolo, di solito, per estensione dalla tonaca albuginea,<br />
è raro che la neoplasia prenda origine dal parenchi-
306<br />
COMUNICAZIONI E POSTER<br />
ma testicolare, in letteratura, infatti, a nostra conoscenza, ne<br />
sono stati segnalati solo 5 casi ben documentati.<br />
Caso clinico<br />
Uomo di 32 anni con tumefazione del testicolo destro. L’esame<br />
ecografico evidenzia una lesione nodulare intraparenchimale<br />
del diametro di circa 2 cm.<br />
Il paziente viene sottoposto ad orchiectomia e all’esame macroscopico<br />
si apprezza la presenza di una neoformazione intratesticolare,<br />
ben delimitata rispetto al parenchima circostante<br />
da una evidente cercine fibroso, nettamente distinta<br />
dalla tunica albuginea, dalla quale dista circa 5 cm.<br />
All’esame istologico la neoformazione ha, nella porzione centrale,<br />
aspetto anfrattuoso per la presenza di estroflessioni similpapillari,<br />
rivestite da cellule epiteliomorfe di forma cubica-appiattita,<br />
che sporgono in cavità. Nello stroma si riconoscono<br />
aree fibrose talora ialinizzate e aggregati di cellule che formano<br />
nidi, tubuli e minute strutture cordonali. Nella porzione che<br />
microscopicamente ha aspetto compatto prevalgono cellule<br />
raggruppate nello stroma con aspetto simil-castoniforme.<br />
Dal punto di vista immunoistochimico, sono risultate positive<br />
le reazioni immunoistochimiche per le citocheratine pool<br />
e per le citocheratine AE1/AE3 nelle cellule che rivestivano<br />
le cavità e le proiezioni papillari. Le reazioni per il CD34 e<br />
per il Fattore VIII sono risultate positive negli endoteli dei<br />
vasi presenti nello stroma, mentre sono negative le reazioni<br />
per il CD15, per il CA-125 e per l’HBME-1<br />
Discussione<br />
I casi di tumore adenomatoide intratesticolare ben documentati<br />
sono, a nostra conoscenza, estremamente rari e la prima<br />
segnalazione è abbastanza recente 1 .<br />
Presentiamo questo ulteriore caso in quanto riteniamo che la<br />
conoscenza della localizzazione intratesticolare possa consentirne<br />
la diagnosi preoperatoria e quindi, in futuro, un approccio<br />
terapeutico conservativo.<br />
Nel nostro caso, come in quello riportato da Samad et al. 2 si<br />
tratta di soggetti giovani, è pertanto importante sospettare<br />
preoperatoriamente tale lesione, all’esame ecografico ed evitare<br />
erronee diagnosi di neoplasia maligna del testicolo all’esame<br />
intraoperatorio, al fine di evitare, qualora possibile,<br />
l’orchiectomia radicale.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Horstman WG, et al. Urology 1992;40:359-61.<br />
2<br />
Samad AA, et al. Eur Urol 1996;30:127-8.<br />
Una variante rara di carcinoma uroteliale<br />
della vescica: il carcinoma micropapillare<br />
R. Zamparese, F. Corsi, W. Giannubilo * , P. Bufo<br />
Università di Foggia, Dipartimento di Scienze Chirurgiche,<br />
Sezione di Anatomia Patologica, Ospedale “Colonnello D’Avanzo”;<br />
* Università Politecnica delle Marche, Azienda<br />
Ospedaliera “Umberto I”, Clinica Urologica, Ancona<br />
Introduzione<br />
Il carcinoma micropapillare è una varietà rara di carcinoma<br />
transizionale della vescica, rappresenta, infatti, solo lo 0,7%<br />
di tutti i tumori della vescica. Nel 1994 è stato descritto il primo<br />
caso di carcinoma micropapillare della vescica 1 e fino ad<br />
oggi sono stati segnalati in letteratura solo 48 casi.<br />
Caso clinico<br />
Donna dell’età di 38 anni si ricovera per episodi di ematuria e<br />
dolori addominali, l’esame cistoscopico e l’esame TAC evidenziano<br />
ispessimento diffuso della parete vescicale, con infiltrazione<br />
dell’utero, degli ureteri, del tenue e del grosso intestino.<br />
La paziente viene sottoposta ad intervento chirurgico di<br />
asportazione di vescica, utero ed annessi, parte del duodeno,<br />
colon ascendente, trasverso e parte del colon discendente.<br />
All’esame istologico viene posta diagnosi di carcinoma uroteliale<br />
della vescica, varietà micropapillare, costituito da cellule<br />
neoplastiche che si organizzano, in superficie, a formare<br />
sottili papille, con o senza asse connettivo vascolare evidente,<br />
mentre, nella componente infiltrante, sono aggregate all’interno<br />
di lacune, talora ampie. Sebbene, inizialmente, tali<br />
aspetti siano stati interpretati come invasione vascolare, le<br />
colorazioni immunoistochimiche con marcatori vascolari<br />
(CD31, CD 34) hanno dimostrato che nella maggior parte dei<br />
casi si tratta di artefatti con retrazione dello stroma.<br />
Trattasi di una neoplasia estremamente aggressiva che infiltra<br />
la parete vescicale a tutto spessore, ed interessa anche l’uretra,<br />
il corpo ed il collo uterino, entrambe le ovaie, la tuba<br />
destra, gli ureteri, il mesentere, il tenue ed il grosso intestino<br />
e l’appendice, con metastasi in 5 linfonodi mesenterici.<br />
Si apprezza, inoltre, una spiccata tendenza alla permeazione<br />
neoplastica perineurale, endolinfatica ed endovasale.<br />
Discussione<br />
Il carcinoma micropapillare della vescica rappresenta una varietà<br />
del carcinoma a cellule transizionali a prognosi estremamente<br />
infausta, colpisce principalmente i maschi, con un<br />
rapporto M:F pari a 4:1, con un’età d’insorgenza tra i 45 ed i<br />
91 anni (media 68,5). Il caso che stiamo segnalando è particolarmente<br />
rimarchevole in quanto la paziente è di sesso<br />
femminile ed ha solo 38 anni e, pertanto, si tratta, del soggetto<br />
più giovane di sesso femminile segnalato in letteratura.<br />
L’individuazione della presenza di aree micropapillari in un<br />
carcinoma transizionale della vescica è molto importante perché<br />
implica una prognosi particolarmente infausta e richiede<br />
un atteggiamento terapeutico aggressivo.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Amin MB, et al. Am J Surg Pathol 1994;18:1224-32.<br />
Istiocitoma fibroso maligno della vescica:<br />
case report e revisione della letteratura<br />
R. Zamparese, I. Tolve * , A. Caniglia ** , L. Cormio * , P.<br />
Bufo, G. Carrieri *<br />
Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Cattedra di Anatomia<br />
Patologica, Università di Foggia; * Dipartimento di Scienze<br />
Chirurgiche, Cattedra di Urologia, Università di Foggia;<br />
**<br />
U.O. Anatomia Patologica, Ospedale “Santa Maria Delle<br />
Grazie”, Matera<br />
Introduzione<br />
Riportiamo un caso di istiocitoma fibroso della vescica. Il riscontro<br />
di questa neoplasia mesenchimale in sede vescicale è<br />
eccezionale, infatti sino ad oggi sono stati descritti in letteratura<br />
soltanto altri 24 casi.<br />
Metodi<br />
Un paziente di 57 anni giunse alla nostra osservazione in seguito<br />
ad episodi di macroematuria e disuria. L’ecografia vescicale<br />
e la uretrocistoscopia indicarono la presenza di una<br />
neoformazione solida, sferica, del diametro di 6 cm situata in<br />
corrispondenza della parete postero-laterale destra della vescica.<br />
Il paziente venne sottoposto a resezione transuretrale.<br />
Risultati<br />
L’esame istologico mise in evidenza una neoplasia connettivale<br />
maligna della vescica ad elementi fusati con elevato in-
PATOLOGIE VARIE<br />
307<br />
dice mitotico. L’immunofenotipo caratterizzato dalla negatività<br />
immunoistochimica (IIC) per le citocheratine pool, l’α1<br />
antichimotripsina e positività per il CD 68 fece escludere una<br />
diagnosi di carcinoma sarcomatoide deponendo per un istiocitoma<br />
fibroso maligno 1 . Nel corso della stadiazione mediante<br />
TC furono riscontrate metastasi polmonari, linfonodali<br />
ed ossee.<br />
A distanza di 5 mesi dalla diagnosi, dopo un ciclo di chemioterapia<br />
con TAXOL e Gencitabina, il paziente decedeva<br />
per cachessia neoplastica.<br />
Discussione<br />
L’istiocitoma fibroso maligno della vescica è tra le più frequenti<br />
neoplasie mesenchimali dell’adulto, tuttavia, in sede<br />
vescicale è di rarissimo riscontro e ad oggi solo altri 24 casi<br />
sono stati riportati in letteratura.<br />
Dal punto di vista istologico ha un pattern di crescita simile<br />
al carcinoma sarcomatoide, la cui diagnosi va esclusa quando<br />
viene accertata l'assenza di cellule epiteliali mediante IIC.<br />
Nella maggior parte dei casi riportati in letteratura l’indagine<br />
IIC non è stata eseguita è pertanto la diagnosi di carcinoma<br />
sarcomatoide non poteva essere esclusa del tutto. La terapia<br />
nelle forme organo confinate prevede la cistectomia radicale<br />
con radioterapia adiuvante, mentre in presenza di malattia<br />
metastatica la chemioterapia rappresenta l’unica opzione terapeutica<br />
anche se associata a risultati poco soddisfacenti.<br />
Conclusione<br />
L’istiocitoma fibroso maligno della vescica è una rara neoplasia,<br />
a prognosi infausta, la cui diagnosi definitiva può essere<br />
fatta soltanto dopo indagine IIC, che escluda la presenza<br />
di cellule epiteliali, patognomoniche, invece, di carcinoma<br />
sarcomatoide.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Hasui Y, et al. Urol Res 1991;19:69-72.
INDICE DEI NOMI
INDICE DEI NOMI<br />
311<br />
Abbate A., 281<br />
Aceto G., 230<br />
Aiello F.B., 265<br />
Airoldi I., 277<br />
Alberti S., 187, 189<br />
Albiero F., 229, 245<br />
Alexiadis S., 259<br />
Allavena A., 243<br />
Alloisio M., 227<br />
Altimari A., 196<br />
Altomare V., 233<br />
Amadori A., 277<br />
Ambrosetti A., 286<br />
Andreozzi S., 258<br />
Angelini A., 195<br />
Angelucci D., 167, 225, 235, 236, 285<br />
Angrisani P., 297<br />
Anniciello A.M., 241<br />
Arena E., 265<br />
Arena V., 242, 265, 266<br />
Aretini P., 227<br />
Arisio R., 225<br />
Arizzi C., 227, 266<br />
Arnoldi E., 270<br />
Arrigoni A., 243<br />
Artese L., 267, 292, 298<br />
Ascione P., 219, 232, 257, 270, 286, 287<br />
Ascoli V., 268, 269<br />
Asioli A., 224<br />
Assenza B., 298<br />
Audi Grivetta M.A., 289<br />
Avenia N., 261<br />
Azzarone R., 291<br />
Azzoni C., 248<br />
Bacigalupo B., 296<br />
Bacillo E., 215<br />
Baggi F., 270<br />
Balal A., 230<br />
Baldacci M., 219, 232, 270, 286, 287<br />
Baldi A., 235<br />
Baldi F., 235<br />
Balzarini P., 223, 237, 254<br />
Banelli B., 277<br />
Barassi F., 223, 234, 253<br />
Barbareschi M., 230, 234<br />
Barbera D., 243, 246, 275, 276<br />
Barberis M., 243, 251, 259, 270<br />
Barbieri F., 172<br />
Barisella M., 270<br />
Baron L., 242<br />
Baroni C.D., 240, 252, 305<br />
Baronio P., 237<br />
Barresi G., 281<br />
Barresi V., 281<br />
Bartolini D., 273<br />
Basile G., 243<br />
Battista F., 230<br />
Battistoni C., 291<br />
Bellahcène A., 222<br />
Bellezza G., 222, 234, 261<br />
Bellò M., 260<br />
Bellocci R., 167, 235, 236, 258, 301<br />
Bellomi A., 290<br />
Bellomo P.F., 245<br />
Beltotti P., 242<br />
Beltrami A.P., 185<br />
Beltrami C.A., 185, 231, 287<br />
Benech F., 225<br />
Benedettini E., 196<br />
Benedetto V., 281<br />
Benetti A., 223, 237<br />
Berardengo E., 224, 258<br />
Berenzi A., 223, 237<br />
Bergamin N., 185<br />
Bergero N., 201<br />
Bernardi A., 224, 258<br />
Bernasconi P., 270<br />
Bertalot G., 271<br />
Bettelli S., 239<br />
Bevilacqua G., 203, 227, 275<br />
Bevilacqua P., 288<br />
Bhakta V., 241<br />
Bianchi A., 233<br />
Bianchi G., 267<br />
Bianchini F., 284<br />
Bianciardi G., 272<br />
Bifano D., 271, 278, 279<br />
Biganzoli E., 190<br />
Bigiani N., 238, 239, 272<br />
Biunno I., 251<br />
Boffa L., 296<br />
Boggi U., 275<br />
Bollito E., 215<br />
Bonadio S., 289<br />
Bonanno A., 243<br />
Bondi A., 273<br />
Bonelli L., 261<br />
Bonetti F., 183, 229, 230, 274<br />
Bonifacio D., 197<br />
Bonin S., 203<br />
Bono F., 247<br />
Bonoldi E., 288<br />
Bonucci M., 273, 274<br />
Bonzanini M., 263<br />
Boracchi P., 190<br />
Bordi C., 241, 248<br />
Borelli I., 243<br />
Borgia L., 219, 232, 270, 286, 287<br />
Bortesi L., 277, 293, 294<br />
Borzomati D., 292<br />
Bosari S., 170, 266<br />
Boscaino A., 169, 249<br />
Bosco D., 268<br />
Bosco M., 225<br />
Bottarelli L., 248<br />
Bottecchia M., 185<br />
Botti G., 220, 228, 249, 279<br />
Bracarda S., 222<br />
Bragantini E., 219<br />
Brancone L., 230, 256<br />
Brancone M.L., 235, 236, 285<br />
Brenna A., 251, 259<br />
Brighenti A., 276<br />
Broccolo F., 251, 259<br />
Brunelli F., 274
312<br />
INDICE DEI NOMI<br />
Brunelli M., 183, 219, 221, 254, 274, 277, 294, 295<br />
Bucciarelli E., 222, 234, 261<br />
Buccoliero A.M., 198, 200<br />
Bufo P., 236, 255, 305, 306<br />
Burelli S., 185<br />
Burlo P., 257<br />
Bussolati G., 225, 260, 263<br />
Buttitta F., 164, 223, 230, 234, 253<br />
Cagini L., 234<br />
Calabrese F., 195<br />
Caligo M.A., 227<br />
Calista F., 303<br />
Calistri D., 208<br />
Callahan R., 234<br />
Calorini L., 284<br />
Calvisi G., 243, 275<br />
Cama A., 230<br />
Camacho F.I., 279<br />
Camilot D., 231<br />
Campani D., 223, 230, 275<br />
Campanini N., 241, 248<br />
Canavese G., 224<br />
Candelaresi G., 224<br />
Caneva A., 277, 294<br />
Caniglia A., 306<br />
Cannizzaro C., 219<br />
Cannone M., 259, 270<br />
Cantile M., 220<br />
Capella C., 253, 289<br />
Capelli A., 242, 265, 266<br />
Capelli P., 294<br />
Capodanno A., 227<br />
Capodiferro S., 284<br />
Cappia S., 201<br />
Capurso G., 241<br />
Carafa V., 249<br />
Carbone A., 193, 282, 283<br />
Cardillo I., 235<br />
Carelli V., 244<br />
Carinelli S., 228, 244, 285<br />
Carli F., 261<br />
Carlini P., 221<br />
Carnevali I., 253<br />
Carnovale-Scalzo C., 268<br />
Carosi M.A., 291<br />
Carrieri G., 306<br />
Caruso R.A., 243, 244, 277<br />
Casanova M., 270<br />
Caserta C., 222<br />
Casoria A., 235, 236, 256, 285<br />
Cassandro G., 262<br />
Cassina G., 251, 259<br />
Cassoni P., 225, 260<br />
Castellano I., 225, 260<br />
Castellano P., 261<br />
Castiglione F., 200<br />
Castrataro A., 253<br />
Castrilli G., 167, 225<br />
Castronovo V., 222<br />
Catalano M., 225<br />
Cattaneo M., 285<br />
Cavaliere A., 222, 234, 261<br />
Cavallari V., 229, 245<br />
Cavazza A., 238, 239<br />
Cavazzini L., 246, 254<br />
Cavone D., 236<br />
Cazzavillan S., 288<br />
Ceppa P., 247, 289<br />
Cerasoli S., 273<br />
Ceriolo P., 288<br />
Cerutti R., 253<br />
Cervelli C., 291<br />
Cesselli D., 185<br />
Chella A., 234, 253<br />
Chiari S., 251, 259<br />
Chiariello M., 293<br />
Chilosi M., 237, 254, 274, 276, 286, 295, 305<br />
Chimenz M., 277, 280<br />
Chiodini P., 220<br />
Chiominto A., 246, 276<br />
Cianchetti E., 225<br />
Cianciulli A.M., 177, 221, 291<br />
Cicciarello R., 229, 245<br />
Cillo C., 220<br />
Cimmino A., 262, 297<br />
Cindolo L., 220<br />
Ciocci L., 240, 252, 298, 305<br />
Cipollini G., 203<br />
Ciranni R., 291<br />
Cirilli C., 294<br />
Citro G., 235<br />
Ciuffetelli V., 243, 246, 275, 276<br />
Cocuzza C.E., 251, 259<br />
Coggi G., 171<br />
Colasante A., 225, 235<br />
Colella R., 234, 261<br />
Coletti G., 276, 304<br />
Collecchi P., 227<br />
Collini P., 193, 270<br />
Colombari R., 274, 294<br />
Conte P.F., 172<br />
Coppola R., 292<br />
Cormio L., 306<br />
Cornelio F., 270<br />
Corsetti G.L., 273<br />
Corsi F., 236, 255, 305, 306<br />
Cortese S., 240, 252, 305<br />
Corti B., 196<br />
Cossu Rocca P., 183, 254, 277, 295<br />
Costa G., 229, 245<br />
Cozzaglio L., 266<br />
Crisafulli C., 243, 280<br />
Crnogorac-Jurcevic T., 241<br />
Cucchi C., 224<br />
Cuccurullo F., 223, 230, 234<br />
Curcio M., 226<br />
Curti T., 274<br />
Cusatelli P., 226<br />
Cusati P., 262<br />
Cusimano A., 288<br />
Cutrona G., 296<br />
D’Adda T., 248, 280<br />
d’Amati G., 244<br />
D’Amore E., 288
INDICE DEI NOMI<br />
313<br />
D’Angelo M., 220, 279<br />
D’Antuono T., 167, 225, 277, 301<br />
D’Armiento F.P., 241<br />
D’Armiento M., 241<br />
D’Aurizio F., 185<br />
D’Egidio G., 256<br />
D’Errico Grigioni A., 196<br />
Dafaallah Awadelkarim K., 230<br />
Dagrada P., 270<br />
Daidone M.G., 193<br />
Dainese E., 253<br />
Dal Mas A., 302, 304<br />
Dalfior D., 219, 221, 229, 230, 277<br />
Dalla Palma P., 220, 234, 263<br />
Damante G., 287<br />
Danesi S., 264<br />
Dardanoni G., 239<br />
David E., 243<br />
De Carli P., 221<br />
De Caterina R., 293<br />
De Chiara A., 228<br />
De Dominicis E., 292<br />
De Franco R., 276<br />
De Giorgio F., 242, 266<br />
De Luca M., 287<br />
De Mattia D., 268<br />
De Muro G., 252<br />
De Ninno M., 282, 283<br />
De Paola F., 264<br />
De Renzo A., 279<br />
De Rosa G., 279<br />
De Santi M.M., 272<br />
De Stefano N., 242<br />
De Vincenzo R.P., 266<br />
De Vito M., 243, 246, 275, 304<br />
De Feo P., 261<br />
Degidi M., 292<br />
Dei Tos A.P., 225<br />
Del Chiaro M., 275<br />
Del Prato I., 227<br />
Del Sordo R., 222, 234<br />
Del Vecchio M.T., 272<br />
Dell’Osa E., 258<br />
Della Cioppa P., 228<br />
Della Rocca C., 298<br />
Delle Fave G., 241<br />
Delsedime L., 243<br />
Demichelis F., 220<br />
Demurtas A., 257<br />
Deriu G., 240, 252, 305<br />
Dessanti P., 296<br />
Dessy E., 223, 237<br />
Destro A., 227, 266<br />
Di Blasi A., 220<br />
Di Bonaventura G., 256<br />
Di Bonito L., 197<br />
Di Bonito M., 226<br />
Di Carlo E., 164, 277, 301<br />
Di Costanzo G.G., 245<br />
Di Cristofano C., 227<br />
Di Francia R., 228<br />
Di Franco M., 302<br />
Di Gianvito D., 268<br />
Di Gioacchino M., 230<br />
Di Giorgi M., 239<br />
Di Giovannantonio L., 167<br />
Di Girolamo G., 256<br />
Di Giulio C., 267<br />
Di Iorio C., 301<br />
Di Lorenzo N., 295<br />
Di Loreto C., 231<br />
Di Marino M.P., 235<br />
Di Pasquale B., 304<br />
Di Rito S., 246, 304<br />
Di Tommaso L., 227, 266<br />
Discepoli S., 274<br />
Doglioni C., 254, 305<br />
Donisi P.M., 295<br />
Dono M., 296<br />
Donofrio V., 271, 278, 279<br />
Dranoff G., 265<br />
Ducati A., 225<br />
Dudine S., 197<br />
Dulbecco P., 174<br />
Durum S.K., 265<br />
Eccher A., 219, 229, 230<br />
Eldin Elwali N., 230<br />
Elegibili E., 273<br />
Elgaili E., 230<br />
Errico M.E., 271, 278, 279<br />
Esposito A., 257<br />
Eusebi V., 188, 224<br />
Facco C., 253<br />
Falleni M., 171<br />
Favre A., 250<br />
Favret M., 271<br />
Fazzari C., 243<br />
Fedele F., 243<br />
Fedeli F., 296<br />
Federico P., 242, 266<br />
Fedriga R., 264<br />
Felicioni L., 223, 234, 253<br />
Ferrarese S., 259<br />
Ferrari A., 270<br />
Ferrarini M., 296<br />
Ferri I., 261<br />
Ferro P., 296<br />
Ferro S. 2<br />
Feudale E., 220<br />
Fiaccavento S., 200, 262<br />
Ficarra G., 284<br />
Ficarra V., 219, 221, 277<br />
Ficorella C., 303<br />
Fila C., 290<br />
Filardo A.V., 301, 302<br />
Filippini A., 293<br />
Finato N., 185<br />
Fiocca R., 174, 247, 288, 289<br />
Fiorentino F., 228, 249<br />
Fiorentino M., 196<br />
Fioroni M.A., 291<br />
Fogliano A., 219<br />
Fontecchio G., 291<br />
Formichelli F., 226
314<br />
INDICE DEI NOMI<br />
Fornaciari G., 291<br />
Fornari A., 201<br />
Fortunati N., 225<br />
Foschini M.P., 224<br />
Fossati-Bellani F., 270<br />
Fouad T., 293<br />
Franceschetti I., 277, 293<br />
Franchi A., 284<br />
Franchi G., 266<br />
Franco R., 220, 228, 279<br />
Francomano F., 258<br />
Fresu G., 223<br />
Funel N., 275<br />
Furlan D., 253<br />
Gaban A., 254<br />
Gabusi E., 196<br />
Gafà R., 246, 254<br />
Gagliardi M.E., 229, 245<br />
Galati R., 235<br />
Galatioto S., 280<br />
Galdi M., 297<br />
Galetta D., 238<br />
Gallo A., 220<br />
Galloro P., 169<br />
Gallucci M., 177, 221<br />
Galzio R., 302<br />
Gandolfo S., 257<br />
Garagnani L., 239<br />
Garbini F., 200<br />
Garcia Parra R., 251, 259<br />
Garrè C., 281<br />
Gatta A., 255<br />
Gatteschi B., 261<br />
Gentile M., 238<br />
Geppetti P., 284<br />
Gerardi E., 197<br />
Giannakakis K., 269<br />
Giannico A., 296<br />
Giannubilo W., 305, 306<br />
Gianquinto D., 296<br />
Giansanti M., 261<br />
Giardina C., 262<br />
Giordano C., 244<br />
Giordano G., 280, 282<br />
Giuffrè G., 281<br />
Giustozzi G.M., 234<br />
Gnetti L., 280<br />
Gobbato M., 221<br />
Gobbo S., 183, 254, 274, 295<br />
Gorji N., 296<br />
Grandi E., 254<br />
Grigioni W.F., 196<br />
Grigolato P., 223, 237<br />
Grillo F., 247<br />
Grillo L., 268, 281<br />
Grosso E., 243<br />
Gruppioni E., 196<br />
Guerrieri A.M., 262<br />
Guerriero M., 282, 283<br />
Guerzoni L., 246, 254<br />
Gugliotta P., 213<br />
Gussio M., 258<br />
Hadjmohammadi N., 302<br />
Iacono A., 241<br />
Ieni A., 244<br />
Iezzi G., 292<br />
Iezzi M., 168, 219, 232, 270, 286, 287<br />
Inferrera C., 244<br />
Ingravallo G., 262<br />
Insabato L., 249<br />
Iorio M., 279<br />
Isola P., 227<br />
Keller J.R., 265<br />
Ketabchi S., 284<br />
Kirchner T., 244<br />
Kuhn E., 228, 244, 285<br />
La Mura A., 245<br />
La Vecchia F., 226<br />
Labate A., 229, 245<br />
Laise M., 279<br />
Laise R., 228<br />
Lambertenghi D., 302<br />
Lanza G., 246, 254<br />
Lapini A., 200<br />
Larocca L.M., 282<br />
Lasorda R., 187<br />
Lattanzi W., 265, 266<br />
Lattanzio G., 236, 285<br />
Lattanzio R., 187<br />
Lattanzio V., 262<br />
Lattimore S., 241<br />
Legrenzi L., 223<br />
Lemoine N.R., 241<br />
Leocata P., 243, 246, 276, 304<br />
Leonardo C., 221<br />
Leone B.E., 247<br />
Leopizzi M., 298<br />
Lestani M., 286<br />
Liberati F., 302, 303<br />
Liberati M., 257<br />
Liberatore M., 219, 232, 258, 270, 286, 287<br />
Liguori G., 220, 249, 279<br />
Liverani M., 264<br />
Lombardi G., 227<br />
Longo F., 240<br />
Longo M., 215<br />
Losi L., 294<br />
Losito S., 220<br />
Loss R., 219<br />
Lovadina P., 224, 258<br />
Lucchi I., 273<br />
Luparia P., 258<br />
Luzi P., 272<br />
Macri E., 254<br />
Maestri I., 246, 254<br />
Maggiore C., 266<br />
Magnasco S., 236, 285<br />
Magrini E., 224<br />
Maiorana A., 238, 239<br />
Maiorano E., 284<br />
Maisano D., 250
INDICE DEI NOMI<br />
315<br />
Maisto M.L., 261<br />
Malpeli G., 305<br />
Mammolenti G., 302<br />
Mancini L., 273<br />
Maneo A., 251, 259<br />
Manfrin E., 229, 230, 293<br />
Mangili F., 247<br />
Mangioni C., 251, 259<br />
Mantegazza R., 270<br />
Marasà L., 232, 299, 300<br />
Marchese L., 268<br />
Marchetti A., 170, 223, 230, 234, 253<br />
Marchioni A., 238<br />
Marcon P., 185<br />
Margaria E., 224<br />
Mariani M.R., 296<br />
Mariani-Costantini R., 230<br />
Marinelli L., 268<br />
Marini G., 263<br />
Marino Marsilia G., 245<br />
Mariotti M., 219, 232, 270, 286, 287<br />
Mariotto R., 229<br />
Mariuzzi L., 185, 287<br />
Marsico A., 257<br />
Martella C., 223, 234, 253<br />
Martellani F., 197<br />
Martignoni G., 183, 219, 221, 254, 274, 277, 294, 295<br />
Martucciello G., 250<br />
Marucci G.L., 188<br />
Masci G., 227<br />
Maselli F., 238<br />
Masolini P., 185<br />
Massi D., 284<br />
Mastracci L., 174, 247, 288, 289<br />
Matarrazzo M., 240, 305<br />
Matis S., 296<br />
Mattioli E., 236, 254<br />
Mazzaferro V., 270<br />
Mazzon E., 229<br />
Mazzucchelli R., 164, 265, 304<br />
Meazza C., 270<br />
Melato M., 231<br />
Melpignano M., 280<br />
Menestrina F., 183, 219, 221, 230, 254, 274, 277, 286, 293,<br />
294, 295, 305<br />
Menicagli M., 275<br />
Menin A., 288<br />
Mercurio C., 291<br />
Merola R., 177, 221, 279, 291<br />
Mezzetti A., 223, 234<br />
Micello D., 289<br />
Micheletti M., 243<br />
Midolo V., 266<br />
Migaldi M., 238, 239, 272<br />
Migone N., 243<br />
Milione M., 241<br />
Mina M.M., 295<br />
Mioli P.R., 263<br />
Miotto E., 246<br />
Mira A., 239<br />
Miracco C., 272, 284<br />
Mistrangelo M., 260<br />
Mobiglia A., 260<br />
Mohamadani A., 230<br />
Monaco R., 169, 245<br />
Monego G., 265<br />
Montagna L., 237, 276<br />
Montironi R., 164<br />
Montresor C., 262<br />
Mora M., 289<br />
Morandi L., 188<br />
Morelli L., 220<br />
Morenghi E., 227<br />
Moroni M., 296<br />
Moserle L., 277<br />
Mucilli F., 253<br />
Murgi F.V., 302<br />
Musizzano Y., 174, 247, 289<br />
Mussa A., 260<br />
Musti M., 236<br />
Naccarato G., 227<br />
Napoli A., 262<br />
Napoli P., 277<br />
Napoli Nania P., 245<br />
Nappi O., 169<br />
Nardi F., 268<br />
Navach V., 297<br />
Navone R., 247<br />
Nazzaro P., 236<br />
Negri S., 290<br />
Negrini M., 246<br />
Negrini R., 271<br />
Nenna R., 236<br />
Nicita C., 239<br />
Nicolin V., 231<br />
Nicolosi A., 239<br />
Nicòtina P.A., 250<br />
Niedobitek G., 244<br />
Nonaka D., 285<br />
Nosotti M., 171<br />
Novella G., 219, 221<br />
Novellino L., 270<br />
Nunnari M., 280<br />
Nuzzo C., 298<br />
Nuzzo F., 273<br />
Oliveri C., 259<br />
Onetti Muda A., 269<br />
Orefice S., 227<br />
Orlandi G., 177, 221, 291<br />
Orsini T., 257<br />
Ostuni G., 297<br />
Pacchioni D., 263<br />
Padolecchia E., 262<br />
Pagetta E., 226<br />
Pagliaro P., 290<br />
Paglierani M., 200, 284<br />
Pagliuca F., 249<br />
Pagni F., 247<br />
Pallotti F., 244, 285<br />
Pandolfi M., 231, 287<br />
Pannellini T., 219, 232, 270, 286, 287<br />
Pannone G., 255<br />
Panzuto F., 241
316<br />
INDICE DEI NOMI<br />
Paolizzi D., 223<br />
Paparella A., 295<br />
Papola F., 291<br />
Papotti M., 200, 215<br />
Paris I., 283<br />
Parisi A., 219, 221, 277<br />
Pasini B., 243<br />
Pasquale M., 301<br />
Pasquali C., 248<br />
Passerini L., 270<br />
Patarino R., 301, 302<br />
Path F.R.C., 164<br />
Patruno R., 254<br />
Pea M., 183, 219, 254, 274, 277, 295<br />
Pecciarini L., 254<br />
Pedicillo M.C., 255<br />
Pedron S., 237, 276<br />
Pellegrinelli A., 193, 270<br />
Pellegrinelli C., 171<br />
Pellicciotta A., 167, 301<br />
Pellini F., 229, 230<br />
Pellizzari L., 287<br />
Penco S., 281<br />
Pennacchia I., 266<br />
Pennella A., 236, 238<br />
Pentenero M., 257<br />
Perego P., 251, 259<br />
Perrini P., 302<br />
Perrone G., 233, 292<br />
Perrotti V., 267, 292<br />
Pession A., 188<br />
Petrone G., 242, 292<br />
Piacibello W., 184<br />
Piantelli M., 187, 189, 219<br />
Piattelli A., 267, 292, 298<br />
Piazzola E., 293<br />
Piccoli P., 237, 276<br />
Piccolo A.M., 234<br />
Piccolomini M., 235, 236, 256, 285<br />
Pignochino Y., 184<br />
Pigozzi S., 288<br />
Pilotti S., 270<br />
Pilozzi E., 241<br />
Pippi R., 252<br />
Pirini M.G., 196<br />
Piris M., 279<br />
Pistoia V., 277<br />
Pivetta D., 287<br />
Pizzi G., 243<br />
Pizzi S., 248<br />
Pizzicannella G., 293<br />
Pizzicannella J., 293<br />
Pizzocaro A., 266<br />
Pizzoli G., 302<br />
Pizzolo G., 286<br />
Poletti V., 237<br />
Pollice L., 236, 238<br />
Pollina L.E., 275<br />
Pollini G.P., 229, 230<br />
Pompili E., 303<br />
Postiglione M., 242<br />
Prati F., 293<br />
Puppato E., 185<br />
Puxeddu E., 261<br />
Quarto F., 242<br />
Quattrocchi E., 243<br />
Rabitti C., 233, 292<br />
Ragazzini T., 224<br />
Rago C., 195<br />
Rahal D., 227<br />
Ranazzi L., 268<br />
Ranieri G., 254<br />
Rapa I., 201<br />
Raspollini M.R., 180, 200<br />
Reggiani Bonetti L., 294<br />
Reghellin D., 229, 230, 237, 294<br />
Reichel M., 285<br />
Remo A., 183, 229, 230, 286, 295<br />
Remotti D., 269<br />
Repetto L., 288<br />
Riccardi M., 295<br />
Ricci A., 302<br />
Riccioni L., 273<br />
Ricco R., 254, 262, 297<br />
Ricevuto E., 303<br />
Righi L., 263<br />
Righi M., 277, 280<br />
Rigo S., 185<br />
Riminucci M., 186<br />
Rindi G., 178, 215, 248<br />
Risio M., 178<br />
Rispoli F., 259<br />
Riva C., 253, 289<br />
Rizzardi C., 231<br />
Rizzo P., 281<br />
Rocca Rossetti S., 163<br />
Rocco M., 271, 278, 279<br />
Rodriguez J., 285<br />
Romagnoli S., 171<br />
Romano G., 304<br />
Romano M.R., 296<br />
Roncalli M., 176, 205, 227, 266<br />
Roncella S., 296<br />
Rosai J., 283, 285<br />
Rosas R., 215<br />
Rosini S., 198, 256, 257, 258, 265<br />
Rossi E., 223, 237, 277<br />
Rossi E.D., 273, 274<br />
Rossi G., 238, 239, 272<br />
Rossi S., 180<br />
Rostan I., 257<br />
Roz E., 251, 259<br />
Rubini C., 292<br />
Rubino A., 227<br />
Rubino I., 284<br />
Rucco V., 294<br />
Ruggieri E., 254<br />
Runza L., 228, 244<br />
Russo R., 249, 297<br />
Sabbioni S., 246<br />
Sacco R., 227, 253<br />
Saggiorato E., 201<br />
Sagramoso C., 219<br />
Sagramoso C.A., 263<br />
Sale P., 244<br />
Saltarelli S., 275, 304
INDICE DEI NOMI<br />
317<br />
Salvatore S., 223, 234, 253<br />
Salzano L., 220<br />
Sanguedolce F., 297<br />
Santambrogio L., 171<br />
Santini D., 233, 292, 294<br />
Santoro A., 227<br />
Santucci M., 284<br />
Sapino A., 213, 225, 263<br />
Saragoni L., 264<br />
Sardella B., 298<br />
Saro F., 231, 287<br />
Sarra M., 303<br />
Sartori G., 238, 239, 272, 294<br />
Sauter G., 249<br />
Savarino V., 174<br />
Scalia M.G., 301, 302<br />
Scarano A., 298<br />
Scarinci A., 301<br />
Scarpa A., 274, 295, 305<br />
Scarpellini F., 273<br />
Scarselli E., 273<br />
Scattone A., 236, 238<br />
Schirosi L., 238, 239, 272<br />
Schneider M., 231<br />
Sciacca M.P., 277<br />
Sciacchitano S., 281<br />
Scibetta N., 232, 299, 300<br />
Scondotto S., 239<br />
Sebastiani M., 244<br />
Sentinelli S., 177, 221<br />
Serafini F.M., 283<br />
Serio G., 236, 238<br />
Sessa F., 289<br />
Sessa S., 258<br />
Siciliano P., 274<br />
Sidoni A., 222, 234, 261<br />
Sioletic S., 266<br />
Siopis E., 294<br />
Sisto F., 297<br />
Sorrentino C., 277, 301<br />
S<strong>pag</strong>giari P., 174, 247, 288<br />
S<strong>pag</strong>noli L.G., 192<br />
Spina B., 261<br />
Spina D., 272<br />
Spizzo R., 219, 232, 270, 286, 287<br />
Spugnini E.P., 235<br />
Squillaci S., 302<br />
Stabile E., 293<br />
Staiano M., 226<br />
Staiano T., 241<br />
Staibano S., 279<br />
Stanta G., 203<br />
Starrantino M., 277<br />
Stigliano E., 242, 265, 266<br />
Storti S., 282<br />
Stracca-Pansa V., 295<br />
Stuppia L., 208<br />
Sulpizio C., 219, 232, 270, 286, 287<br />
Taddei G.L., 198, 200<br />
Tallarigo F., 301, 302<br />
Tanara G., 261<br />
Tancredi M., 227<br />
Tapia C., 249<br />
Tardanico R., 254<br />
Tatangelo F., 249<br />
Tatasciore U., 225, 258<br />
Terracciano L., 249<br />
Tironi A., 237<br />
Tolve I., 306<br />
Tomassini F., 291<br />
Tonini G., 233, 292<br />
Tornillo L., 249<br />
Torri E., 273<br />
Tozzini S., 296<br />
Tranfa F., 279<br />
Travaglini C., 244<br />
Travaglini P., 266<br />
Trentini G.P., 238, 239, 272, 294<br />
Trerotola M., 189<br />
Trezzi R., 247<br />
Tripepi M., 281<br />
Trombetta G., 280<br />
Trovato M., 281<br />
Truini M., 261<br />
Tuccari G., 281<br />
Tumino R., 239<br />
Ubiali A., 223<br />
Vacca F., 254<br />
Vacca G., 189<br />
Valente M., 195<br />
Valentino M.L., 244<br />
Valle M., 215<br />
Vecchione A., 241<br />
Venerucci F., 250<br />
Ventre F., 241<br />
Ventura L., 291, 302, 303, 304<br />
Ventura T., 303<br />
Venturini C., 192<br />
Verdina A., 235<br />
Verzì A., 292<br />
Veschi S., 230<br />
Vico E., 177, 221, 291<br />
Vignolini G., 200<br />
Villari D., 250<br />
Viltadi M., 251, 259<br />
Vincenzi B., 233, 292<br />
Visci P., 257<br />
Vitale A.R., 243, 246, 275<br />
Vitarelli E., 281<br />
Vitolo D., 240, 252, 305<br />
Vittorio R., 219<br />
Vizzino M., 257<br />
Volante M., 201, 215, 263<br />
Vurro L., 236<br />
Zaccaria M., 262<br />
Zagami M., 233<br />
Zamò A., 237, 276, 286, 305<br />
Zamparese R., 236, 255, 305, 306<br />
Zanconati F., 197<br />
Zannoni G.F., 283<br />
Zanotti R., 286<br />
Zappacosta B., 235, 256, 285
<strong>318</strong><br />
INDICE DEI NOMI<br />
Zappacosta R., 214, 235, 236, 256, 257, 258<br />
Zentilin F., 287<br />
Zimarino M., 293<br />
Zito F.R., 254<br />
Zorzi F., 262<br />
Zorzi M.G., 221
dghdh
dghdh