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pag. 216-318 - Siapec

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COMUNICAZIONI E POSTER


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PATHOLOGICA 2005;97:219-222<br />

Patologia della prostata<br />

Adenocarcinoma della prostata: valutazione<br />

morfologica post-terapia mini-invasiva con<br />

“high intensity focused ultrasound” (HIFU)<br />

A. Parisi * , D. Dalfior * , M. Pea * , E. Bragantini * , A. Eccher<br />

* , V. Ficarra ** , R. Vittorio **** , M. Brunelli * **** , F. Menestrina<br />

* , G. Martignoni ***<br />

*<br />

Anatomia Patologica, Università di Verona; ** Clinica Urologica,<br />

Università di Verona; *** Anatomia Patologica, Università<br />

di Sassari; **** Ospedale di Arzignano, Vicenza<br />

Introduzione<br />

La tecnica HIFU è una delle nuove terapie mini-invasive usate<br />

nel trattamento dell’adenocarcinoma della prostata. In tale<br />

trattamento un’alta intensità di energia con ultrasuoni viene<br />

fatta convergere sulla prostata con innalzamento rapido della<br />

temperatura. Il nostro obiettivo è stato quello di analizzare le<br />

alterazioni morfologiche su tessuto prostatico post- HIFU.<br />

Metodi<br />

A ventinove pazienti affetti da adenocarcinoma e trattati con<br />

HIFU per presenza di rischio operatorio e/o con Gleason > =<br />

7 post-trattamento ormonale, sono state eseguite agobiopsie<br />

a sestante in 21 casi, e nei rimanenti 8 una TURP.<br />

Risultati<br />

Diffuse alterazioni reattive e degenerative quali fibrosi, sclerosi<br />

e scleroialinosi erano presenti in tutti (100%) in tutti i casi<br />

(percentuale variabile dal 30-70% dell’intero materiale<br />

esaminato); infiltrato flogistico eterogeneo e necrosi ischemica<br />

erano inoltre presenti in 5 casi (19%). Focolai di adenocarcinoma<br />

erano morfologicamente presenti in cinque casi<br />

su 29 (17%) (4/21 agobiopsie, 1/8 TURP).<br />

Conclusioni<br />

1) La tecnica HIFU induce uno spettro di modificazioni istopatologiche<br />

variabile da fenomeni di fibrosi, sclerosi e scleroialinosi,<br />

talora con necrosi ischemica e infiltrato linfoide<br />

eterogeneo.<br />

2) Residuo neoplastico è presente in un numero minore di casi<br />

(19%) e quando presente è morfologicamente riconoscibile.<br />

È opportuno variare il numero di biopsie in<br />

relazione al volume prostatico?<br />

R. Loss * , C. Cannizzaro * , A. Parisi * , D. Dalfior * , C. Sagramoso<br />

* , G. Novella ** , V. Ficarra ** , M. Brunelli * **** , G.<br />

Martignoni *** , F. Menestrina *<br />

*<br />

Anatomia Patologica, Università di Verona; ** Clinica Urologica,<br />

Università di Verona; *** Anatomia Patologica, Università<br />

di Sassari; **** Ospedale di Arzignano, Vicenza<br />

Introduzione<br />

Il volume della prostata è un parametro variabile e calcolabile<br />

con ecografia prostatica trans-rettale. Scopo di questo studio<br />

è individuare il numero di biopsie prostatiche da eseguire<br />

per diverso volume prostatico nei pazienti sottoposti a biopsia<br />

per sospetta neoplasia della prostata.<br />

Metodi<br />

Abbiamo selezionato 509 pazienti consecutivi sottoposti a<br />

primo set di 14 biopsie per via transperineale sotto guida ecografia<br />

transrettale (12 nella zona periferica e 2 nella zona di<br />

transizione). Tutti i prelievi sono stati campionati ed esaminati<br />

separatamente. L’accoppiamento dei differenti prelievi<br />

ha consentito di ricostruire la detection rate di 10 differenti<br />

schemi bioptici: 2 con 6 prelievi; 3 con 8 prelievi; 3 con 10<br />

prelievi; uno con 12 prelievi ed uno con 14. L’aumento della<br />

detection rate è stato espresso come numero di diagnosi aggiunte<br />

sul totale di quelle ottenute con lo schema a maggior<br />

numero di prelievi. Lo schema a 14 prelievi è stato confrontato<br />

con quelli a 6, 8 e 10 prelievi caratterizzati dalla migliore<br />

detection rate. La significatività statistica è stata valutata<br />

con il test di McNemar (p < 0,05 a due code).<br />

Risultati<br />

Lo schema a 14 prelievi ha individuato 232 (45,6%) carcinomi<br />

della prostata. La detection rate è risultata pari al 61,7%<br />

per volume prostatico ≤ 30 ml; al 43,8% per volume compreso<br />

tra 30,1-40 ml; al 45,1% tra 40,1-50 ml ed al 27,3% se<br />

> 50 ml (p < 0,0001). Nei 167 pazienti con prostata di volume<br />

≤ 30 ml lo schema a 14 prelievi è risultato migliore rispetto<br />

al sestante (p = 0,004) ma sovrapponibile agli altri (8,<br />

10, 12 prelievi), così come nei 128 pazienti con volume prostatico<br />

compreso tra 30,1-40 ml (p = 0,008). Negli 82 pazienti<br />

con volume prostatico compreso tra 40,1-50 ml, la detection<br />

rate ottenuta con i 14 prelievi è significativamente<br />

maggiore rispetto a quella ottenuta con lo schema a 8 (p <<br />

0,001) e 10 prelievi (p = 0,008); ciò vale anche per i 132 pazienti<br />

con prostata di volume > 50 ml.<br />

Conclusioni<br />

La detection rate ottenuta con 14 prelievi è risultata inversamente<br />

correlata al volume prostatico. In prostate di volume ≤<br />

40 ml potrebbe essere sufficiente l’esecuzione di 8 prelievi.<br />

Nelle prostate di volume compreso tra 40-50 ml è opportuno<br />

eseguire un campionamento minimo con 10 prelievi. La bassa<br />

detection rate registrata in pazienti con volume prostatico<br />

> 50 ml fa ipotizzare come in questo sottogruppo sia necessario<br />

un ulteriore incremento del numero di prelievi per migliorare<br />

il campionamento e la capacità diagnostica.<br />

Inibizione della crescita tumorale da parte di<br />

una dieta ricca in carotenoidi in topi<br />

geneticamente obbligati a sviluppare<br />

carcinoma prostatico<br />

P. Ascione, T. Pannellini, M. Iezzi, M. Liberatore, A. Fogliano<br />

* , M. Piantelli, M. Mariotti, M. Baldacci, L. Borgia,<br />

R. Spizzo, C. Sulpizio<br />

Dipartimento di Oncologia e Neuroscienze, Università di<br />

Chieti; Aging Research Center, CeSI, “G. d’Annunzio” University<br />

Foundation, Chieti; * Chimica degli Alimenti, Università<br />

“Federico II”, Napoli<br />

Introduzione<br />

Nei paesi a medio-alto sviluppo il carcinoma della prostata è<br />

la più frequente neoplasia nei maschi di età superiore a 50 anni<br />

e costituisce la seconda causa di morte per cancro. Studi<br />

epidemiologici hanno documentato nelle varie regioni geografiche<br />

differenze nell’incidenza e nella mortalità che non<br />

sembrano dipendere esclusivamente da fattori genetici. Sembra<br />

che l’alimentazione costituisca un fattore di rischio o di


220<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

protezione nei confronti di questa neoplasia, anche perché gli<br />

stessi studi epidemiologici suggeriscono che una dieta ricca<br />

di frutta e vegetali può ridurre il rischio di cancro prostatico.<br />

È stato dimostrato che il pomodoro e i suoi derivati, contenenti<br />

vari tipi di carotenoidi tra cui il licopene, hanno un effetto<br />

protettivo su modelli trapiantabili di tumore prostatico.<br />

Metodi<br />

Per confermare questi risultati in un sistema in vivo più complesso<br />

abbiamo testato l’effetto di una dieta addizionata di<br />

estratto di pomodoro su un modello transgenico di cancerogenesi<br />

prostatica: i topi TRAMP. In questi topi l’oncogene<br />

Tag dell’SV40, espresso solo nelle cellule epiteliali prostatiche,<br />

determina alla 10 a settimana di vita un’iperplasia prostatica<br />

lieve, che degenera dapprima in PIN (15 a -20 a settimana),<br />

quindi in adenocarcinoma ben differenziato (24 a settimana).<br />

Nel 30% dei casi subentra un carcinoma scarsamente differenziato<br />

a piccole cellule con talora aspetti neuroendocrini,<br />

metastatizzante. 45 topi sono stati nutriti con mangime senza<br />

proteine di soia e di pesce ed altri 45 topi hanno ricevuto lo<br />

stesso mangime addizionato di estratto di pomodoro al 13%.<br />

Da ciascun gruppo sperimentale sono stati selezionati 15 topi<br />

per valutarne la sopravvivenza. Gli animali rimanenti sono<br />

stati sacrificati a 20, 25 e 30 settimane. L’apparato genitale,<br />

i linfonodi periaortici, i polmoni, i reni, i surreni ed il fegato<br />

sono stati prelevati e sottoposti ad analisi istologica.<br />

Risultati<br />

Trentaquattro settimane dopo l’inizio del trattamento tre animali<br />

del gruppo di controllo e 12 animali del gruppo trattato<br />

sono ancora vivi. L’analisi istologica della prostata ha evidenziato<br />

un rallentamento della progressione tumorale nei topi<br />

trattati ai vari tempi esaminati. L’inibizione della crescita<br />

tumorale sembra interessare sia la componente sviluppantesi<br />

come adenocarcinoma sia quella a piccole cellule scarsamente<br />

differenziata.<br />

Conclusioni<br />

Questi risultati confermano il ruolo dei carotenoidi come<br />

agenti protettivi nei confronti del carcinoma prostatico.<br />

La microscopia virtuale nel controllo di<br />

qualità della diagnostica istologica<br />

agobioptica prostatica<br />

P. Dalla Palma, F. Demichelis, L. Morelli<br />

Servizio di Anatomia ed Istologia Patologica, Ospedale “S.<br />

Chiara”, Trento; Unità applicativa di Telemedicina ed Informativa<br />

Medica, Centro per la Ricerca Scientifica e Tecnologia,<br />

Povo (Trento); Servizio di Anatomia Patologica, Ospedale<br />

“S. Maria del Carmine”, Rovereto (TN)<br />

Introduzione<br />

Per telepatologia si intende la pratica della diagnostica patologica<br />

a distanza, mediante visualizzazione su monitor di immagini<br />

provenienti da un microscopio posto in una località<br />

remota e trasmesse tramite un canale di trasmissione dati ad<br />

alta velocità (reti digitali o comunicazione satellitare). La telepatologia<br />

è di due tipi: statica, trasmissione di singole immagini<br />

provenienti dal preparato istologico, e dinamica, osservazione<br />

di immagini in movimento del preparato. Una stazione<br />

di telepatologia dotata di questo collegamento consente<br />

al patologo di attuare la consulenza diagnostica a distanza<br />

(teleconsulto). Gli strumenti della telepatologia consentono<br />

di risolvere (almeno in parte) due problemi: a) l’opportunità<br />

che servizi di patologia presso grandi Ospedali centrali siano<br />

in grado di servire anche diversi piccoli Ospedali periferici<br />

(es. diagnosi intraoperatoria); b) l’opportunità di effettuare<br />

consulenze presso esperti di altri Ospedali (es. consulto istopatologici<br />

e “seconda opinione”).<br />

Ulteriori applicazioni possono poi derivare dalla disponibilità<br />

di adeguati strumenti, quali l’aggiornamento ed educazione<br />

permanente del patologo, la costituzione di un laboratorio<br />

di morfometria e il controllo di qualità.<br />

Metodi<br />

Mediante un sistema di telepatologia per la diagnosi a distanza<br />

sviluppato tra il Laboratorio di Telemedicina dell’ITC<br />

e il Servizio di Anatomia Patologica di Trento, Static Tele-<br />

Microscopy Sistem (STeMiSy), è stato effettuato un test clinico<br />

tra le U.O. di Anatomia Patologica degli Ospedali di<br />

Trento e Rovereto atto alla valutazione del controllo di qualità<br />

nella diagnostica istopatologica urologica. Sono state inviate<br />

tra l’U.O. remota e quella locale (alternativamente<br />

Trento e Rovereto) una casistica di 110 casi di preparati istologici<br />

relativi ad agobiopsie prostatiche nell’arco di 5 mesi,<br />

mediante sessioni telematiche della durata di circa un’ora e<br />

mezza ciascuna.<br />

Risultati<br />

La concordanza tra gli osservatori si è dimostrata eccellente,<br />

senza riscontro di discordanze maggiori (cioè benigno vs.<br />

maligno) tra le diagnosi, con score di Gleason identici<br />

nell’85% dei casi (94). Nei restanti 26 lo score differiva di<br />

solo 1 punto dalla scala di Gleason. Per ogni caso sono state<br />

acquisite una media di 10 immagini, con un tempo diagnostico<br />

medio di circa 7 minuti.<br />

Conclusioni<br />

La telepatologia è uno strumento affidabile per effettuare<br />

controllo di qualità tra U.O. a distanza, teleconsulenza e telediagnostica.<br />

Neuro D1, un gene contiguo al locus HOX D,<br />

possibile nuovo marker della differenziazione<br />

neuroendocrina nel carcinoma prostatico<br />

R. Franco, L. Cindolo * , M. Cantile ** , G. Liguori, S. Losito,<br />

M. D’Angelo, P. Chiodini *** , L. Salzano * , A. Di Blasi * ,<br />

E. Feudale, A. Gallo, C. Cillo ** , G. Botti<br />

U.O.C. Anatomia Patologica e UO di Urologia, INT Napoli;<br />

*<br />

Unità di Urologia e Anatomia Patologica, AORN “G. Rummo”,<br />

Benevento; ** Dipartimento Medicina Clinica e Sperimentale,<br />

Università “Federico II” Napoli; *** Dipartimento<br />

Igiene e Sanità Pubblica, Seconda Università di Napoli<br />

Introduzione<br />

La differenziazione neuroendocrina è descritta in vari gradi<br />

in gran parte dei carcinomi prostatici ed è stata correlata con<br />

la progressione e la cattiva prognosi di questi. Infatti l’acquisizione<br />

del fenotipo neuroendocrino è peculiare del carcinoma<br />

prostatico avanzato e ormono-refrattario.<br />

Attualmente la differenziazione neuro-endocrina è definita<br />

quasi esclusivamente in termini di espressione di cromogranina<br />

A e quindi non è nota l’esatta prevalenza di questo fenomeno<br />

per la mancanza di studi e di strumenti diagnostici<br />

univocamente affidabili ed univoci. La differenziazione, nell’organogenesi<br />

e nella cancerogenesi, è presieduta da un<br />

network di geni di fattori di trascrizione, i geni HOX. Recentemente<br />

studi di espressione condotti su tessuto prostatico<br />

neoplastico e su linee cellulari, prima e dopo induzione con<br />

cAMP, hanno rivelato un aumento di espressione dei geni<br />

HOXD, coinvolti nell’organogenesi e nella cancerogenesi e<br />

localizzati nella regione cromosomica 2q31-33, la stessa re-


PATOLOGIA DELLA PROSTATA<br />

221<br />

gione cromosomica di una serie di geni correlati alla conversione<br />

epiteliale-neuronale, tra cui uno dei più importanti<br />

sembra essere Neuro D 1 .<br />

Materiali e metodi<br />

È stata condotta una analisi estensiva di una di 146 campioni<br />

di tessuto prostatico umano mediante immunoistochimica per<br />

l’espressione esaminati per l’espressione immunoistochimica<br />

di cromogranina A (ChrA), sinaptofisina (SNP), CD56 e<br />

NeuroD1.<br />

È stata, inoltre, effettuato uno studio su 20 campioni dell’espressione<br />

del RNA di Neuro D mediante RT-PCR. Le correlazioni<br />

tra variabili cliniche, patologiche e sperimentali sono<br />

state analizzate mediante analisi univariata e multivariata.<br />

Risultati<br />

Sull’intera serie di campioni la positività per ChrA, SNP,<br />

CD56 e NeuroD1 è stata trovata nel 26,5%, 4,3%, 3,1% e<br />

35,5%.<br />

Nell’adenocarcinoma prostatico Neuro D1 è espresso più frequentemente<br />

del migliore tra i markers standard (ChrA); la<br />

sua espressione correla col grado di malignità, con l’infiltrazione<br />

microscopica perineurale, con il tPSA e gli stadi avanzati<br />

della patologia.<br />

Conclusioni<br />

Questo ci induce a suggerire Neuro D come marcatore della<br />

differenziazione neurendocrina nel carcinoma prostatico in<br />

una prospettiva di utilizzazione nella diagnostica oncologica.<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Cantile M, et al. J Cell Physiol 2005.<br />

La diagnosi di microfocolaio di<br />

adenocarcinoma della prostata aumenta<br />

all’aumentare del numero dei prelievi bioptici<br />

M. Gobbato * , A. Parisi * , D. Dalfior * , M.G. Zorzi * , G. Novella<br />

** , V. Ficarra ** , M. Brunelli * **** , G. Martignoni *** , F.<br />

Menestrina *<br />

*<br />

Anatomia Patologica, ** Clinica Urologica, Università di Verona;<br />

*** Anatomia Patologica, Università di Sassari; **** Ospedale<br />

di Arzignano, Vicenza<br />

Introduzione<br />

I protocolli che prevedono un campionamento agobioptico<br />

esteso della prostata sono numerosi; scopo di questo studio è<br />

di verificare se la diagnosi di microfocolaio di adenocarcinoma<br />

della prostata è correlata all’incremento del numero di<br />

prelievi bioptici.<br />

Metodi<br />

Abbiamo valutato prospetticamente 509 pazienti consecutivi<br />

sottoposti a primo set bioptico per sospetta neoplasia. Tutti i<br />

pazienti sono stati sottoposti all’esecuzione transperineale<br />

sotto guida ecografia transrettale di 14 agobiopsie (12 nella<br />

zona periferica e 2 nella zona di transizione) ed i prelievi sono<br />

stati numerati ed esaminati separatamente. Ciò ha consentito<br />

di estrapolare e comparare la percentuale di diagnosi di<br />

microfocolaio di adenocarcinoma ottenuta con il sestante<br />

classico e con schemi a 8, 10, 12 e 14 prelievi. La comparazione<br />

tra le variabili di tipo categorico è stata eseguita utilizzando<br />

il chi-quadrato di Pearson (p < 0,05).<br />

Risultati<br />

Con l’esecuzione di 14 prelievi sono stati identificati 232<br />

adenocarcinomi della prostata. In 32 casi (13,7%) è stata formulata<br />

una diagnosi di microfocolaio di adenocarcinoma della<br />

prostata, essendo la neoplasia presente in meno del 5% di<br />

un singolo frustolo bioptico.<br />

Il campionamento a sestante ha permesso di diagnosticare 16<br />

microfocolai di adenocarcinoma. L’aggiunta rispetto al sestante<br />

di due prelievi periferici a livello dell’apice ha comportato<br />

un incremento di tale diagnosi del 12,5% dei casi (p<br />

= 0,45). L’aggiunta rispetto al sestante di 4 prelievi periferici<br />

laterali ha comportato un incremento pari al 28,1% (p =<br />

0,03). L’aggiunta di un sestante laterale completo incrementa<br />

il numero di diagnosi di microfocolaio del 37,5% rispetto<br />

al sestante tradizionale (p = 0,003). Lo schema da noi eseguito<br />

con 12 prelievi periferici più 2 in zona di transizione<br />

comporta un incremento del 50% rispetto al sestante (p <<br />

0,001). 4 diagnosi di microfocolaio di adenocarcinoma della<br />

prostata sono state formulate solo su prelievi eseguiti a livello<br />

della zona di transizione.<br />

Conclusioni<br />

L’incremento del numero di prelievi bioptici eseguiti nel<br />

campionamento prostatico dei pazienti con sospetta neoplasia<br />

si associa ad un incremento della percentuale di diagnosi<br />

di microfocolaio di adenocarcinoma della prostata. Tale differenza<br />

assume carattere significativo quando il numero di<br />

prelievi eseguiti è superiore a 8.<br />

Cytogenetic Markers In Clinically Localized<br />

Prostate Carcinoma<br />

R. Merola, G. Orlandi, E. Vico, M. Gallucci, C. Leonardo,<br />

P. De Carli, S. Sentinelli, P. Carlini, A.M. Cianciulli<br />

“Regina Elena” Cancer Institute, Rome<br />

We evaluated the frequency of determined cytogenetic profiles<br />

as prognostic adjunctive variables in prostate carcinoma (CaP).<br />

Fluorescence in situ hybridization (FISH) analysis for evaluation<br />

of 7, 8, X chromosomes and EGFR (7p12), LPL (8p22),<br />

MYC (8q24), AR (Xq12) genes in 79 neoplastic foci from 56<br />

patients with clinically localized prostate carcinoma was performed.<br />

By applying the cutoff value, we defined 74/77<br />

(96.1%), 56/76 (73.7%), 26/70 (37.1%) of examined foci as<br />

having aneusomy for chromosome 7, 8 and X respectively. On<br />

the basis of calculated ratio (centromere/gene signal), no sample<br />

was amplified for EGFR and AR gene (ratio < 2). Only<br />

2/71 (2.8%) samples showed MYC gene amplification with ratio<br />

values of 4.3 and 2.2. LPL deletion was present in 52/76<br />

(68.4%) samples (ratio < 1). We subdivided FISH anomalies in<br />

12 patterns, which describe all genetic alterations occurring in<br />

this cohort of patients. Statistically association between Gleason<br />

score (G) and both chromosome 7 aneusomy and 8p22<br />

deletion was present (p < 0.003 and p < 0.04, respectively). The<br />

frequency of chromosome 7 aneusomy was statistically higher<br />

in T3-4 cases than T2c and T2a-T2b ones (p < 0.029). We considered<br />

as unfavourable a genetic set if aneusomy for at least<br />

two chromosomes and one altered gene were present. The percentage<br />

of tumors, with unfavourable genetic pattern, increased<br />

from 36.4% to 75.0% in those with G > 7 and from<br />

40.0% to 73.7% in those with stage T3 or more. We propose<br />

that these alterations could be considered potent genetic markers<br />

adjunctive to conventional prognostic parameters. Since<br />

CaP tumor aggressiveness is undoubtedly associated with particular<br />

somatic genetic alterations, our goal was to identify a<br />

complete genetic profile significantly associated with adverse<br />

pathological features at the time of surgery and also to genetically<br />

characterize the patients in the same histological group.<br />

Supported by AIRC.


222<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

Espressione della sialoproteina ossea,<br />

dell’osteopontina e dell’osteonectina nel<br />

carcinoma prostatico<br />

A. Sidoni, R. Del Sordo, A. Cavaliere, G. Bellezza, S.<br />

Bracarda * , C. Caserta * , V. Castronovo ** , A. Bellahcène ** ,<br />

E. Bucciarelli<br />

Istituto di Anatomia Patologica, Università di Perugia; * Divisione<br />

di Oncologia Medica, Azienda Ospedaliera di Perugia;<br />

** Center for Experimental Cancer Research, Metastasis<br />

Research Laboratory, University of Liège, Belgium<br />

Introduzione<br />

La sialoproteina ossea (BSP), l’osteopontina (OPN) e l’osteonectina<br />

(ONC) sono glicoproteine coinvolte nei processi<br />

di mineralizzazione della matrice ossea. Alcuni carcinomi, ed<br />

in particolare quelli con elevata propensione alla metastatizzazione<br />

scheletrica come quelli della mammella e della prostata,<br />

sono in grado di produrre eterotopicamente queste molecole<br />

acquisendo, in tal modo, proprietà osteomimetiche e<br />

osteotropiche 1 . Molti dei dati disponibili in letteratura riguardano<br />

la BSP che in questi tumori assume anche significato<br />

prognostico 2 , mentre non sono ancora ben definiti i ruoli<br />

di OPN e ONC. Questo studio si propone di valutare l’espressione<br />

delle tre glicoproteine in una casistica di carcinomi<br />

prostatici allo scopo di analizzarne le correlazioni anatomo-cliniche<br />

ed i relativi significati biologici.<br />

Materiali e metodi<br />

Sono stati reclutati 100 casi di carcinoma prostatico osservati<br />

tra il 1989 e il 2003 in pazienti con un follow-up medio di<br />

70 mesi (3-109). L’espressione delle glicoproteine è stata determinata<br />

con metodica immunoistochimica valutando semiquantitativamente<br />

la percentuale di cellule positive e l’intensità<br />

della immunomarcatura.<br />

Risultati<br />

L’analisi preliminare dei dati dimostra che tutte le neoplasie<br />

esprimono almeno una delle glicoproteine con frequente positività<br />

anche nella componente benigna adiacente, nelle cellule<br />

stromali e in quelle endoteliali. La positività per la BSP<br />

è meno intensa nei casi liberi da metastasi mentre OPN e<br />

ONC vengono espresse in maniera equivalente ed a livelli<br />

medio-alti nella maggioranza dei casi, indipendentemente<br />

dalla presenza di metastasi.<br />

Conclusioni<br />

I risultati ottenuti confermano le spiccate capacità osteomimetiche<br />

del carcinoma prostatico e lasciano prefigurare possibili<br />

applicazioni terapeutiche per la prevenzione delle metastasi<br />

ossee.<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Koeneman KS, et al. The prostate 1999;39:246-61.<br />

2<br />

Waltregny D, et al. J Natl Cancer Inst 1998;90:1000-8.


PATHOLOGICA 2005;97:223-233<br />

Patologia della mammella<br />

HER-2/neu, 17 chromosome aneusomy and<br />

MSI status in primary breast cancer:<br />

a possible correlation<br />

E. Rossi, L. Legrenzi, E. Dessy, A. Ubiali, A. Berenzi, P.<br />

Balzarini, A. Benetti, P. Grigolato<br />

2nd Department of Pathologic Anatomy, School of Medicine,<br />

University of Brescia<br />

Introduction<br />

A problem that was arisen about HER-2 evaluation is the amplification<br />

not followed by protein overexpression and the<br />

possible implication of chromosome 17 alteration. Moreover<br />

recent studies indicated that Microsatellite Instability (MSI)<br />

was found to be related to tumor phenotype and clinical features<br />

in various malignant human carcinomas. Because the<br />

nature of breast cancer pathogenesis is still unclear we decided<br />

to investigate simultaneusly HER-2 gene amplification<br />

by Fluorescence In Situ Hybridization (FISH), protein overexpression<br />

by immunohistochemistry and MSI by Polymerase<br />

Chain Reaction (PCR).<br />

Materials and methods<br />

Forty patients with primary invasive carcinoma of breast<br />

were studied. All the methods were applied on formalinfixed,<br />

paraffin-embedded samples. First immunohistochemistry<br />

and FISH were performed. Then we selected the 40 cases<br />

divided by immunohistochemistry score: 10 cases 3+, 10<br />

cases 2+, 10 cases 1+ and 10 cases 0. At the end an MSI<br />

analysis was performed on the cases studying chromosomes<br />

involved in DNA mismatch repair defects by microsatellite<br />

markers like Bat25, Bat26, D2S123, D5S346, D17S250.<br />

Results<br />

All the cases 0 and HER-2 not amplified were disomic and<br />

without MSI. Cases HER-2 amplified or without aneusomy<br />

for 17 chromosome always show a MSI Low (L) or High (H).<br />

Our results are summarized in the table.<br />

Conclusions<br />

Data described in literature show that DNA mismatch repair<br />

defects, involving hMLH1 (marker Bat 25) and hMSH2<br />

(marker Bat 26), are rare in sporadic and familiar breast cancer.<br />

In fact in the 40 cases analysed we did not find any alteration<br />

for these genes but a significant MSI was found<br />

studying other genes involved: hMSH-6 (marker D2S123),<br />

hMSH-3 (marker D5S346) and p53 (marker D17S250). We<br />

found MSI in cases 3+ amplified or not amplified with a high<br />

aneusomy for chromosome 17 and in cases 2+ and 1+ aneusomic<br />

for chromosome 17. The cases 0, not amplified and disomic<br />

for chromosome 17 did not show any MSI. In conclusion<br />

the cases investigated for HER-2 by immunohistochemisty<br />

and by FISH revealed a significant MSI only when<br />

an aneusomy for chromosome 17 is present.<br />

Mutazioni del gene Fosfatidilinositolo 3-<br />

chinasi (PI3K) e forme istologiche<br />

di carcinoma della mammella<br />

L. Felicioni * ** , F. Barassi * ** , C. Martella * ** , D. Paolizzi *<br />

**<br />

, G. Fresu * ** , S. Salvatore * ** , F. Cuccurullo ** , A. Mezzetti<br />

** , D. Campani *** , A. Marchetti * ** , F. Buttitta * **<br />

*<br />

Dipartimento di Oncologia e Neuroscienze, Università di<br />

Chieti; ** Aging Research Center (CeSI), “G. d’Annunzio”<br />

University Foundation, Chieti; *** Dipartimento di Oncologia,<br />

dei Trapianti e delle Nuove Tecnologie in Medicina,<br />

Pisa<br />

Introduzione<br />

Numerosi dati sperimentali dimostrano che una classe di enzimi<br />

ad attività chinasica, noti come Fosfatidilinositolo 3-<br />

chinasi (PI3K) è implicata nei processi di cancerogenesi<br />

umana. PI3K sono enzimi eterodimerici, costituiti da una subunità<br />

catalitica, p110alfa, codificata dal gene PIK3CA, e da<br />

una subunità adattrice/regolatoria, p85, codificata dal gene<br />

PIK3R1. Recentemente, mutazioni di tipo missenso di<br />

PIK3CA sono state evidenziate in alcune forme tumorali.<br />

Obiettivo del presente studio è stato quello di analizzare lo<br />

stato mutazionale di PIK3CA in una serie ampia di carcinomi<br />

della mammella, rappresentativa dei vari tipi istologici.<br />

Metodi<br />

Da una serie consecutiva di 780 tumori maligni sono stati selezionati<br />

74 carcinomi duttali, 56 lobulari, 22 mucinosi, 20<br />

midollari e 8 papillari. La presenza di mutazioni negli esoni<br />

1-20 è stata valutata mediante PCR-SSCP e sequenziamento<br />

diretto. È stato effettuato uno studio immunoistochimico dell’espressione<br />

proteica di Ki-67, ErbB2, p53, p21 e dei recettori<br />

per gli estrogeni e il progesterone. Inoltre, è stato valutato<br />

lo stato mutazionale di p53 mediante PCR-SSCP.<br />

Risultati<br />

Mutazioni di PIK3CA sono state riscontrate in 46 (26%) dei<br />

180 tumori esaminati. Le mutazioni risultavano concentrate<br />

Case# IHC score HER-2 FISH HER-2/neu FISH chromosome 17 aneusomy MSI<br />

7 (3+) Amplification Aneusomy MSI-L<br />

2 (3+) Amplification Disomy MSS<br />

1 (3+) No Amplification Aneusomy MSI-H<br />

6 (2+) No Amplification Disomy MSS<br />

3 (2+) No Amplification Aneusomy MSI-L<br />

1 (2+) Amplification Aneusomy MSI-H<br />

3 (1+) No Amplification Aneusomy MSI-H<br />

7 (1+) No Amplification Disomy MSS<br />

10 0 No Amplification Disomy MSS


224<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

in particolari codoni “hot spot” negli esoni 9 e 20: 23 (50%)<br />

delle 46 mutazioni erano presenti nell’esone 9 e 23 (50%)<br />

nell’esone 20. La distribuzione delle mutazioni era significativamente<br />

differente nei vari tipi istologici (p = 0,0002). Le<br />

mutazioni, infatti, erano molto frequenti nell’istotipo lobulare<br />

(46%), meno frequenti nei carcinomi duttali (22%) e infrequenti<br />

nei tumori midollari (10%), mucinosi (5%) e papillari<br />

(12%). Inoltre, le mutazioni dell’esone 9 sono risultate<br />

molto più frequenti nel carcinoma lobulare (30%) rispetto alle<br />

altre forme istologiche (5%) (p = 0,00014). Una correlazione<br />

inversa è emersa fra le mutazione di PIK3CA e l’espressione<br />

proteica di Ki-67 ed ErbB2, mentre non si osservavano<br />

correlazioni significative fra mutazione di PIK3CA e<br />

altri parametri clinico-patologici e biologici (età della paziente,<br />

dimensione del tumore, metastasi linfonodali, stato<br />

dei recettori ormonali, espressione e stato mutazionale di<br />

p53).<br />

Conclusioni<br />

I risultati ottenuti indicano che le mutazioni di PIK3CA sono<br />

maggiormente presenti nei carcinomi lobulari e duttali e che<br />

l’alta incidenza di mutazioni “hot spot” potrebbe fornire nuove<br />

promettenti possibilità terapeutiche in queste forme neoplastiche.<br />

Fast track biopsy (FTB): descrizione di una<br />

metodica istologica ed immunocitochimica<br />

rapida per la valutazione delle agobiopsie<br />

mammarie pre-operatorie<br />

S. Asioli, T. Ragazzini, E. Magrini, C. Cucchi * , M.P. Foschini,<br />

V. Eusebi<br />

Dipartimento di Scienze Oncologiche, sezione di Anatomia<br />

Patologica e * Chirurgia Oncologica, Università di Bologna,<br />

Ospedale “Bellaria”, Bologna, Italia<br />

Introduzione<br />

Descriviamo la metodica, denominata Fast Track Biopsy<br />

(FTB), che permette di ottenere un preparato istologico in 2<br />

ore e 30 minuti, dalla fissazione alla colorazione, tramite l’utilizzo<br />

della processazione con micro-onde. Su tale preparato,<br />

inoltre, è possibile effettuare indagini immunocitochimiche<br />

in tempi rapidi.<br />

Materiali e metodi<br />

Trentasei agobiopsie mammarie di 32 pazienti sono state incluse<br />

in paraffina e processate utilizzando un processatore<br />

automatico a micro-onde. In aggiunta, su casi selezionati è<br />

stata applicata una metodica di immunocolorazione rapida.<br />

La qualità dei preparati istologici colorati con Ematossilina<br />

ed Eosina (H&E) e delle reazioni di immunocitochimica con<br />

anticorpi anti-Recettore Estrogenico (ER), anti-Recettore<br />

Progestinico (PR) e anti-Ki67, confrontati con quelli ottenuti<br />

con l’immunocoloratore automatico convenzionale, è risultata<br />

soddisfacente.<br />

Risultati<br />

La nostra casistica è costituita da: 3 casi di B1 e 12 casi di<br />

B2, comprendenti fibroadenomi ed epiteliosi (iperplasia epiteliale<br />

di tipo usuale). Due casi di B3: un adenoma duttale e<br />

un fibroadenoma cellulato. Nessun B4 è stato diagnosticato.<br />

Diciotto casi di B5 comprendenti: 12 casi di carcinoma duttale<br />

infiltrante, NAS, 1 caso di carcinoma mucinoso infiltrante,<br />

3 casi di carcinoma lobulare infiltrante e 2 casi di carcinoma<br />

duttale in situ. Il tempo necessario per la FTB variava<br />

da 2 ore e 30 minuti a 4 ore (in media 2 ore e 54 minuti).<br />

Nell’ultimo mese dello studio (Gennaio, 2005) il tempo necessario<br />

per la FTB si è standardizzato su 2 ore e 30 minuti<br />

In 8 casi di B5 si è resa necessaria l’immunocitochimica. Il<br />

tempo impiegato per la metodica di immunocolorazione rapida,<br />

variava tra i 90 e i 100 minuti rispetto ai 220/230 minuti<br />

impiegati con l’immunocoloratore automatico convenzionale.<br />

Sette casi sono risultati positivi per ER (70%-80% del totale<br />

delle cellule neoplastiche) e 8 casi per PR (20%-90%). La positività<br />

per il Ki67 variava tra il 5% ed il 60% del totale delle<br />

cellule neoplastiche (in media 16,2%).<br />

Conclusione<br />

FTB è una procedura diagnostica rapida che può competere<br />

con FNAB (fine needle aspiration biopsy) nel raggiungimento<br />

di una diagnosi rapida qualitativamente soddisfacente. Le<br />

informazioni morfologiche della agobiopsia rispetto alla<br />

FNAB sono obiettivamente superiori. Correntemente alla base<br />

della scelta diagnostica della FNAB c’è la rapidità della<br />

procedura, con l’avvento della FTB anche quest’ultimo vantaggio<br />

sembra essere superato.<br />

Valutazione con analisi Fish<br />

e immunoistochimica di Topoisomerasi II alfa<br />

nel carcinoma mammario<br />

A. Bernardi, G. Canavese, G. Candelaresi, P. Lovadina,<br />

E. Margaria, E. Berardengo<br />

ASO “San Giovanni Battista” di Torino, S.C. Anatomia Patologica<br />

4, Ospedale “San Giovanni”, Torino<br />

Introduzione<br />

I carcinomi (ca) mammari con amplificazione di her2 mostrano<br />

beneficio statisticamente significativo se trattati con Antracicline<br />

probabilmente per effetto sull’attività della Topoisomerasi<br />

II alfa (Top2). Il meccanismo d’azione delle Antracicline<br />

su Top2 fu scoperto nel 1984 e considerato funzione primaria<br />

nella tossicità tumorale. Le Antracicline attivando Top2 incrementano<br />

la produzione di DNA fissurato e conseguente morte<br />

cellulare. L’amplificazione genica di Top2, valutata con metodica<br />

Fish è oggetto di studio per l’ipotesi di implicazione nella<br />

sensibilità al trattamento con Antracicline.<br />

Metodi<br />

In uno studio preliminare 44 ca mammari, 36 her2 amplificati,<br />

sono stati indagati con test di ibridazione in situ in fluorescenza<br />

(Fish) Dako Top2A kit (con validazione FDA e IVD europea).<br />

I dati ottenuti con lettura dei preparati al microscopio a<br />

fluorescenza, obiettivo 100x in immersione, sono stati analizzati<br />

con software Dako Cytomation. Sono state contemporaneamente<br />

effettuate reazioni immunoistochimiche per la valutazione<br />

dell’indice proliferativo (Ki67 mediana = 20) e la valutazione<br />

proteica di Top2 (over espressione ≥ 10%).<br />

Risultati<br />

17/36 (47,22%) tumori her2 amplificati presentavano amplificazione<br />

di Top2 e over espressione proteica nel 76,47%<br />

(13/17); 19/36 tumori non amplificati per Top2 avevano over<br />

espressione proteica nel 31,57% (6/19) e alto indice proliferativo.<br />

Gli 8 tumori her2 non amplificati e inseriti come controllo<br />

erano negativi per amplificazione di Top2.<br />

Conclusioni<br />

L’assenza di espressione proteica di Top2 in una percentuale<br />

di tumori con amplificazione del gene può essere imputata a<br />

regolazioni post trascrizionali. Top2 codificato dal gene omonimo<br />

sul cromosoma 17q12-21 è un enzima chiave nella du-


PATOLOGIA DELLA MAMMELLA<br />

225<br />

plicazione del DNA, legato alla proliferazione. La vicinanza<br />

all’oncogene her2 provoca spesso delle aberrazioni di Top2,<br />

mai trovata amplificata o deleta senza contemporanea amplificazione<br />

di her2. La letteratura dimostra che il valore predittivo<br />

di risposta al trattamento con Antracicline è dovuto allo<br />

stato del gene Top2 e non di her2. Nella convalida dell’ipotesi<br />

che lo stato di Top2 possa confermarsi un marcatore predittivo<br />

di risposta a terapia con Antracicline può rendersi utile<br />

nella caratterizzazione biologica delle neoplasie mammarie<br />

la sua valutazione con applicazione di analisi Fish e metodica<br />

immunoistochimica.<br />

Espressione di ER-β nelle cellule stromali di<br />

fibroadenomi e tumori fillodi della mammella<br />

I. Castellano, M. Bosco, P. Cassoni, R. Arisio * , A.P. Dei<br />

Tos ** , N. Fortunati *** , M. Catalano, A. Sapino<br />

Dipartimento di Scienze Biomediche ed Oncologia Umana,<br />

Università di Torino, Italia; * Dipartimento di Patologia,<br />

Ospedale “Sant’Anna”, Torino, Italia; ** Dipartimento di<br />

Patologia, Ospedale Regionale, Treviso, Italia; *** Dipartimento<br />

di Fisiopatologia Clinica, Università di Torino, Italia<br />

Introduzione<br />

L’ormono-dipendenza nella crescita dei fibroadenomi (FAD)<br />

della mammella è stata suggerita da tempo; tuttavia, non è al<br />

momento nota l’espressione di recettori per ormoni steroidei<br />

nella componente stromale di tali lesioni.<br />

Metodi<br />

Al fine di definire la presenza o meno di recettori per gli<br />

estrogeni (ER-α, ER-β, progesterone e androgeni) nello stroma<br />

delle lesioni fibroepiteliali della mammella, sono stati<br />

studiati 31 FAD e 32 tumori fillodi (PT). La presenza di entrambe<br />

le isoforme di ER è stata valutata: a) con metodica<br />

RT-PCR sia su mRNA estratto dalle lesioni in toto sia sulle<br />

sole cellule stromali micro-dissettate dalle lesioni stesse; b)<br />

con metodica immunoistochimica. Parallelamente è stato studiato<br />

il fenotipo delle cellule stromali, definendone lo stato di<br />

differenziazione muscolare liscia e mioepiteliale con metodica<br />

immunoistochimica e anticorpi anti-actina, calponina e<br />

p63. Infine, sono state allestite culture cellulari di cellule<br />

stromali di 3 FAD, che sono state trattate con estradiolo.<br />

Risultati<br />

Solo ER-β è risultato espresso nelle cellule stromali dei casi<br />

esaminati, con una maggior espressione nei PT e nei FAD con<br />

stroma iper-cellulare. Nei FAD, l’elevata espressione è risultata<br />

direttamente correlata con la giovane età della paziente, contrariamente<br />

a quanto osservato nei PT. In entrambe le lesioni,<br />

le cellule ER-β+ esprimevano un fenotipo di muscolo liscio<br />

(actina e/o calponina) mentre non si è mai osservata l’espressione<br />

di p63. Le cellule stromali dei 3 FAD messi in cultura sono<br />

risultate ER-β+; il trattamento con estradiolo ha determinato<br />

un aumento della crescita cellulare e della percentuale di<br />

cellule differenziate in senso miofibroblastico.<br />

Conclusioni<br />

L’aumenta espressione di ER-β nelle giovani donne e nei<br />

FAD a stroma più cellulare suggerisce uno specifico meccanismo<br />

ormono-dipendente nella regolazione della crescita di<br />

tali lesioni. Inoltre, l’associazione di ER-β con il fenotipo<br />

muscolare liscio indicherebbe un ruolo degli estrogeni nelle<br />

differenziazione miofibroblastica delle cellule stromali. In<br />

ultimo, questi risultati potrebbero essere utilizzati per valutare<br />

l’inserimento di antagonisti recettoriali ER-β selettivi nel<br />

trattamento adiuvante dei PT maligni.<br />

Metastasi di carcinoma mammario<br />

in meningioma: il fenomeno del “tumor<br />

in tumor”<br />

I. Castellano, P. Cassoni, F. Benech * , A. Ducati * , G. Bussolati<br />

Dipartimento di Scienze Biomediche ed Oncologia Umana,<br />

Università di Torino, Italia; * Sezione di Neurochirurgia e<br />

Neuroscienze, Università di Torino, Italia<br />

Introduzione<br />

L’evento di una metastasi di un carcinoma in un tumore intracranico<br />

primitivo è raro. Tuttavia esistono segnalazioni in<br />

letteratura sull’esistenza di particolari istotipi tumorali benigni<br />

che presentano caratteristiche tali da poter favorire l’insediazione<br />

di un cluster di cellule metastatiche. Il meningioma<br />

in particolare è un tumore benigno a lenta crescita ed altamente<br />

vascolarizzato che può accettare metastasi da tumori<br />

sistemici. È segnalata altresì in letteratura l’esistenza di<br />

una possibile associazione tra meningioma e carcinoma della<br />

mammella. Viene di seguito descritto il caso di una donna di<br />

65 anni, operata 3 anni prima di carcinoma mammario, attualmente<br />

ricoverata in stato comatoso, presentante una lesione<br />

fronto-temporale destra clinicamente e radiologicamente<br />

sospetta per meningioma.<br />

Metodi<br />

Il caso è stato documentato radiologicamente, istologicamente<br />

e con metodiche immunoistochimiche per definire i fenotipi<br />

cellulari.<br />

Risultati<br />

Il quadro radiologico riportava una lesione singola, frontotemporale<br />

destra, iperdensa con modesto edema perilesionale.<br />

Tuttavia, all’esame istologico il quadro morfologico metteva<br />

in evidenza, nel contesto di una attesa lesione meningea<br />

benigna con cellule disposte in aree vorticoidi, la presenza di<br />

una popolazione di cellule neoplastiche maligne. Queste ultime<br />

sono risultate negative alla vimentina (venuta invece positiva<br />

nelle cellule meningoteliali) e positive agli anticorpi<br />

anti-citocheratina ed ai recettori degli estrogeni confermando<br />

così la primitività mammaria del carcinoma nel meningioma.<br />

Conclusioni<br />

La metastasi di un carcinoma in un meningioma è un evento<br />

possibile e da tenere sempre attentamente in considerazione.<br />

In particolar modo, oltre alla non infrequente associazione tra<br />

carcinoma della mammella e meningioma (come lesioni distinte),<br />

nelle donne con pregresso carcinoma mammario deve<br />

essere valutata la possibilità di una “colonizzazione” di<br />

cellule neoplastiche in un meningioma sviluppatosi successivamente.<br />

Parametri oggettivi di valutazione<br />

dell’attività maligna del linfonodo sentinella<br />

nel carcinoma mammario<br />

A. Colasante, G. Castrilli, E. Cianchetti * , U. Tatasciore,<br />

T. D’antuono, D. Angelucci<br />

U.O. Anatomia Patologica ASL/Università Chieti; * Senologia<br />

ASL/Università Chieti<br />

Introduzione<br />

La stadiazione del carcinoma mammario comprende la valutazione<br />

dello stato del linfonodo sentinella (LS) sia dal punto di<br />

vista clinico che istopatologico. L’American Joint Committee<br />

on Cancer (AJCC) Staging Manual, Sixth Edition, del 2002,


226<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

distingue le ripetizioni linfoghiandolari ascellari in metastasi<br />

(MT), micrometastasi (MC) e cellule tumorali isolate (ITC).<br />

Dal punto di vista clinico sembra avere importanza il diverso<br />

tipo di metastasi MT vs. MC vs. ITC. In tal senso, ci sono lavori<br />

volti a determinare fattori predittivi dell’interessamento<br />

dei linfonodi ascellari in pazienti con LS positivo. Abbiamo<br />

valutato la capacità predittiva del LS sugli altri linfonodi del<br />

cavo ascellare omolaterale e reso riproducibile il concetto di<br />

attività maligna come definito dalla AJCC 2002.<br />

Metodi<br />

57 LS positivi di pazienti con Carcinoma mammario invasivo<br />

sono stati completamente seriati. Le sezioni colorate alternativamente<br />

con Immunoistochimica (IIC) con citocheratine<br />

(CK), MIB1 e con tricromica di Masson (TrM). Secondo<br />

lo Stadio 47 tumori erano T1 e 10 T2; riguardo al Grado 38<br />

tumori G1 e 19 G2-G3.<br />

Risultati<br />

Gruppo n° casi T1 n° (%) T2: n° (%)<br />

MT/TC 24 18 (75%) 6 (25%)<br />

ITC 33 29 (88%) 4 (12%)<br />

Gruppo n° casi G1 n° (%) G2-G3 n° (%)<br />

MT/TC 24 15 (63%) 9 (36%)<br />

ITC 33 23 (70%) 10 (30%)<br />

L’attività proliferativa MIB1-correlata, era maggiore del 5%<br />

in 16/24 LS che avevano MT/MC; mentre era assente (0%)<br />

in tutti i casi con ITC. La fibrosi-TrM (scala: 0, 1, 2) era presente<br />

in 21/24 LS con MT/MC, mentre era assente 33/33 LS<br />

con ITC.<br />

Conclusioni<br />

1)Le MT e le MC sono associate ad ambedue le caratteristiche<br />

di attività maligna (fibrosi ed attività proliferativa).<br />

2)Nelle ITC l’attività maligna è assente (MIB1 = 0, TrM =<br />

0).<br />

3)I casi a dimensione borderline tra MC e ITC presentano<br />

MIB1 > 5%/TrM = 0 oppure MIB1 < 5%/TrM > 0. Questa<br />

categoria borderline che mostra attività maligna come<br />

quella MT/MC, dovrebbe essere collocata, più opportunamente,<br />

nella classe MC.<br />

Valutazione comparativa di HER2/neu<br />

mediante CISH e immunoistochimica nel<br />

carcinoma della mammella<br />

P. Cusatelli, E. Pagetta<br />

U.O. Anatomia Patologica, ULSS 15 Alta Padovana, Camposampiero<br />

(PD)<br />

Introduzione<br />

Il carcinoma della mammella rappresenta circa il 20% delle<br />

neoplasie maligne della donna. Sono stati identificati marcatori<br />

biologici di significato prognostico e predittivo, rappresentati<br />

dallo stadio di malattia, dallo stato recettoriale di estrogeni e<br />

progesterone, dall’attività proliferativa (Mib1 index) e dall’espressione<br />

di HER2/neu. L’iperespressione di HER2 ha significato<br />

prognostico sfavorevole nelle pazienti N+ e predittivo in<br />

relazione al tipo di trattamento chemioterapico utilizzato. La<br />

valutazione dell’amplificazione dell’oncogene HER2/neu è comunemente<br />

eseguita mediante FISH, che è gravata dalla progressiva<br />

decadenza del segnale di fluorescenza, non premettendo<br />

una rivalutazione a posteriori. Lo scopo di questo studio è:<br />

A) di indagare sulla rilevanza clinica dell’amplificazione di<br />

HER2, mediante la nuova tecnica CISH (ibridizzazione in situ<br />

cromogena), in comparazione con l’evidenza di reattività immunoistochimica<br />

(IHC) della proteina espressa; B) di valutare<br />

il grado di sensibilità della CISH rispetto all’IHC.<br />

Materiali e metodi<br />

Nel presente studio sono stati valutati 52 casi di carcinoma<br />

della mammella per HER2 utilizzando: IHC con anticorpo<br />

policlonale anti-proteina di HER2 (rabbit, Ditta Dako, HercepTest)<br />

e di CISH mediante sonda Zymed per il gene. L’amplificazione<br />

dell’oncogene HER2 e l’espressione IHC della<br />

proteina è stata confrontata caso per caso con vetrini di controllo<br />

a positività nota.<br />

Risultati<br />

Le determinazioni IHC con Herceptest sono risultate positive<br />

(3+) in 6 casi su 52 (11,5%), negative (0,1+) in 6 casi su<br />

52 (11,5%) e intermedie (2+) in 39 su 52 (75%). Tali dati sono<br />

stati confrontati con quelli ottenuti da CISH; è stata dimostrata<br />

corrispondenza con entrambe le metodiche sia per i<br />

casi negativi (100%) che per i positivi. 4 casi (10,25%) a reattività<br />

Herceptest intermedia (2+) su 39 sono risultati positivi,<br />

ossia con amplificazione del gene, con CISH.<br />

Conclusioni<br />

1) l’analisi dell’espressione di HER2 mediante CISH ha dimostrato<br />

una buona sensibilità di individuazione di casi positivi<br />

rispetto all’immunoistochimica Herceptest, 2) una concordanza<br />

globale elevata ed, inoltre, 3) l’utilizzo di un cromogeno<br />

stabile, non fluorescente, ha permesso il recupero di<br />

pazienti per eventuale rivalutazioni e per nuove strategie terapeutiche.<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Wixon CR, et al. Appl Immunohistochem Mol Morphol 2004;12.<br />

2<br />

Zarbo RJ, et al. Arch Pathol Lab Med 2003;127.<br />

Comparazione dei markers tumorali prima e<br />

dopo terapia neoadiuvante nel carcinoma<br />

localmente avanzato della mammella<br />

M. Di Bonito, F. La Vecchia, M. Staiano, M. Curcio, F.<br />

Formichelli<br />

U.O.C. di Anatomia Patologica, Istituto Tumori di Napoli<br />

Introduzione<br />

Abbiamo effettuato una rivalutazione immunofenotipica<br />

comparativa dell’indice proliferativo, dell’espressione recettoriale<br />

e dell’espressione HER/2 nel carcinoma localmente<br />

avanzato della mammella prima e dopo terapia neoadiuvante,<br />

per verificare un’eventuale variazione dell’espressione dei<br />

suddetti marcatori.<br />

Metodi<br />

Sono stati selezionati 62 casi di carcinoma mammario localmente<br />

avanzato.<br />

Dei casi sono stati definiti, sia sulla core biopsy che sul campione<br />

operatorio post-terapia neoadiuvante, istotipo, grading,<br />

ER, PgR, Ki-67, HER/2.<br />

Risultati<br />

All’esame istologico preoperatorio abbiamo riscontrato: 54<br />

carcinoma duttale, 7 carcinoma lobulare e 1 carcinoma mi-


PATOLOGIA DELLA MAMMELLA<br />

227<br />

dollare; 3 di grado I, 39 di grado II e 20 di grado III. La determinazione<br />

immunofenotipica ha evidenziato: espressione<br />

dei recettori ormonali in 44 casi, assenza in 10 casi, in 8 casi<br />

negatività del progesterone; l’oncogene HER/2 è risultato intensamente<br />

espresso (score 3+) in 5 casi, non espresso (score<br />

0) in 35 casi, parzialmente espresso (score 1+) in 15 casi e<br />

moderatamente espresso (score 2+) in 7 casi; l’indice proliferativo<br />

(Ki 67) risultava > 20% in 40 casi. Sui campioni chirurgici,<br />

dopo terapia neoadiuvante, non c’è stata discordanza<br />

di espressione recettoriale, ma solo una minima variazione<br />

delle positività degli elementi neoplastici in 15/44 casi. Tutti<br />

i casi in cui l’espressione della proteina HER/2 era assente<br />

(score 0) sono rimasti tali anche dopo terapia neoadiuvante;<br />

minime variazioni dell’intensità di membrana in 3/7 casi si<br />

sono osservati tra i casi score 1+ e 2+, però tutti con amplificazione<br />

genica negativa. Nei casi in cui c’era iperespressione<br />

HER/2 (score 3+) abbiamo riscontrato, invece, 1 caso con assente<br />

amplificazione genica sia sulla core biopsy che sul residuo<br />

tumorale dopo terapia neoadiuvante. L’indice proliferativo<br />

nel 50% dei casi è ridotto nelle cellule neoplastiche residue.<br />

Conclusioni<br />

La rivalutazione della risposta patologica dopo terapia neoadiuvante<br />

ha dimostrato modificazioni morfologiche tali da<br />

non essere più riconosciuto, in alcuni casi, l’istotipo; in accordo<br />

anche con i dati riscontrati in letteratura non si evidenzia<br />

una variazione statisticamente significativa dell’espressione<br />

dei markers suddetti nei carcinomi mammari trattati<br />

con terapia neoadiuvante.<br />

Il gene BRMS1 (Breast Metastasis Suppressor<br />

Gene 1) nel carcinoma mammario umano<br />

C. Di Cristofano, G. Lombardi, A. Capodanno, P. Aretini,<br />

P. Isola * , M. Tancredi, P. Collecchi, G. Naccarato, G.<br />

Bevilacqua, M.A. Caligo<br />

Dipartimento di Oncologia, Divisione di Anatomia Patologica<br />

e Diagnostica Molecolare ed Ultrastrutturale, Università<br />

di Pisa ed Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, Pisa,<br />

Italia; * Dipartimento di Patologia B.M.I.E., Università di<br />

Pisa, Pisa, Italia<br />

La mortalità per carcinoma mammario è strettamente correlata<br />

alla sua diffusione metastatica. Studi d’espressione genica<br />

su cellule tumorali con differenti potenzialità metastatiche<br />

hanno evidenziato più geni associati alla progressione metastatica.<br />

Il gene BRMS1 (Breast Metastasis Suppressor Gene<br />

1) mappa nella regione 11q13.1-q13.2, frequentemente alterata<br />

durante la progressione del carcinoma mammario. L’espressione<br />

di BRMS1 riduce la capacità metastatica di linee<br />

cellulari umane in saggi in vivo, in maniera dipendente dai livelli<br />

di espressione dell’mRNA e della proteina esogena.<br />

Dato che il coinvolgimento di BRMS1 nel carcinoma mammario<br />

umano non è stato ancora dimostrato, scopo di questo<br />

studio è stato determinare il suo ruolo nella progressione tumorale,<br />

indagando l’espressione in un sistema in vivo (tumore<br />

vs. metastasi), e verificare la correlazione tra l’espressione<br />

del gene e la proliferazione cellulare in vitro (linea cellulare<br />

umana da carcinoma della mammella Hs578T).<br />

L’espressione di BRMS1 è stata quantificata per Real-Time<br />

RT-PCR nell’epitelio duttale normale, nel tessuto neoplastico<br />

e nelle metastasi linfonodali, di pazienti affetti da carcinoma<br />

duttale della mammella con almeno 10 di follow-up e nella linea<br />

cellulare Hs578T. L’RNA totale è stato estratto da popolazioni<br />

cellulari isolate mediante microdissezione laser da<br />

tessuti congelati.<br />

L’espressione di BRMS1 nelle cellule neoplastiche è generalmente<br />

più alta che nelle rispettive popolazioni cellulari normali<br />

(p = 0,0005), mentre decresce nelle cellule neoplastiche<br />

metastatiche dei linfonodi (p = 0,001). I 47 pazienti analizzati<br />

sono stati stratificati in base alla loro prognosi, favorevole<br />

(liberi da malattia e/o vivi) o sfavorevole (con recidiva e/o<br />

deceduti per carcinoma della mammella). Sia l’analisi univariata<br />

(Log-Rank test p = 0,007) che l’analisi multivariata<br />

(Cox regression HR = 4,0 p = 0,054) hanno dimostrato che<br />

un’elevata espressione di BRMS1 nei tumori primari è associata<br />

ad un minore tempo di ripresa di malattia e di sopravvivenza.<br />

Analisi in vivo (tessuti) ed in vitro (Hs578T) mostrano<br />

che l’incremento d’espressione non sarebbe correlato con<br />

la proliferazione cellulare.<br />

Questo è il primo studio che evidenzia il coinvolgimento del<br />

gene BRMS1 nel carcinoma mammario umano. L’espressione<br />

di BRMS1 decresce durante la progressione del tumore<br />

mammario. I nostri dati suggeriscono tuttavia che una più alta<br />

espressione di BRMS1 nel tumore primario è correlata ad<br />

una prognosi peggiore.<br />

La localizzazione anatomica delle<br />

micrometastasi di carcinoma mammario al<br />

linfonodo sentinella è predittiva dello stato<br />

della dissezione ascellare<br />

L. Di Tommaso, C. Arizzi, D. Rahal, A. Destro, M. Alloisio<br />

* , S. Orefice * , A. Rubino * , E. Morenghi ** , G. Masci ** , I.<br />

Del Prato *** , R. Sacco **** , A. Santoro ** , M. Roncalli<br />

Dipartimento di Patologia, Scuola di Medicina e Chirurgia,<br />

Università di Milano; * Chirurgia ed ** Oncologia, Istituto<br />

Clinico “Humanitas”, Rozzano, Milano; *** Senologia e<br />

****<br />

Chirurgia, “Humanitas-Gavazzeni”, Bergamo<br />

Introduzione<br />

La maggior parte delle pazienti affette da carcinoma della<br />

mammella e con metastasi al linfonodo sentinella (LS), non<br />

ha ulteriori metastasi allo svuotamento ascellare (SA). Fra i<br />

parametri in grado di predire lo stato del SA il più significativo<br />

è rappresentato dalle dimensioni della metastasi.<br />

Metodi<br />

Nel periodo compreso fra il 01/01/2000 ed il 31/12/2004, 540<br />

pazienti con carcinoma della mammella sono state sottoposte<br />

a biopsia del LS presso l’Istituto Clinico Humanitas. Di queste,<br />

162 (30%) avevano metastasi al LS e sono state sottoposte<br />

a SA. Sia il LS che i linfonodi del SA sono stati esaminati<br />

su preparati inclusi in paraffina e colorati in E/E, senza il<br />

supporto di metodiche immunoistochimiche.<br />

Risultati<br />

Dei 162 casi, 62 (38%) erano rappresentati da micrometastasi<br />

e 100 (62%) da metastasi. In totale 53/162 (32,7%) pazienti<br />

avevano ulteriori metastasi al SA, con una differenza significativa<br />

(P < 0,0001) fra pazienti con metastasi (43/100,<br />

43%) e quelli con micrometastasi (10/62, 16,1%). Significativo<br />

anche il dato relativo alla stratificazione delle pazienti<br />

con micrometastasi in relazione alla localizzazione [seni<br />

(1/31; 3%) vs. parenchima (9/31; 29%); P: 0,026] ed alla dimensione<br />

del focolaio metastatico nel LS [< 1 mm (3/37;<br />

8%) vs. 1-2 mm (7/25; 28%); P: 0,045].<br />

Conclusione<br />

I nostri dati mostrano che la presenza di ulteriori metastasi<br />

al SA è correlata alla localizzazione delle micrometastasi


228<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

nel LS. È interessante osservare come questo ultimo dato<br />

fosse già stato segnalato per le metastasi di melanoma e<br />

sembra trovare una spiegazione razionale in recenti studi di<br />

biologia molecolare. È noto che melanoma e carcinoma<br />

mammario si comportino in maniera analoga, dando metastasi<br />

alle stesse sedi (linfonodi, polmoni, fegato e M.O.);<br />

studi recenti hanno dimostrato che questo comportamento è<br />

dovuto alla presenza di specifiche chemochine e relativi recettori.<br />

È possibile speculare che le cellule neoplastiche che<br />

entrano nel LS attraverso i seni linfatici aderiscano al parenchima<br />

in presenza di uno specifico recettore mentre, in<br />

assenza dello stesso, “saltino” il linfonodo dirigendosi ad<br />

altre sedi.<br />

I nostri risultati dimostrano che la localizzazione e la dimensione<br />

delle micrometastasi nel LS sono i parametri più significativi<br />

per predire lo stato del SA; viene inoltre suggerito<br />

che il profilo delle chemochine espresse dalle cellule neoplastiche<br />

possa essere utilizzato come indicatore della sede potenziale<br />

di metastasi.<br />

Breast presentation of follicular lymphoma<br />

F. Fiorentino, R. Laise, A. De Chiara, R. Franco, R. Di<br />

Francia * , P. Della Cioppa * , G. Botti<br />

Anatomia Patologica; * Ematologia Istituto dei Tumori<br />

“Giovanni Pascale”, Napoli<br />

Introduction<br />

Systemic follicular lymphomas affect extranodal sites in only<br />

10% of cases. Rarely extranodal presentation is the first<br />

sign of a systemic follicular lymphoma 1 .<br />

We report the case of 83 years old woman undergone to<br />

breast biopsy for a mammografic nodular lesion. A diagnosis<br />

of intraductal papyllary carcinoma of left breast was done,<br />

but a sparse and irregular lymphoid follicular prolypheration,<br />

of little lymphoid cells without clearly mantle zone 2 .<br />

Materials and metods<br />

Immunohistochemistry for characterization of lymphoid prolifereation<br />

was performed. Moreover we extracted the DNA<br />

with molecular biology PCR analysis was performed in order<br />

to detect eventual t(14;18).<br />

Results<br />

Lymphoid nodules resulted positive essentially to<br />

CD20,CD10, bcl6 and bcl2. PCR analysis showed t(14; 18).<br />

We interpreted sparse lymphoid nodules as expression of systemic<br />

follicular lymphoma. In fact the patient showed lomboaortic<br />

lymphoadenomegaly and cutaneous frontal lesion<br />

with histologic, immunophenotipic and molecular feature of<br />

a follicular lymphoma 2 .<br />

Discussion<br />

Lymphoid proliferation of extranodal sites could be expression<br />

of a systemic lymphoma. Immunohistochemical feature<br />

and molecular status must be used to interpret the neoplastic<br />

nature of these lesions and suggest an accurate clinical exam<br />

to identify a disseminated lymphoma.<br />

References<br />

1<br />

Franco R, et al. Mod Pathol 2001;14:913-9.<br />

2<br />

Bobrow LG, et al. Hum Pathol 1993;24:274-8.<br />

Carcinoma cistico ipersecretorio della<br />

mammella: una entità poco conosciuta.<br />

Descrizione di un caso e diagnosi<br />

differenziale<br />

E. Kuhn, L. Runza, S. Carinelli<br />

U.O. Anatomia Patologica, Ospedale Maggiore Policlinico,<br />

“Mangiagalli - Regina Elena”, Milano, Italia<br />

Introduzione<br />

Il carcinoma cistico ipersecretorio della mammella (CCI) è<br />

una rara e controversa variante di carcinoma duttale in situ<br />

(CDIS) descritta da Rosen nel 1984, con non più di 40 casi<br />

descritti. Presentiamo 1 caso che ha posto il problema della<br />

diagnosi differenziale delle lesioni ipersecretorie e ne discutiamo<br />

il significato biologico.<br />

Metodi<br />

Caso clinico<br />

Donna di 37 anni con massa palpabile della mammella destra.<br />

La paziente aveva partorito l’anno precedente. Non era<br />

in allattamento né in terapia ormonale. A seguito di una core<br />

biopsy è stata sottoposta 1 mese dopo a mastectomia semplice<br />

con biopsia del linfonodo sentinella. La paziente è libera<br />

da malattia dopo 1 anno.<br />

Risultati<br />

La biopsia mostrava strutture cistiche di dimensioni variabili<br />

contenenti secrezione eosinofila simil-colloidea. L’epitelio di<br />

rivestimento variava da piatto a cilindrico pseudostratificato<br />

con focali micropapille intraluminali. I nuclei erano ampi,<br />

vescicolosi o ipercromatici, con rari nucleoli. L’attività mitotica<br />

era minima e la necrosi assente.<br />

Il pezzo operatorio presentava un’area multicistica, biancastra,<br />

a margini mal definiti di 3,2 cm. Le cisti a contenuto<br />

giallo-roseo, misuravano fra 0,1 e 0,7 cm. Microscopicamente<br />

l’aspetto era analogo alla biopsia. Le immunocolorazioni<br />

per recettori estrogenici e progestinici hanno mostrato una<br />

positività del 5% e 10% rispettivamente, mentre è risultato<br />

negativo per l’Her2Neu. Il linfonodo sentinella era negativo.<br />

Conclusioni<br />

Il CCI è un’entità di dubbia interpretazione 1 , riconosciuta da<br />

alcuni come una variante di CDIS a basso grado 2 ma non inclusa<br />

nella classificazione WHO. A favore del simulatore di<br />

CDIS sono il decorso indolente, l’associazione con lesioni<br />

ipersecretorie benigne, e la discrepanza morfologica fra CCI<br />

e la componente invasiva, ad alto grado, quando presente.<br />

Tuttavia, la consistente presenza di atipia e micropapille, e<br />

l’associazione con carcinoma invasivo riscontrata nel 15-<br />

20% dei casi, favoriscono una natura preinvasiva.<br />

La conoscenza del CCI consente di distinguerlo dall’iperplasia<br />

pregnancy-like e l’iperplasia cistica ipersecretoria, uno<br />

spettro di lesioni benigne correlate e spesso associate, e dal<br />

carcinoma secretorio (Tab. I).<br />

Ringraziamenti<br />

Gli autori ringraziano il Prof. Rosai per aver confermato la<br />

diagnosi.<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Jensen, et al. Arch Pathol Lab Med 1988;112:1179.<br />

2<br />

Rosen, et al. Atlas of Tumor Pathology, Tumors of Mammary Gland.<br />

AFIP 1993:226-31.


PATOLOGIA DELLA MAMMELLA<br />

229<br />

Tab. I. Diagnosi differenziale fra IPL, lesioni ipersecretorie e carcinoma secretorio.<br />

Caratteristiche IPL ICI ICIA CCI CS<br />

Età (media) 38-52 (45) 38-62 (52) Analoga a ICI 34-79 (56) 9-69 (25)<br />

Architettura Lobuli cistici Cisti duttali Cisti duttali Cisti duttali Microcistico e<br />

cribriforme<br />

Secreto Scarso Eosinofilo Eosinofilo Eosinofilo Abbondante,<br />

intraluminale<br />

pallido o amfofilo<br />

Epitelio cistico Singolo o doppio, Singolo, piatto Pseudostratificato Focolai di Papillare e<br />

talvolta o cubico CDIS a crescita cribriforme<br />

micropapillare<br />

micropapillare<br />

Nuclei Piccoli e scuri Vescicolosi Ipercromatici, Grandi, Piccoli e rotondi<br />

rari nucleoli<br />

ipercromatici,<br />

affollati. Nucleoli<br />

Citoplasma Abbondante, Eosinofilo Eosinofilo Scarso, senza Abbondante,<br />

chiaro. Granulare secreto amfofilo<br />

o vacuolizzato<br />

Bordi Vacuolati Lineari Lineari e Irregolari, Vacuolati<br />

citoplasmatici frastagliati frastagliati,<br />

vacuoli apicali<br />

IPL: iperplasia pregnancy-like. ICI: iperplasia cistica ipersecretoria. ICIA: iperplasia cistica ipersecretoria con atipia. CCI: carcinoma cistico ipersecretorio.<br />

CS: carcinoma secretorio.<br />

Immunolocalizzazione di p73∆N in una<br />

casistica di lesioni mammarie<br />

A. Labate, E. Mazzon * , F. Albiero, R. Cicciarello, G. Costa,<br />

M.E. Gagliardi, V. Cavallari<br />

Dipartimento di Patologia Umana; * Dipartimento Clinico<br />

Sperimentale di Medicina e Farmacologia, Sezione di Farmacologia;<br />

Policlinico Universitario, Università di Messina<br />

Introduzione<br />

Dall’analisi di diversi studi è stata riportata la possibilità che<br />

l’overespressione di p73∆N eserciti funzioni oncogeniche<br />

contribuendo alla genesi tumorale attraverso attività inibente<br />

le funzioni della p53 e della p73. cooperando con l’oncogene<br />

cMyc, E1A e con l’oncogene RAS.<br />

Materiali e metodi<br />

Le lesioni sono state studiate in microscopia ottica, microscopia<br />

elettronica a trasmissione, citometria a flusso, a pannel<br />

immunoistochimico per recettori ormonali ed a immunolocalizzazione<br />

dell’oncogene p73∆N Scopo è stato quello di<br />

valutare l’espressione più o meno aumentata dell’oncosoppressore,<br />

oncogene p73∆N in lesioni benigne, borderline e<br />

maligne.<br />

Risultati<br />

Nelle lesioni maligne l’espressione di p73∆N è stata correlata<br />

con il grado e tipo istologico, l’over espressione di HerB2,<br />

lo stato recettoriale per estrogeni e progesterone, la ploidia e<br />

l’SPF in citometria a flusso nonché la presenza o meno di basal<br />

lamina in MET. Tutte le lesioni maligne selezionte presentavano<br />

grading nucleare 3, nei carcinomi duttali infiltranti<br />

le lesioni analizzate esprimevano 24/40 contenuto di DNA<br />

iperploide e 16 un contenuto diploide. L’SPF presentava valori<br />

compresi tra 1,4% e 54% con una mediana di 11,45%.<br />

Nei carcinomi lobulari infiltranti l’iperploidia è stata riscontrata<br />

in 3/10 casi, 7 presentavano contenuto di DNA diploide.<br />

L’SPF presentava, valori tra 3,1% e 26,8% con una mediana<br />

di 14,25%. Le membrane basali erano costantemente assenti;<br />

il 30% delle lesioni presentava stato recettoriale negativo con<br />

over espressione di C-erb-2. Immunolocalizzazione di<br />

p73∆N: nessuna significativa espressione è stata osservata<br />

nelle lesioni benigne. Nelle lesioni borderline quali l’iperplasia<br />

duttale atipica è stata osservata una media positività in accordo<br />

con l’elevata potenzialità maligna delle lesioni. Un’intensa<br />

positività è stata osservata nelle lesioni maligne in relazione<br />

con altri parametri di aggressività quali il DNA iperploide<br />

con SFF elevata (valori normali circa 7%). In particolare<br />

una più intensa positività è stata osservata nelle lesioni<br />

maligne lobulari. Questi dati potrebbero accordarsi con quelli<br />

già descritti in letteratura e pertanto potremmo definire<br />

p73∆N più un oncogene che oncosoppressore, ma studi su<br />

casistiche più ampie potrebbero dare un contributo più significativo<br />

al dilemma oncogenetico del p73∆N.<br />

Bibliografia<br />

Oleksi Petrenko, et al. Molecular Cell Biol 2003;23:5540-55.<br />

Lesioni mammarie ad incerto potenziale di<br />

malignità: vero falso positivo di screening?<br />

Analisi istopatologica di 75 casi osservati<br />

presso lo screening mammografico di Verona<br />

E. Manfrin, R. Mariotto * , G.P. Pollini ** , F. Pellini ** , A.<br />

Remo, D. Reghellin, D. Dalfior, A. Eccher, F. Bonetti<br />

Istituto di Anatomia Patologica, Università di Verona; * Centro<br />

di Screening Mammografico, ULSS 20 di Verona; ** Dipartimento<br />

di Scienze Chirurgiche, Università di Verona<br />

Introduzione<br />

La biopsia chirurgica rappresenta l’indagine diagnostica di<br />

riferimento, i.e. “gold standard”, alla quale si ricorre per la<br />

conferma di un sospetto cito-radiologico formulato durante<br />

un esame di screening mammografico. Un elevato valore pre-


230<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

dittivo positivo per la biopsia chirurgica (PPV), corrispondente<br />

ad un basso rapporto biopsia benigna/biopsia maligna,<br />

rappresenta uno dei parametri qualitativi più importanti di un<br />

centro di screening. Una biopsia negativa per neoplasia, pur<br />

sottendendo da un punto di vista epidemiologico un falso positivo<br />

di screening, può rappresentare dal punto di vista strettamente<br />

patologico una lesione proliferativa ad incerto rischio<br />

evolutivo verso la malignità e pertanto meritevole di<br />

asportazione.<br />

Metodi<br />

L’organizzazione del CPSMV prevede la presenza di una sede<br />

e staff medico-tecnico-amministrativo dedicato allo screening;<br />

il personale medico composto da radiologi ed anatomopatologi<br />

esegue in tempo reale gli approfondimenti diagnostici<br />

di secondo livello (ecografia, citologia, microistologia)<br />

e dà l’indicazione alla biopsia chirurgica. Abbiamo analizzato<br />

le biopsie chirurgiche negative per neoplasia eseguite in<br />

conseguenza ad un sospetto cito-radiologico formulato presso<br />

il centro programma di screening mammografico di Marzana,<br />

Verona (CPSMV), e classificare il tipo di lesione proliferativa<br />

rilevata.<br />

Risultati<br />

Nei primi 5 anni di attività (1999-2004) presso il CPSMV sono<br />

state esaminate 55.000 donne di età compresa tra i 50-69 anni.<br />

I casi inviati a chirurgia sono stati 511; 424 casi (83%) malignità,<br />

87 casi (17%) non-malignità. Il rapporto benignità/malignità<br />

è 0,2. Le biopsie “non-malignità” hanno rilevato all’esame<br />

istologico nell’86% (75 casi) lesioni a rischio e nel 24%<br />

(12 casi) lesioni benigne. Le lesioni a rischio alto, i.e. iperplasia<br />

atipica, sono 31% (23 casi); le lesioni a rischio incerto 69%<br />

(52 casi) (10 radial scars, 19 proliferazioni papillari, 1 mucocele-like<br />

lesion, 21 adenosi complex, 1 tumore fillode).<br />

Conclusioni<br />

Le lesioni ad incerto potenziale di malignità contribuiscono a<br />

formare quel 10% circa di lesioni mammarie che necessitano<br />

di asportazione chirurgica per una corretta classificazione 1 .<br />

In esse sono presenti processi proliferativi con accertato rischio<br />

per lo sviluppo di neoplasia e il loro riconoscimento all’interno<br />

di uno screening dovrebbe ricadere tra i parametri di<br />

qualità.<br />

(Supported by Fondazione Cassa Risparmio VR-VI-BL-AN.<br />

Bando 2004. Progetto Cr. Mammella).<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Linee guida europee per la qualità in anatomia patologica nello screening<br />

mammografico, 2004.<br />

Carcinoma infiammatorio della mammella<br />

maschile. Descrizione di un caso<br />

E. Manfrin, A. Remo, G.P. Pollini * , F. Pellini * , D. Reghellin,<br />

D. Dalfior, A. Eccher, F. Bonetti, F. Menestrina<br />

Istituto di Anatomia Patologica, Università di Verona; * Dipartimento<br />

di Scienze Chirurgiche, Università di Verona<br />

Introduzione<br />

Il carcinoma infiammatorio è una forma molto aggressiva di<br />

carcinoma mammario che rappresenta tra l’1% e il 6% di tutti<br />

i casi di cancro mammario 1 . Tale lesione tra la popolazione<br />

maschile è rarissima rappresentando circa lo 0,5% dei cancri<br />

mammari maschili. A differenza della forma femminile<br />

che si manifesta in donne più giovani rispetto all’età media<br />

del carcinoma mammario, nella forma maschile si manifesta<br />

in pazienti sensibilmente più anziani 2 .<br />

Metodi<br />

Il paziente è un uomo di 86 anni che da circa un anno riferiva<br />

un dolore ciclico al capezzolo di destra. Nel 2004, viene sottoposto<br />

ad esame polifasico dove la clinica e la mammografia<br />

non riportano alterazioni significative. Nel 2005 in seguito a<br />

un nuovo episodio di dolore viene sottoposto ad esame clinostrumetale<br />

che mostra un’area eritematosa e una spiccata dolorabilità<br />

alla digitopressione del capezzolo ed ecograficamente<br />

una area edematosa con un aspetto spiculato del parenchima<br />

stromale retroareolare ed aumento di volume di alcuni linfonodi<br />

in cavo ascellare. L’esame citologico non viene eseguito<br />

a causa della dolorabilità della mammella. Si esegue una risonanza<br />

magnetica che evidenzia una lesione di 9 mm con fase<br />

contrastografica sospetta per carcinoma. Si decide per una biopsia<br />

chirurgica con esame estemporaneo della lesione che conferma<br />

la presenza di un carcinoma infiltrante. La mastectomia<br />

successiva riporta un carcinoma duttale infiltrante del diametro<br />

di cm 0,8 moderatamente differenziato con una spiccata angioinvasività<br />

anche dei linfatici subdermici (carcinomatosi<br />

dermica linfatica) e metastasi in cinque dei sette linfonodi<br />

ascellari. All’esame imunoistochimico la neoplasia mostra un<br />

basso indice replicativi con espressione dei recettori ormonali<br />

e iperespressione dell’HER2-neu (Hercep Test). Il paziente<br />

viene sottoposto a radio-chemioterapia.<br />

Risultati<br />

Il caso che riportiamo è uno dei pochi casi descritti in letteratura<br />

di carcinoma infiammatorio della mammella maschile<br />

e conferma l’età tardiva di insorgenza di tale malattia. Questa<br />

esperienza evidenzia l’importanza della risonanza magnetica<br />

come esame diagnostico in tale forma neoplastica e ne<br />

consiglia l’utilizzo. La negatività mammografica ed ecografica,<br />

in questa forma di carcinoma mammario possono determinare<br />

un ritardo diagnostico, che in questo caso è stato di<br />

molti mesi.<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Chang S, Parker S, Pham T, Budzar A, Hursting SD. SEER 1975-1992<br />

Inflammatory breast carcinoma. Incidence and Survival. Cancer<br />

1998;82:2366-72.<br />

2<br />

Stalsberg H, Thomas DB. Age of distribution of histologic types of<br />

breast carcinoma. Int J Cancer 1993;54:1-7.<br />

Caratteristiche patologiche del cancro della<br />

mammella in Sudan: paragone con una<br />

ampia casistica italiana<br />

A. Marchetti * ** , D. Campani *** , M. Barbareschi **** , F.<br />

Buttitta * ** , L. Brancone * , A. Mohamadani ***** , K. Dafaallah<br />

Awadelkarim ***** , G. Aceto ** , S. Veschi ** , A. Cama ** ,<br />

P. Battista ** , E. Elgaili ***** , A. Balal ***** , F. Cuccurullo ** ,<br />

M. Di Gioacchino ** , N. Eldin Elwali ***** , R. Mariani-Costantini<br />

**<br />

*<br />

Dipartimento di Oncologia e Neuroscienze, Università di<br />

Chieti; ** Aging Research Center (CeSI), “G. d’Annunzio”<br />

University Foundation, Chieti; *** Dipartimento di Oncologia<br />

dei Trapianti e delle Nuove Tecnologie in Medicina; ****<br />

Unità di Anatomia Patologica, Ospedale di Trento, Italy; *****<br />

Università di Gezira, Wad Medani, Sudan<br />

Ben poco è noto delle caratteristiche clinico-patologiche del<br />

cancro della mammella nell’Africa sub-Sahariana. Da studi<br />

epidemiologici condotti su serie di tumori raccolti in ospedali<br />

sudanesi emerge che il carcinoma mammario rappresenta<br />

la forme neoplastica più frequente.


PATOLOGIA DELLA MAMMELLA<br />

231<br />

Abbiamo esaminato una serie di 83 carcinomi mammari fissati<br />

ed inclusi, raccolti presso il Department of Pathology,<br />

Faculty of Medicine, University of Gezira, Wad Medani,<br />

Central Sudan nel corso degli anni 2001-2002. I campioni sono<br />

stati sottoposti ad accurato rivalutazione istopatologica e<br />

ad allestimento di microarray tissutali sui qual sono state<br />

condotte reazioni immunoistochimiche per lo studio dell’espressione<br />

di ER, PR e p53. I dati sono stati comparati con<br />

quelli ottenuti su una serie consecutiva di 780 carcinomi<br />

mammari raccolti in una singola sede italiana (Dipartimento<br />

di Oncologia dei Trapianti e delle Nuove Tecnologie in Medicina).<br />

I carcinomi midollari risultavano significamene più frequenti<br />

nella serie sudanese rispetto a quella italiana (10/83, 12%<br />

vs. 20/780, 3%, P < 0,0001), mentre le frequenze degli altri<br />

principali istotipi (ductale, lobulare, papillare and mucinoso)<br />

erano comparabili nelle due serie. I tumori mammari del Sudan<br />

erano più frequentemente negativi per l’espressione di<br />

ER e PR (P < 0,0001) e positivi per l’espressione di p53, anche<br />

se quest’ultimo dato risultava statisticamente non significativo.<br />

Inoltre la frequenza dei carcinomi mammari maschili<br />

risultava più elevata nella casistica africana (P < 0,01).<br />

L’elevata incidenza di carcinomi midollari nella serie sudanese,<br />

non riportata in letteratura per le pazienti afro-americane,<br />

suggerisce che particolari fattori genetico-ambientali possano<br />

essere implicati nell’etiopatogenesi del carcinoma<br />

mammario in Sudan. Questa ipotesi è supportata anche dalla<br />

più alta incidenza di carcinomi della mammella maschili. La<br />

bassa espressione dei recettori per estrogeni e progesterone e<br />

la più alta frequenza di espressione di p53 nella serie africana<br />

può essere ascritta alla più elevata aggressività dei tumori<br />

mammari insorti nelle donne africane e afro-americane, ma<br />

potrebbe anche riflettere uno stato più avanzato di malattia<br />

neoplastica conseguente a una diagnosi tardiva.<br />

Studio finanziato da MIUR-COFIN, Università-Fondazione<br />

“G. d’Annunzio” e da INMO, Wad-Medani City, Sudan.<br />

Carcinoma mammario e mesotelioma<br />

maligno della pleura: un’associazione<br />

casuale?<br />

C. Rizzardi, M. Schneider, D. Camilot, V. Nicolin * , M.<br />

Melato<br />

UCO di Anatomia Patologica, Università di Trieste, Trieste,<br />

Italia; * Dipartimento di Morfologia Umana, Università di<br />

Trieste, Trieste, Italia<br />

Il problema della molteplicità neoplastica nei pazienti affetti<br />

da mesotelioma è ben documentato. In quest’ambito, dall’analisi<br />

della letteratura emerge l’esistenza di un rapporto tra<br />

carcinoma della mammella e mesotelioma della pleura, ulteriormente<br />

comprovato dalla casistica presentata, proveniente<br />

dagli archivi dell’Unità Operativa di Anatomia ed Istologia<br />

Patologica dell’Ospedale di Monfalcone, città nota per l’attività<br />

cantieristica e per gli elevati tassi di incidenza di mesotelioma<br />

maligno.<br />

La casistica è costituita da cinque donne, quattro decedute<br />

(età media 63,25 anni, range 42-80) ed una vivente (85 anni),<br />

la cui storia clinica è caratterizzata dall’associazione di un<br />

carcinoma della mammella con un mesotelioma della pleura;<br />

due di queste pazienti, inoltre, sono state colpite da una terza<br />

neoplasia, rispettivamente un carcinoma della vulva ed un<br />

carcinoma uroteliale della vescica.<br />

Tre di queste donne presentavano un’anamnesi positiva per<br />

esposizione all’asbesto confermata, al momento del riscontro<br />

diagnostico, dalla presenza di corpi dell’asbesto nel tessuto<br />

polmonare in quantità significativa.<br />

Dal punto di vista istologico, i mesoteliomi erano di tipo epitelioide<br />

in due casi, bifasico in tre casi; le neoplasie mammarie<br />

erano tutte rappresentate da carcinomi duttali infiltranti,<br />

in un caso con aspetti associati di carcinoma tubulare.<br />

I possibili meccanismi alla base dell’associazione tra carcinoma<br />

della mammella e mesotelioma pleurico sono:<br />

1)un fattore genetico predisponente comune, ipotesi avvalorata<br />

dalla presenza di una terza neoplasia in due delle cinque<br />

pazienti; una metilazione anomala dei geni p57KIP2,<br />

HIN-1 e dei decoy receptor di TRAIL ed una iporegolazione<br />

di sFRPs sono state descritte sia nel carcinoma mammario<br />

che nel mesotelioma;<br />

2)un fattore virale oncogeno, ad esempio SV40, in grado di<br />

agire sia sulla mammella che sulla pleura;<br />

3)un’azione oncogena diretta dell’amianto anche sulla mammella;<br />

4)un ruolo eziologico della terapia del carcinoma mammario<br />

nell’insorgenza del mesotelioma.<br />

L’associazione tra radioterapia per carcinoma mammario e<br />

mesotelioma pleurico è ben documentata in letteratura ed avvalorata<br />

dalla nostra casistica: ben tre delle pazienti erano<br />

state sottoposte a terapia radiante e, in due di queste, la sede<br />

del mesotelioma corrispondeva a quella del pregresso carcinoma<br />

mammario. Dalla letteratura emerge che anche la chemioterapia<br />

può entrare in gioco, forse sulla base di una predisposizione<br />

genetica.<br />

Valutazione istopatologica del linfonodo<br />

sentinella: analisi dei risultati in oltre due<br />

anni di esperienza<br />

F. Saro, C. Di Loreto, C.A. Beltrami, M. Pandolfi<br />

Istituto di Anatomia Patologica, Policlinico Universitario a<br />

Gestione Diretta, Udine<br />

Introduzione<br />

Nell’epoca in cui la patologia d’organo viene trattata sempre<br />

più di frequente con un approccio multidisciplinare, al fine di<br />

ottenere la massima radicalità con la minore distruttività, il<br />

trattamento conservativo delle neoplasie vede impegnata<br />

sempre maggiore forza intellettuale e tecnologica. In questo<br />

ambito rientra la procedura clinico-patologica della valutazione<br />

del linfonodo sentinella, che permette di ridurre la morbilità<br />

post-intervento e di migliorare la qualità di vita dei pazienti<br />

che vi vengono sottoposti.<br />

Tuttavia non c’è accordo per quanto riguarda il trattamento<br />

istopatologico del linfonodo sentinella nel carcinoma mammario,<br />

soprattutto per quanto riguarda il numero delle sezioni<br />

da esaminare, l’uso routinario di tecniche ancillari e, tra<br />

queste, quale sia la scelta elettiva tra immunoistochimica e<br />

biologia molecolare.<br />

Metodi<br />

Noi riportiamo la casistica dell’Anatomia Patologica del Policlinico<br />

Universitario di Udine, riferendoci ad un intervallo<br />

temporale che va dal 1/1/2003 al 31/5/2005, documentando i<br />

dati statistici preliminari relativi ai linfonodi sentinella, prelevati<br />

nella stessa seduta operatoria, in pazienti sottoposte a<br />

quadrantectomia mammaria per carcinoma. I linfonodi sono<br />

stati valutati in parte in esame estemporaneo, dopo congela-


232<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

zione in azoto liquido e sezionati al criostato, ed in parte dopo<br />

fissazione in formalina ed inclusione in paraffina, con<br />

l’applicazione routinaria dell’immunoistochimica con anticorpi<br />

anti-citocheratine (MNF 116, EPOS Dako).<br />

Risultati<br />

In totale sono stati effettuati 166 esami, di cui 83 in intraoperatoria<br />

e 83 dopo fissazione in formalina ed inclusione in<br />

paraffina, con un totale di 331 linfonodi esaminati.<br />

I linfonodi erano un minimo di 1 e un massimo di 7, per i<br />

linfonodi esaminati in esame estemporaneo, e un minimo di 1<br />

e un massimo di 13 per quelli fissati ed inclusi in paraffina,<br />

con una media di 1,9 nel primo e di 2 nel secondo gruppo. Nei<br />

76 casi di carcinoma infiltrante (stadio pT1 e pT2) sottoposti<br />

ad esame estemporaneo del linfonodo sentinella, le metastasi<br />

rilevate sono state in totale 16 (21%), in complessivi 19 linfonodi<br />

metastatici; di queste 7 erano micrometastasi (9,2%). Nel<br />

secondo gruppo descritto abbiamo riscontrato 22 casi di metastasi<br />

su 75 casi di carcinoma infiltrante (stadio pT1 e pT2),<br />

(29,3%), di cui 8 micrometastasi (10,7%), con 32 linfonodi<br />

metastatici nel complesso. Segnaliamo inoltre il riscontro di 4<br />

casi con cellule neoplastiche isolate nei seni linfonodali (ITC<br />

i +) negli esami fissati e inclusi in paraffina (4,8%).<br />

Conclusioni<br />

I nostri dati si dimostrano in linea con quelli presenti in letteratura,<br />

che riguardano casistiche in cui si esegue una procedura<br />

di esame estensivo del linfonodo sentinella, con l’allestimento<br />

di numerose sezioni istologiche e l’ausilio delle<br />

indagini di immunoistochimica.<br />

Mammary neuroendocrine carcinoma (socalled<br />

carcinoid tumor). A two cases report<br />

N. Scibetta, L. Marasà<br />

Servizio di Anatomia Patologica; ARNAS Civico “Di Cristina”,<br />

Ascoli; Palermo<br />

Introduction<br />

Mammary neuroendocrine carcinoma is a rare neoplasm with<br />

a poor prognosis compared with other invasive carcinomas.<br />

It is part of a group of neoplasm with morphologic, immunohistochemical<br />

and histochemical features (argyrophilia) identical<br />

to those of neuroendocrine tumours both of the gastroenteric<br />

tract and of the lung. This group must be differentiated<br />

from those mammary carcinomas, that apart from a peculiar<br />

morphology, show histochemical and immunohistochemical<br />

endocrine features. Such a definition can be seldom<br />

observed in the breast. Until alone 90 cases have been reported<br />

in the literature. Here we report two cases of mammary<br />

“carcinoid tumour” in women of 54 and 69 years old, with<br />

metastasis in the homolateral axillary glands, without correlated<br />

endocrine symptomatology.<br />

Methods<br />

Both patients has been subjected to quadrantectomy with homolateral<br />

axillary limpho-adenectomy. The specimens sent,<br />

were buffered 4% formalin fixed and paraplast-plus embedded.<br />

Sections have been prepared for H&E, alkaline alcian<br />

blue, PAS, grimelius. Immunohistochemical analisys was<br />

perfomed with antibodies against CK, chromogranin A, NSE,<br />

synapthophisyn, ER, PR, TTF1, vimentin, S100, CEA, E-<br />

cadherin.<br />

Results<br />

Macroscopically both the neoplasm were firm, circumscribed,<br />

with maximum diameter of 3 cm. Microscopically<br />

the tumor cells were mean sized, arranged in solid nest, separated<br />

by fibrous tissue, with rosette-like formations. The tumor<br />

cells were argyrophilic but not argentaffin, positive for<br />

NSE, chromogranin A, synapthophisyn, CK, ER, PR, negative<br />

for E-cadherin, CD10, TTF1. The immunohistological<br />

findings have excluded the lobular carcinoma and a metastasis<br />

to the breast of a carcinoid tumor located elsewhere.<br />

Conclusions<br />

Several theories have been formulated about the origin of<br />

mammary neuroendocrine carcinoma. It may arise from primitive<br />

epithelial cells, with the capacity to differentiate focally<br />

or extensively towards an endocrine line, or may arise from<br />

APUD cells, placed within the mammary parenchyma. Our<br />

case report otherwise resemble ordinary ductal-type carcinoma,<br />

for the positivity for estrogen and progesteron receptors,<br />

the presence of an in situ component, and the absence of histochemical<br />

feature (argentaffinity) similar to those carcinoid<br />

tumors of midgut derivation. Therefore we think that mammary<br />

“carcinoid tumor” is the example of carcinoma arising from<br />

primitive epithelial cells, with the capacity to differentiate towards<br />

an endocrine line, as described in other organs.<br />

Ruolo della COX2 nello switch angiogenico e<br />

nella metastatizzazione tumorale indotti dal<br />

gene HER2<br />

C. Sulpizio, M. Mariotti, T. Pannellini, P. Ascione, M.<br />

Baldacci, R. Spizzo, L. Borgia, M. Iezzi, M. Liberatore<br />

Dipartimento di Oncologia e Neuroscienze, Università di<br />

Chieti; Aging Research Center, CeSI, “G. d’Annunzio” University<br />

Foundation, Chieti<br />

Introduzione<br />

L’amplificazione del gene HER2 si ritrova in circa il 30% dei<br />

carcinomi mammari umani e si associa a prognosi sfavorevole.<br />

I carcinomi mammari, che risultano negativi per i recettori<br />

degli estrogeni e mostrano amplificazione dell’HER2,<br />

tendono ad esprimere alti livelli di ciclo-ossigenasi (COX)2.<br />

La COX2 catalizza reazioni chimiche che risultano essere<br />

uno step limitante nella formazione dei prostanoidi a partire<br />

dall’acido arachidonico. Studi sempre più numerosi suggeriscono<br />

che la COX2 giochi un ruolo importante nella tumorigenesi<br />

mammaria mediata dall’HER2.<br />

Metodi<br />

Il ruolo della COX2 è stato valutato durante lo sviluppo tumorale<br />

nei topi BALB-neuT, transgenici per la forma attivata<br />

dell’oncogene HER2/neu di ratto che costituiscono un valido<br />

modello di carcinogenesi mammaria. I carcinomi che si<br />

sviluppano in tali topi hanno una crescita estremamente aggressiva<br />

dipendente dall’espressione di HER2 e risultano negativi<br />

per i recettori degli estrogeni.<br />

Risultati<br />

A 4 settimane di vita i topi mostrano nell’epitelio mammario<br />

un’iperplasia atipica diffusa e proliferante. Le cellule epiteliali<br />

esprimono HER2, COX2, mPGES (Microsomal Prostaglandin<br />

E Synthase) 1, VEGF, MMP2 (Metalloproteinase 2)<br />

e PTEN2 (Phosphatidylinositol phospholipid phosphatase 2).<br />

Questa fase precoce della crescita tumorale si associa con un<br />

aumento nello sviluppo della rete vascolare e con la comparsa<br />

di cellule epiteliali che superano la membrana basale dei<br />

dotti ed infiltrano lo stroma. Nei carcinomi in fase avanzata<br />

(verso la 27 a settimana di vita) l’espressione dell’HER2 e della<br />

mPGES1 appare confinata alle zone periferiche suggerendo<br />

che la trascrizione dei due geni possa essere influenzata da<br />

inter-relazioni epitelio-stromali.


PATOLOGIA DELLA MAMMELLA<br />

233<br />

Conclusioni<br />

Tali osservazioni suggeriscono che nei tumori HER-2 positivi,<br />

overesprimenti COX2, la PGE2 induca la produzione di<br />

VEGF e di MMP, richiesta per i processi di neoangiogenesi e<br />

di invasione-disseminazione, e che un eventuale blocco della<br />

COX2 possa inibire la progressione e la metastatizzazione tumorale<br />

contrastando lo switch angiogenico ed il potenziale<br />

invasivo delle cellule tumorali.<br />

COX-2 expression in ductal and lobular intraepithelial<br />

neoplasia of the breast<br />

M. Zagami, G. Perrone, A. Bianchi, D. Santini * , B. Vincenzi<br />

* , V. Altomare ** , G. Tonini * , C. Rabitti<br />

Anatomia Patologica, * Oncologia Medica, ** Unità di Senologia,<br />

Università Campus Bio-Medico, Roma<br />

Background<br />

Cyclooxigenase-2 (COX-2) is an inducible enzyme that converts<br />

arachidonic acid to prostaglandins. COX-2 expression is<br />

sufficient to induce mammary tumorigenesis in transgenic mice<br />

and selective COX-2 inhibitors are both chemopreventive and<br />

chemotherapeutic in rat models of breast cancer 1 . There is accumulating<br />

evidence suggesting the role of COX-2 in breast tumour<br />

development and progression. Genetic and pharmacological<br />

studies indicate that COX-2 induction represents an early<br />

step in breast tumorigenesis. An our recent study has demonstrated<br />

a high COX-2 expression in ductal intra-epithelial neoplasia<br />

in contrast to invasive ductal breast cancer 2 . The aim of<br />

the current study was to assess, by immunohistochemical<br />

method, COX-2 expression in lobular intra-epithelial neoplasia<br />

(LIN) to verify any significant difference of expression with<br />

ductal intra-epithelial neoplasia (DIN).<br />

Methods<br />

We analyzed the expression of COX-2 protein by immunohistochemistry<br />

in tissue samples of 52 archival cases of breast intra-epithelial<br />

neoplasia, of which 25 DIN and 27 LIN. The antibody<br />

used was a mouse monoclonal antibody against COX-2<br />

protein (clone CX-294 Dako) at a 1:50 diluition. For the evaluation<br />

of COX-2 expression, we utilized an immunohistochemical<br />

score calculated combining an estimate of percentage and<br />

staining intensity of immunoreactive cells, both for membrane<br />

and citoplasmatic immunostaining.<br />

Results<br />

Cox-2 expression was found in 42 lesions (80.8%). Only 10 lesions<br />

(19.2%) resulted negative. A significant different localization<br />

of COX-2 immunoreactivity was observed between<br />

DIN and LIN. DIN demonstrated a prevalent COX-2 citoplasmatic<br />

staining (DIN 72% vs. LIN 37%; P = 0.011), on the contrary<br />

LIN demonstrated a prevalent membrane pattern (LIN<br />

78% vs. DIN 56%; P = 0.003). Furthermore, if COX-2 expression<br />

was distinguished in high and low, COX-2 was found to be<br />

more expressed in LIN (15/27, 55.6%) than in DIN (7/25, 28%)<br />

and this difference resulted statistically significant (P = 0.047).<br />

Conclusions<br />

Our results show that COX-2 is highly expressed in breast intra-epithelial<br />

neoplasia, as confirming the crucial role of COX-<br />

2 in the early steps of carcinogenesis. Furthermore we found a<br />

different pattern of localization of COX-2 immunostaining.<br />

This findings suggests a possible different activity of the enzyme<br />

on the basis of its localization. However, several studies<br />

in vitro and in vivo are needed to investigate the real significance<br />

of our data.<br />

References<br />

1<br />

Ristimaki A, et al. Cancer Res 2002;62:632-5.<br />

2<br />

Perrone G, et al. Histopathology 2005;46:561-8.<br />

Evaluation of COX-2 expression in lobular<br />

intraepithelial neoplasia<br />

M. Zagami, G. Perrone, A. Bianchi, D. Santini * , B. Vincenzi<br />

* , V. Altomare ** , G. Tonini * , C. Rabitti<br />

Anatomia Patologica, * Oncologia Medica, ** Unità di Senologia,<br />

Università Campus Bio-Medico, Roma<br />

Background<br />

Breast cancer is the most common cancer in women and is second<br />

only to lung cancer as a cause of cancer-related mortality.<br />

Epidemiological studies suggest that regular intake of NSAIDs<br />

may protect against breast cancer. There is considerable evidence<br />

that links COX-2 to the development of cancer. Overexpression<br />

of the COX-2 gene in mammary glands of transgenic<br />

mice has been found to be sufficient to induce tumorigenesis.<br />

Several studies have investigated COX-2 expression in breast<br />

invasive cancer and in ductal carcinoma in situ, but none has<br />

evaluated the protein expression in lobular intra-epithelial neoplasia.<br />

The aim of our study was to assess, by immunohistochemical<br />

method, COX-2 expression in lobular intra-epithelial<br />

neoplasia and verify any significative difference of expression<br />

among the three different grade of lobular intra-epithelial neoplasia<br />

(LIN) according to Tavassoli classification 1 .<br />

Methods<br />

We analyzed the expression of COX-2 protein by immunohistochemistry<br />

in tissue samples of 27 LIN, of which 7 were<br />

classified as LIN1, 15 LIN2 and 5 LIN3. The antibody used<br />

was a mouse monoclonal antibody against COX-2 protein<br />

(clone CX-294 Dako). For the evaluation of COX-2 expression,<br />

we used an immunohistochemical score which represents<br />

the product of percentage of tumour cell positivity and<br />

staining intensity, both for membrane and citoplasmatic immunostaining.<br />

Results<br />

COX-2 immunostaining showed a prevalent membrane pattern<br />

versus citoplasmatic one. Membrane COX-2 expression<br />

was detected in 21/27 (77.8%) samples of LIN. COX-2 was<br />

expressed in 5/7 (71.4%) LIN1, 15/15 (100%) LIN2 and 1/5<br />

(20%) LIN 3. Considering the percentage of COX-2 membrane<br />

staining, no significant difference was found between<br />

LIN1 and LIN2 (p = 0.156), while a significant statistical difference<br />

was found between LIN2 and LIN3 (p = 0.001).<br />

Moreover, a tendency to correlation was detected between<br />

LIN1 and 3 (p = 0.073). Furthermore, classifying LIN in two<br />

subgroups, low grade LIN (LIN1 and 2) and high grade LIN<br />

(LIN3), a significant statistical difference was detected in<br />

membrane COX-2 expression (P = 0.002).<br />

Conclusions<br />

Our results show that COX-2 is highly expressed in LIN supporting<br />

the role of COX-2 protein in the early step of carcinogenesis.<br />

Moreover, the significant difference of COX-2<br />

expression in low grade LIN vs. high grade LIN may represent<br />

the rational for using COX-2 selective inhibitors in lobular<br />

intraepithelial neoplasia.<br />

Reference<br />

1<br />

Bratthauer GL, et al. Virchows Arch 2002;440:134-8.


PATHOLOGICA 2005;97:234-240<br />

Patologia dei polmoni e della pleura<br />

Espressione immunoistochimica di TTF-1 e<br />

Galectina-3 su tissue microarray in 145 casi di<br />

carcinomi non a piccole cellule del polmone<br />

(NSCLC): correlazione anatomo-clinica e<br />

possibile significato prognostico<br />

G. Bellezza, L. Cagini * , M. Barbareschi ** , A.M. Piccolo ** ,<br />

A. Sidoni, A. Cavaliere, R. Del Sordo, R. Colella, G.M.<br />

Giustozzi * , P. Dalla Palma ** , E. Bucciarelli<br />

Istituto di Anatomia Patologica, Policlinico “Monteluce”,<br />

Perugia; * Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Policlinico<br />

“Monteluce”, Perugia; ** Anatomia Patologica, Ospedale<br />

“Santa Chiara”, Trento<br />

Introduzione<br />

Il fattore di trascrizione tiroideo (TTF-1) è un utile marcatore<br />

diagnostico nella distinzione tra neoplasie primitive e secondarie<br />

del polmone. Tuttavia il suo ruolo come fattore prognostico<br />

è ancora molto discusso, considerati i contrastanti<br />

risultati riportati in letteratura. Recentemente è stato osservato<br />

1 come la co-espressione di TTF-1 e Galectina-3 possa predire<br />

un comportamento più aggressivo nei tumori non a piccole<br />

cellule del polmone (NSCLC). Scopo di questo lavoro è<br />

quello di valutare il significato dell’espressione del TTF-1 e<br />

della galectina-3 in una casistica di NSCLC.<br />

Materiali e metodi<br />

Sono stati considerati 145 casi di NSCLC, stadio I e II operati<br />

in maniera radicale. L’espressione immunoistochimica<br />

del TTF-1 e della Galectina-3 è stata valutata con la tecnica<br />

del tissue microarray su 135 campioni (120 maschi e 15 femmine;<br />

età media 66 anni, range follow-up 31-82). Il followup<br />

medio globale è stato di 39,9 mesi. L’espressione immunoistochimica<br />

del TTF-1 e della Galectina-3 è stata correlata<br />

con i principali parametri anatomo-clinici (sesso, età, tipo<br />

istologico, pT, pN, grado di differenziazione) e il significato<br />

prognostico valutato mediante curve di Kaplan-Meier.<br />

Risultati<br />

Immunoreattività per TTF-1 e Galectina-3 si è riscontrata rispettivamente<br />

in 44/135 casi (32,6%) e in 68/131 casi<br />

(52%); in particolare il TTF-1 è risultato maggiormente<br />

espresso negli adenocarcinomi e nei carcinomi bronchioloalveolari<br />

(p = 0,000), mentre la Galectina-3 prevalentemente<br />

nei carcinomi anaplastici a grandi cellule (p = 0,026).<br />

L’espressione del TTF-1 e della Galectina-3 non sembra influenzare<br />

significativamente la prognosi, mentre un trend di<br />

correlazione si osserva suddividendo i casi in rapporto alla<br />

co-espressione del TTF-1 e della Galectina-3 (p = 0,09). In<br />

particolare il fenotipo Galectina-3+/TTF-1- è risultato quello<br />

a prognosi migliore.<br />

Conclusioni<br />

Nella nostra casistica l’espressione immunoistochimica del<br />

TTF-1 e della Galectina-3 si correla significativamente con il<br />

tipo istologico, ma non con gli altri parametri anatomo-clinici<br />

considerati. La co-espressione del TTF-1 e della Galectina-3<br />

individua sottogruppi di pazienti con differenti profili<br />

prognostici suggerendone una possibile interazione.<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Puglisi F, et al. Cancer Letters 2004;212:233-9.<br />

Espressione del gene Int6 nei tumori<br />

polmonari non microcitomi: un nuovo<br />

marcatore prognostico<br />

C. Martella * ** , L. Felicioni * ** , F. Barassi * ** , S. Salvatore<br />

* ** , A. Chella *** , A. Mezzetti ** , F. Cuccurullo ** , R. Callahan<br />

**** , A. Marchetti * ** , F. Buttitta * **<br />

*<br />

Dipartimento di Oncologia e Neuroscienze, Università di<br />

Chieti; ** Aging Research Center (CeSI), “G. d’Annunzio”<br />

University Foundation, Chieti; *** Dipartimento di Chirurgia,<br />

Università di Pisa; **** Oncogenetic Section, Laboratory of<br />

Tumor Immunology, National Cancer Institute, N.I.H., Bethesda,<br />

Maryland, USA<br />

Introduzione<br />

Il gene Int-6 è stato per la prima volta identificato come sito<br />

di frequente inserzione del virus MMTV nei tumori mammari<br />

murini. Il ruolo oncogeno di Int-6 è emerso da studi condotti<br />

sulle forme chimeriche del gene che hanno dimostrato<br />

la loro intrinseca capacità di trasformare cellule in coltura e<br />

indurre tumori in topi nudi. Sulla base di recenti indagini,<br />

Int6 emerge come una proteina implicata in processi con finalità<br />

apparentemente opposte. Infatti, la proteina Int-6 risulta<br />

coinvolta sia nel processo di traslazione che nei meccanismi<br />

di degradazione proteica mediante legami con tre complessi<br />

cellulari: eIF3, proteosoma e COP9 signalosoma.<br />

Metodi<br />

In questo studio abbiamo esaminato lo stato del gene Int6 in<br />

una serie di 101 tumori polmonari, tutti al I stadio, e nei corrispondenti<br />

tessuti polmonari normali. Di tutti i pazienti esaminati<br />

erano noti i dati di follow-up, inclusi quelli relativi alla<br />

sopravvivenza libera da malattia e alla sopravvivenza globale.<br />

È stato esaminato sia lo stato di metilazione del gene,<br />

mediante trattamento del DNA con bisolfito e successiva<br />

PCR con primers che discriminano la sequenza metilata da<br />

quella non metilata, sia i livelli di espressione genica, mediante<br />

analisi quantitativa in Real-Time RT-PCR.<br />

Risultati<br />

Paragonando i livelli di espressione del gene Int6 presenti nel<br />

tumore con quelli presenti nel corrispondente tessuto normale,<br />

è stata documentata una iperespressione nel 73% dei tumori<br />

polmonari esaminati, mentre nei rimanenti casi era presente<br />

una ridotta espressione genica. Nell’85% dei tumori<br />

con ridotta espressione genica abbiamo osservato una ipermetilazione<br />

di Int6. Era presente una significativa correlazione<br />

fra stato di metilazione ed ipoespressione genica (P <<br />

0,000001). Inoltre, è stata osservata una relazione statisticamente<br />

significativa fra i livelli di espressione di Int6 e il comportamento<br />

biologico della neoplasia, in quanto bassi livelli<br />

di espressione venivano riscontrati in pazienti con più breve<br />

sopravvivenza libera da malattia (p = 0,0004) e più breve sopravvivenza<br />

globale (p = 0,0020). Tale relazione è stata confermata<br />

da un’analisi statistica multivariata.<br />

Conclusioni<br />

I risultati ottenuti indicano che in un quarto delle neoplasie<br />

polmonari al I stadio si realizza una metilazione di regioni regolatorie<br />

del gene Int6, con conseguente ipoespressione del<br />

gene e che a tali processi corrisponde una particolare aggressività<br />

del tumore.


PATOLOGIA DEI POLMONI E DELLA PLEURA<br />

235<br />

Analysis of COX-2 involvement in the<br />

pathogenesis and therapy of human<br />

mesothelioma<br />

A. Baldi, E.P. Spugnini * , I. Cardillo * , A. Verdina * , R. Galati<br />

* , M.P. Di Marino, F. Baldi, G. Citro *<br />

Dipartimento di Biochimica, Patologia, II Università di Napoli;<br />

* “Regina Elena” Cancer Inst., Rome<br />

Introduction<br />

Mesothelioma is a rare, highly aggressive tumour, accounting<br />

for less than 1% of all cancer deaths in the world. Although<br />

the association between exposure to asbestos and the<br />

development of mesothelioma is commonly accepted, the exact<br />

mechanism whereby asbestos induces mesothelioma is<br />

unknown. Moreover, mesothelioma has proved resistant to<br />

classical chemotherapeutic and radiation regimens and the<br />

natural history has not been influenced by standard therapy<br />

so far. COX-2 has been implicated in carcinogenesis of several<br />

neoplasms through the down-regulation of cell-mediated<br />

immunity, promotion of angiogenesis, inhibition of apoptosis,<br />

and the formation of carcinogenic metabolites. It has<br />

been recently suggested that COX-2 could be implicated in<br />

mesothelioma pathogenesis. Furthermore, COX-2 over-expression<br />

has been noted in many solid tumors and has been<br />

correlated with a worse prognosis in mesothelioma 1 2 .<br />

Methods<br />

The effects of the COX-inhibitors piroxicam and NS-398<br />

have been evaluated on the mesothelioma cell line MSTO-<br />

211H both by in vitro (proliferation assay; FACS analysis;<br />

quantification of apoptosis-related proteins) and in vivo assays<br />

(evaluation of ortotopic tumor growth in nude mice).<br />

Results<br />

Treatment of MSTO-211H cells with COX-inhibitors at concentrations<br />

of the drugs between 5X10 -4 and 1X10 -4 resulted<br />

in significantly decrease of the proliferation rate of these<br />

cells. FACS analysis revealed that this effect was due to both<br />

an increase in apoptosis and stop in G1 of the cell cycle. Consistently,<br />

analysis at RNA and protein level showed that expression<br />

of several pro-apoptotic and anti-apoptotic factors<br />

was modulated in these cells. The analysis of COX-2 inhibitors<br />

treatment on mesothelioma cells in vivo in an ortotopic<br />

model of mesothelioma in nude mice revealed that<br />

piroxicam was effective in significantly increase the survival<br />

time of the animals when it was provided with cisplatin.<br />

Conclusions<br />

The in vitro and in vivo data presented clearly demonstrate<br />

that inhibition of COX-2 activity in mesothelioma cells is<br />

able to efficiently counteract the malignity of these cells by<br />

acting both on proliferation and apoptosis. These results underline<br />

the potential clinical utilization of COX-2 inhibitors<br />

as anti-tumor agents in the therapy of mesothelioma.<br />

References<br />

1<br />

Baldi A, et al. Thorax 2002;57:353-6.<br />

2<br />

Baldi A, et al. Thorax 2004;59:428-33.<br />

La polmonite da legionella pneumophila a<br />

pattern non tipico<br />

R. Bellocci, A. Casoria, B. Zappacosta, M.L. Brancone,<br />

M. Piccolomini, R. Zappacosta, A. Colasante, D. Angelucci<br />

Istituto di Anatomia e Istologia Patologica e Citodiagnostica,<br />

Chieti, Italia<br />

Introduzione<br />

I processi flogistici parenchimali polmonari possono mostrare<br />

un quadro morfologico non tipico. Tra queste la polmonite<br />

da Legionella Pneumophila (LP), che necessita di integrazione<br />

laboratoristica e radiologica.<br />

Metodi<br />

Un paziente di 55 anni, con sindrome nefrosica in trattamento<br />

steroideo, è ricoverato in Chirurgia Toracica per febbre e<br />

tosse persistente. Quadro radiologico di consolidazione parenchimale<br />

escavata al lobo inferiore del polmone sinistro.<br />

Esami colturali per ricerca batteriologica di eventuali agenti<br />

infettivi. Le sezioni istologiche, sono state colorate con metodiche<br />

istochimiche (Giemsa e Ziehl Nielsen), immunoistochimiche<br />

(CD 68, CD 138, Mycobacterium bovis, catene k e<br />

λ), oltre che con quelle routinarie.<br />

Risultati<br />

L’esame istologico rivelava un addensamento atelectasico<br />

con vallo di fibroblasti proliferanti a demarcare un’area di<br />

necrosi centrale ricca di detriti fibrinosi. L’infiltrato flogistico<br />

era costituito da linfociti, aggregati in strutture pseudofollicolari<br />

prive di centri germinativi e da un elevato numero di<br />

plasmacellule e macrofagi, questi ultimi riuniti in formazioni<br />

pseudogranulomatose. Le plasmacellule, a morfologia tipica<br />

e CD138+, erano policlonali (k e λ). Assenti i granulociti<br />

neutrofili. La LP, evidenziata su coltura, era confermata indirettamente<br />

dall’elevato titolo anticorpale sierico specifico.<br />

Intervento di lobectomia inferiore sinistra. Il quadro morfologico,<br />

che poteva suggerire una LIP, non era suffragato da<br />

quello TC. Una patologia neoplastica plasmacellulare non era<br />

confortata né dagli esami elettroforetici né da quelli immunoistochimici.<br />

La polmonite da LP, sospettabile per la presenza<br />

del batterio, per la demarcazione del focolaio e per la<br />

necrosi, sembrava “esclusa” dall’assenza di infiltrato granulocitario<br />

e dalla ricchezza di plasmacellule.<br />

Conclusioni<br />

La polmonite da LP può avere una presentazione istologica<br />

“atipica” che va ricercata al fine di impostare una corretta terapia<br />

antibiotica. Questa patologia è talora scambiata per una<br />

LIP oppure per uno pseudotumore infiammatorio (granuloma<br />

plasmacellulare). I criteri istologici suggeriti, quelli radiologici<br />

e quelli laboratoristici, se correttamente applicati, conducono<br />

ad una corretta diagnosi. Ad oggi, a nostra conoscenza,<br />

in letteratura è descritto un solo altro caso di polmonite da<br />

LP con tali caratteristiche.<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Walsh JJ, et al. Chest 1991;100:1170-2.<br />

2<br />

AFIP, Atlas og Nontumor Pathology, First Series Fascicle 2, 2002.


236<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

L’iperplasia diffusa delle cellule<br />

neuroendocrine del polmone TTF1+<br />

R. Bellocci, A. Casoria, B. Zappacosta, M.L. Brancone,<br />

M. Piccolomini, S. Magnasco, G. Lattanzio, D. Angelucci<br />

Istituto di Anatomia e Istologia Patologica e Citodiagnostica,<br />

Chieti, Italia<br />

Introduzione<br />

L’Iperplasia Diffusa delle Cellule Neuroendocrine del Polmone<br />

(IDCNP) è una condizione di infrequente riscontro e<br />

scarse conoscenze si hanno circa il suo decorso clinico e le<br />

possibilità terapeutiche.<br />

Metodi<br />

2 casi di IDCNP sono stati osservati su lobectomie in presenza<br />

di processi flogistici cronici ad andamento fibrosante. Gli<br />

esami di diagnostica per immagini (RX, TC) preoperatori<br />

non rivelavano micronodularità sospette. Sezioni seriate di<br />

tessuto polmonare sono state colorate con EE e sottoposte ad<br />

indagini di immunoistochimica (Sinaptofisina, Cromogranina<br />

A, TTF1, Vimentina e MIB1).<br />

Risultati<br />

Il parenchima polmonare presentava aree di fibroelastosi con<br />

infiltrato flogistico cronico linfocitario. In alcuni bronchioli<br />

terminali si evidenziavano piccole vegetazioni endoluminali,<br />

ispessimento parietale ad opera di una popolazione epiteliale<br />

fusata a nuclei ipercromatici. In altri campi le vegetazioni<br />

sembravano diffondere negli alveoli senza connessione con<br />

la parete (aspetti di pseudo-diffusione). Gli elementi cellulari<br />

erano positivi per Sinaptofisina, Cromogranina A, per<br />

TTF1 e per MIB1 (30%); negativa era la vimentina. Tutti i<br />

foci descritti erano di dimensioni inferiori a 2 mm. La diagnosi<br />

è stata di IDCNP. Questa condizione viene distinta dai<br />

tumorlets e può accom<strong>pag</strong>nare i Carcinoidi Tipici (CT), le fibrosi<br />

e le flogosi. Interessante è il reperto di positività per<br />

TTF1, che di norma è più frequentemente espresso dai Microcitomi<br />

(MC) e dai Carcinoidi Atipici (CA) piuttosto che<br />

dai CT. La IDCNP va differenziata anche da foci di attivazione<br />

fibroblastica riscontrabili nella polmonite interstiziale<br />

usuale (UIP) i quali, negativi ai markers neuroendocrini, risultano<br />

positivi per vimentina. L’espressione del 30% di attività<br />

proliferativa MIB1-correlata è certamente inusuale per<br />

un CT, mentre costituisce la regola per i CA e MC.<br />

Conclusioni<br />

L’espressione di TTF1 nell’IDCNP ci ha indotto a riconsiderare<br />

il significato di questa condizione. Dalla IDCNP potrebbero<br />

derivare i CT, ma anche i CA ed i MC. La differenziazione<br />

IDCNP/TTF1+ da IDCNP/TTF1- potrebbe essere più<br />

utile di quella IDCNP idiopatica vs. IDCNP secondaria.<br />

Tumore a cellule chiare del polmone:<br />

descrizione di un caso in un paziente<br />

nefrectomizzato per carcinoma renale a<br />

cellule chiare<br />

F. Corsi, R. Zamparese, A. Pennella, P. Bufo<br />

Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Servizio di Anatomia<br />

Patologica, Università di Foggia<br />

Introduzione<br />

Il tumore a cellule chiare del polmone (CCTL o sugar tumor,<br />

per il contenuto cellulare in glicogeno) è una rara neoplasia<br />

benigna, descritta da Liebow e Castleman nel 1963 1 .<br />

I pazienti sono asintomatici e la neoplasia viene scoperta incidentalmente<br />

all’Rx torace.<br />

Caso clinico<br />

Paziente di 74 anni, nefrectomizzato 12 anni prima per carcinoma<br />

renale a cellule chiare. Ricoverato per pancreatite, la<br />

TAC mostra nodulo del lobo polmonare superiore sinistro;<br />

che viene asportato.<br />

La lesione appariva come un nodulo rotondeggiante grigiastro<br />

a margini netti del ø max di 0,5 cm.<br />

Istologicamente, la neoplasia era ben delimitata, priva di capsula<br />

propria, costituita da ampie cellule poligonali con citoplasma<br />

chiaro e nuclei piccoli ed ipercromici, talora lievemente<br />

pleomorfi e nucleolati, con presenza di spazi vascolari<br />

sinusoidali; assente la necrosi.<br />

Le cellule tumorali erano PAS+; l’immunoistochimica (IIC)<br />

era negativa per CK ad alto e basso PM, HMB45, cromogranina,<br />

S-100 e CD34, fortemente positiva per NKI/C3 ed NSE;<br />

focalmente positiva la vimentina.<br />

Sulla base della morfologia e dell’IIC (negatività per le CK),<br />

è stata esclusa una metastasi di carcinoma renale ed è stata<br />

fatta diagnosi di CCTL.<br />

Discussione<br />

Il CCTL è una neoplasia benigna che può essere diagnosticata<br />

erroneamente come metastasi di carcinoma a cellule chiare,<br />

specialmente su sezioni al congelatore.<br />

La sua istogenesi è incerta: Liebow e Castleman ipotizzarono<br />

un’origine miogenica, non confermata dalla negatività<br />

delle indagini IIC per l’actina. È stata considerata un’origine<br />

epiteliale, ed in particolare un’associazione con le cellule di<br />

Clara, ma sono costantemente negativi i marker epiteliali. Altri<br />

autori hanno ipotizzato una derivazione da cellule di tipo<br />

neuroendocrino, pericitico o melanocitario: quest’ultima ipotesi<br />

è sostenuta dalla positività alla reazione IIC, nella maggior<br />

parte dei casi, per HMB45, HMB50 ed S-100 2 . Il nostro<br />

caso mostra negatività per HMB45 ed S-100, forte positività<br />

per l’antigene melanocitario NKI/C3; sono in effetti descritti<br />

in letteratura casi HMB45-negativi.<br />

Il CCTL è considerato benigno ed è sufficiente la resezione<br />

chirurgica, sebbene siano riportati casi di tumori di grandi dimensioni<br />

e necrotici che hanno metastatizzato; pertanto è necessario<br />

considerare tale entità nella diagnosi differenziale<br />

delle neoplasie a cellule chiare del polmone.<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Liebow AA, Castleman B. Am J Pathol 1963;43:13.<br />

2<br />

Gal AA, et al. Arch Pathol Lab Med 1991;115:1034-8.<br />

Significato prognostico della proteina<br />

p27Kip1 e del fattore di crescita Ki-67 in 122<br />

mesoteliomi pleurici<br />

A. Pennella, M. Musti * , A. Scattone ** , D. Cavone * , P.<br />

Nazzaro *** , E. Mattioli ** , R. Nenna ** , L. Vurro ** , L. Pollice<br />

** , G. Serio **<br />

Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Università di Foggia;<br />

*<br />

Dipartimento di Medicina Interna e Medicina Pubblica,<br />

Università, Bari; ** Dipartimento di Anatomia Patologica,<br />

Università di Bari; *** Dipartimento di Metodologia Clinica,<br />

Università di Bari<br />

Introduzione<br />

Il mesotelioma maligno (MM) è un tumore asbesto-correlato,<br />

particolarmente aggressivo (sopravvivenza media 6-18 mesi),<br />

in continuo aumento e resistente a protocolli terapeutici


PATOLOGIA DEI POLMONI E DELLA PLEURA<br />

237<br />

convenzionali. Stadio della malattia, istotipo tumorale e presenza<br />

di metastasi costituiscono i parametri prognostici più<br />

rappresentativi. L’identificazione di marcatori prognostici di<br />

tipo biologico rappresenta un importante obiettivo di ricerca<br />

e ben indagati nei tumori umani sono l’espressione di MIB-1<br />

(Ki-67), p27kip1, p53 etc. che esprimono in maniera affidabile<br />

la relazione tra attività proliferativa tumorale e sopravvivenza.<br />

Scopo dello studio è la valutazione immunoistochimica<br />

(IIC) dell’espressione di Ki-67 e p27 in una casistica di<br />

MM e la correlazione del dato quantitativo con i parametri<br />

clinico-morfologici.<br />

Metodi<br />

La determinazione IIC dell’indice di proliferazione cellulare<br />

con l’anticorpo MIB-1 e della proteina p27 è stata effettuata<br />

su 122 MM della pleura diagnosticati e/o revisionati nel periodo<br />

1990-2001 e inseriti nel Registro Regionale Mesotelioma<br />

(COR Puglia-DPR 366/96). I pazienti avevano ricevuto<br />

solo una biopsia toracoscopica e chemioterapia palliativa.<br />

L’immunopositività è stata espressa in valore percentuale su<br />

500 cellule neoplastiche osservate ad alto ingrandimento.<br />

Risultati<br />

Abbiamo osservato 84 (68,9%) mesoteliomi epitelioidi<br />

(ME), 28 (23%) bifasici (MB) e 10 (8,2%) sarcomatoidi<br />

(MS). Il 73,8% dei casi era osservato nei maschi e il 26,2%<br />

nelle femmine. L’età media al tempo della diagnosi era di<br />

66,6 anni (sd: 10,1; range: 23-90). Il tempo medio di sopravvivenza<br />

era di 12,1 ± 10,2 mesi (mediana 9,5); nei ME 13,41<br />

± 10,9 mesi, nei MB 10,25 ± 8,3 e nei MS 6,15 ± 4,9. Ki-<br />

67(LI) e p27 presentavano valori di media ± sd di 32,4 ± 22,7<br />

e 36 ± 23,9 rispettivamente. Le differenze non sono risultate<br />

significative. Una correlazione significativa è stata osservata<br />

con il tempo di sopravvivenza (p = 0,0001). Un’alta espressione<br />

di p27 era significativamente correlata (p = 0,001) ad<br />

una più lunga sopravvivenza (> 12 mesi) mentre alti valori di<br />

Ki-67 erano significativamente espressi (p = 0,0001) in pazienti<br />

con breve sopravvivenza (< 12 mesi). I due marcatori<br />

sono risultati inversamente correlati tra di loro. Nessuna correlazione<br />

è stata osservata tra p27 e Ki-67 con l’istotipo epitelioide<br />

e bifasico e con gli altri parametri clinici considerati.<br />

Conclusioni<br />

I risultati sottolineano la validità della p27 e del Ki-67 (LI)<br />

come indicatori prognostici IIC di routine nei pazienti affetti<br />

da MM.<br />

HHV-8 and EBV are not commonly found in<br />

idiopathic pulmonary fibrosis<br />

D. Reghellin, A. Zamò, V. Poletti * , L. Montagna, S. Pedron,<br />

P. Piccoli, M. Chilosi<br />

Department of Pathology, University of Verona, Verona,<br />

Italy; * Department of Diseases of the Thorax, “GB Morgagni”<br />

Hospital, Forlì, Italy<br />

Introduction<br />

Idiopathic Pulmonary Fibrosis/Usual Interstitial Pneumonia<br />

(IPF/UIP) is a diffuse and progressive lung disease whose<br />

pathogenesis is incompletely understood. Recently, the presence<br />

of Herpesvirus-specific DNA was detected in the large<br />

majority of cases of a series of IPF/UIP and other lung interstitial<br />

diseases. We have therefore tested our own IPF/UIP series<br />

for the presence of HHV-8 and EBV proteins.<br />

Methods<br />

We used a variety of sensitive technologies including immunohistochemistry<br />

with NCL-HHV8-LNA and EBV-LMP1<br />

antibodies, as well as EBV RNA (EBER) in-situ hybridisation;<br />

the presence of HHV-8 and EBV DNA was also investigated<br />

by means of PCR and subsequent analysis using a microfluidic<br />

apparatus.<br />

Results<br />

Despite the good sample quality, immunohistochemical, insitu<br />

hybridisation and PCR results were negative for both<br />

EBV and HHV-8.<br />

Conclusions<br />

We conclude that EBV and HHV-8 are not involved in the<br />

pathogenesis of IPF/UIP.<br />

Expression of p16 gene in pulmonary<br />

squamous cell carcinoma and in contiguous<br />

normal bronchial epithelium<br />

E. Rossi, E. Dessy, A. Benetti, A. Berenzi, A. Tironi, P.<br />

Baronio, P. Balzarini, P. Grigolato<br />

2nd Department of Pathologic Anatomy, School of Medicine,<br />

University of Brescia<br />

Introduction<br />

The onset of the pulmonary squamous cell carcinoma (SCC)<br />

is clearly correlated to the habit of tobacco smoking. The carcinogenic<br />

effect of cigarettes develops through many steps<br />

over several years (multistep theory) and initiates in widely<br />

dispersed foci throughout the whole respiratory tree (fied<br />

cancerization). In this process smoke plays an important role<br />

in inactivating the p16 gene, an important component in cell<br />

cycle regulation 1 . We studied the behaviour of the p16 gene<br />

by FISH and its production by immunohistochemistry in a<br />

group of patients with SCC and focalised our attention both<br />

on neoplastic tissue and on normal epithelium in bronchi and<br />

bronchioles adjacent to neoplasms.<br />

Methods<br />

Formalin-fixed, paraffin-embedded surgical resected samples<br />

of lung from 4 subjects with SCC and from 4 smokers with<br />

non-neoplastic pathology were considered. FISH was applied<br />

using probes labelling p16 region (9p21). The p16 gene<br />

probe spans approximately 190 Kb and contains a number of<br />

genetic loci including D91749, D9S1747, p16(INK4A), p14<br />

(ARF), D9S1748, p15 (INK4B) while chromosome 9 was<br />

identified by a centromeric α-satellite probe. Immunostaining<br />

technique was carried out by using mouse anti-human<br />

p16 (INK4A), clone E6H4 antibody in CINtec p16 histology<br />

kit from Dako; immunostaining was considered positive<br />

when at least 10% of nuclei were stained 2 ; reactive stromal<br />

cells served as internal positive control.<br />

Results<br />

The p16 expression resulted negative in all the tumors and<br />

occasionally positive in 2/4 normal adjacent bronchi. In all<br />

tumors and in 2 normal bronchi FISH detected abnormalities<br />

in chromosome 9 (polysomy in 3/4 cases tumors and in 2/4<br />

normal bronchi, monosomy in 1/4 tumor) and in the p16 region<br />

(1 signal for p16 gene in 2/4 tumor, more than 2 signals<br />

in 2/4 tumors and in 2/4 normal bronchi). No alterations<br />

(FISH and immunohistochemistry) were seen in control cases.<br />

Conclusion<br />

Our data support the concept of multistep cancerization in<br />

smokers in the histologically normal bronchi, in agreement


238<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

with others 3 . This may be due to an accumulation of molecular<br />

alterations in histologically normal bronchial mucosa in<br />

the development of SCC of the lung.<br />

References<br />

1<br />

Belinsky SA, et al. J Clin Ligand Assay 2002;25:95-9.<br />

2<br />

Tanaka R, et al. Cancer 2005;103:608-15.<br />

3<br />

Caballero OL, et al. Genes, Chromosomes and Cancer 2001;32:119-<br />

25.<br />

EGFR expression and mutation analysis in<br />

lung adenocarcinoma and tumor-associated<br />

atypical adenomatous hyperplasia<br />

G. Sartori, N. Bigiani, L. Schirosi, A. Cavazza ** , G. Rossi,<br />

A. Marchioni * , F. Maselli * , A. Maiorana, M. Migaldi,<br />

G.P. Trentini<br />

Sezione di Anatomia Patologica, * Malattie dell’Apparato<br />

Respiratorio, Università di Modena e Reggio Emilia; ** Unità<br />

Operativa di Anatomia Patologica, Ospedale SMN, Reggio<br />

Emilia<br />

Introduction<br />

Epidermal Growth Factor Receptor (EGFR) is a tyrosine<br />

kinase receptor of the erbB family deeply involved in nonsmall<br />

cell lung cancer growth mechanisms. Recently, the<br />

finding of somatic mutations of EGFR has been correlated<br />

with nonsmokers, female sex and histologic subtype of<br />

adenocarcinoma (ADC) with bronchioloalveolar (BAC)<br />

features and implicated in the clinical response using selective<br />

EGFR-inhibitors. We analysed the EGFR status in<br />

lung ADC and in foci of tumor-associated atypical adenomatous<br />

hyperplasia (AAH), the pre-invasive lesion of<br />

ADC, in order to explore the role of EGFR mutation as early<br />

molecular event in lung carcinogenesis and the possible<br />

clonal relation between infiltrative and pre-invasive lesions<br />

of ADC.<br />

Methods<br />

We identified 8 cases of pulmonary ADC in which multiple<br />

foci of AAH were present in the normal adjacent parenchyma.<br />

In all cases, several 4-micron thick sections were obtained<br />

from formalin-fixed and paraffin-embedded representative<br />

blocks. Immunohistochemical analysis was performed<br />

using EGFR mAb (Dako) in an automated immunostainer<br />

(Benchmark, Ventana). Sequencing analyses<br />

were performed by PCR and EGFR exons 18, 19 and 21<br />

were investigated.<br />

Results<br />

The cases consisted of 4 men and 4 women (7 smokers and 1<br />

nonsmoker) with mixed acinar ADC with BAC (3 non-mucinous,<br />

1 mucinous), 1 mucinous-BAC, 1 papillary ADC, 1<br />

moderately-differentiated ADC and 1 non-mucinous BAC.<br />

EGFR expression was noted in all cases of ADC, BAC and<br />

AAH with a membrane pattern mainly restricted to mucinous-BAC.<br />

EGFR mutation analysis showed an identical<br />

puntiform mutation (L858R) on exon 21 in 1 case (non-mucinous<br />

BAC in a nonsmoker woman) both in BAC and AAH.<br />

No other mutational events were detected in the remaining<br />

lesions.<br />

Conclusions<br />

EGFR expression in neoplastic and pre-invasive lesions document<br />

a key role of this molecule in lung cancer, but did not<br />

permit a reliable selection of patients that could benefit from<br />

targeted therapies with small molecules. Although further investigations<br />

are required on larger series, the finding of an<br />

identical EGFR mutation in only 1 non-mucinous BAC and<br />

tumor-associated AAH and the lack of such mutations in the<br />

other combined lesions seems to suggest a clonal origin and<br />

a carcinogenetic early role of EGFR in a small subset of patients<br />

with lung cancer.<br />

Mesotelioma maligno primitivo peritoneale<br />

localizzato nel sacco erniario. Analisi genetica<br />

di due casi<br />

A. Scattone, A. Pennella * , M. Gentile ** , M. Testini *** , AL<br />

Buonadonna ** , A. Gentile, D. Galetta **** , L. Pollice, G.<br />

Serio<br />

Dipartimento di Anatomia Patologica, Università, Bari; * Dipartimento<br />

di Scienze Chirurgiche, Università, Foggia; **<br />

Divisione Genetica, IRCCS, Castellana Grotte (BA); *** Dipartimento<br />

Scienze Chirurgiche, Università, Bari; **** U.O.<br />

Oncologia Sperimentale e Clinica, IRCCS, Bari<br />

Introduzione<br />

Il mesotelioma maligno primitivo del sacco erniario (MM-<br />

PSE) è una neoplasia estremamente rara la cui prognosi risulta<br />

essere meno aggressiva della forma peritoneale diffusa<br />

e non presenta correlazione con l’esposizione all’asbesto. Il<br />

trattamento chirurgico associato alla radioterapia migliorano<br />

il decorso clinico della malattia e il tempo di sopravvivenza<br />

riportato in 3 pazienti deceduti (totale 7 casi descritti), varia<br />

tra 5 e 10 anni.<br />

Nel mesotelioma diffuso studi molecolari individuano perdite<br />

cromosomiche ricorrenti che rivestono un importante significato<br />

diagnostico. Scopo del presente lavoro è l’individuazione<br />

di alterazioni genetiche in due casi di MMPSE con<br />

CGH (Comparative Genomic Hybridization) e con analisi dei<br />

microsatelliti.<br />

Metodi e risultati<br />

Riportiamo due casi di MMPSE osservati incidentalmente<br />

in due maschi di anni 71 rispettivamente, sottoposti ad intervento<br />

di ernioplastica inguinale sinistra complicata. Entrambi<br />

i pazienti non riferivano nella storia clinico-anamnestica<br />

esposizione all’asbesto né precedenti interventi chirurgici<br />

addominali. Macroscopicamente il sacco erniario mostrava<br />

numerosi noduli di dimensioni variabili (1-3 cm nel<br />

caso 1 e fino a 10 cm nel caso 2). La diagnosi istologica di<br />

mesotelioma maligno veniva confermata dall’indagine immunoistochimica<br />

condotta su sezioni di tessuto paraffinato<br />

con metodo convenzionale (avidina-biotina-perossidasi)<br />

utilizzando anticorpi monoclonali: CK 5/6, calretinina,<br />

EMA, vimentina, CEA, BerEp4, HMB-1, leuM1, Ki-67<br />

(Mib-1). L’analisi molecolare è stata effettuata su DNA<br />

estratto da campioni di tessuto paraffinato con tecniche<br />

standardizzate. L’indagine con CGH non ha evidenziato alterazioni<br />

cromosomiche e l’analisi dei microsatelliti instabilità.<br />

I due pazienti sono stati sottoposti a cicli di chemioterapia<br />

post-chirurgica: un paziente moriva dopo 53 mesi dall’intervento<br />

(Caso 1), l’altro risulta vivente e libero da ripresa di<br />

malattia a 36 mesi dalla diagnosi (Caso 2).<br />

Conclusioni<br />

Lo studio molecolare suggerirebbe l’esistenza di una via cancerogenetica<br />

distinta da quella del MM diffuso e ipotizzerebbe<br />

il coinvolgimento di meccanismi epigenetici nello sviluppo<br />

del MMPSE.


PATOLOGIA DEI POLMONI E DELLA PLEURA<br />

239<br />

Expression and molecular analysis of tyrosine<br />

kinases EGFR, c-kit, PDGFRS and c-met in<br />

pleuropulmonary solitary fibrous tumors<br />

L. Schirosi, G. Sartori, N. Bigiani, A. Cavazza * , G. Rossi,<br />

A. Maiorana, S. Bettelli, L. Garagnani, M. Migaldi,<br />

G.P. Trentini<br />

Sezione di Anatomia Patologica, Università di Modena e<br />

Reggio Emilia, Modena; * Unità Operativa di Anatomia Patologica,<br />

Ospedale SMN Reggio Emilia, Reggio Emilia<br />

Introduction<br />

Solitary fibrous tumor (SFT) is a rare mesenchymal tumor<br />

mainly occurring in the pleura. Its clinical course is usually benign<br />

but rare examples behave aggressively and no effective<br />

treatments exist in metastatic disease. We evaluated the role of<br />

several tyrosine kinases as possible targets for alternative molecular<br />

therapies in a series of pleuropulmonary SFT.<br />

Methods<br />

Thirty-four cases of pleuropulmonary SFT were retrospectively<br />

collected. All the cases were routinely formalin-fixed,<br />

paraffin-embedded and 3-micron thick sections were obtained<br />

from a representative block. All the cases were previously<br />

tested for CD34, bcl-2, CD99 and cytokeratins for diagnostic<br />

intent. Immunostains were performed using an automated<br />

immunostainer (Benchmark, Ventana). The following<br />

antibodies were applied: c-kit (Dako), EGFR (Dako),<br />

PDGFRα and PDGFRβ (Santa Cruz), c-met (NeoMarkers).<br />

Positive cases were quoted when tumors showed at least 10%<br />

of stained cells and a moderate-to-strong intensity staining.<br />

Sequencing analyses were performed by PCR and different<br />

domains of c-kit (exons 9 and 11), EGFR (exons 18, 19, 21),<br />

PDGFRα (exon 12), PDGFRβ (exons 12, 14, 18) and c-met<br />

(exon 14, 17, 18, 19) were investigated.<br />

Results<br />

Twenty-eight SFT had a favorable outcome, while five presented<br />

locoregional recurrences and 1 showed a frank sarcomatous<br />

overgrowth. At immunohistochemistry, no case<br />

showed staining for c-kit and EGFR, while all strongly expressed<br />

PDGFRβ and c-met. PDGFRα expression was noted<br />

in 8 cases. At molecular analysis, no mutations were detected<br />

in the tested exons of c-kit, EGFR, PDGFRα and c-met,<br />

while a puntiform mutation on PDGFRβ exon 18 (D850V)<br />

was found in the unique frankly malignant case.<br />

Conclusions<br />

We found that, among “drugable” tyrosine kinases, PDGFRβ<br />

and c-met were consistently expressed in SFT thus appearing<br />

somewhat involved in neoplastic growth mechanisms, while<br />

c-kit, EGFR and PDGFRα were completely negative or expressed<br />

in a limited number of cases, respectively. Most important,<br />

no mutations were detected on the tested exons of c-<br />

kit, EGFR, PDGFRα and c-met, while a puntiform mutation<br />

on PDGFRβ exon 18 was observed only in the sarcomatous<br />

SFT. This finding clearly needs further investigations on<br />

larger series of malignant SFT, but one could argue that<br />

PDGFRβ mutations may be a key molecular step in malignant<br />

transformation of SFT and a predisposing event for targeted<br />

therapies with selective inhibitors.<br />

La certezza della diagnosi anatomo-clinica<br />

nei casi del registro siciliano dei mesoteliomi<br />

R. Tumino * ** , C. Nicita ** , S. Scondotto *** , G. Dardanoni<br />

*** , M. Di Giorgi *** , A. Nicolosi *** , A. Mira ***<br />

*<br />

U.O. Anatomia Patologica e ** Registro Tumori, Dipartimento<br />

Oncologia, Azienda Ospedaliera Ragusa; *** Dipartimento<br />

Osservatorio Epidemiologico Regione Sicilia, Palermo<br />

Introduzione<br />

La diagnosi di mesotelioma maligno richiede spesso un notevole<br />

impegno professionale e non può prescindere da un corretto<br />

inquadramento anatomo-clinico e radiologico-chirurgico<br />

del paziente. Le informazioni raccolte dal Registro Regionale<br />

Siciliano dei Mesoteliomi, istituito nel 1998 e riconosciuto<br />

dell’ISPESL, hanno reso possibile valutare il grado di<br />

certezza della diagnosi dei casi registrati nel periodo 1998-<br />

2002.<br />

Metodi<br />

Analisi descrittiva dei 280 casi di mesotelioma maligno in<br />

pazienti residenti in Sicilia corredati da referto isto/citologico.<br />

In accordo alle linee guida del DPCM n° 308 del<br />

10.12.02 i pazienti sono stati classificati nelle seguenti categorie:<br />

mesotelioma maligno certo (con tre sottolivelli di<br />

certezza), mesotelioma maligno probabile (con due sottolivelli<br />

di probabilità) e mesotelioma maligno da definire. I<br />

dati sono tabulati per sesso e sede anatomica (pleura, peritoneo<br />

e pericardio).<br />

Risultati<br />

La Tabella evidenzia come l’istologia, l’IHC e la diagnostica<br />

per immagini (RX/TC) sono documentati e coerenti in 142<br />

Livello di certezza diagnostica Tipo e coerenza della base di diagnosi Num. di casi e %<br />

Mesotelioma certo Istologia, IHC e RX/TC coerenti. 142 50,7%<br />

(quadro istologico caratteristico) Istologia e RX/TC coerenti;<br />

IHC non effettuata o non dirimente 99 35,4%<br />

o non disponibile<br />

Istologia caratteristica;<br />

IHC e RX/TC non effettuati o 5 1,7%<br />

non dirimenti o non disponibili.<br />

Mesotelioma probabile Citologia con Citoncluso e RX/TC coerenti. 10 3,6%<br />

(quadro citologico caratteristico) Citologia senza Citoincluso e RX/TC coerenti 9 3,2%<br />

Istologia o citologia dubbia Istologia o Citologia dubbia senza IHC o 15<br />

(casi da definire) IHC dubbia; RX/TC non significativo o dubbio 5,4%<br />

TOTALE 280 100%


240<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

dei 280 casi (50,7%), mentre 99 (35,4%) e 5 (1,7%) casi con<br />

quadro morfologico caratteristico non sono hanno rispettivamente<br />

IHC o IHC e RX/TC documentati o coerenti; i mesoteliomi<br />

probabili, cioè con diagnosi citologica e RX/TC significativa,<br />

sono rappresentati da 10 casi in cui l’esame citologico<br />

è stato fatto su striscio e citoinclusione e da 9 pazienti<br />

con solo il preparato su striscio. In 15 casi istologici (5,4%)<br />

non è stato possibile documentare la diagnosi in maniera conclusiva.<br />

Il più alto grado di certezza diagnostica (istologia,<br />

IHC e RX/TC coerenti) si è osservato nei due casi a localizzazione<br />

pericardica, in 11 dei 16 casi a localizzazione peritoneale<br />

e solo in 129 dei 257 mesoteliomi pleurici. L’IHC non<br />

è stata documentata o valutabile in 10 dei 20 mesoteliomi sarcomatosi<br />

e in 5 dei 12 bifasici mentre è risultata documentata<br />

nel 65% degli epiteliali. Il 72,5% delle donne affette da<br />

mesotelioma ha avuto il massimo livello di certezza diagnostica,<br />

mentre negli uomini questa percentuale è stata pari al<br />

49,1%.<br />

Conclusioni<br />

Similmente alle altre regioni italiane si evidenzia che la diagnosi<br />

anatomo-clinica di mesotelioma non è documentabile<br />

in maniera definitiva in una discreta percentuale di casi; per<br />

migliorare la clinical governance ed in considerazione delle<br />

implicazioni medico-legali di questo tumore appare utile implementare<br />

audit anatomo-clinici al fine di ottimizzare la<br />

performance diagnostica.<br />

Espressione dei recettori per l’EGF (EGFR,<br />

ERBB2, ERBB3 e ERBB4) nei tumori<br />

neuroendocrini del polmone<br />

D. Vitolo, L. Ciocci, G. Deriu, S. Cortese, M. Matarrazzo,<br />

F. Longo, C.D. Baroni<br />

Dipartimento di Medicina Sperimentale e Patologia, I Facoltà<br />

di Medicina e Chirurgia, Università di Roma “La Sapienza”<br />

Introduzione<br />

L’espressione e la codistribuzione dei recettori per l’EGF<br />

partecipano ai meccanismi fondamentali che regolano la crescita<br />

e progressione neoplastica di numerosi tumori umani ed<br />

in alcuni di essi hanno assunto significato prognostico (EG-<br />

FR nei tumori della testacollo) e terapeutico (ErbB2 nel carcinoma<br />

della mammella).<br />

Metodi<br />

L’espressione e la codistribuzione di EGFR, ErbB2, ErbB3 e<br />

ErbB4 sono state valutate in 14 carcinomi epidermoidali, 22<br />

adenocarcinomi, 11 carcinomi bronchioloalveolari, 20 carcinoidi<br />

atipici, 11 carcinomi neuroendocrini a piccole cellule e<br />

10 carcinomi neuroendocrini a grandi cellule mediante metodo<br />

immunoistochimico.<br />

Risultati<br />

EGFR è espresso e codistribuito nel 50% dei carcinomi non<br />

a piccole cellule e nel 30% dei carcinoidi atipici. Nei carcinomi<br />

neuroendocrini a piccole e grandi cellule questo recettore<br />

è espresso rispettivamente nel 18% e 40% dei casi e codistribuito<br />

nel 33% e 50% di quelli positivi. ErbB2 è espresso<br />

e codistribuito nel 50% dei carcinomi non a piccole cellule<br />

e nel 60% dei carcinoidi atipici, in cui è codistribuito nel<br />

75% dei casi positivi. ErbB2 è espresso rispettivamente nel<br />

45% e 33% dei carcinomi neuroendocrini a piccole e grandi<br />

cellule ed è codistribuito nell’83% e nel 37% dei casi positivi.<br />

ErbB3 è espresso e codistribuito nel 70% circa dei carcinomi<br />

non a piccole cellule e nel 65% dei carcinoidi atipici, in<br />

cui è codistribuito nel 75% dei casi positivi. ErbB3 è espresso<br />

rispettivamente nel 27% e 50% dei carcinomi neuroendocrini<br />

a piccole e grandi cellule ed è codistribuito nel 50% e<br />

72% dei casi positivi. ErbB4 è espresso e codistribuito<br />

nell’85% circa dei carcinomi non a piccole cellule, ed è<br />

espresso nel 75% dei carcinoidi atipici in cui è codistribuito<br />

nell’81% dei casi positivi. ErbB4 è espresso e codistribuito<br />

nel 90% dei carcinomi neuroendocrini a piccole e grandi cellule.<br />

Conclusioni<br />

EGFR non sembra giocare un ruolo significativo nella patogenesi<br />

dei tumori neuroendocrini. L’espressione e la codistribuzione<br />

di ErbB2 nel carcinoide atipico e nel carcinoma neuroendocrino<br />

a piccole cellule ne suggeriscono un possibile<br />

ruolo patogenetico in queste neoplasie. L’espressione e la codistribuzione<br />

di ErbB3 nel carcinoide atipico, potrebbe correlare<br />

con la capacità differenziativa di queste neoplasie, come<br />

già osservato in letteratura nei carcinomi non a piccole<br />

cellule


PATHOLOGICA 2005;97:241-250<br />

Patologia gastro-intestinale<br />

Gene expression profiles of primary and<br />

metastatic pancreatic endocrine tumours<br />

reveal potential new markers and targets for<br />

therapy<br />

M. Milione, G. Capurso, S. Lattimore * , T. Crnogorac-Jurcevic<br />

* , F. Panzuto, V. Bhakta * , E. Pilozzi ** , A. Vecchione<br />

** , N. Campanini *** , C. Bordi *** , N.R. Lemoine, G. Delle<br />

Fave<br />

Digestive and Liver Disease Unit, II Medical School, University<br />

“La Sapienza”, Roma; * Molecular Oncology Unit,<br />

Cancer Research UK Clinical Centre, Barts and the London<br />

School of Medicine, London; ** Pathology Unit, II Medical<br />

School, University “La Sapienza”, Roma; *** Department of<br />

Pathology, University of Parma<br />

Introduction<br />

Pancreatic endocrine tumours (PETs) are rare and heterogeneous<br />

tumors. At time of diagnosis, some 2/3 of “non-functioning”<br />

(NF) pancreatic endocrine tumours (PETs) have liver<br />

metastases, which are the most important factors affecting<br />

their prognosis. The molecular pathway leading to islet cells<br />

carcinogenesis and progression is poorly understood. There<br />

have been few attempts to investigate the expression profiles<br />

of PETs, yet limiting the analysis to primary lesions.<br />

We therefore aimed at investigating the RNA-based global<br />

expression of a subset of aggressive, sporadic, NF PETs,<br />

characterized by disease progression, and by the presence of<br />

liver metastases, as these cases would benefit from new therapeutic<br />

approaches.<br />

Matherial and methods<br />

To investigate the RNA-based global expression of NF PETs,<br />

focusing on the abnormalities leading to the metastatic<br />

process. We analyzed the expression profiles of 16 NF PETs<br />

samples (9 primary lesions, 7 liver metastases) from 10 patients<br />

and of 3 PETs cell lines (BON, QGP and CM) using<br />

purified pancreatic islets as reference on the Affymetrix Human<br />

Genome U133 Set, consisting of two GeneChip® arrays,<br />

containing 45,000 probe sets, rapresenting almost the<br />

entire human genome. Differentially expressed genes were<br />

identified by a Welch two sample t-test using the false discovery<br />

rate correction with a cut off value, of p value lower<br />

than 0.001. The clustering of the samples and the geneontology<br />

of the disregulated genes were analysed using appropriate<br />

bioinformatic tools. Selected genes potentially involved<br />

with the metastatic process or possibly available as biomarkers,<br />

and not described in islet cells or PETs before, were validated<br />

by immunohistochemistry on an independent set of 29<br />

PETs and/or by qrt-pcr on 13 PETs and purified islets.<br />

Results<br />

A list of 738 individual disregulated genes (491 from the A<br />

chip, 247 from the B chip), 524 of them upregulated, 214<br />

dowregulated in PETs was obtained. Analysis of the expression<br />

profiles revealed co-clustering of matched primary and<br />

metastatic lesions. Of the upregulated genes the bridging interactor<br />

1 (BIN-1) resulted expressed only in alfa cells in normal<br />

islets and stained 57% of primary and 86% of metastatic<br />

lesions at IHC; overexpression of the src-like kinase LCK<br />

was confirmed by IHC on 50% of primary and 28% of<br />

metastatic lesions with intracellular localization changing<br />

from only membrane in normal islets to membrane and cytoplasmatic<br />

in neoplastic cells. Overexpression of SERPIN A10<br />

and of bone marrow stromal antigen 2 (BST-2) were confirmed<br />

by qrt-pcr in 57% of primary lesions, and in 100% and<br />

83% of metastatses, respectively.<br />

Conclusions<br />

In conclusion, we have analysed for the first time the genetic<br />

expression profiles of both primary and liver metastases of<br />

aggressive endocrine carcinoma, with findings suggesting a<br />

close similarity between matched lesions. Moreover, we have<br />

identified disregulated genes that may eventually be useful<br />

markers (SERPIN A10, BIN-1) or targets for therapy (LCK)<br />

in PETs.<br />

Progressione della colite ulcerativa cronica in<br />

relazione a parametri clinici (DAI score) e<br />

morfologici (proliferazione - apoptosi)<br />

A.M. Anniciello, A. Iacono, T. Staiano * , F. Ventre, M.<br />

D’Armiento, F.P. D’Armiento<br />

Dipartimento di Scienze Biomorfologiche Funzionali, Sezione<br />

Anatomia Patologica e Citopatologia; * Dipartimento di<br />

Gastroenterologia, Università “Federico II”, Napoli<br />

Introduzione<br />

L’attività della colite ulcerativa cronica può essere clinicamente<br />

valutata mediante il “disease activity index” (DAI: <<br />

3, tra 3 e 6; tra 7 e 10, > 10) secondo parametri di remissione,<br />

sanguinamento, diarrea, fragilità mucosale. Obiettivo dello<br />

studio è la correlazione del DAI score con il quadro morfologico<br />

(immunoistochimica – Ki67 e p53; istochimica – Tunel),<br />

ipotizzando che la proliferazione cellulare e l’apoptosi<br />

influenzano la normale omeostasi cellulare incidendo su andamento<br />

della malattia.<br />

Metodi<br />

Abbiamo reclutato 31 pazienti (20 M, 11 F, età media M =<br />

43; F = 38), tutti privi di complicanze (megacolon, cancro),<br />

in follow-up endoscopico/bioptico, intervallo mediano di 8<br />

anni (r4-16), confrontando la morfologia con la clinica all’esordio<br />

di malattia (T0) e all’ultimo controllo (T1). È stato effettuato<br />

studio immunoistochimico con Ki67 e p53, e studio<br />

istochimico dell’apoptosi mediante TUNEL. La positività<br />

cellulare è stata valutata dividendo la ghiandola in 2 parti: basale<br />

e superficiale. I dati del DAI score e quelli morfologici<br />

sono stati elaborati mediante analisi statistica con il Mann-<br />

Whitney U-test.<br />

Risultati<br />

I valori ottenuti dal DAI score hanno mostrato un significativo<br />

incremento dell’attività di malattia tra T0 e T1: DAI < 3:<br />

8 vs. 3 (p < 0,05); DAI 3-6: 18 vs. 21 (p NS); DAI 7-10: 5 vs.<br />

7 (p < 0,05). In 11 pz su 31 si è verificato un aumento clinico<br />

dell’attività della malattia. I valori mediani di Ki67, p53 e<br />

Tunel variano in maniera significativa se confrontati tra T0 e<br />

T1 (Ki67 9 vs. 14 p = 0,015; p53 10 vs. 16 p = 0,046; apoptosi<br />

12 vs. 24 p = 0,015). L’aumento dell’espressione dei 3<br />

marcatori nel tempo si associa ad un comportamento stazionario<br />

della malattia (proctite o colite sinistra), confermato dal<br />

DAI che negli stessi 9 casi non ha subito variazioni tra l’esordio<br />

di malattia e la fine del follow-up (pNS); un decremento<br />

o una stazionarietà del Ki67 con associato incremento<br />

dell’indice apoptotico e della p53si associa invece ad un’e-


242<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

stensione della malattia (pancolite) con un DAI che subisce<br />

un parallelo incremento nel tempo (11 casi) (p = 0,048).<br />

Conclusioni<br />

I risultati confermano l’ipotesi che il mantenimento dell’omeostasi<br />

cellulare nei confronti delle noxae patogene della<br />

malattia è l’elemento più importante che condiziona non solo<br />

l’evoluzione verso le complicanze quanto la progressione<br />

della malattia.<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Chigara Hagiwara, et al. J Gastroenterol Hepatol 2002;17:758-64.<br />

2<br />

Campieri M. Aliment Pharmacol Ther 2003;17:1471-80.<br />

Descrizione di un caso di tumore pleomorfo<br />

della testa del pancreas: limiti della<br />

diagnostica estemporanea in corso di CPRE<br />

V. Arena, P. Federico, G. Petrone, E. Stigliano, F. De<br />

Giorgio * , A. Capelli<br />

Istituto di Anatomia Patologica; * Istituto di Medicina Legale,<br />

Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma<br />

Introduzione<br />

La diagnosi intraoperatoria delle lesioni pancreatiche non è<br />

agevole nei casi di adenocarcinomi ben differenziati e nei casi<br />

di pancreatite cronica con notevole distorsione architetturale.<br />

Solitamente la ricerca di invasione perineurale e l’attento<br />

esame dei caratteri citologici delle formazioni ghiandolari<br />

può essere d’aiuto. Nel caso di neoplasie a pattern non adenocarcinomatoso,<br />

le caratteristiche istomorfologiche sono di<br />

solito di aiuto nel formulare una diagnosi corretta.<br />

Materiali metodi e risultati<br />

Descriviamo un caso di un tumore pleomorfo della testa del<br />

pancreas la cui diagnosi è stata possibile solo dopo autopsia<br />

in quanto l’esame estemporaneo in corso di CPRE ha documentato<br />

solo frammenti di tessuto fibroso costituiti da elementi<br />

fusati non atipici a pattern storiforme, con una buona<br />

quota di infiltrato flogistico inglobante porzioni di tessuto<br />

pancreatico atrofico. Il paziente giungeva all’exitus senza<br />

una diagnosi di natura ed in sede di riscontro diagnostico si<br />

confermava a livello della testa del pancreas, una neoformazione<br />

di 11 x 9 x 7 cm intimamente adesa alla C duodenale.<br />

Macroscopicamente la neoplasia appariva costituita da aree<br />

di colorito bianco giallastro con aree di necrosi ed istologicamente<br />

trattavasi di un tumore pleomorfo costituito da una duplice<br />

popolazione cellulare: la prima fusata, atipica, organizzata<br />

in pattern storiforme. La seconda formata da larghi elementi<br />

multinucleati.<br />

Conclusioni<br />

La diagnosi etiologica delle ostruzioni biliari in caso di lesioni<br />

pancreatiche sospette per neoplasia, è richiesta nei casi<br />

di non resecabilità o quando si renda necessaria una radiochemioterapia<br />

palliativa. L’approccio diagnostico percutaneo<br />

mediante US o TAC mostra dei limiti operativi e solitamente<br />

viene evitato per il rischio di disseminazione intraaddominale.<br />

La CPRE è considerata una metodica più sensibile, e lo<br />

dovrebbe essere ancor di più nel caso di tumori pancreatici<br />

non convenzionali. Il caso da noi descritto mostra però che vi<br />

sono ancora limiti nella metodica, in relazione al fatto che<br />

spesso tali neoplasie sono circondate e frammiste a tessuto<br />

infiammatorio e fibrotico. Pertanto una negatività del reperto<br />

cito-istologico ottenuto mediante CPRE non può essere presa<br />

come elemento diagnostico di certezza se contrasta col sospetto<br />

clinico o radiologico. Si deve pertanto pensare o ad altre<br />

procedure invasive o ad una ripetizione dell’esame con un<br />

più esteso campionamento.<br />

Espressione di EGFR negli adenocarcinomi del<br />

colon: analisi immunoistochimica (IHC)<br />

comparativa tra metodica DAkOCytomation<br />

(EGFRpharmDx ® ) e ventana (CONFIRMAnti-<br />

EGFR) e assetto molecolare in FISH<br />

L. Baron, M. Postiglione, P. Beltotti, N. De Stefano, F.<br />

Quarto<br />

U.O. di Anatomia ed Istologia Patologica e Citopatologia<br />

P.O. “S. Leonardo”, Castellammare di Stabia (NA), Italy<br />

Introduzione<br />

Il significato clinico della sovraespressione di EGFR è legato<br />

più che al suo ruolo prognostico a quello predittivo della<br />

suscettibilità all’immunoterapia con cetuximab.<br />

Metodi<br />

Abbiamo comparato l’espressione di EGFR in 118 adenocarcinomi<br />

del colon avvalendoci di due diversi test IHC (EG-<br />

FRpharmDx ® DAkOCytomation e CONFIRMAntiEGFR<br />

Ventana). Per entrambe le metodiche l’immunoreattività, valutata<br />

come positività di membrana con o senza diffusione citoplasmatica<br />

è stata gradata con metodica semiquantitativa<br />

come % di cellule positive con un cut-off di positività<br />

dell’1% come indicato dallo score consigliato. Tutti i campioni<br />

sono stati inoltre sottoposti a metodica molecolare, FI-<br />

SH, (LSI-EGFR/CEP7, Vysis ® ) per evidenziare l’eventuale<br />

amplificazione/delezione genica del recettore. Abbiamo poi<br />

correlato la sovraespressione di EGFR ai parametri istomorfologici<br />

classici. L’analisi statistica è stata effettuata utilizzando<br />

il test del χ 2 .<br />

Risultati<br />

Con il test EGFRpharmDx ® -DAkOCytomation su 118 casi<br />

da noi analizzati il 12% ha mostrato solo una debole e focale<br />

positività ed è stato pertanto considerato negativo. L’88%<br />

dei casi positivi si distribuisce in modo eterogeneo in 3 diversi<br />

classi di positività: il 65,3% (68) ha mostrato solo diffusione<br />

citoplasmatica, il 24% (25) una diffusione citoplasmatica<br />

accom<strong>pag</strong>nata da una positività di membrana e solo<br />

il 10,7% (11) esclusivamente positività di membrana.<br />

Nella metodica IHC CONFIRMAntiEGFR-Ventana la %<br />

dei casi negativi sale dal 12% al 19% a danno della classe di<br />

immunoreattività del tipo diffusione citoplasmatica mentre<br />

rimangono sostanzialmente immodificate le altre 2 classi di<br />

positività.<br />

L’analisi molecolare in FISH dei campioni positivi ha evidenziato<br />

solo un 2,5% di amplificazioni geniche; pertanto, a<br />

differenza di quella di HER2, la sovraespressione di EGFR<br />

non è altrettanto evidente e non sembra guidata tanto dall’amplificazione<br />

genica ma piuttosto da molteplici pathway<br />

di attivazione che codificherebbero per una forma mutata del<br />

recettore. Inoltre la sovraespressione proteica di EGFR non<br />

ha mostrato alcuna correlazione statisticamente significativa<br />

con i parametri istomorfologici considerati.<br />

Conclusioni<br />

L’espressione di EGFR ha mostrato una tale eterogeneità, indipendente<br />

dalla metodica, da rendere troppo riduttiva l’esclusiva<br />

indicazione di un cut-off di positività dell’1% che<br />

comprenda un ventaglio di neoplasie ad espressione recettoriale<br />

certamente non sovrapponibile.


PATOLOGIA GASTRO-INTESTINALE<br />

243<br />

Morphological evidence of neutrophil-tumor<br />

cell phagocytosis (cannibalism) in human<br />

gastric adenocarcinomas and in nonneoplastic<br />

foveolar cells<br />

R.A. Caruso, G. Basile, C. Crisafulli, E. Quattrocchi, F.<br />

Fedele, A. Bonanno, C. Fazzari, G. Pizzi<br />

Dipartimento di Patologia Umana, Policlinico Universitario,<br />

Messina<br />

The phenomenon of neutrophil-tumor cell emperipolesis or<br />

phagocytosis (cannibalism) has been documented by light<br />

microscopy in various human carcinomas, but little is known<br />

about the cellular pathological processes and the morphological<br />

changes involved. In an attempt to clarify the nature of<br />

this phenomenon, our ultrastructural studies on the relationships<br />

among neutrophils and tumor cells in human gastric<br />

carcinomas and in non-neoplastic gastric mucosa are reviewed<br />

and analyzed. At the electron microscopy, apoptotic<br />

neutrophils were found within vacuoles of adenocarcinoma<br />

cells in two cases. They showed either early apoptotic morphology<br />

with perinuclear chromatin aggregation but cytoplasm<br />

integrity or late apoptotic morphology with uniform,<br />

collapsed nucleus and tightly packed cytoplasmic granules. A<br />

light microscopy review of 200 cases of resected gastric carcinomas<br />

identified 22 cases (11%) that were characterized by<br />

neutrophil-tumor cell phagocytosis (cannibalism). TUNEL<br />

staining confirmed the presence of apoptotic neutrophils<br />

within the cytoplasm of the tumor cells. Neutrophil cannibalism<br />

is not specific for tumor. In 3 out of 22 control specimens<br />

apoptotic neutrophils were seen in the cytoplasm of non-neoplastic<br />

foveolar cells. This study provide light and electron<br />

microscopic evidence of apoptotic neutrophils phagocytosed<br />

both by gastric adenocarcinoma cells and normal foveolar<br />

cells.<br />

Mucosa gastrica eterotopica nella colecisti:<br />

case report<br />

V. Ciuffetelli, G. Calvisi * , M. De Vito, D. Barbera, A.R.<br />

Vitale, P. Leocata<br />

Università dell’Aquila, Dipartimento di Medicina Sperimentale,<br />

Cattedra di Anatomia Patologica; * ASL4 U.O. Anatomia<br />

Patologica<br />

Introduzione<br />

La presenza di mucosa gastrica nella colecisti è estremamente<br />

insolita; in letteratura ne sono stati descritti 42 casi, tre dei<br />

quali asintomatici. I sintomi di solito si manifestano sotto<br />

forma di colecistite acuta (nei pazienti con età inferiore ai 20<br />

aa) o con colecistite cronica, calcolosi ed ematobilia, nei pazienti<br />

più anziani 1 . Talvolta all’eterotopia può associarsi anche<br />

metaplasia intestinale di tipo colico, talora con focolai displastici.<br />

Carcinomi possono insorgere su ectopia gastrica<br />

così come su metaplasia intestinale.<br />

Caso clinico<br />

Alla nostra osservazione è giunto il caso di una paziente di 36<br />

aa con sindrome addominale, sottoposta ad intervento di colecistectomia<br />

retrograda sottosierosa, successivo ad esame ecotomografico<br />

epatobiliare che aveva messo in evidenza all’interno<br />

della colecisti, in sede periinfundibolare, “una neoformazione<br />

isoecogena al parenchima epatico, ovalariforme, delle<br />

dimensioni di cm 2,5 x 1,4, contigua alla parete inferiore della<br />

colecisti stessa, la cui sede non si modificava alle variazione<br />

dei decubiti, riferibile in prima ipotesi ad adenoma”.<br />

Risultati<br />

Il campione operatorio misurava cm 6,5 x 3 e presentava una<br />

formazione polipoide sottoinfundibolare dell’altezza di cm 2,1.<br />

Non erano presenti formazioni calcolotiche. L’esame istologico<br />

ha rivelato che la formazione polipoide consisteva di mucosa<br />

gastrica eterotopica con cellule parietali e colonnari mucosecernenti<br />

e diffusa iperplasia criptica. La mucosa adiacente<br />

mostrava le tipiche caratteristiche della colecistite cronica.<br />

Discussione<br />

L’eterotopia gastrica è stata descritta in tutto il tratto gastrointestinale,<br />

dalla cavità orale al retto. Curiosamente però<br />

è estremamente rara nella colecisti, dove generalmente si manifesta<br />

con sintomi di colecistite acuta, soprattutto nei giovani.<br />

Embriologicamente la colecisti origina dal “primordio”<br />

epatico, che deriva dalla superficie ventrale dell’intestino primitivo<br />

(foregut) caudalmente allo stomaco in via di sviluppo.<br />

Entrambi sono in prossimità del setto traverso durante l’ultimo<br />

stadio di sviluppo. Sembra pertanto che l’eterotopia possa<br />

derivare sia da un intrappolamento di tessuto gastrico primitivo,<br />

che da una differenziazione eterotopica all’interno<br />

della colecisti o da una differenziazione metaplastica.<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Xeropotamos N, et al. Gut 2001;48:719-23.<br />

Carcinoma ereditario non poliposico del<br />

colon (HNPCC) da delezione completa del<br />

gene MSH2: un caso ad insorgenza precoce<br />

(17 anni) con storia famigliare non<br />

significativa<br />

L. Delsedime, E. David, M. Micheletti, M. Barberis * , I.<br />

Borelli * , A. Allavena * , A. Arrigoni ** , E. Grosso * , B. Pasini<br />

* , N. Migone *<br />

SCDU Anatomia Patologica I; * SCDU Genetica Medica, **<br />

SC Gastroenterologia, “S. Giovanni Antica Sede”, Azienda<br />

Ospedaliera “S. Giovanni Battista” di Torino, Università di<br />

Torino<br />

Introduzione<br />

Nella Regione Piemonte è attivo dal 2002 un Programma di<br />

screening per il carcinoma ereditario non poliposico del colon<br />

retto (HNPCC) che ha permesso di raccogliere fino ad ora una<br />

casistica di 325 casi probandi, di cui 217 con dati completi di<br />

analisi immuno-istochimica e di ricerca instabilità dei microsatelliti<br />

(MSI) su tessuto; lo screening mutazionale è attualmente<br />

completo in 89 casi. I casi di età < 40 anni sono 69.<br />

Caso clinico<br />

Presentiamo il caso di una ragazza cui viene diagnosticato un<br />

adenocarcinoma del colon destro pT3-N0 all’età di 17 anni;<br />

l’anamnesi famigliare non risultava significativa (ad eccezione<br />

per una nonna con neoplasia del colon ed isterectomia all’età<br />

di 54 aa). Successivamente, con il comparire di altri due casi<br />

di tumore al colon in parenti di primo grado (padre a 48 e zio<br />

a 51 aa), il caso viene rivalutato ed inviato presso i ns Laboratori<br />

per gli approfondimenti diagnostici su tessuto neoplastico<br />

d’archivio, nel sospetto clinico di HNPCC. All’indagine immunoistochimica<br />

è stata osservata nel tumore doppia negatività<br />

di espressione per MSH2 e MSH6, con espressione conservata<br />

per la proteina codificata dal gene MLH1. Due dei tre<br />

microsatelliti presi in considerazione (BAT25 e BAT40) sono


244<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

risultati instabili, mentre BAT26 è risultato stabile; complessivamente<br />

il reperto è stato di alta instabilità (MSI-H). Questi risultati<br />

hanno indirizzato alla ricerca della mutazione germinale.<br />

L’analisi mutazionale in DHPLC non ha messo in evidenza<br />

mutazioni puntiformi nei geni MSH2 ed MLH1. La successiva<br />

analisi con multiplex ligation-dependent probe amplification<br />

(MLPA) ha messo in evidenza la delezione completa del<br />

gene MSH2. Le stesse analisi sono state poi effettuate su campioni<br />

istologici e su sangue del padre e sono state osservate le<br />

medesime alterazioni.<br />

Conclusioni<br />

Delezione completa di MSH2 è stata riscontrata nella nostra<br />

casistica solamente in questa famiglia ed in un’altra con carcinoma<br />

del colon destro a 36 aa. nel probando.<br />

La rilevanza del caso è data dalla giovane età di insorgenza,<br />

dalla situazione iniziale di apparente non-rischio famigliare,<br />

dalla stabilità del microsatellite BAT26 e dal tipo infrequente<br />

di mutazione riscontrata, cioè delezione completa del gene<br />

MSH2.<br />

Il dato di un’età così giovanile di insorgenza di carcinoma del<br />

colon deve essere tenuto in considerazione nella valutazione<br />

di tempi di sorveglianza colonscopica nelle famiglie<br />

HNPCC.<br />

Depletion of MTDNA limited to the external<br />

layer of muscularis propria induces<br />

gastrointestinal dysmotility in a MNGIE<br />

patient<br />

C. Giordano, M. Sebastiani, C. Travaglini, P. Sale, M.L.<br />

Valentino * , V. Carelli * , G. d’Amati<br />

Dipartimento di Medicina Sperimentale e Patologia, Università<br />

di Roma “La Sapienza”; * Dipartimento di Scienze Neurologiche,<br />

Università di Bologna<br />

Introduction<br />

Mitochondrial neurogastrointestinal encephalomyopathy<br />

(MNGIE) is an autosomal recessive disease clinically defined<br />

by severe gastrointestinal dysmotility, cachexia, ptosis,<br />

ophthalmoparesis, peripheral neuropathy, white matter<br />

changes in brain MRI, and mitochondrial abnormalities.<br />

Loss-of-function mutations in thymidine phosphorylase (TP)<br />

gene induce pathologic accumulations of thymidine and deoxyuridine,<br />

which generate mtDNA defects (depletion, multiple<br />

deletions and point mutations).<br />

The origin of gastrointestinal dysmotility is currently unclear.<br />

Material and methods<br />

We present a detailed histological description of the gastrointestinal<br />

tract of a patient carrying the homozygous TP<br />

mutation 1443G > A and, by the mean of laser capture microdissection,<br />

correlate the morphological findings with<br />

mtDNA abnormalities.<br />

Results<br />

Small intestine showed marked atrophy of the external layer<br />

of muscularis propria, with evidence of cytoplasmic vacuolization,<br />

mitochondrial proliferation and nuclei with condensed<br />

chromatin. In contrast, the internal layer and the<br />

myenteric and submucosal plexi were unremarkable. Genetic<br />

analysis revealed strikingly selective depletion of mtDNA<br />

in the small intestine, compared to esophagus, stomach and<br />

colon. Microdissection of the small intestine revealed depletion<br />

of mtDNA only in the external layer of muscularis propria.<br />

Interestingly, analysis of the gastrointestinal tract from<br />

ten controls revealed a non-homogeneous distribution of<br />

mtDNA content; the small intestine had the lowest levels of<br />

mtDNA. Multiple deletions were detected only in the upper<br />

esophagus and in skeletal muscle. Site-specific somatic point<br />

mutations, mostly T > C transitions preceded by 5’poly-A sequences,<br />

were detected at low abundance both in the muscle<br />

and nervous tissue of the gastrointestinal tract.<br />

Conclusions<br />

We conclude that profound mtDNA depletion in the external<br />

layer of muscularis propria is the major determinant for the<br />

morphologic changes and indicates that visceral myopathy is<br />

responsible for gastrointestinal dysmotility in this MNGIE<br />

patient. Our results suggest that tissues with constitutively<br />

low amounts of mtDNA may be more sensitive to defects of<br />

thymidine phosphorylase.<br />

Epstein-Barr virus infection in gastric<br />

carcinomas with peritumoral neutrophil<br />

infiltration<br />

A. Ieni, G. Niedobitek * , T. Kirchner * , R.A. Caruso, C. Inferrera<br />

Dipartimento di Patologia umana Messina; * Institute Of<br />

Pathology, University Of Erlangen, Germany<br />

The Epstein-Barr virus is a ubiquitous human herpesvirus<br />

which establishes a life-long persistent infection of B-cells in<br />

over 90% of the human adult population. The association of<br />

Epstein-Barr virus (EBV) with a proportion of gastric carcinomas<br />

is well established. We have recently identified tumour<br />

infilration by neutrophils as a potential indicator of a<br />

favourable prognosis in advanced gastric cancer (AGC). Here<br />

we have tested the hypothesis that infiltration by neutrophils<br />

may be related to EBV infection of the tumour cells.<br />

Methods<br />

One hundred cases of gastric carcinomas (50 carcinomas with<br />

peritumoral neutrophil infiltration – 50 gastric adenocarcinomas<br />

without stromal inflammatory reaction) were analysed by<br />

in Situ Hybridization for the detection of the EBV-encoded<br />

small nuclear RNAs (EBERs) 35S-labelled probes were employed<br />

and bound probes were detected by autoradiography.<br />

Results<br />

In situ hybridization showed EBV infection of the tumour<br />

cells in one case of neutrophil-rich gastric carcinoma and in<br />

one case of ordinary carcinoma (2%). In one of these cases,<br />

EBV infection was detected both in tumour tissue and in the<br />

adjacent non-neoplastic mucosa. These data confirm that<br />

Epstein-Barr virus infection is rarely associated with gastric<br />

carcinoma and show that EBV is not preferentially found in<br />

AGC with neutrophils. Furthermore we provide evidence of<br />

viral infection of non-neoplastic gastric mucosa.<br />

Congenital malignant peripheral nerve<br />

sheath tumor of the small bowel<br />

unassociated with von Recklinghausen’s<br />

disease: a heretofore unreported occurrence<br />

E. Kuhn, F. Pallotti, L. Runza, S. Carinelli<br />

U.O. Anatomia Patologica, Ospedale Maggiore Policlinico<br />

“Mangiagalli - Regina Elena”, Milano, Italia<br />

Introduction<br />

Malignant peripheral nerve sheath tumor (MPNST) in children<br />

is uncommon, and is frequently associated with von


PATOLOGIA GASTRO-INTESTINALE<br />

245<br />

Recklinghausen’s disease (VRD) 1 . Congenital MPNST is a<br />

very rare entity with only a few cases reported. We report<br />

here the first case, to the best of our knowledge, of congenital<br />

MPNST of the small bowel.<br />

Methods<br />

Clinical features<br />

A 7-day-old term male infant presented with intestinal obstruction<br />

from birth. Ultrasound examination was not conclusive.<br />

Surgical exploration showed a mass in the jejunum,<br />

a 45 mm segment of which was resected. Clinical examinations<br />

showed no other evidences of disease. 3 months after<br />

the surgery the patient is well and free of disease.<br />

Pathological features<br />

The surgical specimen showed a 14 mm intramural polipoid<br />

lesion which obliterated the intestinal lumen. Microscopically,<br />

the lesion was composed of an unencapsulated spindle cell<br />

proliferation with infiltrative pattern of growth and high cellularity.<br />

The tumor cells were arranged in fascicles, and<br />

showed a moderate amount of eosinophilic cytoplasm and<br />

uniform oval nuclei with an inconspicuous nucleolus. The<br />

mitotic count was 3 mitosis/10HPF. No necrosis was present.<br />

The adjacent intestinal wall was unremarkable. Immunohistochemically,<br />

the tumor cells were diffusely positive for vimentin<br />

and focally for S100, while CD117, CD34, smooth<br />

muscle actin, desmin and EMA were negative.<br />

Conclusions<br />

Pediatric MPNST is a rare entity, most of them associated with<br />

VRD 1 . The usual locations are extremities, limb girdle, trunk,<br />

head and neck region, and retroperitoneum. There has been also<br />

described a congenital case in the orbital region. Our case is<br />

primarily located in the small bowel and does not present clinical<br />

evidence of VRD or another diseases. We believe that our<br />

case is the first report of a congenital MPNST in this location,<br />

unassociated with VRD, in the English literature.<br />

The differential diagnosis includes cellular schwannoma, especially<br />

the recently described congenital and childhood<br />

plexiform variant, cellular neurofibroma, GIST, fibrosarcoma<br />

and monophasic synovial sarcoma.<br />

The overall prognosis of the pediatric MPNST is not good,<br />

with a median survival of 45 months and 50% of local recurrences<br />

at 12 months 2 . We believe that our case is of lowgrade<br />

malignancy because of the patient’s age (< 7 years), the<br />

absence of VRD, small tumor size, the absence of necrosis<br />

and the low mitotic activity 2 .<br />

Acknowledgments<br />

we would like to thank Dr. Andrew E. Rosenberg (Boston)<br />

for his valuable opinion about our case.<br />

References<br />

1<br />

Ducatman B, et al. J Neuroncol 1984;2:241-8.<br />

2<br />

Meis J, et al. Am J Surg Pathol 1992;16:694-707.<br />

Aspetti morfologici della leismaniosi epatica<br />

AIDS associata. Analisi ultrastrutturale<br />

A. Labate, F. Albiero, R. Cicciarello, G. Costa, M.E. Gagliardi,<br />

P. Napoli Nania * , V. Cavallari<br />

Dipartimento di Patologia Umana, Policlinico Universitario,<br />

Università di Messina; * S.C. Azienda Ospedale “Piemonte”,<br />

Messina<br />

Introduzione<br />

La leismaniosi viscerale è considerata un’infezione opportunistica<br />

nei pazienti con immunodeficienza acquisita. Un aumento<br />

dell’incidenza è stata rilevata sia nelle aree endemiche<br />

che non endemiche. Viene riportato un caso di leismaniosi<br />

epatica in soggetto con AIDS e ne vengono descritti gli aspetti<br />

clinici e morfologici, dati strutturali ed ultrastrutturali.<br />

Storia clinica<br />

Il paziente presenta una storia clinica di circa 15 anni: tossicodipendente<br />

HIV positivo, da 10 anni HCV positivo. Da anni<br />

presenta infezione opportunistica da candida del tratto oro-esofageo.<br />

Pregresse infezioni da toxoplasma (IgG+) e CMV (Titolo<br />

> 22) Giunge all’ultimo ricovero in condizioni precarie con<br />

astenia insufficienza respiratoria (addensamento polmonare<br />

con aumento dell’aia cardiaca vengono evidenziati all’esame<br />

radiologico). Grave pancitopenia (Tab. A), alterata in maniera<br />

moderata la funzionalità epatica; CD4/CD8 dimezzato rispetto<br />

ai valori normali. Presenza di ab anti leismania 1:200 positivi.<br />

L’ECO addome evidenzia un fegato aumentato di volume e<br />

strutturalmente disomogeneo. Viene pertanto effettuato un prelievo<br />

bioptico che viene analizzato dalla nostra struttura.<br />

Analisi morfologica del campione bioptico<br />

La biopsia a noi pervenuta è stata analizzata in microscopia<br />

ottica e in microscopia elettronica a trasmissione.<br />

Microscopia ottica<br />

L’esame istologico mette in evidenza un ampliamento degli<br />

spazi potali, occupati da infiltrati linfocitari e sede di moderati<br />

fenomeni di fibrosi. La lamina limitante periportale è<br />

parzialmente frammentata. Gli epatociti mostrano moderati<br />

fenomeni regressivi.<br />

Microscopia elettronica<br />

L’esame ultrastrutturale evidenzia un’epatite cronica caratterizzata<br />

dalla presenza di un infiltrato infiammatorio linfoplasmacellulare<br />

e necrofagico in sede portale con profili linfocitari<br />

spesso aderenti alla lamina limitante epatocitaria. Si rileva altresì<br />

la presenza di fenomeni regressivi e sclerosi negli spazi di<br />

Disse. Si evidenziano profili di protozoi provvisti di ciglia, raggruppati<br />

in aggregati nel citoplasma delle cellule del Kupfer.<br />

Fattori prognostici utili nella routine per<br />

valutare il comportamento biologico del<br />

carcinoma epatocellulare<br />

A. La Mura, P.F. Bellomo * , G. Marino Marsilia * , R. Monaco<br />

* , G.G. Di Costanzo **<br />

Scuola di Specializzazione in Anatomia Patologica, Seconda<br />

Università di Napoli; * Unità Operativa Struttura Complessa<br />

di Anatomia Patologica, AORN “A. Cardarelli”, Napoli; **<br />

Unità Operativa Struttura Complessa di Epatologia ed Unità<br />

Pancreas, AORN “A. Cardarelli”, Napoli<br />

Introduzione<br />

Il carcinoma epatocellulare (HCC) è la più frequente neoplasia<br />

maligna primitiva del fegato e la sua prognosi è spesso<br />

difficile da prevedere. Con uno studio retrospettivo, abbiamo<br />

confrontato alcuni parametri che rientrano nella routine della<br />

diagnostica al fine di individuare fattori prognosticamente<br />

utili per poter meglio predire il comportamento biologico<br />

della neoplasia al momento della diagnosi.<br />

Metodi<br />

Abbiamo selezionato, dal 1999 al 2004, 30 casi di HCC a follow-up<br />

noto, di cui 29 nelle sue varianti classiche ed 1 caso<br />

di carcinoma fibrolamellare, trattati chirurgicamente. I 30 casi<br />

comprendono pazienti di età tra i 15 ed i 75 anni, con<br />

un’età media di 60 anni, tutti, ad eccezione del carcinoma fibrolamellare,<br />

insorti su epatopatia cronica con quadro morfologico<br />

francamente cirrotico o di iniziale sovvertimento no-


246<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

dulare ad eziologia nota. Abbiamo considerato il grado di differenziazione<br />

secondo Edmondson, le dimensioni, lo stadio<br />

al momento della diagnosi secondo il TNM, l’indice mitotico<br />

valutato con Ki-67, l’espressione immunoistochimica di<br />

p53 e CD34, il contenuto di DNA (ploidia), determinata mediante<br />

citometria dinamica, l’evoluzione clinica.<br />

Risultati<br />

Abbiamo osservato una correlazione positiva tra l’indice mitotico,<br />

il grado di differenziazione e la recidiva di malattia, indipendente<br />

dallo stadio e dalle dimensioni della neoplasia.<br />

CD34, valutato qualitativamente secondo il pattern di distribuzione<br />

e quantitativamente secondo 5 gradi esprimenti la percentuale<br />

di cellule endoteliali marcate in relazione alla superficie<br />

sinusoidale epatica 1 , ha mostrato la presenza di positività<br />

non solo alla periferia, ma anche all’interno dei noduli neoplastici<br />

con un’espressione aumentata rispetto al parenchima epatico<br />

circostante la neoplasia, ma con differenze non significativamente<br />

correlabili a nessuno degli alti parametri. L’espressione<br />

di p53 e la ploidia non hanno mostrato alcuna correlazione<br />

statisticamente significativa con nessun parametro.<br />

Conclusioni<br />

Nella nostra esperienza Ki-67 offre un’ulteriore informazione<br />

prognostica, ben correlabile al grado di differenziazione,<br />

ed utile soprattutto nei casi con basso stadio al momento della<br />

diagnosi. Nessuna informazione prognostica è data da p53<br />

e dalla ploidia. CD34 non rappresenta un fattore prognostico;<br />

il suo impiego è limitato alla diagnosi differenziale tra l’HCC<br />

ben differenziato ed i noduli displastici.<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Park YN, et al. Am J Surg Pathol 1998;22:656-62.<br />

Espressione del gene MGMT nel carcinoma<br />

colo-rettale: correlazioni cliniche,<br />

patologiche e biomolecolari<br />

G. Lanza, R. Gafà, I. Maestri, L. Guerzoni, E. Miotto, S.<br />

Sabbioni, M. Negrini, L. Cavazzini<br />

Dipartimento di Medicina Sperimentale e Diagnostica, Università<br />

di Ferrara<br />

Introduzione<br />

La O 6 -metilguanina-DNA-metiltransferasi (MGMT) è un enzima<br />

di riparazione del DNA, che agisce principalmente rimuovendo<br />

gli addotti alchilici in posizione O 6 della guanina.<br />

Il gene MGMT è di particolare interesse in campo oncologico,<br />

essendo implicato sia nello sviluppo che nella terapia di<br />

numerosi tipi di tumore. Il significato clinico-patologico della<br />

inattivazione di MGMT nel carcinoma colo-rettale (CCR)<br />

è poco conosciuto. Nel presente studio è stata valutata la<br />

espressione di MGMT in una serie consecutiva di CCR in relazione<br />

a numerosi parametri clinici, patologici e molecolari<br />

ed alla metilazione del promoter del gene.<br />

Metodi<br />

La analisi immunoistochimica della espressione di MGMT e<br />

dei geni del DNA mismatch repair (MMR) MLH1, MSH2 e<br />

MSH6 è stata condotta su sezioni paraffinate con anticorpi<br />

monoclonali ed un sistema streptavidina-biotina-perossidasi.<br />

La instabilità dei microsatelliti è stata valutata con PCR fluorescente<br />

utilizzando markers mono e dinucleotidici, mentre<br />

la metilazione del promoter di MGMT è stata analizzata in 57<br />

casi mediante methylation-specific PCR.<br />

Risultati<br />

Perdita di espressione di MGMT è stata evidenziata in 44<br />

(22,4%) dei 196 tumori esaminati. La espressione di MGMT<br />

è risultata correlata alla età del paziente (P = 0,01) ed alla sede<br />

della neoplasia (P = 0,02), i tumori MGMT-negativi essendo<br />

più frequenti nei soggetti di età > 70 anni e nel colon<br />

prossimale. La espressione di MGMT non è risultata, invece,<br />

correlata al sesso, al grado di differenziazione, all’istotipo ed<br />

allo stadio. Perdita di espressione di MGMT è stata rilevata<br />

più spesso nei tumori con deficit del MMR che nei tumori<br />

con normale funzione del MMR ed in particolare nei tumori<br />

MLH1-negativi rispetto ai tumori MLH1-positivi (39% vs.<br />

19%) (P = 0,02). La espressione di MGMT è risultata, infine,<br />

correlarsi in maniera altamente significativa al pattern di metilazione<br />

del gene. Metilazione del promoter è stata evidenziata<br />

in 11/13 tumori MGMT-negativi (84,6%), mentre 38<br />

delle 44 neoplasie MGMT-positive (86,4%) sono risultate<br />

non metilate (P < 0,001).<br />

Conclusioni<br />

La inattivazione di MGMT, determinata nella maggioranza<br />

dei casi da ipermetilazione del promoter, si verifica in una<br />

percentuale significativa di CCR ed è più frequente nei tumori<br />

con inattivazione epigenetica di MLH1. Le conseguenze<br />

funzionali della inattivazione di MGMT, anche dal punto<br />

di vista della sensibilità alla terapia con agenti alchilanti, necessitano<br />

di essere ulteriormente indagate.<br />

Carcinoma gastrico: correlazioni anatomo<br />

cliniche in 902 casi<br />

P. Leocata, M. De Vito, AR Vitale, V. Ciuffetelli, D. Barbera,<br />

S. Di Rito, A. Chiominto *<br />

Università dell’Aquila, Dipartimento di Medicina Sperimentale,<br />

Cattedra di Anatomia Patologica; ** ASL4 AQ-UO Anatomia<br />

Patologica<br />

Introduzione<br />

Il carcinoma gastrico rappresenta la quinta forma più comune<br />

di cancro in Europa con circa 192.000 nuovi casi ogni anno,<br />

il 23% di tutte le neoplasie.<br />

Metodi<br />

Abbiamo esaminato 902 campioni operatori di gastrectomia<br />

totale e subtotale per carcinoma gastrico, provenienti dai presidi<br />

ospedalieri di L’Aquila, Atri ed Avezzano, nel periodo<br />

compreso fra gennaio 1969 e dicembre 2004, confrontando<br />

l’andamento della malattia nei tre decenni. I casi sono stati<br />

classificati secondo i criteri di Lauren e Ming e la malattia è<br />

stata stadiata usando il sistema pTNM.<br />

Risultati<br />

Lo studio ha evidenziato la prevalenza della forma infiltrativa<br />

secondo Ming (79%) rispetto a quella espansiva, con un<br />

andamento rimasto costante nei tre decenni. La classificazione<br />

di Lauren ha mostrato la prevalenza della forma diffusa<br />

(54%) nei confronti di quella intestinale. Tale riscontro appare<br />

in linea con i dati attesi per una area geografica come quella<br />

i esame. Per le varietà macroscopiche si è notata una netta<br />

prevalenza delle forme ulcerate (67%) rispetto a quelle vegetanti<br />

in accordo con Ming secondo cui la maggior parte delle<br />

forme ulcerate si accom<strong>pag</strong>na all’istotipo a crescita infiltrativa.<br />

Inoltre l’analisi dei dati ha messo in luce un netto decremento<br />

delle forme T3 che sono passate dal 48,5% dei primi<br />

dieci anni (1969-1980) al 26% dell’ultimo decennio (1993-<br />

2004). Alla diminuzione degli stadi T3 si è accom<strong>pag</strong>nata<br />

una riduzione, non parimenti marcata, dei T4, scesi al 7,8%<br />

dal 8,2%. Più significativa è stata la crescita delle neoplasie<br />

in stadio T1: nella nostra U.O. si è passati dal 12,6% del pri-


PATOLOGIA GASTRO-INTESTINALE<br />

247<br />

mo decennio al 18,35% dell’ultimo. L’incremento più significativo<br />

si è registrato nel periodo compreso fra il 1981 ed il<br />

1992 (4%). Il dato complessivo (16,4% di ECG sul totale), è<br />

maggiore rispetto ai dati nazionali (13%). Verosimilmente<br />

questa crescita è da mettere in relazione alla notevole attività<br />

dei servizi di Diagnostica Endoscopica: nel nostro P.O. nel<br />

1972 si contavano 192 prestazioni (1/3 delle quali seguite da<br />

biopsia) diventate circa 4.000 nel 2004.<br />

Conclusioni<br />

L’esame dello stadio secondo il TNM ha messo in luce un<br />

netto decremento delle forme T3-T4 che sono passate dal<br />

58,2% del primo decennio al 33,8% del terzo decennio e<br />

l’aumento dei T1 (EGC) con una crescita percentuale del 6%<br />

dal 1980 al 2004. Invece. contrariamente a quanto riportato<br />

in letteratura, nel periodo in esame non sono state rilevate<br />

differenze significative di incidenza circa gli istotipi.<br />

Ruolo prognostico degli indici di<br />

proliferazione cellulare e di apoptosi<br />

nell’adenocarcinoma duttale del pancreas<br />

B.E. Leone, R. Trezzi, F. Pagni, F. Bono, F. Mangili *<br />

Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Università Milano-Bicocca,<br />

Servizio di Anatomia Patologica, Ospedale “S. Gerardo”<br />

di Monza; * Servizio di Anatomia Patologica, Ospedale<br />

di Desio<br />

Introduzione<br />

Da diversi anni lo studio delle neoplasie si sta rivolgendo alla<br />

valutazione delle caratteristiche biologiche di queste ultime<br />

per trovare nuovi parametri prognostici, tra cui la cinetica<br />

di proliferazione cellulare in rapporto all’apoptosi. Scopo<br />

di questo lavoro è l’analisi della correlazione tra indici di<br />

proliferazione e di apoptosi e caratteristiche clinico-patologiche<br />

dell’adenocarcinoma pancreatico e il loro significato prognostico.<br />

Materiali e metodi<br />

Lo studio comprende 33 pazienti. Per l’analisi dell’indice di<br />

proliferazione cellulare è stata utilizzata la tecnica immunoistochimica<br />

con anticorpo monoclonale anti Ki-67. L’analisi<br />

dell’indice di apoptosi è stata eseguita tramite studio morfologico<br />

e biologico-molecolare in situ con tecnica ISOL e TU-<br />

NEL, che hanno dato valori sovrapponibili. I dati relativi al<br />

follow-up sono stati ottenuti per 16 casi.<br />

Risultati<br />

Valori di MIB significativamente più alti sono stati trovati in<br />

tumori scarsamente differenziati e tumori di dimensioni maggiori.<br />

L’indice di apoptosi è risultato significativamente più<br />

alto nei tumori scarsamente differenziati rispetto a tumori<br />

moderatamente differenziati, ma non sono emerse altre differenze<br />

significative. È stata dimostrata una correlazione diretta<br />

tra indice di proliferazione e apoptosi. Sia l’indice di proliferazione,<br />

sia l’indice di apoptosi sono risultati inversamente<br />

proporzionali alla prognosi.<br />

Conclusione<br />

Possiamo affermare che la percentuale di cellule proliferanti<br />

aumenta soprattutto in tumori maggiormente aggressivi e di<br />

dimensioni maggiori, ma non è semplicemente la quota di<br />

cellule attivamente proliferanti ad avere un ruolo prognostico<br />

nell’adenocarcinoma duttale del pancreas.<br />

Questo studio mostra una correlazione lineare diretta tra indice<br />

di proliferazione e di apoptosi: significa che un’elevata<br />

quota di cellule in proliferazione è associata, quasi come<br />

meccanismo compensatorio, a frequenti fenomeni di perdita<br />

cellulare. Lo studio biparametrico di proliferazione e morte<br />

cellulare ha quindi un importante ruolo nel definire al meglio<br />

la crescita tumorale e la conoscenza di questo rapporto può<br />

essere anche un utile strumento per la valutazione dell’efficacia<br />

di trattamenti neoadiuvanti convenzionali o immunoterapici,<br />

che hanno il fine di diminuire la quota proliferativa o<br />

di promuovere l’apoptosi.<br />

La metaplasia intestinale alla giunzione<br />

esofago gastrica: prevalenza e lesioni<br />

associate<br />

L. Mastracci, Y. Musizzano, P. S<strong>pag</strong>giari, F. Grillo, P.<br />

Ceppa, R. Fiocca<br />

DICMI Sezione di Anatomia Patologica, Università di Genova<br />

Introduzione<br />

La metaplasia intestinale alla giunzione esofago gastrica<br />

(MIG) ha una patogenesi controversa. Scopo dello studio è<br />

determinare la prevalenza della MI e valutare la frequenza di<br />

associazione della MIG con patologie gastriche e/o esofagee.<br />

Materiali e metodi<br />

Sono stati analizzati retrospettivamente 485 pazienti sottoposti<br />

a esofago-gastro-duodenoscopia per sintomi riferibili al<br />

tratto digestivo superiore tra gennaio 1999 e giugno 2004. In<br />

tutti i pazienti inclusi nello studio erano state effettuate biopsie<br />

multiple della mucosa del 3° esofageo inferiore, della<br />

giunzione esofago-gastrica (GEG) ed della mucosa gastrica<br />

antrale ed ossintica. Tutti i campioni sono stati colorati con<br />

EE, PAS-Alcian Blu e Giemsa per la ricerca di H. pylori. I<br />

preparati sono stati revisionati contemporaneamente da due<br />

patologi esperti che hanno valutato la presenza di esofagite<br />

microscopica, esofago di Barrett, metaplasia intestinale alla<br />

GEG e gastrite e metaplasia intestinale gastrica.<br />

Risultati<br />

Si è riscontrata MIG in 91/485 casi (18,8%); 11 soggetti presentavano<br />

metaplasia intestinale di tipo completo, 77 di tipo<br />

incompleto e 3 di tipo misto (completo ed incompleto). Il<br />

rapporto M/F era di 1,5/1 per pazienti con MIG e 1/1 nei 394<br />

soggetti privi di MIG, con una età media di 59,5 anni nei primi<br />

e 53,3 nei secondi (p = 0,0003). I casi con e senza MIG<br />

hanno mostrato rispettivamente le seguenti prevalenze di lesioni<br />

gastriche e/o esofagee associate: esofagite microscopica<br />

50,5% vs. 58,6%, esofago di Barrett 31,9% vs. 0%, gastrite<br />

da H. pylori 22,0% vs. 23,9%, metaplasia intestinale gastrica<br />

27,5% vs. 17,3% (p = 0,037). Solo il 4,4% dei soggetti<br />

con MIG non presentava lesioni, né gastriche né esofagee,<br />

rispetto al 24,1% dei soggetti senza MIG. Poiché numerosi<br />

pazienti presentavano più tipi di lesione associate, la loro<br />

somma percentuale supera il 100%. La Tabella I mostra la distribuzione<br />

delle lesioni dopo aver raggruppato insieme le diverse<br />

lesioni riscontrabili rispettivamente nell’esofago e nello<br />

stomaco.<br />

Conclusioni<br />

La MIG può associarsi sia a lesioni esofagee che a lesioni gastriche.<br />

La prevalenza di patologie esofagee associate è maggiore<br />

nei soggetti con MIG rispetto ai controlli. La frequenza<br />

di reperti di normalità sia nell’esofago che nello stomaco<br />

è molto bassa (4,4%) nei soggetti con MIG rispetto ai controlli<br />

(24,1%) e questo suggerisce che la MIG non rappresenti<br />

un fenomeno isolato ma costituisca l’espressione a livello<br />

giunzionale di patologie esofagee o gastriche.


248<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

Tab. I. Prevalenza di lesioni esofagee e/o gastriche in pazienti con MIG ed in controlli.<br />

Lesioni associate Prevalenza in casi con MIG Prevalenza in casi senza MIG p<br />

Lesioni esofagee 46,1% (42/91) 34,8% (137/394) 0,053<br />

Lesioni gastriche 13,2% (12/91) 17,2% (68/394) 0,93<br />

Lesioni esofagee + gastriche 36,3% (33/91) 23,9% (94/394) 0,017<br />

Esofago e stomaco normali 4,4% (4/91) 24,1% (95/394) < 0,0001<br />

APC promoter methylation and 5q21<br />

deletions are peculiar to gastric and<br />

duodenal endocrine tumours<br />

S. Pizzi, C. Azzoni, L. Bottarelli, T. D’Adda, C. Pasquali<br />

* , G. Rindi, C. Bordi<br />

Dipartimento di Patologia e Medicina di Laboratorio, Sezione<br />

Anatomia Patologica, Università di Parma, Parma, Italia;<br />

*<br />

Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Semeiotica<br />

Chirurgica, Università di Padova, Padova, Italia<br />

Background<br />

The role of the Wnt pathway in the pathogenesis of digestive<br />

endocrine tumors is still under debate. Mutations of β-catenin<br />

and E-cadherin have been found in gastrointestinal carcinoids,<br />

but not in pancreatic endocrine tumours (PETs), and generally<br />

very rare APC (adenomatous poliposis coli) mutations have<br />

been detected. The aim of the present work was to systematically<br />

investigate alterations (deletion and/or promoter methylation)<br />

of the APC locus in a series of gastroenteropancreatic endocrine<br />

neoplasms, with special emphasis to the site of origin,<br />

the level of differentiation and the clinical behaviour.<br />

Methods<br />

Sixty cases were analyzed including 38 foregut (stomach,<br />

n = 24; pancreas, n = 10; duodenum, n = 4), 14 midgut<br />

(ileum-caecum, n = 8; appendix, n = 6) and 8 hindgut<br />

(large bowel, n = 4; rectum, n = 4) tumours. According to<br />

the WHO classification, the neoplasms were further subdivided<br />

in three categories: poorly differentiated endocrine<br />

carcinomas (PDECs, n = 11), well differentiated endocrine<br />

carcinomas (WDECs, n = 27) and well differentiated endocrine<br />

tumours (WDETs, n = 22). Deletions at APC locus<br />

at 5q21 were detected by loss of heterozygosity (LOH)<br />

analysis using the microsatellite marker D5S346. The<br />

methylation status of APC promoter was analyzed by<br />

methylation-specific PCR.<br />

Results<br />

APC promoter methylation was found in 30% of cases and<br />

was restricted to foregut tumours (58%, P < 0.0001), independently<br />

of the behaviour or the differentiation. Among<br />

foregut neoplasms methylation was striking more frequent<br />

in the stomach and duodenum (75%) than in pancreas<br />

(11%, P < 0.01). LOH at APC locus was found in 37% of<br />

cases, in particular in tumours from the stomach (36%),<br />

duodenum (50%), colon (100%) and rectum (25%), but was<br />

absent in pancreas, ileum and appendix. Indeed, 5q21 LOH<br />

was more frequently detected in PDECs, from both the<br />

stomach (83% of cases) and the colon (100% of cases) than<br />

in well differentiated neoplasms, either benign or malignant<br />

(P < 0.01).<br />

Conclusions<br />

Inactivation of the Wnt pathway has previously been shown<br />

to represent a frequent and early event in gastrointestinal, but<br />

not in pancreatic, endocrine neoplasms, on the basis of immunohistochemical<br />

and mutational studies on β-catenin. Our<br />

data are in agreement with this observation and indicate APC<br />

methylation as a major mechanism for Wnt pathway inactivation<br />

in gastric and duodenal endocrine tumours.<br />

Differential involvement of the p16-Rb<br />

pathway and alterations of the CDKN2 locus<br />

in gastroenteropancreatic endocrine<br />

tumours<br />

S. Pizzi, C. Azzoni, L. Bottarelli, N. Campanini, T. D’Adda,<br />

G. Rindi, C. Bordi<br />

Dipartimento di Patologia e Medicina di Laboratorio, Sezione<br />

Anatomia Patologica, Università di Parma, Parma, Italia<br />

Background<br />

Alterations of the p16-Rb pathway appear to be implicated in<br />

the pathogenesis of gastroenteropancreatic (GEP) endocrine<br />

tumours. Previous data from our laboratory indicate that loss<br />

of p16 and/or Rb expression are frequent events in gastrointestinal<br />

endocrine carcinomas, either well (WDECs) or poorly<br />

differentiated (PDECs) 1 . The aim of the present work is to<br />

further analyze the expression of p16, Rb and cyclinD1 and<br />

the related alterations at the 9p21 CDKN2 locus (harbouring<br />

the p16, p15 and p14 genes) in different subtypes of GEP endocrine<br />

tumours, subdivided according to the site of origin,<br />

the biological behaviour and the level of differentiation.<br />

Methods<br />

Sixty cases were analyzed including 38 foregut (stomach, n<br />

= 24; pancreas, n = 10; duodenum, n = 4), 14 midgut (ileumcaecum,<br />

n = 8; appendix, n = 6) and 8 hindgut (large bowel,<br />

n = 4; rectum, n = 4) tumours. According to the WHO classification,<br />

neoplasms were further subdivided in 11 PDECs, 27<br />

WDECs and 22 well differentiated endocrine tumours<br />

(WDETs). The p16, Rb, cyclinD1 proteins were analyzed by<br />

immunohistochemisty (IHC). Deletions at CDKN2 locus<br />

were detected by loss of heterozygosity (LOH) analysis using<br />

two 9p21 microsatellite markers (D9S157, D9S171). The<br />

promoter status of p16, p15 and p14 genes was analyzed by<br />

methylation-specific PCR.<br />

Results<br />

Loss of p16 and Rb expression and hyperexpression of cyclinD1<br />

were found in 37%, 58% and 53% of cases, respectively.<br />

Significant differences were found between PDECs<br />

(characterized by absence of both p16 loss and cyclinD1 accumulation)<br />

and well differentiated neoplasms (P < 0.01).<br />

Moreover among well differentiated tumours, the pattern of<br />

expression of the three proteins varied according to the sites<br />

of origin. LOH at 9p21 was frequently (> 75% of cases)<br />

found only in PDECs and in well differentiated gastric neoplasms,<br />

either WDETs or WDECs. Promoter methylation at


PATOLOGIA GASTRO-INTESTINALE<br />

249<br />

p16, p14 and p15 genes was rarely detected (5%, 3% and<br />

14% of cases, respectively).<br />

Conclusions<br />

Our immunohistochemical data suggest that alterations of the<br />

p16-Rb pathway have an important role in GEP endocrine tumours,<br />

although the targets of inactivation vary according to<br />

the degree of differentiation and the site of origin of the neoplasms.<br />

Differential mechanisms for p16-Rb pathway inactivation<br />

in different subtypes of GEP endocrine tumours are also<br />

shown by the restriction of high LOH rates at CDKN2 locus<br />

to gastric and duodenal tumours.<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Pizzi S, et al. Cancer 2003;98:1273-82.<br />

Serrated adenoma: a pathological and<br />

immunohistochemical study<br />

F. Tatangelo, F. Fiorentino, L. Terracciano * , G. Liguori, F.<br />

Pagliuca, G. Botti<br />

U.O.C. Anatomia Patologica, Istituto Tumori, Napoli; * Dipartimento<br />

Anatomia Patologica, Università “Federico II”,<br />

Napoli<br />

Introduction<br />

With the name of “serrated adenoma” 1 is designed a cathegory<br />

of lesions that often were detected in gastrointestinal<br />

tract, mainly in large bowel. They are considered as a morphological<br />

continuum from hyperplastic plyps to true (dysplastic)<br />

adenomas. Their peculiar morphologic characteristics<br />

comprise a double pattern, with “serrated” glandular architecture,<br />

as in hyperplastic polyps, and dysplastic cytologic<br />

features, as in adenomas.<br />

Generally, the greater diagnostic difficulty is to distinguish<br />

this “entity” from large hyperplastic polyps and true adenomas,<br />

because of lack of reproducible morphologic criteria.<br />

The aim of this work is to evaluate the real nature of these lesions<br />

and their eventual premalignant potential by a morphologic<br />

and immunohistochemical study, comparing biomorphological<br />

characteristics of hyperplastic polyps, adenomas<br />

and serrated adenomas.<br />

Methods<br />

A total of 100 cases of colo-rectal polyps (50 adenomas, 35<br />

hyperplastic polyps and 15 serrated adenomas) were examined<br />

using routine staining methods and immunohistochemical<br />

staining for these markers: Ki67; Bcl 2; COX 2; Egfr; on<br />

paraffin embedded specimens, and then were submitted on<br />

biomolecular analysis for detection of microsatellite instability<br />

expression (MSI-H and MSI-L).<br />

Results<br />

We obtained these peliminar data about immunohistochemical<br />

profile:<br />

• Adenomas: Ki67 80%; Bcl2 69%; COX 2 80%; Egfr 40%;<br />

• Hyperplastic polyps: Ki67 50%; Bcl 2 25%; COX 2 15%;<br />

Egfr 55%;<br />

• Serrated adenomas: Ki67 70%; Bcl 2 60%; Cox 2 65%;<br />

Egfr 45%.<br />

The presence of microsatellite instability, both MSI-H MSI-L<br />

is high in serrated adenomas. This datum is very interesting<br />

and although this study was performed on a little pool of cases,<br />

the results obtained make us optimistic about their value.<br />

Conclusions<br />

Ki67, COX 2, Egfr, Bcl 2 and MSI expression can help us to<br />

distinguish real premalicnant potential of some precursors of<br />

colo-rectal carcinoma. Our studies are in progress to assess<br />

their effective diagnostic and prognostic value.<br />

References<br />

1<br />

Longacre TA, et al. Am J Surg Pathol 1990;14:524-37.<br />

Valore prognostico del CD44 nei tumori<br />

stromali gastrointestinali<br />

L. Tornillo 1 , V. Carafa 1 , G. Sauter 2 , C. Tapia 1 , A. Boscaino<br />

3 , R. Russo 4 , L. Insabato 5 , L. Terracciano 5 6<br />

1<br />

Institut für Pathologie, Universität Basel, Basel, Schweiz; 2<br />

Institut für Pathologie, Universitätsklinikum Hamburg-Eppendorf,<br />

Hamburg, Deutschland; 3 U.O. Anatomia Patologica,<br />

Ospedale “Antonio Cardarelli”, Napoli, Italia; 4 U.O. Anatomia<br />

Patologica, Ospedale “S. Leonardo”, Salerno, Italia; 5<br />

Dipartimento Scienze Biomorfologiche e Funzionali, Università<br />

“Federico II”, Napoli, Italia; 6 Dipartimento di Scienze<br />

per la Salute, Università del Molise, Campobasso, Italia<br />

Introduzione<br />

I tumori stromali gastrointestinali (GIST) sono i più frequenti<br />

tumori mesenchimali del tratto gastrointestinale, con un’incidenza<br />

di 10-20 nuovi casi/1.000.000/anno e sono caratterizzati<br />

nella grande maggioranza dalla positività immunoistochimica<br />

per il CD117 (KIT). Dal punto di vista genetico presentano<br />

mutazioni attivanti delle RTK III (KIT o PDGFRα).<br />

È difficile riuscire a predirne il comportamento nel singolo<br />

caso. Il CD44 è una molecola di adesione coinvolta in molteplici<br />

funzioni come il controllo dell’apoptosi e dello sviluppo<br />

cellulare e ne è stato ipotizzato il possibile valore prognostico<br />

1 .<br />

Metodi<br />

142 tumori mesenchimali gastrointestinali (100 GIST) sono<br />

stati utilizzati per la costruzione di un Tissue Microarray<br />

(TMA). 43 erano sicuramente maligni, i restanti sono stati<br />

classificati secondo la dimensione e l’indice mitotico in 12<br />

high-risk, 19 intermediate-risk, 21 low-risk, 5 very low-risk.<br />

59/70 casi mostravano mutazioni per il gene c-kit. È stata effettuata<br />

una colorazione immunoistochimica per le seguenti<br />

isoforme: CD44v3, CD44v5, CD44v6, CD44v9 e la positività<br />

è stata messa in relazione con diversi parametri clinicopatologici.<br />

Risultati<br />

Il numero di casi valutabili varia fra 93 e 98. È stata osservata<br />

una correlazione statisticamente significativa fra il rischio<br />

di malignità e l’intensità della colorazione per l’isoforma<br />

CD44v4 (p = 0,0027, Spearman-rank test). Nessuna relazione<br />

è stata osservata con altri parametri quali la localizzazione<br />

o il tipo istologico. Il tipo di mutazione nell’esone 11 (delezioni<br />

vs. inserzioni/mutazioni puntiformi) è correlato con<br />

l’espressione di CD44v3 e CD44v5 (p = 0,0480), mentre tutti<br />

i 3 casi con mutazione nell’esone 9 hanno mostrato positività<br />

per tutte le isoforme studiate. Nell’analisi univariata la<br />

sopravvivenza correla direttamente con l’espressione dell’isoforma<br />

v3 (p = 0,05) e nell’analisi multivariata con v4 e v6<br />

(p = 0,0387 e 0,0088, rispettivamente).<br />

Conclusioni<br />

I nostri dati mostrano una possibile associazione fra i livelli<br />

di espressione del CD44 e altri parametri clinico-patologici.<br />

Nonostante i limiti dello studio (dimensioni della serie), sembra<br />

possibile che almeno alcune isoforme di CD44 possano<br />

essere coinvolte nella prognosi dei GIST e nell’acquisizione<br />

di un fenotipo più “aggressivo”.


250<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Montgomery E, Abraham SC, Fisher C, et al. CD44 loss in gastric<br />

stromal tumors as a prognostic marker. Am J Surg Pathol<br />

2004;28:168-77.<br />

Immunohistology of some Aquaporins in<br />

hyperplastic and neoplastic hepatic lesion<br />

D. Villari, D. Maisano, P.A. Nicòtina<br />

Dipartimento di Patologia Umana, Policlinico Universitario<br />

“G. Martino”, Messina, Italia<br />

Recent experimental evidences have been provided that special<br />

water channel proteins, such as Aquaglyceroporins 8 and<br />

9 (AQP-8 and -9), are expressed in hepatocyte membrane<br />

and cytoplasmic vesicles. AQP-8 and AQP-9 are known to<br />

allow the selective passage of glycerol and other solutes, including<br />

urea, monocarboxylates, polyols, carbamides, and<br />

nucleosides. Hepatic AQP-8 has been related with the structure<br />

of bile canaliculi and bile secretion. AQP-9 was reported<br />

to be common in the hepatocyte and developmentally regulated,<br />

depending on metabolic states, as a channel protein<br />

for glycerol influx and urea efflux. AQP-1, assisting transmembrane<br />

water flow in extra-hepatic sites, is regarded as a<br />

critical reabsorption factor. On this basis, such AQP s<br />

have<br />

been investigated in hyperplastic and neoplastic hepatic lesions,<br />

including focal nodular hyperplasias (FNH s<br />

) and hepatocellular<br />

carcinomas (HCC s<br />

), classified by current systems.<br />

Excised lesions from 18 patients (11 men and 7<br />

women) with a mean age of 61.5 years, were 2 FNH s<br />

, 2 well<br />

differentiated HCC s,<br />

8 moderately differentiated HCC s<br />

(including<br />

5 lesions with a glandular-like pattern) and 6 poorly<br />

differentiated HCC s<br />

. As controls, needle biopsies from 4<br />

HCV hepatitis-affected subjects were also investigated. Control<br />

immunohistology showed: a) AQP-1 staining in biliary<br />

epithelium and endothelial cell membrane of the non-sinusoidal<br />

blood vessels; b) AQP-8 positive reaction decored as<br />

hepatocyte cytoplasm as apical membrane of biliary epithelial<br />

cells; c) AQP-9 outlined the hepatocyte cell-membrane<br />

facing sinusoids, in centrolobular areas. In the study lesions,<br />

AQP-1 was immunolocalized in capillarized sinusoids of the<br />

FNH s<br />

and of both the well- and moderately-differentiated<br />

HCC s.<br />

AQP-1 labelling also profiled the apical border of biliary<br />

epithelium, as in the FNH s<br />

as in tubule-forming cells of<br />

the moderately differentiated HCC s<br />

. AQP-8 was absent in the<br />

FNH s,<br />

but it occurs in glandular-like HCC s<br />

. AQP-9 positivity<br />

was confined to paraseptal and perivascular FNH-hepatocytes,<br />

in well-differentiated HCC s<br />

, but it was lacking in moderately/poorly<br />

differentiated HCC s.<br />

The described AQP-1 in<br />

liver is unprecedented. It is a critical reabsorption factor of<br />

capillary endothelium and assists bile secretion in hepatic<br />

FNH and no-high-grade HCC. Coherently, AQP-8 and AQP-<br />

9 may be related to differentiation rate and secretion of the<br />

newly formed hepatocytes.<br />

A new enzymo-histochemical diagnosis kit<br />

for Hirschsprung Disease<br />

F. Venerucci 1 , A. Favre 2 , G. Martucciello 3<br />

1<br />

Bio-Optica, Milano; 2 Istituto G. Gaslini; Chirurgia Pediatrica,<br />

Genova; 3 IRCCS Policlinico San Matteo; Divisione di<br />

chirurgia pediatrica, Pavia<br />

Hirschsprung Disease (HD) is a neurocristopathy that occurs<br />

at an approximate rate of 1 case per 5000 newborns in all the<br />

world. It is a rectal innervation intrinsic disorders, characterized<br />

by a congenital absence of ganglion cells in the distal<br />

colon resulting in a functional obstruction, appearing with severe<br />

constipation.<br />

The diagnosis is performed on rectal suction biopsy specimens<br />

taken 2 to 10 cm above the pectinate line. Acetylcholinesterase<br />

(AChE), Lactic Dehydrogenase (LDH), and<br />

NADPH-diaphorase (NADPH-d) histochemical techniques<br />

were performed on serial cryostatic sections, following<br />

Scharli and Meier-Ruge criteria (1981)<br />

The basic treatment is to remove the poorly functioning<br />

aganglionic bowel and create an anastomosis to the distal<br />

rectum. For this reason the surgeon performs intraoperative<br />

seromuscular biopsies of the rectum and colon to assess the<br />

lenghth of the aganglionic and ipoganglionic portion with enzymo-histochemistry.<br />

The most common complication of HD are related to problems<br />

of misdiagnosis. These are:<br />

– False positive diagnosis in Pseudo-HD.<br />

– False negative diagnosis in true HD with risk of occlusion,<br />

enterocolitus and death.<br />

– Non-radical treatment with persistent aganglionosis.<br />

– Too radical treatment with risk of extensive resection of<br />

a long segment of normoganglionic intestine.<br />

The gold standard techniques for this pathology are:<br />

– AChE: to assess the infiltration of cholinergic fibers in<br />

the lamina propria of the gut, the criterion standard of<br />

HD, in the pre-operative mucosal biopsies; and the<br />

– ANE technique: useful for intraoperative examination to<br />

determine the anastomosis level, where the ganglion cells<br />

begin to appear.<br />

In the pathology laboratories it is often very difficult to prepare<br />

the incubation media within a limited time, by technicians.<br />

The Bio-Optica presents here a new enzymo-histochemical<br />

diagnosis kit for pathologists, produced with a lyophilization<br />

technologie. The kit, ready for use, can be easy purchased at<br />

room temperature and stored at +4°C, for several months. It<br />

contains AChE and ANE lyophilized reagents for preoperative<br />

diagnosis and for intraoperative examinations on criostatic<br />

sections.<br />

The kit has to provide different synergic enzyme-histochemical<br />

techniques. In a near future also Succinic Dehidrogenase<br />

and NADPH-diaphorase will be added to the kit.<br />

References<br />

Scharli AF, Meier-Ruge W. Localized and disseminated forms of neuronal<br />

intestinal dysplasia mimicking Hirschsprung’s disease. J Pediatr<br />

Surg 1981;16:164-70.


PATHOLOGICA 2005;97:251-252<br />

Transizione pre-cancerosi – cancro<br />

SEL1 expression in high grade prostatic intraepithelial<br />

neoplasia and acinar<br />

adenocarcinoma<br />

M. Barberis, E. Roz, I. Biunno *<br />

Dipartimento di Anatomia Patologica e Medicina di Laboratorio,<br />

Multimedica, Milano; * CNR, Div. Biologia Cellulare,<br />

Milano<br />

Background<br />

SEL1L gene is most likely involved in cancer progression<br />

possibly by cell-matrix interactions. Here we report the differential<br />

immunohistochemical expression of SEL1L in benign<br />

prostatic hyperplasia, high grade prostatic intraepithelial<br />

neoplasia (HGPIN) and acinar adenocarcinoma of the<br />

prostate.<br />

Materials and methods<br />

Seventeen whole-mount blocks from retropubic prostatectomies,<br />

containing at least 2 foci of HGPIN adjacent to adenocarcinoma<br />

and the needle biopsies containing at least one<br />

focus of HGPIN were choosen from our archives.<br />

3-5 µ/thick macrosections were immunostained with anti-<br />

SEL1L. The results were valuated with a scoring method<br />

considering the degree of staining intensity and the percentage<br />

of the stained cells.<br />

Results<br />

The foci of HGPIN were always strongly positive and at<br />

least the 80% of the epithelial cells were decorated by<br />

SEL1L. Within the infiltrating areas of acinic adenocarcinoma,<br />

SEL1L was variably, but consistently expressed. The<br />

morphological heterogeneity of prostatic carcinoma was<br />

confirmed by the different expression of the target in microscopic<br />

fields of the same tumor with different Gleason’s<br />

grade. The well differentiated areas (Gleason 2-4) were<br />

generally negative or weakly positive, whereas in poorly<br />

differentiated areas (Gleason > 7) SEL1L was expressed<br />

with moderate or (focally) strong intensity.<br />

Conclusions<br />

This study suggests that the variability of SEL1L-expression<br />

reflects different phases of tumor progression. Our results<br />

could indicate thate depending on the cancer model<br />

system, SEL1l encoded protein may either enhance or inhibit<br />

cancer progression and this depends on the presence of<br />

the protein in the tissue normal cells.<br />

Moreover SEL1L expression could be a useful tool for the<br />

pathologist in the the differential diagnosis of HGPIN with<br />

its mimics: lobular atrophy, post-atrophic hyperplasia, post<br />

radiation metaplastic changes and adenocarcinoma.<br />

Evaluation of oncogenic hpv dna<br />

quantification by real-time pcr assays in<br />

cervical samples<br />

F. Broccolo * , R. Garcia Parra * ** , S. Chiari ** , A. Brenna *** ,<br />

P. Perego *** , M. Viltadi * , G. Cassina * , A. Maneo ** , C.<br />

Mangioni ** , C.E. Cocuzza *<br />

*<br />

Department of Clinical Medicine, Prevention and Biotechnology,<br />

University of Milano-Bicocca; ** Departments of Obstetrics<br />

and Gynecology and *** Pathology, “San Gerardo”<br />

Hospital, Monza, Italy<br />

Introduction<br />

High-risk (oncogenic) HPV types (16, 18, 31, 33, 45 and<br />

58) are known to be a major risk factor in the development<br />

of cervical cancer. Currently, HPV infections are monitored<br />

primarily by HPV DNA detection assays but these qualitative<br />

DNA determinations do not distinguish between persistent<br />

infection, considered to be the pre-cursor of neoplastic<br />

progression, and transient infection. Recently, HPV viral<br />

load has been proposed as marker of viral replication suggestive<br />

of persistant infection. This quantitative method remains<br />

controversial as most studies have not standardised<br />

the number of cells per sample; furthermore many investigators<br />

have focused only on HPV 16, responsible for not<br />

more 50% of all oncogenic HPV infections. The aim of this<br />

study was evaluate the clinical significance of the HPV viral<br />

load and to compare it with cytological and histological<br />

findings.<br />

Methods<br />

The study was performed on total of 363 cervical cytology<br />

samples recruited from patients attending Monzàs “San Gerardo”<br />

Hospital. Of these, 95 were obtained from patients with<br />

recent abnormal cytology (ASCUS, L-SIL, H-SIL and carcinoma),<br />

90 with normalized cytology after surgical treatment<br />

(conisation) and 90 with previous diagnosis of ASCUS or L-<br />

SIL but with normal cytological findings at the time of the<br />

sampling. A cohort of 88 women with negative Pap test were<br />

also included. All patients included in study had cytological<br />

findings confirmed by colposcopic/bioptic examination. The<br />

viral load of oncogenic HPV-16, 18, 31, 33, 45, 58 types was<br />

evaluate by normalized quantitative real-time PCR assays adjusting<br />

the signal obtained for HPV DNA with the amount of<br />

cellular DNA calculated from amplification of a single copy<br />

human gene (CCR5).<br />

Results<br />

The prevalence for the six carcinogenic HPV types (16, 18,<br />

31, 33, 45 and 58) ranged from 22% (normal cytology) to<br />

89% (recent diagnosis of H-SIL) as showed in Table I. The<br />

frequency for HPV genotypes 16, 31, 33, 18, 45 and 58 was<br />

44%, 27%, 23%, 7%, 3% and 0%, respectively. The viral<br />

load increased with increasing severity of associated lesions<br />

(Tab. I). By contrast, although the median of the viral load<br />

was significantly lower in patients with normal cytology following<br />

surgical treatment (cone biopsy) (Tab. I), a relevant<br />

percentage (16%) showed still a high quantity of HPV DNA<br />

(≥ 10 5 copy/10 5 cells) in cervical samples. The quantity of<br />

HPV DNA was also found to be very high (≥ 10 5 copy/10 5<br />

cells) in 8% of patients with previous diagnosis of ASCUS/L-<br />

SIL, but normal cytology at the time of sampling.


252<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

Tab. I. Prevalence and viral loads of oncogenic HPV as determined by Real-Time PCR assays in cervical samples.<br />

Diagnosis (No. patients) Patients No. positive Viral load by TaqMan assay<br />

for one or more<br />

(No. of HPV Genome<br />

genotype (%)<br />

Equivalent/10 5 cells)<br />

Median<br />

New cases:<br />

ASCUS/L-SIL (50) 30 (60) 7,000<br />

H-SIL (45) 40 (89) 21,000<br />

Normal:<br />

Previously ASCUS/L-SIL (90) 37 (41) 370<br />

After conisation (90) 38 (42) 290<br />

Normal (88) 19 (22) 30<br />

Conclusions<br />

In this study HPV genotype 31 was found to be the second<br />

most frequent genotype in Italy. 16% of women, who had undergone<br />

surgical treatment for a previous history of cervical<br />

precancerous lesions, still showed high HPV viral loads;<br />

these patients could be at higher risk of developing recurrent<br />

cervical neoplasia. A small group of patients with normal cytology<br />

but with a previous history ASCUS/L-SIL were also<br />

found to have high HPV viral loads; this finding may be indicative<br />

of a persisting infection leading to disease progression.<br />

These findings suggest that increased HPV DNA viral load<br />

could represent a possible early marker for the presence of<br />

cervical precancerous lesions.<br />

Lichen planus orale come modello<br />

interpretativo del ruolo del sistema dei<br />

recettori per EGF nelle condizioni<br />

precancerose e nei rispettivi carcinomi<br />

D. Vitolo, L. Ciocci, S. Cortese, G. Deriu, R. Pippi, G. De<br />

Muro, S. Cortese, C.D. Baroni<br />

Dipartimento di Medicina Sperimentale e Patologia, I Facoltà<br />

di Medicina e Chirurgia, Università di Roma “La Sapienza”,<br />

Roma<br />

Introduzione<br />

Il ruolo svolto dai recettori dell’EGF è stato indagato in molti<br />

tumori, ma non è stato ancora del tutto compreso. Alcuni di<br />

questi recettori, come EGFR nei carcinomi della testa-collo e<br />

ErbB-2 nel carcinoma della mammella, vengono considerati<br />

indice prognostico o bersaglio per immunoterapia. Nel presente<br />

studio abbiamo valutato l’espressione dei recettori dell’EGF<br />

nel lichen planus orale che come noto, rappresenta una<br />

condizione precancerosa che può evolvere in carcinoma invasivo<br />

senza fasi di displasia.<br />

Metodi<br />

Abbiamo valutato l’espressione e la codistribuzione di EG-<br />

FR, ErbB-2, ErbB-3 e ErbB-4, in 11 casi di lesioni flogistiche<br />

aspecifiche del cavo orale, in 15 casi di neoplasia intraepiteliale<br />

a basso grado, in 11 casi di carcinoma invasivo e in<br />

29 casi di lichen planus orale, mediante metodica immunoistochimica.<br />

Risultati<br />

Nelle lesioni flogistiche aspecifiche e nelle neoplasie intraepiteliali<br />

a basso grado, abbiamo osservato codistribuzione di<br />

due o più recettori in tutti i casi. In particolare, nelle neoplasie<br />

intraepiteliali a basso grado, EGFR, ErbB-2 e ErbB-3 sono<br />

stati osservati codistribuiti rispettivamente nel 93%, 46%<br />

e 93% dei casi. Nel carcinoma invasivo, la codistribuzione di<br />

due o più recettori è stata osservata in tutti i casi; EGFR,<br />

ErbB-2 e ErbB-3 sono stati osservati codistribuiti nel 73%,<br />

91% e 63% dei casi rispettivamente. Nel lichen planus, abbiamo<br />

osservato codistribuzione di 2 o più recettori in 27 casi;<br />

EGFR, ErbB-2 e ErbB-3 sono stati osservati codistribuiti<br />

nel 70%, 81% e 74% dei casi.<br />

Conclusioni<br />

La frequenza assoluta di codistribuzione dei recettori dell’EGF,<br />

ed in particolare di ErbB-2, nel lichen planus e nel<br />

carcinoma invasivo è simile, ed è superiore a quella osservata<br />

nella neoplasia intraepiteliale di basso grado. Al contrario,<br />

EGFR e ErbB-3 sono più frequentemente codistribuiti nei casi<br />

di neoplasia intraepiteliale di basso grado che nel lichen<br />

planus e nel carcinoma invasivo. L’insieme di queste osservazioni<br />

suggerisce che il lichen planus orale sia una condizione<br />

patologica in cui la bassa espressione di EGFR e ErbB-<br />

3 da un lato, e l’aumentata espressione di ErbB-2 dall’altro,<br />

possano contribuire al difetto di maturazione dell’epitelio e<br />

all’aumentata incidenza di trasformazione neoplastica. Infine<br />

il pattern recettoriale di espressione osservato può rappresentare<br />

un modello per comprendere i meccanismi EGF-correlati<br />

alla base dello sviluppo di un carcinoma in una condizione<br />

precancerosa.


PATHOLOGICA 2005;97:253-256<br />

Markers tumorali<br />

Metilazione de novo di p16, hMLH1 e MGMT<br />

nei carcinomi sincroni endometriali e ovarici<br />

C. Riva, D. Furlan, R. Cerutti, I. Carnevali, E. Dainese, C.<br />

Facco, C. Capella<br />

Dipartimento di Morfologia Umana, Sezione di Anatomia<br />

Patologica, Università dell’Insubria, Varese<br />

Introduzione<br />

La patogenesi e il profilo molecolare dei carcinomi sincroni<br />

endometriali e ovarici sono poco conosciuti, sebbene l’insorgenza<br />

indipendente dei tumori nelle due sedi sia un evento<br />

descritto da tempo e relativamente frequente.<br />

L’obiettivo della ricerca era la valutazione della frequenza<br />

della mutilazione de novo dei geni hMLH1, p16 e MGMT in<br />

una casistica di neoplasie sincrone endometriali e ovariche.<br />

Metodi<br />

La casistica comprendeva 14 pazienti con diagnosi di neoplasia<br />

sincrona endometriale e ovarica (in 5 casi bilaterale)<br />

definita su base morfologica e clinicopatologica. Sono state<br />

complessivamente studiate 33 neoplasie comprendenti 14<br />

carcinomi endometriali (13 carcinomi endometrioidi e un<br />

carcinoma a cellule chiare) e 19 carcinomi ovarici di istotipo<br />

endometrioide (14) sieroso (2), mucinoso (2) e a cellule chiare<br />

(1) già precedentemente valutati per instabilità dei microsatelliti<br />

(IM).<br />

La determinazione della metilazione del DNA nelle isole<br />

CpG dei geni hMLH1, p16 e MGMT è stata indagata mediante<br />

PCR metilazione-specifica del DNA tumorale sottoposto<br />

a modificazione mediante bisolfito di sodio.<br />

Risultati<br />

In tutti i 14/33 (42%) tumori con IM e assente espressione<br />

immunoistochimica di hMLH1 si è osservata ipermetilazione<br />

di hMLH1. Un’anomala distribuzione della metilazione di<br />

p16 era presente in 12/27 casi (44%) e nella metà di essi era<br />

concomitante a IM. In 15/26 casi (57%) si è osservata ipermetilazione<br />

di MGMT e in 5 di essi era presente IM.<br />

Conclusioni<br />

La frequenza elevata di ipermetilazione nei promotori dei geni<br />

hMLH1, p16 e MGMT suggerisce che neoplasie sincrone<br />

endometriali e ovariche possano essere contraddistinte da un<br />

fenotipo metilatore a livello delle isole CpG (CIMP).<br />

La similarità dei profili molecolari suggerisce l’azione di un<br />

comune meccanismo patogenetico nelle due sedi come effetto<br />

di cancerizzazione di campo a livello di epiteli di derivazione<br />

mulleriana.<br />

Ridotta espressione di HIN-1 (High in Normal-<br />

1) nei tumori polmonari non microcitomi: un<br />

evento frequente con potenziale significato<br />

prognostico<br />

F. Barassi * ** , C. Martella * ** , L. Felicioni * ** , A. Chella *** ,<br />

S. Salvatore * ** , A. Castrataro * , F. Mucilli **** , R. Sacco **** ,<br />

A. Marchetti * ** , F. Buttitta * **<br />

*<br />

Dipartimento di Oncologia e Neuroscienze, Università di<br />

Chieti; ** Aging Research Center (CeSI), “G. d’Annunzio”<br />

University Foundation, Chieti; *** Dipartimento di Chirurgia,<br />

Università di Pisa; **** Dipartimento di Chirurgia, Università<br />

di Chieti<br />

Introduzione<br />

HIN-1 (High in Normal-1) è un ipotetico gene oncosoppressore<br />

recentemente scoperto mediante analisi di espressione<br />

ad alta processività. Con questo studio ci siamo prefissi di<br />

analizzare il livelli di espressione dell’RNA messaggero<br />

(RNAm) di questo gene in una serie di carcinomi polmonari<br />

non microcitomi (CPNM) e di valutarne il significato prognostico.<br />

Metodi<br />

L’espressione del gene HIN-1 è stata quantificata in una serie<br />

consecutiva di 91 pazienti con CPNM in stadio I mediante<br />

real-time RT-PCR effettuata sui campioni tumorali e rispettivi<br />

tessuti polmonari normali. Il rapporto tra i due livelli<br />

di espressione è stato comparato con i dati clinicopatologici<br />

mediante analisi statistica mono e multivariata.<br />

Risultati<br />

Settantuno tumori (78% dei casi) presentavano una riduzione<br />

dell’RNAm di HIN-1 rispetto al tessuto polmonare normale<br />

di riferimento. Il livello di riduzione variava notevolmente<br />

(fra -2n e -3350n). Utilizzando un cut-off a -46n (valore corrispondente<br />

alla mediana della distribuzione) 46 casi venivano<br />

definiti come affetti da marcata riduzione di espressione<br />

di HIN-1 e 45 come normali o con lieve riduzione di espressione.<br />

Si osservava una associazione statisticamente significativa<br />

tra bassi livelli di RNAm di HIN-1 e stadio T (P =<br />

0,036). L’analisi univariata della sopravvivenza mediante il<br />

metodo di Kaplan-Meier rivelava una associazione dell’espressione<br />

di HIN-1 sia con la sopravvivenza globale (P =<br />

0,0095) che con l’intervallo libero da malattia (P = 0,0122).<br />

Una analisi multivariata confermava che un basso livello di<br />

RNAm per HIN-1 rappresenta un fattore indipendente di prognosi<br />

sfavorevole.<br />

Conclusioni<br />

I risultati presentati indicano che l’espressione dell’RNAm di<br />

HIN-1, valutata mediante real-time RT-PCR, rappresenta un<br />

potenziale marcatore di prognosi nei pazienti con CPNM in<br />

stadio precoce di malattia. Ulteriori studi saranno necessari<br />

per validare questo dato.


254<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

Perdita di espressione delle proteine MLH1,<br />

MSH2, MSH6 ed instabilità dei microsatelliti<br />

nel carcinoma dell’endometrio<br />

R. Gafà, E. Grandi, I. Maestri, L. Guerzoni, A. Gaban, L.<br />

Cavazzini, G. Lanza<br />

Dipartimento di Medicina Sperimentale e Diagnostica, Sezione<br />

di Anatomia Istologia e Citologia Patologica, Università<br />

di Ferrara<br />

Introduzione<br />

Instabilità dei microsatelliti (MSI) è stata osservata nel 20%<br />

dei carcinomi endometriali (CE). Il ruolo della analisi immunoistochimica<br />

della espressione dei geni del DNA mismatch<br />

repair (MLH1, MSH2, MSH6) nella identificazione dei tumori<br />

endometriali con MSI necessita di essere definito. Nel<br />

presente studio sono state valutate l’espressione delle proteine<br />

del DNA mismatch repair e la MSI in una serie consecutiva<br />

di CE diagnosticati presso la nostra istituzione negli anni<br />

2002-2003.<br />

Metodi<br />

Lo studio comprende 87 pazienti con CE di età compresa tra<br />

39 e 83 anni. L’analisi genetica della MSI è stata effettuata su<br />

campioni fissati in formalina ed inclusi in paraffina con metodica<br />

di PCR fluorescente, utilizzando i markers mononucleotidici<br />

BAT26, BAT25 e BAT40. I tumori con instabilità in<br />

almeno uno dei loci esaminati sono stati classificati come<br />

MSI-H e quelli non instabili come MSS. L’analisi immunoistochimica<br />

dell’espressione delle proteine MLH1, MSH2 ed<br />

MSH6 è stata effettuata utilizzando anticorpi monoclonali<br />

anti-MLH1 (clone G168-728), anti-MSH2 (clone Fe11 e clone<br />

G219-1129) ed anti-MSH6 (clone 44).<br />

Risultati<br />

Degli 87 CE esaminati, 62 (71,3%) hanno evidenziato positività<br />

nucleare per MLH1, MSH2 ed MSH6, mentre 25<br />

(28,7%) hanno presentato perdita di espressione di MLH1,<br />

MSH2 o MSH6. In particolare, in 21 tumori (24,1%) è stata<br />

osservata perdita di espressione di MLH1, in 3 perdita di<br />

espressione di MSH2 e di MSH6 e in un caso perdita di<br />

espressione della sola proteina MSH6. Degli 82 casi sottoposti<br />

ad analisi della MSI, 63 (72,4%) sono stati classificati come<br />

MSS e 19 come MSI-H. È stata evidenziata una ottima<br />

correlazione tra i risultati ottenuti con le due metodiche. Infatti<br />

tutti i 19 tumori classificati come MSI-H all’analisi genetica<br />

hanno presentato perdita di espressione all’indagine<br />

immunoistochimica, mentre delle 63 neoplasie classificate<br />

come MSS, 60 (95,2%) hanno mostrato normale reattività<br />

per le tre proteine (P < 0,001).<br />

Nessuna correlazione è emersa tra espressione di MLH1,<br />

MSH2 e MSH6 ed età della paziente, istotipo e grado di differenziazione<br />

della neoplasia.<br />

Conclusioni<br />

I risultati ottenuti indicano che la MSI è una alterazione genetica<br />

frequente nel CE, nella maggior parte dei casi determinata<br />

da inattivazione di MLH1. L’analisi immunoistochimica<br />

della espressione di MLH1, MSH2 ed MSH6 rappresenta<br />

una metodica semplice e attendibile per la individuazione<br />

dei carcinomi endometriali con deficit del DNA mismatch<br />

repair.<br />

Carcinomi con traslocazioni coinvolgenti i<br />

geni della famiglia MiTF/TFE<br />

S. Gobbo 1 , R. Tardanico 2 , G. Martignoni 3 , M. Pea 1 , L.<br />

Pecciarini 5 , M. Brunelli 1 6 , P. Balzarini 2 , E. Macri 4 , P. Cossu<br />

Rocca 3 , M. Chilosi 1 , F. Menestrina 1 , C. Doglioni 5<br />

1<br />

Anatomia Patologica, Università di Verona; 2 Università di<br />

Brescia; 3 Università di Sassari; 4 Ospedale “San Martino”,<br />

Belluno; 5 Ospedale “San Raffaele”, Milano; 6 Ospedale di<br />

Arzignano, Vicenza<br />

Introduzione<br />

Recentemente è stato descritto un gruppo di neoplasie renali<br />

con traslocazioni (tRC) della regione Xp11 e t(6;11) con relativa<br />

immunoespressione di rispettivamente TFE3 e TFEB,<br />

fattori di trascrizione della famiglia MiTF/TFE. Entrambe le<br />

neoplasie insorgono in giovani adulti e sono morfologicamente<br />

simili ai carcinomi renali a cellule chiare; le prime<br />

possono dare metastasi.<br />

Metodi<br />

Descriviamo 4 casi di tRC con indagini di immunoistochimica<br />

(ICH) con TFE3, TFEB, in un pannello inglobante CK8-<br />

18, HMB45, Mart1, vimentina, CD10 e parvalbumina (PV).<br />

Abbiamo incluso come controllo 15 angiomiolipomi.<br />

Risultati<br />

Le due tRC positive per TFE3 erano femmine di 9 e 24 anni<br />

e le 2 tRC positive per TFEB erano femmine di 52 e 42 anni.<br />

Le neoplasie con traslocazione TFE3 presentavano aspetti architetturali<br />

e citologici indistinguibili da un carcinoma a cellule<br />

chiare; le neoplasie mostravano focale positività alla<br />

CK8-18 in 1/2 casi ed i rimanenti marcatori non erano immunoespressi.<br />

Le neoplasie con traslocazione TFEB erano<br />

caratterizzate da una doppia popolazione di cellule epiteliomorfe,<br />

una medio-grande e a citoplasma chiaro e l’altra a piccole<br />

cellule raggruppate intorno a materiale ialino. Tali neoplasie<br />

erano positive al marcatore HMB45 e Mart1, focalmente<br />

per CK8-18 e vimentina; PV e CD10 positive in 1/2<br />

casi. Un paziente ha sviluppato metastasi para-tracheali e<br />

pleuriche 3 anni dopo nefrectomia. Gli angiomiolipomi non<br />

esprimevano TFE3 e TFEB.<br />

Conclusioni<br />

1) i tRC sono estremamente rari e non esclusivi dell’età pediatrica;<br />

2) morfologicamente sono eterogenei ma sono simili<br />

ai carcinomi a cellule chiare; 3) l’indagine immunoistochimica<br />

deve considerare marcatori quali il TFE3 e TFEB nell’individuare<br />

tali neoplasie renali con traslocazione Xp11 e<br />

t(6;11) rispettivamente; 4) le neoplasie TFEB positive possono<br />

esprimere focalmente CK8-18; 5) le neoplasie con traslocazione<br />

t(6;11) precedentemente considerate a decorso benigno<br />

possono dare metastasi.<br />

Espressione della Timidina Fosforilasi nel<br />

tessuto pancreatico maligno e non maligno.<br />

Possibile ruolo terapeutico della Capecitabina<br />

E. Mattioli, R. Patruno * , A. F. Zito * , E. Ruggieri * , F. Vacca<br />

* , R. Ricco, G. Ranieri *<br />

Dipartimento di Anatomia Patologica, Bari, Italia; *<br />

I.R.C.C.S. Oncologico, Bari, Italia<br />

Introduzione<br />

La Timidina Fosforilasi (TF) è un enzima multifunzione:<br />

espresso da epiteli, endoteli e macrofagi, è coinvolto nel me-


MARKERS TUMORALI<br />

255<br />

tabolismo nucleotidico, ha attività proangiogenica ed attiva<br />

farmaci fluoropirimidinici, quali la Capecitabina (CAP), trasformandoli<br />

in 5-FU; incremento della sua espressione è stato<br />

descritto in lesioni preneoplastiche (come la CIN) e in numerosi<br />

tumori solidi (tra cui carcinomi di mammella, colon,<br />

polmone) ed associato ad aumento della densità microvascolare<br />

(MVD).<br />

In questo studio abbiamo confrontato la sua espressione da<br />

parte di cellule epiteliali ed endoteliali nel tessuto neoplastico<br />

e in quello adiacente non neoplastico di 38 casi di carcinoma<br />

pancreatico. La componente endoteliale è stata valutata<br />

in termini di microvasi TF-positivi: laddove, infatti, i<br />

markers endoteliali classici (CD31, CD34, Fattore VIII) non<br />

sono in grado di distinguere tra endoteli quiescenti e non, noi<br />

ipotizziamo che TF, per le sue proprietà chemotattiche e mitogeniche<br />

su di essi, possa marcare gli endoteli attivati, esprimendo<br />

quindi l’attività neoangiogenica del tumore.<br />

Metodi<br />

Sezioni di 6 µm di materiale paraffinato sono state deparaffinate<br />

con xilene e alcoli, sottoposte ad antigen retrieval in forno<br />

a microonde e, previa inibizione della perossidasi endogena<br />

con H 2<br />

O 2<br />

al 3%, colorate con anticorpo monoclonale<br />

anti-TF (P-GF.44C NeoMarkers). Lo staining è risultato diffusamente<br />

nucleare e focalmente anche citoplasmatico. La<br />

valutazione è stata effettuata sia con conta microscopica tradizionale<br />

(da due distinti osservatori) sia con un sistema di<br />

analisi d’immagine (Leica Quantimet 500); i microvasi sono<br />

stati identificati secondo il metodo Weidner modificato,<br />

escludendo le aree di necrosi.<br />

L’associazione tra espressione di TF e istologia (neoplasia vs.<br />

tessuto normale) è stata valutata con il test t-Student.<br />

Risultati<br />

L’espressione di TF è risultata in media significativamente<br />

più alta nel tessuto neoplastico che in quello limitrofo per entrambe<br />

le componenti considerate (Tab. I).<br />

Conclusioni<br />

Questi dati suggeriscono un coinvolgimento dell’espressione<br />

di TF nella tumorigenesi pancreatica e nel contempo interessanti<br />

presupposti per l’utilizzo della CAP in questo tumore:<br />

infatti, la più alta espressione di TF nella neoplasia potrebbe<br />

permettere una maggiore selettività di effetti rispetto all’uso<br />

del 5-FU; l’attivazione diretta del farmaco nelle cellule endoteliali<br />

potrebbe poi contrastare la neoangiogenesi della<br />

neoplasia, riducendone così la vitalità.<br />

Fosforilata nella diagnosi differenziale tra<br />

adenoma e carcinoma della tiroide<br />

R. Zamparese, F. Corsi, G. Pannone, A. Gatta, M.C. Pedicillo,<br />

P. Bufo<br />

Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Cattedra di Anatomia<br />

Patologica, Università di Foggia<br />

Introduzione<br />

Nel processo di apoptosi cellulare sono implicate numerose<br />

molecole fra cui l’ampio gruppo delle IAP (Proteine Inibitrici<br />

dell’Apoptosi) ed in particolare la forma attiva della survivina,<br />

la survivina fosforilata (P-Survivina). Quest’ultima una<br />

volta fosforilata in corrispondenza della THR34 ad opera della<br />

p34cdc2 impedisce l’apoptosi, consentendo alla cellula di<br />

proseguire nel ciclo cellulare.<br />

Le indagini fino ad ora condotte in vari tessuti sulla survivina<br />

sono basate sull’utilizzo di metodi di biologia molecolare<br />

e di immunoistochimica ed hanno dimostrato una spiccata<br />

espressione della survivina in numerosi tessuti fetali, ma non<br />

nei tessuti normali dell’adulto, e in numerosi tumori maligni<br />

dell’uomo.<br />

Il nostro studio ha lo scopo di valutare l’espressione immunoistochimica<br />

della survivina fosforilata negli adenomi e nei<br />

carcinomi della tiroide al fine di dimostrare una differente<br />

espressione delle reazioni immunoistochimiche per questa<br />

molecola nelle neoplasie benigne e maligne della tiroide.<br />

Materiali e metodi<br />

La nostra ricerca è stata condotta su 23 casi di carcinoma della<br />

tiroide e 10 casi di adenoma della tiroide. I 23 casi di carcinoma<br />

della tiroide sono costituiti da 14 casi di carcinoma<br />

ben differenziato della tiroide varietà papillare classica e 9<br />

casi della varietà follicolare del papillare; trattasi di pazienti<br />

di età compresa tra 31 e 75 anni, 18 donne e 5 uomini.<br />

Dei 10 casi di adenoma, 9 sono pazienti di sesso femminile<br />

ed 1 di sesso maschile, di età compresa tra i 28 ed i 56 anni.<br />

Le sezioni istologiche di ogni campione sono state saggiate<br />

con anticorpi policlonali per la survivina umana ricombinante<br />

(ab469, Abcam, Cambridge) e per la survivina fosforilata<br />

di origine umana (sc-16320-R, Santa Cruz Biotechnology,<br />

INC.) e l’espressione immunoistochimica è stata valutata<br />

com metodo semiquantitativo.<br />

Risultati<br />

L’espressione immunoistochimica della survivina fosforilata<br />

è elevata nelle cellule neoplastiche dei carcinomi, mentre è<br />

negativa nei nuclei delle cellule degli adenomi della tiroide.<br />

L’espressione immunoistochimica della survivina, invece, è<br />

Tab. I.<br />

Espressione di TF negli epiteli Espressione di TF negli endoteli<br />

(% di cellule positive a 400x, (% di microvasi positivi a 400x,<br />

area di campo 0,19 mm 2 ) area di campo 0,19 mm 2 )<br />

Tessuto pancreatico 31 ± 12 * 37 ± 14 *<br />

neoplastico<br />

Tessuto pancreatico 9 ± 5 * 14 ± 9 *<br />

non neoplastico<br />

Valore p 0.005 0.01<br />

(t-test)<br />

*<br />

media ± deviazione standard


256<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

positiva sia negli adenomi sia nei carcinomi della tiroide. Il<br />

parenchima sano circostante è solo debolmente e localmente<br />

positivo sia per la survivina fosforilata che per la survivina.<br />

Conclusioni<br />

I risultati incoraggiano l’utilizzo della survivina fosforilata<br />

per la diagnosi differenziale tra adenoma e carcinoma della<br />

tiroide nei casi di dubbia interpretazione.<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Ito Y, et al. Oncol Rep 2003;10:1337-40.<br />

Valutazione dell’espressione delle<br />

oncoproteine del papillomavirus nella<br />

gestione e nel triage delle donne in follow-up<br />

per lesioni di basso grado<br />

R. Zappacosta, G. Di Bonaventura * , B. Zappacosta, A.<br />

Casoria, L. Brancone, M. Piccolomini, G. Di Girolamo,<br />

G. D’Egidio ** , S. Rosini<br />

Sezione Citodiagnostica, Dipartimento Oncologia e Neuroscienze;<br />

* Dipartimento di Scienze Biomediche, Università<br />

“G. d’Annunzio”, Chieti-Pescara; ** U.O. Ginecologia e<br />

Ostetricia, P.O. Guardiagrele (CH)<br />

Introduzione<br />

L’infezione persistentemente 1 attiva, indotta dai Papillomavirus<br />

ad alto rischio oncogeno (HR-HPV), rappresenta un significativo<br />

fattore di rischio per lo sviluppo del cervicocarcinoma.<br />

È ormai chiara la correlazione tra infezione da HPV,<br />

mutazioni delle proteine p53 e pRB e rischio di sviluppo del<br />

cancro cervicale 2 .<br />

Obiettivo dello studio è stato quello di valutare l’utilità clinica<br />

della stima degli oncotrascritti virali E6/E7 su campioni<br />

cervico-vaginali in fase liquida, al fine di individuare, tra le<br />

pazienti con diagnosi citologica di lesione di basso grado,<br />

quelle ad alto rischio di sviluppare una lesione di alto grado<br />

o un cervicocarcinoma infiltrante.<br />

Metodi<br />

Sono state selezionate 48 donne di età compresa tra i 24 e gli<br />

82 anni, in follow-up o in trattamento per lesioni cervicali. Su<br />

ciascuna è stato eseguito un esame colposcopico ed un prelievo<br />

citologico in fase liquida (Thin Prep). Parallelamente<br />

all’indagine morfologica, lo stesso campione residuo, in triplo<br />

cieco, è stato studiato con HPV-DNA test (Hybrid Capture<br />

II, Digene) e con HPV-mRNA test, per valutare l’espressione<br />

delle oncoproteine virali E6/E7 (tecnologia NASBA in<br />

Real-Time, Pretect HPV-Proofer, Norchip).<br />

Risultati<br />

Le correlazioni tra diagnosi citologica e biologia molecolare<br />

sono rappresentate in Tabella I. L’espressione di E6/E7 è presente<br />

in soli 9/48 casi (18,7%) e soltanto in 7/30 casi (23,3%)<br />

positivi per DNA-HR+. Un campione (L-SIL) risulta mR-<br />

NA+ ma DNA-; un caso (ASCUS) è mRNA+ ma DNA-LR+.<br />

Tra le 27 pazienti colposcopicamente negative, 15 (55,5%)<br />

presentano DNA-HR+; 3 (20%) di queste sono anche positive<br />

per mRNA virale. Tra le 20 donne colposcopicamente positive,<br />

11 (55%) mostrano DNA-HR+; di queste, 6 (54,5%)<br />

evidenziano il trascritto E6/E7.<br />

Conclusioni<br />

I nostri risultati preliminari mostrano come l’espressione delle<br />

oncoproteine virali E6/E7 sia riscontrabile solo in una piccola<br />

percentuale di casi positivi per HPV-DNA HR+. Poiché<br />

è la persistenza dell’espressione oncogenica di HPV il vero<br />

precursore della progressione neoplastica, solo la positività<br />

per E6/E7-mRNA potrà identificare le infezioni che molto<br />

verosimilmente evolveranno in neoplasia. In conclusione,<br />

pensiamo che l’associazione HPV-DNA test/NASBA-mRNA<br />

test possa candidarsi valido mezzo per migliorare la sensibilità<br />

diagnostica del Thin Prep Pap test e per individuare, tra<br />

le pazienti con lesioni di basso grado, quelle effettivamente<br />

da trattare perché ad alto rischio di sviluppare una neoplasia<br />

cervicale infiltrante.<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Cuschieri KS. J Med Virol 2004;73:65-70.<br />

2<br />

von Knebel Doeberitz M. Eur J Cancer 38:2229-42.<br />

Tab. I.<br />

Diagnosi DNA negativo DNA-LR+ DNA-HR+ Presenza Tipo HPV<br />

citologica<br />

mRNA E6/E/7<br />

(n. di casi)<br />

Negativo/BCC 9 (64,3%) 0 5 (35,7%) 1 (7,1%) 18<br />

(14)<br />

ASC- 4 (44,4%) 1 (11,1%) 4 (44,4%) 2 (22,2%) 16, 16<br />

(9)<br />

L-SIL 3 (13,6%) 1 (4,5%) 18 (81,8%) 4 (18,2%) 16, 16, 16, 31<br />

(22)<br />

H-SIL 0 0 3 (100%) 2 (66,6%) 16, 16<br />

(3)


PATHOLOGICA 2005;97:257-264<br />

Citopatologia<br />

Citologia diagnostica in fase liquida di lesioni<br />

del cavo orale: analisi del DNA con citometria<br />

a flusso<br />

A. Demurtas * , I. Rostan, P. Burlo ** , A. Marsico, M. Pentenero<br />

*** , S. Gandolfo *** , R. Navone<br />

Dipartimento di Scienze Biomediche ed Oncologia Umana<br />

dell’Università di Torino, Sezione di Anatomia Patologica,<br />

Torino; * UOADU Anatomia Patologica 2 dell’A.O. “S. Giovanni<br />

Battista” di Torino, Torino; ** UOADU Anatomia Patologica<br />

1 dell’A.O. “S. Giovanni Battista” di Torino, Torino; ***<br />

Struttura Universitaria convenzionata di Patologia ed Oncologia<br />

Orale dell’A.O. “S. Giovanni Battista” di Torino, Torino<br />

Introduzione<br />

La citopatologia esfoliativa per la diagnosi di displasie e neoplasie<br />

del cavo orale, benché nota da molti anni perché semplice,<br />

non invasiva, indolore e poco costosa, non ha trovato sinora<br />

un’applicazione così estesa come altri tipi di citologia<br />

diagnostica. L’impiego di nuove tecnologie (citologia computer-assistita,<br />

AgNORs, immunocitochimica, citologia in fase<br />

liquida) 1 ha consentito di migliorare sensibilità e specificità;<br />

un certo numero di casi resta tuttavia non diagnosticabile usando<br />

la sola citologia. Poiché è stato dimostrato, con lo studio del<br />

DNA di lesioni orali 2 , che la ploidia è un buon indicatore di<br />

malignità, abbiamo valutato il DNA di cellule prelevate da lesioni<br />

orali sospette per neoplasia (in particolare leuco-eritroplachie<br />

e lichen) ed esaminate con la citologia in strato sottile.<br />

Tutti i casi sono stati biopsiati ed esaminati istologicamente.<br />

Metodi<br />

In 50 soggetti sono stati effettuati prelievi citologici orali da<br />

cui sono stati ottenuti preparati in strato sottile dopo diluizione<br />

nel liquido del Thin Prep (Cytic). Nel materiale residuo<br />

è stata valutata la ploidia utilizzando per la colorazione del<br />

DNA il CycleTEST PLUS DNA Reagent Kit e per l’analisi<br />

un citofluorimetro FACSalibur (Becton Dickinson) con laser<br />

Ioni Argon. Sono stati acquisiti almeno 20.000 eventi per<br />

ogni campione. Il DNA index (D.I.) è stato calcolato usando<br />

il programma statistico Multicycle. Per euploide si intende<br />

un D.I. uguale a 1, per aneuploide un D.I. diverso da 1.<br />

Risultati<br />

Su 18 casi di carcinoma squamoso o displasia di alto grado,<br />

in 11 l’analisi citometrica ha dimostrato la presenza di una<br />

popolazione aneuploide frammista alla popolazione euploide<br />

più numerosa (near-diploidia). I carcinomi verrucosi (2) erano<br />

euploidi o poliploidi. Lesioni non neoplastiche (13 casi)<br />

erano formate da cellule euploidi in 8 casi; 5 casi presentavano<br />

una near-diploidia.<br />

Conclusioni<br />

L’esame del DNA, effettuato sullo stesso campione usato per<br />

l’esame citologico, può fornire indicazioni utili alla diagnosi<br />

di tumori e displasie orali. Inoltre, se verranno confermati i<br />

dati di Sudbo et al. 3 , l’eventuale presenza di aneuploidia in<br />

lesioni con displasia di basso grado o addirittura senza displasia<br />

morfologica potrebbe avere importanza prognostica.<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Navone R. 3° Congresso Nazionale SIAPEC-IAP, Firenze 26-30 settembre<br />

2004.<br />

2<br />

Remmerbach TW, et al. Anal Cell Pathol 2003;25:159-66.<br />

3<br />

Sudbo J, et al. Oral Oncol 2001;37:558-65.<br />

Determinazione immunocitochimica di p16 INK4a<br />

per la caratterizzazione delle lesioni cervicali<br />

positive per papillomavirus ad alto rischio<br />

oncogeno<br />

S. Rosini, R. Zappacosta, M. Vizzino, P. Ascione, T. Orsini,<br />

A. Esposito, P. Visci ** , M. Liberati *<br />

Sezione di Citodiagnostica, Dipartimento di Oncologia e<br />

Neuroscienze; * Sezione di Ginecologia e Ostetricia, Dipartimento<br />

di Medicina e Scienze dell’Invecchiamento, Università<br />

“G. d’Annunzio”, Chieti-Pescara; ** Società Italiana di Colposcopia<br />

Introduzione<br />

Il valore aggiuntivo dell’HPV-DNA Test nel migliorare la<br />

sensibilità del Pap test è ormai acclarato: un test HPV negativo<br />

permette di “negativizzare” una diagnosi borderline con<br />

conseguenti evidenti vantaggi economici, per il SSN, e psicologici<br />

per la paziente. Di converso la sua bassa specificità<br />

risiede nella incapacità di discriminare le infezioni da HPV<br />

ad alto rischio oncogeno attive da quelle transienti. Questo<br />

comporta inutili allarmismi, disorientamento del clinico e rischio<br />

di sovratrattamento di una lesione spesso transitoria.<br />

Il presente studio è stato condotto al fine di determinare la<br />

validità dell’immunocitochimica con p16 INK4a (inibitore chinasico<br />

ciclino-dipendente, legato all’espressione dell’oncoproteina<br />

virale E7) su casi di anormalità citologica associata<br />

a positività dell’HPV-DNA Test per i tipi virali ad alto rischio<br />

oncogeno.<br />

Metodi<br />

Lo studio immunocitochimico con p16 INK4a (anticorpo monoclonale<br />

murino Dako; clone E6H4; diluizione 1:100) è stato<br />

condotto su 96 campioni citologici cervicovaginali residui in<br />

fase liquida con diagnosi citologica di: ASC-(46), L-SIL<br />

(44),H-SIL (6); tutti i casi selezionati risultavano altresì positivi<br />

per HR-HPV al test di ibridizzazione con sonda molecolare<br />

(Hybrid Capture II). I campioni sono stati valutati come<br />

significativamente positivi per p16 INK4a se contenenti più<br />

del 25% di cellule squamose superficiali ed intermedie con<br />

espressione nucleare e citoplasmatica.<br />

Risultati<br />

L’espressione di p16 INK4a è stata riscontrata immunocitochimicamente<br />

solo in 29 su 96 (30,2%) casi positivi per HPV-<br />

HR. In particolare: 15/46 ASC- (32,6%), 10/44 L-SIL<br />

(22,7%), 4/6 H-SIL (66,7%).<br />

Conclusioni<br />

La positività per p16 INK4a , evidenziata dai campioni citologici<br />

HR-HPV+, rappresenta l’espressione immunofenotipica<br />

dell’integrazione dell’HPV ad alto rischio oncogeno nel genoma<br />

della cellula ospite e della trascrizione delle proteine<br />

oncogeniche E6/E7. Ciò dimostra che l’HPV test è un esame<br />

indiretto, capace di individuare la presenza di sottotipi virali<br />

ad alto rischio oncogeno ma inadatto nel distinguere la natura<br />

della lesione e le sue potenzialità oncogene.<br />

Pensiamo, quindi, che la determinazione immunocitochimica<br />

di p16 INK4a sulle lesioni HR-HPV+ possa rappresentare un<br />

mezzo standardizzato, automatizzato, altamente efficace ed<br />

efficiente, per la caratterizzazione ed il management delle pazienti.<br />

La negatività per p16 INK4a del campione citologico cervicovaginale<br />

HR-HPV+ è in grado di escludere con ottima


258<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

attendibilità la presenza di lesioni attive ed offre lo strumento<br />

per una più corretta programmazione del follow-up.<br />

Metodica Immunocyt (u-Cyt+) nella diagnosi e<br />

follow-up del carcinoma transizionale della<br />

vescica<br />

A. Bernardi, M. Gussio, P. Lovadina, P. Luparia, E. Berardengo<br />

S.C. Anatomia Patologica 4, Ospedale “San Giovanni Antica<br />

Sede”, ASO San Giovanni Battista di Torino, Torino<br />

Introduzione<br />

A Fradet e Lockart si deve la messa a punto della metodica<br />

Immunocyt (uCyt+) che evidenzia markers specifici del tumore<br />

della vescica presenti in cellule esfoliate dall’epitelio<br />

transizionale in campioni di urina spontanea. Il test specie nei<br />

tumori a basso grado se combinato con la citologia può migliorare<br />

significativamente la sensibilità diagnostica.<br />

Metodi<br />

In uno studio prospettico preliminare 106 campioni di urina<br />

spontanea da pazienti, età media 64 anni, previa filtrazione su<br />

membrane Watman 25 um sono stati processati con u-Cyt+<br />

Kit (DiagnoCure) che utilizza in immunofluorescenza gli anticorpi<br />

19A211 coniugato con texas Red contro un antigene<br />

carcinoembrionale ad alto peso molecolare e M0.344 +<br />

LDQ10 coniugati con fluoresceina contro mucine citoplasmatiche<br />

presenti in molti tumori della vescica. La lettura<br />

con microscopio a fluorescenza, doppio filtro, obiettivo 40x<br />

è stata eseguita parallelamente al test citologico in doppio<br />

cieco.<br />

Risultati<br />

Sono stati identificati tre gruppi di pazienti (pz).<br />

Primo: 15 pz con patologia prostatica benigna o maligna, 14<br />

con test citologico. Concordanza 76,92% (10/13) tra u-Cyt+<br />

e citologia e discordanza in 3 casi u-Cyt+ positivi e citologia<br />

negativa, specificità di u-Cyt+ 53,84%.<br />

Secondo: 44 pz sintomatici per disuria, ematuria, cistiti: 43<br />

con test citologico. Concordanza 60,46% (26/43) tra u-Cyt+<br />

e citologia, discordanza in 6 casi u-Cyt+ negativi e citologia<br />

positiva (3 negativi alla cistoscopia, 1 G3) e in 11 casi u-Cyt+<br />

positivi e citologia negativa (1 G1, 1 confermato negativo alla<br />

biopsia). Sensibilità dei due tests 69,76%, specificità di u-<br />

Cyt+ 55,81%.<br />

Terzo: 47 pz con pregresso tumore della vescica, 44 con test<br />

citologico. Concordanza 68,18% (30/44) tra u-Cyt+ e citologia,<br />

discordanza in 2 casi u-Cyt+ negativi e citologia positiva<br />

(1 confermato negativo) e in 12 casi u-Cyt+ positivi e citologia<br />

negativa (3 positivi al controllo istologico, 1 pz trattato<br />

con BCG, 1 falso positivo). Sensibilità 77,27%, specificità<br />

di u-Cyt+ 63,63%.<br />

Conclusioni<br />

Nel “management” del carcinoma transizionale della vescica<br />

Immunocyt abbinato alla citologia si conferma valido aiuto<br />

per diagnosi e follow-up. Lesioni delle basse vie urinarie<br />

possono dare false positività (nel 1° gruppo bassa specificità<br />

di u-Cyt+ che aumenta passando al 2°-3° gruppo). Incremento<br />

della sensibilità nel 2° e 3° gruppo di 9 punti %.<br />

Galectina-3 nella valutazione pre-operatoria<br />

dei noduli tiroidei: citologia convenzionale<br />

vs. citologia su strato sottile<br />

R. Zappacosta, R. Bellocci, E. Dell’Osa, S. Andreozzi, M.<br />

Liberatore, S. Setta, F. Francomano * , U. Tatasciore, S.<br />

Rosini<br />

Sezione di Citodiagnostica, Dipartimento di Oncologia e<br />

Neuroscienze; * Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Università<br />

“G. d’Annunzio”, Chieti-Pescara<br />

Introduzione<br />

La caratterizzazione preoperatoria dei noduli tiroidei, mediante<br />

test immunocitochimico con Galectina-3 (Gal-3) è ormai<br />

una procedura diagnostica riconosciuta da molte Istituzioni<br />

Internazionali 1 2 . Infatti oltre a fornire un criterio oggettivo<br />

di caratterizzazione biologica della lesione nodulare<br />

tiroidea, tale test combina anche la semplicità di esecuzione<br />

ad un ridotto time-consuming.<br />

Obiettivo del nostro studio retrospettivo è stato quello di comparare<br />

i risultati ottenuti dall’esecuzione del test su materiale<br />

residuo da citologia in fase liquida (TLC) con i risultati ottenuti<br />

su materiale citologico convenzionale (CC), al fine di individuare<br />

una metodica scevra da interferenze tecniche (causa<br />

di risultati discordanti) validandola per la pratica routinaria.<br />

Metodi<br />

L’espressione di Gal-3 (Ylem, 1:100) è stata valutata sul materiale<br />

residuo di 30 preparati TLC (4 carcinomi papillari, 11<br />

proliferazioni papillari sospette; 12 proliferazioni follicolari<br />

sospette; 3 sospette neoplasie oncocitarie) e su 15 campioni<br />

preparati CC decolorati (5 carcinomi papillari e 10 proliferazioni<br />

follicolari sospette) tutti ottenuti da pazienti con noduli<br />

tiroidei palpabili candidati alla resezione chirurgica. Per<br />

tutti i casi citologici erano disponibili i corrispondenti esami<br />

istologici. Sui preparati sono stati valutati: pattern di immunopositività,<br />

cellularità, morfologia e conservazione cellulare,<br />

presenza di materiale di fondo.<br />

Risultati<br />

Le correlazioni tra diagnosi citologica ed espressione immunocitochimica<br />

di Gal-3 sono rappresentate in Tabella I. Abbiamo<br />

osservato spesso, sui preparati immunocitochimici da<br />

CC, false positività imputabili ad artefatti da fissazione all’aria<br />

nonché alterazioni del dettaglio citologico conseguenti alla<br />

formazione di spessi aggregati cellulari. Nei CC si rilevava<br />

costantemente un fondo “sporco” per la presenza di detriti<br />

ematici e cellulari. Infine, la metodica di allestimento ICC<br />

del preparato CC è stata di gran lunga più complessa.<br />

Conclusioni<br />

L’allestimento TLC dei campioni citologici tiroidei per lo<br />

studio immunocitochimico con Gal-3 permette, anche a distanza<br />

di ventiquattro mesi dal prelievo, di ottenere ottimi risultati.<br />

I vantaggi sono da ricondurre ad assenza di interferenze<br />

di fondo dovute ad aspecificità, (conseguente migliore<br />

interpretabilità dei risultati), ad omogenea distribuzione delle<br />

cellule positive su tutto il vetrino, a minore richiesta di anticorpo<br />

impiegato, a bassissimo time-consuming.<br />

Riteniamo, quindi, che lo studio immunocitochimico con<br />

Gal-3 dei preparati tiroidei da agoaspirazione, allestiti su<br />

strato sottile, possa aumentare l’efficienza e l’efficacia dello<br />

diagnostica tiroidea e confermarsi un valido mezzo per la caratterizzazione<br />

delle lesioni tiroidee e per la selezione dei pazienti<br />

effettivamente da sottoporre ad intervento chirurgico.


CITOPATOLOGIA<br />

259<br />

Tab. I.<br />

Diagnosi Citologica Diagnosi Citologica/ Diagnosi Istologica<br />

Gal-3+<br />

Gal-3+<br />

TLC CC Benigno Adenoma maligno<br />

Sospetto carcinoma papillare 2/11 9/11 TLC 2/11 TLC<br />

Controllo istologico<br />

Proliferazione follicolare 2/12 1/10 10/12 TLC 2/12 TLC<br />

Controllo istologico fondo+++ 9/10 CC 1/10 CC<br />

dettaglio cellulare+<br />

componente ematica+++<br />

Neoplasia Oncocitaria 1/3 2/3 TLC 1/3 TLC<br />

Controllo istologico<br />

Carcinoma papillare 4/4 5/5 4/4 TLC<br />

fondo+++<br />

5/5 CC<br />

dettaglio cellulare+<br />

componente ematica+++<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Bartolazzi A, et al. Lancet 2001;357:1644-50.<br />

2<br />

Rossi ED, et al. Cancer 2005;105:87-95.<br />

Molecular detection of breast cancer cells in<br />

fine needle aspiration cytology of resected<br />

sentinel lymph nodes<br />

M. Barberis, M. Cannone, C. Oliveri, E. Roz, F. Rispoli,<br />

S. Ferrarese, S. Alexiadis<br />

Dipartimento di Anatomia Patologica e Medicina di Laboratorio,<br />

Gruppo Multimedica, Milano<br />

Background<br />

Sentinel lymph node (SLN) biopsy represents a new standard<br />

of care for patient with clinically lymph-node negative<br />

breast cancer. However the extensive, multilevel frozen<br />

section of the SLN is subject to false negative results, costly<br />

and time consuming. The use of immunohistochemistry<br />

does not overcome the need for a serial and complete sectioning<br />

of the node. Recently the suitability of high sensitivity<br />

molecular biology assays for the identification of “occult”<br />

metastases has attracted much interest. Unfortunately<br />

the part of the specimen used for molecular assays cannot<br />

be histologically examined. To overcome this drawback, we<br />

have devised a procedure to perform the molecular test before<br />

the extensive intraoperative examination: the fine needle<br />

aspiration cytology (FNAC) of the surgically removed<br />

SLN.<br />

Material and methods<br />

The diagnostic accuracy of the extensive histological examination<br />

and immunohistochemistry of 101 SLNs from 98<br />

breast carcinoma patients were compared with that of the<br />

evaluation of two specific mRNA markers by reverse – transcription<br />

– polymerase chain reaction (Mammaglobin and<br />

MUC-1). Cell specimens were obtained by FNAC of the<br />

SLNs immediately before freezing.<br />

Results<br />

Metastases were detected on frozen in 19 cases (18.81%).<br />

Immunohistochemistry on serial sections confirmed the<br />

metastases and showed micrometastases or isolated tumor<br />

cells in 24 SLNs (23.76%).<br />

Mammaglobin was expressed in 20 FNAC-specimens<br />

(19.80%).<br />

MUC-1 assay was positive in 11 cases only (10.89%).<br />

Conclusions<br />

This technique allows a complete histological examination<br />

without the sacrifice of a part of the SLN and in the same<br />

time gives a valuable diagnostic adjunct for the detection of<br />

occult tumour cells. Moreover it is less expensive and time<br />

consuming than extensive immunohistochemistry<br />

Comparison of cervical cytology with two<br />

molecular markers of HPV viral activity as<br />

predictors for the development of cervical<br />

neoplasia<br />

F. Broccolo * , R. Garcia Parra * ** , S. Chiari ** , A. Brenna *** ,<br />

P. Perego *** , M. Viltadi * , G. Cassina * , A. Maneo ** , C.<br />

Mangioni ** , C.E. Cocuzza *<br />

*<br />

Department of Clinical Medicine, Prevention and Biotechnology,<br />

University of Milano-Bicocca; ** Departments of Obstetrics<br />

and Gynecology and *** Pathology, “San Gerardo”<br />

Hospital, Monza, Italy<br />

Introduction<br />

Human papillomaviruses (HPVs) play an essential part in the<br />

development of cervical cancer, particularly when infection<br />

is caused by “high risk” genotypes such as HPV 16, 18, 31,<br />

33, and 45.<br />

HPVs infections are common among sexually active women<br />

and they are often transient and asymptomatic. Currently, the<br />

presence of HPV viruses is monitored primarily by HPV<br />

DNA detection assays but this qualitative DNA determination<br />

cannot distinguish between persistent infection, considered<br />

to be a pre-cursor of neoplastic progression, and transient<br />

infections. Emphasis has recently been placed on establishing<br />

accurate new methods to diagnose HPV infection. Recently,<br />

two different HPV markers with different clinical implications,<br />

“viral load” (a marker of active viral replication<br />

suggestive of persistant infection) and the presence of HPV<br />

transforming transcripts (indicative of oncogenic activity)<br />

have been proposed although their clinical value have been<br />

never compared. The aim of the present study was to com-


260<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

pare the HPVs viral load with the presence of oncogenic transcripts<br />

and correlate them to the results of conventional<br />

screening methods (cytological, colposcopical and histological<br />

findings).<br />

Methods<br />

The study was performed on a total of 143 cervical cytology<br />

samples recruited from patients attending Monzàs San Gerardo<br />

Hospital. Of these, 60 were newly diagnosed as having<br />

altered cytology (ASCUS, L-SIL, H-SIL), 12 showed normal<br />

cytology subsequent to previous ASCUS/L-SIL, 8 normal<br />

cytology following surgical treatment for previous H-SIL and<br />

43 women with negative Pap test. All cytological findings<br />

were confirmed by either colposcopy and/or biopsy specimen;<br />

patients with discrepancies between cytological and<br />

histological findings were excluded from the study. The carcinogenic<br />

HPV types DNA quantification and the presence<br />

E6-E7 oncogenic transcripts were determined by Real-time<br />

PCR assays (TaqMan) and NASBA (Pretect HPV-Proofer;<br />

Norchip), respectively.<br />

Results<br />

The prevalence of HPV DNA and E6/E7 mRNA for the carcinogenic<br />

HPV types (16, 18, 31, 33, and 45) was respectively<br />

22% in cases of normal cytology, 92% in HSIL as compared<br />

to 0% in normal cytology to 66% in HSIL. The association<br />

rate between the two markers was calculated by evaluating<br />

different cut off values; a higher association was<br />

showed when the cut off value selected for the viral load was<br />

≥ 10 3 copy/10 5 cells (0.58 Pearson’s χ 2 ), irrespective of the<br />

cytological subgroup. In particularly, a higher association<br />

was found for genotypes 16 and 18 (0.93 and 1, respectively;<br />

Pearson’s χ 2 ) while no significant association was shown for<br />

genotype 31. Although both markers showed a significant association<br />

with cytological and histological findings, the HPV<br />

DNA quantification was found to be a more sensitive marker<br />

than the detection of E6-E7 mRNA, as shown in Table I.<br />

Conclusions<br />

A good correlation was found between the results obtained<br />

for the two different markers of HPV viral activity studied,<br />

particularly for genotypes 16 and 18. The viral load (using as<br />

cut off value 10 3 copy/10 5 cells), however, showed a significantly<br />

better clinical correlation compared to the presence of<br />

oncogenic transcripts, especially in patients with early cervical<br />

precancerous lesions, indicating this as a useful early predictive<br />

marker for the development of cervical cancer. This<br />

probably refects the absence of E6/E7 expression in exfoliating<br />

epithelial cells in patients with early precancerous lesions.<br />

Tumore di Buschke-Lowenstein dell’ano:<br />

valutazione di 3 casi<br />

I. Castellano, P. Cassoni, A. Mobiglia * , M. Mistrangelo * ,<br />

M. Bellò ** , A. Mussa * , G. Bussolati<br />

Dipartimento di Scienze Biomediche ed Oncologia Umana, *<br />

Sezione di Chirurgia Oncologica e ** Sezione di Medicina<br />

Nucleare, Università di Torino, Italia<br />

Introduzione<br />

Il condiloma gigante acuminato o tumore di Buschke-<br />

Lowenstein è una rara entità che interessa la regione anorettale<br />

e perianale. È una neoplasia papillomatosa a crescita lenta<br />

ed espansiva che può pro<strong>pag</strong>arsi alla vescica, al retto ed all’area<br />

vulvo-vaginale; frequentemente può andare incontro a<br />

recidive (66% dei casi) o a trasformazione maligna (56%),<br />

ma solitamente non dà metastasi. Vengono di seguito descritti<br />

tre casi di tumore di Buschke-Lowentstein giunti all’attenzione<br />

del Dipartimento di Chirurgia Oncologica e dell’Anatomia<br />

Patologica dell’Università di Torino.<br />

Metodi<br />

Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad intervento chirurgico<br />

locale dopo essere stati studiati mediante anoproctoscopia,<br />

ecografia, risonanza magnetica pelvica e linfoscintigrafia per<br />

la biopsia del linfonodo sentinella. Il materiale è stato fissato<br />

in formalina, incluso in paraffina e sono state allestite sezioni<br />

colorate con ematossilina-eosina e con anticorpi-anti HPV.<br />

Il linfonodo sentinella è stato esaminato mediante plurime sezioni<br />

e colorazione con anticorpi anti-citocheratine.<br />

Risultati<br />

Le lesioni avevano aspetto verrucoide grigiastro a larga base<br />

d’impianto. L’esame istologico evidenziava la presenza di un<br />

epitelio spiccatamente iperplastico ben differenziato, con<br />

acantosi, iperparacheratosi e con papille dermiche tozze ed<br />

allungate. Negli strati superficiali erano presenti cellule di<br />

aspetto coilocitico, risultate positive alla colorazione immunoistochimica<br />

con anticorpi anti-HPV. In tutti i pazienti la ricerca<br />

di cellule neoplastiche nei linfonodi sentinella è risultata<br />

negativa. Non si è osservata mortalità né recidive postoperatorie.<br />

Conclusioni<br />

Il carcinoma verrucoso dell’ano o tumore di Buschke-<br />

Lowenstein è una neoplasia rara ma di difficile trattamento<br />

per l’ampiezza della lesione e la potenziale malignità. Il trattamento<br />

primario di scelta è l’ampia escissione locale con<br />

elettrocauterio o laser, anche se alcuni autori suggeriscono<br />

l’amputazione addomino-perineale sec. Miles o la radioterapia<br />

eventualmente associata alla chemioterapia in casi con<br />

Tab. I. Comparison of the cytological and histological findings with the HPV viral load and the detection of E6/E7 oncogenic transcripts.<br />

Patients No. positive for one or more genotype (%)<br />

Cytology and histology results HPV viral load by TaqMan assay Detection of HPV E6/E7 oncogenic<br />

(Patients No.) (No. of HPV genome Equivalent/10 5 cells) transcripts by NASBA<br />

Cut-off: > 10 3 copy<br />

Cut-off: > 10 5 copy<br />

ASCUS/LSIL (29) 15 (52) 10 (34) 9 (31)<br />

H-SIL (31) 24 (77) 19 (61) 21 (68)<br />

Normal:<br />

Previously ASCUS/L-SIL (12) 3(25) 3 (25) 2 (17)<br />

after conisation (8) 4 (50) 3 (38) 3 (38)<br />

Normal (43) 3 (7) 1 (2) 0 (0)


CITOPATOLOGIA<br />

261<br />

ampie lesioni o molteplici recidive. L’identificazione tramite<br />

la valutazione istologica del linfonodo sentinella dei rari casi<br />

con metastasi linfonodali può altresì permettere di riconoscere<br />

e selezionare senza la necessità di un intervento chirurgico<br />

maggiormente invasivo i pazienti per i quali vi è indicazione<br />

alla chemioterapia.<br />

Aspirato con ago sottile dei noduli tiroidei:<br />

striscio convenzionale vs. preparato in strato<br />

sottile<br />

A. Cavaliere, R. Colella, A. Sidoni, M. Giansanti, G. Bellezza,<br />

I. Ferri, P. DeFeo * , E. Puxeddu * , N. Avenia ** , E.<br />

Bucciarelli<br />

Istituto di Anatomia Patologica; * Dipartimento di Scienze<br />

Endocrine e Metaboliche; ** Dipartimento di Scienze Chirurgiche,<br />

Università di Perugia<br />

Introduzione<br />

La citologia aspirativa con ago sottile è ormai divenuta una<br />

metodica ampiamente utilizzata nella gestione dei noduli tiroidei.<br />

Accanto allo striscio convenzionale è stato introdotto,<br />

più di recente, l’allestimento di preparati in strato sottile. In<br />

questo studio abbiamo confrontato i risultati ottenuti con le<br />

due metodiche nel materiale osservato presso il nostro Istituto.<br />

Metodi<br />

Sono stati presi in considerazione 2.175 noduli tiroidei tutti<br />

aspirati con ago sottile (G 27 o 25) sotto guida ecografia. Di<br />

questi in 1.911 casi è stato possibile effettuare un doppio passaggio.<br />

Per convenzione il materiale ottenuto con il primo<br />

passaggio è stato strisciato con il metodo convenzionale; il<br />

secondo passaggio è stato allestito in strato sottile.<br />

Risultati<br />

I risultati, globalmente considerati, sono stati concordanti in<br />

1.454 casi (76,08%) e discordanti i 457 (23,92%). È stata formulata<br />

una diagnosi di negatività in 1.481 casi (77,6%), di<br />

positività per neoplasia in 39 casi (2%) (26 carcinomi, 10<br />

adenomi, 3 tumori a cellule di Hurthle), di sospetto per carcinoma<br />

in 2 casi (0,1%) e di inidoneo in 389 casi (20,3%).<br />

L’analisi dei dati discordanti ha messo in evidenza nello striscio<br />

convenzionale un maggior numero di casi di inidonei<br />

(273 vs. 171) ma anche un maggior numero di casi positivi<br />

per neoplasia (15 vs. 4). In 81 casi è stato possibile avere il<br />

confronto cito-istologico; i risultati sono stati concordanti in<br />

69 casi (85%) ed in particolare in 47 noduli iperplastici, 20<br />

Tab. I. Confronto Cito-Istologico dei Casi Discordanti.<br />

Citologia No. Istologia<br />

Negativa 4 Adenomi<br />

1 Tumore ben differenziato<br />

ad incerto potenziale<br />

di malignità<br />

1 Carcinoma papillare<br />

Inidonea 3 Noduli iperplastici<br />

2 Adenomi<br />

Sospetta<br />

per carcinoma 1 Adenoma trabecolare<br />

ialinizzante<br />

carcinomi, 2 adenomi. Si sono avuti risultati discordanti in 12<br />

casi (15%) (Tab. I).<br />

Conclusioni<br />

Nella nostra esperienza emerge che in presenza di materiale<br />

adeguato lo striscio convenzionale offre una maggiore possibilità<br />

diagnostica nei casi positivi e che la citologia in strato<br />

sottile consente di ridurre significativamente il numero degli<br />

inidonei.<br />

Citologia su strato sottile: validazione e<br />

controllo di qualità in ambito di screening<br />

mammografico presso IST Genova<br />

B. Gatteschi, F. Carli, P. Castellano, M.L. Maisto, B. Spina,<br />

G. Tanara, M. Truini, L. Bonelli *<br />

S.C. di Anatomia e Citoistologia Patologica, * S.S. Prevenzione<br />

Secondaria e Screening, Istituto Nazionale per la Ricerca<br />

sul Cancro, Genova<br />

Introduzione<br />

Il controllo di qualità (CdQ) citologico nello screening mammografico<br />

ne condiziona l’accuratezza e la riproducibilità:<br />

hanno importanza sia l’allestimento che la lettura dei preparati.<br />

Dal 2000 in IST tutti i campioni sono allestiti su strato<br />

sottile (n. medio di AA mammari 800/anno): il CdQ nella casistica<br />

di screening ha fornito l’occasione per effettuare una<br />

validazione e un CdQ della metodica di allestimento.<br />

Metodi<br />

Il periodo relativo al CdQ citologico va da Luglio 2002 ad<br />

Aprile 2005. I campioni sono stati ottenuti mediante agoaspirazione<br />

con ago sottile. Il materiale è stato immediatamente<br />

raccolto in Cytolyt (Cytyc Corporation) e allestito su strato<br />

sottile usando il processatore Thin Prep Cytyc 2000; i vetrini<br />

sono stati colorati con colorazione standard di Papanicolaou.<br />

Per la refertazione sono state seguite le Linee Guida Europee.<br />

I preparati sono stati rivisti collegialmente e in cieco rispetto<br />

alla prima diagnosi da 4 medici e 2 citologhe. La diagnosi di<br />

revisione si è basata sul consenso dei 6 operatori ed è stata effettuata<br />

la revisione dei preparati istologici disponibili.<br />

Risultati<br />

Il CdQ è stato effettuato in 146 campioni. Gli inadeguati sono<br />

stati il 18,5%. La fase diagnostica vs. revisione ha dimostrato<br />

una concordanza del 87%. Disaggregata per categorie<br />

la concordanza è stata: C1 = 92,6% C2 = 96,7% C3 = 10,0%<br />

C4 = 60,0% C5 = 88,9%. Il controllo istologico era disponibile<br />

in 36 pazienti (C1 = 6; C2 = 3; C3 = 10; C4 = 8; C5 = 9).<br />

Nelle classi C4 e C5 in fase diagnostica la% di cancro è stata<br />

del 75% e del 89%; in revisione la % è passata al 89% e al<br />

100%, rispettivamente. Due cancri sono stati diagnosticati in<br />

C1 e uno in C2. La concordanza è stata soddisfacente nella<br />

classe C2 nonostante un FN (ca. lobulare diventato C3 in revisione).<br />

Nelle classi C3-C4 la concordanza è diminuita nettamente,<br />

evidenziando il problema già noto della “zona grigia”<br />

delle classi “atipiche”. Nella classe C5 si è verificato un<br />

miglioramento: un caso di ADH è stato riclassificato C3.<br />

Conclusioni<br />

Si osserva un miglioramento della concordanza cito/istologica<br />

nella fase di revisione. Il CdQ è stato utile e formativo: importante<br />

in fase di revisione il dialogo tra gli operatori. Il<br />

CdQ della metodica di allestimento, valutato attraverso la<br />

concordanza con la diagnosi istologica, è stato molto soddisfacente.<br />

La classe C3 conferma i gravi problemi di riproducibilità.


262<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

Citologia agoaspirativa (FNAC) e microbiopsia<br />

con mammotome nelle lesioni non palpabili<br />

della mammella<br />

C. Giardina, A.M. Guerrieri, G. Ingravallo, G. Cassandro,<br />

M. Zaccaria, A. Napoli, A. Cimmino, R. Ricco, V.<br />

Lattanzio<br />

Dipartimento di Anatomia Patologica, Università di Bari,<br />

Saris, Policlinico, Bari<br />

Introduzione<br />

Scopo dello studio è valutare la distribuzione di lesioni mammarie<br />

nelle classi diagnostiche citologiche C1-C5 e microistologiche<br />

B1-B5 e il loro significato rispetto alla diagnosi finale<br />

e confrontare l’affidabilità delle due metodiche.<br />

Metodi<br />

Negli anni 200-2004, 1.520 pazienti sono state sottoposte ad<br />

agoaspirato sotto guida stereotassica o ecografica (ago 23-24<br />

G) e 524 pazienti hanno avuto un’agobiopsia con Mammotome<br />

(ago 11G). Le citologie sono state diagnosticate come:<br />

C1: 28,5%, C2: 38,8%, C3: 6,5%, C4: 8,6%, C5: 17,4%. Le<br />

agobiopsie sono state diagnosticate come: B1: 0,6%, B2:<br />

55,2%, B3: 7,3%, B4: 1,2%, B5: 36%.<br />

Risultati<br />

L’esame istologico definitivo era valutabile in 365 casi di citologia:<br />

46 C1 (10,6%), 36 C2 (6%), 25 C3 (25%), 61 C4<br />

(46%), 147 C5 (55%) e in 183 casi di microbiopsia; nessun<br />

caso B1 è stato sottoposto a chirurgia, 3 casi B2 hanno avuto<br />

successiva chirurgia 2 erano benigni uno era un carcinoma<br />

(liponecrosi alla CB). Dei casi B3 17 hanno avuto intervento<br />

chirurgico: 15 erano benigni, 2 maligni. I 4 casi B4 sottoposti<br />

a chirurgia 3 erano lesioni atipiche uno era carcinoma in<br />

situ.<br />

L’istologia definitiva era valutabile in 159/180 casi B5: la<br />

diagnosi è stata confermata in 151 casi; (95 in situ e 56 invasivi);<br />

in 7 casi non c’era più tumore sul pezzo operatorio, in<br />

un caso (0,6%) la diagnosi carcinoma in situ ben differenziato<br />

è stata modificata in iperplasia duttale atipica.<br />

La sensibilità è risultata 71% per la FNAC e 97,8% per la<br />

CB, la specificità era 96,7% per la FNAC e 99,6% per CB.<br />

Il valore predittivo positivo (VPP) dell’agoaspirato è risultato<br />

99,2 per la classe C5. Il valore predittivo negativo<br />

(VPN) per la FNAC è stato 96,8%. Il VPP della microbiopsia<br />

è risultato 99,4% per B5. Il VPN della microbiopsia è<br />

risultato 99,6.<br />

Conclusioni<br />

La distribuzione delle lesioni nelle categorie “C” e “B” è<br />

risultata diversa con un diverso significato in confronto<br />

con la diagnosi finale soprattutto per le classi C3 e B3 e C4<br />

e B4. Molto diversa è risultata nelle due metodiche la percentuale<br />

di casi non diagnostici e di casi positivi per malignità.<br />

In conclusione la CB ha mostrato valori più elevati di specificità<br />

e sensibilità, e un maggiore valore predittivo negativo<br />

che la FNAC, tuttavia i valori di sensibilità, specificità, VPP<br />

e VPN della citologia sono risultati assolutamente accettabili<br />

ed essa può quindi a tutt’oggi essere considerata un valido<br />

mezzo diagnostico per molte lesioni mammarie.<br />

Carcinoma duttale salivare a basso grado:<br />

diagnosi agoaspirativa<br />

E. Padolecchia, C. Montresor, P. Cusati, S. Fiaccamento,<br />

F. Zorzi<br />

Anatomia Patologica. Fondazione Poliambulanza; Brescia<br />

Introduzione<br />

Il carcinoma duttale salivare di “basso grado” è una rara neoplasia<br />

descritta di recente come variante a buona prognosi del<br />

carcinoma duttale che per definizione è ad “alto grado” 1 .<br />

Sono descritte anche neoplasie in transizione da basso ad alto<br />

grado.<br />

Metodi<br />

Paziente di sesso maschile di anni 32 con formazione nodulare<br />

parotidea destra di cm 3.<br />

Agoaspirazione eseguita sotto guida ecografica con ago 27 G<br />

da cui si allestiscono n 5 vetrini colorati con EE.<br />

Pezzo operatorio di parotidectomia semplice; sezioni in paraffina<br />

colorate con EE e PAS.<br />

Risultati<br />

Agoaspirato: presenza di aggregati di cellule epiteliali ad architettura<br />

cribriforme con minori irregolarità citologiche.<br />

Istologia: prevalente componente di crescita epiteliale intraduttale<br />

con proiezioni micropapillari, aree fenestrate e aspetti<br />

cribriformi in assenza di comedonecrosi. Le cellule di piccola<br />

taglia hanno nuclei rotondi od ovali con cromatina finemente<br />

dispersa e nucleoli piccoli o assenti. Il citoplasma è<br />

privo di muco che è presente in alcuni lumi ghiandolari.<br />

Conclusioni<br />

La diagnosi citologica agoaspirativa può essere difficile ed<br />

erronee diagnosi di adenocarcinoma pleomorfo di basso grado,<br />

come pure falsi reperti di lesione benigna tipo adenoma<br />

pleomorfo sono riportate in letteratura 2 .<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Brandwien-Gensler M, et al. Am J Surg Pathol 2004;28:1040-4.<br />

2<br />

Khurana KK, et al. Cancer Cytopatholol 1997;81:373-8.<br />

Carcinoma mucoepidermoide differenziato,<br />

variante oncocitica: diagnosi citologica<br />

agoaspirativa<br />

E. Padolecchia, S. Fiaccavento, P. Cusati, M.C. Montresor,<br />

F. Zorzi<br />

Servizio di Anatomia Patologica, Fondazione Poliambulanza<br />

Brescia<br />

Introduzione<br />

Il carcinoma mucoepidermoide si caratterizza per una notevole<br />

variabilità della composizione cellulare con presenza di<br />

cellule mucosecretive, squamose, intermedie, colonnari,<br />

chiare e più raramente oncocitiche 1 .<br />

Queste ultime possono essere presenti in una varietà di neoplasie<br />

benigne e maligne o essere espressione di modificazioni<br />

metaplastiche con i caratteri della oncocitosi diffusa, di<br />

una metaplasia oncocitica nodulare o di un’iperplasia oncocitica<br />

adenomatosa 2 .<br />

Metodi<br />

Paziente di sesso maschile di anni 64 con nodulo parotideo<br />

sinistro palpabile del diametro massimo di cm 1,5.<br />

Agoaspirato di lesione ecograficamente cistica eseguito con<br />

ago 27 G ha ottenuto 2 cc di liquido torbido. Gli strisci sono<br />

colorati con EE.


CITOPATOLOGIA<br />

263<br />

Pezzo operatorio di cm 4,5 x 3,4 x 2 con lesione nodulare a<br />

profilo bozzuto del diametro di cm 1,5 con aree cistico-emorragiche.<br />

Si allestiscono sezione in paraffina colorate con EE<br />

e PASD.<br />

Risultati<br />

Nei preparati agospirativi prevalgono istiociti schiumosi di<br />

provenienza endocistica, ma sono presenti anche alcuni aggregati<br />

epiteliali di cellule ossifile prive di atipie che suggeriscono<br />

una diagnosi di tumore di Warthin; tuttavia ad un’accurata<br />

ricerca si rinvengono aggregati di cellule a citoplasma<br />

chiaro, microvacuolato, con moderate atipie nucleari e presenza<br />

di aggregati coesivi di cellule di piccola taglia con nucleo<br />

rotondo a fine disegno cromatinico. La valutazione di<br />

insieme della cellularità rinvenuta suggerisce la possibilità di<br />

un carcinoma mucoepidermoide con componente oncocitaria.<br />

La diagnosi citologica è confermata dall’esame istologico del<br />

pezzo operatorio che evidenzia anche un’area di invasione<br />

del parenchima ghiandolare circostante.<br />

Conclusioni<br />

La presenza di cellule ossifile (oncociti) in agoaspirati di lesioni<br />

nodulari delle ghiandole salivari pone problemi di diagnosi<br />

differenziale con oncocitoma, tumore di Warthin e neoplasie<br />

con modificazioni oncocitiche in particolare adenoma<br />

pleomorfo, carcinoma a cellule aciniche e variante oncocitica<br />

del carcinoma mucoepidermoide.<br />

L’evidenza di un’associazione con altre componenti cellulari<br />

consente in molti casi una diagnosi preoperatoria.<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Brannon RB, et al. Oncocytic mucoepidermoid carcinoma of paratiroid<br />

gland origin. Oral Surg Oral Med Oral Pathol Oral Radiol Endod<br />

2003;96:727-33.<br />

2<br />

Paulino AF, et al. Oncocytic and oncocytoid tumors of salivary gland.<br />

Semin Diagn Pathol 199;16:98-104.<br />

Fine needle aspiration cytology of<br />

intraductal papillary mucinous tumor. Case<br />

report<br />

L. Righi, D. Pacchioni, M. Volante, P.R. Mioli * , A. Sapino,<br />

G. Bussolati<br />

Dipartimento di Scienze Biomediche ed Oncologia Umana,<br />

Università di Torino; * Chirurgia d’Urgenza, ASO “San Giovanni<br />

Battista”, Torino<br />

Introduction<br />

Intraductal Papillary Mucinous Tumor (IPMT) of the pancreas<br />

has become the accepted terminology of a group of<br />

mucin-producing epithelial proliferations lying within ectasic<br />

segments of the main pancreatic duct or its large branches.<br />

These neoplasms generally are associated with an indolent<br />

course, characteristic endoscopic-ultrasonographic<br />

(EUS) findings, and a variable histo- and cyto-morphology<br />

ranging from hyperplasia to carcinoma 1 .<br />

Methods<br />

We report a case of a 67 year old woman presenting with dyspepsia<br />

and abdominal pain. Computerized Tomography scan<br />

demonstrated a pancreatic mass, 3 cm in size. EUS-guided<br />

fine-needle aspiration (FNA) was performed.<br />

Results<br />

In the cytological specimen, single or loosely cohesive clusters<br />

of neoplastic cells showing a goblet-cell morphology<br />

were entrapped in aboundant mucinous material. A variable<br />

degree of nuclear atypia was present and the neoplastic elements<br />

were arranged in papillary structures. Immunocytochemistry<br />

for MUC1 and MUC2 2 was performed. The patient<br />

underwent surgical excision of the lesion. Histological<br />

examination showed a diffuse intraductal papillary mucinous<br />

tumor associated with an extensive invasive component (so<br />

called papillary mucinous carcinoma) with focal infiltration<br />

of the peripancreatic tissue.<br />

Conclusions<br />

Cytological diagnosis of IPMT by EUS-guided FNA is feasible.<br />

Clinical, radiographic and pathological correlations are<br />

recommended to improve cytological diagnostic accuracy in<br />

a differential diagnosis between IPMT and other tumors as<br />

cystic ductal adenocarcinomas and cystic mucinous neoplasms.<br />

References<br />

1<br />

Layfield LJ, et al. Diagn Cytopathol 2005;32:16-20.<br />

2<br />

Chu PG, et al. Am J Surg Pathol 2005;29:359-67.<br />

Valutazione dell’espressione di citocheratina<br />

19 e p63 nella citologia agoaspirativa del<br />

carcinoma papillare della tiroide<br />

C.A. Sagramoso, M. Bonzanini, G. Marini * , P. Dalla Palma<br />

Anatomia Patologica, * Radiologia, Ospedale “S. Chiara”,<br />

Trento, Italia<br />

Introduzione<br />

Il carcinoma papillare (CP) è la più frequente neoplasia maligna<br />

della tiroide e l’esame citologico mediante agoaspirazione<br />

con ago sottile (FNA) rappresenta attualmente la metodica<br />

diagnostica pre-operatoria più accurata.<br />

Sebbene i criteri diagnostici citologi del CP siano ben stabiliti,<br />

casi dubbi, che pongono problemi di diagnosi differenziale<br />

con lesioni benigne, non sono infrequenti nella pratica<br />

routinaria.<br />

La citocheratina 19 (CK 19) si è rivelata molto sensibile ma<br />

poco specifica nella distinzione delle diverse lesioni tiroidee<br />

1<br />

. p63, una proteina omologa di p53, è stata recentemente descritta<br />

nel carcinoma papillare della tiroide e nella tiroidite di<br />

Hashimoto 2 .<br />

Scopo di questo lavoro è stato quello di verificare l’espressione<br />

di questi due marcatori nella FNA del CP.<br />

Metodi<br />

Sono stati selezionate le FNA relative a 21 CP, a 3 carcinomi<br />

follicolari, a 5 adenomi follicolari, a 2 adenomi oncocitari, a 10<br />

iperplasie nodulari e a 3 tiroiditi, accertati istologicamente.<br />

Per le indagini immunoistochimiche sono stati impiegati gli<br />

anticorpi CK 19 (clone DC-10, Medac) e p63 (clone 63P02,<br />

Bioptica). La metodica è stata eseguita come indicato dalle<br />

ditte produttrici.<br />

Risultati<br />

CK 19 è risultata positiva in 20/21 carcinomi papillari (95%),<br />

in 3/3 carcinomi follicolari (100%), in 2/5 adenomi follicolari<br />

(40%), in 1/2 adenomi oncocitari (50%), in 6/10 iperplasie<br />

plurinodulari (60%), in 3/3 tiroiditi (100%). La maggior intensità<br />

di espressione (+++) si è osservata nel CP (11 casi), in<br />

2 adenomi, in 1 carcinoma follicolare e in 1 caso di iperplasia.<br />

p63 ha evidenziato una positività nucleare intensa ma spesso<br />

focale in 13/21 (62%) CP e in 2/10 iperplasie nodulari (20%).<br />

Tutte le altre lesioni sono risultate negative.


264<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

La coespressione di p63 e di una intensa positività di CK 19<br />

(++/+++) si è osservata in 12 CP e in 1 caso di iperplasia nodulare.<br />

Conclusioni<br />

Dai nostri risultati emerge che la CK 19, a meno di un’intensa<br />

positività, non è specifica in citologia per il CP; p63 al<br />

contrario si è dimostrata meno sensibile ma più specifica risultando<br />

positiva pressoché esclusivamente nel CP.<br />

Sebbene ulteriori studi a riguardo siano indispensabili, la<br />

coespressione di CK 19 e p63 può essere di ausilio nell’identificazione<br />

citologica del CP, qualora gli aspetti morfologici<br />

si rivelino dubbi.<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Sahoo S, et al. Am J Clin Pathol 2001;116:696-702.<br />

2<br />

Unger P, et al. Hum Pathol 2003;34:764-9.<br />

La citologia su strato sottile nel II livello di<br />

screening del carcinoma della cervice<br />

uterina. Risultati della nostra esperienza e<br />

confronti con il pap test convenzionale<br />

L. Saragoni, M. Liverani, S. Danesi, F. De Paola, R. Fedriga<br />

U.O. Anatomia Patologica, Ospedale “Pierantoni”, Forlì,<br />

Italia<br />

Introduzione<br />

La qualità della prestazione citologica rappresenta il cuore<br />

della prevenzione della patologia cervicale e vari studi hanno<br />

dimostrato che campionamenti inadeguati, errori nella metodologia<br />

organizzativa e gestionale del programma di screening<br />

associati ad interpretazioni diagnostiche errate giustificano<br />

incidenza e mortalità ancora troppo elevati.<br />

Lo scopo di questo lavoro è di confrontare l’efficacia delle<br />

due metodiche: pap test convenzionale ed in strato sottile<br />

ThinPrep (TP) su un campione di 453 casi diagnosticati come<br />

“atypical squamous cells” ASCUS o “atypical glandular<br />

cells” AGUS.<br />

Metodi<br />

Tutte le donne con pap test con diagnosi citologica di<br />

ASCUS/AGUS sono state richiamate entro 3 mesi nell’ambito<br />

degli accertamenti di II livelli del programma di screening<br />

del cervicocarcinoma per eseguire un TP.<br />

Risultati<br />

Sulla diagnosi iniziale di ASCUS/AGUS con pap test convenzionale,<br />

124 casi (27,37%) sono classificati adeguati<br />

mentre 329 casi (72,63%) sono classificati soddisfacenti ma<br />

con fattori limitanti (subottimali). Nella ripetizione della citologia<br />

con TP, 322 (71,08%) sono classificati adeguati, 129<br />

casi (28,48%) come “subottimali” e 2 casi come insoddisfacenti<br />

(inadeguati) (p < 0,0001). Una analisi dei casi “subottimali”<br />

ha evidenziato che le principali cause nel pap test convenzionale<br />

sono: la cattiva conservazione (40,24%), la presenza<br />

di granulociti (36,43%), una intensa flogosi (12,14%)<br />

ed emazie (5,48%). L’analisi statistica mostra una differenza<br />

significativa (p < 0,0001) nelle proporzione tra i casi classificati<br />

“negativi” (80,29%), ASCUS/AGC (10%) e SIL<br />

(3,82%) con metodo TP e la diagnosi iniziale di<br />

ASCUS/AGC. Sui 54 casi confermati ASCUS/AGC con TP,<br />

30 casi sono confermati categoria-specifica nella alterazione<br />

delle cellule coinvolte. Il follow-up istologico dei 19 casi con<br />

SIL ha confermato una lesione displastica in 7 su 10 casi<br />

(70%); in 9 casi non è stata eseguita nessuna biopsia.<br />

Conclusioni<br />

L’esperienza preliminare di questo studio, sembra evidenziare<br />

che un adeguato “training” nella raccolta del campione in<br />

fase liquida possa migliorare l’adeguatezza del campione e la<br />

accuratezza della diagnosi citologica.


PATHOLOGICA 2005;97:265-307<br />

Patologie varie<br />

L’interleuchina 7 induce mielopoiesi ed<br />

eritropoiesi: ruolo dei linfociti T<br />

F.B. Aiello * ** , J.R. Keller * G. Dranoff *** , S. Rosini ** , R.<br />

Mazzucchelli * , S.K. Durum *<br />

*<br />

National Cancer Institute, Frederick MD, USA; ** Anatomia<br />

Patologica, Dipartimento di Oncologia e Neuroscienze Università<br />

di Chieti; *** Dana Farber Cancer Institute, Boston,<br />

MA, USA<br />

Introduzione<br />

L’interleuchina 7 (IL-7) è indispensabile per la linfopoiesi,<br />

infatti in presenza di mutazioni che inattivano il recettore per<br />

IL-7 (IL-7R) si osserva Immunodeficienza Combinata Severa,<br />

patologia che comporta una mortalità infantile dell’80%<br />

entro il terzo anno di vita. L’IL-7 “in vivo” non ha effetti tossici,<br />

e sono in corso trials clinici nell’uomo, in quanto ne sarebbe<br />

auspicabile l’utilizzazione per la ricostituzione della<br />

linfopoiesi nell’AIDS, e nel trapianto di midollo osseo. Gli<br />

effetti della IL-7 su “lineages” non linfoidi sono poco noti ma<br />

potrebbero essere clinicamente rilevanti. Scopo del lavoro è<br />

stato di studiare gli effetti della somministrazione di IL-7 sulla<br />

mielopoiesi e l’eritropoiesi in modelli murini.<br />

Metodi<br />

IL-7 (20 microgrammi/0,2 ml di veicolo/iniezione/giorno per<br />

9 giorni) o il suo veicolo da solo sono stati somministrati a<br />

topi immunocompetenti (C57BL/6), a topi privi di linfociti T<br />

maturi, (RAG1-/-) e a topi deficienti nella produzione delle<br />

citochine GM-CSF e IL-3 (GM-CSF-/-IL3-/-). Sono stati<br />

quindi studiati: 1) gli effetti sulla mielopoiesi ed sulla eritropoiesi<br />

mediante analisi citofluorimetriche, morfologiche e<br />

immunoistochimiche; 2) gli effetti sulla produzione di citochine<br />

“in vivo” e “in vitro” mediante ELISA; 3) l’espressione<br />

di IL-7R su cellule eritroidi purificate mediante citofluorimetria<br />

e RT-PCR; 4) gli effetti eritropoietici di IL-7 “in vitro”<br />

mediante saggio delle colonie eritropoietiche in metilcellulosa.<br />

Risultati<br />

IL-7 induce aumento del numero delle cellule mieloidi immature<br />

e mature “in vivo”, sia a livello splenico che a livello<br />

del sangue periferico. Tale azione risulta essere mediata dai<br />

linfociti T che producono citochine mielopoietiche quali<br />

GM-CSF e IL-3 e altre. IL-7 inoltre è in grado di indurre un<br />

aumento del numero dei progenitori eritropoietici a livello<br />

splenico. Tale effetto potrebbe essere diretto in quanto: 1) si<br />

osserva nei topi RAG-/- e GM-CSF-/-IL3-/-; 2) Il 30% delle<br />

cellule eritroidi TER-119+ esprime IL-7R; 3) IL-7 aumenta<br />

drammaticamente il numero delle colonie eritropoietiche formato<br />

da cellule IL-7R+ “in vitro”.<br />

Conclusioni<br />

IL-7 “in vivo” induce mielopoiesi ed eritropoiesi. Tali effetti<br />

positivi confermano la validità della sperimentazione di protocolli<br />

terapeutici che prevedono l’utilizzazione di IL-7 per<br />

la ricostituzione della linfopoiesi.<br />

Grave stenosi bilaterale congenita del giunto<br />

pielo-ureterale associata a dismorfismi faciali<br />

ed iperaccrescimento in prematuro. Ipotesi di<br />

diagnosi dismorfologica differenziale<br />

V. Arena, W. Lattanzi * , E. Arena, E. Stigliano, G. Monego<br />

* , A. Capelli<br />

Istituto di Anatomia Patologica; * Istituto di Anatomia Umana<br />

e Biologia Cellulare, Università Cattolica del Sacro Cuore,<br />

Roma, Italia<br />

Introduzione<br />

La stenosi del giunto uretero-pielico rappresenta la causa più<br />

frequente di ostruzione alta delle vie urinarie con conseguente<br />

idronefrosi. Forme gravi ad esordio precoce nella vita endouterina<br />

si associano a elevata mortalità perinatale. Descriviamo<br />

un caso autoptico di stenosi bilaterale del giunto calico-pielico<br />

in un neonato di 29 settimane, con sindrome da<br />

iperaccrescimento e tratti dismorfici.<br />

Metodi<br />

L’esame esterno con rilievo di parametri morfometrici e la<br />

valutazione dismorfologica hanno preceduto l’esame autoptico<br />

e le analisi istologiche del caso.<br />

Risultati<br />

All’esame esterno si è evidenziato un addome batraciano, subittero,<br />

lievi tratti dismorfici del volto e macroglossia. I parametrici<br />

morfometrici ponevano il sospetto di sindrome da<br />

iperaccrescimento prenatale. L’esame autoptico ha consentito<br />

di apprezzare, oltre alle alterazioni polmonari e cardiache<br />

tipiche dell’immaturità, reni notevolmente aumentati di volume<br />

con marcata dilatazione della pelvi renale. L’uretere è apparso<br />

stenotico prossimalmente sia a destra che a sinistra e al<br />

taglio si è potuta apprezzare una idronefrosi bilaterale senza<br />

evidenza di assottigliamento del parenchima renale che mostrava<br />

una marcata congestione ematica con evidenza, a livello<br />

delle colonne del Bertin, di aree serpiginose di colorito<br />

biancastro.<br />

Conclusioni<br />

Le alterazioni rinvenute nel parenchima renale mostravano<br />

una corteccia nefrogenica talora disorganizzata con evidenza<br />

solo in alcuni punti di strutture riferibili ad apici delle piramidi<br />

del Malpighi, delineando un quadro idronefrotico in un<br />

parenchima renale non giunto ancora a maturazione. Alcune<br />

evidenze in letteratura suggeriscono che le ostruzioni renali<br />

congenite siano conseguenza di disordini primitivi dello sviluppo<br />

renale. Sono descritte sindromi su base genetica in cui<br />

l’ostruzione ureterale si associa ad un quadro malformativo<br />

sistemico. In particolare, l’evidenza dell’iperaccrescimento,<br />

associato alla displasia renale con idronefrosi ed ai tratti dismorfici,<br />

pongono il sospetto di sindrome di Simpson-Golabi-Behmel<br />

(MIM 312870) e Beckwitt-Wiedeman (MIM<br />

130650); la diagnosi differenziale in senso dismorfologico<br />

può essere posta anche con rare forme ad ereditarietà autosomica<br />

recessiva, quali la sindrome Schinzel-Giedion (MIM<br />

269150), la cui origine etio-patogenetica è tuttavia ignota.


266<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

Acephalus acardius amorphous fetus<br />

V. Arena, W. Lattanzi * , E. Stigliano, C. Maggiore, R.P. De<br />

Vincenzo ** , A. Capelli<br />

Istituto di Anatomia Patologica; * Istituto di Anatomia Umana<br />

e Biologia Cellulare; ** Istituto di Clinica Ostetrica Ginecologica,<br />

Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma<br />

Introduzione<br />

Acephalus acardia is among the most severe malformations described<br />

in fetuses, with an incidence of about 1 in 35,000 births.<br />

This condition can be observed in 1% of monozygotic (MZ)<br />

twins and is due to twin-twin transfusion syndrome, frequently<br />

occurring in monochorionic twin pregnancies, when vascular<br />

anastomoses occur in the fused placenta. The pathogenesis of<br />

the acardia resides in the haemodynamical consequences of the<br />

fused placentation and the severity of the syndrome depends<br />

upon the type of the anastomoses arising between the vascular<br />

networks of the two fetuses, configuring the “twin reverse arterial<br />

perfusion syndrome” (TRAP). We report a case of monozygotic<br />

twins, one which being an acephalus acardius amorphus<br />

fetus, showing features of extremely severe sistemic immaturity<br />

with very few structured organs.<br />

Methods<br />

Defined external and autoptic examinations were performed<br />

on the dismorphic twin, along with the histological examination<br />

of tissue samples. The placenta was also examined and<br />

cytogenetical analysis was carried out on different specimens<br />

from the fetus, in order to complete the evaluation of the dismorphic<br />

syndrome.<br />

Results<br />

The fetus appeared as a 33 x 40 cm globular mass of tissue<br />

and the histological examination showed features of extremely<br />

severe sistemic immaturity with few structured organs<br />

within the inner mass. The karyotype was 46, XX. The<br />

placenta was monochorionic biamniotic with superficial<br />

anastomoses between the normal and the acardiac twin umbelical<br />

vessels. The umbilical cord was composed by 1 arterial<br />

and 1 venous vessel in the dismorphic twin while it was<br />

normal in the other twin.<br />

Conclusions<br />

The most severe type of acardiac acephalus malformation is<br />

represented by the acardius amorphous, very few cases with<br />

complete autoptical examination have been described so far.<br />

According to the results obtained by the feto-placental detailed<br />

examination along with the normal female karyotype, we believe<br />

that the low pressure and hypoxigenated blood which<br />

nourished the “perfused” twin (twin-to-twin transfusion syndrome)<br />

could provide the reason for the extremely severe dismorphic<br />

sequence, as suggested by previous scientific reports.<br />

Descrizione di un LBCL EBV e LES relato. Ruolo<br />

della terapia immunosoppressiva nella genesi<br />

di un fenotipo tumorale con particolari<br />

caratteri di aggressività<br />

V. Arena, S. Sioletic, I. Pennacchia, P. Federico, F. De<br />

Giorgio * , E. Stigliano, A. Capelli<br />

Istituto di Anatomia Patologica, * Istituto di Medicina Legale,<br />

Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma<br />

Introduzione<br />

Recenti studi hanno indagato la stretta associazione tra<br />

Epstein Barr virus (EBV), Lupus eritematoso sistemico<br />

(LES) e l’insorgenza di Linfomi non-Hodgkin (LNH) 1 . Il<br />

ruolo dell’EBV nella patogenesi dei LNH è noto da tempo,<br />

meno nota è l’interazione con il LES. Le ragioni di quest’ultima<br />

risiedono nel fatto che l’EBV promuove la proliferazione<br />

B cellulare ed innesca un continuo stimolo antigenico che<br />

in individui predisposti potrebbe determinare il LES. Sono<br />

state inoltre evidenziate delle omologie di sequenza tra gli<br />

autoantigeni del LES e alcune proteine dell’EBV come EB-<br />

NA1 ed EBNA2. Esiste comunque una stretta correlazione<br />

tra LES e insorgenza di linfomi. Studi epidemiologici confermano<br />

nei pazienti con LES una incidenza di LNH quattro<br />

volte superiore alla popolazione normale 2 .<br />

Metodi e risultati<br />

Descriviamo il caso di una giovane donna (49 aa) affetta da<br />

LES dall’età di 20 anni sottoposta a riscontro diagnostico dopo<br />

un breve ricovero in rianimazione per una sospetta sepsi<br />

conseguente ad inappropriata terapia immunosoppressiva.<br />

All’esame macroscopico il quadro appariva quello di una<br />

morte per shock settico con massivi versamenti nelle cavità e<br />

abbondanza di linfonodi che apparivano di aspetto reattivo,<br />

non ponendo alcun sospetto macroscopico di patologia linfomatosa.<br />

L’acceleramento dei fenomeni putrefattivi corroborava<br />

il sospetto di una morte settica. L’esame istologico ha<br />

invece documentato una diffusa infiltrazione linfomatosa<br />

multiorgano (linfonodi, pericardio, rene e tessuti perirenali,<br />

corpo e cervice uterina). La popolazione blastica è risultata<br />

CD20 positiva, con crescita prevalentemente di tipo angiocentrico<br />

e perineurale configurando un quadro morfologico<br />

di Linfoma B a grandi cellule. Gli elementi neoplastici hanno<br />

altresì mostrato positività per EBNA ed LMP-1 indicando<br />

pertanto un ruolo dell’EBV nella patogenesi linfomatosa.<br />

Conclusioni<br />

Il caso da noi descritto suggerisce come la copresenza di una<br />

infezione da EBV e di una condizione di alterata risposta immunitaria<br />

dovuta sia alla malattia di base che alla terapia immunosoppressiva<br />

inappropriata, possa determinare l’insorgenza<br />

di un linfoma B a grandi cellule con caratteri di aggressività<br />

tali da portare rapidamente all’exitus senza possibilità<br />

di diagnosi od eventuale terapia.<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Moon UY, et al. Arthritis Res Ther 2004;6:295-302.<br />

2<br />

Bernatsky S, et al. Arthritis Rheum 2005;52:1481-90.<br />

Significato diagnostico di PPARγ e Galectina 3<br />

nei tumori ben differenziati della tiroide<br />

C. Arizzi, V. Midolo * , A. Pizzocaro ** , G. Franchi, A. Destro,<br />

L. Cozzaglio *** , P. Travaglini ** , S. Bosari * , M. Roncalli,<br />

L. Di Tommaso<br />

U.O. di Anatomia Patologica, Università di Milano, Istituto<br />

Clinico “Humanitas”, Rozzano, Milano, Italia; * Anatomia<br />

Patologica, Università di Milano, Ospedale “S. Paolo”, Milano,<br />

Italia; ** U.O. di Endocrinologia, Istituto Clinico “Humanitas”,<br />

Rozzano, Milano, Italia; *** U.O. di Chirurgia Generale,<br />

Istituto Clinico “Humanitas”, Rozzano, Milano, Italia<br />

Introduzione<br />

L’inquadramento dei tumori follicolari ben differenziati (TF)<br />

è tra i maggiori problemi diagnostici in patologia tiroidea.<br />

Seppur non in maniera univoca, la Galectina 3 (Gal3) è stata<br />

indicata come utile marcatore immunoistochimico di malignità.<br />

A questo stesso scopo, più di recente, è stato introdot-


PATOLOGIE VARIE<br />

267<br />

to l’anticorpo PPARγ come espressione fenotipica della traslocazione<br />

PAX8-PPARγ, specifica dei carcinomi follicolari.<br />

Questo lavoro si propone di comparare l’espressione dei due<br />

anticorpi in una casistica di TF della tiroide.<br />

Metodi<br />

Sono stati considerati 44 TF [19 adenomi follicolari (AF), 3 tumori<br />

follicolari ad incerto potenziale di malignità (TFIPM), 6<br />

carcinomi follicolari minimamente invasivi (CFmi) e 16 carcinomi<br />

follicolari ampiamente invasivi (CFai)] e di ciascun caso<br />

selezionata una sezione rappresentativa. Di ogni lesione sono<br />

stati identificati i due principali aspetti istologici di crescita<br />

(follicolare, microfollicolare, trabecolare, solido); effettuate<br />

due reazioni immunocitochimiche per Gal3 (Santa Cruz) e<br />

PPARγ (Dako), e valutata la loro espressione in relazione all’intensità<br />

[assente, debole, intensa], all’estensione [assente, <<br />

5%, 6-50%, > 50%] ed alla sede [periferica, centrale, entrambe].<br />

Il follow-up medio è stato di 23 mesi (range 0-93).<br />

Risultati<br />

Dei 19 AF 11 risultavano PPARγ-/Gal3-; 4 PPARγ+/Gal3-; 0<br />

PPARγ-/Gal3+; 5 PPARγ+/Gal3+, questi ultimi, istologicamente,<br />

mostravano aree microfollicolari ed in due casi aspetti<br />

di dubbio superamento della capsula. I 3 casi TFIPM risultavano<br />

PPARγ+/Gal3+. Dei 6 casi di CFmi 0 risultavano<br />

PPARγ-/Gal3-; 3 PPARγ+/Gal3-; 1 PPARγ-/Gal3+; 2<br />

PPARγ+/Gal3+. Dei CFai 4 risultavano PPARγ-/Gal3- (prevalentemente<br />

solidi); 5 PPARγ+/Gal3- (prevalentemente microfollicolari);<br />

4 PPARγ-/Gal3+ (prevalentemente follicolari)<br />

e 3 PPARγ+/Gal3+ (microfollicolari e follicolari).<br />

Conclusioni<br />

Franchi adenomi risultano PPARγ-/Gal3-; un gruppo di TF<br />

morfologicamente ancora compatibili con la diagnosi di AF<br />

(9%) mostra aspetti di crescita microfollicolare e<br />

PPARγ+/Gal3+ sovrapponendosi ai TFIPM e suggerendo una<br />

maggiore cautela nella loro gestione. In nessun caso di CFmi<br />

è presente la combinazione PPARγ-/Gal3-; nei CFai l’espressione<br />

di uno o entrambi i marcatori è in relazione a forme ben<br />

differenziate ed il profilo PPARγ-/Gal3- si associa ad aspetti<br />

di scarsa differenziazione. I nostri dati confermano il significato<br />

di Gal3 e PPARγ e ne suggeriscono l’uso combinato.<br />

Vascular endothelial growth factor<br />

expression (VEGF) in salivary glands of young<br />

and old hyperoxic rats<br />

L. Artese, V. Perrotti, C. Di Giulio * , G. Bianchi * , A. Piattelli<br />

Department of Stomatology and Oral Science, University<br />

“G. d’Annunzio” Chieti-Pescara, Chieti, Italy; * Department<br />

of Biomedical Sciences, University “G. d’Annunzio” Chieti-<br />

Pescara, Chieti, Italy<br />

Introduction<br />

Vascular endothelial growth factor (VEGF) represents a family<br />

of secreted growth factors with a high specificity for endothelial<br />

cells. It has been demonstrated the pivotal role of<br />

VEGF in the physiological and physiopathological regulation<br />

of the neoangiogenetic process. The aim of this study was to<br />

evaluate if the hyperoxia and age could influence the expression<br />

of vascular endothelial growth factor (VEGF) in salivary<br />

glands of young and old rats subjected to barium hyperoxia.<br />

Methods<br />

Our study was carried out on four groups of male Wistar rats<br />

(total 24 rats). The rats belonging to the first two groups were<br />

exposed to barium hyperoxia (98-100% O 2<br />

) for a period of<br />

60-65 hours in a large Plexiglas chamber; the other two<br />

groups were control groups. The rats were then anaesthetized<br />

with Nembutal (30 mg/kg) intraperitoneally and then put<br />

down. The submandibular glands were removed and<br />

processed for immunohistochemical analysis of VEGF.<br />

Results<br />

The exposure to hyperoxia decreases salivary gland VEGF<br />

expression in rats. The tissues analyzed (nervous tissue, vascular<br />

endothelium, myo-epithelial cells, ductal endothelium,<br />

mucinous glands) always expressed VEGF, thus demonstrating<br />

that not only vascular endothelial cells, but also the other<br />

elements evaluated, have a role in the neoangiogenesis.<br />

Only in sierous glands, in both normoxic and hyperoxic<br />

young and old rats, the VEGF expression is constantly negative<br />

and it does not influence the neoangiogenetic process.<br />

Conclusions<br />

The vascular growth is a fundamental part of normal salivary<br />

gland development, so we speculate that strategies aimed at<br />

preservation or promotion of salivary gland VEGF expression<br />

may mitigate or attenuate hyperoxia-induced gland microvascular<br />

injury. Further studies specifically aimed at investigating<br />

these prospects as well as undertaking a comprehensive<br />

examination of the effect of O 2<br />

and eventually NO on<br />

VEGF are warranted are warranted.<br />

Chronic hypoxia as a model for studying HIF-<br />

1α, VEGF and NOS during aging<br />

L. Artese, V. Perrotti, A. Piattelli, G. Bianchi * , C. Di Giulio *<br />

Department of Stomathology and Oral Science, University<br />

“G. d’Annunzio”, Chieti-Pescara, Italy; * Department of<br />

Biomedical Sciences, University “G. d’Annunzio”, Chieti-<br />

Pescara, Italy<br />

Introduction<br />

Aging, as a physiological part of life, can be considered a cumulative<br />

result of oxidative damage to cells, deriving from<br />

aerobic metabolism. Aging is characterized by several modifications<br />

that include a reduction in VO 2<br />

, decreased omeostatic<br />

capacity, reduction in ventilatory response and adaptation<br />

to stress. Both chronic hypoxia and chronic hyperoxia are<br />

considered stress stimuli. In these conditions, free radical<br />

species (ROS) are generated, so damaging structural and<br />

functional components of membranes. To test if oxygen sensitive<br />

mechanisms are affected by hypoxia, we studied hypoxia<br />

inducible factor-1alpha (HIF-1alpha), vascular endothelial<br />

growth factor (VEGF) and inducible nitric oxide<br />

synthase (iNOS) expression by immunohistochemical analysis<br />

in young and old rat carotid bodies (CBs) using hypoxia<br />

as a model for modulating aging.<br />

Methods<br />

Four groups each composed by six male Wistar rats, 3 and 24<br />

months old were used. Two groups, each composed by three<br />

rats, were kept in room air (21% O 2<br />

) and used as control. The<br />

other two groups were kept in a Plexiglas chamber and underwent<br />

intermittent hypoxic challenge for 12 days. Carotid<br />

bifurcation of the rats was exposed and carotid body was excised<br />

from each rat and promptly processed for electron microscopy<br />

and immunohistochemistry.<br />

Results<br />

HIF-1α, VEGF and iNOS are expressed in the carotid bodies.<br />

In a normoxic environment, the expression of HIF-1α is high-


268<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

er in the old rats as compared to the young ones, and a lower<br />

expression of VEGF is revealed in the old rats as compared to<br />

the young rats. No significant difference in iNOS expression<br />

could be shown between young and old normoxic rats. On the<br />

other hand, chronic intermittent hypoxia increases HIF-1α expression<br />

in the young and the old rats, and such increase is<br />

more evident in the young rats. VEGF expression is increased<br />

in both young and old hypoxic rats, but such an increase is less<br />

evident in the hypoxic old rats. iNOS is more expressed in the<br />

hypoxic young rats as compared to the hypoxic old ones. In the<br />

CBs, aging shows a reduction in mitochondrial number and<br />

area, these effects are similar to those induced by hypoxia.<br />

Electron microscopy sections showed a reduced mitochondrial<br />

number and area in the aged CBs and during hypoxia.<br />

Conclusions<br />

Less responsiveness to hypoxia could be evidenced in the<br />

aged rats as compared to the young rats, suggesting an age<br />

dependency of the oxygen sensitive mechanisms.<br />

Banca cellule di campioni citologici<br />

criopreservati<br />

V. Ascoli, D. Bosco, C. Carnovale-Scalzo, D. De Mattia,<br />

D. Di Gianvito, L. Grillo, L. Marchese, L. Marinelli, L.<br />

Ranazzi, F. Nardi<br />

Università “La Sapienza”, Dipartimento di Medicina Sperimentale<br />

e Patologia, Roma, Italia<br />

Introduzione<br />

I campioni citologici residui dopo allestimento a fini diagnostici<br />

costituiscono prezioso materiale biologico da conservare<br />

a fini di ricerca. I versamenti sono i campioni più idonei,<br />

essendo vere e proprie colture cellulari in vivo. Un metodo<br />

adeguato per lo stoccaggio di cellule che permetta ampia utilizzazione<br />

(preparazione di strisci, colture cellulari, estrazione<br />

di DNA/RNA) è la criopreservazione.<br />

Metodi<br />

Dal 1993 stiamo criopreservando cellule vitali da campioni<br />

citologici, prevalentemente versamenti intracavitari. Il sedimento<br />

cellulare viene risospeso in DMSO (criopreservante),<br />

siero fetale bovino (fonte proteica) e mezzo di coltura, in proporzioni<br />

1:7:1 in cryovials (1,5 ml) che vengono congelati<br />

lentamente e stoccati a -80°C, in scatole di cartone a 81 pozzetti.<br />

Si congelano inoltre aliquote di liquido dopo separazione<br />

del sedimento e pellets “secchi” (per estrazione DNA).<br />

Risultati<br />

Il materiale criopreservato corrisponde a circa 4.000 cryovials<br />

relativi a 778 casi (Tab. I). Si tratta prevalentemente di<br />

versamenti neoplastici da: (a) carcinoma metastatico (polmone,<br />

mammella, ovaio, pancreas, colon); (b) mesotelioma maligno;<br />

(c) linfoma (secondario o primitivo); (d) altre neoplasie<br />

rare. Un secondo gruppo è costituito da versamenti nonneoplastici<br />

contenenti cellule mesoteliali reattive (cirrosi<br />

HCV o HBV-correlate; pleuro-pneumopatie croniche). Alcuni<br />

campioni scongelati ed utilizzati per valutare la qualità<br />

delle cellule ai fini della conservazione antigenica e per l’estrazione<br />

di DNA ed amplificazione di geni, umani e virali,<br />

sono risultati ottimamente preservati.<br />

Conclusioni<br />

La criopreservazione di materiale citologico è un metodo<br />

semplice che richiede un congelatore -80°C e bassi costi di<br />

consumo. Consente di stoccare cellule di diverse patologie e<br />

cellule “controparti” normali di varia origine (mesoteliale,<br />

epiteliale, linfoide). Presenta diversi vantaggi rispetto alla<br />

criopreservazione di materiale istologico: (a) in caso di neoplasia<br />

la popolazione è > 80% tumorale, non essendo presente<br />

stroma; (b) le cellule sono vitali e pertanto potenzialmente<br />

utilizzabili per colture cellulari; (c) occupano poco spazio;<br />

(d) consente lo studio di patologie particolari come i linfomi<br />

intracavitari primitivi che crescono in fase liquida. Il materiale<br />

stoccato dalla nostra unità di ricerca è disponibile per<br />

future collaborazioni, alla luce della rilevanza di studi multicentrici<br />

in caso di patologie rare.<br />

Banca di materiale biologico di mesotelioma<br />

maligno<br />

V. Ascoli, C. Carnovale-Scalzo, D. De Mattia, D. Bosco,<br />

F. Nardi<br />

Università di Roma “La Sapienza”, Dipartimento di Medicina<br />

Sperimentale e Patologia, Roma, Italia<br />

Introduzione<br />

Con il termine mesotelioma maligno si classificano un grup-<br />

Tab. I<br />

Casi 778 Positivi 416 50% carcinomi metastatici<br />

28% linfomi<br />

21% mesoteliomi<br />

1% miscellanea<br />

Negativi 277 Iperplasia mesoteliale<br />

Linfociti reattivi<br />

Sospetti 85 Neoplastici vs. reattivi<br />

Campioni 932<br />

Versamenti Pleurici 532<br />

Versamenti Peritoneali 337<br />

Versamenti Pericardici 35<br />

Altre tipologie 28<br />

Materiale stoccato 3971<br />

Vials-cellule 1875<br />

Vials-liquidi sopranatanti 2011<br />

Pellets secchi 85


PATOLOGIE VARIE<br />

269<br />

428 campioni relativi a 148 casi di mesotelioma maligno<br />

Versamenti Tessuto Siero/sangue ME Tessuto congelato DNA<br />

Cellule Pellets Liquido Cell-block paraffina periferico<br />

77 1 8 * 65 2 54 3 122 * 9 * 55 * 26 * 12 *<br />

1<br />

57 casi; 2 52 casi; 3 36 casi; * corrisponde al numero di casi; ME = microscopia elettronica<br />

po eterogeneo di varianti clinico-patologiche di neoplasie diverse<br />

sotto il profilo morfologico ed immunofenotipico e molecolare<br />

e di comportamento clinico.<br />

Metodi<br />

Da un archivio (1980-2004) di 270 casi di mesotelioma sono<br />

stati raccolti campioni biologici relativi a un sottogruppo di<br />

148. Il materiale conservato consta di tessuti (in paraffina,<br />

congelati in OCT, o inclusi in resina per la microscopia elettronica),<br />

sieri/sangue periferico, cellule da versamenti (vitali,<br />

pellets “secchi” e citoinclusi in paraffina), liquidi da versamento,<br />

e DNA da sedimento.<br />

Risultati<br />

La Tabella in alto indica i campioni conservati dei 148 casi di<br />

mesotelioma maligno (pleura = 118; peritoneo = 20; pericardio<br />

= 2; sedi multiple = 8) con i seguenti istotipi: non ulteriormente<br />

specificato = 32; epiteliale = 76; bifasico = 26; sarcomatoso =<br />

10; localizzato = 1; mesotelioma ben differenziato del peritoneo<br />

= 3. Per ogni soggetto è stato conservato almeno un tipo di campione<br />

su cui è stata effettuata la diagnosi di mesotelioma (tessuto<br />

o cellule da versamento). Per la maggior parte dei casi sono<br />

stati conservati vari tipi di campioni (tessuto, cellule da versamento).<br />

In altri casi sono stati conservati campioni multipli in<br />

diverse fasi della malattia (esordio, recidive e/o metastasi).<br />

Conclusioni<br />

Abbiamo costituito una banca di materiale biologico di mesotelioma<br />

maligno di casi ben caratterizzati per istotipo ed<br />

immunofenotipo di cui si conoscono anche informazioni rilevanti<br />

per storia di esposizione ad amianto. La diversa tipologia<br />

del materiale raccolto riflette l’evoluzione diagnostica<br />

nell’arco degli ultimi 20 anni. Negli anni ’80 la citologia non<br />

era considerata valida nella diagnosi di certezza di mesotelioma<br />

e i casi venivano accertati sulla base dell’esame istologico<br />

e talvolta mediante microscopia elettronica. Più recentemente,<br />

dopo la standardizzazione di panel di immunoistochimica,<br />

la diagnosi istologica è sempre più accurata e quella citologica<br />

(su citoincluso in paraffina) sempre più accettata in<br />

termini di affidabilità. Alla luce della rarità del mesotelioma<br />

maligno e della rilevanza di studi multicentrici in caso di patologie<br />

rare, il materiale stoccato dalla nostra unità di ricerca<br />

è disponibile per future collaborazioni per caratterizzazioni<br />

molecolari, al fine di valutare eventuali varianti molecolari<br />

e/o con espressione genica differenti.<br />

Danno epatico in corso di malattie HHV8-<br />

associate<br />

V. Ascoli, K. Giannakakis, D. Remotti * , A. Onetti Muda<br />

Università di Roma “La Sapienza”, Dipartimento di Medicina<br />

Sperimentale e Patologia, Roma, Italia; * Azienda Ospedaliera<br />

“S. Camillo - Forlanini”, Roma, Italia<br />

Introduzione<br />

Il virus umano HHV8 è associato a tre disordini di natura displastica/neoplastica:<br />

sarcoma di Kaposi (KS), malattia di Castleman<br />

multicentrica (MCD) e linfoma intracavitario primitivo<br />

(PEL). Il virus è endemico in Italia: 5-25% di sieropositività<br />

nella popolazione generale e fino al 35% in alcune aree in Sardegna<br />

e Sicilia. Le malattie HHV8-relate sono più frequenti,<br />

ma non esclusive, in soggetti coinfettati da HIV. Altro gruppo<br />

a rischio sono i pazienti sottoposti a trapianto d’organo solido<br />

e gli anziani (immunosenescenza). In vivo, HHV8 infetta a vita<br />

i linfociti B. In letteratura non sono molto noti gli aspetti<br />

anatomopatologici dell’infezione in specifici organi. Lo studio<br />

presenta il quadro clinico-patologico relativo al fegato in 5 casi<br />

autoptici di soggetti sieropositivi per HHV8 e coinfettati da<br />

HIV, e affetti da KS e/o MCD e/o PEL.<br />

Metodi<br />

Frammenti di parenchima epatico prelevati in corso di autopsia<br />

di 5 soggetti HIV-positivi di sesso maschile, omosessuali.<br />

(Tabella in basso). Sezioni istologiche di 4 micron sono<br />

state colorate con: ematossilina-eosina, rosso sirio, CK 7, anti-HHV8<br />

(LANA e v-IL-6), anti-HBsAg e anti-HBcAg.<br />

Risultati<br />

Abbiamo osservato le seguenti alterazioni: 1) danno epatocitario<br />

(steatosi e necrosi a ponte); 2) modificazioni della deposizione<br />

della matrice extracellulare (fibrosi portale, esili<br />

setti incompleti); 3) danno biliare (neoduttulogenesi, metaplasia<br />

colangiocitica degli epatociti, attivazione delle cellule<br />

ovali). 4 casi su 5 presentavano infiltrazione dei sinusoidi e<br />

degli spazi portali da parte di cellule linfoidi atipiche HHV8-<br />

positive (LANA-positive); in alcuni casi queste cellule sembrano<br />

avere intimo contatto con gli epatociti.<br />

Conclusioni<br />

Non sembra che in corso di malattie HHV8-relate, il virus<br />

abbia un tropismo per gli epatociti e le cellule dei dotti bi-<br />

N° Sex Età Nascita Autopsia Infezioni virali Malattie HHV8-relate<br />

HIV EBV HHV8 KS MCD PEL-Morfologia<br />

1 M 67 Sardegna SS 1998 Pos Pos Pos No Sì Sì-plasmocitoide<br />

2 M - - 1998 Pos Pos Pos Sì No No<br />

3 M 41 Calabria CS 1998 Pos Neg Pos Sì Sì Sì-anaplastico<br />

4 M 48 Puglia BA 1997 Pos Neg Pos Si Sì Sì-anaplastico<br />

5 M 42 Svizzera 2002 Pos Pos Pos Sì Sì No


270<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

liari. Tuttavia è però presente un danno epatico che si<br />

esprime prevalentemente come sofferenza biliare e/o fibrosi,<br />

in assenza di infezione da HCV e HBV. Il danno è associato<br />

ad infiltrato di cellule linfoidi atipiche HHV8-positive<br />

degli spazi portali e dei sinusoidi (4 casi), compatibile<br />

con compromissione epatica da malattia linfoproliferativa,<br />

oppure è indipendente (1 caso).<br />

Sviluppo, prevenzione e cura di carcinomi<br />

salivari in topi transgenici<br />

M. Baldacci, M. Liberatore, M. Mariotti, T. Pannellini, P.<br />

Ascione, C. Sulpizio, R. Spizzo, L. Borgia, M. Iezzi<br />

Dipartimento di Oncologia e Neuroscienze, Università di<br />

Chieti; Aging Research Center, CeSI, “G. d’Annunzio” University<br />

Foundation, Chieti<br />

Introduzione<br />

I carcinomi delle ghiandole salivari, della parotide in particolare,<br />

costituiscono il 3-5% di tutti i tumori maligni della<br />

testa e del collo. L’amplificazione del gene HER-2 associata<br />

all’inattivazione della p53 sono gli eventi genici che si riscontrano<br />

più frequentemente e che comportano la prognosi<br />

peggiore.<br />

Metodi<br />

Abbiamo dapprima generato i topi transgenici BALB-neuT<br />

nel cui codice è inserito il gene attivato di ratto HER-2 sotto<br />

il “promoter” MMTV. Mentre le femmine di tali animali<br />

sviluppano carcinomi lobulari nella mammella, i maschi a<br />

10 settimane di vita presentano nei dotti intercalari e negli<br />

acini della parotide focolai multipli di iperplasia, prima tipica<br />

poi atipica, che, confluendo, danno luogo a carcinomi<br />

di tipo acinico molto simili a quelli umani. Abbiamo potuto<br />

osservare che solamente durante la fase iperplastica si manifesta<br />

una qualche attività angiogenica e che il cancro si<br />

avvale della rete vascolare precostituita. Abbiamo generato<br />

poi topi BALB-neuT funzionalmente deficitari di p53. In<br />

tale ceppo sia i maschi che le femmine sviluppano nella parotide,<br />

assai precocemente, focolai di iperplasia evolventi<br />

rapidamente in carcinomi indifferenziati metastatizzanti al<br />

polmone. Ripetute vaccinazioni a DNA codificante per il<br />

prodotto del gene HER-2, associate a somministrazioni di<br />

interleuchina 12, durante la fasi di iperplasia e carcinoma<br />

“in situ” sono in grado di proteggere tutte le femmine ed il<br />

50% dei maschi.<br />

Risultati e conclusioni<br />

Le indagini morfologiche (in grado di monitorare nella parotide<br />

il susseguirsi degli eventi anti-vascolari e citotossici<br />

indotti dai trattamenti), insieme alle analisi immunologiche,<br />

indicano che la prevenzione e cura esercitata dalla vaccinazione<br />

si basa essenzialmente sulla produzione di anticorpi<br />

contro la proteina codificata dal Her-2 ed in minor grado<br />

sull’attività anti-angiogenica svolta dall’interleuchina 12.<br />

Increased toll-like receptor 4 expression in<br />

thymus of myasthenic patients with thymitis<br />

and thymic involution<br />

M. Barberis, P. Bernasconi * , F. Baggi * , L. Passerini, M.<br />

Cannone * , E. Arnoldi * , L. Novellino, F. Cornelio * , R Mantegazza<br />

*<br />

Dipartimento di Anatomia Patologica e Medicina di Laboratorio,<br />

Gruppo Multimedica, Milano; * Istituto Neurologico<br />

“Besta”, Milano<br />

Background<br />

Thymic abnormalities are present in about 80% of myasthenia<br />

gravis (MG) patients; the thymus seems to be the main site of<br />

autosensitization to the acetylcholine receptor (AChR).<br />

Materials and methods<br />

In view of findings that the innate immune system can generate<br />

an autoimmune response, we studied the expression of<br />

Toll-like receptors (TLR) 2-5, key components of innate immunity<br />

signaling pathways, in 37 thymuses from patients with<br />

autoimmune MG.<br />

Results<br />

TLR4 mRNA levels were significantly greater in thymitis (hyperplasia<br />

with diffuse B-cell infiltration) and involuted thymus,<br />

than germinal center hyperplasia and thymoma. By immunohistochemistry<br />

and confocal microscopy, cells positive<br />

for TLR4 protein were rare in thymoma; while in thymitis<br />

TLR4 protein was mostly found on epitheliomorphic (cytokeratin-positive)<br />

cells located in close association with clusters of<br />

AChR-positive myoid cells in thymic medulla, and also at the<br />

borders between cortical and medullary areas. B cells were<br />

never TLR4-positive. TLR4 protein was also present in remnant<br />

tissue of involuted thymus.<br />

Conclusions<br />

This is the first observation of a restricted pattern of TLR expression<br />

in pathological MG thymuses. We can speculate that<br />

in a subgroup of MG patients innate immunity might be a<br />

critical step in the development or substaining acquired immunity.<br />

Undifferentiated (embryonal) sarcoma of the<br />

liver: report of a pediatric case with<br />

cytogenetic study<br />

M. Barisella, P. Collini, P. Dagrada, A. Pellegrinelli, M.<br />

Casanova * , A. Ferrari * , C. Meazza * , F. Fossati-Bellani * , V.<br />

Mazzaferro ** , S. Pilotti<br />

Department of Anatomic Pathology; * Unit of Pediatrics; **<br />

Department of Surgery<br />

Introduction<br />

Undifferentiated (embryonal) sarcoma (UES) of the liver 1 is<br />

a rare and aggressive hepatic tumor of older children displaying<br />

a divergent differentiation, reported to have a worst<br />

outcome in older literature.<br />

Case history<br />

We report on a case of UES occurring in a previously healthy<br />

10-year old boy complaining of a serotine fever for 1 month.<br />

A mass was discovered in his right liver resulting on magnetic<br />

resonance as an expansive polycyclic and solid mass of<br />

IV and V hepatic segments with a suspected connection with<br />

the sovrahepatic vein. No elevation of hepatic markers nor<br />

alfa-feto protein were found. A FNAC was performed under


PATOLOGIE VARIE<br />

271<br />

ultra-sound control, which showed a proliferation of pleomorphic,<br />

large, epithelioid cells, adjacent to an area with<br />

periductal tumoral cell condensation and myxoid stroma resembling<br />

the cambium layer of embryonal rhabdomyosarcoma.<br />

Co-expression of AE1-AE3 and 8-18 CKs, vimentin and<br />

desmin led to a diagnosis of UES. The patient underwent 3<br />

cycle of chemotherapy sec VAIA scheme with a > 50% regression<br />

of the liver mass. A right enlarged hepatectomy was<br />

performed 3 months later. It showed a 8.5 cm diffusely jelly<br />

and friable mass, surrounded by a thin fibrous capsule. On<br />

histologic sections, most of the tumor was necrotic with<br />

residual small foci of vital neoplastic cells that showed an IIC<br />

fenotype super imposable to that of the preoperative FNAC.<br />

Classical cytogenetic analysis showed a peculiar cariotype,<br />

i.e., 46XY,del(6)(q23), der(19)t(11;19)(q13.4;q12), similar<br />

but not identical to that reported in both benign liver hamartoma<br />

and liver UES. The child is still alive and well four<br />

months after diagnosis.<br />

Conclusions<br />

Respect to the poor prognosis reported previously, a multimodal<br />

therapeutical approach, consisting of a correct preoperative<br />

diagnosis, feasible also on FNAC, followed by neoadjuvant<br />

chemotherapy and then radical surgery could offer a<br />

better prognosis to patient with UES 2 .<br />

References<br />

1<br />

Lack, et al. Am J Surg Pathol 1991;15:1-16.<br />

2<br />

Bisogno, et al. Cancer 2002;94:252-7.<br />

Decrease in thyroid autoantibodies after<br />

eradication of Helicobacter pylori infection<br />

G. Bertalot, M. Favret, R. Negrini<br />

Dipartimento dei Servizi, Azienda Ospedaliera Desenzano<br />

d/G, Leno (BS), Italia<br />

Introduction<br />

In Italy each year some 250,000 people are affected by autoimmune<br />

thyroid diseases (AITD) and their prevalence<br />

among the adult population of all age groups is 3.5%.<br />

As for most autoimmune diseases, AITDs are thought to arise<br />

from an interaction between genetic and environmental factors.<br />

Two earlier reports described that patients with AITD<br />

have a high incidence of gastric infection by H. pylori.<br />

In this limited case-control study we aimed to further understand<br />

whether H. pylori is implicated in AITD, by evaluating<br />

the effect of H. pylori eradication therapy on the titres of<br />

serum autoantibodies.<br />

Methods<br />

We randomly selected ten patients (all females, mean age 46<br />

years) positive for anti-TPO and positive for H. pylori by the<br />

urea breath test (UBT).<br />

Five of them were treated for H. pylori infection with a triple<br />

therapy regimen for seven days. Eradication was confirmed<br />

by UBT after two months of finishing treatment.<br />

Results<br />

During the follow-up period, four out of the treated patients<br />

showed a considerable decrease in the autoantibody titre,<br />

whereas no significant variations were seen in the five control<br />

patients.<br />

Conclusions<br />

A possible mechanism that explains how an infection in the<br />

stomach can produce pathological effects on a distant organ<br />

is the induction of an autoimmune reaction. We have previously<br />

reported how H. pylori has a special tendency to induce<br />

autoimmunity through a mechanism of antigenic mimicry.<br />

Gastric mucosa infected by H. pylori and thyroid tissue in<br />

AITD are both characterized by the appearance of mucosaassociated<br />

lymphoid tissue (MALT). MALT lymphoid cells<br />

have a strong tendency to re-circulate to the MALT due to<br />

their specific receptors. Given these observations, a possible<br />

pathogenic mechanism could be the following: autoantibodies<br />

and T-helper lymphocytes activated by H. pylori in the<br />

stomach recognise cross-reacting antigens expressed in the<br />

thyroid and initiate a local immuno-inflammatory response.<br />

The release of cryptic antigens by the damaged thyrocytes<br />

aggravates the autoimmune reaction. This process accounts<br />

for the MALT appearance of thyroid tissue. Chronic immune<br />

response induced by H. pylori continues to activate cross-reactive<br />

B and T lymphocytes whose migration to the thyroid<br />

gland is further facilitated by the homing tendency of these<br />

cells to MALT.<br />

These preliminary results suggest that patients with AITD<br />

shoud be examined for the presence of H. pylori because<br />

eradication of the infection could yield clinical benefit in this<br />

disease.<br />

Lipomielomeningocele associato con resti<br />

nefrogenici ectopici<br />

D. Bifano, M.E. Errico, M. Rocco, V. Donofrio<br />

S.C. Anatomia Patologica AORN “Santobono-Pausilipon”,<br />

Napoli<br />

Introduzione<br />

È opinione comune che i resti nefrogenici originino dal blastema<br />

nefrogenico persistente e sono considerati lesioni che<br />

precorrono il tumore di Wilms. Questi resti usualmente occorrono<br />

come lesioni perilobari e intralobari nel rene e, raramente,<br />

in siti ectopici quali cuore, torace, surrene, colon e canale<br />

inguinale. I pochi casi di resti nefrogenici nell’area lombosacrale<br />

sono stati associati, nella maggior parte, con anomalie<br />

spinali.<br />

Riportiamo il caso di un bambino di 6 mesi affetto da lipomielomeningocele.<br />

Macroscopica<br />

Campione costituito da losanga cutanea e da numerosi frammenti<br />

fibroadiposi il maggiore dei quali di cm 4,5 x 4 x 3,5<br />

con area centrale nodulare di cm 2 di diametro massimo, solida.<br />

Microscopica<br />

Nel contesto di tessuto adiposo maturo si osserva tessuto<br />

neurogliale ed ependimale ben differenziati con focale rivestimento<br />

meningeo; l’area nodulare appare non lipomatosa<br />

ma costituita da tessuto renale immaturo disorganizzato con<br />

abbozzi glomerulari e strutture tubulari, anche cisticamente<br />

dilatate; alcuni tubuli immaturi sono circondati da un collaretto<br />

di mesenchima condensato e da lobuli di cartilagine.<br />

Morfologicamente ricorda resti nefrogenici intralobari con<br />

dotti primitivi e foci di cartilagine come si osserva nella displasia<br />

renale.<br />

Conclusioni<br />

Gli aspetti descritti sono consistenti con Lipomielomeningocele<br />

associato con resti nefrogenici ectopici. che ricordano<br />

quelli intralobari e con dotti primitivi circoscritti da mesenchima<br />

e foci di cartilagine come si osserva nella displasia renale.<br />

Si esclude la possibilità di un teratoma con elementi ne-


272<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

frogenici immaturi per l’organizzazione complessiva delle<br />

varie componenti.<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Sharma MC, Arora R, Sharma P, Mehta VS, Sarkar C. Diastematomyelia<br />

associated with ectopic dysplastic renal tissue – report of a<br />

rare case. Child’s Nerv Syst 2001;17:689-92.<br />

2<br />

Horenstein MG, Manci EA, Walker AB, Dehner LP. Lumbosacral ectopic<br />

nephrogenic rest unassociated with spinal dysraphism. Am J<br />

Surg Pathol 2004;28:1389-92.<br />

Analisi frattale in patologia umana<br />

G. Bianciardi, C. Miracco, D. Spina, M.T. Del Vecchio,<br />

M.M. De Santi, P. Luzi<br />

Dipartimento di Patologia Umana e Oncologia, Sezione di<br />

Anatomia e Istologia Patologica, Siena, Italia<br />

Introduzione<br />

Un processo neoplastico esaminato a livello microscopico<br />

presenta una struttura ramificata e complessa che mantiene lo<br />

stesso livello di complessità al cambiare della scala 1 . Questa<br />

è la legge, probabilistica, dell’omotetia base della geometria<br />

frattale fondata da B.B. Mandelbrot.<br />

Da più di una decade l’applicazione di questa geometria allo<br />

studio dei tumori umani ha permesso l’ottenimento di indici<br />

numerici, quali la Dimensione Frattale (D), utili nella diagnosi<br />

e nella prognosi della malattia neoplastica. In questo<br />

Lavoro presentiamo risultati ottenuti presso il nostro dipartimento<br />

nello studio di materiale bioptico utilizzando i principi<br />

dell’analisi frattale.<br />

Metodi<br />

Abbiamo studiato in microscopia ottica il confine del tumore<br />

in biopsie di carcinoma a cellule basali della cute (n = 157) e<br />

di carcinoma invasivo della vescica (n = 27) e il pattern vascolare<br />

in prelievi chirurgici di adenocarcinoma polmonare<br />

(stadio IA, n = 64). In microscopia elettronica è stato analizzato<br />

il contorno del nucleo del linfocita T nella micosi fungoide<br />

(n = 18) e nella dermatite cronica (n = 16). L’analisi<br />

frattale è stata eseguita secondo la metodica del box-counting<br />

mediante apposito software da noi realizzato.<br />

Risultati<br />

I basaliomi infiltrativi, misti e espansivi hanno fornito un valore<br />

medio di D decrescente, statisticamente significativo<br />

(classificazione corretta 75%, p < 0,001). I valori di D del<br />

carcinoma invasivo della vescica è risultato maggiore nel tumore<br />

di alto grado rispetto al basso grado (p < 0,05). I valori<br />

di D dei nuclei dei linfociti T nella micosi fungoide sono<br />

risultati maggiori che nella dermatite cronica (p < 0,001). I<br />

valori di D della vascolarizzazione nell’adenocarcinoma del<br />

polmone è risultata più bassa nei pazienti con sopravvivenza<br />

maggiore.<br />

Conclusioni<br />

In tutte le patologie neoplastiche da noi esaminate l’analisi<br />

frattale è stata in grado di fornire un indice (dimensione frattale)<br />

oggettivo, utile a distinguere tra classi diagnostiche e<br />

nel determinare la prognosi del paziente.<br />

C-kit and PDGFRA expression characterizes<br />

not only AIDS-related but also classic and<br />

iatrogenic type of Kaposi’s sarcoma. An<br />

immunohistochemical and molecular study<br />

N. Bigiani, G. Sartori, L. Schirosi, G. Rossi, M. Migaldi,<br />

G.P. Trentini<br />

Sezione di Anatomia Patologica, Università di Modena e<br />

Reggio Emilia, Modena<br />

Introduction<br />

High levels of c-kit and PDGFRα have been previously detected<br />

in AIDS-related Kaposi’s sarcoma (KS) 1 . In addition,<br />

a clinical benefit has been recently reported using a selective<br />

inhibitor against c-kit and PDGFRα in this setting 2 . We studied<br />

immunoexpression and mutational status of these tyrosine<br />

kinase receptors (TKR) in a series of KS arisen in different<br />

clinical conditions (AIDS-related, iatrogenic and classic<br />

types) in order to have a more comprehensive landscape<br />

of the role of these molecules in KS.<br />

Methods<br />

Thirtheen cases of KS (4 AIDS-related, 4 iatrogenic and 5<br />

classic types) were randomly selected for the study. In all<br />

cases, several 4-micron thick sections were obtained from<br />

formalin-fixed and paraffin-embedded reperesentative<br />

blocks. Immunohistochemical analysis was performed using<br />

c-kit (Dako) and PDGFRα (Santa Cruz) in an automated immunostainer<br />

(Benchmark, Ventana). Sequencing analyses<br />

were performed by PCR and c-kit (exons 9, 11) and<br />

PDGFRα (exon 12) were investigated.<br />

Results<br />

Among iatrogenic KS (post-transplant patients), all expressed<br />

c-kit, while 3 out of 4 stained with PDGFRα. In classic<br />

type KS, 3 co-expressed c-kit and PDGFRα and 2 did not<br />

stain for both. Finally, the AIDS-related KS showed c-kit expression<br />

in 3 and PDGFRα in 2. Of note, nodular stage KS,<br />

regardless of the clinical setting, showed a more pronunced<br />

immunoreactivity. All the 5 cases (1 iatrogenic, 1 AIDS-related,<br />

3 classic) analysed for mutational status revealed a<br />

wild-type set-up.<br />

Conclusions<br />

Our results first show that c-kit and PDGFRα expression<br />

characterizes a subset in all variant of KS and no mutations<br />

were detected at least in the tested exons of these TKR. Given<br />

that some AIDS-related KS patients have had a clinical response<br />

with a selective inhibitor of these type III TKR commonly<br />

used in c-kit mutated gastrointestinal stromal tumors 2<br />

and we did not evidence these mutational events in KS, it has<br />

still to be clarified the involved molecular mechanism related<br />

to the clinical response with targeted therapies. However,<br />

since the TKR set-up in all different KS types seems identical,<br />

it is reasonable to consider this alteranative treatment also<br />

in non AIDS-related KS patients, particularly in posttransplant<br />

subjects in which KS may behave in aggressive<br />

fashion.<br />

References<br />

1<br />

Moses AV, et al. J Virol 2002;76:8383-99.<br />

2<br />

Koon HB, et al. J Clin Oncol 2005;23:982-9.


PATOLOGIE VARIE<br />

273<br />

Il vetrino digitale nella routine diagnostica<br />

istologica<br />

A. Bondi, E. Scarselli, S. Cerasoli, F. Nuzzo, D. Bartolini,<br />

F. Scarpellini, L. Riccioni, L. Mancini, E. Elegibili, I.<br />

Lucchi<br />

Anatomia, Istologia Patologica, Citodiagnostica e Citogenetica,<br />

Azienda USL di Cesena<br />

Il vetrino digitale, impropriamente definito anche “caso virtuale”,<br />

si basa sul trasferimento di tutte le informazioni<br />

morfologiche presenti in un vetrino istologico o citologico in<br />

un file. Si ottiene così una dettagliata foto del vetrino (in<br />

realtà è un collage di molte immagini digitali affiancate) che<br />

viene esaminata sul monitor di un computer grazie ad un adeguato<br />

software che permette i movimenti fra i vari campi del<br />

preparato, in modo simile al funzionamento del tavolino traslatore<br />

di un microscopio. Anche gli ingrandimenti possono<br />

essere variati entro un range (in genere 4x 400x).<br />

Sono state descritte esperienze di teleconsulti che sfruttavano<br />

vetrini digitali, oppure controlli di qualità e verifiche di riproducibilità:<br />

viene qui testata la possibilità di utilizzare uno scanner<br />

di digitalizzazione per vetrini nella routine diagnostica.<br />

Tutti i vetrini relativi a 200 casi istologici consecutivi sono<br />

stati scansionati con uno Mirax-Scan (Zeiss), per un totale di<br />

540 sezioni colorate con ematossilina-eosina. I vetrini digitali<br />

così ottenuti sono stati osservati su un monitor ad alta risoluzione<br />

al posto dei vetrini convenzionali per arrivare alla<br />

diagnosi istologica. Durante lo studio dei casi digitali sono<br />

state richieste le colorazioni speciali ed immunoistochimiche<br />

come usuale, che a loro volta sono state sottoposte a scansione<br />

e consegnate al richiedente in formato digitale. Se il Patologo<br />

era in grado di formulare la diagnosi esclusivamente sui<br />

vetrini digitali, si effettuava la scrittura del referto, il caso veniva<br />

controllato sui vetrini convenzionali da un altro Patologo<br />

senza conoscere la diagnosi formulata sul digitale e, se le<br />

due interpretazioni erano coincidenti, il referto veniva licenziato,<br />

altrimenti il caso era sottoposto a verifica ed eventualmente<br />

ad una terza opinione,<br />

Oltre alla concordanza diagnostica sono stati valutati:<br />

– un parametro soggettivo di affidabilità del caso digitale<br />

percepita dal Patologo: uno score da 0 a 10 per esprimere<br />

l’attendibilità percepita delle immagini digitali;<br />

– il tempo impiegato per la lettura su file, confrontato con<br />

quello richiesto per la lettura convenzionale;<br />

– il numero ed il tipo di colorazioni richieste.<br />

La affidabilità diagnostica è risultata molto alta, anche se alcuni<br />

dettagli tecnici sono migliorabili: la difficoltà maggiore<br />

nel fare “microscopia senza microscopio” è stata l’accettazione<br />

del metodo da parte di patologi con grande esperienza<br />

sulle metodiche convenzionali.<br />

Adenocarcinoma di tipo mammario della<br />

vulva con componente in situ<br />

M. Bonucci, E.D. Rossi, L. Bonito * , A. Cappucci *<br />

Servizio di Anatomia Patologica, Casa di Cura “San Feliciano”<br />

Roma; * U.O. Ostetricia Ginecologia, Casa di Cura<br />

“Santa Famiglia”, Roma<br />

Introduzione<br />

L’adenocarcinoma vulvare di tipo mammario rappresenta una<br />

patologia estremamente rara. In letteratura risultano citati solo<br />

13 casi. Tale tipo di patologia deve la sua origine patogenetica<br />

alla riconosciuta possibilità che il tessuto ectopico<br />

mammario localizzato nella vulva derivi da residui della linea<br />

mammaria.<br />

Metodi<br />

Una paziente di 53 anni viene inviata all’esame ginecologico<br />

per la presenza di una lesione rilevata di cm 1,5. sottocutanea<br />

sul grande labbro sinistro. La lesione viene asportata con una<br />

piccola losanga di cute sovrastante. L’esame macroscopico<br />

evidenzia una neoformazione di 1,2 cm di colorito biancastro<br />

e margini poco definibili.<br />

Risultati<br />

L’esame istologico mostra una proliferazione di dotti atipici<br />

che infiltrano il tessuto adiposo; aspetti morfologici compatibili<br />

con un carcinoma mammario. Lo studio mammario<br />

ha dato solo l’evidenza di un’area di carcinoma duttale in<br />

situ del seno sinistro con linfonodo “sentinella” negativo.<br />

La diagnosi viene conclusa come adenocarcinoma vulvare<br />

di tipo mammario (G2) infiltrante il tessuto fibroadiposo<br />

con ampia componente di carcinoma in situ di tipo solido<br />

pari al 60%.<br />

Conclusioni<br />

Tale neoplasia tende a metastatizzare molto precocemente ed<br />

a presentare una prognosi sfavorevole. Tale patologia vista la<br />

rarità della casistica non presenta chiare linee guida nel management.<br />

Fibro-miofibromatosi infantile<br />

M. Bonucci, E.D. Rossi, G.L. Corsetti * , E. Torri *<br />

Servizio di Anatomia Patologica; * Servizio di Otorinolaringoiatria,<br />

Casa di Cura “San Feliciano”, Roma<br />

Introduzione<br />

La fibro-miofibromatosi rappresenta una entità patologica<br />

descritta con diverse terminologie a partire dal 1951. Questa<br />

patologia è costituita da una proliferazione benigna di fibroblasti<br />

e miofibroblasti con una presentazione bifasica di elementi<br />

fusati con una zona centrale costituita da cellule non<br />

ben differenziate e focalmente organizzate in un pattern simile<br />

all’emengiopericitoma. Questa patologia viene descritta<br />

nei bambini sotto i due anni di cui circa i 2/3 alla nascita. La<br />

manifestazione clinica più tipica consiste in una lesione non<br />

dolente e consistenza soffice con differenti pattern di crescita<br />

spesso con ulcerazioni.<br />

Metodi<br />

Il nostro caso è rappresentato da una bambina di 5 anni che<br />

in corso di adenoidectomia ha mostrato una lesione ipofaringea<br />

aggettante nel lume di circa 2 cm che l’otorino ha asportato<br />

con ansa diatermia. La neoformazione di colorito roseo<br />

e di consistenza molle teso elastica al taglio mostrava una architettura<br />

fascicolata.<br />

Risultati<br />

L’esame istologico evidenzia una proliferazione fibroblastica<br />

e mioide in fascicoli, con focale pattern emangiopericitoma<br />

simile, scarsissime mitosi, coerente con la diagnosi istologica<br />

di fibro-miofibromatosi infantile.<br />

Conclusioni<br />

Tale patologia richiede una ampia escissione per la sua intrinseca,<br />

anche se bassa, capacità di recidivare. Questo caso<br />

si è presentato in un’età più elevata della norma, senza ulcerazioni<br />

ed in assenza di sintomatologia.


274<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

Osteosarcoma extrascheletrico primitivo<br />

cardiaco con aree condroblastiche (G3)<br />

M. Bonucci, E.D. Rossi<br />

Servizio di Anatomia Patologica e Citopatologia Diagnostica,<br />

Casa di Cura “San Feliciano”, Roma<br />

Introduzione<br />

I tumori primitivi cardiaci rappresentano una entità di non<br />

frequente riscontro diagnostico. La maggior parte sono tumori<br />

primitivi benigni di cui il 75% costituiti da mixomi<br />

atriali. I tumori maligni sono prevalentemente sarcomi tra cui<br />

il sarcoma osteogenico risulta una delle più rare entità con<br />

solo 30 casi citati in letteratura.<br />

Metodi<br />

Un nuovo caso viene da noi riportato in una paziente di 62<br />

anni che si presenta al cardiochirurgo con diagnosi ecografica<br />

di neoformazione striale sinistra di 5,5 cm di diametro ad<br />

ecostruttura disomogenea. La neoformazione ha rapporti con<br />

la parete posterolaterale dell’atrio sinistro ed impegna parzialmente<br />

l’ostio atrioventricolare, con infiltrazione dell’ostio<br />

delle vene polmonari di sinistra e della base del cuore. La<br />

paziente viene sottoposta ad intervento chirurgico con parziale<br />

debulking della neoformazione atriale.<br />

Risultati<br />

L’esame macroscopico evidenzia una serie di frammenti di<br />

consistenza duro-calcifica, teso elastica e molle. L’esame<br />

istologico evidenzia una proliferazione neoplastica caratterizzata<br />

da aree di cartilagine maligna diffusamente cellulata,<br />

aree a cellule fusate e cellule giganti ed aree di ossificazione<br />

maligna con abbondante osteoide. La proliferazione risulta<br />

positiva alla colorazione per S100, Vicentina e negativa per<br />

CD34, Actina muscolo specifico (HHF35), Citocheratina.<br />

Conclusione<br />

La diagnosi istologica definitiva conclude per osteosarcoma<br />

extrascheletrico con aree condroblastiche (G3).<br />

La prognosi a lungo termine per tali sarcomi risulta limitata<br />

anche dovuta alla non completa radicalità chirurgica. I trattamenti<br />

radio e chemioterapici possono essere utilizzati senza<br />

tuttavia risultare di grosso successo. L’osteosarcoma primitivo<br />

cardiaco con differenziazione condroblastica rappresenta<br />

una rara entità istologica. La componente condrosarcomatosa<br />

in questo caso abbastanza preponderante, pone il problema<br />

di diagnosi differenziale con la ben più rara forma di condrosarcoma<br />

primitivo cardiaco; la presenza di diffusa osteoide<br />

maligna dà in finale la caratterizzazione della lesione come<br />

osteosarcoma primitivo cardiaco.<br />

Adrenocortical carcinomas: case report and<br />

review of the literature<br />

F. Brunelli, T. Curti, P. Siciliano, S. Discepoli<br />

ASL Avezzano, Sulmona, P.O. Avezzano, U.O. Anatomia Patologica<br />

Introduction<br />

Medical records of patients with the diagnosis of adrenal carcinoma<br />

(ADC) between 1990 and 2005 were reviewed. ADC<br />

is a rare and highly malignant tumour with up to 70% of the<br />

patients diagnosed at an advanced clinical stage, up to 40%<br />

presenting with metastases. The annual incidence is of 1 to 2<br />

cases per million people. It is a very aggressive tumor, with<br />

a median survival of 28 months, and is slightly more common<br />

in women (58.6%) than in man (41.4%). The etiology of<br />

disease is still unknown. Most ADC are hormone functional.<br />

These tumors most commonly produce cortisol (30%), then<br />

androgens (20%), estrogens (10%) or aldosterone (2%). The<br />

most common clinical finding was a recent diagnosis of moderate-to-severe<br />

hypertension (68%), poorly controlled by<br />

pharmacological treatment 1 .<br />

Case report<br />

We report a rare case of low-stage ADC of the left adrenal<br />

gland, of a 29-year-old man. The large (cm 10 x 6), non-functioning<br />

and poorly-differentiated ADC was metastatic to the<br />

liver and lung at time of the diagnosis. The positivity for<br />

synaptophysin and vimentin was detected. The moderate hypertension<br />

was only symptom, poorly – controlled by pharmacological<br />

treatment.<br />

After surgery also chemotherapy treatment was performed,<br />

(caelix 50 mg, cisplatin 60 mg, ciclofosfamide 500 mg). Results<br />

of treatment are not satisfying.<br />

Conclusions<br />

This tumor have an unpredictable prognosis. A number of<br />

prognostic factors have been identified in patients with ADC,<br />

but criteria predicting survival are not uniform. Factors associated<br />

with a worse prognosis were stage of disease, nonoperative<br />

management, positive surgical margins, vascular invasion,<br />

and older age. In conclusion, curative surgery was the<br />

most effective treatment. Treatment also includes chemotherapy,<br />

especially with mitotane, usually in combination with<br />

doxorubicin, etoposide, and cisplatin. Results of treatment<br />

are not satisfying, so adjuvant multicenter trials are still underway.<br />

Tumor morphology is a better predictor of metastatic<br />

risk in ADC than current immunohistochemistry-detected<br />

cell cycle regulatory and proliferation-associated proteins.<br />

Survival for ADC is poor. Even after complete surgical excision,<br />

up to 80% of the patients show locoregional recurrence<br />

or metastases 2 . Monitoring arterial pressure, endocrine parameters,<br />

and metabolic parameters can be helpful for the early<br />

detection of ADC recurrences.<br />

References<br />

1<br />

Gomez-Rivera F, et al. Adrenocortical carcinomas: twelve – year prospective<br />

experience. Am Surg 2005;71:90-4.<br />

2<br />

Meyer A, et al. Long-term survival over 28 years of a patient with metastatic<br />

adrenal cortical carcinoma-case report. Anticancer Res<br />

2004;24:1901-4.<br />

Carcinomi a cellule renali di tipo cromofobo<br />

aggressivi: studio di citogenetica in interfase<br />

M. Brunelli * *** , S. Gobbo * , M. Pea * , R. Colombari *** , M.<br />

Chilosi * , A. Scarpa * , F. Bonetti * , F. Menestrina * , G. Martignoni<br />

**<br />

*<br />

Anatomia Patologica, Università di Verona; ** Università di<br />

Sassari; *** Ospedale di Arzignano, Vicenza<br />

Introduzione<br />

Il carcinoma a cellule renali di tipo cromofobo (chRCC) è un<br />

tumore che metastatizza in rari casi. Il chRCC primitivo presenta<br />

un assetto di anomali cromosomiche numeriche come la<br />

monosomia dei cromosomi 1, 2, 6, 10 e 17. Tali anomalie cromosomiche<br />

non sono state studiate nelle varianti aggressive<br />

del chRCC (lesioni metastatiche e/o varianti sarcomatoidi).<br />

Metodi<br />

Abbiamo raccolto 10 casi di chRCC aggressivi, 3 con metastasi<br />

a distanza nel polmone, nel pancreas e nei linfonodi re-


PATOLOGIE VARIE<br />

275<br />

troperitoneali rispettivamente 10, 12 e 5 anni dopo la nefrectomia<br />

e 7 casi con trasformazione sarcomatoide. Abbiamo<br />

eseguito l’analisi di ibridazione in situ fluorescente (FISH)<br />

su materiale incluso in paraffina, utilizzando sonde centromeriche<br />

per i cromosomi 1, 2, 6, 10 e 17. I segnali sono stati<br />

contati in un numero di nuclei variabile da 100-200.<br />

Risultati<br />

Nei 3 casi con metastasi abbiamo rilevato un pattern costituito<br />

da un singolo segnale presente in tutti i cromosomi sia nella<br />

lesione primitiva che nelle relative metastasi (pancreas,<br />

polmone) (20% dei casi totali) (singolo segnale nel 66-88%<br />

dei nuclei); un pattern costituito da doppio segnale fluorescente<br />

presente in tutti i cromosomi sia nella lesione primitiva<br />

che nelle metastasi linfonodali (10%) (doppio segnale in ><br />

78% dei nuclei). Un caso (10%) con trasformazione sarcomatoide<br />

presentava come anomalie un singolo segnale per i<br />

cromosomi 1, 6, e 17 nella porzione epiteliale e nella porzione<br />

sarcomatoide e tre/più segnali per il cromosoma 10 e 17<br />

nella porzione sarcomatoide; 3 casi (30%) presentavano un<br />

pattern privo di anomalie nella porzione epiteliale ed aberranti<br />

(mosaico) nella porzione sarcomatoide quali la simultanea<br />

presenza di singolo e tre o più segnali fluorescenti per<br />

tutti i cromosomi; 3 casi (30%) avevano aberrazioni cromosomiche<br />

numeriche (mosaico) sia nella componente epiteliale<br />

che nella componente sarcomatoide.<br />

Conclusioni<br />

1) tre pattern di anomalie cromosomiche numeriche caratterizzano<br />

le varianti aggressive dei chRCC; 2) il pattern di anomali<br />

cromosomiche presenti nei chRCC con metastasi sono<br />

le stesse sia nella lesione renale che in quella metastatica; 3)<br />

la componente sarcomatoide dei chRCC ha anomalie cromosomiche<br />

più frequenti della componente epiteliale e più complesse<br />

(mosaico); 4) nella diagnosi differenziale delle lesioni<br />

metastatiche alla valutazione morfologica tali pattern di anomalie<br />

possono avvalorare l’ipotesi di una origine renale e con<br />

istotipo chRCC.<br />

Adenoma pleomorfo a localizzazione<br />

mammaria: case report<br />

G. Calvisi * , S. Saltarelli * , A.R. Vitale, D. Barbera, V.<br />

Ciuffetelli, M. De Vito<br />

Università dell’Aquila, Dipartimento di Medicina Sperimentale,<br />

Cattedra di Anatomia Patologica; * ASL4 U.O. Anatomia<br />

Patologica<br />

Introduzione<br />

L’adenoma pleomorfo (AP) è la neoplasia più comune delle<br />

ghiandole salivari, rappresentando il 60%-65% di tutti i tumori<br />

della ghiandola parotide ed il 45% dei tumori delle<br />

ghiandole salivari minori. È stato descritto in sedi meno comuni<br />

quali: seni paranasali, laringe e palato; a livello cutaneo<br />

è più noto come “siringoma condroide”. La localizzazione<br />

mammaria appare un’evenienza rara 1 . È più frequente nel<br />

5°-6° decennio di vita, con una predominanza nel sesso femminile<br />

(60%).<br />

Caso clinico<br />

Paziente di 80 aa che all’esame obiettivo presentava una tumefazione<br />

adesa ai piani superficiali, mobile rispetto ai piani<br />

profondi, non dolente né dolorabile, in sede sottoareolare destra.<br />

All’esame ecotomografico la formazione nodulare appariva<br />

a pareti calcifiche, con multiple calcificazioni interne,<br />

delle dimensioni di mm 17,8 x 15,5 x 16,7, a margini lievemente<br />

irregolari. I cavi ascellari apparivano liberi. La paziente<br />

veniva sottoposta a tumorectomia.<br />

Risultati<br />

All’esame macroscopico il campione operatorio appariva di<br />

consistenza dura, di colore biancastro, apparentemente capsulato.<br />

Previa inclusione in paraffina, il campione è stato colorato<br />

con ematossilina eosina e sottoposto ad indagini immunoistochimiche.<br />

L’esame istologico ha evidenziato cellule di<br />

natura epiteliale disposte in strutture duttali e cordonali intersecantesi<br />

e cellule di tipo mioepiteliale. Lo stroma interposto<br />

si presentava di tipo denso, con aree mixoidi ed aree di metaplasia<br />

condroide ed ossea. Le indagini immunoistochimiche<br />

evidenziavano positività per S100 e vimentina ed in minor misura<br />

per actina e p63 nella maggior parte delle cellule. Il quadro<br />

morfologico era indicativo di adenoma pleomorfo.<br />

Discussione<br />

Sebbene di raro riscontro, la localizzazione mammaria dell’adenoma<br />

pleomorfo non è sorprendente in quanto la mammella,<br />

essendo una ghiandola sudoripara modificata, condivide<br />

con le ghiandole salivari e la cute la medesima origine<br />

embriologica. Nel caso in esame la diagnosi differenziale si<br />

poneva con il carcinoma metaplastico ed il papilloma intraduttale<br />

con differenziazione ossea e condroide. Nel primo vi<br />

è la presenza di cellule epiteliali poco differenziate infiltranti,<br />

frammiste ad elementi mesenchimali atipici o francamente<br />

maligni (minime atipie nell’AP). Nel secondo invece manca<br />

la componente mioepiteliale (caratteristica dell’AP).<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Reid-Nicholson M, et al. Arch Pathos Lab Med 2003;127:474-7.<br />

Metastasi pancreatiche da carcinoma renale<br />

a cellule chiare<br />

D. Campani, L.E. Pollina, N. Funel, M. Menicagli, U.<br />

Boggi, M. Del Chiaro, G. Bevilacqua<br />

Divisione di Anatomia Patologica e Diagnostica Molecolare<br />

ed Ultrastrutturale e Centro di Riferimento Regionale Toscano<br />

per la Cura delle Malattie del Pancreas, Dipartimento di<br />

Oncologia, Università di Pisa ed Azienda Ospedaliera-Universitaria<br />

di Pisa<br />

Introduzione<br />

Il pancreas è sede inusuale di metastasi rappresentando meno<br />

del 5% di tutte le neoplasie pancreatiche. Le neoplasie che<br />

più frequentemente metastatizzano al pancreas sono il carcinoma<br />

della mammella, del polmone, della cute (melanoma) e<br />

del rene. Il carcinoma renale ha particolare predisposizione a<br />

metastatizzare in siti rari, come tiroide e pancreas e le metastasi<br />

solitarie al pancreas sono difficilmente distinguibili da<br />

un carcinoma pancreatico primitivo. Un’adeguata anamnesi<br />

che escluda un pregresso carcinoma renale è essenziale per<br />

un corretto orientamento diagnostico prima della resezione<br />

pancreatica. In questo studio viene riportata la casistica del<br />

Centro di Riferimento Toscano per la Cura delle Malattie del<br />

Pancreas.<br />

Materiali e metodi<br />

Da 232 resezioni pancreatiche, eseguite dal 2001 al 2005, sono<br />

stati selezionati 6 casi di metastasi da carcinoma renale<br />

(2,6%).<br />

Risultati<br />

L’età media dei pazienti era 65 anni (range 52-73) 2 maschi<br />

e 4 femmine. L’intervallo mediano tra la diagnosi di carcino-


276<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

ma renale e il riscontro della metastasi pancreatica era di 96<br />

mesi (range 0-192). In 2 casi con metastasi singola nella testa<br />

del pancreas è stata eseguita duodeno-cefalo-pancreasectomia<br />

(DCP). In 1 caso con metastasi multiple localizzate alla<br />

testa del pancreas è stata eseguita DCP. In 1 caso con una<br />

metastasi cefalopancreatica ed una nel corpo veniva eseguita<br />

DCP ed enucleazione della lesione del corpo. Due casi presentavano<br />

metastasi multiple nella testa e nel corpo-coda e i<br />

pazienti sono stati sottoposti a pancreasectomia totale, in 1 di<br />

questi la metastasi pancreatica era sincrona al carcinoma renale<br />

ed il paziente è stato sottoposto anche a nefrectomia. Le<br />

dimensioni dei noduli pancreatici variavano da 3 mm a 60<br />

mm. La diagnosi istologica in tutti i casi era di carcinoma a<br />

cellule chiare interpretata come metastasi da carcinoma renale<br />

sulla base dell’anamnesi dei pazienti. I linfonodi regionali<br />

erano in media 25 (range 16-53) e risultavano tutti negativi<br />

per metastasi.<br />

Conclusioni<br />

Poiché il carcinoma a cellule chiare del pancreas rappresenta<br />

un’entità molto rara è necessaria un’accurata anamnesi del<br />

paziente per escludere la possibilità di metastasi da carcinoma<br />

renale. Queste possono manifestarsi anche molti anni dopo<br />

l’insorgenza della neoplasia primitiva. La bassa frequenza<br />

di complicanze post-operatorie nelle resezioni pancreatiche<br />

permette di migliorare la prognosi dei pazienti con metastasi<br />

da carcinoma renale.<br />

Expression of CD205 (DEC-205), a receptor<br />

involved in antigen-processing, in thymic<br />

epithelial tumours<br />

M. Chilosi, A. Brighenti, A. Zamò, S. Pedron, L. Montagna,<br />

P. Piccoli<br />

Anatomia Patologica, Dipartimento di Patologia, Università<br />

di Verona<br />

CD205 (also known as DEC-205), is a membrane protein acting<br />

as an endocytic receptor for extracellular antigens. Accordingly,<br />

high expression of the molecule is observed in mature<br />

antigen-presenting dendritic cells, including interdigitating<br />

and Langerhans’ cells. In these cell subsets CD205 is involved<br />

in antigen processing, greatly enhancing the efficiency<br />

of antigen presentation. Interestingly, CD205 is also expressed<br />

by cortical thymic epithelial cells, where the receptor<br />

is involved in the clearance of apoptotic thymocytes. This<br />

phenomenon is intriguing since impaired clearance of apoptotic<br />

cells has been suggested to be involved in the development<br />

of autoimmunity. Nevertheless, information regarding<br />

the expression of CD205 in thymic epithelial tumours (TET)<br />

is currently not available. In this study we have investigated a<br />

series of human TET by immunohistochemistry using the<br />

monoclonal antibody NCL-L-DEC205 and the Bond Polymer<br />

Detection System (Novocastra - Menarini). In control thymic<br />

samples CD205 immunoreactivity was restricted to cortical<br />

epithelial cells and medullary interdigitating dendritic cells,<br />

as previously described. TET were classified following<br />

W.H.O. criteria as A (3 cases), AB (3 cases), B1 (3 cases), B2<br />

(3 cases), B3 (3 cases), and thymic carcinoma (1 case). Neoplastic<br />

epithelial cells of all types of TET were intensely immunoreactive<br />

for CD205, with the exception of the case of<br />

thymic carcinoma where neoplastic epithelial cells were completely<br />

negative. Focal aggregates of negative cells were also<br />

present in one B3 sample, characterised by more atypical<br />

morphology. In our opinion these data are relevant for the following<br />

reasons: first, the expression of CD205 is maintained<br />

in all types of thymomas, without any relation with their putative<br />

origin (e.g. cortical versus medullary). These data are in<br />

line with the recent demonstration of a common thymic epithelial<br />

cell precursor. Second, the observation of heterogeneity<br />

of CD205 expression in thymomas and thymic carcinoma<br />

suggests that this marker could be associated with undifferentiated<br />

and aggressive features, thus representing a useful diagnostic<br />

marker. Further study is needed on larger series to<br />

evaluate this interesting possibility.<br />

Sarcoma a cellule follicolari dendritiche con<br />

componente sarcomatoide a localizzazione<br />

intracranica: case report<br />

A. Chiominto * , G. Coletti * , D. Barbera, V. Ciuffetelli, R.<br />

De Franco, P. Leocata<br />

Università dell’Aquila, Dipartimento di Medicina Sperimentale,<br />

Cattedra Anatomia Patologica; * ASL 4 L’Aquila, U.O.<br />

Anatomia Patologica<br />

Introduzione<br />

Il sarcoma a cellule follicolari dendritiche è una rara neoplasia<br />

a sede nodale ed extranodale tipica dell’età adulta, che<br />

colpisce entrambi i sessi con eguale prevalenza.<br />

Le sedi extranodali più comuni sono: tonsille, nasofaringe,<br />

pancreas, tessuti peripancreatici e peritoneali. Nel 2003 Hasselblat<br />

et al. ne hanno descritto un caso a localizzazione intracranica<br />

1 .<br />

Caso clinico<br />

Il caso giunto alla nostra osservazione è relativo ad un paziente<br />

di 81 aa ricoverato per trauma cranico; all’esame CT<br />

veniva riscontrata la presenza di una lesione nodulare a sede<br />

parietale-parasagittale destra, confermata da una MR con<br />

mdc. Il paziente, che 2 anni prima era stato nefrectomizzato<br />

per carcinoma renale, veniva sottoposto ad intervento chirurgico.<br />

Il campione operatorio misurava cm 3,5 x 3 x 2,8 e presentava<br />

contorni netti e aspetto lobulato. Previa inclusione in paraffina,<br />

è stato colorato con ematossilina-eosina e sottoposto<br />

a colorazioni immunoistochimiche.<br />

Risultati<br />

L’esame istologico ha evidenziato un tessuto neoplastico a<br />

contorni ben definiti, costituito da fasci di ampie cellule fusate,<br />

anche in sede perivascolare, disposte in pattern prevalentemente<br />

vorticoide; tali cellule presentavano citoplasma<br />

eosinofilo ed ampio nucleo vescicoloso, spesso provvisto di<br />

piccoli nucleoli; piccoli linfociti apparivano associati alle<br />

cellule neoplastiche. Erano presenti figure mitotiche in numero<br />

di 4-5 x 10/HPF ed aree di necrosi. Il tessuto neoplastico<br />

era positivo per vimentina, CD68, CD35, CD23, fascina e<br />

focalmente per EMA. Alcuni cluster di cellule erano positive<br />

per CK AE1/AE3 e CK8.<br />

Veniva posta diagnosi di sarcoma a cellule follicolari dendritiche<br />

(FDCs) con componente sarcomatosa rappresentata da<br />

fibroblastic reticulum cells.<br />

Conclusioni<br />

L’FDC sarcoma è una rara neoplasia a malignità intermedia<br />

caratterizzata da recidive locali, ma potenzialmente metastatizzante.<br />

Di fondamentale importanza per la diagnosi sono<br />

l’esame morfologico e le colorazioni immunoistochimiche,<br />

tipicamente positive per CD21, CD23 e CD35. La positività


PATOLOGIE VARIE<br />

277<br />

per tali marker consente di porre diagnosi differenziale con<br />

gli altri tumori a cellule dendritiche; la negatività per cheratine<br />

e desmina dirime invece problemi di diagnosi differenziale.<br />

Alcune caratteristiche morfologiche, sovrapponibili a<br />

quelle dei meningiomi, possono indurre ad una sottostima dei<br />

FDCs a localizzazione intracranica.<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Hasselblatt M, et al. J Neurosurg 2003;99:1089-90.<br />

Rilievi morfologici ed immunoistochimici su<br />

un caso di carcinoide associato a struma<br />

ovarico<br />

M. Chimenz * , P. Napoli, M. Starrantino, M.P. Sciacca, M.<br />

Righi * , R.A. Caruso *<br />

Servizio di Anatomia Patologica, Ospedale “Piemonte”;<br />

*<br />

Dipartimento di Patologia Umana, Policlinico Universitario,<br />

Messina<br />

Gli Autori descrivono un caso di carcinoide associato a struma<br />

ovarico, asportato chirurgicamente ad una paziente di 38<br />

anni. L’esame microscopico della lesione ha evidenziato follicoli<br />

tiroidei contenenti colloide, inclusi in un connettivo<br />

denso contenente un carcinoide trabecolare. L’indagine immunoistochimica<br />

mostra la positività per cromogranina e sinaptofisina<br />

nella componente carcinoide, mentre la tireoglobulina<br />

è presente nell’epitelio follicolare tiroideo. L’indice di<br />

proliferazione (MIB1) evidenzia una positività pari al 3%<br />

nelle cellule del carcinoide. Lo struma ovarico associato a<br />

carcinoide è una lesione proliferativa benigna, che può essere<br />

erroneamente diagnosticata come adenocarcinoma. Il riconoscimento<br />

di tale rara entità è quindi importante, in quanto<br />

il trattamento chirurgico è curativo.<br />

Carcinoma a cellule renali: valutazione<br />

dell’istotipo come fattore prognostico<br />

D. Dalfior * , A. Parisi * , L. Bortesi * , I. Franceschetti * , A.<br />

Caneva **** , V. Ficarra ** , P. Cossu Rocca *** , M. Brunelli *<br />

****<br />

, M. Pea * , F. Menestrina * , G. Martignoni ***<br />

*<br />

Anatomia Patologica, ** Clinica Urologica, Università<br />

di Verona; *** Anatomia Patologica, Università di Sassari;<br />

****<br />

Ospedale di Arzignano, Vicenza<br />

Introduzione<br />

Vi sono dati discordanti riguardo il ruolo dell’istotipo del carcinoma<br />

del rene come fattore prognostico. Lo scopo di questo<br />

studio è quello di valutarne l’importanza su 491 casi.<br />

Metodi<br />

Abbiamo considerato 491 carcinomi a cellule renali consecutivi<br />

sottoposti a nefrectomia e/o enucleazione dal 1986 al<br />

2000. Tutti i preparati istologici sono stati rivisti da un patologo<br />

che ne ha ridefinito l’istotipo in accordo con la classificazione<br />

dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO)<br />

del 2004. Le curve di sopravvivenza causa-specifica sono<br />

state comparate mediante log rank test (p < 0,05 a due code).<br />

Risultati<br />

I 491 carcinomi sono stati così suddivisi: 388 (79%) a cellule<br />

chiare, 57 papillari (11,6%), 25 cromofobi (5,1%), 8 dei<br />

dotti collettori (1,6%) e 16 inclassificabili (3,2%). Il followup<br />

mediano era di 54 mesi (range interquartile 24-96 mesi).<br />

Nell’analisi dei tre istotipi più frequenti la sopravvivenza<br />

causa-specifica era peggiore nell’istotipo a cellule chiare (sopravvivenza<br />

a 5 anni dell’81,3%), rispetto all’istotipo papillare<br />

(p = 0,04) (sopravvivenza a 5 anni del 90,1%) e cromofobo<br />

(p = 0,01) (sopravvivenza a 5 anni del 100%); non vi<br />

sono differenze di sopravvivenza causa-specifica statisticamente<br />

significative tra l’istotipo papillare e cromofobo (p =<br />

0,13). I pazienti affetti dal carcinoma dei dotti collettori hanno<br />

una mediana di sopravvivenza di 12 mesi.<br />

Conclusioni<br />

1) la recente classificazione WHO suddivide istotipi con prognosi<br />

diverse; 2) tra gli istotipi più frequenti il carcinoma a<br />

cellule chiare risulta più aggressivo di quello papillare e cromofobo;<br />

3) il carcinoma dei dotti collettori ha prognosi severa;<br />

4) la sopravvivenza dei pazienti con carcinoma inclassificabile<br />

mostra diverse curve di sopravvivenza ed ulteriori studi<br />

sono necessari per distinguere nel loro ambito categorie di<br />

carcinomi con comportamento biologico distinto.<br />

The IL-12rβ2 gene protects from<br />

autoimmunity and functions as a tumor<br />

suppressor in B cell malignancies<br />

E. Di Carlo, I. Airoldi * , C. Sorrentino, T. D’Antuono, B. Banelli<br />

** , L. Moserle *** , E. Rossi **** , A. Amadori *** , V. Pistoia *<br />

Department of Oncology and Neurosciences, Surgical Pathology<br />

Section, “G. d’Annunzio” University, Chieti, Italy; * Laboratory<br />

of Oncology, “G. Gaslini” Institute, Genoa, Italy;<br />

**<br />

Laboratory of Tumor Genetics, Istituto Nazionale per la<br />

Ricerca sul Cancro, Genoa, Italy; *** Department of Oncology<br />

and Surgical Sciences, University of Padua, Padua,<br />

Italy; **** Department of Hematology, Azienda Ospedaliera<br />

“S. Martino”, Genoa, Italy<br />

Introduction<br />

IL-12 is a cytokine endowed with a powerful antitumor activity<br />

that binds to a receptor (R) composed of the β1 chain<br />

and the β2 chain which is a specific IL-12R component.<br />

We have previously shown that lymphoblastoid B cell lines<br />

(LCLs) and Burkitt lymphoma (BL) cell lines express IL-<br />

12Rβ1 mRNA but lack IL-12Rβ2 mRNA, while normal<br />

naive, germinal center, and memory B cells express the transcripts<br />

of both genes. These findings led us to speculate that<br />

malignant B cells could benefit from the silencing of the IL-<br />

12Rβ2 gene.<br />

Methods<br />

We first investigated, by RT-PCR and fluorescence microscopy,<br />

IL-12R gene expression in primary tumor cells<br />

from 41 patients with different chronic B cell lymphoproliferative<br />

disorders.<br />

Second, we studied the mechanism(s) involved in and the<br />

functional consequences of the silencing of IL-12Rβ2 gene in<br />

primary neoplastic B cells and in transformed B cell lines, by<br />

using the MSP technique (to test the methylation status of the<br />

IL-12Rβ2 gene) and the hIL-12Rβ2 gene transfection of B cell<br />

lines which were tested for their response to human recombinant<br />

IL-12 (hrIL-12) in vitro and in vivo (in SCID-NOD mice).<br />

Third, we investigated whether the targeted inactivation of<br />

the IL-12Rβ2 gene in mice resulted into increased susceptibility<br />

to development of B cell malignancies.<br />

Results<br />

1. Primary malignant B cells isolated from mantle cell lymphoma<br />

(MCL), marginal zone lymphoma (MZL), and follic-


278<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

ular lymphoma (FL) B cells, analogously to LCLs and BL<br />

cell lines, did not express IL-12Rβ2 mRNA.<br />

2. Hypermethylation of a CpG island in the noncoding exon<br />

1 was associated with silencing of this gene in malignant B<br />

cells. The DNA methyltransferase inhibitor 5-Aza-2β-deoxycytidine<br />

restored IL-12Rβ2 mRNA expression in primary<br />

neoplastic B cells that underwent apoptosis and decreased<br />

proliferation following exposure to hrIL-12.<br />

HrIL-12 strongly reduced the tumorigenicity of IL-12Rβ2-<br />

transfected BL cells in SCID-NOD mice through antiproliferative<br />

and proapoptotic effects, coupled with neoangiogenesis<br />

inhibition related to hIFN-γ-independent induction of<br />

hMig/CXCL9.<br />

3. IL-12Rβ2 KO mice developed immune complex-mediated<br />

mesangial glomerulonephritis, systemic vasculitis, Sjogren’s<br />

syndrome and oligoclonal B cell lymphoproliferative disorder<br />

in the kidney and liver. Lymph node monoclonal plasmacytomas<br />

were observed in a half of aged animals.<br />

Conclusions<br />

The IL-12Rβ2 gene acts as tumor suppressor in chronic B<br />

cell malignancies, and IL-12 exerts direct antitumor effects<br />

on IL-12Rβ2-expressing neoplastic B cells.<br />

Occurrence of autoimmunity, lymphoproliferation and B cell<br />

neoplasia in IL-12Rβ2 KO mice supports the novel concept<br />

that IL-12 acts physiologically to restrain aberrant B cell activation.<br />

Tumori pediatrici delle ghiandole salivari:<br />

descrizione di un caso di sialoblastoma<br />

M.E. Errico, D. Bifano, M. Rocco, V. Donofrio<br />

S.C. Anatomia Patologica, A.O.R.N. “Santobono-Pausilipon”,<br />

Napoli<br />

Introduzione<br />

Il sialoblastoma è una estremamente rara neoplasia epiteliale<br />

congenita che insorge a livello della parotide e più raramente<br />

della sottomandibolare, e che morfologicamente ricapitola<br />

l’embriogenesi delle ghiandole salivari; tumori con morfologia<br />

simile sono state riportati in letteratura come embriomi,<br />

carcinomi congeniti, adenocarcinoma basalioide di basso<br />

grado, carcinoma adenoideo-cistico, etc.; tali neoplasie sono<br />

infatti aggressive e potenzialmente maligne.<br />

Caso clinico<br />

Presentiamo un caso di sialoblastoma manifestatosi come<br />

una grossa massa della regione angolomandibolare/laterale<br />

del collo ed asportato a 20 giorni dalla nascita.<br />

L’aspetto della lesione è quello di una massa ovalare bozzuta,<br />

di cm 9 x 8 x 4 del peso di 200 grammi, in sezione solida,<br />

multinodulare, di consistenza molle-elastica e colorito grigio-giallastro.<br />

Istologicamente la neoplasia appare costituita da piccoli nidi<br />

di cellule basaloidi con scarso citoplasma, nucleo rotondoovalare,<br />

cromatina dispersa e piccolo nucleolo, talora solidi,<br />

talora cribriformi, talora con un lume simil-duttale, contenente<br />

secreto basofilo e rivestito da cellule cubico cilindriche<br />

con citoplasma più evidente, eosinofilo, e nuclei basali; si osservano<br />

anche “sheets” solidi più grandi, con palizzata periferica,<br />

focale differenziazione sebacea e focolai di necrosi,<br />

sepimentati da stroma fibroso in parte denso in parte fibromixoide.<br />

È presente apprezzabile attività mitotica, mentre<br />

non si sono repertati immagini di crescita perineurale. All’indagine<br />

immunoistochimica le cellule mostrano positività per<br />

CK di alto p.m. e CK pan nella componente duttale e focale<br />

positività per S-100; debole e solo focale la positività per Actina;<br />

negative vimentina, CEA, EMA e CD117.<br />

Conclusioni<br />

Il sialoblastoma è una neoplasia embrionale delle ghiandole<br />

salivari. Lo spettro istologico dei tumori delle salivari nell’infanzia<br />

comprende quattro categorie: la controparte dei tumori<br />

benigni dell’adulto; gli amartomi, i sialoblastomi/embriomi<br />

ed infine le neoplasie maligne analoghe a quelle dell’adulto.<br />

Tra queste, il termine di sialoblastoma sta ad indicare<br />

neoplasie epiteliali basalioidi, con caratteristiche morfologiche<br />

che ricapitolano gli stadi di embriogenesi delle salivari;<br />

tale termine comprende tumori più o meno differenziati,<br />

da indolenti a potenzialmente maligni. I criteri istologici indicativi<br />

di un decorso aggressivo sono l’invasione perineurale<br />

e vascolare e la necrosi, per cui il nostro caso rientra nelle<br />

neoplasie a basso potenziale di malignità, con capacità di recidiva<br />

locale.<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Brandwein M, Al-Naeif NS, Manwani D, Som P, Goldfeder L, Rothschild<br />

M, et al. Sialoblastoma: clinicopathological/immunohistochemical<br />

study. Am J Surg Pathol 1999;23:342-8.<br />

2<br />

. Batsakis JG, Frankenthaler R. Embryoma (sialoblastoma) of salivary<br />

glands. Ann Otol Rhinol Laryngol 1992;101:958-60.<br />

Tumori pediatrici delle ghiandole salivari:<br />

descrizione di un caso di “salivary gland<br />

anlage” tumor<br />

M.E. Errico, D. Bifano, M. Rocco, V. Donofrio<br />

S.C. Anatomia Patologica A.O.R.N. “Santobono-Pausilipon”,<br />

Napoli<br />

Introduzione<br />

Il “salivary gland anlage tumor”, noto anche come anche adenoma<br />

pleomorfo congenito, è una inusuale lesione del rinofaringe<br />

che origina dalle ghiandole salivari minori e che si<br />

manifesta in genere con disturbi respiratori alla nascita o durante<br />

le prime settimane di vita.<br />

Caso clinico<br />

Riportiamo un caso di un neonato di 20 giorni con grave di<br />

stress respiratorio per la presenza di un polipo rinofaringeo<br />

della linea mediana.<br />

La lesione appare come una formazione ovalare polipoide,<br />

peduncolata, di cm 2, a superficie esterna liscia, grigiastra, in<br />

sezione solida.<br />

L’esame istologico ha mostrato una proliferazione sottomucosa<br />

solida, rivestita da epitelio squamoso non cheratinizzante,<br />

e caratterizzata da noduli densamente cellulari, sepimentati<br />

e circondati da uno stroma fibroso per lo più lasso; nello<br />

stroma si osservano nidi squamosi e strutture simil duttali<br />

con metaplasia squamosa, talvolta anastomizzatesi e in più<br />

punti in continuità con l’epitelio sovrastante, che appare focalmente<br />

eroso. Le aree solide sono costituite da cellule in<br />

parte rotondo-ovalari, in parte fusate, con nucleo monomorfo,<br />

cromatina dispersa e bordi citoplasmatici indistinti,<br />

talora con alone chiaro perinucleare, strettamente commiste a<br />

strutture duttali; in queste aree è presente attività mitotica.<br />

L’indagine immunoistochimica ha mostrato positività di tale<br />

popolazione per vimentina, pan-CK, CK di alto e basso p. m.,<br />

actina e focalmente EMA, negatività per CD99, Desmina, S-<br />

100 e CD34; le strutture epiteliali sono risultate CK e EMA<br />

positive.


PATOLOGIE VARIE<br />

279<br />

Conclusioni<br />

Il “salivary gland anlage tumor” è una rara lesione congenita<br />

del rinofaringe, costituita da una doppia componente cellulare,<br />

epiteliale e mioepiteliale, entrambe non completamente<br />

differenziate, simile a quella delle ghiandole salivari embrionali.<br />

Tale lesione ha in comune con gli amartomi la localizzazione<br />

mediana e il comportamento clinico, in genere indolente,<br />

e con il tumore misto la simile composizione cellulare<br />

(da cui il termine di adenoma pleomorfo congenito), rappresentando<br />

un esempio di lesione con caratteristiche intermedie<br />

tra un amartoma e una vera neoplasia.<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Dehner LP, Valbuena L, Perez-Atayde A, Reddick RL, Askin FB, Rosai<br />

J. Salivary gland anlage tumor (“congenital pleomorphic adenoma”).<br />

A clinicopathologic, immunohistochemical and ultrastructural<br />

study of nine cases. Am J Surg Pathol 1994;18:25-36.<br />

Amartoma mesenchimale infantile epatico:<br />

presentazione di un caso<br />

M.E. Errico, D. Bifano, M. Rocco, V. Donofrio<br />

S.C. Anatomia Patologica, A.O.R.N. “Santobono-Pausilipon”,<br />

Napoli<br />

Introduzione<br />

L’amartoma mesenchimale è una rara lesione epatica dell’infanzia,<br />

che origina dal piatto duttale del fegato fetale; si manifesta<br />

in genere nei primi due anni di età, con distensione<br />

addominale o come massa palpabile asintomatica, in piccoli<br />

pazienti con normale funzionalità epatica e normali livelli di<br />

alfa-feto proteina. A causa della sua crescita rapida, prima o<br />

immediatamente dopo la nascita, esso viene spesso clinicamente<br />

diagnosticato come tumore maligno.<br />

Caso clinico<br />

Noi presentiamo un caso di amartoma mesenchimale in una<br />

bambina di due anni, manifestatosi con emoperitoneo, e considerato,<br />

anche alla luce del quadro strumentale, un ematoma<br />

organizzato.<br />

Il campione esaminato è costituito da un frammento vagamente<br />

polipoide di cm 3,5 x 2 al taglio di aspetto parenchimatoso<br />

emorragico.<br />

Istologicamente in un background siero-emorragico con aree<br />

di necrosi ischemica, si osserva una commistione di tessuto<br />

mesenchimale, dotti biliari e cordoni di epatociti; la componente<br />

mesenchimale contiene sparse cellule di aspetto fusato<br />

e stellato; i dotti biliari proliferanti circoscritti da mesenchima<br />

mostrano un pattern talvolta ramificante; i cordoni di epatociti<br />

sono frammisti e dislocati alla periferia del campione<br />

simil-polipoide; sono presenti suggestive immagini di ematopoiesi<br />

extramidollare.<br />

Conclusioni<br />

L’amartoma mesenchimale è una rara lesione epatica con pattern<br />

vascolare simile a quello osservabile in caso di torsione<br />

di un lobo accessorio; tale aspetto, evidente anche nel nostro<br />

caso, potrebbe suggerire una origine ischemica, ma la recente<br />

scoperta di una specifica traslocazione cromosomica<br />

(19q13), depone per una natura neoplastica. Il comportamento<br />

biologico dell’amartoma mesenchimale infantile è tuttavia<br />

benigno, con rara capacità di recidiva locale, se non completamente<br />

escisso; esso può tuttavia determinare insufficienza<br />

cardiaca, dovuta a “shunt” arterio-venoso, e/o complicanze<br />

emodinamiche e respiratorie, se non correttamente diagnosticato<br />

e trattato.<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Dehner LP, Ewing SL, Sumner HW. Infantile mesenchymal hamartoma<br />

of the liver. Histologic and ultrastructural observations. Arch<br />

Pathol 1975;99:379-82.<br />

2<br />

Rakheja D, Margraf LR, Tomlinson GE, Schneider NR. Hepatic mesenchymal<br />

hamartoma with translocation involving chromosome<br />

band 19q13.4: a recurrent abnormality. Cancer Genet Cytogenet<br />

2004;153:60-3.<br />

L’espressione nucleare di bcl10 si associa alla<br />

deregolazione dell’apoptosi nei linfomi MALT<br />

degli annessi oculari, indipendentemente<br />

dalle traslocazioni che coinvolgono il gene<br />

MLT1 e correla con ridotti intervalli di<br />

sopravvivenza libera da malattia<br />

R. Franco, S. Staibano * , M. Laise, M.E. Errico * , F.I. Camacho<br />

** , F. Tranfa * , M. Iorio, M. D’Angelo, G. Liguori,<br />

A. De Renzo * , R. Merola *** , G. Botti, M. Piris ** , G. De<br />

Rosa *<br />

Istituto dei tumori “G. Pascale”, Napoli; * Università “Federico<br />

II”, Napoli; ** CNIO, Madrid; *** Istituto “Regina Elena”,<br />

Roma<br />

Introduzione<br />

Come altri linfomi MALT non gastrointestinali, i linfomi<br />

MALT degli annessi oculari (OABLM) rispetto al modello gastrico<br />

mostrano caratteristiche distintive, che implicano specifiche<br />

sequenze etiopatogenetiche, interessanti per decorso clinico<br />

e per la scelta di specifiche strategie terapeutiche.<br />

Materiali e metodi<br />

39 casi di OABLM e 8 casi di linfomi non MALT dello stesso<br />

distretto mediante Tissue-microarrays sono stati studiati<br />

per l’espressione immunoistochimica delle principali molecole<br />

coinvolte nella regolazione dell’apoptosi e del ciclo cellulare,<br />

per l’indice apoptotico (TUNEL) e la presenza delle<br />

principali traslocazioni descritte nei linfomi di tipo MALT<br />

(FISH).<br />

Inoltre, per l’importanza che gli agenti infettivi nell’etiopatogenesi<br />

dei linfomi MALT, abbiamo valutato l’incidenza dell’infezione<br />

da HCV, la presenza di EBV (ibridazione in situ)<br />

e, in un gruppo selezionato, la presenza della Chlamydia psittaci,<br />

potenziale agente patogeno nei OABLM (PCR).<br />

I dati sono poi stati valutati statisticamente in relazione agli<br />

intervalli liberi da malattia (DFS).<br />

Risultati<br />

Abbiamo osservato nel gruppo OABLM rispetto ai linfomi<br />

non MALT una deregolazione apoptotica (ridotta caspasi 3 e<br />

aumentata pIkB, marker dell’attività di NfkB).<br />

La FISH mostrava assente t(11;18) e in 5 casi presenza di<br />

t(14;18) (q32;q21), statisticamente correlata con l’espressione<br />

di pIkB.<br />

14 casi mostravano espressione nucleare aberrante di bcl10<br />

associata all’espressione di IkB fosforilata, a un ridotto indice<br />

apoptotico e a più corti DFS. L’aumento delle grandi cellule,<br />

inoltre, era associato ad aumentata espressione di Cycline<br />

A e E e Ki67 e a ridotta espressione di p16.<br />

Negli OABLM 6/12 erano HCV+, mentre EBV non era presente<br />

in nessun OABLM. La presenza di Chlamydia pittaci è<br />

stata studiata in 6 pazienti: 2 casi (1 Linfoma OABLM e un<br />

DBCL ex MALT della congiuntiva) positivi e 4 (3 OABLM<br />

MALT e 1 linfoma follicolare) negativi.<br />

Conclusioni<br />

I linfomi MALT degli annessi oculari mostrano deregolazio-


280<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

ne dell’apoptosi, in cui un ruolo chiave è giocato dall’espressione<br />

nucleare di bcl10, indipendentemente dalle traslocazioni<br />

che coinvolgono il gene MLT1.<br />

L’espressione nucleare aberrante di bcl10, inoltre, sembra associato<br />

a più corti DFS.<br />

La positività per HCV in 50% dei pazienti con sierologia nota,<br />

indica un possibile ruolo di questa infezione nell’etio-patogenesi<br />

di questi linfomi. Necessita, invece, di ulteriori verifiche<br />

il ruolo della Chlamydia psittaci.<br />

Ruolo della reazione microgliale e delle<br />

Caspasi nella Corea di Huntington –<br />

osservazioni immunoistochimiche<br />

S. Galatioto, M. Righi, C. Crisafulli, M. Chimenz, G.<br />

Trombetta, M. Nunnari<br />

Dipartimento Patologia Umana, Università di Messina, Italia<br />

Introduzione<br />

La Corea di Huntington (HD) è una malattia neurodegenerativa<br />

a trasmissione autosomica dominante, clinicamente caratterizzata<br />

da una sindrome ipercinetica e da demenza progressiva.<br />

Dal punto di vista neuropatologico l’HD è ricondotta prevalentemente<br />

ad una perdita di neuroni “spinosi” efferenti GA-<br />

BA-ergici presenti a livello del neostriato e della corteccia.<br />

Analogamente ad altre malattie neurodegenerative. anche<br />

nella HD è stata segnalata la presenza di un precoce e progressivo<br />

accumulo di microglia (c.d. reazione infiammatoria)<br />

(Sapp et al., 2001).<br />

In quest’ottica alcuni Autori hanno ipotizzato che sostanze<br />

citotossiche, come l’IL-1beta, secrete dalla microglia “attivata”<br />

siano in grado di accelerare e perpetuare il processo neurodegenerativo<br />

alla base della condizione. (Sarra et al.,<br />

2005). Peraltro è stato anche sostenuto, specie su modelli<br />

sperimentali della HD, il ruolo importante svolto dal gruppo<br />

delle Caspasi nella regolazione dei meccanismi apoptosici<br />

che concorrono alla morte neuronale (Sanchez Mejia, Friedlander,<br />

2001).<br />

Metodi<br />

9 casi di HD precedentemente studiati dal punto di vista neuropatologico<br />

classico nonché da quello immunoistochimico<br />

con particolare riferimento ai neuropeptidi dimostrabili nei<br />

neuroni sopravvissuti del neostriato, sono stati ripresi ed allestite<br />

altre sezioni paraffiniche utilizzate per la ricerca attuale.<br />

È stato impiegato il metodo immunoistochimico all’avidinabiotina<br />

per la dimostrazione degli anticorpi CR3/43, GLUT-<br />

5, Caspasi-9 e IL-1beta.<br />

L’immunoreattività dimostrata per i diversi anticorpi è stata<br />

confrontata in una scala semiquantitativa.<br />

Risultati<br />

A) I risultati immunoistochimici con gli anticorpi impiegati<br />

per visualizzare lo stato di “attivazione” della reazione “infiammatoria”<br />

confermano quelli di altri Autori circa la esistenza<br />

nella HD di una reazione microgliale sin negli stadi<br />

tardivi della malattia.<br />

B) Il riscontro, a livello dei neuroni sopravvissuti dello striato<br />

di una modesta immunoreattività anti-Caspasi 9, sebbene<br />

meno dimostrativi di quelli ottenuti da altri Autori con l’impiego<br />

di metodi più sensibili, sembrano tuttavia sostanzialmente<br />

concordare con gli stessi.<br />

Conclusioni<br />

I nostri dati, per quanto preliminari, potrebbero suggerire, tenuto<br />

conto dei contributi della letteratura, la possibile esistenza,<br />

nel meccanismo apoptosico della HD, di un circolo<br />

vizioso comprendente la microglia “attivata”, la secrezione<br />

di sostanze neurotossiche come ad es. l’IL-1beta, oltre al ciclo<br />

delle caspasi nel quale, com’è noto, un ruolo centrale è<br />

svolto dalla Caspasi 9.<br />

Bibliografia<br />

Sapp E, Kagel KB, Aronin N, et al. J Neuropathol Exp Neurol<br />

2001;60:161-72.<br />

Sanchez Mejia RO, Friedlander RM. Neurosci 2001;7:480-9.<br />

Riscontro del virus HPV nei tratti superiori<br />

dell’apparato genitale femminile: studio<br />

molecolare su campioni di isterectomia ed<br />

annessiectomia bilaterale con carcinoma<br />

cervicale HPV positivo<br />

G. Giordano, T. D’Adda, L. Gnetti, M. Melpignano *<br />

Dipartimento di Patologia e Medicina di Laboratorio, Sezione<br />

di Anatomia ed Istologia Patologica, Università di Parma,<br />

Italia; * Dipartimento di Scienze Ostetriche-Ginecologiche<br />

e Neonatologia, Università di Parma, Italia<br />

Introduzione<br />

In questo studio gli Autori, per la prima volta, valutano la<br />

presenza del virus papilloma umano (HPV), mediante la tecnica<br />

dell’amplificazione DNA (Polymerase Chain reaction)<br />

(PCR) nei tratti genitali superiori dell’apparato genitale femminile,<br />

su campioni di isterectomia ed annessiectomia bilaterale<br />

con carcinoma cervicale infiltrante HPV positivo, allo<br />

scopo di stabilire se un’infezione da HPV potrebbe estendersi<br />

dalla cervice uterina ai tratti più prossimali dell’apparato<br />

genitale.<br />

Materiali e metodi<br />

Sono stati selezionati dalla casistica del Dipartimento di Patologia<br />

e medicina di Laboratorio dell’Università di Parma 8<br />

casi di carcinoma cervicale infiltrante in campioni di isterectomia<br />

ed annessiectomia bilaterale. Tutti i campioni sono stati<br />

processati secondo tecniche di routine e sono stati esaminati<br />

istologicamente. La stadiazione delle neoplasie è stata<br />

effettuata secondo il sistema FIGO ed il sistema TNM. Per<br />

l’estrazione del DNA, tre sezioni istologiche della neoplasia<br />

cervicale, della mucosa endometriale, della mucosa tubarica<br />

e dell’epitelio ovarico di superficie sono state microdissezionate<br />

manualmente. Il DNA estratto è stato amplificato mediante<br />

PCR, utilizzando primers G5+/G6 per la regione altamente<br />

conservata L1 del genoma dell’HPV (genotipi: 6, 11,<br />

13, 16,18, 30-35, 39, 40, 42, 45, 51- 53, 56, 58, 61, 66) 1 .<br />

Risultati<br />

Istologicamente le neoplasie cervicali selezionate comprendevano<br />

7 carcinomi squamosi ed un adenocarcinoma villoghiandolare.<br />

Lo stadio di sviluppo variava da IA 1<br />

a IVB secondo<br />

il sistema FIGO e da T 1a1<br />

a T 2b,<br />

secondo il sistema<br />

TNM.<br />

La mucosa uterina e quella tubarica non rilevavano alcuna<br />

neoplasia. Solo in un caso un ovaio presentava un teratoma<br />

cistico maturo. All’analisi molecolare PCR tutte le neoplasie<br />

cervicali erano HPV positive. In sei casi una debole positività<br />

per HPV è stata individuata nella mucosa endometriale, in<br />

quella tubarica e nell’epitelio ovarico di superficie. I risulta-


PATOLOGIE VARIE<br />

281<br />

ti erano, tuttavia, eterogenei, poiché la distribuzione dell’HPV<br />

DNA variava nei diversi tratti dello stesso caso e da<br />

caso a caso.<br />

Conclusioni<br />

Questo studio dimostra che in casi di carcinoma cervicale<br />

infiltrante, HPV positivo, l’HPV può estendersi ai tratti superiori<br />

dell’apparato genitale. Probabilmente tale infezione<br />

è latente e, pertanto, non produce altri virioni, non determina<br />

effetti citopatici e può essere individuata solo come un<br />

debole segnale all’analisi molecolare. La differente distribuzione<br />

dell’HPV DNA nei diversi tratti dello stesso campione<br />

di isterectomia ed annessiectomia e nei diversi casi<br />

potrebbe essere dovuta al fatto che l’HPV non infetti l’intera<br />

superficie ovarica e l’intera mucosa endometriale e tubarica,<br />

ma solo una loro parte.<br />

Bibliografia<br />

1<br />

de Roda H, et al. J Gen Virol 1995;76:1057-62.<br />

Identification of Lf mRNA isoforms from<br />

human neoplastic cells harvested by lasermicrodissection<br />

G. Giuffrè, S. Penco * , V. Barresi, C. Garrè ** , G. Barresi,<br />

G. Tuccari<br />

Department of Human Pathology, University of Messina;<br />

*<br />

Department of Laboratory Medicine, Medical Genetics<br />

Unit, “Niguarda-Cà Granda” Hospital, Milan; ** Department<br />

of Oncology, Biology and Genetics, University of Genoa,<br />

Italy<br />

Introduction<br />

Lactoferrin (Lf), a 80 kDa basic glycoprotein, is a member<br />

of the transferrin family of iron-binding proteins, which has<br />

been previously documented mainly in the cytoplasm of human<br />

neoplastic cells from several tissues by immunohistochemistry.<br />

Nevertheless, the origin of Lf as well as its biological<br />

meaning remain still controversial. In order to verify<br />

if Lf is produced by neoplastic cells or alternatively it<br />

can be absorbed from other elements such as mononuclear<br />

cells or polymorph granulocytes, we have investigated the<br />

expression of Lf mRNAs utilizing a laser-assisted microdissection<br />

procedure. In fact, this latter technique allows<br />

to cut small tissue fragments as well as single cells by an ultraviolet<br />

laser beam in order to select a specific cell population<br />

of interest from a heterogeneous sample under direct<br />

microscopic visualization.<br />

Methods<br />

Laser-microdissection has been performed using a Leica AS<br />

LMD system (Leica Microsystems, Germany) on cryostatic<br />

sections of breast, gastric and colorectal cancers obtained at<br />

surgery and post-fixed with ethanol. From each section<br />

stained with Haematoxilin-Eosin, a variable number of neoplastic<br />

epithelial cells (from 300 to 600) has been harvested<br />

in different PCR tubes. RNA extraction has been performed<br />

by RNeasy Micro Kit (Qiagen); successively, using the 1st<br />

Strand cDNA Synthesis Kit for RT-PCR (Roche Applied<br />

Science), RNA has been reverse transcribed into singlestranded<br />

cDNA. Finally, cDNA has been amplified utilizing<br />

primer pairs designed for the specific detection of target sequences<br />

of human Lf as well as its alternative isoform ∆Lf.<br />

Results<br />

Sufficient cDNA for Lf amplification has been obtained<br />

starting from 300 neoplastic cells. Lf expression has been<br />

detected in all breast cancer samples, although a different<br />

and variable evidence of Lf isoforms has been noted. In addition,<br />

Lf expression has been variably encountered in gastric<br />

and colorectal cancers.<br />

Conclusions<br />

In our opinion the laser microdissection may represent a<br />

valid tool to perform Lf molecular analysis; in fact, by this<br />

procedure, we have demonstrated the presence of different<br />

Lf isoforms in selected epithelial cells obtained from various<br />

kinds of human neoplasms. Finally, the investigation of<br />

Lf mRNAs variation along the tumorigenic cell progression<br />

in human neoplasms may be also performed.<br />

Espressione di Na + /I - symporter (NIS) nelle<br />

ghiandole endometriali di donne infertili<br />

M. Trovato 1 , L. Grosso 1 , E. Vitarelli 1 , M. Tripepi 2 , A.<br />

Abbate 3 , P. Rizzo 2 , V. Benedetto 2 , S. Sciacchitano 4 5 , G.<br />

Barresi 1<br />

1<br />

Dipartimento di Patologia Umana, Università di Messina,<br />

Messina, Italia; 2 Dipartimento di Scienze Ginecologiche,<br />

Ostetriche e Medicina della Riproduzione, Università di<br />

Messina, Messina, Italia; 3 Centro di Riproduzione Umana,<br />

Messina, Italia; 4 II Facoltà di Medicina e Chirurgia, Ospedale<br />

“S. Andrea”, Università di Roma “La Sapienza”, Roma,<br />

Italia; 5 Centro di Ricerca Ospedale “S. Pietro Fatebenefratelli”,<br />

AfaR, Roma, Italia<br />

La tiroide accumula ed organifica lo Iodio tramite il NIS.<br />

Tuttavia il NIS è stato dimostrato in altri organi che non sono<br />

in grado di organificare lo Iodio come le ghiandole salivari,<br />

lo stomaco e le ghiandole endometriali. Nei tessuti extratiroidei,<br />

l’espressione del NIS suggerisce un possibile<br />

coinvolgimento di questo trasportatore di Iodio nei processi<br />

fisiologici. Allo scopo di chiarire il ruolo del NIS nelle<br />

ghiandole endometriali, noi abbiamo studiato l’immunoespressione<br />

del NIS in biopsie endometriali di 20 pazienti<br />

con infertilità primaria, non altrimenti specificata, ed in 14<br />

donne fertili. Le 34 donne erano state sottoposte ad ecografia<br />

transvaginale ed isteroscopia in fase estrogenica tardiva<br />

(pre-ovulatoria) per determinare lo spessore dell’endometrio<br />

ed effettuare la biopsia. A tutte le pazienti infertili era<br />

stato dosato l’estradiolo.<br />

NIS era osservato nell’epitelio ghiandolare in 17/20 delle<br />

biopsie endometriali delle pazienti infertili ed in 12/14 di<br />

quelle fertili. Nelle ghiandole endometriali delle pazienti infertili<br />

l’immunoreattività del NIS era significativamente più<br />

espressa (60% ± 21% vs. 19% ± 9%, media ± SD; P =<br />

0,0001). L’immunocolorazione del NIS era sempre localizzata<br />

sulla membrana e nel citoplasma dell’epitelio ghiandolare.<br />

Tuttavia, una positiva reazione al NIS poteva anche osservarsi<br />

a livello del nucleo. Questa tipo di localizzazione si riscontrava<br />

più frequentemente nelle ghiandole endometriali<br />

delle pazienti infertili rispetto alle donne fertili (12% vs. 1%,<br />

P = 0,004). L’espressione del NIS non correlava con lo spessore<br />

dell’endometrio o i livelli di estradiolo. In conclusione,<br />

i nostri risultati sono indicativi di un possibile ruolo del NIS<br />

nel regolare la fertilità a livello dell’endometrio.


282<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

Sindrome di Richter a localizzazione<br />

colecistica. Descrizione di un raro caso<br />

M. Guerriero, L.M. Larocca, M. De Ninno * , A. Carbone *<br />

Istituto di Anatomia Patologica, Policlinico “A. Gemelli”,<br />

Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma; * Servizio di<br />

Anatomia Patologica, Centro di Ricerca e Formazione ad Alta<br />

Tecnologia nelle Scienze Biomediche, Università Cattolica<br />

del Sacro Cuore, Campobasso<br />

La sindrome di Richter (SR) è lo sviluppo nel tempo di un<br />

linfoma non Hodgkin di alto grado in pazienti affetti da leucemia<br />

linfatica cronica B (LLC-B) o da altro disordine linfoproliferativo<br />

di basso grado come ad esempio un linfoma plasmocitoide.<br />

Presentiamo il caso di un paziente di 59 anni affetto<br />

da 3 anni da LLC-B. Insorgeva improvviso dolore all’ipocondrio<br />

destro in genere dopo i pasti e con andamento ingravescente.<br />

L’ecografia epato-biliare dimostrava ispessimento<br />

della parete della colecisti che era aumentata di volume,<br />

senza infiltrazione del circostante parenchima epatico<br />

(controllato con TC). Si eseguiva una colecistectomia. Successive<br />

TC total body non documentavano presenza di lesioni<br />

sospette o di ripetizioni in altre sedi. La colecisti misurava<br />

10 cm di lunghezza ed il colletto era duro e ispessito per un<br />

diametro complessivo di 4,5 cm. Al taglio la parete era biancastra.<br />

L’esame istologico documentava un linfoma non-<br />

Hodgkin diffuso pleomorfo a grandi cellule con talora elementi<br />

sternbergoidi (alto grado) della colecisti. Gli elementi<br />

linfomatosi risultavano intensamente Pan-B (MB2) positivi,<br />

CD20 negativi (controllo interno positivo), CD30 negativi. Si<br />

osservava inoltre un numero discreto di linfociti T di accom<strong>pag</strong>namento<br />

CD3 positivi, con quota del 70% positiva per<br />

CD8 (distribuita in tutto l’ambito) e quota del 30% positiva<br />

per CD5 (distribuita alla superficie mucosa e alla periferia<br />

della massa linfomatosa). Gli elementi linfoidi presentavano<br />

una positività nucleare non dirimente per EBV. Alla luce della<br />

storia clinica e dei risultati delle indagini morfologiche ed<br />

immunoistochimiche la diagnosi di SR veniva fatta. È raro<br />

l’esordio di SR con coinvolgimento extra linfonodale: sono<br />

stati descritti casi di localizzazioni al tratto gastrointestinale<br />

(giunzione gastro-esofagea, stomaco, valvola ileo-ciecale), al<br />

SNC, alla cute (lesioni singole o multiple), agli occhi, ai testicoli<br />

ai polmoni ed ai reni. Sino ad oggi, è stato riportato un<br />

solo caso di SR a localizzazione alla colecisti.<br />

Bibliografia<br />

Maryniak RK, et al. Acta Haematol Pol 1991;22:165-9.<br />

Tsimberidou AM, et al. Cancer 2005;103:<strong>216</strong>-28.<br />

Riscontro autoptico in un caso di sindrome<br />

mieloproliferativa associata a sindrome 5qsfociata<br />

in leucemia mieloide acuta con<br />

mielopoiesi extramidollare<br />

M. Guerriero, L.M. Larocca, S. Storti * , G. Giordano * , A.<br />

Carbone **<br />

Istituto di Anatomia Patologica, Policlinico “A. Gemelli”,<br />

Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma; * U.O.C. di Oncoematologia,<br />

Centro di Ricerca e Formazione ad Alta Tecnologia<br />

nelle Scienze Biomediche, Università Cattolica del<br />

Sacro Cuore, Campobasso; ** Servizio di Anatomia Patologica,<br />

Centro di Ricerca e Formazione ad Alta Tecnologia nelle<br />

Scienze Biomediche, Università Cattolica del Sacro Cuore,<br />

Campobasso<br />

La sindrome 5q- (delezione interstiziale del braccio lungo del<br />

cromosoma 5) è caratterizzata da andamento clinico indolente<br />

e prognosi relativamente buona. Presentiamo un caso di<br />

sindrome 5q- con presentazione clinica a tipo di sindrome<br />

mieloproliferativa cronica evoluta in leucemia mieloide acuta.<br />

Una donna di 78 anni giunge alla nostra osservazione lamentando<br />

dolore al fianco sinistro. È presente forte leucocitosi<br />

e l’esame fisico rivela una severa epatosplenomegalia.<br />

La prima ipotesi diagnostica è di leucemia mieloide cronica.<br />

L’esame morfologico dello striscio di sangue periferico dimostra,<br />

tuttavia, presenza di displasia eritroide e granulocitaria<br />

con il 15% di blasti, con isolati corpi di Auer e molti dacriociti.<br />

La biopsia osteomidollare (BOM) documenta presenza<br />

di marcata iperplasia della serie megacariocitica e granulocitaria<br />

e con quota blastica superiore al 30% della cellularità.<br />

Viene avanzato il sospetto di evoluzione blastica di patologia<br />

mieloproliferativa. L’esame del cariotipo mostra delezione<br />

5q. Dopo un mese di trattamento la epatosplenomegalia<br />

aumenta ulteriormente. Una nuova BOM mostra mielofibrosi<br />

con presenza di numerosi megacariociti e megacarioblasti<br />

con presenza di blasti CD34 positivi (1-2%). In corso<br />

di una sepsi da P. aeruginosa la paziente muore. L’esame autoptico<br />

evidenziava leucemia mieloide acuta con blasti MPO<br />

e CD68 positivi, CD34 negativi. A livello midollare è presente<br />

una minima quota megacarioblastica residua (CD61+).<br />

La milza è sede di localizzazione massiva alla polpa rossa<br />

con presenza di quota marginale eritropoietica vicaria, con<br />

partecipazione anche di elementi megacarioblastici (CD61+).<br />

Il fegato presenta localizzazione a livello sinusoidale. Il soggetto<br />

presentava inoltre segni polmonari indicativi di una fase<br />

precoce di ARDS. I polmoni, inoltre, presentavano fibrosi<br />

interstiziale con aspetti pseudo-ghiandolari. Questo caso suggerisce<br />

l’esistenza di un sottogruppo di delezioni 5q con caratteristiche<br />

proliferative marcate tali da poter sfociare in una<br />

leucemia acute secondaria. Il nostro caso supporta i l concetto<br />

di sindrome mieloproliferativa-mielodisplastica mista e<br />

sostiene la possibile esistenza di nuove entità patologiche.<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Washington LT, et al. Leuk Lymphoma 2002;43:761-5.<br />

2<br />

Takahashi H, et al. Am J Hematol 2000;64:120-3.


PATOLOGIE VARIE<br />

283<br />

Metastasi ovarica destra e pseudomixoma<br />

peritoneale da carcinoma mucinoso primitivo<br />

dell’appendice, 15 mesi dopo carcinoma<br />

mucinoso ovarico sinistro<br />

M. Guerriero, G.F. Zannoni, M. De Ninno * , A. Carbone *<br />

Istituto di Anatomia Patologica, Policlinico “A. Gemelli”,<br />

Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma; * Servizio di<br />

Anatomia Patologica, Centro di Ricerca e Formazione ad Alta<br />

Tecnologia nelle Scienze Biomediche, Università Cattolica<br />

del Sacro Cuore, Campobasso<br />

L’adenocarcinoma dell’appendice è una neoplasia molto rara:<br />

rappresenta meno dello 0,5% di tutte le neoplasie gastrointestinali<br />

ed il 5% di tutte le neoplasie appendicolari. Descriviamo<br />

il caso di una paziente di 52 anni che veniva sottoposta<br />

a escissione di massa ovarica sinistra, risultata essere<br />

all’esame istologico tumore mucinoso primitivo ovarico, e<br />

che sviluppava 15 mesi dopo neoplasia mucinosa primitiva<br />

dell’appendice con pseudomixoma peritoneale e metastasi all’ovaio<br />

destro. Il tumore ovarico sinistro presentava diametro<br />

di 30 cm, aspetto multiloculato con presenza di gelatina densa<br />

ed aree più solide con aspetto cribroso. Istologicamente il<br />

tumore si presentava come una neoplasia mucinosa tipo intestinale<br />

con aspetti da cistoadenoma, aree da tumore borderline<br />

con estese aree di franca trasformazione in adenocarcinoma.<br />

Quindici mesi dopo, la paziente si ripresentava con una<br />

massa ovarica destra di 20 cm con aspetto multiloculato e gelatinosa,<br />

con aderenze alla superficie esterna dell’utero e a<br />

segmento colico, con congelamento fibro-gelatinoso degli<br />

organi. L’omento presentava placche gelatinose. La colecisti<br />

e la milza erano congelate in tessuto neoplastico. Erano presenti<br />

altri noduli neoplastici peritoneali, il maggiore perisplenico<br />

di 16 cm. L’appendice presentava un aspetto a salsicciotto<br />

(lunga 6 cm, spessa 2 cm). La superficie esterna appariva<br />

tesa. Al taglio si osservava tessuto neoplastico biancogiallastro<br />

con aspetti gelatinosi che occupava quasi tutto l’organo.<br />

Al microscopio il tumore appendicolare e quello ovarico<br />

avevano gli stessi caratteri. Erano presenti amputazione<br />

ghiandolare e necrosi “sporca”. Una revisione globale del caso<br />

corredata da indagini IIC ha dato i seguenti risultati. Il primo<br />

tumore ovarico di sinistra è risultato CK7 positivo e<br />

CK20 negativo. Il tumore appendicolare e quello ovarico destro,<br />

nonché le diverse localizzazioni peritoneali comparse<br />

successivamente, sono risultati CK20 positivi e CK7 negativi.<br />

La conclusione è stata che si trattava di due tumori differenti:<br />

una neoplasia ovarica primitiva a sinistra e una successiva<br />

neoplasia primitiva appendicolare con localizzazione<br />

ovarica destra (e con altre localizzazioni), comparsa 15 mesi<br />

dopo la prima.<br />

Tumore gigantocellulare tenosinoviale di<br />

insolite dimensioni a partenza<br />

dall’articolazione coxo-femorale presentatosi<br />

come ernia inguinale<br />

M. Guerriero, F.M. Serafini * , I. Paris ** , M. De Ninno *** ,<br />

J. Rosai **** , A. Carbone ***<br />

Istituto di Anatomia Patologica, Policlinico “A. Gemelli”,<br />

Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma; * U.O.C. di<br />

Chirurgia Oncologica, Centro di Ricerca e Formazione ad<br />

Alta Tecnologia nelle Scienze Biomediche, Università Cattolica<br />

del Sacro Cuore, Campobasso; ** U.O.C. di Terapie Palliative,<br />

Centro di Ricerca e Formazione ad Alta Tecnologia<br />

nelle Scienze Biomediche, Università Cattolica del Sacro<br />

Cuore, Campobasso; *** Servizio di Anatomia Patologica,<br />

Centro di Ricerca e Formazione ad Alta Tecnologia nelle<br />

Scienze Biomediche, Università Cattolica del Sacro Cuore,<br />

Campobasso; **** Centro Consulenze Anatomia Patologica<br />

Oncologica, Centro Diagnostico Italiano, Milano<br />

I tumori gigantocellulari tenosinoviali (c.d. tenosinovite nodulare)<br />

di tipo diffuso con ampio coinvolgimento dei tessuti<br />

limitrofi (sinovite villonodulare pigmentata dei tessuti molli)<br />

sono lesioni rare, specie quando raggiungono notevoli dimensioni.<br />

Descriviamo il caso di una massa iliaca destra con<br />

protrusione attraverso il canale inguinale, a lungo interpretata<br />

come ernia inguinale, in un maschio di 40 anni. L’insorgenza<br />

di dolore all’arto inferiore destro induceva ulteriori indagini.<br />

Una TC documentava la presenza di una massa ovoidale<br />

ben demarcata di 17 x 15 cm disomogenea per presenza<br />

di cisti centrale. La massa veniva riferita al muscolo ileopsoas<br />

destro. Veniva sospettato un interessamento della testa<br />

del femore destro. Una biopsia della fossa inguinale mostrava<br />

linfonodi reattivi. Una agobiopsia TC-guidata della massa<br />

presentava caratteri suggestivi per schwannoma. La massa<br />

veniva asportata e veniva resecata una pro<strong>pag</strong>gine che penetrava<br />

nella testa del femore. La cavità ossea veniva sigillata<br />

con cemento osseo antiblastico. La massa si presentava come<br />

ovoidale e pseudocapsulata di 17 x 15 x 3,5 cm, del peso di<br />

375 g. Al taglio la neoplasia appariva di colore bianco-giallastro<br />

con aree brunastre e cisti centrale di 10 x 8 cm contenente<br />

liquido sieroso. Al microscopio si osservavano elementi<br />

istiodi con aspetto epitelioide con citoplasma eosinofilo,<br />

a tratti fusati. Presente pigmento emosiderinico (Perl’s positivo)<br />

in sede intra- ed extracellulare. Abbondante la componente<br />

infiammatoria con molte cellule a citoplasma schiumoso.<br />

Si osservavano aree alveolari e pseudopapillari con<br />

stratificazione di elementi di tipo sinoviale con quadri non<br />

lontani da quanto si osserva nella sinovite villonodulare pigmentata.<br />

Non erano presenti segni istologici di malignità (necrosi,<br />

elevata attività mitotica, controllata anche con Ki67, o<br />

marcato pleomorfismo cellulare), sebbene la pro<strong>pag</strong>gine di<br />

tessuto prelevata all’interno della testa del femore contenesse<br />

gli stessi elementi istioidi presenti nella lesione. Nell’insieme<br />

i dati morfologici depongono per tenosinovite nodulare<br />

dell’articolazione coxo-femorale (tumore gigantocellulare<br />

tenosinoviale), tipo diffuso (sinovite villonodulare pigmentata<br />

dei tessuti molli), con ampio coinvolgimento dei tessuti<br />

molli, con erosione ossea della testa del femore.<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Ushijima M, et al. Cancer 1986;57:875-84.<br />

2<br />

Somerhausen NS, et al. Am J Surg Pathol 2000;24:479-92.


284<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

Role of protease-activated receptors in<br />

orofacial granulomatosis<br />

S. Ketabchi, D. Massi, G. Ficarra * , I. Rubino * , A. Franchi,<br />

M. Paglierani, E. Maiorano *** , S. Capodiferro * , P. Geppetti<br />

** , M. Santucci<br />

Dipartimento di Patologia Umana ed Oncologia, * Dipartimento<br />

di Odontostomatologia, ** Dipartimento di Area Critica<br />

Medico-Chirurgica, Università di Firenze; *** Dipartimento<br />

di Anatomia Patologica e Genetica, Università di Bari<br />

Introduction<br />

The term orofacial granulomatosis (OFG) refers to a heterogeneous<br />

group of conditions, including Melkersson-Rosenthal<br />

Syndrome (MRS), Miescher’s cheilitis, oral Crohn’s disease<br />

and sarcoidosis, all characterized histologically by the<br />

presence of granulomatous inflammation. Clinically, patients<br />

show persistent and/or recurrent labial swelling and enlargement,<br />

oral ulcers and a variety of other abnormalities involving<br />

the oral cavity and facial tissues. Protease-activated receptors<br />

(PARs) are members of the G-protein-coupled receptor<br />

superfamily that are activated by the proteolytic cleavage<br />

of their amino terminal domain. There is compelling evidence<br />

that PAR-1 and PAR-2 have a crucial role in inflammatory<br />

diseases of several tissues, including the gut, skin,<br />

and airways. PAR-1, activated by thrombin, contributes to inflammation<br />

by inducing neutrophilic aggregation and chemotaxis<br />

of neutrophils and monocytes. PAR-2 induces edema<br />

and NO-dependent vasorelaxation. It has been recently<br />

demonstrated that the activity of thrombin and of other proteinases<br />

is significantly increased in the colon of inflammatory<br />

bowel disease (IBD) patients. The aim of the study was<br />

to investigate a possible role of PAR-1 and PAR-2 in the<br />

pathogenesis of OFG.<br />

Methods<br />

PAR-1 and PAR-2 expression was evaluated by immunohistochemistry<br />

in tissue biopsies taken from oral Crohn’s disease<br />

(5 cases), MRS (7 cases) and normal oral mucosa (5 cases),<br />

as controls. The avidin-biotin-peroxidase complex<br />

(ABC) method was used with monoclonal antibodies against<br />

PAR-1 and PAR-2 (Zymed). PARs immunoreactivity was<br />

semiquantitatively evaluated.<br />

Results<br />

Overall, PAR-1 and PAR-2 expression was related to the intensity<br />

of the inflammatory infiltrate. PAR-1 positivity was<br />

mostly observed in mononuclear inflammatory cells in<br />

lichenoid and edematous lesions, whereas a strong PAR-2<br />

immunostaining was detected in the cell cytoplasm of epithelioid<br />

histiocytes and giant cells in granulomatous lesions,<br />

irrespective of the clinical features (Crohn vs. MRS).<br />

Conclusions<br />

PAR-2 overexpression in OFG tissue biopsies featuring granulomatous<br />

inflammation supports a role of PAR-2 in the<br />

pathogenesis of the disease. It is conceivable that PARs-induced<br />

oral inflammation may involve prostaglandin release<br />

and MMP activation. However, the exact mechanism through<br />

which PAR-2 activation modulates oral inflammation in vivo<br />

requires further investigation.<br />

Expression of inducible nitric oxide synthase<br />

by tumor-associated macrophages in<br />

cutaneous malignant melanoma<br />

S. Ketabchi, D. Massi, L. Calorini * , A. Franchi, F. Bianchini<br />

* , M. Paglierani, C. Miracco ** , P. Geppetti *** , M. Santucci<br />

Dipartimento di Patologia Umana ed Oncologia e * Dipartimento<br />

di Patologia e Oncologia Sperimentali, Università di<br />

Firenze; ** Dipartimento di Patologia Umana ed Oncologia,<br />

Università di Siena; *** Dipartimento di Area Critica Medico-<br />

Chirurgica, Università di Firenze<br />

Introduction<br />

The biological significance of tumor-associated macrophages<br />

(TAMs) in melanoma growth is not yet completely clarified.<br />

Macrophages may exert a direct anti-tumoral activity, however,<br />

tumor cells may redirect the release of bioactive molecules<br />

by macrophages to facilitate tumor progression.<br />

Macrophages use arginine to synthesize nitric oxide (NO)<br />

through the inducible NO synthase (iNOS). NO can contribute<br />

to the tumoricidal activity of macrophages, however<br />

NO may increase blood flow and promote angiogenesis.<br />

Thus, the net effect of NO in tumor cell-host cell interactions<br />

is still unclear. The aims of this study were the following: i)<br />

to evaluate in vivo iNOS expression by TAMs; ii) to investigate<br />

in vitro whether tumor cells may affect the release of NO<br />

in macrophages.<br />

Methods<br />

In vivo studies were performed by immunohistochemistry in<br />

tissue sections from 30 invasive melanomas representative of<br />

different pT categories (pT1-pT4). The avidin-biotin-peroxidase<br />

complex (ABC) method was used for the immunostaining<br />

with monoclonal antibody against CD68 (clone PGM-1,<br />

Dako) and polyclonal antibody against iNOS (Biomol Res<br />

Lab). In vitro experimental model was represented by B16<br />

murine melanoma cells co-cultivated with inflammatory<br />

macrophages isolated from the peritoneal exudates collected<br />

from thioglycolate-treated syngeneic mice.<br />

Results<br />

Immunohistochemical analyses revealed that the number of<br />

CD68+ TAM expressing iNOS was variable, according to location.<br />

This subpopulation was most frequently found in peritumoral<br />

location. High numbers of iNOS+/CD68+ TAMs<br />

were found in thin (pT1) melanomas, predominantly in peritumoral<br />

location, whereas the number of iNOS+/CD68+<br />

TAMs, both in peritumoral and intratumoral location, significantly<br />

decreased in more advanced tumors (pT2-pT4). Regarding<br />

in vitro studies, the level of NO generation by inflammatory<br />

macrophages co-cultivated with murine<br />

melanoma cells was found to be greater than that of<br />

macrophage cultures, when co-cultures were stimulated with<br />

IFN-γ plus LPS. The specificity of this phenomenon was indicated<br />

by the finding that, contact with murine melanoma<br />

cells did not influence NO generated by mouse fibroblasts<br />

under the same culture conditions.<br />

Conclusions<br />

Overall, our results suggest that iNOS expression by TAMs<br />

might be a marker of host response to melanoma growth,<br />

even though in vitro experiments reveal that for an effective<br />

NO release by macrophages, TAMs require a further stimulation<br />

with IFN-γ plus LPS.


PATOLOGIE VARIE<br />

285<br />

Combined high grade basal cell carcinoma<br />

and malignant melanoma of the skin<br />

(“malignant basomelanocytic tumor”): report<br />

of two cases<br />

E. Kuhn, J. Rodriguez * , D. Nonaka ** , M. Reichel *** , J.<br />

Rosai *<br />

U.O. Anatomia Patologica, Clinica “Mangiagalli”, Milano,<br />

Italia; * Centro Consulenza Anatomia Patologica Oncologica,<br />

Centro Diagnostico Italiano, Milano, Italia; ** Department<br />

of Pathology, University of New York, NY, USA; *** Department<br />

of Dermatology, Columbia University, NY, USA<br />

Introduction<br />

Cutaneous combined carcinoma and melanoma is a very rare<br />

entity, with a only a handful reported of cases, including<br />

combined squamous cell carcinoma (SCC) and melanoma,<br />

and combined basal cell carcinoma (BCC) and melanoma<br />

(malignant basomelanocytic tumor) 1 . We report 2 cases of<br />

combined high-grade BCC and melanoma.<br />

Methods<br />

Both cases were sent in consultation to one of the authors.<br />

H&E slides were reviewed. Immunostains for AE1/AE3,<br />

CK903, p63, HMB45, MART-1, Melan-A, S100 and double<br />

immunostain for p63 and MART-1 were performed.<br />

Results<br />

Clinical features<br />

Case 1: A 90-year-old man with history of sun-damaged skin,<br />

numerous SCC and BCC, and melanoma in situ excised from<br />

his back 3 years previously, presented with a 10 mm plaque<br />

on the neck, suspicious for SCC or BCC. The lesion was excised.<br />

12 months later the patient is free of disease.<br />

Case 2: A 79-year-old man with history of cutaneous SCC<br />

and BCC, presented with a 5 mm flat lesion on left pretragal<br />

area, suspicious for BCC. It was excised. 6 months later the<br />

patient is free of disease.<br />

Pathologic features<br />

Both cases showed a tumor composed of dermal nests of<br />

basaloid cells with peripheral palisading and high nuclear<br />

grade, associated with basaloid nests and larger single cells at<br />

the junctional area. Melanin was scanty. Reactivity for keratins<br />

and p63 was seen in the tumor cells of all the nests.<br />

Melanocytic stains reacted in a subset of tumor cells within<br />

the same dermal nests. Double stains showed tumor cells<br />

positive for both p63 and Melan-A within the same nests.<br />

Conclusions<br />

Our cases showed features of combined high-grade BCC and<br />

melanoma. They need to be distinguished from: 1) Collision<br />

tumor, in which the 2 components are sharply demarcated; in<br />

contrast to our cases that were intimately intermingled; 2)<br />

Colonization by non-neoplastic melanocytes, in which the<br />

melanocytes are highly pigmented with a dendritic configuration<br />

and without atypia, in contrast to our cases in which<br />

they were atypical, not particularly dendritic and with scanty<br />

pigmentation; 3) Antigen transfer resulting in non-specific<br />

staining, thought unlikely because our cases showed an appropriate<br />

staining pattern, such as cytoplasmic with membrane<br />

accentuation with MART-1.<br />

We favor the hypothesis of dual epithelial-melanocytic differentiation,<br />

a phenomenon that has also been described in<br />

the breast 2 .<br />

References<br />

1<br />

Erickson L, et al. Am J Surg Pathol 2004;28:1393-6.<br />

2<br />

Padmore R, et al. Cancer 1996;78:2515-25.<br />

L’espressione di p16Ink4 è utile per<br />

distinguere l’atrofia dal SIL di alto grado nel<br />

tratto cervico-vaginale<br />

E. Kuhn, F. Pallotti, M. Cattaneo, S. Carinelli<br />

Anatomia Patologica, Ospedale Maggiore Policlinico “Mangiagalli-Regina<br />

Elena”, Milano, Italia<br />

Introduzione<br />

L’epitelio squamoso cervicale atrofico e il SIL di alto grado<br />

hanno in comune ridotta maturazione, affollamento nucleare<br />

e aumento del rapporto nucleo/citoplasma. La diagnosi differenziale<br />

pertanto è spesso difficile nella post-menopausa.<br />

Per risolvere tale problema sono stati impiegati differenti metodi<br />

quali la ripetizione del prelievo dopo terapia estrogenica<br />

e l’indagine immunoistochimica con markers di proliferazione<br />

cellulare come Mib1(Ki67) e proteina PCNA.<br />

Recentemente è stato dimostrato che nelle neoplasie squamose<br />

cervicali associate ad infezione da HPV di alto rischio,<br />

l’inattivazione della proteina del retinoblastoma (pRb) da<br />

parte dell’oncoproteina virale E7 porta ad elevato accumulo<br />

intracellulare di proteina p16 1 . Questo studio valuta l’impiego<br />

immunoistochimico della proteina p16 nella diagnosi differenziale<br />

tra atrofia e SIL di alto grado.<br />

Metodi<br />

In uno studio su 58 biopsie cervico-vaginali selezionate prospetticamente<br />

per scarsa concordanza diagnostica interosservatore,<br />

sono stati individuati 12 casi di donne in post-menopausa<br />

(età 50-68 anni, media 59 anni) con atrofia/CIN sulla<br />

biopsia. Un Pap-test atipico era presente in 6 su 7. Fra queste<br />

pazienti una era stata sottoposta (10 anni prima) ad isterectomia<br />

radicale e radioterapia per carcinoma cervicale ed un’altra<br />

(9 anni prima) ad isterectomia per CIN3; due avevano<br />

avuto condilomatosi (4 e 16 anni prima). Sezioni di 3 micron<br />

sono state colorate con metodo immunoistochimico per la<br />

proteina p16. I dati sono stati correlati con la revisione dei<br />

preparati istologici.<br />

Risultati<br />

La revisione istologica dei casi ha confermato l’atrofia in 11<br />

casi e un caso è stato classificato CIN2. I problemi interpretativi<br />

nelle lesioni atrofiche sono risultati: ipercromasia (8),<br />

polimorfismo nucleare (5), vacuolizzazione citoplasmatica<br />

(4), polarizzazione atipica dei nuclei (2). La p16 è risultata<br />

negativa nei 11 casi di atrofia e positiva nel caso di CIN2.<br />

Conclusioni<br />

La p16 rappresenta un test utile nella diagnosi differenziale<br />

tra lesioni atrofiche e SIL di alto grado in casi difficili.<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Keating JT, et al. Am J Surg Pathol 2001;25:884-91.<br />

Utilizzo di indagini di morfologia molecolare<br />

con immunoistochimica per la diagnosi postmortem<br />

di linfoma non Hodgkin a grandi<br />

cellule a fenotipo Null<br />

G. Lattanzio, A. Casoria, B. Zappacosta, M.L. Brancone,<br />

M. Piccolomini, S. Magnasco, D. Angelucci<br />

Istituto di Anatomia Patologica, Chieti, Italia<br />

Introduzione<br />

Il riscontro diagnostico su un paziente di anni 69, deceduto<br />

per scompenso cardiaco acuto ha evidenziato un nodulo polmonare,<br />

versamento e masse solide pleuriche nell’emitorace


286<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

di sinistra, un nodulo surrenalico e adenopatie sopra e sotto<br />

diaframmatiche. L’utilizzo di indagini di morfologia molecolare<br />

con immunoistochimica ha consentito la diagnosi postmortem<br />

di linfoma non Hodgkin anaplastico a grandi cellule<br />

a fenotipo Null.<br />

Metodi<br />

campionamento multiplo del processo eteroformativo nelle<br />

varie sedi (polmonare, pleurica, linfoghiandolare, surrenalica).<br />

Esame istologico dei preparati ottenuti. Utilizzo di un<br />

ampio “panel” di anticorpi (Melan-A, HMB-45, Vimentina,<br />

CD 3, CD 30, CD 20, CD 68, AML, Desmina, ALK).<br />

Risultati<br />

L’esame istologico dei preparati ha evidenziato aggregati di<br />

cellule epiteliomorfe, talora raggruppate in strutture simil-alveolari,<br />

con aree “spindle” a pattern di crescita “herringbonelike”.<br />

Tali aspetti morfologici avrebbero potuto suggerire una<br />

diagnosi di mesotelioma bifasico/adenocarcinoma pseudomesoteliomatoso.<br />

Le indagini di morfologia molecolare con<br />

immunoistochimica hanno dimostrato: positività per CD 30<br />

(di membrana), per ALK (citoplasmatica e nucleare) e negatività<br />

per gli altri markers.<br />

Conclusioni<br />

L’esame istologico, supportato dalle indagini di morfologia<br />

molecolare con markers immunoistochimici, ha consentito di<br />

porre diagnosi di linfoma non Hodgkin anaplastico a grandi<br />

cellule a fenotipo Null in paziente con diagnosi clinico-strumentale<br />

di neoplasia maligna di verosimile origine polmonare<br />

o pleurica.<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Kawai A, et al. Intern Med 1997;36:591-4.<br />

2<br />

Wasik MA, et al. Am J Clin Pathol 2002;118(Suppl):S81-92.<br />

Leucemia linfatica cronica/linfoma linfocitico<br />

(LLC): l’espressione di Zap-70, analizzata alla<br />

diagnosi su biopsia ossea, è un importante<br />

fattore prognostico<br />

M. Lestani, A. Remo, A. Ambrosetti * , R. Zanotti * , G. Pizzolo<br />

* , A. Zamò, F. Menestrina, M. Chilosi<br />

Unità Operativa di Anatomia Patologica e * Divisione di<br />

Ematologia, Policlinico “G.B. Rossi”, Verona<br />

Introduzione<br />

Negli ultimi anni sono stati individuati diversi marcatori biologici<br />

in grado di identificare – nel contesto di una patologia<br />

dal comportamento spesso imprevedibile – gruppi di pazienti<br />

a prognosi omogenea. Lo stato mutazionale delle regioni<br />

variabili delle immunoglobuline (IgVH) si è rivelato uno<br />

strumento efficace e con importanti implicazioni biologiche.<br />

Le LLC a cellule naive o pre-follicolari hanno un comportamento<br />

più aggressivo, rispetto alle forme postfollicolari/ipermutate.<br />

L’espressione dello Zap-70, considerata<br />

possibile surrogato dello stato mutazionale delle IgVH, è<br />

stata valutata con metodiche di citometria a flusso. Se efficacemente<br />

applicabile sulla biopsia ossea, il metodo consentirebbe<br />

di identificare i pazienti a prognosi sfavorevole già alla<br />

diagnosi.<br />

Metodi<br />

154 biopsie ossee (BOM) selezionate sulla base a) dell’espressione<br />

di criteri morfologici ed immunofenotipici; b) della<br />

data del prelievo (entro sei mesi dalla diagnosi). Tutte le<br />

BOM sono state trattate secondo protocolli standard. Dopo<br />

un ciclo di “antigen retrieval” (bagnomaria per 30’) le sezioni<br />

sono state incubate con un AbMo specifico per ZAP-70<br />

(clone 2F3.2, 1:200 – Upstate Biotechnology, Buckingham,<br />

UK). Un prodotto polimerico (DAKO cytomation EnVision+,<br />

HRP) è stato utilizzato come sistema di rivelazione.<br />

L’espressione citoplasmatica di ZAP-70 sui linfociti T rappresenta<br />

il controllo positivo. Nonostante ZAP-70 sia costituzionalmente<br />

espresso, a bassa intensità, dalle cellule della<br />

LLC, le condizioni immunoistochimiche scelte consentono<br />

di identificare due distinte popolazioni di pazienti (ZAP-70<br />

neg./ZAP-70 pos.).<br />

Risultati<br />

74/154 (48%) casi di LLC sono stati definiti ZAP-70 positivi.<br />

I dati sono stati correlati con età (33-83; mediana 62), sesso<br />

(95 m/59 f), stadio Binet, sopravvivenza e decorso clinico.<br />

L’espressione di ZAP-70 correla con a) stadio (alta percentuale<br />

di stadi avanzati B-C) (P = 0,001); b) bassa percentuale<br />

di “overall survival” (38% vs. 86% a 10 anni) (P = 0,0004);<br />

c) bassa percentuale di “progression free survival” (6% vs.<br />

46% a 10 anni) (p < 0,0001).<br />

Conclusioni<br />

ZAP-70 può essere efficacemente identificato nei linfociti<br />

della LLC su BOM. Il dato è prognosticamente rilevante, soprattutto<br />

nei casi in stadio A alla diagnosi: nel contesto di un<br />

gruppo considerato a prognosi favorevole, si identifica una<br />

sottopopolazione di pazienti ad alto rischio. Questi pazienti<br />

potrebbero trarre beneficio da un trattamento terapeutico precoce<br />

o più intenso.<br />

Una mutazione nel gene codificante WIP<br />

potrebbe essere alla base delle sindromi tipo<br />

Wiskott-Aldrich senza alterazioni del gene<br />

WAS<br />

M. Liberatore, M. Iezzi, M. Mariotti, T. Pannellini, P.<br />

Ascione, M. Baldacci, C. Sulpizio, R. Spizzo, L. Borgia<br />

Dipartimento di Oncologia e Neuroscienze, Università di<br />

Chieti; Aging Research Center, CeSI, “G. d’Annunzio” University<br />

Foundation, Chieti<br />

Introduzione<br />

La sindrome di Wiskott-Aldrich (WAS) è una rara forma di<br />

immunodeficienza caratterizzata da microtrombocitopenia,<br />

eczema, infezioni ricorrenti ed aumentato rischio di malattie<br />

autoimmuni. La WAS è dovuta a mutazioni del gene che codifica<br />

la proteina WAS (WASp). WASp è espressa in tutte le<br />

cellule del sangue non eritroidi ed è coinvolta nella polimerizzazione<br />

dell’actina influenzando forma e motilità cellulare.<br />

Le mutazioni del gene WAS determinano per lo più un’alterazione<br />

di WASp nella porzione alla quale si associa, per<br />

l’attivazione e regolazione, la proteina WIP.<br />

Metodi<br />

Abbiamo studiato le alterazioni patologiche che si sviluppano<br />

nei topi resi geneticamente deficitari del gene codificante<br />

WIP (topi WIP-/-).<br />

Risultati<br />

Tali topi presentano, a cominciare da 8 settimane, linfopenia,<br />

granulocitosi ed un ridotto numero di piastrine che risultano<br />

più piccole del normale. Nel midollo osseo non si<br />

osservano alterazioni se non aspetti lievi di iperplasia mieloide.<br />

L’esame immunoistochimico della milza mostra una<br />

lieve diminuzione delle cellule B. A 16 settimane di vita tutta<br />

la polpa bianca è marcatamente diminuita con evidentissi-


PATOLOGIE VARIE<br />

287<br />

ma riduzione della componente B cellulare. La zona marginale<br />

risulta praticamente assente. La polpa rossa è aumentata<br />

per una mielopoiesi molto pronunciata. Tale condizione<br />

patologica si aggrava con il procedere dell’età ed a 36 settimane<br />

di vita la milza, macroscopicamente ingrandita, è costituita<br />

pressoché totalmente da tessuto emopoietico mentre<br />

la polpa bianca (sia T che B) è estremamente ridotta o assente.<br />

Nonostante la variabilità presente nei vari topi e nei<br />

vari distretti corporei, i linfonodi a cominciare da 16 settimane<br />

di vita presentano una riduzione nel numero dei centri<br />

germinativi ed un assottigliamento della zona corticale B<br />

linfoide. I topi WIP-/- sono poi affetti da colite ulcerosa, si<br />

ammalano per svariate infezioni batteriche e virali e soffrono<br />

di malattie autoimmuni. Il difetto del sistema immune è<br />

determinato da alterazioni non nello sviluppo ma nella funzione<br />

dei T e B linfociti poiché entrambe le componenti cellulari<br />

rispondono in maniera abnorme allo stimolo esercitato<br />

sui rispettivi recettori per l’antigene.<br />

Conclusioni<br />

Le alterazioni patologiche osservate nei topi WIP-/-, assolutamente<br />

simili a quelle riscontrate nei pazienti con WAS, suggeriscono<br />

che un’alterazione del gene WIP potrebbe essere<br />

alla base dei casi di WAS in cui non si è trovata alterazione<br />

di WASp.<br />

Ruolo di FHIT nella patogenesi e progressione<br />

del melanoma umano<br />

M. Mariotti, M. Iezzi, M. Liberatore, P. Ascione, M. Baldacci,<br />

C. Sulpizio, R. Spizzo, L. Borgia, T. Pannellini<br />

Dipartimento di Oncologia e Neuroscienze, Università di<br />

Chieti; Aging Research Center, CeSI, “G. d’Annunzio” University<br />

Foundation, Chieti<br />

Introduzione<br />

Fragile histidine triad (FHIT) è un gene situato su uno dei<br />

più noti siti fragili del genoma umano (3p 14.2) e codifica per<br />

una proteina di 16.8 kd appartenente alla famiglia delle nucleotide-binding<br />

proteins con funzioni biologiche poco definite.<br />

Molti dati suggeriscono che il gene FHIT agisca come<br />

oncosoppressore. FHIT è infatti alterato per delezione o translocazione<br />

in molti tipi di cancro (in particolare nei carcinomi<br />

squamosi e negli adenocarcinomi del polmone, nei carcinomi<br />

dello stomaco e del pancreas) e meno frequentemente<br />

per metilazione. È stato dimostrato che l’espressione del trascritto<br />

di FHIT è normale in vari tumori della cute, non esistono<br />

dati sull’espressione della proteina FHIT nelle lesioni<br />

neviche benigne e maligne della cute.<br />

Metodi<br />

Allo scopo di chiarire tale aspetto abbiamo studiato l’espressione<br />

di FHIT e Ki67, mediante immunoistochimica, su 10<br />

nevi intradermici, 10 nevi giunzionali, 10 nevi con moderato<br />

grado di displasia, 10 melanomi in situ, 10 melanomi a crescita<br />

superficiale, 10 melanomi nodulari, 10 metastasi polmonari<br />

o linfonodali da melanoma.<br />

Risultati<br />

FHIT è intensamente espresso nel 100% dei nevi intradermici<br />

e mediamente espresso nel 40% dei nevi giunzionali o<br />

composti. FHIT è scarsamente presente nel 40% dei nevi displastici,<br />

nel 20% dei melanomi in situ, e nel 10% dei melanomi<br />

a crescita radiale. Tale espressione correla inversamente<br />

con la presenza del Ki67 e quindi con il grado di proliferazione<br />

cellulare. Nei melanomi nodulari e nelle metastasi<br />

FHIT è presente nel 100% dei casi con pattern di espressione<br />

di tipo focale, alternandosi aree intensamente positive ad altre<br />

negative. In tali casi, inoltre, si perde la chiara correlazione<br />

inversa con il grado di proliferazione cellulare.<br />

Conclusioni<br />

I dati raccolti nel presente studio indicano che FHIT è espresso<br />

soprattutto in cellule melanocitarie normali non proliferanti.<br />

Tale espressione è ridotta nelle lesioni pretumorali e in<br />

quelle tumorali preinvasive o in fase di invasione precoce.<br />

Ciò suggerirebbe un ruolo di FHIT nei primi momenti della<br />

trasformazione tumorale. L’espressione di FHIT nelle fasi<br />

avanzate della progressione neoplastica dei melanomi suggerisce<br />

che le cellule tumorali, accumulando nel tempo ulteriori<br />

alterazioni geniche, possono rendersi indipendenti dalla<br />

funzione di questo oncosoppressore.<br />

Pax 8 expression in urothelial carcinoma<br />

L. Mariuzzi, L. Pellizzari * , G. Damante * , F. Saro, M. De<br />

Luca, D. Pivetta, M. Pandolfi, F. Zattoni ** , C.A. Beltrami<br />

Istitute of Pathology, University of Udine, Italy; * Istitute of<br />

Genetics, University of Udine, Italy; ** Department of Urology,<br />

General Hospital of Udine, Italy<br />

Introduction<br />

The transcription factor Pax8 was described as an important<br />

determinant for thyroid development in mice and in man. Its<br />

function was also established in kidney ontogenesis, where<br />

Pax8 plays its role together with the homologous factor Pax2.<br />

In this study we demonstrate, by means of immunohistochemistry<br />

and RT-PCR, the expression of Pax8 in neoplastic<br />

human adult bladder mucosa.<br />

Material and methods<br />

The material consisted of tissue microarrays comprising 116<br />

bladder biopsies from 45 subjects (32 male and 13 female,<br />

mean age 71): 9 normal controls, 2 papillary urothelial neoplasia<br />

of low malignant potential, 12 non invasive papillary<br />

urothelial carcinoma, low grade and 16 non invasive papillary<br />

urothelial carcinoma, high grade, of which 7 deriving<br />

from papillary urothelial carcinoma, low grade.<br />

Fresh material was obtained from 6 normal subjects and from<br />

13 patients with transitional cell carcinoma (7 low grade papillary<br />

urothelial carcinomas and 6 high grade papillary<br />

urothelial carcinomas). All carcinomas were graded according<br />

to the 2004 WHO classification system.<br />

We also analyzed 4 cell lines derived from human urothelial<br />

carcinoma of different grade. Immunohistochemistry was<br />

performed on formalin fixed, paraffin embedded material for<br />

the detection of Pax8 protein; RNA was extracted from fresh<br />

material for evaluation of Pax8 expression by means of RT-<br />

PCR.<br />

Results<br />

Immunohistochemistry demonstrated Pax8 positivity in 2/2<br />

papillary urothelial neoplasia of low malignant potential, in<br />

9/12 non invasive papillary urothelial carcinoma, low grade,<br />

7/7 non invasive papillary urothelial carcinoma, high grade<br />

(ex low grade) and in 9/9 non invasive papillary urothelial<br />

carcinoma, high grade; normal urothelial mucosa had no reactivity<br />

for Pax8.<br />

Immunohistochemistry results were confirmed by means of<br />

RT-PCR: normal human bladder mucosa does not display any<br />

Pax8 expression while all urothelial carcinomas show variable<br />

Pax8 expression in term of splicing isoforms. Moreover,<br />

the 4 cell lines deriving from different grade urothelial carcinomas<br />

demonstrated Pax8 expression.


288<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

Conclusions<br />

With this work we demonstrate, for the first time, Pax8 expression<br />

in human bladder tumors. This expression is not present<br />

in normal human bladder but it appears in papillary<br />

urothelial carcinomas. Thus, evaluation of Pax8 expression<br />

could represent a new diagnostic tool in human bladder neoplastic<br />

pathology.<br />

Metodiche di smascheramento dell’antigene<br />

nella valutazione di ki67 e valutazione<br />

morfometrica dell’indice di proliferazione<br />

L. Mastracci, P. S<strong>pag</strong>giari, L. Repetto, S. Pigozzi, P. Ceriolo,<br />

A. Cusimano, R. Fiocca<br />

DICMI Sezione Anatomia Patologica, Università di Genova<br />

Introduzione<br />

Precedenti osservazioni hanno dimostrato che l’utilizzo di<br />

metodi combinati di immunoistochimica e di analisi di immagine<br />

per la valutazione dell’indice di proliferazione dell’epitelio<br />

squamoso costituisce un parametro obiettivo e riproducibile<br />

nella diagnosi di esofagite microscopica. Scopo<br />

dello studio è di identificare la migliore metodica immunoistochimica<br />

in relazione al tempo di fissazione per la valutazione<br />

di Ki67 con sistemi di analisi di immagine.<br />

Metodi<br />

Frammenti di mucosa esofagea, gastrica, colica sono stati prelevati<br />

da campioni chirurgici e fissati in formalina tamponata<br />

al 10% a temperatura ambiente per tempi scalari progressivi<br />

(da 24 ore a tre mesi). Su tali campioni sono state eseguite<br />

reazioni immunoistochimiche per la valutazione dell’indice di<br />

proliferazione utilizzando differenti metodiche: 1) manuale -<br />

pretrattamento termico in forno a microonde con tampone citrato<br />

pH 6, anticorpo primario (clone MIB-1 DAKO), sistema<br />

di sviluppo UltraVision (bioptica); 2) semiautomatica - pretrattamento<br />

termico in forno a microonde con tampone citrato<br />

pH 6, immunocoloratore semiautomatico (modello Opti-<br />

Max Plus BioGenex) con anticorpo primario (clone MIB-1<br />

DAKO); 3) automatica - immunocoloratore automatico BenchMark<br />

xt; pretrattamento termico a temperatura controllata,<br />

anticorpo primario clone K-2 VENTANA.<br />

I risultati sono stati valutati e raffrontati sia in termini qualitativi<br />

che quantitativi, mediante sistema di analisi di immagine<br />

(LUCIA 4.6).<br />

Risultati e conclusioni<br />

Per tempi brevi di fissazione (1-3 giorni) le metodiche di immunocolorazione<br />

semiautomatica ed automatica hanno fornito<br />

risultati positivi e sostanzialmente analoghi, mentre la metodica<br />

manuale ha fornito risultati meno intensi sulle mucose gastrica<br />

e colica e risultati negativi su mucosa esofagea (Tab. I).<br />

Fissazioni prolungate (7-90 giorni) determinano una progressiva<br />

diminuzione di immunoreattività in campioni di epitelio<br />

squamoso esofageo ma non nei campioni di mucosa gastrica<br />

e di mucosa colica. Tale effetto è limitato alle metodiche immunoistochimiche<br />

manuali e semiautomatiche, eseguite a<br />

temperatura ambiente dopo pretrattamento in forno a microonde<br />

con tampone citrato pH 6. Con metodica automatica<br />

a temperatura controllata l’immunoreattività è conservata anche<br />

dopo fissazione protratta fino a 90 giorni.<br />

L’analisi di immagine applicata a campioni di mucosa esofagea<br />

non ha dimostrato alcuna significativa riduzione di percentuale<br />

d’area positiva in immunoreazioni eseguite con metodica<br />

automatica tra 1 e 30 giorni di fissazione.<br />

Linfoma di Hodgkin e virus di Epstein Barr:<br />

studio biomolecolare ed immunoistochimico<br />

A. Menin, E. D’amore, E. Bonoldi, P. Bevilacqua, S. Cazzavillan<br />

U.O. Anatomia Patologica Ospedale “S. Bortolo” ULSS 6,<br />

Vicenza<br />

Introduzione<br />

I casi di linfoma di Hodgkin correlati ad EBV sono circa il<br />

40-50% nei Paesi sviluppati e raggiungono percentuali ancora<br />

maggiori nei Paesi in via di sviluppo (Asia 65%, Sud America<br />

e Africa 90-100%). Le conoscenze sempre maggiori sul<br />

ruolo di EBV nella patogenesi dell’HL possono fornire nuovi<br />

spunti terapeutici per i casi HL EBV correlati. Obiettivi del<br />

nostro studio: 1) ricercare la presenza del virus di Epstein<br />

Barr (EBV) nelle cellule R-S e loro varianti in una casistica<br />

di 52 casi di linfomi di Hodgkin; 2) Effettuare una comparazione<br />

fra i diversi metodi di rivelazione del virus al fine di<br />

valutarne la sensibilità ed ottimizzarne l’utilizzo nella pratica<br />

diagnostica.<br />

Materiali e metodi<br />

È stata presa in esame una casistica retrospettiva di 52 casi di<br />

linfoma di Hodgkin, su cui è stato ricercato il virus EBV tramite:<br />

a) amplificazione del DNA virale mediante Polymerase<br />

Chain Reaction (geni LMP1, EBNA2 ED BMLF1) e b) metodiche<br />

di immunoistochimica (antigene LMP1) ed ibridizzazione<br />

in situ (EBER), tramite allestimento di singolo bloc-<br />

Tab. I. Intensità della immunoreazione in mucosa esofagea, gastrica e colica confrontando metodiche manuale, semiautomatica e automatica<br />

con crescenti tempi di fissazione.<br />

Metodica 1 g 3 gg 7 gg 14 gg 30 gg 60 gg 90 gg<br />

Mucosa Esofagea Manuale - - - - - - -<br />

Semiautomatica ++ ++ + + - - -<br />

Automatica ++ ++ ++ ++ ++ ++ ++<br />

Mucosa Gastrica Manuale + + + +/- - - -<br />

Semiautomatica ++ ++ ++ ++ + + +/-<br />

Automatica ++ ++ ++ ++ ++ ++ ++<br />

Mucosa Colica Manuale +/- +/- +/- - - - -<br />

Semiautomatica ++ ++ ++ ++ + + +/-<br />

Automatica ++ ++ ++ ++ ++ ++ ++


PATOLOGIE VARIE<br />

289<br />

chetto di paraffina di Tissue Microarrays. Il materiale è costituito<br />

da tessuto fissato in formalina tamponata al 10% e incluso<br />

in paraffina secondo protocolli standard.<br />

Risultati<br />

Il 50% dei casi di Linfoma di Hodgkin è risultato positivo alla<br />

ricerca dell’EBV con la combinazione di tutte le metodiche<br />

utilizzate (PCR, ICH, ISH). La valutazione delle singole<br />

tipologie di analisi ha mostrato una maggiore sensibilità diagnostica<br />

della metodica molecolare (18/52 - 34,6%), e fra i<br />

geni testati, l’amplificazione del gene BMLF1 (16/52 -<br />

30,8%). Per quel che riguarda le indagini istomorfologiche,<br />

la metodica di ISH (EBERs) si è rivelata più sensibile (13/51<br />

- 25%) rispetto alla indagine immunoistochimica con anticorpo<br />

LMP1 (5/50 - 9,6%) con una buona concordanza (casi<br />

positivi ad entrambe).<br />

Conclusioni<br />

I dati ottenuti dall’analisi della nostra casistica hanno evidenziato<br />

maggiore sensibilità dei metodi di biologia molecolare<br />

nei confronti dell’ICH e dell’ISH. I metodi istomorfologici<br />

sono tuttavia più affidabili, in quanto non risentono degli<br />

artefatti tecnici e dei diversi adattamenti virali. Le metodiche<br />

immunoistochimiche non hanno mostrato, nei confronti<br />

delle metodiche biomolecolari, una concordanza statisticamente<br />

significativa, ovvero si sono rivelate indipendenti e<br />

non sempre sovrapponibili. A nostro avviso l’iter diagnostico<br />

dovrebbe comprendere ambedue i metodi non potendo essere<br />

considerati alternativi.<br />

Luteoma gravidico con ascite massiva:<br />

descrizione di un caso<br />

D. Micello, C. Riva, F. Sessa, M.A. Audi Grivetta, C. Capella<br />

Dipartimento di Morfologia Umana, Sezione di Anatomia<br />

Patologica, Università dell’Insubria, Varese<br />

Introduzione<br />

Il luteoma gravidico è una lesione ovarica non tumorale caratterizzata<br />

da una proliferazione di grandi cellule luteiniche<br />

e formazione di noduli unici o multipli. La sua patogenesi è<br />

probabilmente correlata a un’esagerata risposta di cellule<br />

stromali ovariche agli ormoni gravidici.<br />

La lesione è generalmente asintomatica e regredisce completamente<br />

durante il puerperio.<br />

Descriviamo un caso di luteoma gravidico con ascite massiva<br />

materna insorta nel II trimestre.<br />

Caso clinico<br />

Una donna di 42 anni, primigravida, esegue amniocentesi alla<br />

16° settimana con diagnosi di cariotipo fetale 46XX. Alla<br />

20° settimana presenta distensione addominale marcata con<br />

riscontro ecografico di versamento ascitico e neoformazione<br />

ovarica sin. solida di cm 5. Viene sottoposta a 2 successive<br />

paracentesi con evacuazione di lt 2 e 2,5 di liquido limpido<br />

citrino. L’esame citologico del versamento dimostra numerose<br />

cellule grandi poligonali isolate, con nucleo vescicoloso<br />

nucleolato e citoplasma eosinofilo, alfa-inbina+, citocheratina<br />

e calretinina-, commiste a una popolazione di cellule mesoteliali<br />

reattive calretinina+.<br />

La paziente viene sottoposta a laparotomia con evacuazione<br />

di oltre 6 lt di liquido ascitico e annessiectomia sin. L’ovaio<br />

presenta neoformazione solida giallastra di cm 7 con estesa<br />

rottura spontanea capsulare. L’esame istologico mostra distese<br />

solide e trabecole di cellule con abbondante citoplasma eosinofilo,<br />

nuclei vescicolosi grandi, rotondi o ovali con nucleolo<br />

prominente. Le cellule appaiono intensamente e diffusamente<br />

alfa-inibina+. Il quadro è diagnostico per luteoma<br />

gravidico.<br />

Il decorso successivo della gravidanza è regolare con parto a<br />

termine mediante taglio cesareo e reperto di normalità addomino-pelvica.<br />

Conclusioni<br />

Il luteoma gravidico è generalmente asintomatico e costituisce<br />

un reperto incidentale in corso di taglio cesareo. Nel 25%<br />

dei casi induce virilizzazione nella 2° metà della gravidanza.<br />

L’interesse del caso descritto è legato alla eccezionalità della<br />

presentazione con ascite materna nel II trimestre. Esiste infatti<br />

un’unica altra descrizione di luteoma gravidico con ascite,<br />

insorta però nel post-partum (Rodriguez et al., 1999).<br />

Questa rara entità deve essere pertanto considerata nella diagnostica<br />

differenziale di una massa pelvica con ascite in una<br />

paziente gravida.<br />

Nodulo necrotico solitario del fegato:<br />

segnalazione di tre casi<br />

Y. Musizzano, M. Mora, L. Mastracci, S. Bonadio, P.<br />

Ceppa, R. Fiocca<br />

DICMI, Sezione di Anatomia Patologica, Università di Genova<br />

Introduzione<br />

Il nodulo necrotico solitario (NNS) del fegato è un’entità<br />

estremamente rara. Costituisce spesso un reperto accidentale<br />

in corso esami radiologici, esami istologici estemporanei<br />

intraoperatori o riscontri autopsici. I NNS sono lesioni benigne<br />

caratterizzate da un’area centrale di necrosi delimitata<br />

da una capsula fibrosclerotica contenente fibre elastiche<br />

e cellule infiammatorie. L’aspetto ecografico è solitamente<br />

quello di una lesione “a bersaglio” con centro iperecogeno,<br />

mentre alla TC appaiono come lesioni ipodense, senza<br />

rinforzo in seguito a somministrazione di MdC, con un<br />

comportamento radiologico sovrapponibile a quello delle<br />

metastasi da adenocarcinoma o dei colangiocarcinomi periferici,<br />

potendo quindi essere interpretati come lesioni neoplastiche,<br />

sospetto ulteriormente rafforzato dall’eventuale<br />

reperto bioptico di materiale cellulare necrotico. Per quanto<br />

riguarda l’eziologia del NNS sono state formulate varie ipotesi,<br />

quali la possibile derivazione da un emangioma sclerosante,<br />

un’eziologia infettivo-parassitaria (malaria o infestazione<br />

da clonorchis sinensis) o post-traumatica, un danno di<br />

natura ischemica o fattori iatrogeni. Inoltre, in una percentuale<br />

variabile di pazienti (fino al 50% in alcune casistiche)<br />

è dimostrabile una concomitante neoplasia primitiva potenzialmente<br />

in grado di produrre metastasi epatiche (lesione<br />

tumore-associata?), senza che sia tuttavia dimostrabile la<br />

natura neoplastica dei noduli. Riportiamo 3 casi di NNS osservati<br />

presso il nostro Istituto.<br />

Metodi<br />

I casi sono stati valutati in base al sesso ed età dei pazienti,<br />

alla storia clinico-anamnestica, alla patologia correlata ed alle<br />

metodiche strumentali eseguite. In tutti i casi i noduli sono<br />

stati esaminati in toto su sezioni multiple corredate di indagini<br />

istochimiche ed immunoistochimiche (PAS, AB-PAS,<br />

Grocott, Ziehl-Nielsen e citocheratine).<br />

Risultati<br />

I casi descritti riguardavano 2 donne ed 1 uomo di 59, 61 e<br />

63 anni. In 2 pazienti la neoformazione fu riscontrata casualmente<br />

in corso di ecotomografia addominale e di colecistec-


290<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

tomia videolaparoscopica; in 1 paziente fu riscontrato un nodulo<br />

a 18 mesi da una colectomia per adenocarcinoma con<br />

metastasectomie epatiche multiple. In nessun paziente erano<br />

segnalate pregresse malattie infettive-parassitarie o uso di<br />

farmaci epatotossici. In tutti i casi l’esame istologico evidenziò<br />

la presenza di focolai di necrosi coagulativa, delimitati da<br />

un vallo fibrosclerotico con occasionali infiltrati linfoplasmacellulari.<br />

Negative le indagini istochimiche atte ad evidenziare<br />

l’eventuale presenza di forme fungine o di batteri<br />

acido-alcol resistenti.<br />

Conclusioni<br />

Solo 1 dei 3 casi da noi osservati era associato a malattia neoplastica<br />

al momento della diagnosi e nel follow-up; negli altri<br />

2 casi non si è potuto evincere alcuna causa certa. Dato<br />

l’aspetto sia strumentale che macroscopico sospetto per neoplasia<br />

l’esame istologico dopo asportazione della lesione nella<br />

sua totalità costituisce l’unico strumento per definire la natura<br />

della neoformazione.<br />

Tissue engineering. Formazione di un lembo<br />

epidermico: metodica feeder-layer e su<br />

supporto di collageno<br />

S. Negri, C. Fila * , A. Bellomi, P. Pagliaro *<br />

Servizio Anatomia Patologica, Ospedale “C. Poma”, Mantova;<br />

* Servizio Trasfusionale, Ospedale “C. Poma”, Mantova<br />

Introduzione<br />

L’ingegneria tessutale è un’area multidisciplinare di ricerca<br />

che ha come scopo la rigenerazione di tessuti ed organi danneggiati<br />

del nostro organismo, partendo dal presupposto che<br />

la quasi totalità delle cellule animali possono essere coltivate<br />

in laboratorio.<br />

Lo scopo di questa ricerca è quello di isolare cheratinociti<br />

umani, derivanti da prelievi di cute autologa, farli crescere e<br />

differenziare in coltura in modo da formare lembi cutanei con<br />

caratteristiche morfo-funzionali e immunoistochimiche molto<br />

simili a quelle dell’epidermide normale.<br />

Questi lembi possono essere utilizzati per la terapia di ulcere,<br />

ustioni e per interventi di chirurgia ricostruttiva.<br />

Materiali e metodi<br />

Estrazione enzimatica dei cheratinociti provenienti da biopsia<br />

cutanea con formazione di una coltura primaria, utilizzando<br />

metodica su feeder-layer con linea di fibroblasti 3T3<br />

murini in fiasca.<br />

La coltura primaria a sub-confluenza viene riseminata (coltura<br />

secondaria) con due modalità diverse:<br />

1)in fiasca di coltura con metodica feeder-layer con formazione<br />

di un lembo epidermico;<br />

2)oppure su supporto di collageno tipo I quasi completamente<br />

immerso nel terreno di coltura DMEM. I fibroblasti<br />

3T3 vengono seminati 24 ore prima dei cheratinociti provenienti<br />

dalla coltura primaria.<br />

Dopo 19 giorni i due lembi così formati vengono fissati in<br />

formalina ed inclusi in paraffina.<br />

Risultati - Esame istologico<br />

1)Il lembo di epidermide con metodica feeder-layer è sottile<br />

e formato solo da 3-4 file di cellule: basale, spinoso, granuloso;<br />

2)il lembo di epidermide coltivato su collageno presenta<br />

maggiore spessore e struttura tridimensionale.<br />

Indagini immunoistochimiche eseguite: P63, KAE1,<br />

HMB45.<br />

Conclusioni<br />

Il lembo epidermico ottenuto con metodica feeder-layer mostra<br />

normale maturazione e rappresentazione di tutti gli strati<br />

epidermici, tranne lo strato corneo.<br />

Si segnala la presenza dei melanociti a livello basale e quindi<br />

la possibilità di ottenere epidermide normo-pigmentata.<br />

I limiti del lembo epidermico così ottenuto, che ne riducono<br />

la possibilità d’impiego clinico, sono il ridotto spessore e la<br />

conseguente fragilità.<br />

Risulta quindi evidente la necessità di impiegare un supporto<br />

idoneo da utilizzare come carrier per le cellule in coltura.<br />

Riteniamo che l’utilizzo di supporto di collageno per i cheratinociti<br />

sia la soluzione ideale per i vari impieghi clinici.<br />

Tissue engineering: colture di condrociti su<br />

supporto di collageno di tipo I<br />

S. Negri, C. Fila * , P. Pagliaro * , A. Bellomi<br />

Servizio Anatomia Patologica, Ospedale “C. Poma”, Mantova;<br />

* Servizio Immunoematologia e Medicina Trasfusionale,<br />

Ospedale “C. Poma”, Mantova<br />

Introduzione<br />

Il tessuto cartilagineo è dotato di limitata capacità di rigenerazione<br />

delle lesioni ad esso associate, in quanto il naturale<br />

processo di riparazione porta alla formazione di tessuto fibrocartilagineo<br />

che non presenta le caratteristiche di resistenza e<br />

deformabilità al carico tipiche della cartilagine ialina che ricopre<br />

la superficie articolare.<br />

In campo ortopedico è stata dimostrata la possibilità di trapiantare<br />

condrociti umani per la ricostruzione di cartilagine.<br />

Scopo della nostra ricerca è di valutare la possibilità di coltivare<br />

e di espandere condrociti umani e seminarli su supporto<br />

di collageno di tipo I.<br />

Materiali e metodi<br />

Il frammento di tessuto cartilagineo proviene da cartilagine<br />

di testa femorale asportata per artroprotesi. Tale frammento<br />

viene sottoposto a digestione enzimatica seguita da isolamento<br />

e coltura dei condrociti con formazione di una coltura<br />

primaria.<br />

La coltura primaria a sub-confluenza viene riseminata (coltura<br />

secondaria) su supporto di collageno, successivamente fissato<br />

in formalina ed incluso in paraffina.<br />

Risultati<br />

L’estrazione dei condrociti, ha permesso di ottenere 2 milioni<br />

di cellule che vengono seminati in fiasca F 75.<br />

Durante la prima settimana di coltura le cellule perdono il loro<br />

aspetto tondeggiante, assumendo forma fusata e ramificata<br />

fibroblasto-simile e si moltiplicano.<br />

Alla II settimana le cellule diventano molto voluminose, globose<br />

e ramificate.<br />

Dopo 14 gg si procede a staccare le cellule dalla fiasca tramite<br />

tripsinizzazione e a riseminarle (1 milione per cm quadrato)<br />

sul supporto di collageno trattato opportunamente.<br />

Dopo 2 settimane l’esame istologico mostra la presenza di<br />

condrociti di forma tondeggiante, circondati da matrice extracellulare.<br />

Conclusioni<br />

I nostri risultati mostrano che le cellule di cartilagine articolare<br />

umana sono in grado di crescere su substrato di collagene<br />

di tipo I con produzione di matrice extra-cellulare. Queste<br />

colture di condrociti su supporto possono essere impiegate<br />

per riparare lesioni cartilaginee.


PATOLOGIE VARIE<br />

291<br />

L’impiego di scaffolds dovrebbe portare ad un miglioramento<br />

della tecnica chirurgica, consentendo di trattenere “fisicamente”<br />

le cellule nella zona da riparare e una malleabilità di<br />

utilizzo che possa favorire un adattamento spaziale ottimale<br />

all’interno di lesioni di qualsiasi forma.<br />

Involvement of chromosome 3 and X gains in<br />

cervical carcinogenesis<br />

G. Orlandi, R. Merola, E. Vico, M.A. Carosi, F. Tomassini,<br />

A.M. Cianciulli<br />

“Regina Elena” Cancer Institute, Rome<br />

To investigate cumulative genetic changes during development<br />

and progression of cervical carcinoma, we examined<br />

isolated nuclei from 70 cervical squamous intraepithelial lesions<br />

(SIL) of different histological groups (LSIL, HSIL and<br />

cancer) for chromosome 3, X and 7 aneuploidy and for<br />

EGFR gene amplification by Fluorescence in situ Hybridization.<br />

Polysomy of chromosomes 3 and X defined genetic transition<br />

from HSIL to cervical carcinoma, showing statistical differences<br />

(p = 0.0001 and p = 0.0001, respectively). Regarding<br />

monosomy, only chromosome 3 showed significant differences<br />

(P = 0.039) when we compared HSIL and cervical<br />

carcinoma. No other statistical significant result emerged.<br />

Taking into account all three groups simultaneously by the<br />

Kruskal-Wallis test, polisomy of chromosome 3 and X increases<br />

with progressing from LSIL to cervical carcinoma<br />

(Tab. I).<br />

Since eight samples (1 HSIL and 7 cervical carcinoma)<br />

showed chromosome 7 polysomy higher than 20%, we evaluated<br />

the status of EGFR gene to establish true amplification.<br />

Our results showed all ratios, EGFR/Chromosome 7, lower<br />

than 2, meaning no EGFR amplification.<br />

Our findings revealed an accumulation of chromosome 3 and<br />

X aberrations during neoplastic transformation, while the frequency<br />

of chromosome 7 aneusomy was similar in all three<br />

groups. We propose that chromosome 3 and X alterations in<br />

premalignant lesions could be considered a potentially useful<br />

intermediate biomarker of tumorigenesis to detect patients at<br />

high risk of cervical carcinoma who may benefit from preventive<br />

intervention.<br />

Componente genetica HLA e artrite<br />

reumatoide in una mummia italiana del XVI<br />

secolo<br />

F. Papola, G. Fontecchio, L. Ventura * , C. Mercurio * , M.A.<br />

Fioroni, R. Azzarone, C. Battistoni, C. Cervelli, R. Ciranni<br />

** , G. Fornaciari **<br />

Centro Regionale di Immunoematologia e Tipizzazione Tissutale<br />

e * U.O. di Anatomia Patologica, Azienda USL 4, L’Aquila;<br />

** Sezione di Storia della Medicina, Dipartimento di<br />

Oncologia, dei Trapianti e delle Nuove Tecnologie in Medicina,<br />

Università di Pisa<br />

Introduzione<br />

In campo paleoepidemiologico era risultata finora piuttosto<br />

sostenibile l’ipotesi che l’artrite reumatoide (AR) fosse comparsa<br />

inizialmente nelle popolazioni indigene del continente<br />

americano, mentre si sarebbe diffusa in Europa solo in tempi<br />

assai recenti 1 . L’evidenza radiologica ed anatomopatologica<br />

dei segni tipici della malattia in una mummia del XVI secolo,<br />

rinvenuta nella Basilica di S. Francesco in Arezzo e denominata<br />

la “Dama dalle Trecce”, ha condotto ad una rivisitazione<br />

di tale teoria, retrodatando di 200 anni l’origine dell’AR<br />

nel Vecchio Mondo 2 .<br />

La componente genetica assume un ruolo significativo nell’AR,<br />

grazie alla stretta associazione tra predisposizione a<br />

sviluppare la malattia e geni appartenenti al sistema polimorfico<br />

MHC codificante per gli antigeni di istocompatibilità,<br />

quali gli alleli HLA di classe II DRB1*0101, *0401, *0404,<br />

*0405, *1001 (fenotipicamente DR1, DR4 e DR10), frequenti<br />

nei pazienti europei, e *1402 (corrispondente all’antigene<br />

DR14), comune fra i nativi americani.<br />

Metodi<br />

Si è proceduto alla tipizzazione genomica del locus HLA-<br />

DR, impiegando DNA isolato da sezioni deparaffinate e campioni<br />

di osso secco, analizzato mediante le tecniche di biologia<br />

molecolare PCR-SSO (Polymerase Chain Reaction-Sequence-Specific<br />

Olygonucleotides) e PCR-SSP (Sequence-<br />

Specific Primers).<br />

Risultati<br />

Entrambe le metodiche hanno fornito risultati concordanti,<br />

assegnando alla mummia il genotipo DRB1*0101; 11.<br />

Conclusioni<br />

Poiché gli alleli su citati condividono la sequenza<br />

“EQK/RRAA”, altamente conservata nella terza regione<br />

Tab. I.<br />

p value<br />

LSIL vs. LSIL vs. HSIL vs. LSIL vs. HSIL vs.<br />

HSIL * Tumour * Tumour* Tumour **<br />

Chromosome<br />

3 Monosomy ns ns 0.039 ns<br />

Polysomy ns 0.008 0.0001 0.0001<br />

7 Monosomy ns ns ns ns<br />

Polysomy ns ns ns ns<br />

X Monosomy ns ns ns ns<br />

Polysomy ns 0.0001 0.0001 0.0001<br />

*<br />

Mann-Whitney test (non-parametric test)<br />

**<br />

Kruskal Wallis test<br />

ns = not significant


292<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

ipervariabile (HVR3) della catena DRβ1, è verosimile che<br />

omologie di sequenza tra svariati agenti infettivi e determinanti<br />

self dell’ospite diano luogo a reattività crociata innescando<br />

la reazione autoimmunitaria dell’AR (mimetismo<br />

molecolare). Agenti etiologici differenti possono avere agito<br />

su diversi substrati genetici delle varie popolazioni dando<br />

origine al medesimo fenotipo patologico.<br />

Sebbene il possesso di fattori genetici di rischio per l’AR non<br />

possa esser considerato un marcatore diagnostico, la positività<br />

per DRB1*0101 nella “Dama dalle Trecce” contribuisce<br />

a sostenere l’ipotesi che l’AR fosse presente nel Vecchio<br />

Mondo già nella metà del XVI secolo.<br />

Nella diatriba riguardante l’antichità della malattia in Europa<br />

il presente studio costituisce il primo esempio del contributo<br />

che le tecniche di genotipizzazione HLA possono fornire alla<br />

valutazione diagnostica dell’AR nei resti umani antichi.<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Rothschild BM, et al. Semin Arthritis Rheum 1990;19:278-84.<br />

2<br />

Ciranni R, et al. Clin Exp Rheumatol 2002;20:745-52.<br />

20/21 (95.2%) of intestinal type lesions, 9/18 (50%) of pancreatico-biliary<br />

and 6/6 (100%) of unusual type. A significant<br />

statistical difference was found between pancreatico-biliary<br />

vs. intestinal type (P = 0.001) and between pancreatico-biliary<br />

vs. unusual type (P = 0.032). Furthermore, a negative<br />

statistical significant correlation was found between T factor<br />

and COX-2 expression (P = 0.048). No significant correlation<br />

was found between N factor and COX-2 expression (P =<br />

0.267).<br />

Conclusion<br />

Our results suggest that COX-2 is highly expressed in ampullary<br />

carcinomas and may represent the rational for targeting<br />

COX-2 in ampullary cancer therapy. Moreover, differences<br />

found in COX-2 expression among histopathological<br />

types support the concept of histogenetically different types<br />

of ampullary carcinomas.<br />

References<br />

1<br />

Kune GA, et al. Cancer Res 1988;48:4399-404.<br />

2<br />

Zhou H, et al. Am J Surg Pathol 2004;28:875-82.<br />

COX-2 expression in ampullary carcinomas:<br />

correlation with histopathologic type and<br />

clinico-pathological parameters<br />

G. Perrone, A. Verzì, D. Santini * , B. Vincenzi * , D. Borzomati<br />

** , E. De Dominicis, R. Coppola ** , G. Tonini * , C.<br />

Rabitti<br />

Anatomia Patologica, * Oncologia Medica, ** Chirurgia Generale,<br />

Università Campus Bio-Medico, Roma<br />

Background<br />

Epidemiological studies suggest that regular intake of nonsteroidal<br />

anti-inflammatory drugs (NSAIDs) are associated<br />

with reduced incidence of gastrointestinal cancer 1 . Several<br />

lines of evidence indicate that the anti-neoplastic effect of<br />

non-steroidal anti-inflammatory drugs (NSAIDs) is attributable<br />

to COX-2 inhibition. To data, there have been few clinico-pathological<br />

studies concerning COX-2 expression in human<br />

ampullary carcinoma and no data have been reported<br />

about its relationship with histopathologic type.<br />

The ampulla of Vater consists of papilla, common cannel,<br />

distal common bile duct, and the distal main pancreatic duct.<br />

The papilla is covered by intestinal mucosa. The other parts<br />

of ampulla are lined by a simple mucinous epithelium like<br />

that of pancreatico-biliary tree 2 . In consequence, from the<br />

pathophysiological point of view, ampullary carcinoma appears<br />

as a heterogeneous disease arising from two different<br />

types of mucosa, which might reflect the broad histomorphologic<br />

spectrum of these tumors.<br />

The aim of our study was to assess COX-2 expression within<br />

different histopathologic types in a series of primary untreated<br />

ampullary carcinomas and its possible correlation<br />

with pathological parameters.<br />

Methods<br />

Material included 45 surgical specimens of invasive ampullary<br />

carcinomas categorized according International<br />

Union Against Cancer. Ampullary carcinomas were histologically<br />

classified into pancreatico-biliary, intestinal and unusual<br />

types and were analyzed for evaluation of COX-2 expression<br />

by immunohistochemical method.<br />

Results<br />

High COX-2 expression was detected in 35 (77.8%) ampullary<br />

carcinomas. High COX-2 expression was detected in<br />

Densità microvascolare (MVD) ed espressione<br />

del Vascular Endothelial Growth Factor<br />

(VEGF) in rialzi di seno; valutazione<br />

immunoistochimica a tre e sei mesi<br />

G. Petrone, L. Artese, M. Degidi, C. Rubini * , V. Perrotti,<br />

G. Iezzi, A. Piattelli<br />

Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche, Università<br />

“G. D’Annunzio”, Chieti-Pescara; * Dipartimento di Anatomia<br />

Patologica, Università di Ancona<br />

Introduzione<br />

Il Bio-Oss è un materiale da innesto di origine bovina, molto<br />

utilizzato nelle tecniche rigenerative, in quanto risulta estremamente<br />

biocompatibile e dotato di proprietà osteoconduttive.<br />

Alla base dei processi rigenerativi, quindi nei meccanismi<br />

di formazione di nuovo osso, gioca un ruolo fondamentale<br />

l’angiogenesi. Un metodo per valutare la presenza di vasi<br />

sanguigni in un tessuto è la conta dei microvasi che serve per<br />

calcolare la densità microvascolare (MVD).<br />

Lo scopo di questo studio è una valutazione immunoistochimica,<br />

a tre e sei mesi del VEGF e della densità microvascolare<br />

(MVD) nelle tecniche di rialzo di seno mascellare con<br />

l’utilizzo del Bio-Oss.<br />

Metodi<br />

In questo studio hanno partecipato un totale di 10 pazienti. In<br />

tutti i pazienti, che presentavano un certo grado di riassorbimento<br />

dell’osso mascellare, è stato eseguito un rialzo di seno,<br />

utilizzando come materiale da innesto il Bio-Oss. I prelievi<br />

sono stati eseguiti in 5 pazienti dopo 3 mesi ed negli altri<br />

5 dopo 6 mesi. Come controlli sono stati utilizzati dei prelievi<br />

di osso basale di 4-5 mm, al di sotto del pavimento del<br />

seno. Tutti i campioni sono stati sottoposti a valutazioni immunoistochimiche.<br />

Risultati<br />

I dati della densità microvascolare ottenuti dalle valutazioni<br />

sono stati: MVD controllo di 23,9, MVD Bio-Oss a tre mesi<br />

di 23,3, MVD Bio-Oss a sei mesi di 29,5. Da questi dati<br />

emerge che non ci sono differenze statisticamente significative<br />

tra il gruppo Bio-Oss a tre mesi ed il gruppo Bio-Oss a<br />

sei mesi. L’analisi statistica confrontando il tessuto osseo di<br />

controllo con Bio-Oss a tre mesi è risultata non significativa<br />

(P = 0,52). Per quanto riguarda l’espressione del VEGF, esso


PATOLOGIE VARIE<br />

293<br />

è presente nei vasi sia a tre mesi che a sei mesi. A tre mesi<br />

sembra maggiore poiché è presente più tessuto connettivo<br />

cellulato.<br />

Conclusioni<br />

I risultati ottenuti mostrano che non ci sono differenze statisticamente<br />

significative della densità microvascolare tra i siti<br />

rigenerati ed i siti controllo.<br />

L’osteogenesi, è strettamente correlata alla rivascolarizzazione<br />

dei tessuti che rigenerano, poiché questi ultimi hanno un<br />

maggiore fabbisogno metabolico; ciò richiede la formazione<br />

di un denso network di capillari. Le interazioni tra i processi<br />

di neoformazione ossea ed angiogenesi non sono ancora<br />

completamente chiare, nel futuro saranno necessari ulteriori<br />

studi per approfondire tale problema.<br />

Carcinoma a piccole cellule dell’ovaio,<br />

variante ipercalcemica. Descrizione di un<br />

caso<br />

E. Piazzola, E. Manfrin, I. Franceschetti, L. Bortesi, F.<br />

Menestrina<br />

Anatomia Patologica, Ospedale Policlinico “G.B. Rossi”,<br />

Università di Verona, Italia<br />

Introduzione<br />

Si descrive un caso di carcinoma a piccole cellule dell’ovaio,<br />

variante ipercalcemica, raro tumore aggressivo ad istogenesi<br />

ancora incerta.<br />

Metodi<br />

Una donna di 35 anni, P2002, si presenta per aumento di volume<br />

dell’addome ed astenia. All’esame obiettivo è presente<br />

massa ovarica destra, versamento peritoneale ed idrotorace<br />

destro.<br />

La paziente viene sottoposta ad isteroannessiectomia bilaterale,<br />

appendicectomia, linfoadenectomia pelvica, omentectomia<br />

e resezione del legamento infundibulo pelvico destro.<br />

Risultati<br />

L’ovaio destro è sostituito da massa del peso di g 960 a superficie<br />

liscia e bozzuta. In sezione, la lesione è prevalentemente<br />

solida, di aspetto carnoso, con aree di necrosi ed emorragia.<br />

Istologicamente è caratterizzata da una proliferazione<br />

diffusa di cellule neoplastiche con elevato indice proliferativo,<br />

disposte in filiere, cordoni, aree solide. Focalmente gli<br />

elementi neoplastici formano strutture simil follicolari, di<br />

fondamentale importanza diagnostica 1 . Dal punto di vista citologico,<br />

si riconosce una doppia popolazione di cellule: una<br />

di piccole dimensioni, con nucleo ipercromico a profilo irregolare<br />

ed un’altra, maggioritaria, di grandi dimensioni con<br />

nucleo vescicoloso fornito di macronucleolo e citoplasma<br />

ampio debolmente eosinofilo. In alcune aree si apprezzano<br />

globuli citoplasmatici ialini che rendono eccentrica la posizione<br />

del nucleo. Sono presenti emboli neoplastici endovasali.<br />

Alla diagnosi la lesione metastatizza ai linfonodi iliaci comuni,<br />

otturatori destri, para-aortici destri e lombo-aortici; si<br />

localizza inoltre al legamento infundibulo pelvico mentre<br />

non coinvolge l’ovaio controlaterale. La calcemia non è stata<br />

dosata. Il profilo immunofenotipico mostra espressione disomogenea<br />

per CK8-18-19 ed EMA, vimentina, actina, desmina).<br />

Risultano negativi i marcatori neuroendocrini, CD30,<br />

alfa feto proteina, fosfatasi alcalina placentare, hCG, inibina<br />

ed i recettori per estrogeni e progesterone. Nonostante la chemioterapia,<br />

la paziente muore per malattia 10 mesi dopo la<br />

diagnosi.<br />

Conclusioni<br />

Il carcinoma a piccole cellule dell’ovaio, variante ipercalcemica<br />

è una neoplasia ovarica molto rara, di difficile diagnosi.<br />

Il caso in esame presenta caratteri comuni a quanto descritto<br />

in letteratura per età di insorgenza (giovanile), stadio<br />

avanzato alla diagnosi, prognosi infausta 2 .<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Young RH, et al. Am J Surg Pathol 1994;18:1102-16.<br />

2<br />

McCluggage WG. Adv Anat Pathol 2004;11:288-96.<br />

La tomografia a coerenza ottica nella<br />

identificazione precoce dell’aterosclerosi<br />

G. Pizzicannella, M. Zimarino * , F. Prati ** , E. Stabile *** , J.<br />

Pizzicannella * , T. Fouad ** , A. Filippini, M. Chiariello *** ,<br />

R. De Caterina *<br />

U.O. Anatomia Patologica, ASL di Lanciano, Vasto; * Istituto<br />

di Cardiologia, Università “G. d’Annunzio”, Chieti;<br />

**<br />

U.O. Cardiologia Invasiva, Ospedale “San Giovanni”, Roma;<br />

*** Istituto di Cardiologia, Università “Federico II”, Napoli<br />

Introduzione<br />

Le attuali tecniche diagnostiche non consentono una accurata<br />

identificazione “in vivo” dei primi stadi dell’aterosclerosi.<br />

La tomografia a coerenza ottica (OCT) è un analogo ottico<br />

dell’ecografia intravascolare e consente la realizzazione di<br />

immagini ad elevata risoluzione (circa 10 µm) all’interno del<br />

lume arterioso. Obiettivo del presente studio è stato di analizzare<br />

la capacità diagnostica dell’OCT nell’identificare i<br />

primi stadi di aterosclerosi, ovvero le lesioni di tipo I-III secondo<br />

la classificazione di Stary.<br />

Materiali e metodi<br />

Otto conigli bianchi maschi di razza “New Zealand” (peso<br />

3,5-4 kg) sono stati sottoposti a danno elettrico perivascolare<br />

su entrambe le carotidi comuni per una lunghezza di circa 10<br />

mm. Gli animali hanno poi ricevuto una dieta ad elevato contenuto<br />

lipidico (1,5% di colesterolo) per circa 2 mesi. Il catetere<br />

da OCT è stato successivamente posizionato prossimalmente<br />

al segmento lesionato in entrambe le arterie, accedendo<br />

alle carotidi comuni mediante le carotidi esterne ed ottenendo<br />

le immagini durante il “ritiro”, che è stato eseguito ad<br />

una velocità di 0,5 mm/sec. Gli accumuli lipidici sono stati<br />

identificati come aree di ridotta densità di segnale e “backscattering”<br />

più eterogeneo rispetto al tessuto fibroso. Dopo la<br />

visualizzazione con OCT i conigli sono stati sottoposti ad eutanasia<br />

e le arterie sono state fissate con formalina neutra al<br />

10% e processate secondo routine. Le sezioni sono state colorate<br />

in ematossilina-eosina, tricromia di Masson e pentacromica<br />

di Movat.<br />

Risultati<br />

Dopo 41 ± 16 giorni, il colesterolo-LDL è aumentato dal valore<br />

basale di 28 ± 15 mg/dL al valore prima del sacrificio di<br />

643 ± 135 mg/dL (P < 0,001). Una carotide è risultata completamente<br />

occlusa; 9 carotidi sono state visualizzate con<br />

OCT e sono stati identificate 32 lesioni aterosclerotiche, delle<br />

quali 23 (72%) nel segmento sottoposto a danno elettrico.<br />

All’analisi istomorfometrica, 13 lesioni sono state definite<br />

come Stary tipo I (con macrofagi isolati), 10 tipo II (con accumuli<br />

lipidici intracellulari), and 9 tipo III (con la presenza<br />

di piccoli depositi lipidici extracellulari). Non sono state<br />

identificate lesioni avanzate (≥ type IV), verosimilmente a


294<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

causa della brevità di durata della dieta ipercolesterolemica.<br />

L’OCT non ha identificato alcuna lesione di tipo I o II. Nelle<br />

lesioni di tipo III, la sensibilità, specificità ed accuratezza<br />

diagnostica dell’OCT sono risultate rispettivamente 56%,<br />

100%, e 88%. La localizzazione di tutte le lesioni di tipo III<br />

identificate con l’OCT corrispondeva con la localizzazione<br />

documentata dall’istologia.<br />

Conclusioni<br />

L’OCT documenta accuratamente lesioni aterosclerotiche<br />

“intermedie” (tipo III sec. Stary) “in vivo”, ma non è in grado<br />

di identificare stadi più precoci di aterosclerosi.<br />

Feocromocitoma: studio morfologico,<br />

immunoistochimico e di Biologia Molecolare<br />

dei marcatori di malignità<br />

L. Reggiani Bonetti, E. Siopis * , G. Sartori, D. Santini ** ,<br />

C. Cirilli *** , L. Losi, G.P. Trentini<br />

Dipartimento Integrato di Servizi Diagnostici, di Laboratorio<br />

e di Medicina Legale, Università di Modena e Reggio<br />

Emilia; * U.O. Endocrinologia e Malattie del Metabolismo,<br />

“S. Orsola-Malpighi”, Università di Bologna; ** Anatomia<br />

Patologica “S. Orsola-Malpighi”, Università di Bologna; ***<br />

Registro Tumori della Provincia di Modena<br />

Introduzione<br />

Il feocromocitoma è una rara neoplasia surrenalica che origina<br />

dalle cellule cromaffini. La maggior parte dei feocromocitomi<br />

è fatta di tumori benigni e la percentuale di forme maligne<br />

riportate in letteratura varia dal 2,4% al 26%. Attualmente<br />

l’unico indice certo di malignità è rappresentato dalla<br />

presenza di metastasi. Scopo del presente studio è quello di<br />

identificare differenti categorie di pazienti (con diagnosi di<br />

feocromocitoma benigno, maligno, borderline) sulla base dei<br />

differenti marcatori riportati in letteratura.<br />

Metodi<br />

Dagli archivi di Anatomia Patologica del Policlinico di Modena<br />

e del Policlinico “S. Orsola-Malpighi” di Bologna sono<br />

stati selezionati 62 casi di feocromocitoma (31 uomini e 31<br />

donne) di età compresa tra i 20 e i 90 anni, diagnosticati nel<br />

periodo 1984-2004. Dal pezzo operatorio fissato in formalina<br />

al 10%, sono stati eseguiti prelievi mirati poi inclusi in paraffina.<br />

Da ciascun preparato si sono ottenute sezioni seriate<br />

di 5 micron colorate con ematossilina-eosina. Sono state eseguite<br />

indagini di immunoistochimica utilizzando i seguenti<br />

anticorpi: proteina S100, Cromogranina A, CD31, VEGF e<br />

MIB-1. È stata inoltre eseguita uno studio LOH 1 delle regioni<br />

1p36.33 e 1p34.3 dei geni SDHD ed SDHB. Infine è stato<br />

calcolato il PASS score.<br />

Risultati<br />

Dei 62 casi studiati, 5 presentavano metastasi e all’indagine<br />

immunoistochimica sono risultati negativi con proteina S100<br />

e si è dimostrata correlazione tra neoangiogenesi tumorale e<br />

mutazioni a carico dei geni che codificano per alcune subunità<br />

mitocondriali (SDHB e D) determinata con studio LOH.<br />

L’attività citoproliferativa di questi casi è risultata > 5%. Il<br />

PASS score non si è rivelato un indice specifico di malignità.<br />

Conclusioni<br />

L’utilizzo del PASS score, isolato, non sembra un fattore prognostico<br />

attendibile nel differenziare le forme benigne da<br />

quelle maligne, pertanto si propone un aumento del punteggio<br />

di alcuni valori quali l’invasione vascolare e il superamento<br />

della capsula, oltre alla correlazione con i risultati immunoistochimici<br />

e di biologia molecolare come sopra riportati.<br />

Si propone inoltre l’introduzione di una categoria “borderline”,<br />

con caratteri intermedi di malignità per la quale si<br />

propone una differente gestione del paziente.<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Gimenez-Roqueplo AP, et al. Mutation in the SDHB gene are associated<br />

with extra-adrenal and/or malignant pheocromocytomas. Cancer<br />

research 2003;63:5615-21.<br />

Iperplasia focale nodulare in fegato cirrotico<br />

D. Reghellin * , P. Capelli * , M. Brunelli * ** , A. Caneva ** , V.<br />

Rucco ** , L. Bortesi * , F. Menestrina * , G. Martignoni *** , R.<br />

Colombari **<br />

*<br />

Anatomia Patologica, Università di Verona, ** Ospedale di<br />

Arzignano, Vicenza, *** Università di Sassari<br />

Introduzione<br />

l’iperplasia focale nodulare è una lesione che si riscontra nel<br />

fegato non-cirrotico. Del tutto recentemente sono stati riportati<br />

5 casi in fegato cirrotico. La diagnosi differenziale di tale<br />

lesione include principalmente l’epatocarcinoma, il nodulo<br />

displastico e i noduli macrorigenerativi. La diagnosi indica<br />

quadri anatomo-clinici e prognosi differenti.<br />

Metodi<br />

Descriviamo un caso di iperplasia focale nodulare in fegato<br />

cirrotico.<br />

Risultati<br />

Una donna di 65 anni, anti-HBc+, è stata ricoverata in precoma<br />

epatico per encefalopatia porto-sistemica in cirrosi epatica<br />

scompensata tossietilica, ipertensione portale con varici<br />

esofagee. Sia l’ecografia addominale che la TAC evidenziava<br />

una neoformazione solida al lobo sinistro di mm 40, iperdensa<br />

in fase arteriosa e con cercine denso marginale. Entrambe<br />

le indagini orientavano per la diagnosi di epatocarcinoma<br />

in fegato cirrotico micronodulare. La resezione epatica<br />

del nodulo evidenziava un lesione ovalare di aspetto plurinodulare,<br />

colorito brunastro chiaro del diametro massimo di<br />

mm 35; tessuto fibroso delimitava e sepimentava il nodulo.<br />

Istologicamente non vi era atipia cellulare; erano inoltre presenti<br />

colestasi canalicolare, presenza di proteine rame-associate<br />

e corpi di Mallory negli epatociti peri-settali. Gli epatociti<br />

erano organizzati in lamine multiple ben ordinate, con<br />

trama reticolare preservata. La vascolarizzazione era aumentata<br />

con aumento della positività al marcatore immunofenotipico<br />

CD34 verso i setti e la periferia del nodulo. Vasi arteriosi<br />

e dotti biliari erano contenuti nel connettivo fibroso che<br />

circondava e sedimentava il nodulo. Il parenchima epatico<br />

circostante presentava alterazione cirrotica dell’architettura<br />

acinare con micronoduli.<br />

Conclusioni<br />

1) l’iperplasia focale nodulare è una lesione che può svilupparsi<br />

anche in fegato cirrotico; 2) l’iperplasia focale nodulare<br />

in fegato cirrotico è morfologicamente simile a quella descritta<br />

più frequentemente in fegato non-cirrotico; 3) in presenza<br />

di nodulo in fegato cirrotico l’iperplasia focale nodulare<br />

deve essere presa in considerazione nella diagnosi differenziale<br />

con l’epatocarcinoma, i noduli displastici e macrorigenerativi;<br />

4) non dovrebbe pertanto essere escluso dal trapianto<br />

il paziente cirrotico con evidenza clinico-radiologica<br />

di nodulo, senza la conferma istologica dell’eventuale diagnosi<br />

di epatocarcinoma.


PATOLOGIE VARIE<br />

295<br />

Carcinoma a cellule renali di tipo papillare a<br />

cellule oncocitiche: studio clinico-patologico<br />

di 10 casi<br />

A. Remo * , G. Martignoni ** , M. Brunelli * *** , P. Cossu Rocca<br />

** , S. Gobbo * , M. Pea * , M.M. Mina * , M. Chilosi * , A.<br />

Scarpa * , F. Menestrina *<br />

*<br />

Anatomia Patologica, Università di Verona, ** Università di<br />

Sassari, *** Ospedale di Arzignano, Vicenza<br />

Introduzione<br />

Il carcinoma a cellule renali di tipo papillare (RCCp) mostra<br />

un ampio spettro morfologico variabile da papille delimitate<br />

da un monostrato di cellule di piccola taglia, a papille delimitate<br />

da un epitelio pseudostratificato con cellule di grande<br />

taglia e con citoplasma eosinofilo. L’RCCp è caratterizzato<br />

da trisomie dei cromosomi 7, 17 e perdita dell’Y ed evidenzia<br />

un immunofenotipo con espressione della racemasi<br />

(100%) e CK7 (60%). Sono state riportate rare neoplasie del<br />

rene ad architettura papillare composte da cellule oncocitiche,<br />

ma non i loro dati clinici e genetici.<br />

Materiali e metodi<br />

Abbiamo studiato 10 neoplasie composte da papille rivestite<br />

da cellule oncocitiche con citoplasma eosinofilo, granulare,<br />

con nucleo rotondo e nucleolo evidente, caratterizzate da<br />

un’alternanza di aree solide e papille ben distinte, con indagini<br />

ultrastrutturali (2 casi), immunoistochimiche (AE1/AE3,<br />

EMA, Cam5.2, anti-mitocondrio, MIB1, racemasi, CK7 e<br />

CK19) (7 casi) e di citogenetica in interfase (FISH) con sonde<br />

centromeriche (Abbott) su materiale incluso in paraffina<br />

(10 casi) per l’analisi dei cromosomi 7, 17 e Y.<br />

Risultati<br />

7 pazienti erano maschi, 3 femmine, con una media d’età di<br />

64 anni (range 40-78); il diametro massimo della neoplasia<br />

variava da cm 1,7-7,5 (media 4,2) ed il follow-up da 1 a 12<br />

anni (media 6). L’AE1/AE3, l’anti-mitocondrio, la racemasi<br />

e la vimentina sono risultate espresse nel 100% dei casi,<br />

CK19 nel 86%, EMA nel 71%, CK7 nel 43%, Cam5.2 nel<br />

29%, Il MIB1 è risultato positivo con range di 0-7 cellule X<br />

C.F.I. L’analisi ultrastrutturale ha evidenziato cellule stipate<br />

di mitocondri con creste lamellari. Tre o più segnali fluorescenti<br />

erano presenti nell’80% delle neoplasie: per il cromosoma<br />

7 nel 70% e per il cromosoma 17 nel 60%. La perdita<br />

del cromosoma Y era presente in 4/7 pazienti maschi. Un paziente<br />

è deceduto per la neoplasia 4 anni dopo la prima diagnosi<br />

con metastasi epatiche e cerebrali.<br />

Conclusioni<br />

1) le neoplasie papillari del rene a cellule oncocitiche appartengono<br />

all’istotipo del RCCp; 2) il profilo immunoistochimico<br />

è simile ai RCCp; 3) tali neoplasie condividono le stesse<br />

anomalie cromosomiche numeriche dei RCCp; 4) il carcinoma<br />

a cellule renali di tipo papillare a cellule oncocitiche<br />

può metastatizzare; 5) la descrizione morfologica del RCCp<br />

deve essere ampliata al fine di valutare meglio il comportamento<br />

biologico dei RCCp a cellule oncocitiche.<br />

Supportato da Fondazione Cassa di Risparmio di Verona.<br />

Diagnosi molecolare dei linfomi non Hodgkin<br />

B in Genescan (GS) mediante elettroforesi<br />

capillare (EC): criteri di valutazione<br />

M. Riccardi, P.M. Donisi, N. Di Lorenzo, A. Paparella, V.<br />

Stracca-Pansa<br />

U.O. Anatomia Patologica, Struttura Semplice di Patologia<br />

Molecolare, Dipartimento di Medicina di Laboratorio ed<br />

Anatomia Patologica, Venezia<br />

Introduzione<br />

Lo sviluppo di protocolli di PCR per l’amplificazione di sequenze<br />

dei geni delle catene pesanti delle immunoglobuline<br />

ha facilitato l’identificazione di clonalità nei linfomi non<br />

Hodgkin B (LNH-B). Lo studio dei prodotti di PCR mediante<br />

EC, utilizzando GS come software di analisi, ha migliorato<br />

l’interpretazione dei risultati rispetto all’utilizzo di tecniche<br />

convenzionali (gel di agarosio-AGGE), caratterizzate da<br />

falsi negativi e falsi positivi legati alla difficile risoluzione<br />

delle oligoclonalità. Considerata la scarsità di riferimenti in<br />

letteratura per l’interpretazione dei risultati ottenuti dall’analisi<br />

di clonalità in GS, riportiamo una serie di criteri utili all’analisi<br />

dei caratteristici elettroferogrammi.<br />

Metodi<br />

Dal 2003 sono stati raccolti circa 3.000 campioni (sangue periferico,<br />

midollare e tessuto) di soggetti affetti da LNH-B e,<br />

all’introduzione dell’analisi con GS, è stata effettuata una valutazione<br />

di clonalità dei prodotti di PCR in doppio utilizzando<br />

sia AGGE che EC. Abbiamo scelto un approccio combinato<br />

di analisi delle regioni FR2 e FR3 con PCR seminested,<br />

ed amplificato il gene “housekeeping” (GHK) bcl-6 dallo<br />

stesso campione come riferimento della qualità del DNA<br />

estratto e dell’efficienza della PCR. Sono stati inoltre eseguiti<br />

test di risoluzione (diluizioni scalari in acqua del DNA amplificato)<br />

e di sensibilità (diluizioni seriali del DNA di campioni<br />

monoclonali in pool di DNA ottenuto da soggetti sani).<br />

Risultati<br />

In EC il limite di risoluzione è risultato dell’1% (3% in AG-<br />

GE), e il limite di sensibilità dello 0,5% (5% in AGGE). La<br />

valutazione in doppio AGGE/EC ha permesso di associare ad<br />

ogni condizione (mono-, poli- e oligoclonalità) uno specifico<br />

elettroferogramma. L’esperienza maturata con GS invece ha<br />

portato ad individuare specifici criteri di valutazione e accorgimenti:<br />

1) altezza del picco clonale almeno doppia rispetto<br />

agli adiacenti; 2) picchi non elevati ma eccentrici rispetto alla<br />

distribuzione policlonale sono indice di clonalità; 3) corsa<br />

dell’amplificato in esame insieme al GHK bcl-6; 4) uso di<br />

scale di riferimento costanti per peso molecolare dell’amplificato<br />

e per sua quantità relativa appaiono condizioni metodologiche<br />

irrinunciabili.<br />

Conclusioni<br />

Considerata la notevole capacità di risoluzione e sensibilità<br />

dell’EC, essa appare la tecnica di elezione per l’analisi delle<br />

proliferazioni linfocitarie B purché vengano adottati precisi<br />

criteri per la corretta interpretazione dei risultati.


296<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

In vitro expression of h-Mammaglobin gene<br />

in mononuclear cells activated by PHA-E<br />

S. Roncella * , G. Cutrona ** , P. Ferro * ***** , M.R. Mariani *** ,<br />

L. Boffa *** , S. Matis ** , D. Gianquinto **** , B. Bacigalupo * ,<br />

M. Ferrarini ** , F. Fedeli *<br />

*<br />

U.O. di Anatomia ed Istologia Patologica e **** Dipartimento<br />

di Chirurgia, ASL 5 La Spezia; ** Divisione di Oncologia Medica<br />

C e *** Sezione di Epigenetica Istituto Nazionale Ricerca<br />

Cancro (IST), Genova; ***** Associazione Italiana Leucemie<br />

Linfoma e Mieloma Sezione “Francesca Lanzone” La Spezia<br />

Introduction<br />

Human Mammaglobin (hMAM) gene is considered a specific<br />

marker expressed in normal and neoplastic epithelial cells<br />

of the breast 1 . Since it is never found in peripheral blood<br />

cells of non neoplastic patients, hMAM is considered a<br />

promising candidate marker for detection of circulating rare<br />

malignant cells in the breast cancer patients 2 . However, peripheral<br />

blood mononuclear cells (MNC) may show an aberrant<br />

expression of several genes following activation. This<br />

finding may produce false-positive results in clinical interpretation.<br />

In this study, the specificity of hMAM expression was evaluated<br />

in the normal blood cells following in vitro activation.<br />

Methods<br />

Eighty-one cases of MNC from normal donors were separated<br />

by Ficolle-Hipaque density gradient. Twelve samples<br />

were cultured for 24 hour (h) in the presence or in the absence<br />

of phaseolus vulgais lectin (PHA-E) (1:1000 v/v)<br />

and/or Interleukin 2 (IL-2) (10IU) and tested in RT-PCR for<br />

detection of hMAM mRNA. In another set of experiments, a<br />

time course expression of specific hMAM mRNA was performed<br />

by culturing MNC for 12, 24, 48, 72 h as above.<br />

Results<br />

Both the freshly isolated and the unstimulated MNC never<br />

expressed the hMAM mRNA. After 24h, hMAM mRNA was<br />

found in PHA-E stimulated cultures (5/12 experiments). In<br />

contrast, stimulation with IL-2 alone was not enough to induce<br />

hMAM mRNA expression in all the samples tested.<br />

Time course experiments demonstrated that hMAM was expressed<br />

in a period of time between the 12 and the 48 hours<br />

of stimulation, thus suggesting a variability in its induction.<br />

In addition, hMAM expression was transient and could be<br />

lost in a short time period.<br />

Conclusions<br />

Our data demonstrated that activation by PHA-E in vitro,<br />

may lead to the expression of hMAM in normal MNC. However,<br />

freshly isolated MNC of patients without breast cancer<br />

do not express hMAM, this would suggest that this gene is<br />

suitable for breast cancer determination in peripheral blood.<br />

Infact, hMAM expression in vivo may follow different pathway.<br />

However, further experiments are needed to analyze<br />

whether viral or bacterial conditions may influence hMAM<br />

expression.<br />

References<br />

1<br />

Watson MA, Fleming TP. Mammaglobin, a mammary-specific member<br />

of the uteroglobin gene family, is overexpressed in human breast<br />

cancer. Cancer Res 1996;56:860-5.<br />

2<br />

Zehentner B, Carter D. Mammaglobin: a candidate diagnostic<br />

marker for breast cancer. Clin Biochem 2004;37:249-57.<br />

Flow cytometry analyses of CD10, CD5 and<br />

CD23 expression by lymph-node biopsy of B-<br />

cell non-Hodgkin’s lymphomas and benign<br />

lymph-node diseases<br />

S. Roncella * , P. Ferro * ** , M. Moroni * , N. Gorji * , S. Tozzini<br />

* , P. Dessanti * , A. Giannico * , M.R. Romano *** , M. Dono<br />

*** , F. Fedeli *<br />

*<br />

U.O. Anatomia ed Istologia Patologica, ASL 5 La Spezia; **<br />

Associazione Italiana Leucemie Linfoma e Mieloma Sezione<br />

“Francesca Lanzone” La Spezia; *** Laboratorio Analisi,<br />

ASL 5 La Spezia<br />

Introduction<br />

Each Non-Hodgkin B Cell Lymphomas (NH-BL) is associated<br />

with the expression of particular markers. These markers<br />

may be shared among different types of NH-BL, thus making<br />

difficult the interpretation of the data for a final correct diagnosis.<br />

In this study, we evaluated the presence of CD10, CD5<br />

and CD23 antigens in a cohort of NH-BL and benign lymphnode<br />

biopsy (bLN) and correlated this expression with the ultimate<br />

diagnosis.<br />

Methods<br />

16 Follicle Center Lymphomas (FCL), 11 Mantle Cell Lymphomas<br />

(MCL), 4 B- CLL/Small Lymphocytic Leukemias<br />

(SLL), 2 Marginal Zone Cell Lymphomas (MZL), 16 Diffuse<br />

Large Lymphomas (DLCL), 4 Lymphoplasmocytoid Lymphomas<br />

(LPC) and 52 bLN were double stained and analyzed<br />

by flow cytometry. Markers were arbitrarily considered positive<br />

when expressed at least on 25% of the cells analysed.<br />

Results<br />

The majority of bLN showed a CD10 - CD5 - CD23 - pattern<br />

phenotype, but one exceptional atypical case co-expressing<br />

the three markers was found. The CD10 was expressed in<br />

70% of the FCL cases and only in 25% of DLCL. An unusual<br />

expression of this marker was found in one MZL case. The<br />

CD23 was displayed by all the SLL cases but also in one<br />

MCL case.<br />

The CD5 was unequivocally expressed in 100% of SLL cases<br />

and in 91% of MCL. In contrast, CD5 was found also in<br />

25% of DLCL, in 12% of FCL, and one case of LPC.<br />

When contemporary expression of the three markers was analyzed,<br />

we found that all SLL showed the CD10 - CD5 + CD23 +<br />

phenotype, but, interestingly, this pattern was also seen in<br />

one case of MCL. DLCL were mostly heterogeneous, since<br />

only 44% accounted for a CD10 - CD5 - CD23 - phenotype. Instead,<br />

the remaining cases may include a CD10 + CD5 - CD23 -<br />

(19%), a CD10 - CD5 - CD23 + (13%), a CD10 - CD5 + CD23 -<br />

(13%), a CD10 + CD5 + CD23 - (6%), and finally a CD10 - CD5 +<br />

CD23 + (6%) phenotype. Three major typical patterns were<br />

observed for the FCL cases: a CD10 + CD5 - CD23 + (50%), a<br />

CD10 + CD5 - CD23 - (31%) and a CD10 - CD5 + CD23 + (13%).<br />

Two atypical cases were found: both were negative for CD10<br />

and CD5 but one was CD23 positive and one CD23 negative.<br />

While the CD10 marker was absent in all of the 4 LPC cases<br />

studied, the CD5 and CD10 showed variability in their expression.<br />

Conclusions<br />

In this study we analyzed the CD10, CD5, CD23 expression<br />

in lymph node biopsy by flow cytometry. The knowledge of<br />

the spectrum of immune phenotypes, including the atypical<br />

cases may be helpful in achieving a correct diagnosis of the<br />

different NH-BL.


PATOLOGIE VARIE<br />

297<br />

Carcinoma uroteliale della vescica: studio<br />

FISH del cromosoma 17 e del gene HER2-neu<br />

su biopsia vescicale<br />

R. Russo * ** , M. Galdi ** , P. Angrisani *<br />

*<br />

U.O.C. Anatomia ed Istologia Patologica; ** Struttura Semplice<br />

Dipartimentale di Genetica<br />

Introduzione<br />

Il carcinoma uroteliale infiltrante della vescica appare caratterizzato<br />

da una bassa frequenza di amplificazione del gene<br />

HER2-neu con valori tra 3,4 e 7% e da una alta frequenza di<br />

polisomia del cromosoma 17 con valori tra 65,5% e 97% su<br />

campioni chirurgici.<br />

Scopo di questo studio è stato quello di testare con FISH in<br />

interfase il gene HER2-neu ed il cromosoma 17 su campioni<br />

di biopsia vescicale con diagnosi di carcinoma vescicale in<br />

stadio pre-invasivo ed invasivo al fine di valutare:<br />

1) la frequenza della amplificazione del gene HER2-neu e<br />

della polisomia del cromosoma 17 su biopsia vescicale;<br />

2) la correlazione tra il grado e lo stadio della neoplasia e la<br />

presenza di alterazioni del cromosoma 17 e/o del gene<br />

HER2-neu.<br />

Materiali e metodi<br />

Sono stati studiati 23 campioni bioptici da TUR di pazienti<br />

affetti da carcinoma vescicale di cui 13 casi in stadio pre-invasivo<br />

(pTa) e 10 casi in stadio invasivo (6 pT1, 4 pT2). Il<br />

grading era: grado 2 in 12/23 casi e grado 3 in 11/23 casi. È<br />

stata applicata la metodica FISH in interfase su materiale fissato<br />

in formalina e incluso in paraffina secondo i protocolli<br />

standard. Sono state utilizzate la sonda CEP 17 per la sequenza<br />

alfa satellite del cromosoma 17 e Sonda LSI specifica<br />

per il locus del gene HER2/neu (17q11.2-q12). Il calcolo<br />

dei segnali è stato fatto su 60 nuclei neoplastici in tre aree diverse.<br />

Risultati<br />

La amplificazione gene HER2-neu è stata riscontrata in 1 solo<br />

caso pT2G3 con un rapporto HER2/CEP17 pari a 4.12. La<br />

polisomia del Cromosoma 17 è stata rilevata in 15/23 casi<br />

(65,2%) con un range di valori medi di segnale tra 2,11 e 4,08<br />

(valore di cutoff 1,88); La polisomia del gene HER2-neu in<br />

15/23 casi (65,2%) con un range di valori medi di segnale tra<br />

2,05 e 4,73. (valore di cutoff 2,0). I casi di carcinoma uroteliale<br />

invasivo (pT1/pT2) hanno espresso polisomia del cromosoma<br />

17 e del gene HER2-neu nel 100%. I casi di carcinoma<br />

uroteliale non invasivo di grado 2 (pTa G2 = 8 casi)<br />

non hanno presentato polisomia 17 e HER2-neu mentre questa<br />

era invece presente nei casi di carcinoma uroteliale non<br />

invasivo di grado 3 (pTa G3 = 5 casi)<br />

Conclusioni<br />

L’amplificazione del gene HER2-neu è un evento raro e tardivo<br />

nella progressione della neoplasia vescicale. La polisomia<br />

del cromosoma 17/HER2-neu è presente nel carcinoma<br />

uroteliale in stadio invasivo ed in una quota di carcinomi uroteliale<br />

non infiltranti (pTa) in particolare i casi G3. Pertanto,<br />

lo studio FISH del Cromosoma 17/HER2-neu potrebbe rappresentare<br />

un utile contributo alla selezione su biopsia dei casi<br />

di carcinoma uroteliale non invasivo che potrebbero avere<br />

un decorso biologico più sfavorevole ed una più precoce capacità<br />

infiltrativa<br />

Ulcera del Buruli: studio anatomo-clinico su<br />

una patologia di interesse internazionale<br />

F. Sanguedolce, A. Cimmino, G. Ostuni * , F. Sisto * , V. Navach<br />

* , R. Ricco<br />

DAP-Dipartimento di Anatomia Patologica, Università di<br />

Bari; * Divisione di Chirurgia Plastica Ospedaliera, Policlinico,<br />

Bari<br />

Introduzione<br />

L’ulcera del Buruli rappresenta la terza micobatteriosi nel<br />

mondo per prevalenza dopo la tubercolosi e la lebbra. Si<br />

tratta di una malattia cutanea cronica necrotizzante che colpisce<br />

soggetti immunocompetenti, provocando dapprima<br />

una lesione rilevata (nodulo o placca) e successivamente<br />

estesa ulcerazione della cute e dei tessuti profondi (tessuti<br />

molli e ossa) esitando in amputazioni e deformità. Le aree<br />

endemiche sono rappresentate dalle regioni subtropicali<br />

dell’Africa, dell’America Centrale e Meridionale, dell’Asia<br />

e dell’Australia; finora, 7 sono i casi riportati nei Paesi occidentali<br />

in seguito a viaggi internazionali. Nel maggio<br />

2004 la 57 a World Health Assembly ha invitato tutti gli stati<br />

membri dell’OMS a intensificare la ricerca al fine di implementare<br />

le conoscenze diagnostiche, terapeutiche e prognostiche<br />

in merito. Riportiamo i primi risultati (anni 2002-<br />

2005) della nostra esperienza in Benin in collaborazione<br />

con l’Istituto di Chirurgia Plastica Ospedaliera e l’Istituto<br />

di Igiene dell’Università di Bari.<br />

Materiali e metodi<br />

Sono stati esaminati finora 32 casi di sospetta ulcera del Buruli<br />

in vari stadi provenienti da pazienti di età compresa tra 2<br />

e 55 anni. È stata effettuata terapia chirurgica mediante ampia<br />

escissione dell’ulcera e successiva copertura con innesti<br />

dermo-epidermici interi ed a rete. I campioni operatori sono<br />

stati fissati in formalina tamponata al 10%, e inclusi in paraffina;<br />

le sezioni ottenute sono state colorate con ematossilinaeosina<br />

e con Ziehl-Neelsen. Inoltre, sono stati effettuati sul<br />

materiale a fresco prelevato dalle lesioni colorazioni per evidenziare<br />

i micobatteri ed esami colturali su terreni specifici.<br />

Risultati<br />

L’esame istologico delle lesioni si è basato sull’individuazione<br />

e valutazione semiquantitativa delle seguenti lesioni elementari:<br />

necrosi (classificata in base alla sede), edema interstiziale,<br />

presenza di cellule infiammatorie linfo-granulocitarie,<br />

vasculite e trombosi dei vasi dermo-ipodermici, fibrosi e<br />

cicatrizzazione, iperplasia dell’epidermide. Nell’80% dei casi<br />

le lesioni esaminate presentavano gli aspetti caratteristici della<br />

fase preulcerativa e ulcerativa; la fibrosi risultava presente<br />

nel 35% dei casi, anche in concomitanza con la necrosi.<br />

Conclusioni<br />

In base ai dati clinico-microbiologici ed istopatologici, l’evoluzione<br />

delle lesioni da una fase preulcerativa alla cicatrizzazione<br />

appare come un continuum comprendente lesioni<br />

elementari attribuibili a più stadi. Pertanto, non esistendo una<br />

corrispondenza precisa con l’aspetto macroscopico in vivo<br />

l’esame microscopico è necessario ai fini diagnostici e prognostici<br />

della lesione.


298<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

Rilevazione dei recettori della somatostatina<br />

in casi di osteosarcoma mediante tecniche di<br />

immunoistochimica e di ibridizzazione in situ<br />

B. Sardella, M. Leopizzi, L. Ciocci, C. Nuzzo, C. Della<br />

Rocca *<br />

Dipartimento di Medicina Sperimentale e Patologia, Università<br />

di Roma “La Sapienza”; * Dipartimento di Medicina<br />

Sperimentale e Patologia, Università di Roma “La Sapienza”,<br />

Polo Pontino sede di Latina<br />

Introduzione<br />

Le proprietà antiproliferative e proapoptotiche della somatostatina,<br />

mediate da recettori specifici espressi dalle cellule<br />

bersaglio, sono alla base di protocolli terapeutici nei quali sono<br />

valutati gli effetti dei suoi analoghi sulla crescita neoplastica.<br />

Non esistono lavori sperimentali in letteratura che forniscano<br />

risultati circa l’espressione di tali recettori in vivo<br />

nel sarcoma osteogenico, probabilmente anche a causa delle<br />

difficoltà tecniche relative al trattamento dei tessuti calcificati.<br />

Scopo di questo studio è stato di valutare l’espressione dei<br />

recettori per la somatostatina nell’osteosarcoma, variante<br />

classica, sia con metodiche di immunoistochimica che con<br />

tecniche di ibridizzazione in situ. L’identificazione di tali recettori<br />

potrebbe consentire di elaborare protocolli terapeutici<br />

mirati che prevedano l’impiego degli analoghi della somatostatina<br />

in questo tipo di neoplasia.<br />

Metodi<br />

Mediante metodica immunoistochimica, con l’impiego di anticorpi<br />

policlonali specifici, è stata valutata l’espressione dei<br />

cinque recettori noti (SSTR1, SSTR2A, SSTR2B, SSTR3,<br />

SSTR4, SSTR5) della somatostatina in 5 casi di osteosarcoma,<br />

variante classica. Contemporaneamente è stata valutata<br />

l’espressione dell’mRNA specifico per SSTR2B e SSTR5 nei<br />

medesimi casi, tramite metodica di ibridizzazione in situ, impiegando<br />

sonde commerciali fluoresceinate.<br />

Entrambe le metodiche sono state appositamente standardizzate<br />

per lo studio di tessuti ossei sottoposti a processazione<br />

routinaria e a decalcificazione.<br />

Risultati<br />

Nei 5 casi di osteosarcoma valutati le cellule neoplastiche sia<br />

mono- che multi-nucleate sono risultate positive (diffusa positività<br />

citoplasmatica, con rinforzo di membrana), sebbene<br />

in diversa misura, per SSTR1, SSTR2A, SSTR2B, SSTR3,<br />

SSTR5. Costantemente negativa è risultata la colorazione per<br />

SSTR4. L’espressione dell’mRNA specifico per i recettori<br />

SSTR2B e SSTR5 è stata osservata nelle cellule neoplastiche<br />

sia mono- che multi-nucleate, con pattern granulare citoplasmatico<br />

e focale rinforzo di membrana nucleare.<br />

Conclusioni<br />

1)È possibile applicare tecniche immunoistochimiche e di<br />

ibridizzazione in situ, ormai standardizzate, nello studio di<br />

tessuti ossei processati routinariamente e decalcificati.<br />

2)Le cellule neoplastiche dell’osteosarcoma, variante classica,<br />

esprimono tutti i recettori per la somatostatina, in misura<br />

diversa, ad eccezione del SSTR4.<br />

3)Le cellule neoplastiche dell’osteosarcoma esprimono mR-<br />

NA specifico per SSTR2B e SSTR5.<br />

Guided bone regeneration using<br />

demineralized laminar bone sheets in the<br />

treatment of implant-associated defects. A<br />

clinical and histological study<br />

A. Scarano, B. Assenza, L. Artese, A. Piattelli<br />

Dental School, University of Chieti-Pescara, Chieti, Italy<br />

Introduction<br />

One of the problems in oral implantology is the use of implants<br />

in athophic bone; the bone should be of the correct<br />

height and thickness to receive an implant placed in an exakt<br />

way.<br />

In order to solve this problem, many regenerative techniques<br />

and materials have been investigated, such as resorbable and<br />

non resorbable membranes or filling materials.<br />

Materials and methods<br />

This study was designed to evaluated the regenerative potential<br />

at dehisced implant sites of the resorbable demineralized<br />

laminar bone (Lamina corticale Tecnoss s.r.l., Torino-Italy).<br />

Eight screw-type fixtures (Bone System, Milano, Italy)<br />

showing buccal dehiscences in 8 patients were treated using<br />

the laminar bone. Was inserted into a defect resulting from<br />

the extraction of an impacted tooth; the defect was filled by<br />

collagenized sterilized pig bone particles (OsteoBiol, Tecnoss<br />

Srl, Turin, Italy).<br />

Results<br />

After a four months healing period it was possible to see that<br />

there had been a complete healing of the bone defect and the<br />

tissue present had macroscopical features similar to mature<br />

bone. All particles were united and surrounded by newlyformed<br />

bone. This bone was woven or lamellar. Between the<br />

implant surface and the OsteoBiol particles there was always<br />

the presence of newly-formed bone. This bone was constituted<br />

by primary and secondary osteons with concentric sheets<br />

of lamellae with a central longitudinal Haversian canal.<br />

Conclusion<br />

In the laminar bone-treated sites, the membrane maintained<br />

its integrity in almost all cases.<br />

Neuroblastoma olfattorio: rilievi morfologici<br />

ed immunoistochimici su un caso e revisione<br />

della letteratura<br />

P. Napoli, M.P. Sciacca, S. Agabiti, A. Labate, G. Trombetta<br />

* , R.A. Caruso *<br />

Servizio di Anatomia Patologica, Ospedale “Piemonte”;<br />

*<br />

Dipartimento di Patologia Umana, Policlinico Universitario,<br />

Messina<br />

Il neuroblastoma olfattorio, neoplasia di raro riscontro, origina<br />

nell’area dell’epitelio olfattorio. La bassa incidenza di<br />

questa neoplasia rende difficile la formulazione di una classificazione<br />

clinica e istopatologica standardizzata. Il tumore<br />

è a lenta crescita, può invadere i seni paranasali, l’orbita e<br />

l’encefalo, ed è caratterizzato da un tasso elevato di recidive<br />

locali. Le metastasi si verificano negli stadi avanzati della<br />

neoplasia. Un nuovo caso, giunto alla nostra osservazione, riguarda<br />

un uomo di 52 anni, impiegato, con anamnesi patologica<br />

negativa. Nel corso di un esame rinoscopico, effettuato<br />

in seguito a reiterati episodi di epistassi, si riscontra una lesione<br />

polipoide. Si esegue una polipectomia e il materiale<br />

viene inviato al nostro Servizio per l’esame istopatologico.


PATOLOGIE VARIE<br />

299<br />

Macroscopicamente, la neoplasia appare come una massa polipoide,<br />

ricoperta da mucosa ampiamente erosa. Istologicamente,<br />

la proliferazione neoplastica è costituita da piccole<br />

cellule rotonde disposte in ampi nidi. L’immunoistochimica<br />

evidenzia positività per cromogranina, sinaptofisina e NSE.<br />

Citocheratine ed EMA risultano negativi. Sulla base di tali<br />

dati viene posta la diagnosi di neuroblastoma olfattorio. In<br />

seguito all’analisi della letteratura viene consigliato ai clinici<br />

una accurata stadiazione TNM della neoplasia e uno stretto<br />

follow-up.<br />

Pigmented nevoid lesion in a benign cystic<br />

ovarian teratoma. A case report<br />

N. Scibetta, L. Marasà<br />

Servizio di Anatomia Patologica, ARNAS Civico “Di Cristina,<br />

Ascoli”, Palermo<br />

Introduction<br />

Mature cystic teratoma of the ovary, or dermoid cyst, is a benign<br />

tumor composed of well-differentiated derivatives of<br />

three germ layers, with predominating ectodermal elements.<br />

Mature cystic teratoma occasionally may undergo neoplastic<br />

change in one of its elements, squamous cell carcinoma is the<br />

predominant entity. There have been no report, however, of<br />

secondary benign tumors other than a few cases of benign<br />

melanocytic nevus, including cases of blue nevus and compound<br />

nevus. We describe a case of collections of dendritic<br />

melanocytes, of the type occurring in a blue nevus, in a mature<br />

cystic teratoma of the ovary, and we discuss briefly<br />

about the embryogenic origin of melanocytes.<br />

Methods<br />

A 53-year-old, nonparous, has been subjected to left laparosalpingo-oophorectomy,<br />

because ultrasound and abdomen<br />

TAC disclosed left complex adnexal masse. The haematic tumoral<br />

markers and the uterus and the right ovary were normal.<br />

The specimens sent were formalin 4% fixed and paraplast<br />

plus included. Sections of 3-5 µm thickness have been<br />

prepared for H&E stain, Masson-Fontana silver stain and<br />

prussian blue, and immunohistochemical stains.<br />

Results<br />

Macroscopically the left ovary harboured a round neoformation,<br />

with maximum diameter cm 6, with a smooth, graywhite,<br />

glistening surface. The cut surface revealed a unilocular<br />

cavity, filled with fatty material and hair, surrounded by<br />

a firm capsule. The microscopic observation pointed out a<br />

mature trifoliate cystic teratoma, with prevalence of epidermoid<br />

tissues. A dense, multifocal proliferation of pigmented<br />

dermal cells, greatly elongated, wavy and slender, positive<br />

for S100 protein and HMB45 stains, negative for CD34, with<br />

abudant fine melanin granules that stained positively with<br />

Fontana-Masson silverstain and negatively with prussian<br />

blue, were found. These cells were consistent with dendritic<br />

melanocytes. This lesion resembled a benign blue nevus,<br />

due to the absence of mitotic figures, junctional activity, and<br />

cellular atypia. Multiple poorly circumscribed clusters of<br />

these dendritic cells were also present scattered in teratoma,<br />

and some of these were found adjacent to mature neuroglial<br />

tissue.<br />

Conclusions<br />

This case represents a rare report of a nevoid lesion, arising<br />

in ovarian cystic teratoma. Dense collections of dendritic<br />

melanocytes were found occasionally adjacent to neuroglial<br />

tissue. This finding adds further support to the current belief<br />

that in the normal skin, melanocytes (or their precursors) migrate<br />

from the central neural crest to assume their permanent<br />

position in the basal layer of the epidermis.<br />

The lipoleiomyoma of the uterus. A case<br />

report<br />

N. Scibetta, L. Marasà<br />

Servizio di Anatomia Patologica, ARNAS Civico “Di Cristina,<br />

Ascoli”, Palermo<br />

Introduction<br />

The uterine lipoleyomioma is a mesenchymal benign neoplasm<br />

characterized by the presence of fatty tissue in an otherwise<br />

typical leiomyoma. It is a rare tumor wich constitute<br />

about the 0,8% of the leiomyomas uteri. They occur in middle-aged<br />

or erderly women and may arise in any part of the<br />

uterus, including the cervix. Here we report a case of uterine<br />

lipoleiomyoma and briefly discuss about the pathogenesis of<br />

this lesion.<br />

Methods<br />

A 63 years old woman, was subjected to a bilateral hysterosalpingo-oophorectomy<br />

for several uterine leiomyomas. The<br />

specimens sent were formalin 4% fixed and paraplast-plus<br />

embedded. Sections of 3 µm thickness have been prepared<br />

for typical stains (H&E and PAS). The immunohistochemycal<br />

stains have been perfomed by following antibodies: α<br />

smooth muscle actin, caldesmon, vimentin, S100, CD10,<br />

desmin, HMB45.<br />

Results<br />

Macroscopically the corpus uteri harboured several leiomyomas<br />

of different size, ranged from cm 5 to cm 1. One of<br />

these node, intramural, with maximum diameter cm 3.5, had<br />

soft yellow areas on the cut surface and softish consistence.<br />

Microscopically we noticed wide areas of fat cells with rare<br />

bundles of smooth muscle cells, without atypia, necrosis and<br />

mitoses. The smooth muscle cells were also positive for α-<br />

smooth muscle actin, desmin, caldesmon, negative for CD10.<br />

The fat cells were positive for vimentin, negative for α<br />

smooth muscle actin and caldesmon.<br />

Conclusions<br />

The presence of fatty tissue in the myometrium has been interpreted<br />

either as a lipomatous degeneration, or as a metaplasia<br />

of smooth muscle cells, or still as a real neoplasm frequently<br />

associated with a leiomyoma, the so-called<br />

lipoleiomyoma. The presence, in the our case report, of adipose<br />

tissue areas in the middle neoplasm let us exclude that<br />

these fat cells came from a periuterin loose connective tissue,<br />

trapped within the leiomyoma. Finally, the pathogenesis<br />

of this lesion can be fully ascribed to a mixed, benign, heterologous,<br />

mesenchymal neoplasm. Furthermore the uterine<br />

mesenchima can differentiate in lacked tissue in the uterus,<br />

without passing through a phenomen of metaplasia, as clearly<br />

expressed in the uterine malignant mixed mesodermal tumor<br />

with omologous and or heterologous sarcomatous elements.


300<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

Tumor of collision: sarcomatoid carcinoma<br />

and small cell carcinoma of the urinary<br />

bladder. A case report<br />

N. Scibetta, L. Marasà<br />

Servizio di Anatomia Patologica, ARNAS Civico, “Di Cristina,<br />

Ascoli”, Palermo<br />

Introduction<br />

SCC of the urinary bladder is a malignant neoplasm that<br />

comprises less than 0.5% of all bladder neoplasm and it frequently<br />

occurs in mixed carcinomas. The sarcomatoid carcinoma<br />

(SC) is a unusual tumor composed of malignant splindle<br />

and pleomorphic cells, positive for both vimentin and<br />

CK. We present the clinical and histopathological features of<br />

a case of SCC and SC to better understand the characteristics<br />

of this bladder tumour.<br />

Methods<br />

A 66 years old man presented an undifferentiated carcinoma<br />

with infiltration of the tunica muscularis in the transurethral<br />

biopsy specimens. A radical cystoprostatectomy was perfomed.<br />

The sections of 3 µm were routinely stained with<br />

H&E, alcian blue, PAS, Masson trichrome and immunohistochemical<br />

studies were perfomed. He was alive without evidence<br />

of disease at 15 months of follow-up.<br />

Results<br />

Macroscopically, nodular ulcerated masse, sized 3 cm, was<br />

localized in the anterior wall of the bladder. At cut a firm grey<br />

tissue invaded the whole of posterior bladder wall. The specimens<br />

of anterior wall disclosed a malignant neoplasm, that<br />

infiltrated inside the wall, composed of loosely cohesive<br />

sheets of small cells with scanty cytoplasm, hypercromatic<br />

nuclei and inconspicuous nucleoli, numerous mitoses, positive<br />

for chromogranin A, CK, synaptophisyn, NSE, CEA,<br />

negative for vimentin, PSA, CD44. The specimens of posterior<br />

wall disclosed a high-grade neoplasm in wich a malignant<br />

epithelial component (undifferentiated type) coexisted<br />

with an area having sarcoma-like appearance with splindle<br />

and pleomorphic cells, positive for vimentin, CK, CA19.9,<br />

CD44, CEA, negative for PSA and NE markers, without heterologous<br />

elements. The junction between the two components<br />

was abrupt. Prostate and seminal vesicles were found<br />

negative for neoplasm.<br />

Conclusions<br />

In the sarcomatoid component the areas of transition between<br />

epithelial undifferentiated and sarcoma-like cells, the immunoreactivity<br />

for CK of the latter and the lack of areas of<br />

specific mesenchymal differentiation suggested that it was of<br />

epithelial nature. This we preferred to designate as a SC<br />

rather than carcinosarcoma. The SCC occurring in the urinary<br />

bladder must be carefully differentiated from direct invasive<br />

foci of SCC of the prostate and metastatic cancer originating<br />

from the lung. In these cases the small cells were negative<br />

for TTF, PSA. There are few neoplasm described in the<br />

literature, that are similar to the present case. Most cases reported<br />

mixed SCC with SC. The two components described<br />

in our malignant bladder tumor are separated, without areas<br />

of a transition, although several histological samples have<br />

been taken, suggesting a collision tumor.<br />

Well-differentiated papillary mesothelioma of<br />

the peritoneum. A case report<br />

N. Scibetta, L. Marasà<br />

Servizio di Anatomia Patologica, ARNAS Civico “Di Cristina,<br />

Ascoli”, Palermo<br />

Introduction<br />

WDPM of the peritoneum is a rare indolent mesothelial neoplasm,<br />

that occurs mostly in women (80% of the cases), who<br />

are usually in reproductive age; occasional patients are postmenopausal.<br />

The lesions are usually an incidental finding at<br />

surgery, rarely have been associated with abdominal ascites.<br />

The cause of these rare tumors is not apparent, and they do<br />

not have a link with exposure to asbestos. In this report, we<br />

describe a rare case of WDPM of peritoneum and the correlated<br />

problems of differential diagnosis.<br />

Methods<br />

A woman 64 years old, 10 years ago has been subjected, to<br />

hysterectomy with left salpingo-oophorectomy for leiomyomas.<br />

Some month ago ascites appeared, with a growing of<br />

haematic values of CA125 (56UI). At laparatomy small tumor<br />

foci described as “papillary”, were on the ovarian surface,<br />

in addition to multiple omental and pelvic tumor nodules,<br />

with size variable in the 0.5 cm to 2.0 cm range. The patient<br />

was subjected to right salpingo-oophorectomy, omentectomy<br />

and toilette of peritoneal cavity. She was alive without<br />

evidence of disease at 18 months of follow-up. The tissues<br />

were fixed in buffered 4% formalin, embedded in paraffin<br />

and sections routinely stained with H&E, alkaline alcian<br />

blue, PAS. Immunohistochemical studies were performed.<br />

Results<br />

The histological study of the specimens disclosed fibrous<br />

papillae, covered by a single layer of flattened to cuboidal<br />

mesothelial cells, lacking atipias and mitoses. No psammoma<br />

bodies and evidence of stromal invasion are encountered in<br />

this case. The cells were negative for CEA, B72.3, BER-EP4,<br />

LEUM1, P53, positive for EMA, CK5/6, calretinin, trombomodulin,<br />

WT1.<br />

Conclusions<br />

The morphologic and immunohistochemical features reported<br />

in this case are consistent with WDPM, an indolent neoplasm.<br />

From the gross standpoint, the multiple peritoneal<br />

nodules in WDPM may lead to confusion with peritoneal carcinomatosis.<br />

Another major source of diagnostic confusion is<br />

the occasional example of diffuse peritoneal malignant<br />

mesothelioma in wich well differentiated papillary elements<br />

are prominent. When the lesions of WDPM are small, the<br />

possibility that they represent iperplasia rather than neoplasia<br />

may come under consideration. The picture that emerges<br />

from the follow-up current study of WDPMP is that of a predominantly<br />

benign tumor. Currently there is no indication of<br />

the cause of WDPMP, and there is no evidence that it is related<br />

to asbestos. In our case the patient referred a pelvic<br />

surgery and no exposure to asbestos.


PATOLOGIE VARIE<br />

301<br />

The role of B lymphocytes and NK cells in<br />

cardiac allograft rejection<br />

C. Sorrentino, T. D’Antuono, A. Scarinci * , A. Pellicciotta,<br />

R. Bellocci, M. Pasquale * , C. Di Iorio * , E. Di Carlo<br />

Department of Oncology and Neurosciences, Surgical Pathology<br />

Section, “G. d’Annunzio” University, Chieti, Italy; *<br />

Medical and Surgical Department of Cardiology, Cardiology<br />

Section, “SS Annunziata” Hospital, Chieti, Italy<br />

Introduction<br />

Acute rejection episodes still occur in transplanted patients<br />

despite improvement of the immunosuppressive regimens.<br />

They constitute a critical risk factor for the subsequent development<br />

of chronic rejection and are the leading cause of<br />

allograft loss. A better understanding of the mechanisms<br />

leading to intramyocardial inflammatory cell recruitment and<br />

activation and to cardiomyocyte damage may suggest new<br />

ways of controlling graft rejection.<br />

Methods<br />

In accordance with the criteria established by International<br />

Society for Heart and Lung Transplantation (ISHLT), we<br />

analysed 39 endomyocardial biopsies (EMB) from transplanted<br />

patients undergoing constant immunosuppressive<br />

therapy (cyclosporin A, azathioprine, deltacortene). Then, we<br />

selected EMB with G 3A rejection, the grade in which aspects<br />

of cardiomyocyte replacement or damage by infiltrating<br />

cells become to appear. These EMB were analysed, by<br />

immunohistochemistry and laser scanning confocal microscopy,<br />

to investigate a) the presence and the functional<br />

state of the different leukocyte populations and, b) the expression<br />

of mediators possibly involved in their recruitment.<br />

Results<br />

In comparison with EMB with G 0 or G 1A/B rejection,<br />

EMB with G 3A rejection showed a significant infiltration of<br />

macrophages, CD4 + and CD8 + T lymphocytes and of both<br />

CD209 + and CD83 + dendritic cells. Four out of ten EMB with<br />

G 3A rejection were marked by a significant influx of CD20 +<br />

B lymphocytes and CD94 + NK cells. Co-localisation analyses<br />

revealed that B lymphocytes expressed MHC II, CD80 and<br />

CD86 and co-operate to IL-12 production, while NK cells<br />

tested positive for CD69 and co-operate to IFN-γ production.<br />

In these EMB, we also observed a low but distinct expression<br />

of the B cell attracting chemokine-1, BCA-1/CXCL13 by<br />

macrophages and of the NK cell attracting chemokine namely<br />

fractalkine/neurotactin/CX3CL1 by macrophages and endothelial<br />

cells. Interestingly, the clinical and istopathological<br />

monitoring of this few patients revealed a trend toward a recurrence<br />

of the rejection episodes.<br />

Conclusions<br />

Intramyocardial infiltration by functionally activated B and<br />

NK cells may play a key role in the dynamic of allograft rejection<br />

and the chemokines CXCL13 and CX3CL1, respectively,<br />

may be involved their recruitment. Our findings, although<br />

have to be confirmed in a larger group of patients,<br />

strongly suggest that a) B lymphocytes and NK cells are involved<br />

in the development of immunosuppressive drug resistance,<br />

b) analyses of the cellular and molecular profile of<br />

acute rejection may be predictive of graft outcome and useful<br />

for planning individualization of therapy.<br />

Carcinoma papillare della tiroide in bambina<br />

di nove anni. Descrizione di un caso<br />

F. Tallarigo, R. Patarino, A.V. Filardo * , M.G. Scalia<br />

Anatomia Patologica e Citodiagnostica, Ospedale “San Giovanni<br />

di Dio” Crotone; * Anatomia Patologica e Citodiagnostica,<br />

Ospedale “Pugliese-Ciaccio”, Catanzaro<br />

Introduzione<br />

Il Carcinoma della tiroide è una entità rara nelle prime due<br />

decadi di vita. È stimato che il 10% del totale di casi di carcinoma<br />

della tiroide si verifichino entro questo range di età,<br />

e rappresenta una percentuale compresa tra lo 0,5 e il 3% di<br />

tutte le neoplasie maligne che interessano bambini ed adolescenti.<br />

C’è una netta predominanza del sesso femminile con<br />

un rapporto femmine/maschi che è di 2-2,5:1. L’istotipo più<br />

comune è quello papillare.<br />

Metodi<br />

Ad una bambina di nove anni veniva riscontrato un nodulo latero-cervicale<br />

sinistro che all’esame ecografico si diagnosticava<br />

come linfonodo a struttura sovvertita. Si eseguiva FNA<br />

del linfonodo che mostrava una ricca popolazione di elementi<br />

epiteliali, di tipo cuboidale, dispersi, talora aggregati a formare<br />

strutture di tipo micropapillare, con nuclei ingranditi ed<br />

irregolari, cromatina finemente dispersa con presenza di incisure<br />

e pseudoinclusi. Veniva pertanto fatta diagnosi di neoplasia<br />

papillare di possibile derivazione tiroidea. La piccola<br />

paziente era sottoposta ad intervento chirurgico di tiroidectomia<br />

con svuotamento linfonodale latero-cervicale sinistro.<br />

Risultati<br />

All’esame macroscopico la tiroide presentava una piccola (< 1<br />

cm Ø) lesione nodulare, biancastra, di consistenza aumentata a<br />

livello del lobo sin. Istologicamente questa area corrispondeva<br />

ad un carcinoma papillare di tipo classico con presenza di aree<br />

solide. La neoplasia presentava dal punto di vista immunofenotipico<br />

una intensa positività alla citokeratina 19, alla galectina-3<br />

e all’anticorpo HBME-1. L’esame dei linfonodi, relativi<br />

allo svuotamento latero-cervicale, mostrava un solo linfonodo<br />

(2 cm Ø) quasi completamente metastatico. Tutti gli altri linfonodi<br />

isolati risultavano indenni da metastasi.<br />

Conclusioni<br />

Clinicamente il carcinoma tiroideo dell’infanzia si comporta<br />

in maniera diversa rispetto alla forma adulta. Il coinvolgimento<br />

linfonodale è la principale manifestazione clinica della<br />

neoplasia (35%-53%), mentre il riscontro di metastasi polmonari<br />

è in relazione al tempo intercorso per la diagnosi<br />

(5%-16%). Comunque la prognosi, anche nei casi con localizzazione<br />

a distanza, è relativamente buona. Oltre all’istotipo<br />

papillare, che è il più comune, c’è la variante follicolare<br />

che è meno comune, mentre le varianti midollare ed anaplastica<br />

sono estremamente rare. L’eziologia è sconosciuta, anche<br />

se esistono specifici fattori di rischio che ne aumentano<br />

l’incidenza e che includono l’esposizione alle radiazioni ionizzanti,<br />

soprattutto nei primi anni di vita. L’importanza delle<br />

radiazioni come fattore di rischio per il carcinoma della tiroide<br />

è stata dimostrata dall’aumento dell’incidenza di questa<br />

patologia nei bambini della Bielorussia dopo l’incidente di<br />

Chernobyl. Altri fattori di rischio sono, la deficienza di iodio,<br />

la tiroidite cronica di Haschimoto, situazioni che si associano<br />

ad aumentati livelli, per lungo periodo, di TSH, fattori genetici<br />

dovuti a mutazioni spontanee (riarrangiamento<br />

RET/PTC) o a trasmissione ereditaria, come nel caso del carcinoma<br />

midollare. Nel caso in esame non sussisteva nessun<br />

fattore di rischio.


302<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

Melanoma della mucosa della cavità nasale:<br />

descrizione di due casi<br />

F. Tallarigo ** , S. Squillaci, A.V. Filardo *** , D. Lambertenghi<br />

* , N. Hadjmohammadi, G. Pizzoli<br />

Servizi di Anatomia Patologica e * Radiologia, Ospedale di<br />

Vallecamonica, Esine (Italia); ** Servizio di Anatomia Patologica,<br />

Ospedale “S. Giovanni di Dio”, Crotone (Italia);<br />

***<br />

Servizio di Anatomia Patologica, Ospedale “Pugliese-<br />

Ciaccio”, Catanzaro (Italia)<br />

Introduzione<br />

Il melanoma primitivo della regione seno-nasale e del rinofaringe<br />

è un evento raro con un’incidenza stimata ≤ 4% di tutte<br />

le neoplasie primitive del distretto; comprende circa il 4%<br />

di tutti i melanomi localizzati alla testa ed al collo.<br />

Metodi<br />

Caso n. 1: donna di 71 anni presenta, nell’Aprile 2005, rinorrea<br />

limpida ed epistassi recidivanti a causa di una neoformazione<br />

polipoide nella cavità nasale destra a contatto con il<br />

setto nasale. Pervengono per esame estemporaneo due frammenti,<br />

il maggiore di 2,5 cm di colorito grigio-roseo e consistenza<br />

molle-elastica, refertati come neoplasia mesenchimale<br />

benigna da definire dopo inclusione e in un secondo momento<br />

altri 6 frammenti, due dei quali riferibili a base di impianto<br />

della lesione.<br />

Caso n. 2: uomo di 60 anni, affetto da epistassi recidivanti,<br />

viene escisso in toto polipo carnoso nella fossa nasale sinistra<br />

adeso al turbinato inferiore di 1,7 cm e dopo 74 mesi è vivo<br />

e libero da malattia.<br />

Risultati<br />

All’esame microscopico tutti i frammenti del caso n. 1 sono<br />

sostituiti da una proliferazione di cellule con nucleo ovale o<br />

allungato, frequenti nucleoli, rima di citoplasma acidofilo, talora<br />

disposte in aggregati o nidi separati da una ricca componente<br />

vascolare con alcuni elementi plurinucleati e altri con<br />

granuli di pigmento nel citoplasma, negativo al Pearls. Le<br />

mitosi sono 2-3/10 HPF. Nel caso n. 2 spiccano elementi epitelioidi<br />

a citoplasma ampio con indice mitotico di 3-4/10<br />

HPF. L’immunoistochimica risulta in entrambi i casi positiva<br />

per vimentina, S-100, MART-1 e HMB-45 con negatività di<br />

altri marcatori e viene posta diagnosi di melanoma della mucosa<br />

nasale.<br />

Conclusioni<br />

L’incidenza del melanoma primitivo della regione seno-nasale<br />

varia tra lo 0,3% ed il 2% di tutti i melanomi. Pone problemi<br />

di diagnosi differenziale sia con un secondarismo che<br />

con altre neoplasie, quali il carcinoma scarsamente differenziato,<br />

il linfoma, il plasmocitoma, il neuroblastoma olfattorio,<br />

il tumore neuroectodermico, il carcinoma neuroendocrino<br />

a piccole cellule e il rabdomiosarcoma.<br />

Non agevole la diagnosi clinica pre-operatoria e l’esame<br />

estemporaneo può indurre il patologo a diagnosi errate.<br />

Recentemente è stato proposto un sistema di staging e si è osservato<br />

che la grandezza delle lesioni più che lo spessore (><br />

3 cm) e l’indice mitotico (> 10/10 HPF) potrebbero avere significato<br />

come fattori prognostici sfavorevoli 1 .<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Thompson LDR, et al. Am J Surg Pathol 2003;27:594-611.<br />

Primary splenic B-cell lymphoma (marginal<br />

zona lymphoma). Report of a case<br />

F. Tallarigo, R. Patarino, S. Squillaci * , G. Mammolenti,<br />

F.V. Murgi, M.G. Scalia<br />

Anatomia Patologica, Ospedale “San Giovanni di Dio”,<br />

Crotone; * Servizio di Anatomia Patologica, Ospedale di Esine<br />

(BS)<br />

Introduction<br />

Splenic marginal zone lymphoma (SMZL) is a specific lowgrade<br />

small B-cell lymphoma that is incorporated in the<br />

World Healt Organization classification. Characteristic features<br />

are splenomegaly, moderate lymphocytosis with villous<br />

morphology, intrasinusoidal pattern of involvement of various<br />

organs, especially bone marrow, and relative indolent<br />

course. Tumor progression with increase of blastic forms and<br />

aggressive behaviour are observed in a minority of patients.<br />

Methods<br />

The case of a 45-year-old female patient admitted for abdominal<br />

pain due to large splenomegaly is reported. The patient<br />

present mild pancytopenia. Laparotomy with splenectomy<br />

was performed. Macroscopic examination present<br />

marked splenomegaly (1,800 g).<br />

Results and conclusion<br />

Histologically, the spleen is characterised by a nodular infiltrate.<br />

Neoplastic cells extend from the marginal zone to the<br />

red pulp with variable involvement. Cytologically, the neoplastic<br />

cells are medium sized with roundish or slightly irregular<br />

nucleus, clumped chromatin, frequent small nucleolus,<br />

and moderate amount of cytoplasm with distinct borders<br />

sometimes of villous appearance. Involvement of hilar<br />

splenic lymph nodes and liver is observed. Bone marrow<br />

biopsy has not bee performed. Immunophenotypically, the<br />

tumor cells has a mature B-cell phenotype and express positivity<br />

for CD20, CD45RA, Cd79a, bcl2, IgM, and negativity<br />

for CD5, CD43, CD23, CD10, Bcl-6 and cyclin D1. Histological<br />

differential diagnosis include a number of entities<br />

such as lymphoid hyperplasias, other marginal lymphomas,<br />

mantle cell lymphoma, follicular lymphoma, and B-CLL.<br />

Germinoma extragonadico: descrizione del<br />

primo caso a localizzazione orbitaria<br />

L. Ventura, P. Perrini * , F. Liberati ** , A. Ricci * , A. Dal<br />

Mas, M. Di Franco, R. Galzio *<br />

UU.OO. di Anatomia Patologica e di * Neurochirurgia,<br />

Azienda USL 4, L’Aquila; ** U.O. di Anatomia Patologica,<br />

Azienda USL, Rieti<br />

Introduzione<br />

I casi a localizzazione extragonadica costituiscono il 2-5%<br />

delle neoplasie germinali dell’adulto e solitamente insorgono<br />

in strutture mediane, quali retroperitoneo, mediastino, pineale<br />

e regione soprasellare. L’orbita rappresenta una sede assai<br />

rara per tali neoplasie, tipicamente diagnosticate nei giovani;<br />

nessun report ha mai riguardato il germinoma 1 .<br />

Presentiamo il primo caso di germinoma primitivo dell’orbita<br />

in un maschio adulto esente da lesioni in altra sede.<br />

Metodi<br />

Un uomo di 56 anni giungeva alla nostra osservazione con<br />

proptosi sinistra ingravescente da 3 mesi, associata a dolore<br />

e diminuzione del visus. L’esame obiettivo evidenziava che-


PATOLOGIE VARIE<br />

303<br />

mosi e congiuntivite dell’occhio sinistro, con acuità visiva di<br />

1/30 a sinistra e 10/10 a destra.<br />

La risonanza magnetica mostrava una massa tondeggiante di<br />

22 x 20 x 18 mm situata nell’adipe retrobulbare, che comprimeva<br />

il globo oculare senza deformarlo e spostava medialmente<br />

il nervo ottico. La lesione, isointensa alle immagini T1<br />

e T2-pesate, era più evidente dopo iniezione del mezzo di<br />

contrasto. A seguito della diagnosi clinica di angioma il paziente<br />

veniva sottoposto ad orbitotomia laterale ed escissione<br />

della neoformazione.<br />

Il campione veniva fissato in formalina, campionato e processato<br />

per colorazioni istochimiche ed immunoistochimiche.<br />

Risultati<br />

L’esame macroscopico evidenziava una formazione nodulare<br />

grigiastra, parenchimatosa, di cm 2 x 1,8 x 1,5, parzialmente<br />

circondata da adipe.<br />

L’istologia mostrava aggregati di ampie cellule rotondeggianti,<br />

a citoplasma chiaro, PAS-positivo, con nuclei ipercromatici,<br />

nucleoli eosinofili prominenti e 4 mitosi/10 HPF. Tali<br />

cellule, immunopositive per PLAP, CD117 e cheratine<br />

AE1/3 (focalmente) e negative per vimentina, AFP, CD30, β-<br />

HCG, LCA, S100 e CD68, erano circondate da macrofagi,<br />

linfociti e plasmacellule. Il decorso postoperatorio è risultato<br />

privo di inconvenienti, con immediato miglioramento dei<br />

sintomi clinici, in assenza di terapie adiuvanti.<br />

Dopo 24 mesi il paziente risulta libero da malattia locale ed<br />

in altre sedi, con livelli serici dei marcatori tumorali nella<br />

norma.<br />

Conclusioni<br />

Sebbene eccezionale, il germinoma orbitario deve esser considerato<br />

nella diagnostica differenziale delle lesioni intraorbitarie.<br />

Considerato l’elevato rischio di cancro del testicolo<br />

metacrono dopo la diagnosi di neoplasia germinale extragonadica<br />

2 e nell’ipotesi di una metastasi da seminoma testicolare<br />

occulto, appare giustificato un lungo follow-up di questi<br />

pazienti.<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Kivela T, et al. Surv Ophthalmol 1994;38:541-54.<br />

2<br />

Bokemeyer C, et al. APMIS 2003;111:49-63.<br />

Associazione GIST-carcinoma renale:<br />

descrizione di due casi e revisione della<br />

letteratura<br />

L. Ventura, F. Calista * , T. Ventura, C. Ficorella * , E. Ricevuto<br />

*<br />

U.O. di Anatomia Patologica, Azienda USL 4, L’Aquila;<br />

*<br />

Oncologia Medica, Dipartimento di Medicina Sperimentale,<br />

Università di L’Aquila<br />

Introduzione<br />

Un recente contributo scientifico sottolinea l’associazione tra<br />

carcinoma a cellule renali (RCC) papillare e tumore stromale<br />

gastrointestinale 1 . Poiché le due neoplasie sono legate a<br />

mutazioni di oncogeni della famiglia delle tirosinchinasi recettoriali,<br />

rispettivamente c-met e c-kit, è stato ipotizzato che<br />

mutazioni attivanti a monte di questi sistemi possano spiegare<br />

tale associazione.<br />

Anche l’istotipo a cellule chiare del RCC può associarsi a GI-<br />

ST, condividendo con quest’ultimo la perdita del braccio cromosomico<br />

14q 2 .<br />

Descriviamo due ulteriori casi di associazione GIST-RCC a cellule<br />

chiare, effettuando la completa revisione della letteratura.<br />

Metodi<br />

Abbiamo effettuato lo studio retrospettivo delle lesioni associate<br />

ai GIST autoptici e chirurgici da noi osservati nel periodo<br />

1980-2004, unitamente alla revisione della letteratura.<br />

Risultati<br />

Sono stati individuati due pazienti maschi di 65 anni con GI-<br />

ST gastrico a categoria di rischio molto bassa, incidentale, e<br />

coesistente RCC a cellule chiare, Fuhrman 2, rispettivamente<br />

pT1 e pT3b, entrambi del rene sinistro.<br />

In totale, sono noti 12 casi di tale associazione, comprendenti<br />

4 carcinomi papillari (M:F = 3:1, età media: 59,7), 5 carcinomi<br />

a cellule chiare (M:F = 3:2, età media: 69,4) e 3 carcinomi<br />

non altrimenti specificati.<br />

Conclusioni<br />

La differenza di età tra i due sottogruppi può avere significato,<br />

mentre l’evenienza di GIST multipli descritta in un caso<br />

conferma la possibilità di neoplasie differenti che condividono<br />

meccanismi biologici simili. Sebbene la maggioranza dei<br />

GIST in entrambi i sottogruppi appartenga alle categorie di<br />

rischio inferiori e costituisca riscontro occasionale in corso di<br />

chirurgia o autopsia, la presenza di casi a rischio elevato suggerisce<br />

un’associazione non casuale tra le due neoplasie.<br />

Ulteriori studi sono necessari per verificare se tali associazioni<br />

dipendono da meccanismi genetici o rappresentano<br />

semplici coincidenze. In ogni caso, il carcinoma renale amplia<br />

lo spettro delle neoplasie maligne che possono essere<br />

anamnesticamente riscontrate nei pazienti affetti da GIST.<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Au WY, et al. Ann Oncol 2004;15:843-4.<br />

2<br />

Tzankov A, et al. Cancer Detect Prev 2003;27:256-8.<br />

Linfadenite di Piringer-Kuchinka con<br />

dimostrazione istologica di cisti toxoplasmica<br />

L. Ventura, F. Liberati * , M. Sarra, E. Pompili, T. Ventura<br />

U.O. di Anatomia Patologica, Azienda USL 4, L’Aquila;<br />

*<br />

U.O. di Anatomia Patologica, Azienda USL, Rieti<br />

Introduzione<br />

La toxoplasmosi rappresenta una causa relativamente frequente<br />

di linfadenopatia. Sebbene esistano criteri istologici<br />

definiti per la dimostrazione della malattia a livello linfonodale,<br />

l’identificazione microscopica dell’agente eziologico<br />

risulta eccezionale 1 2 . Per tali motivi, il valore diagnostico dei<br />

reperti istologici è usualmente subordinato ai risultati delle<br />

analisi sierologiche 2 .<br />

Presentiamo un caso di linfadenite toxoplasmica diagnosticata<br />

istologicamente dopo identificazione di cisti toxoplasmica.<br />

Metodi<br />

Un uomo di 32 anni si presentava all’osservazione clinica<br />

con linfadenopatia laterocervicale destra di recente insorgenza,<br />

in assenza di rilievi anamnestici significativi. L’intervento<br />

chirurgico evidenziava due stazioni linfonodali di consistenza<br />

duro-elastica, dei diametri massimi rispettivi di cm 3<br />

ed 1, che venivano bioptizzate.<br />

Il campione operatorio veniva fissato in formalina, campionato<br />

e processato per ottenere colorazioni istochimiche ed<br />

immunoistochimiche.<br />

Risultati<br />

Entrambi i linfonodi presentavano architettura conservata e<br />

la classica triade di iperplasia follicolare florida, iperplasia<br />

dei linfociti B monocitoidi e focolai irregolari di istiociti epitelioidi,<br />

talora posti nei centri germinativi. Ulteriori sezioni


304<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

del linfonodo di maggiori dimensioni mostravano una cisti<br />

toxoplasmica PAS-positiva situata alla periferia di un centro<br />

germinativo follicolare, non evidente alle prime colorazioni<br />

di routine.<br />

Gli esami sierologici, eseguiti un mese dopo l’intervento,<br />

mostravano marcato innalzamento dei valori di IgG ed IgM<br />

specifiche.<br />

Conclusioni<br />

La forma tissutale del Toxoplasma gondii (bradizoite o cisti<br />

toxoplasmica) può restare silente per anni e dare manifestazioni<br />

cliniche in caso di diminuzione dell’immunità dell’ospite.<br />

La biopsia linfonodale viene solitamente effettuata al fine di<br />

escludere neoplasie maligne. La classica triade istopatologica<br />

è considerata altamente specifica e relativamente sensibile<br />

per la diagnosi di linfadenite toxoplasmica 2 , ma la dimostrazione<br />

diretta del microrganismo costituisce un reperto occasionale<br />

1 e la ricerca del DNA toxoplasmico mediante PCR<br />

ha mostrato risultati discordanti 2 .<br />

Poiché nel caso in esame la cisti toxoplasmica era presente<br />

solo in alcuni dei preparati allestiti, l’analisi di numerose sezioni<br />

a differenti livelli potrebbe aiutare ad evidenziare un reperto<br />

probabilmente sottostimato.<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Aisner SC, et al. Am J Clin Pathol 1983;79:125-7.<br />

2<br />

Lin M-H, et al. Pathol Int 2001;51:619-23.<br />

Carcinoma renale mucinoso, tubulare ed a<br />

cellule fusate. Descrizione di un caso<br />

L. Ventura, G. Coletti, A. Dal Mas, G. Romano * , B. Di<br />

Pasquale * , R. Mazzucchelli **<br />

UU.OO. di Anatomia Patologica e di * Urologia, Azienda<br />

USL 4, L’Aquila; ** Sezione di Anatomia Patologica ed Istopatologia,<br />

Università Politecnica delle Marche, Ancona<br />

Introduzione<br />

Il tipo istologico mucinoso, tubulare ed a cellule fusate rappresenta<br />

un’entità introdotta di recente nella classificazione<br />

dei carcinomi renali 1 .<br />

Descriviamo il caso di un carcinoma renale da noi recentemente<br />

osservato, con caratteristiche che ne consentono l’inclusione<br />

in tale categoria.<br />

Metodi<br />

Il caso riguarda una donna di 77 anni, giunta alla nostra osservazione<br />

in seguito ad un singolo episodio di ematuria macroscopica.<br />

Un’ecografia ed una successiva TC rilevavano la<br />

presenza di neoformazione solida del rene sinistro del diametro<br />

di circa 4 cm. La paziente veniva quindi sottoposta a<br />

nefrectomia radicale per via laparoscopica retroperitoneale e<br />

dimessa in terza giornata postoperatoria.<br />

Il campione operatorio veniva fissato in formalina, campionato<br />

e processato per ottenere colorazioni istochimiche ed<br />

immunoistochimiche.<br />

Risultati<br />

All’esame macroscopico il rene, di cm 11 x 5 x 4, presentava<br />

una formazione nodulare mediorenale ben circoscritta, solida,<br />

giallastra chiara, del diametro massimo di cm 3,5. Microscopicamente<br />

la neoplasia risultava costituita da strutture<br />

tubulari ramificate, separate da stroma mixoide alcian-positivo<br />

e rivestite da cellule cuboidali che focalmente assumevano<br />

morfologia fusata. Tali elementi presentavano citoplasma<br />

chiaro o debolmente eosinofilo e nuclei uniformi, rotondeggianti,<br />

senza evidenza di nucleoli e mitosi. Erano presenti foci<br />

microscopici di necrosi con emosiderofagi e cellule stromali<br />

multinucleate. Al di fuori della neoplasia erano presenti<br />

adenomi papillari corticali, una cisti da ritenzione e pielonefrite<br />

cronica aspecifica. Il profilo immunoistochimico mostrava:<br />

positività diffusa per citocheratine AE1/3; positività<br />

multifocale per citocheratine 7, CAM 5.2 e 34βE12; positività<br />

focale per vimentina ed EMA; negatività per CD10, citocheratina<br />

20, CD15, CD117, cromogranina A, sinaptofisina<br />

e p53. Meno dell’1% delle cellule era positivo per Ki67. Sette<br />

mesi dopo l’intervento la paziente è in buona salute.<br />

Conclusioni<br />

Nonostante la discreta variabilità istopatologica ed immunofenotipica<br />

dei casi finora descritti in letteratura, questo istotipo<br />

inusuale di carcinoma renale potrebbe addirittura rappresentare<br />

una distinta entità clinicopatologica, che predilige il<br />

sesso femminile ed è caratterizzata da differenziazione nefronica<br />

distale, basso grado di malignità e decorso clinico favorevole<br />

1 2 .<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Aubert S, et al. Int J Surg Pathol 2004;12:179-83.<br />

2<br />

Rakozy C, et al. Mod Pathol 2002;15:1162-71.<br />

Diffusione parotidea da epatocarcinoma:<br />

case report<br />

A.R. Vitale, G. Coletti * , S. Saltarelli * , M. De Vito, S. Di<br />

Rito, P. Leocata<br />

Università dell’Aquila, Dipartimento di Medicina Sperimentale,<br />

Cattedra di Anatomia Patologica; * ASL4 U.O. Anatomia<br />

Patologica<br />

Introduzione<br />

Il carcinoma epatocellulare raramente metastatizza alle<br />

ghiandole salivari 1 . Solitamente le metastasi alla parotide<br />

hanno origine da tumori primitivi localizzati nella testa e nel<br />

collo. Una corretta diagnosi differenziale fra tumore primitivo<br />

e metastatico è fondamentale per un’adeguata valutazione<br />

prognostica e terapeutica.<br />

Caso clinico<br />

Paziente di 82 aa con tumefazione nella regione parotidea destra,<br />

di consistenza duro lignea, non dolente né dolorabile alla<br />

palpazione. All’esame ecografico si evidenziava nella regione<br />

mandibolare destra una tumefazione di cm 3,8 x 3,4 x<br />

1,5 ad ecostruttura solida, disomogenea, con piccole aree liquide<br />

e con intenso segnale vascolare intranodale.<br />

È stato eseguito un FNAB che ha evidenziato “cluster di cellule<br />

epitelioidi atipiche, ad ampio citoplasma granulare e nucleo<br />

tondeggiante, provvisto di evidente nucleolo”. I reperti<br />

erano suggestivi di “neoformazione di ghiandola salivare del<br />

tipo a cellule acinose e/o oncocitaria” che necessitava di ulteriori<br />

approfondimenti istologici.<br />

Il successivo esame istologico su biopsia ha messo in evidenza<br />

un tessuto neoplastico costituito da filiere di cellule ad<br />

ampio citoplasma eosinofilo e nucleo tondeggiante, nucleolato<br />

con una vascolarizzazione di tipo sinusoidale. In alcuni<br />

campi microscopici si osservavano diversi corpi acidofili tipo<br />

Councilman e piccoli aggregati di materiale granulare<br />

giallo-oro (di tipo biliare). Il tessuto neoplastico, all’indagine<br />

immunoistochimica, era positivo per CD10 ed Hepatocyte. I<br />

reperti erano compatibili con diffusione di epatocarcinoma<br />

trabecolare. Un’anamnesi più approfondita ha permesso di rilevare<br />

una primitività epatica non segnalata dai clinici.


PATOLOGIE VARIE<br />

305<br />

Discussione<br />

Escludendo testa e collo il 20% delle metastasi parotidee deriva<br />

da polmone, rene, mammella e più raramente dal tratto<br />

GI e GU. Tipicamente le metastasi da epatocarcinoma coinvolgono<br />

i polmoni attraverso il sistema della vena porta. Nel<br />

nostro caso non ci sono evidenze di coinvolgimento polmonare<br />

ma solo parotideo. Ciò rende la presentazione della malattia<br />

peculiare, anche se possibile per la presenza del plesso<br />

venoso perivertebrale di Batson. La rarità del caso in esame<br />

tuttavia è dovuta al fatto che in letteratura sono stati descritti<br />

solo altri 2 casi di epatocarcinoma metastatizzante alla<br />

ghiandola parotide.<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Romanas MM, et al. Diagn Cytopathol 2004;30:401-5.<br />

Espressione e distribuzione dei recettori della<br />

somatostatina nei timomi<br />

D. Vitolo, G. Deriu, L. Ciocci, M. Matarrazzo, S. Cortese,<br />

C.D. Baroni<br />

Dipartimento di Medicina Sperimentale e Patologia, I Facoltà<br />

di Medicina e Chirurgia, Università di Roma “La Sapienza”,<br />

Roma<br />

Introduzione<br />

La “somatostatin receptor scintigraphy” utilizza gli analoghi<br />

marcati della somatostatina (octeotride) nella diagnostica per<br />

immagini e nel follow-up di pazienti affetti da timoma. Non<br />

è però descritta in letteratura l’espressione e la distribuzione<br />

“ex vivo” dei recettori della somatostatina in neoplasie epiteliali<br />

primitive del timo. Abbiamo valutato l’espressione dei<br />

recettori della somatostatina in queste neoplasie al fine di<br />

comprenderne il significato fisiopatologico e per dare una base<br />

anatomopatologica all’uso degli analoghi della somatostatina<br />

nella diagnostica per immagini e nella terapia neoadiuvante<br />

e adiuvante di questi tumori.<br />

Metodi<br />

Mediante immunoistochimica, abbiamo studiato espressione<br />

e distribuzione di SSTR1, SSTR2A, SSTR2B, SSTR3,<br />

SSTR4 e SSTR5 nel timo fetale (5 casi), involuto (5 casi) e<br />

nell’iperplasia follicolare (4 casi), e in neoplasie epiteliali<br />

primitive (3 casi di Timoma A, 1 di Timoma AB, 6 di Timoma<br />

B2, 3 di Timoma B3, 3 di Timoma C).<br />

Risultati<br />

SSTR1, SSTR3 e SSTR5 sono espressi in tutti i casi di timoma<br />

studiati. L’espressione di SSTR2A non è stata mai osservata<br />

nei timomi tipo A e B3; si osserva invece nel caso di timoma<br />

AB, in 4 casi di timoma B2 e in 2 casi di timoma C.<br />

L’espressione di SSTR2B è stata osservata in 2 casi di timoma<br />

A, in un caso di timoma AB, in 5 casi di timoma B2, in 2<br />

casi di timoma B3 e in 2 casi di timoma C. L’espressione di<br />

SSTR4 non è stata mai osservata.<br />

Conclusioni<br />

I timomi esprimono gli stessi recettori del timo normale e<br />

iperplastico, ma con patterns diversi. Il recettore ad alta affinità<br />

SSTR2A è espresso nei timomi di tipo B2, caratterizzati<br />

da aspetti di differenziazione midollare, mentre è assente nei<br />

timomi di tipo A e B3, che ne sono privi. I timomi di tipo B1<br />

e B2 presentano aree di differenziazione midollare che suggeriscono<br />

che in questi istotipi le cellule neoplastiche mantengono<br />

aspetti di differenziazione funzionale. Pertanto l’espressione<br />

dei recettori della somatostatina nei timomi di tipo<br />

B2 conforta l’ipotesi che questi siano costituiti da cellule<br />

neoplastiche funzionalmente differenziate. Ciò è in parte<br />

confermato dall’assenza di SSTR2A nei timomi di tipo A e<br />

B3, privi di differenziazione midollare. La mancata espressione<br />

di SSTR2A in queste ultime varietà di timoma potrebbe<br />

comprometterne l’efficacia del monitoraggio strumentale<br />

e della terapia con gli analoghi della somatostatina.<br />

Espressione di TP73L nei linfomi B a grandi<br />

cellule primitivi del mediastino: un utile<br />

marcatore diagnostico<br />

A. Zamò, G. Malpeli, A. Scarpa, C. Doglioni * , M. Chilosi,<br />

F. Menestrina<br />

Dipartimento di Patologia, Università di Verona, Verona,<br />

Italia; * Dipartimento di Istopatologia, Ospedale “San Raffaele”,<br />

Milano, Italia<br />

Introduzione<br />

Il linfoma B a grandi cellule primitivo del mediastino è<br />

un’entità nosologica ben distinta la cui patogenesi molecolare<br />

è solo parzialmente nota, che difetta di marcatori diagnostici<br />

ben definiti. Recentemente studi di profilamento genetico<br />

hanno rivelato caratteristiche in comune tra il linfoma di<br />

Hodgkin ed il linfoma B a grandi cellule primitivo del mediastino.<br />

Studi morfologici ed immunoistochimici hanno successivamente<br />

confermato questa parziale sovrapposizione.<br />

Metodi<br />

In questo studio abbiamo analizzato l’espressione delle diverse<br />

isoforme di TP73L (nota anche come p63) nel linfoma<br />

B a grandi cellule primitivo del mediastino sia a livello di<br />

proteina che di mRNA.<br />

Risultati<br />

Abbiamo così dimostrato che solamente le isoforme transattivanti<br />

(TA) di TP73L erano presenti nei casi di linfoma B a grandi<br />

cellule primitivo del mediastino. Abbiamo anche dimostrato<br />

che TP73L è espressa in un sottogruppo di cellule del centro<br />

germinativo, ed anche in una percentuale di linfomi B diffusi a<br />

grandi cellule, ma non è mai presente nel linfoma di Hodgkin<br />

di tipo classico. Anche il linfoma di Hodgkin di tipo nodulare a<br />

prevalenza linfocitaria è risultato positivo per TP73L. L’analisi<br />

delle isoforme tramite RT-PCR quantitativa ha mostrato che<br />

TA-TP73L-alfa era la più rappresentata linfoma B a grandi cellule<br />

primitivo del mediastino, ma TA-TP73-gamma era la più<br />

deregolata in confronto sia a cellule del centro germinativo purificate,<br />

sia a linfomi B diffusi a grandi cellule.<br />

Conclusioni<br />

L’espressione di TP73L si è dimostrata un utile marcatore<br />

diagnostico del linfoma B a grandi cellule primitivo del mediastino,<br />

e ha fornito nuovi indizi sulle vie molecolari che<br />

giocano un ruolo in questo linfoma.<br />

Tumore adenomatoide del testicolo<br />

R. Zamparese, F. Corsi, W. Giannubilo * , P. Bufo<br />

Università di Foggia, Dipartimento di Scienze Chirurgiche,<br />

Sezione di Anatomia Patologica, Ospedale “Colonnello D’Avanzo”;<br />

* Università Politecnica delle Marche, Azienda<br />

Ospedaliera “Umberto I”, Clinica Urologica, Ancona<br />

Introduzione<br />

Il tumore adenomatoide è una neoplasia benigna rara, che interessa<br />

il testicolo, di solito, per estensione dalla tonaca albuginea,<br />

è raro che la neoplasia prenda origine dal parenchi-


306<br />

COMUNICAZIONI E POSTER<br />

ma testicolare, in letteratura, infatti, a nostra conoscenza, ne<br />

sono stati segnalati solo 5 casi ben documentati.<br />

Caso clinico<br />

Uomo di 32 anni con tumefazione del testicolo destro. L’esame<br />

ecografico evidenzia una lesione nodulare intraparenchimale<br />

del diametro di circa 2 cm.<br />

Il paziente viene sottoposto ad orchiectomia e all’esame macroscopico<br />

si apprezza la presenza di una neoformazione intratesticolare,<br />

ben delimitata rispetto al parenchima circostante<br />

da una evidente cercine fibroso, nettamente distinta<br />

dalla tunica albuginea, dalla quale dista circa 5 cm.<br />

All’esame istologico la neoformazione ha, nella porzione centrale,<br />

aspetto anfrattuoso per la presenza di estroflessioni similpapillari,<br />

rivestite da cellule epiteliomorfe di forma cubica-appiattita,<br />

che sporgono in cavità. Nello stroma si riconoscono<br />

aree fibrose talora ialinizzate e aggregati di cellule che formano<br />

nidi, tubuli e minute strutture cordonali. Nella porzione che<br />

microscopicamente ha aspetto compatto prevalgono cellule<br />

raggruppate nello stroma con aspetto simil-castoniforme.<br />

Dal punto di vista immunoistochimico, sono risultate positive<br />

le reazioni immunoistochimiche per le citocheratine pool<br />

e per le citocheratine AE1/AE3 nelle cellule che rivestivano<br />

le cavità e le proiezioni papillari. Le reazioni per il CD34 e<br />

per il Fattore VIII sono risultate positive negli endoteli dei<br />

vasi presenti nello stroma, mentre sono negative le reazioni<br />

per il CD15, per il CA-125 e per l’HBME-1<br />

Discussione<br />

I casi di tumore adenomatoide intratesticolare ben documentati<br />

sono, a nostra conoscenza, estremamente rari e la prima<br />

segnalazione è abbastanza recente 1 .<br />

Presentiamo questo ulteriore caso in quanto riteniamo che la<br />

conoscenza della localizzazione intratesticolare possa consentirne<br />

la diagnosi preoperatoria e quindi, in futuro, un approccio<br />

terapeutico conservativo.<br />

Nel nostro caso, come in quello riportato da Samad et al. 2 si<br />

tratta di soggetti giovani, è pertanto importante sospettare<br />

preoperatoriamente tale lesione, all’esame ecografico ed evitare<br />

erronee diagnosi di neoplasia maligna del testicolo all’esame<br />

intraoperatorio, al fine di evitare, qualora possibile,<br />

l’orchiectomia radicale.<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Horstman WG, et al. Urology 1992;40:359-61.<br />

2<br />

Samad AA, et al. Eur Urol 1996;30:127-8.<br />

Una variante rara di carcinoma uroteliale<br />

della vescica: il carcinoma micropapillare<br />

R. Zamparese, F. Corsi, W. Giannubilo * , P. Bufo<br />

Università di Foggia, Dipartimento di Scienze Chirurgiche,<br />

Sezione di Anatomia Patologica, Ospedale “Colonnello D’Avanzo”;<br />

* Università Politecnica delle Marche, Azienda<br />

Ospedaliera “Umberto I”, Clinica Urologica, Ancona<br />

Introduzione<br />

Il carcinoma micropapillare è una varietà rara di carcinoma<br />

transizionale della vescica, rappresenta, infatti, solo lo 0,7%<br />

di tutti i tumori della vescica. Nel 1994 è stato descritto il primo<br />

caso di carcinoma micropapillare della vescica 1 e fino ad<br />

oggi sono stati segnalati in letteratura solo 48 casi.<br />

Caso clinico<br />

Donna dell’età di 38 anni si ricovera per episodi di ematuria e<br />

dolori addominali, l’esame cistoscopico e l’esame TAC evidenziano<br />

ispessimento diffuso della parete vescicale, con infiltrazione<br />

dell’utero, degli ureteri, del tenue e del grosso intestino.<br />

La paziente viene sottoposta ad intervento chirurgico di<br />

asportazione di vescica, utero ed annessi, parte del duodeno,<br />

colon ascendente, trasverso e parte del colon discendente.<br />

All’esame istologico viene posta diagnosi di carcinoma uroteliale<br />

della vescica, varietà micropapillare, costituito da cellule<br />

neoplastiche che si organizzano, in superficie, a formare<br />

sottili papille, con o senza asse connettivo vascolare evidente,<br />

mentre, nella componente infiltrante, sono aggregate all’interno<br />

di lacune, talora ampie. Sebbene, inizialmente, tali<br />

aspetti siano stati interpretati come invasione vascolare, le<br />

colorazioni immunoistochimiche con marcatori vascolari<br />

(CD31, CD 34) hanno dimostrato che nella maggior parte dei<br />

casi si tratta di artefatti con retrazione dello stroma.<br />

Trattasi di una neoplasia estremamente aggressiva che infiltra<br />

la parete vescicale a tutto spessore, ed interessa anche l’uretra,<br />

il corpo ed il collo uterino, entrambe le ovaie, la tuba<br />

destra, gli ureteri, il mesentere, il tenue ed il grosso intestino<br />

e l’appendice, con metastasi in 5 linfonodi mesenterici.<br />

Si apprezza, inoltre, una spiccata tendenza alla permeazione<br />

neoplastica perineurale, endolinfatica ed endovasale.<br />

Discussione<br />

Il carcinoma micropapillare della vescica rappresenta una varietà<br />

del carcinoma a cellule transizionali a prognosi estremamente<br />

infausta, colpisce principalmente i maschi, con un<br />

rapporto M:F pari a 4:1, con un’età d’insorgenza tra i 45 ed i<br />

91 anni (media 68,5). Il caso che stiamo segnalando è particolarmente<br />

rimarchevole in quanto la paziente è di sesso<br />

femminile ed ha solo 38 anni e, pertanto, si tratta, del soggetto<br />

più giovane di sesso femminile segnalato in letteratura.<br />

L’individuazione della presenza di aree micropapillari in un<br />

carcinoma transizionale della vescica è molto importante perché<br />

implica una prognosi particolarmente infausta e richiede<br />

un atteggiamento terapeutico aggressivo.<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Amin MB, et al. Am J Surg Pathol 1994;18:1224-32.<br />

Istiocitoma fibroso maligno della vescica:<br />

case report e revisione della letteratura<br />

R. Zamparese, I. Tolve * , A. Caniglia ** , L. Cormio * , P.<br />

Bufo, G. Carrieri *<br />

Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Cattedra di Anatomia<br />

Patologica, Università di Foggia; * Dipartimento di Scienze<br />

Chirurgiche, Cattedra di Urologia, Università di Foggia;<br />

**<br />

U.O. Anatomia Patologica, Ospedale “Santa Maria Delle<br />

Grazie”, Matera<br />

Introduzione<br />

Riportiamo un caso di istiocitoma fibroso della vescica. Il riscontro<br />

di questa neoplasia mesenchimale in sede vescicale è<br />

eccezionale, infatti sino ad oggi sono stati descritti in letteratura<br />

soltanto altri 24 casi.<br />

Metodi<br />

Un paziente di 57 anni giunse alla nostra osservazione in seguito<br />

ad episodi di macroematuria e disuria. L’ecografia vescicale<br />

e la uretrocistoscopia indicarono la presenza di una<br />

neoformazione solida, sferica, del diametro di 6 cm situata in<br />

corrispondenza della parete postero-laterale destra della vescica.<br />

Il paziente venne sottoposto a resezione transuretrale.<br />

Risultati<br />

L’esame istologico mise in evidenza una neoplasia connettivale<br />

maligna della vescica ad elementi fusati con elevato in-


PATOLOGIE VARIE<br />

307<br />

dice mitotico. L’immunofenotipo caratterizzato dalla negatività<br />

immunoistochimica (IIC) per le citocheratine pool, l’α1<br />

antichimotripsina e positività per il CD 68 fece escludere una<br />

diagnosi di carcinoma sarcomatoide deponendo per un istiocitoma<br />

fibroso maligno 1 . Nel corso della stadiazione mediante<br />

TC furono riscontrate metastasi polmonari, linfonodali<br />

ed ossee.<br />

A distanza di 5 mesi dalla diagnosi, dopo un ciclo di chemioterapia<br />

con TAXOL e Gencitabina, il paziente decedeva<br />

per cachessia neoplastica.<br />

Discussione<br />

L’istiocitoma fibroso maligno della vescica è tra le più frequenti<br />

neoplasie mesenchimali dell’adulto, tuttavia, in sede<br />

vescicale è di rarissimo riscontro e ad oggi solo altri 24 casi<br />

sono stati riportati in letteratura.<br />

Dal punto di vista istologico ha un pattern di crescita simile<br />

al carcinoma sarcomatoide, la cui diagnosi va esclusa quando<br />

viene accertata l'assenza di cellule epiteliali mediante IIC.<br />

Nella maggior parte dei casi riportati in letteratura l’indagine<br />

IIC non è stata eseguita è pertanto la diagnosi di carcinoma<br />

sarcomatoide non poteva essere esclusa del tutto. La terapia<br />

nelle forme organo confinate prevede la cistectomia radicale<br />

con radioterapia adiuvante, mentre in presenza di malattia<br />

metastatica la chemioterapia rappresenta l’unica opzione terapeutica<br />

anche se associata a risultati poco soddisfacenti.<br />

Conclusione<br />

L’istiocitoma fibroso maligno della vescica è una rara neoplasia,<br />

a prognosi infausta, la cui diagnosi definitiva può essere<br />

fatta soltanto dopo indagine IIC, che escluda la presenza<br />

di cellule epiteliali, patognomoniche, invece, di carcinoma<br />

sarcomatoide.<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Hasui Y, et al. Urol Res 1991;19:69-72.


INDICE DEI NOMI


INDICE DEI NOMI<br />

311<br />

Abbate A., 281<br />

Aceto G., 230<br />

Aiello F.B., 265<br />

Airoldi I., 277<br />

Alberti S., 187, 189<br />

Albiero F., 229, 245<br />

Alexiadis S., 259<br />

Allavena A., 243<br />

Alloisio M., 227<br />

Altimari A., 196<br />

Altomare V., 233<br />

Amadori A., 277<br />

Ambrosetti A., 286<br />

Andreozzi S., 258<br />

Angelini A., 195<br />

Angelucci D., 167, 225, 235, 236, 285<br />

Angrisani P., 297<br />

Anniciello A.M., 241<br />

Arena E., 265<br />

Arena V., 242, 265, 266<br />

Aretini P., 227<br />

Arisio R., 225<br />

Arizzi C., 227, 266<br />

Arnoldi E., 270<br />

Arrigoni A., 243<br />

Artese L., 267, 292, 298<br />

Ascione P., 219, 232, 257, 270, 286, 287<br />

Ascoli V., 268, 269<br />

Asioli A., 224<br />

Assenza B., 298<br />

Audi Grivetta M.A., 289<br />

Avenia N., 261<br />

Azzarone R., 291<br />

Azzoni C., 248<br />

Bacigalupo B., 296<br />

Bacillo E., 215<br />

Baggi F., 270<br />

Balal A., 230<br />

Baldacci M., 219, 232, 270, 286, 287<br />

Baldi A., 235<br />

Baldi F., 235<br />

Balzarini P., 223, 237, 254<br />

Banelli B., 277<br />

Barassi F., 223, 234, 253<br />

Barbareschi M., 230, 234<br />

Barbera D., 243, 246, 275, 276<br />

Barberis M., 243, 251, 259, 270<br />

Barbieri F., 172<br />

Barisella M., 270<br />

Baron L., 242<br />

Baroni C.D., 240, 252, 305<br />

Baronio P., 237<br />

Barresi G., 281<br />

Barresi V., 281<br />

Bartolini D., 273<br />

Basile G., 243<br />

Battista F., 230<br />

Battistoni C., 291<br />

Bellahcène A., 222<br />

Bellezza G., 222, 234, 261<br />

Bellò M., 260<br />

Bellocci R., 167, 235, 236, 258, 301<br />

Bellomi A., 290<br />

Bellomo P.F., 245<br />

Beltotti P., 242<br />

Beltrami A.P., 185<br />

Beltrami C.A., 185, 231, 287<br />

Benech F., 225<br />

Benedettini E., 196<br />

Benedetto V., 281<br />

Benetti A., 223, 237<br />

Berardengo E., 224, 258<br />

Berenzi A., 223, 237<br />

Bergamin N., 185<br />

Bergero N., 201<br />

Bernardi A., 224, 258<br />

Bernasconi P., 270<br />

Bertalot G., 271<br />

Bettelli S., 239<br />

Bevilacqua G., 203, 227, 275<br />

Bevilacqua P., 288<br />

Bhakta V., 241<br />

Bianchi A., 233<br />

Bianchi G., 267<br />

Bianchini F., 284<br />

Bianciardi G., 272<br />

Bifano D., 271, 278, 279<br />

Biganzoli E., 190<br />

Bigiani N., 238, 239, 272<br />

Biunno I., 251<br />

Boffa L., 296<br />

Boggi U., 275<br />

Bollito E., 215<br />

Bonadio S., 289<br />

Bonanno A., 243<br />

Bondi A., 273<br />

Bonelli L., 261<br />

Bonetti F., 183, 229, 230, 274<br />

Bonifacio D., 197<br />

Bonin S., 203<br />

Bono F., 247<br />

Bonoldi E., 288<br />

Bonucci M., 273, 274<br />

Bonzanini M., 263<br />

Boracchi P., 190<br />

Bordi C., 241, 248<br />

Borelli I., 243<br />

Borgia L., 219, 232, 270, 286, 287<br />

Bortesi L., 277, 293, 294<br />

Borzomati D., 292<br />

Bosari S., 170, 266<br />

Boscaino A., 169, 249<br />

Bosco D., 268<br />

Bosco M., 225<br />

Bottarelli L., 248<br />

Bottecchia M., 185<br />

Botti G., 220, 228, 249, 279<br />

Bracarda S., 222<br />

Bragantini E., 219<br />

Brancone L., 230, 256<br />

Brancone M.L., 235, 236, 285<br />

Brenna A., 251, 259<br />

Brighenti A., 276<br />

Broccolo F., 251, 259<br />

Brunelli F., 274


312<br />

INDICE DEI NOMI<br />

Brunelli M., 183, 219, 221, 254, 274, 277, 294, 295<br />

Bucciarelli E., 222, 234, 261<br />

Buccoliero A.M., 198, 200<br />

Bufo P., 236, 255, 305, 306<br />

Burelli S., 185<br />

Burlo P., 257<br />

Bussolati G., 225, 260, 263<br />

Buttitta F., 164, 223, 230, 234, 253<br />

Cagini L., 234<br />

Calabrese F., 195<br />

Caligo M.A., 227<br />

Calista F., 303<br />

Calistri D., 208<br />

Callahan R., 234<br />

Calorini L., 284<br />

Calvisi G., 243, 275<br />

Cama A., 230<br />

Camacho F.I., 279<br />

Camilot D., 231<br />

Campani D., 223, 230, 275<br />

Campanini N., 241, 248<br />

Canavese G., 224<br />

Candelaresi G., 224<br />

Caneva A., 277, 294<br />

Caniglia A., 306<br />

Cannizzaro C., 219<br />

Cannone M., 259, 270<br />

Cantile M., 220<br />

Capella C., 253, 289<br />

Capelli A., 242, 265, 266<br />

Capelli P., 294<br />

Capodanno A., 227<br />

Capodiferro S., 284<br />

Cappia S., 201<br />

Capurso G., 241<br />

Carafa V., 249<br />

Carbone A., 193, 282, 283<br />

Cardillo I., 235<br />

Carelli V., 244<br />

Carinelli S., 228, 244, 285<br />

Carli F., 261<br />

Carlini P., 221<br />

Carnevali I., 253<br />

Carnovale-Scalzo C., 268<br />

Carosi M.A., 291<br />

Carrieri G., 306<br />

Caruso R.A., 243, 244, 277<br />

Casanova M., 270<br />

Caserta C., 222<br />

Casoria A., 235, 236, 256, 285<br />

Cassandro G., 262<br />

Cassina G., 251, 259<br />

Cassoni P., 225, 260<br />

Castellano I., 225, 260<br />

Castellano P., 261<br />

Castiglione F., 200<br />

Castrataro A., 253<br />

Castrilli G., 167, 225<br />

Castronovo V., 222<br />

Catalano M., 225<br />

Cattaneo M., 285<br />

Cavaliere A., 222, 234, 261<br />

Cavallari V., 229, 245<br />

Cavazza A., 238, 239<br />

Cavazzini L., 246, 254<br />

Cavone D., 236<br />

Cazzavillan S., 288<br />

Ceppa P., 247, 289<br />

Cerasoli S., 273<br />

Ceriolo P., 288<br />

Cerutti R., 253<br />

Cervelli C., 291<br />

Cesselli D., 185<br />

Chella A., 234, 253<br />

Chiari S., 251, 259<br />

Chiariello M., 293<br />

Chilosi M., 237, 254, 274, 276, 286, 295, 305<br />

Chimenz M., 277, 280<br />

Chiodini P., 220<br />

Chiominto A., 246, 276<br />

Cianchetti E., 225<br />

Cianciulli A.M., 177, 221, 291<br />

Cicciarello R., 229, 245<br />

Cillo C., 220<br />

Cimmino A., 262, 297<br />

Cindolo L., 220<br />

Ciocci L., 240, 252, 298, 305<br />

Cipollini G., 203<br />

Ciranni R., 291<br />

Cirilli C., 294<br />

Citro G., 235<br />

Ciuffetelli V., 243, 246, 275, 276<br />

Cocuzza C.E., 251, 259<br />

Coggi G., 171<br />

Colasante A., 225, 235<br />

Colella R., 234, 261<br />

Coletti G., 276, 304<br />

Collecchi P., 227<br />

Collini P., 193, 270<br />

Colombari R., 274, 294<br />

Conte P.F., 172<br />

Coppola R., 292<br />

Cormio L., 306<br />

Cornelio F., 270<br />

Corsetti G.L., 273<br />

Corsi F., 236, 255, 305, 306<br />

Cortese S., 240, 252, 305<br />

Corti B., 196<br />

Cossu Rocca P., 183, 254, 277, 295<br />

Costa G., 229, 245<br />

Cozzaglio L., 266<br />

Crisafulli C., 243, 280<br />

Crnogorac-Jurcevic T., 241<br />

Cucchi C., 224<br />

Cuccurullo F., 223, 230, 234<br />

Curcio M., 226<br />

Curti T., 274<br />

Cusatelli P., 226<br />

Cusati P., 262<br />

Cusimano A., 288<br />

Cutrona G., 296<br />

D’Adda T., 248, 280<br />

d’Amati G., 244<br />

D’Amore E., 288


INDICE DEI NOMI<br />

313<br />

D’Angelo M., 220, 279<br />

D’Antuono T., 167, 225, 277, 301<br />

D’Armiento F.P., 241<br />

D’Armiento M., 241<br />

D’Aurizio F., 185<br />

D’Egidio G., 256<br />

D’Errico Grigioni A., 196<br />

Dafaallah Awadelkarim K., 230<br />

Dagrada P., 270<br />

Daidone M.G., 193<br />

Dainese E., 253<br />

Dal Mas A., 302, 304<br />

Dalfior D., 219, 221, 229, 230, 277<br />

Dalla Palma P., 220, 234, 263<br />

Damante G., 287<br />

Danesi S., 264<br />

Dardanoni G., 239<br />

David E., 243<br />

De Carli P., 221<br />

De Caterina R., 293<br />

De Chiara A., 228<br />

De Dominicis E., 292<br />

De Franco R., 276<br />

De Giorgio F., 242, 266<br />

De Luca M., 287<br />

De Mattia D., 268<br />

De Muro G., 252<br />

De Ninno M., 282, 283<br />

De Paola F., 264<br />

De Renzo A., 279<br />

De Rosa G., 279<br />

De Santi M.M., 272<br />

De Stefano N., 242<br />

De Vincenzo R.P., 266<br />

De Vito M., 243, 246, 275, 304<br />

De Feo P., 261<br />

Degidi M., 292<br />

Dei Tos A.P., 225<br />

Del Chiaro M., 275<br />

Del Prato I., 227<br />

Del Sordo R., 222, 234<br />

Del Vecchio M.T., 272<br />

Dell’Osa E., 258<br />

Della Cioppa P., 228<br />

Della Rocca C., 298<br />

Delle Fave G., 241<br />

Delsedime L., 243<br />

Demichelis F., 220<br />

Demurtas A., 257<br />

Deriu G., 240, 252, 305<br />

Dessanti P., 296<br />

Dessy E., 223, 237<br />

Destro A., 227, 266<br />

Di Blasi A., 220<br />

Di Bonaventura G., 256<br />

Di Bonito L., 197<br />

Di Bonito M., 226<br />

Di Carlo E., 164, 277, 301<br />

Di Costanzo G.G., 245<br />

Di Cristofano C., 227<br />

Di Francia R., 228<br />

Di Franco M., 302<br />

Di Gianvito D., 268<br />

Di Gioacchino M., 230<br />

Di Giorgi M., 239<br />

Di Giovannantonio L., 167<br />

Di Girolamo G., 256<br />

Di Giulio C., 267<br />

Di Iorio C., 301<br />

Di Lorenzo N., 295<br />

Di Loreto C., 231<br />

Di Marino M.P., 235<br />

Di Pasquale B., 304<br />

Di Rito S., 246, 304<br />

Di Tommaso L., 227, 266<br />

Discepoli S., 274<br />

Doglioni C., 254, 305<br />

Donisi P.M., 295<br />

Dono M., 296<br />

Donofrio V., 271, 278, 279<br />

Dranoff G., 265<br />

Ducati A., 225<br />

Dudine S., 197<br />

Dulbecco P., 174<br />

Durum S.K., 265<br />

Eccher A., 219, 229, 230<br />

Eldin Elwali N., 230<br />

Elegibili E., 273<br />

Elgaili E., 230<br />

Errico M.E., 271, 278, 279<br />

Esposito A., 257<br />

Eusebi V., 188, 224<br />

Facco C., 253<br />

Falleni M., 171<br />

Favre A., 250<br />

Favret M., 271<br />

Fazzari C., 243<br />

Fedele F., 243<br />

Fedeli F., 296<br />

Federico P., 242, 266<br />

Fedriga R., 264<br />

Felicioni L., 223, 234, 253<br />

Ferrarese S., 259<br />

Ferrari A., 270<br />

Ferrarini M., 296<br />

Ferri I., 261<br />

Ferro P., 296<br />

Ferro S. 2<br />

Feudale E., 220<br />

Fiaccavento S., 200, 262<br />

Ficarra G., 284<br />

Ficarra V., 219, 221, 277<br />

Ficorella C., 303<br />

Fila C., 290<br />

Filardo A.V., 301, 302<br />

Filippini A., 293<br />

Finato N., 185<br />

Fiocca R., 174, 247, 288, 289<br />

Fiorentino F., 228, 249<br />

Fiorentino M., 196<br />

Fioroni M.A., 291<br />

Fogliano A., 219<br />

Fontecchio G., 291<br />

Formichelli F., 226


314<br />

INDICE DEI NOMI<br />

Fornaciari G., 291<br />

Fornari A., 201<br />

Fortunati N., 225<br />

Foschini M.P., 224<br />

Fossati-Bellani F., 270<br />

Fouad T., 293<br />

Franceschetti I., 277, 293<br />

Franchi A., 284<br />

Franchi G., 266<br />

Franco R., 220, 228, 279<br />

Francomano F., 258<br />

Fresu G., 223<br />

Funel N., 275<br />

Furlan D., 253<br />

Gaban A., 254<br />

Gabusi E., 196<br />

Gafà R., 246, 254<br />

Gagliardi M.E., 229, 245<br />

Galati R., 235<br />

Galatioto S., 280<br />

Galdi M., 297<br />

Galetta D., 238<br />

Gallo A., 220<br />

Galloro P., 169<br />

Gallucci M., 177, 221<br />

Galzio R., 302<br />

Gandolfo S., 257<br />

Garagnani L., 239<br />

Garbini F., 200<br />

Garcia Parra R., 251, 259<br />

Garrè C., 281<br />

Gatta A., 255<br />

Gatteschi B., 261<br />

Gentile M., 238<br />

Geppetti P., 284<br />

Gerardi E., 197<br />

Giannakakis K., 269<br />

Giannico A., 296<br />

Giannubilo W., 305, 306<br />

Gianquinto D., 296<br />

Giansanti M., 261<br />

Giardina C., 262<br />

Giordano C., 244<br />

Giordano G., 280, 282<br />

Giuffrè G., 281<br />

Giustozzi G.M., 234<br />

Gnetti L., 280<br />

Gobbato M., 221<br />

Gobbo S., 183, 254, 274, 295<br />

Gorji N., 296<br />

Grandi E., 254<br />

Grigioni W.F., 196<br />

Grigolato P., 223, 237<br />

Grillo F., 247<br />

Grillo L., 268, 281<br />

Grosso E., 243<br />

Gruppioni E., 196<br />

Guerrieri A.M., 262<br />

Guerriero M., 282, 283<br />

Guerzoni L., 246, 254<br />

Gugliotta P., 213<br />

Gussio M., 258<br />

Hadjmohammadi N., 302<br />

Iacono A., 241<br />

Ieni A., 244<br />

Iezzi G., 292<br />

Iezzi M., 168, 219, 232, 270, 286, 287<br />

Inferrera C., 244<br />

Ingravallo G., 262<br />

Insabato L., 249<br />

Iorio M., 279<br />

Isola P., 227<br />

Keller J.R., 265<br />

Ketabchi S., 284<br />

Kirchner T., 244<br />

Kuhn E., 228, 244, 285<br />

La Mura A., 245<br />

La Vecchia F., 226<br />

Labate A., 229, 245<br />

Laise M., 279<br />

Laise R., 228<br />

Lambertenghi D., 302<br />

Lanza G., 246, 254<br />

Lapini A., 200<br />

Larocca L.M., 282<br />

Lasorda R., 187<br />

Lattanzi W., 265, 266<br />

Lattanzio G., 236, 285<br />

Lattanzio R., 187<br />

Lattanzio V., 262<br />

Lattimore S., 241<br />

Legrenzi L., 223<br />

Lemoine N.R., 241<br />

Leocata P., 243, 246, 276, 304<br />

Leonardo C., 221<br />

Leone B.E., 247<br />

Leopizzi M., 298<br />

Lestani M., 286<br />

Liberati F., 302, 303<br />

Liberati M., 257<br />

Liberatore M., 219, 232, 258, 270, 286, 287<br />

Liguori G., 220, 249, 279<br />

Liverani M., 264<br />

Lombardi G., 227<br />

Longo F., 240<br />

Longo M., 215<br />

Losi L., 294<br />

Losito S., 220<br />

Loss R., 219<br />

Lovadina P., 224, 258<br />

Lucchi I., 273<br />

Luparia P., 258<br />

Luzi P., 272<br />

Macri E., 254<br />

Maestri I., 246, 254<br />

Maggiore C., 266<br />

Magnasco S., 236, 285<br />

Magrini E., 224<br />

Maiorana A., 238, 239<br />

Maiorano E., 284<br />

Maisano D., 250


INDICE DEI NOMI<br />

315<br />

Maisto M.L., 261<br />

Malpeli G., 305<br />

Mammolenti G., 302<br />

Mancini L., 273<br />

Maneo A., 251, 259<br />

Manfrin E., 229, 230, 293<br />

Mangili F., 247<br />

Mangioni C., 251, 259<br />

Mantegazza R., 270<br />

Marasà L., 232, 299, 300<br />

Marchese L., 268<br />

Marchetti A., 170, 223, 230, 234, 253<br />

Marchioni A., 238<br />

Marcon P., 185<br />

Margaria E., 224<br />

Mariani M.R., 296<br />

Mariani-Costantini R., 230<br />

Marinelli L., 268<br />

Marini G., 263<br />

Marino Marsilia G., 245<br />

Mariotti M., 219, 232, 270, 286, 287<br />

Mariotto R., 229<br />

Mariuzzi L., 185, 287<br />

Marsico A., 257<br />

Martella C., 223, 234, 253<br />

Martellani F., 197<br />

Martignoni G., 183, 219, 221, 254, 274, 277, 294, 295<br />

Martucciello G., 250<br />

Marucci G.L., 188<br />

Masci G., 227<br />

Maselli F., 238<br />

Masolini P., 185<br />

Massi D., 284<br />

Mastracci L., 174, 247, 288, 289<br />

Matarrazzo M., 240, 305<br />

Matis S., 296<br />

Mattioli E., 236, 254<br />

Mazzaferro V., 270<br />

Mazzon E., 229<br />

Mazzucchelli R., 164, 265, 304<br />

Meazza C., 270<br />

Melato M., 231<br />

Melpignano M., 280<br />

Menestrina F., 183, 219, 221, 230, 254, 274, 277, 286, 293,<br />

294, 295, 305<br />

Menicagli M., 275<br />

Menin A., 288<br />

Mercurio C., 291<br />

Merola R., 177, 221, 279, 291<br />

Mezzetti A., 223, 234<br />

Micello D., 289<br />

Micheletti M., 243<br />

Midolo V., 266<br />

Migaldi M., 238, 239, 272<br />

Migone N., 243<br />

Milione M., 241<br />

Mina M.M., 295<br />

Mioli P.R., 263<br />

Miotto E., 246<br />

Mira A., 239<br />

Miracco C., 272, 284<br />

Mistrangelo M., 260<br />

Mobiglia A., 260<br />

Mohamadani A., 230<br />

Monaco R., 169, 245<br />

Monego G., 265<br />

Montagna L., 237, 276<br />

Montironi R., 164<br />

Montresor C., 262<br />

Mora M., 289<br />

Morandi L., 188<br />

Morelli L., 220<br />

Morenghi E., 227<br />

Moroni M., 296<br />

Moserle L., 277<br />

Mucilli F., 253<br />

Murgi F.V., 302<br />

Musizzano Y., 174, 247, 289<br />

Mussa A., 260<br />

Musti M., 236<br />

Naccarato G., 227<br />

Napoli A., 262<br />

Napoli P., 277<br />

Napoli Nania P., 245<br />

Nappi O., 169<br />

Nardi F., 268<br />

Navach V., 297<br />

Navone R., 247<br />

Nazzaro P., 236<br />

Negri S., 290<br />

Negrini M., 246<br />

Negrini R., 271<br />

Nenna R., 236<br />

Nicita C., 239<br />

Nicolin V., 231<br />

Nicolosi A., 239<br />

Nicòtina P.A., 250<br />

Niedobitek G., 244<br />

Nonaka D., 285<br />

Nosotti M., 171<br />

Novella G., 219, 221<br />

Novellino L., 270<br />

Nunnari M., 280<br />

Nuzzo C., 298<br />

Nuzzo F., 273<br />

Oliveri C., 259<br />

Onetti Muda A., 269<br />

Orefice S., 227<br />

Orlandi G., 177, 221, 291<br />

Orsini T., 257<br />

Ostuni G., 297<br />

Pacchioni D., 263<br />

Padolecchia E., 262<br />

Pagetta E., 226<br />

Pagliaro P., 290<br />

Paglierani M., 200, 284<br />

Pagliuca F., 249<br />

Pagni F., 247<br />

Pallotti F., 244, 285<br />

Pandolfi M., 231, 287<br />

Pannellini T., 219, 232, 270, 286, 287<br />

Pannone G., 255<br />

Panzuto F., 241


316<br />

INDICE DEI NOMI<br />

Paolizzi D., 223<br />

Paparella A., 295<br />

Papola F., 291<br />

Papotti M., 200, 215<br />

Paris I., 283<br />

Parisi A., 219, 221, 277<br />

Pasini B., 243<br />

Pasquale M., 301<br />

Pasquali C., 248<br />

Passerini L., 270<br />

Patarino R., 301, 302<br />

Path F.R.C., 164<br />

Patruno R., 254<br />

Pea M., 183, 219, 254, 274, 277, 295<br />

Pecciarini L., 254<br />

Pedicillo M.C., 255<br />

Pedron S., 237, 276<br />

Pellegrinelli A., 193, 270<br />

Pellegrinelli C., 171<br />

Pellicciotta A., 167, 301<br />

Pellini F., 229, 230<br />

Pellizzari L., 287<br />

Penco S., 281<br />

Pennacchia I., 266<br />

Pennella A., 236, 238<br />

Pentenero M., 257<br />

Perego P., 251, 259<br />

Perrini P., 302<br />

Perrone G., 233, 292<br />

Perrotti V., 267, 292<br />

Pession A., 188<br />

Petrone G., 242, 292<br />

Piacibello W., 184<br />

Piantelli M., 187, 189, 219<br />

Piattelli A., 267, 292, 298<br />

Piazzola E., 293<br />

Piccoli P., 237, 276<br />

Piccolo A.M., 234<br />

Piccolomini M., 235, 236, 256, 285<br />

Pignochino Y., 184<br />

Pigozzi S., 288<br />

Pilotti S., 270<br />

Pilozzi E., 241<br />

Pippi R., 252<br />

Pirini M.G., 196<br />

Piris M., 279<br />

Pistoia V., 277<br />

Pivetta D., 287<br />

Pizzi G., 243<br />

Pizzi S., 248<br />

Pizzicannella G., 293<br />

Pizzicannella J., 293<br />

Pizzocaro A., 266<br />

Pizzoli G., 302<br />

Pizzolo G., 286<br />

Poletti V., 237<br />

Pollice L., 236, 238<br />

Pollina L.E., 275<br />

Pollini G.P., 229, 230<br />

Pompili E., 303<br />

Postiglione M., 242<br />

Prati F., 293<br />

Puppato E., 185<br />

Puxeddu E., 261<br />

Quarto F., 242<br />

Quattrocchi E., 243<br />

Rabitti C., 233, 292<br />

Ragazzini T., 224<br />

Rago C., 195<br />

Rahal D., 227<br />

Ranazzi L., 268<br />

Ranieri G., 254<br />

Rapa I., 201<br />

Raspollini M.R., 180, 200<br />

Reggiani Bonetti L., 294<br />

Reghellin D., 229, 230, 237, 294<br />

Reichel M., 285<br />

Remo A., 183, 229, 230, 286, 295<br />

Remotti D., 269<br />

Repetto L., 288<br />

Riccardi M., 295<br />

Ricci A., 302<br />

Riccioni L., 273<br />

Ricco R., 254, 262, 297<br />

Ricevuto E., 303<br />

Righi L., 263<br />

Righi M., 277, 280<br />

Rigo S., 185<br />

Riminucci M., 186<br />

Rindi G., 178, 215, 248<br />

Risio M., 178<br />

Rispoli F., 259<br />

Riva C., 253, 289<br />

Rizzardi C., 231<br />

Rizzo P., 281<br />

Rocca Rossetti S., 163<br />

Rocco M., 271, 278, 279<br />

Rodriguez J., 285<br />

Romagnoli S., 171<br />

Romano G., 304<br />

Romano M.R., 296<br />

Roncalli M., 176, 205, 227, 266<br />

Roncella S., 296<br />

Rosai J., 283, 285<br />

Rosas R., 215<br />

Rosini S., 198, 256, 257, 258, 265<br />

Rossi E., 223, 237, 277<br />

Rossi E.D., 273, 274<br />

Rossi G., 238, 239, 272<br />

Rossi S., 180<br />

Rostan I., 257<br />

Roz E., 251, 259<br />

Rubini C., 292<br />

Rubino A., 227<br />

Rubino I., 284<br />

Rucco V., 294<br />

Ruggieri E., 254<br />

Runza L., 228, 244<br />

Russo R., 249, 297<br />

Sabbioni S., 246<br />

Sacco R., 227, 253<br />

Saggiorato E., 201<br />

Sagramoso C., 219<br />

Sagramoso C.A., 263<br />

Sale P., 244<br />

Saltarelli S., 275, 304


INDICE DEI NOMI<br />

317<br />

Salvatore S., 223, 234, 253<br />

Salzano L., 220<br />

Sanguedolce F., 297<br />

Santambrogio L., 171<br />

Santini D., 233, 292, 294<br />

Santoro A., 227<br />

Santucci M., 284<br />

Sapino A., 213, 225, 263<br />

Saragoni L., 264<br />

Sardella B., 298<br />

Saro F., 231, 287<br />

Sarra M., 303<br />

Sartori G., 238, 239, 272, 294<br />

Sauter G., 249<br />

Savarino V., 174<br />

Scalia M.G., 301, 302<br />

Scarano A., 298<br />

Scarinci A., 301<br />

Scarpa A., 274, 295, 305<br />

Scarpellini F., 273<br />

Scarselli E., 273<br />

Scattone A., 236, 238<br />

Schirosi L., 238, 239, 272<br />

Schneider M., 231<br />

Sciacca M.P., 277<br />

Sciacchitano S., 281<br />

Scibetta N., 232, 299, 300<br />

Scondotto S., 239<br />

Sebastiani M., 244<br />

Sentinelli S., 177, 221<br />

Serafini F.M., 283<br />

Serio G., 236, 238<br />

Sessa F., 289<br />

Sessa S., 258<br />

Siciliano P., 274<br />

Sidoni A., 222, 234, 261<br />

Sioletic S., 266<br />

Siopis E., 294<br />

Sisto F., 297<br />

Sorrentino C., 277, 301<br />

S<strong>pag</strong>giari P., 174, 247, 288<br />

S<strong>pag</strong>noli L.G., 192<br />

Spina B., 261<br />

Spina D., 272<br />

Spizzo R., 219, 232, 270, 286, 287<br />

Spugnini E.P., 235<br />

Squillaci S., 302<br />

Stabile E., 293<br />

Staiano M., 226<br />

Staiano T., 241<br />

Staibano S., 279<br />

Stanta G., 203<br />

Starrantino M., 277<br />

Stigliano E., 242, 265, 266<br />

Storti S., 282<br />

Stracca-Pansa V., 295<br />

Stuppia L., 208<br />

Sulpizio C., 219, 232, 270, 286, 287<br />

Taddei G.L., 198, 200<br />

Tallarigo F., 301, 302<br />

Tanara G., 261<br />

Tancredi M., 227<br />

Tapia C., 249<br />

Tardanico R., 254<br />

Tatangelo F., 249<br />

Tatasciore U., 225, 258<br />

Terracciano L., 249<br />

Tironi A., 237<br />

Tolve I., 306<br />

Tomassini F., 291<br />

Tonini G., 233, 292<br />

Tornillo L., 249<br />

Torri E., 273<br />

Tozzini S., 296<br />

Tranfa F., 279<br />

Travaglini C., 244<br />

Travaglini P., 266<br />

Trentini G.P., 238, 239, 272, 294<br />

Trerotola M., 189<br />

Trezzi R., 247<br />

Tripepi M., 281<br />

Trombetta G., 280<br />

Trovato M., 281<br />

Truini M., 261<br />

Tuccari G., 281<br />

Tumino R., 239<br />

Ubiali A., 223<br />

Vacca F., 254<br />

Vacca G., 189<br />

Valente M., 195<br />

Valentino M.L., 244<br />

Valle M., 215<br />

Vecchione A., 241<br />

Venerucci F., 250<br />

Ventre F., 241<br />

Ventura L., 291, 302, 303, 304<br />

Ventura T., 303<br />

Venturini C., 192<br />

Verdina A., 235<br />

Verzì A., 292<br />

Veschi S., 230<br />

Vico E., 177, 221, 291<br />

Vignolini G., 200<br />

Villari D., 250<br />

Viltadi M., 251, 259<br />

Vincenzi B., 233, 292<br />

Visci P., 257<br />

Vitale A.R., 243, 246, 275<br />

Vitarelli E., 281<br />

Vitolo D., 240, 252, 305<br />

Vittorio R., 219<br />

Vizzino M., 257<br />

Volante M., 201, 215, 263<br />

Vurro L., 236<br />

Zaccaria M., 262<br />

Zagami M., 233<br />

Zamò A., 237, 276, 286, 305<br />

Zamparese R., 236, 255, 305, 306<br />

Zanconati F., 197<br />

Zannoni G.F., 283<br />

Zanotti R., 286<br />

Zappacosta B., 235, 256, 285


<strong>318</strong><br />

INDICE DEI NOMI<br />

Zappacosta R., 214, 235, 236, 256, 257, 258<br />

Zentilin F., 287<br />

Zimarino M., 293<br />

Zito F.R., 254<br />

Zorzi F., 262<br />

Zorzi M.G., 221


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