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Tesi Specializzazion.. - Ingegneria Strutturale - Politecnico di Milano

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POLITECNICO DI MILANO<br />

Scuola <strong>di</strong> <strong>Specializzazion</strong>e in<br />

COSTRUZIONE IN CEMENTO ARMATO<br />

“F.lli Pesenti”<br />

MODELLAZIONE TRIDIMENSIONALE DI<br />

STRUTTURE IN C.A. E C.A.P. IN CAMPO NON<br />

LINEARE<br />

Relatore:<br />

Correlatore:<br />

Prof. Franco Bontempi<br />

Ing. Fabio Bion<strong>di</strong>ni<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Specializzazion</strong>e<br />

Ing. Luca Sgambi<br />

Anno Accademico 1999-2000


Oltre al prof. Bontempi ed all’ing. Bion<strong>di</strong>ni che mi hanno seguito in questi due anni <strong>di</strong><br />

permanenza alla scuola “f.lli Pesenti” offrendomi spunti <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o e <strong>di</strong> riflessione su<br />

molteplici argomenti, desidero ringraziare il prof. Malerba per la pazienza e la<br />

<strong>di</strong>sponibilità a <strong>di</strong>scutere i temi che ho trattato in questo lavoro.


In<strong>di</strong>ce<br />

In<strong>di</strong>ce<br />

Cap. 1 Introduzione al metodo degli elementi finiti<br />

I fenomeni fisici 1<br />

Le equazioni <strong>di</strong>fferenziali alle derivate parziali 3<br />

Necessità della risoluzione numerica 6<br />

La formulazione debole per problemi stazionari 8<br />

PSV applicato ad un continuo sud<strong>di</strong>viso in elementi 11<br />

Convergenza del metodo 15<br />

Proprietà delle funzioni <strong>di</strong> forma 16<br />

Cap. 2 Formulazione dell’elemento finito tri<strong>di</strong>mensionale<br />

Formulazione dell’elemento compatibile 17<br />

La rigidezza dell’elemento compatibile 26<br />

L’integrazione selettiva 27<br />

Le funzioni <strong>di</strong> forma incompatibili 32<br />

I vincoli elastici concentrati 34<br />

Deformazioni anelastiche 35<br />

Armatura embedded 36<br />

L’armatura <strong>di</strong>ffusa 39<br />

Cap. 3 Legami costitutivi e problema non lineare<br />

La non linearità <strong>di</strong> materiale<br />

41<br />

Definizione della variabile <strong>di</strong> danno<br />

42<br />

Definizione dello stato <strong>di</strong> sforzo effettivo<br />

44<br />

Ipotesi d’equivalenza nelle deformazioni<br />

45<br />

La legge d’evoluzione <strong>di</strong> Mazars<br />

46<br />

La legge d’evoluzione <strong>di</strong> Cervera<br />

51<br />

La legge d’evoluzione <strong>di</strong> Rizzi<br />

55<br />

La legge d’evoluzione proposta per il modello isotropo<br />

56<br />

Un legame ortotropo 57<br />

Legami costitutivi dell’acciaio 60<br />

Cenni sulla regolarizzazione della risposta non lineare 62<br />

Metodo della secante per la soluzione <strong>di</strong> problemi non lineari 63<br />

_____________________________________________________________________________________________<br />

I


In<strong>di</strong>ce<br />

Cap. 4 Applicazioni in campo elastico lineare 68<br />

Patch Test per l’elemento solido integrato in modo selettivo 69<br />

Patch Test per l’elemento solido con funzioni <strong>di</strong> forma non compatibili 75<br />

Analisi <strong>di</strong> una mensola snella 77<br />

Analisi <strong>di</strong> una trave doppiamente incastrata 81<br />

Stu<strong>di</strong>o della deformabilità trasversale e dell’ingobbimento sezionale <strong>di</strong><br />

un elemento in parete sottile a profilo rettangolare chiuso 92<br />

Patch Test per l’elemento solido con acciaio <strong>di</strong>ffuso 100<br />

Patch Test per l’elemento solido con acciaio embedded 103<br />

Patch Test per l’elemento solido presollecitato 105<br />

Pilastro soggetto a peso proprio 107<br />

Stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> una pila da ponte a profilo misto in campo elastico lineare 109<br />

Cap. 5 Applicazioni in campo elastico non lineare 118<br />

Prove <strong>di</strong> compressione monoassiale 119<br />

Dominio <strong>di</strong> rottura <strong>di</strong> Kupfer 122<br />

Dominio <strong>di</strong> rottura <strong>di</strong> Bresler-Pister 130<br />

Pannello soggetto a taglio puro 131<br />

Trave <strong>di</strong> Bresler-Scordelis 135<br />

Stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> una pila da ponte a profilo misto in campo non lineare 142<br />

Conclusioni 162<br />

Appen<strong>di</strong>ce A : I co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> calcolo sviluppati 164<br />

Appen<strong>di</strong>ce B : Bibliografia 181<br />

_____________________________________________________________________________________________<br />

II


Introduzione al metodo degli Elementi Finiti Cap. 1<br />

Capitolo 1<br />

Introduzione al metodo degli Elementi Finiti<br />

1. I fenomeni fisici<br />

Moltissimi fenomeni fisici, modellati matematicamente assumono l’aspetto <strong>di</strong> una o più equazioni<br />

<strong>di</strong>fferenziali or<strong>di</strong>narie o alle derivate parziali. Solitamente si tratta <strong>di</strong> equazioni la cui soluzione in<br />

forma chiusa riesce solo per geometrie semplici e con drastiche semplificazioni. Si pensi al problema<br />

della torsione <strong>di</strong> una barra alla De Saint Venant, la soluzione in forma chiusa è facile solo se la<br />

sezione della barra è <strong>di</strong> tipo ellittico, per un profilo generico il problema <strong>di</strong>viene estremamente<br />

complicato. Risulta spesso necessario ricorrere a delle soluzioni approssimate.<br />

I fenomeni fisici si possono si possono sud<strong>di</strong>videre schematicamente in stazionari e non stazionari,<br />

per descrivere questi ultimi, l’equazioni che regolano il problema avranno anche una <strong>di</strong>pendenza<br />

dalla variabile temporale.<br />

I fenomeni stazionari più comuni sono regolati dalle seguenti equazioni [L1, L10]:<br />

2<br />

L’equazione armonica K ⋅∇<br />

Φ + Q = 0 che descrive fenomeni <strong>di</strong> trasporto per <strong>di</strong>ffusione come la<br />

trasmissione <strong>di</strong> calore nei soli<strong>di</strong>, il trasporto <strong>di</strong> materia, i moti <strong>di</strong> filtrazione, la deformata <strong>di</strong> una<br />

membrana, la torsione <strong>di</strong> una barra prismatica, il moto <strong>di</strong> un fluido ideale, l’elettrostatica, la<br />

magnetostatica.<br />

2<br />

L’equazione <strong>di</strong> Helmoltz ∇ Φ + λ ⋅ Φ = 0 dove il termine sorgente va sostituito un termine<br />

proporzionale all’incognita cercata. Questa equazione governa fenomeni che possono <strong>di</strong>venire<br />

instabili, per cui il principale problema riguarda il calcolo dei valori critici del parametro λ ≥ 0.<br />

Fenomeni <strong>di</strong> questo genere riguardano, ad esempio, l’instabilità elastica.<br />

1


Introduzione al metodo degli Elementi Finiti Cap. 1<br />

∂ ∂Φ ∂ ∂Φ ∂ ∂Φ<br />

L’equazione quasi armonica ( K<br />

x<br />

⋅ ) + ( K<br />

y<br />

⋅ ) + ( K<br />

z<br />

⋅ ) + Q = 0 definita da un<br />

∂x<br />

∂x<br />

∂y<br />

∂y<br />

∂z<br />

∂z<br />

coefficiente K <strong>di</strong>verso nelle <strong>di</strong>rezioni x, y, z. Equazioni <strong>di</strong> questo genere riguardano, ad esempio, la<br />

trasmissione <strong>di</strong> calore in un mezzo ortotropo e la lubrificazione con moto laminare (equazione <strong>di</strong><br />

Reynolds).<br />

4<br />

L’equazione biarmonica K ⋅∇<br />

Φ + Q = 0 che regola, ad esempio, il problema degli elementi<br />

inflessi, travi e piastre, ma anche i problemi <strong>di</strong> elasticità piana, scritti assumendo come incognita la<br />

funzione <strong>di</strong> Airy.<br />

I fenomeni non stazionari più comuni si stu<strong>di</strong>ano a partire dall’equazione armonica, aggiungendo o la<br />

derivata prima temporale o la derivata seconda.<br />

Equazioni con la derivata prima temporale K ⋅∇<br />

2<br />

∂Φ<br />

Φ + Q = b ⋅<br />

∂t<br />

regolano una serie <strong>di</strong> fenomeni<br />

transitori (b è definito come il termine <strong>di</strong> immagazzinamento) quali il transitorio termico, il flusso <strong>di</strong><br />

Blasius (comportamento <strong>di</strong> un fluido in un mezzo seminfinito soggetto ad un movimento della base<br />

su cui si appoggia), il consolidamento <strong>di</strong> un terreno, l’equazione <strong>di</strong> Schro<strong>di</strong>nger (moto libero <strong>di</strong> una<br />

particella in meccanica quantistica).<br />

Equazioni con la derivata seconda temporale<br />

2<br />

2 ∂ Φ ∂Φ<br />

⋅∇<br />

Φ + Q = µ ⋅ + h ⋅ + f<br />

∂t<br />

∂t<br />

K<br />

2<br />

rappresentano numerosi fenomeni fisici quali, la propagazione <strong>di</strong> onde longitu<strong>di</strong>nali in una barra, la<br />

propagazione <strong>di</strong> onde acustiche, la propagazione <strong>di</strong> onde superficiali in acque poco profonde, la<br />

propagazione <strong>di</strong> onde elettromagnetiche in un <strong>di</strong>elettrico.<br />

⋅ Φ<br />

2


Introduzione al metodo degli Elementi Finiti Cap. 1<br />

2. Le equazioni <strong>di</strong>fferenziali alle derivate parziali<br />

Le equazioni viste in precedenza, sono equazioni del secondo or<strong>di</strong>ne, intendendosi per or<strong>di</strong>ne quello<br />

della derivata massima che vi compare. Ad esempio, un’equazione del secondo or<strong>di</strong>ne ad un solo<br />

2 2 2<br />

∂Φ ∂Φ ∂ Φ ∂ Φ ∂ Φ<br />

parametro incognito e due variabili in<strong>di</strong>pendenti è del tipo F ( x,<br />

y,<br />

Φ,<br />

, , , , ) = 0 .<br />

2<br />

2<br />

∂x<br />

∂y<br />

∂x<br />

∂x∂y<br />

∂y<br />

La possibilità <strong>di</strong> descrivere un fenomeno fisico con una equazione alle derivate parziali, è legata alla<br />

possibilità <strong>di</strong> determinare univocamente una particolare soluzione fra le infinite che ne costituiscono<br />

l’integrale generale [L1, L21]. Ciò è possibile se all’integrale generale vengono imposte opportune<br />

con<strong>di</strong>zioni restrittive relative al comportamento della soluzione sulla frontiera del dominio. Per<br />

problemi stazionari Φ deve sod<strong>di</strong>sfare a con<strong>di</strong>zioni al contorno <strong>di</strong> tipo essenziale e <strong>di</strong> tipo naturale.<br />

S 1<br />

A : ∇ 2 Φ =<br />

f<br />

n<br />

S 2<br />

Figura 1.1: Con<strong>di</strong>zioni al contorno.<br />

Se 2m è il massimo or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> derivazione nell’equazione <strong>di</strong>fferenziale, le con<strong>di</strong>zioni essenziali (<strong>di</strong><br />

Dirichlet) si applicano al contorno (S 1 ) sulle derivate <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne r, con 0 ≤ r ≤ m , della funzione<br />

incognita; le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> tipo naturale (<strong>di</strong> Neumann o <strong>di</strong> tipo convettivo) si applicano invece su (S 2 )<br />

alle derivate <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne p, con m ≤ p ≤ 2m<br />

.<br />

Problema in stato piano <strong>di</strong> sforzo 2m = 2<br />

Problema <strong>di</strong> elemento inflesso 2m = 4<br />

3


Introduzione al metodo degli Elementi Finiti Cap. 1<br />

Come esempio si esamini il problema <strong>di</strong> un’asta tesa.<br />

F<br />

l<br />

Figura 1.2: Asta tesa.<br />

2<br />

d u<br />

L’equazione che governa il fenomeno è EA = p . Le con<strong>di</strong>zioni al contorno si pongono in x = 0,<br />

2<br />

dx<br />

ed un x = l, essendo il contorno dell’asta rappresentato da soli questi due punti. In x = 0 si dovranno<br />

porre delle con<strong>di</strong>zioni al contorno <strong>di</strong> tipo essenziale:<br />

u = 0<br />

Con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> Dirichlet<br />

x=0<br />

In x = l si dovranno porre delle con<strong>di</strong>zioni al contorno <strong>di</strong> tipo naturale:<br />

du<br />

EA<br />

dx<br />

x=<br />

l<br />

= F<br />

Con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> Neumann<br />

Problemi in cui tutto il contorno è vincolato ad assumere valori essenziali o naturali sono definiti<br />

problemi dei valori al contorno. A seconda del tipo <strong>di</strong> equazione e delle con<strong>di</strong>zioni al contorno, il<br />

problema può non avere soluzione, avere una soluzione, più soluzioni, infinite soluzioni.<br />

Per i problemi non stazionari si deve imporre anche una con<strong>di</strong>zione ai valori iniziali sulla funzione<br />

incognita, si avranno quin<strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni miste, sia al contorno che iniziali. Poiché le equazioni non<br />

stazionarie, ammettono soluzioni che evolvono nel tempo ed il loro comportamento ad un certo<br />

istante è determinato da quello relativo agli istanti precedenti, un problema dei valori al contorno che<br />

prescrive arbitrariamente la soluzione in più istanti separati non è fisicamente ammissibile.<br />

4


Introduzione al metodo degli Elementi Finiti Cap. 1<br />

Sia L() un operatore <strong>di</strong>fferenziale, limitandoci ad una generica equazioni <strong>di</strong> second’or<strong>di</strong>ne lineare<br />

con due variabili in<strong>di</strong>pendenti, si può porre:<br />

2<br />

2<br />

2<br />

∂ Φ ∂ Φ ∂ Φ ∂Φ ∂Φ<br />

L ( Φ)<br />

= a ⋅ + b ⋅ + c ⋅ + d ⋅ + e ⋅ + f ⋅ Φ = g<br />

(1.1)<br />

2<br />

2<br />

∂x<br />

∂x∂y<br />

∂y<br />

∂x<br />

∂y<br />

una classificazione matematica delle EDP si effettua sul segno del <strong>di</strong>scriminante ∆ = b 2 – 4ac, si ha<br />

infatti:<br />

se ∆ < 0<br />

se ∆ = 0<br />

se ∆ > 0<br />

l’equazione si <strong>di</strong>ce ellittica<br />

l’equazione si <strong>di</strong>ce parabolica<br />

l’equazione si <strong>di</strong>ce iperbolica<br />

2 2<br />

∂ ∂<br />

I problemi stazionari sono retti da equazioni <strong>di</strong> tipo ellittico, L()<br />

= + ; esempio <strong>di</strong> un<br />

2 2<br />

∂x<br />

∂y<br />

problema parabolico è l’equazione del calore in un transitorio termico (con derivata prima<br />

2<br />

∂ ∂<br />

temporale), L() = −k<br />

⋅ + ; esempio <strong>di</strong> un problema iperbolico è la propagazione <strong>di</strong> onde lungo<br />

2<br />

∂x<br />

∂t<br />

2 2<br />

2 ∂ ∂<br />

una barra L()<br />

= −c<br />

⋅ + . Si <strong>di</strong>mostra (eseguendo dei cambi <strong>di</strong> variabile) che un’equazione<br />

2 2<br />

∂x<br />

∂t<br />

iperbolica possiede due famiglie <strong>di</strong> linee caratteristiche (linee sulle quali si propaga un’eventuale<br />

<strong>di</strong>scontinuità della soluzione), un’equazione parabolica ha solo una famiglia <strong>di</strong> linee caratteristiche,<br />

un’equazione ellittica non ha linee caratteristiche. Non avendo linee caratteristiche, i problemi<br />

associati ad un operatore ellittico (esempio asta in trazione, membrana…) non possono avere<br />

soluzioni <strong>di</strong>scontinue.<br />

5


Introduzione al metodo degli Elementi Finiti Cap. 1<br />

3. Necessità della risoluzione numerica<br />

In generale, non è possibile ricavare per via analitica una soluzione dalla (1.1). I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

integrazione analitica <strong>di</strong>sponibili (trasformate <strong>di</strong> Fourier e <strong>di</strong> Laplace, sviluppo in serie <strong>di</strong><br />

autofunzioni, separazione delle variabili) sono <strong>di</strong> limitata apllicabilità. Peraltro, anche nel caso che si<br />

conoscesse l’integrale generale, non è poi detto che si riesca a determinare un integrale particolare.<br />

Per ottenere quest’ultimo bisogna infatti assegnare opportune con<strong>di</strong>zioni sulla soluzione (e/o sulle<br />

sue derivate) sulla frontiera del dominio.<br />

Da ciò segue l’importanza <strong>di</strong> <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> meto<strong>di</strong> numerici che permettano <strong>di</strong> costruire<br />

un’approssimazione<br />

Φ<br />

n<br />

della soluzione esatta Φ e <strong>di</strong> valutare, in una qualche norma, l’errore<br />

Φ n<br />

− Φ che si commette sostituendo alla soluzione esatta quella approssimata. L’intero positivo N<br />

denota la <strong>di</strong>mensione (finita) del problema approssimato.<br />

Vi sono vari meto<strong>di</strong> utilizzati per la risoluzione numerica <strong>di</strong> una EDP. Molto comune è il metodo<br />

delle <strong>di</strong>fferenze finite che approssima l’equazione <strong>di</strong>fferenziale me<strong>di</strong>ante <strong>di</strong>fferenze finite, lasciando<br />

il sistema continuo. I svantaggi del metodo delle <strong>di</strong>fferenze finite si avvertono nell’approssimazione<br />

<strong>di</strong> un dominio bi<strong>di</strong>mensionale, che può avvenire solamente in modo rozzo con celle quadrate, ed<br />

all’atto dell’imposizione delle con<strong>di</strong>zioni al contorno sulle derivate, che richiedono l’introduzione<br />

artificiosa <strong>di</strong> altri no<strong>di</strong>. Il metodo degli elementi finiti è il duale del metodo delle <strong>di</strong>fferenze finite, nel<br />

senso che mentre il secondo approssima le equazioni <strong>di</strong>fferenziali applicate al continuo intatto, il<br />

primo <strong>di</strong>scretezza il continuo a cui applica le equazioni esatte. L’utilizzo <strong>di</strong> elementi <strong>di</strong>storti porta ad<br />

una approssimazione molto precisa delle frontiere, inoltre applicando le equazioni esatte in forma<br />

variazionale, le con<strong>di</strong>zioni al contorno naturali sono automaticamente sod<strong>di</strong>sfatte, e quelle essenziali<br />

si impongono all’atto della soluzione del sistema. Il metodo delle <strong>di</strong>fferenze finite torna utile nei<br />

problemi non stazionari, (sia parabolici che iperbolici) dove le equazioni <strong>di</strong>fferenziali vengono<br />

approssimate col metodo delle <strong>di</strong>fferenze finite nella variabile temporale (meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> Eulero per le<br />

equazioni paraboliche, meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> Newmark per le equazioni iperboliche).<br />

Un secondo metodo <strong>di</strong> risoluzione numerica <strong>di</strong> una EDP è il metodo <strong>di</strong> Rayleigh-Ritz. Questo<br />

metodo, come il metodo degli Elementi Finiti, risolve la EDP minimizzando il funzionale ad essa<br />

associata (se ne <strong>di</strong>scuterà nel prossimo paragrafo).<br />

6


Introduzione al metodo degli Elementi Finiti Cap. 1<br />

La variabile Φ viene approssimata con una combinazione lineare <strong>di</strong> funzioni note N i e parametri<br />

incogniti<br />

Φ<br />

i<br />

Φ =<br />

n<br />

∑ N i<br />

i=<br />

1<br />

⋅ Φ<br />

i<br />

(1.2)<br />

le funzioni N i devono essere scelte in modo da sod<strong>di</strong>sfare le con<strong>di</strong>zioni essenziali nell’intero dominio<br />

del sistema. Sostituita la funzione approssimata nel funzionale, se impone la stazionarietà. Ne risulta<br />

un sistema <strong>di</strong> n equazioni nelle n incognite<br />

Φ<br />

i<br />

.<br />

⎡<br />

⎢<br />

⎢<br />

⎢<br />

⎢<br />

⎢<br />

⎢<br />

⎢<br />

⎢<br />

⎣<br />

∂Π<br />

∂Φ<br />

1<br />

⎤<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎥<br />

⋮ ⎥ = 0 → K ⋅ Φ = F<br />

(1.3)<br />

⎥<br />

⎥<br />

∂Π ⎥<br />

∂Φ<br />

⎥<br />

n ⎦<br />

Poiché questo metodo richiede che nella scelta delle funzioni interpolanti siano sod<strong>di</strong>sfatte le<br />

con<strong>di</strong>zioni essenziali nell’intero dominio, il metodo <strong>di</strong> Rayleigh-Ritz trova applicazione soltanto con<br />

geometrie particolarmente semplici (ad esempio nello stu<strong>di</strong>o dell’instabilità per imbozzamento <strong>di</strong><br />

lastre rettangolari).<br />

Il metodo degli elementi finiti è una sottoclasse del metodo <strong>di</strong> Rayleigh-Ritz, in cui le funzioni<br />

interpolanti N i sono definite non nell’intero dominio A, ma in sottodomini Ae, detti elementi finiti,<br />

ottenuti per <strong>di</strong>scretizzazione <strong>di</strong> A. In questo modo si supera lo svantaggio del metodo <strong>di</strong> Rayleigh-<br />

Ritz, che era limitato a domini <strong>di</strong> forma semplice. Il metodo degli Elementi Finiti fu introdotto per la<br />

prima volta dal prof. Turner nel 1956 per l’analisi <strong>di</strong> problemi <strong>di</strong> elasticità piana come sviluppo del<br />

calcolo matriciale.<br />

7


Introduzione al metodo degli Elementi Finiti Cap. 1<br />

4. La formulazione debole per problemi stazionari<br />

La formulazione forte (formulazione <strong>di</strong>fferenziale) non è in genere adeguata, alla ricerca della<br />

soluzione fisica del problema per l’elevato or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> derivazione richiesto. Come esempio si<br />

consideri l’equazione <strong>di</strong> un filo elastico. Questa ricavata considerando il carico <strong>di</strong>stribuito su tutta la<br />

linea (equazione della linea funicolare), se ho un carico concentrato la soluzione fisica esiste, ma non<br />

è soluzione del modello matematico assunto (la soluzione è continua ma non derivabile con<br />

continuità). Serve una formulazione alternativa che consenta <strong>di</strong> ridurre l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> derivazione<br />

richiesto alla funzione incognita. Tramite una serie <strong>di</strong> passaggi matematici (tra cui la moltiplicazione<br />

per una funzione test ed un’integrazione per parti) si passa da un problema <strong>di</strong>fferenziale <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne 2m<br />

ad uno in forma integrale <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne m. Questo problema viene definito come formulazione debole del<br />

problema <strong>di</strong>fferenziale. Ad esempio il problema del filo elastico in formulazione forte:<br />

2<br />

d Φ<br />

− =<br />

2<br />

dx<br />

w(0)<br />

= 0<br />

f ( x)<br />

per<br />

Φ(<br />

l)<br />

= 1<br />

0 < x < l<br />

viene ricondotto alla formulazione debole: cercare Φ nello spazio V tale che<br />

l<br />

l<br />

⎡1<br />

dv<br />

⎤<br />

2<br />

J ( Φ)<br />

= min J ( v)<br />

= min⎢<br />

∫ ( ) dx − ∫ v ⋅ fdx⎥<br />

per ogni v (funzione test) appartenente allo spazio V.<br />

⎣2<br />

dx<br />

0 0 ⎦<br />

se Φ è soluzione del problema variazionale, allora la formulazione forte è equivalente alla debole.<br />

Bisogna definire ora qual è lo spazio in cui si cerca la soluzione. Dato che si deve integrare una<br />

funzione derivata m volte, si potrebbe imporre che V sia lo spazio C m (derivabile con continuità sino<br />

all’or<strong>di</strong>ne m) tuttavia si è visto che la derivata <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne m può non essere continua. Se m è l’or<strong>di</strong>ne<br />

<strong>di</strong> derivazione presente nel problema variazionale, si <strong>di</strong>mostra che lo spazio V in cui cercare la<br />

soluzione è lo spazio <strong>di</strong> Sobolev H m . A <strong>di</strong>fferenza dello spazio C m , spazio delle funzioni continue con<br />

derivata continua sino all’or<strong>di</strong>ne m, lo spazio H m contiene anche le funzioni continue ma con derivata<br />

<strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne m non continua in un numero finito <strong>di</strong> punti [L10].<br />

8


Introduzione al metodo degli Elementi Finiti Cap. 1<br />

Nel caso <strong>di</strong> problemi <strong>di</strong> elasticità il funzionale da minimizzare sarà l’energia potenziale elastica, e lo<br />

spazio delle funzioni test V, racchiude tutte le funzioni <strong>di</strong> spostamento ammissibili.<br />

Si può infatti <strong>di</strong>mostrare che:<br />

tra tutti i campi <strong>di</strong> spostamento ammissibili, quello che sod<strong>di</strong>sfa le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> equilibrio rende<br />

l’energia potenziale del sistema stazionaria e minima.<br />

Da questo principio, <strong>di</strong>scendono meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> soluzione algebrica, per problemi <strong>di</strong> elasticità, che<br />

interpolano la funzione spostamento, da cui il nome <strong>di</strong> metodo degli spostamenti.<br />

Si possono formulare meto<strong>di</strong> basati sulla stazionarietà <strong>di</strong> altri funzionali. Se il principio <strong>di</strong> minima<br />

energia potenziale, permetteva <strong>di</strong> ottenere una formulazione variazionale che determina la rigidezza<br />

<strong>di</strong> un sistema, il principio <strong>di</strong> minima energia complementare ne determina la flessibilità.<br />

Π<br />

p<br />

=<br />

1<br />

2<br />

∫<br />

V<br />

ε<br />

T<br />

⋅ D ⋅ε<br />

⋅ dV −<br />

∫<br />

V<br />

s<br />

T<br />

⋅ F ⋅ dV −<br />

∫<br />

Γf<br />

s<br />

T<br />

⋅ f<br />

⋅ dΓ<br />

(EPT) (1.4)<br />

Π<br />

c<br />

=<br />

1<br />

2<br />

∫<br />

V<br />

σ<br />

T<br />

⋅ D<br />

−1<br />

⋅σ<br />

⋅ dV −<br />

∫<br />

Γf<br />

f<br />

T<br />

⋅t<br />

⋅ dΓ<br />

(ECT) (1.5)<br />

Il principio afferma che:<br />

tra tutti gli stati tensionali che sod<strong>di</strong>sfano le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> equilibrio all’interno del sistema e le<br />

tensioni imposte sul contorna, lo stato <strong>di</strong> tensione che sod<strong>di</strong>sfa anche la congruenza rende<br />

stazionaria e minima l’energia complementare totale.<br />

Da questo principio <strong>di</strong>scende il metodo delle forze. Pensando ad una soluzione automatizzata, si fa<br />

notare che si ottiene un metodo più complesso e meno intuitivo, rispetto al metodo degli spostamenti.<br />

Infatti, anche se il calcolo delle tensioni risulta più accurato, la costruzione <strong>di</strong> un modello <strong>di</strong> forze<br />

equilibrato, è molto più complicato rispetto ad una costruzione <strong>di</strong> un modello <strong>di</strong> spostamenti<br />

compatibile.<br />

9


Introduzione al metodo degli Elementi Finiti Cap. 1<br />

Mostriamo ora per il caso <strong>di</strong> una mensola su <strong>di</strong> un terreno elastico che la formulazione debole<br />

equivale alla formulazione forte. L’equazione <strong>di</strong>fferenziale della trave è data da:<br />

EJw<br />

IV<br />

− p + k<br />

f<br />

w = 0<br />

dove con w si è in<strong>di</strong>cato lo spostamento trasversale della trave, con p un carico <strong>di</strong>stribuito e con K f la<br />

costante <strong>di</strong> sottofondo. Le con<strong>di</strong>zioni essenziali si impongono su w e w I al contorno vincolato<br />

cinematicamente. L’energia potenziale è somma dell’energia <strong>di</strong> deformazione elastica della trave e<br />

delle molle che schematizzano il terreno meno il lavoro dei carichi esterni:<br />

Π(<br />

w)<br />

=<br />

l<br />

∫<br />

EJ<br />

2<br />

k<br />

w<br />

l 2 l<br />

II 2<br />

f<br />

( w ) dx + ∫ dx − ∫ pwdx<br />

2<br />

0 0<br />

0<br />

Per minimizzare il funzionale si impone che la variazione prima sia nulla:<br />

l<br />

II II<br />

( EJw δw<br />

+ k wδw<br />

− p )<br />

δ Π( w)<br />

= ∫ f<br />

δw dx = 0<br />

0<br />

Si integra ora per parti l’energia flessionale, tenendo presente che δw II = δ(δw I ) I<br />

l<br />

II II<br />

II I<br />

l<br />

∫ EJw δ w dx = EJw δw<br />

−<br />

0 ∫<br />

0<br />

l<br />

0<br />

EJw<br />

III<br />

δw<br />

I<br />

dx<br />

e si integra ancora per parti l’ultimo termine della<br />

l<br />

III I<br />

III<br />

l<br />

∫ EJw δ w dx = EJw δw<br />

−<br />

0 ∫<br />

0<br />

l<br />

0<br />

EJw<br />

IV<br />

δwdx<br />

10


Introduzione al metodo degli Elementi Finiti Cap. 1<br />

si ottiene che<br />

l<br />

∫<br />

0<br />

II<br />

EJw δw<br />

II<br />

l<br />

dx = ∫ EJw<br />

0<br />

IV<br />

δwdx<br />

+<br />

II I<br />

EJw δw<br />

l<br />

0<br />

−<br />

EJw<br />

III<br />

δw<br />

l<br />

0<br />

la variazione prima <strong>di</strong>viene quin<strong>di</strong>:<br />

l<br />

IV<br />

II I<br />

l<br />

III<br />

l<br />

∫ ( EJw − p + k<br />

f<br />

w) δ wdx + EJw δw<br />

− EJw δw<br />

= 0<br />

0<br />

0<br />

0<br />

Essendo ora la variazione dw arbitraria, ed ipotizzando che le con<strong>di</strong>zioni essenziali siano <strong>di</strong> incastro<br />

all’estremo x = 0 (le variazioni per x = 0 devono quin<strong>di</strong> essere nulle) si ottengono le equazioni:<br />

EJw<br />

IV<br />

− p + k<br />

f<br />

w = 0<br />

equazione <strong>di</strong>fferenziale <strong>di</strong> equilibrio<br />

II<br />

III<br />

EJw = 0 EJw = 0 con<strong>di</strong>zioni al contorno naturali<br />

l<br />

l<br />

5. PSV applicato ad un continuo sud<strong>di</strong>viso in elementi<br />

Occupiamoci ora della meccanica del continuo ed applichiamo il principio degli spostamenti virtuali<br />

ad un continuo sud<strong>di</strong>viso in elementi. Consideriamo il generico elemento ‘e’:<br />

e<br />

S f,e<br />

S s,e<br />

S i,e<br />

Figura 1.3: Divisione <strong>di</strong> un continuo in elementi finiti<br />

11


Introduzione al metodo degli Elementi Finiti Cap. 1<br />

L’elemento possiede in generale un tratto <strong>di</strong> superficie S s,e in cui sono applicate le con<strong>di</strong>zioni al<br />

contorno essenziali, un tratto S f,e in cui sono applicate le con<strong>di</strong>zioni al contorno naturali, ed un tratto<br />

S i,e in comune con gli altri elementi (superficie d’interfaccia).<br />

Il funzionale energia potenziale elastica per l’elemento ‘e’ si scrive:<br />

Π<br />

p<br />

∫<br />

∫<br />

∫<br />

( s)<br />

= ε ⋅σ<br />

dV − s ⋅ F dV − s ⋅ f dS − s ⋅ f dS − s ⋅t<br />

dS<br />

(1.6)<br />

Ve<br />

T<br />

Ve<br />

T<br />

Sf , e<br />

T<br />

∫<br />

Ss,<br />

e<br />

T<br />

∫<br />

Si,<br />

e<br />

T<br />

Dove t sono le tensioni interelementari, f le reazioni vincolari, f le forze <strong>di</strong> superficie, F le forze <strong>di</strong><br />

volume. Nella classe delle soluzioni congruenti, il funzionale Π p (s) è stazionario in corrispondenza <strong>di</strong><br />

una soluzione equilibrata. La stazionarietà viene imposta imponendo che sia nulla la variazione delle<br />

funzionale per una variazione congruente δs:<br />

∫<br />

Ve<br />

T<br />

∫<br />

∫<br />

δ ε ⋅σ<br />

dV = δ s ⋅ F dV + δ s ⋅ f dS + δ s ⋅ f dS + δ s ⋅ t dS<br />

(1.7)<br />

Ve<br />

T<br />

Sf , e<br />

T<br />

∫<br />

Ss,<br />

e<br />

T<br />

∫<br />

Si,<br />

e<br />

T<br />

Dovendo la variazione verificare la congruenza, δ s = 0 sul contorno dove si impongono le con<strong>di</strong>zioni<br />

essenziali (S s ,e) per cui il terzo integrale a secondo membro della (1.7) deve essere nullo. La<br />

continuità del campo <strong>di</strong> spostamenti richiede inoltre che non vi siano lacerazioni e compenetrazioni<br />

tra gli elementi (δs e s sono gli stessi sulla superficie d’interfaccia per elementi a<strong>di</strong>acenti).<br />

Sommando sui vari elementi:<br />

∑ ∫<br />

e<br />

Ve<br />

T<br />

∑ ∫<br />

∑ ∫<br />

δ ε ⋅σ<br />

dV = δ s ⋅ F dV + δ s ⋅ f dS + δ s ⋅t<br />

dS<br />

(1.8)<br />

e<br />

Ve<br />

T<br />

e<br />

Sf , e<br />

T<br />

∑ ∫<br />

e<br />

Si,<br />

e<br />

T<br />

ma dato che le forze interelementari tra un elemento ed il suo a<strong>di</strong>acente sono uguali in modulo ed<br />

opposte in segno per il principio <strong>di</strong> azione e reazione, e che gli spostamenti dell’interfaccia devono<br />

essere continui, la somma del lavoro delle forze interelementari risulta nullo.<br />

12


Introduzione al metodo degli Elementi Finiti Cap. 1<br />

∑ ∫<br />

e Si,<br />

e<br />

T<br />

δ s ⋅t<br />

dS ≡ 0 (ipotesi <strong>di</strong> continuità degli spostamenti sull’interfaccia) (1.9)<br />

L’equazione si riduce quin<strong>di</strong> a:<br />

∑ ∫<br />

e<br />

Ve<br />

T<br />

∑ ∫<br />

T<br />

∑ ∫<br />

δ ε ⋅σ<br />

dV = δ s ⋅ F dV + δ s ⋅ f dS<br />

(1.10)<br />

e Ve<br />

e Sf , e<br />

T<br />

Si assumono ora come incognite gli spostamenti in un numero finito <strong>di</strong> punti, detti ‘no<strong>di</strong>’. Questi<br />

punti formano un reticolo che sud<strong>di</strong>vidono la struttura in un numero finito <strong>di</strong> elementi. Gli<br />

spostamenti all’interno degli elementi vengono espressi me<strong>di</strong>ante interpolazione degli spostamenti<br />

nodali corrispondenti all’elemento (S).<br />

s = N ⋅ S<br />

(1.11)<br />

ε = L(<br />

s)<br />

= L(<br />

N)<br />

⋅ S = B ⋅ S<br />

(1.12)<br />

σ = D ⋅ε<br />

= ( D ⋅ B)<br />

⋅ S = E ⋅ S<br />

(1.13)<br />

Dove N è la matrice delle funzioni <strong>di</strong> forma, B è la matrice <strong>di</strong> congruenza interna dell’elemento, D<br />

è la matrice delle costanti elastiche ed L () è un operatore <strong>di</strong> congruenza che lega gli spostamenti alle<br />

deformazioni, la sua forma <strong>di</strong>pende dal tipo <strong>di</strong> problema in esame. Le quantità <strong>di</strong> sinistra <strong>di</strong>pendono<br />

dalla posizione all’interno dell’elemento tramite le matrici N , B , E in cui vi è la <strong>di</strong>pendenza dalle<br />

coor<strong>di</strong>nate. Il vettore S raccoglie le incognite nodali. Lo spostamento è stato interpolato tramite delle<br />

funzioni <strong>di</strong> forma che <strong>di</strong>pendono strettamente dal tipo <strong>di</strong> elemento finito usato. La variazione è:<br />

δ ε = B ⋅δ S<br />

(1.14)<br />

13


Introduzione al metodo degli Elementi Finiti Cap. 1<br />

per cui la (1.8) si può scrivere come:<br />

∑ ∫<br />

e<br />

Ve<br />

T<br />

T<br />

∑ ∫<br />

T<br />

T<br />

δ S ⋅ B ⋅ D ⋅ B ⋅ S dV = δ S ⋅ N ⋅ F dV + δ S ⋅ N ⋅ f dS<br />

(1.15)<br />

∑ ∫<br />

e Ve<br />

e Sf , e<br />

T<br />

T<br />

portando i vettori delle incognite nodali fuori dagli integrali si ottiene:<br />

T<br />

∑ ∫<br />

T<br />

∑ ∫<br />

T<br />

δ S ⋅ B ⋅ D ⋅ B dV ⋅ S = δ S ⋅ N ⋅ F dV + δ S ⋅ N ⋅ f dS<br />

(1.16)<br />

e<br />

Ve<br />

T<br />

∑ ∫<br />

e Ve<br />

e Sf , e<br />

T<br />

T<br />

dovendo questa essere verificata per una generica variazione, deve essere:<br />

∑ ∫<br />

e<br />

Ve<br />

B<br />

T<br />

⋅ D ⋅ B<br />

dV ⋅ S =<br />

∑ ∫<br />

N<br />

T<br />

⋅ F<br />

dV +<br />

∑ ∫<br />

e Ve<br />

e Sf , e<br />

N<br />

T<br />

⋅ f<br />

dS<br />

(1.17)<br />

Interpretando le sommatorie come l’operazione <strong>di</strong> assemblaggio, si giunge al sistema lineare:<br />

K ⋅ S = F + f<br />

(1.18)<br />

t<br />

t<br />

t<br />

t<br />

dove S t raccoglie tutti gli spostamenti incogniti, K t è la matrice <strong>di</strong> rigidezza totale, F t e f t sono le forze<br />

nodali equivalenti totali.<br />

∑<br />

∑ ∫<br />

K = K = B ⋅ D ⋅ B dV<br />

(1.19)<br />

t<br />

e<br />

e<br />

e<br />

Ve<br />

T<br />

∑<br />

∑ ∫<br />

F = F = N ⋅ F dV<br />

(1.20)<br />

t<br />

e<br />

e<br />

e<br />

Ve<br />

T<br />

f<br />

t<br />

=<br />

∑<br />

e<br />

f<br />

e<br />

=<br />

∑ ∫<br />

e<br />

Sf , e<br />

N<br />

T<br />

⋅ f<br />

dS<br />

(1.21)<br />

Ogni elemento finito possiede le sue particolari matrici.<br />

14


Introduzione al metodo degli Elementi Finiti Cap. 1<br />

6. Convergenza del metodo<br />

I criteri <strong>di</strong> convergenza del metodo degli elementi finiti sono stati formulati da Bazeley nel 1967.<br />

Con<strong>di</strong>zione necessaria perché si abbia convergenza è che le funzioni <strong>di</strong> forma assunte sod<strong>di</strong>sfino il<br />

requisito <strong>di</strong> completezza. Se il massimo or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> derivazione nel funzionale è m, le funzioni <strong>di</strong><br />

forma devono essere dei polinomi completi <strong>di</strong> grado m. Questo perché l’elemento deve poter<br />

rappresentare stati <strong>di</strong> deformazione costante e stati <strong>di</strong> deformazione nulla (moti rigi<strong>di</strong>).<br />

Nel caso <strong>di</strong> elementi <strong>di</strong> lastra (stato piano <strong>di</strong> sforzo), il massimo or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> derivazione nel funzionale<br />

è 1, per cui è sufficiente un polinomio <strong>di</strong> tipo u<br />

α + α ⋅ x + ⋅ y , v α + α ⋅ x + ⋅ y<br />

=<br />

1 2<br />

α<br />

3<br />

=<br />

4 5<br />

α<br />

6<br />

E’ chiaro che lo stato <strong>di</strong> deformazione costante è sicuramente rappresentato, essendo le funzioni<br />

spostamento lineari e complete. I moti <strong>di</strong> traslazione nei versi coor<strong>di</strong>nati vengono rappresentati si<br />

hanno quando α<br />

2<br />

= α<br />

3<br />

= α<br />

5<br />

= α<br />

6<br />

= 0 , i moti rotatori quandoα 1<br />

= α<br />

2<br />

= α<br />

4<br />

= α<br />

6<br />

= 0 e α<br />

3<br />

= −α<br />

5<br />

.<br />

Se alla completezza viene aggiunta la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> compatibilità (o conformità) si <strong>di</strong>mostra che la<br />

convergenza è assicurata in modo monotono. Per avere compatibilità vi deve essere continuità C m<br />

all’interno dell’elemento e continuità C m-1 all’interfaccia tra due elementi. Per problemi <strong>di</strong> elasticità<br />

piana sono sufficienti funzioni con continuità C 1 all’interno e C 0 all’interfaccia, nel caso <strong>di</strong> elementi<br />

inflessi però il requisito sale a C 2 all’interno e C 1 all’interfaccia, con<strong>di</strong>zione abbastanza facile da<br />

rispettare nel caso <strong>di</strong> elementi tipo trave, più <strong>di</strong>fficile per elementi <strong>di</strong> tipo piastra o guscio.<br />

Per un elemento compatibile e completo la convergenza è assicurata in modo monotono. Inoltre se si<br />

esamina un parametro nodale avente una sorgente concentrata (forza concentrata) nello stesso nodo,<br />

la convergenza risulta dal basso. Se la sorgente è <strong>di</strong> tipo <strong>di</strong>ffuso (forze <strong>di</strong> volume), la convergenza è<br />

sempre monotona, ma può avvenire dal basso o dall’alto senza regole precise.<br />

La completezza è una caratteristica essenziale per una corretta scelta delle funzioni interpolanti. La<br />

compatibilità può in parte venire <strong>di</strong>sattesa, senza pregiu<strong>di</strong>care la convergenza del metodo. Elementi<br />

incompatibili si usano, ad esempio, nell’analisi <strong>di</strong> piastre e gusci (elementi ACM, BCIZ). Questi<br />

elementi vanno sottoposti al cosiddetto Patch-Test: un’indagine per verificare la convergenza <strong>di</strong> un<br />

elemento introdotta per la prima volta dal prof. Irons [L1, L5, L10, L11]. Se la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

completezza è verificata per il singolo elemento, non è detto, infatti, che lo sia anche per gli elementi<br />

assemblati.<br />

15


Introduzione al metodo degli Elementi Finiti Cap. 1<br />

Il Patch-Test consiste nel sottoporre una maglia non regolare <strong>di</strong> pochi elementi con almeno un nodo<br />

interno ad uno stato <strong>di</strong> deformazione noto e verificare la bontà del risultato.<br />

7. Proprietà delle funzioni <strong>di</strong> forma.<br />

Gli elementi finiti hanno una forma che <strong>di</strong>pende dal problema da esaminare. Elementi<br />

mono<strong>di</strong>mensionali vengono usati per problemi con una sola variabile in<strong>di</strong>pendente; elementi<br />

bi<strong>di</strong>mensionali, <strong>di</strong> forma triangolare e quadrangolare, per problemi con 1 o 2 variabili in<strong>di</strong>pendenti<br />

(piastre o lastre); elementi tri<strong>di</strong>mensionali, <strong>di</strong> forma tetraedrica, prismatica ed esaedrica, per problemi<br />

con 3 variabili in<strong>di</strong>pendenti. Gli elementi sono collegati tra loro in punti particolari, detti no<strong>di</strong>.<br />

All’elemento finito è associato il concetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>scretizzazione del continuo, operazione me<strong>di</strong>ante la<br />

quale il dominio <strong>di</strong> definizione viene sud<strong>di</strong>viso in una maglia <strong>di</strong> elementi finiti. Il contorno<br />

dell’elemento può essere approssimato in modo accurato usando elementi con lati curvi. La funzione<br />

incognita viene interpolata tramite una combinazione lineare <strong>di</strong> funzioni <strong>di</strong> forma, definite per ogni<br />

nodo dell’elemento. Le funzioni <strong>di</strong> forma devono possedere le seguenti proprietà [L1, L5]:<br />

- La funzione <strong>di</strong> forma<br />

calcolata negli altri no<strong>di</strong>.<br />

e<br />

N<br />

i<br />

relativa al nodo i dell’elemento, vale 1 se calcolata nel nodo i e 0 se<br />

- Per un generico elemento ad n no<strong>di</strong>, la somma delle funzioni <strong>di</strong> forma deve essere uguale ad 1<br />

(con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> completezza).<br />

- Il valore delle funzioni <strong>di</strong> forma dell’elemento e è nullo al <strong>di</strong> fuori dell’elemento e.<br />

- Perché l’elemento sia compatibile la soluzione approssimata deve essere C m all’interno<br />

dell’elemento e C m-1 sui bor<strong>di</strong>.<br />

Il polinomio interpolante deve poi essere scelto in modo che:<br />

- Il numero <strong>di</strong> termini del polinomio deve essere uguale al numero dei gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> libertà associati<br />

all’elemento. Se così non fosse il polinomio interpolante non sarebbe unico. Se ci sono più gdl per<br />

nodo, bisogna considerare i gdl in<strong>di</strong>pendenti tra loro.<br />

- I termini polinomiali debbono essere simmetrici rispetto all’asse <strong>di</strong> simmetria del triangolo <strong>di</strong><br />

Pascal.<br />

16


Formulazione dell’elemento finito tri<strong>di</strong>mensionale Cap. 2<br />

Capitolo 2<br />

Formulazione dell’elemento finito tri<strong>di</strong>mensionale<br />

1. Formulazione dell’elemento finito compatibile<br />

Per l’analisi ad elementi finiti <strong>di</strong> corpi soli<strong>di</strong>, sono <strong>di</strong>sponibili 3 famiglie <strong>di</strong> elementi. Gli elementi<br />

tetraedrici, che sono la generalizzazione nello spazio degli elementi triangolari piani, gli elementi<br />

esaedrici, che sono la generalizzazione degli elementi quadrilateri piani e gli elementi prismatici, che<br />

sono una combinazione <strong>di</strong> elementi triangolari e quadrilateri. In questo lavoro si sono utilizzati<br />

elementi finiti esaedrici a 8 no<strong>di</strong>.<br />

ρ<br />

1<br />

z<br />

y<br />

3<br />

2<br />

4<br />

6<br />

5<br />

8<br />

1<br />

5<br />

2 6<br />

4 8<br />

η<br />

ξ<br />

x<br />

7<br />

3<br />

7<br />

Elemento reale<br />

Elemento parente<br />

Figura 2.1: Elemento esaedrico a 8 no<strong>di</strong>.<br />

Ogni nodo dell’elemento possiede 3 gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> libertà, per cui la matrice <strong>di</strong> rigidezza del singolo<br />

elemento risulterà una 24 x 24. Si può fin d’ora notare come l’estensione da elementi finiti piani ai<br />

corrispondenti elementi soli<strong>di</strong>, non comporta grosse novità dal punto <strong>di</strong> vista teorico, ma causa un<br />

sostanziale aumento delle incognite e quin<strong>di</strong> della richiesta macchina (memoria e tempo <strong>di</strong><br />

esecuzione).<br />

17


Formulazione dell’elemento finito tri<strong>di</strong>mensionale Cap. 2<br />

La matrice <strong>di</strong> rigidezza dell’elemento finito solido in questione possiede infatti 24 x 24 = 576<br />

elementi, contro (2 x 4) x (2 x 4) = 64 del corrispondente elemento piano (Isop4).<br />

Ad ogni nodo le incognite sono costituite dagli spostamenti nelle tre <strong>di</strong>rezioni cartesiane X, Y, Z<br />

visibili in figura 2.1. I parametri nodali che definiscono lo spostamento in una <strong>di</strong> queste <strong>di</strong>rezioni<br />

sono in numero <strong>di</strong> 8 (uno spostamento per nodo), dato che lo spostamento in una <strong>di</strong>rezione, risulta<br />

in<strong>di</strong>pendente dagli spostamenti nelle altre 2 <strong>di</strong>rezioni, il polinomio interpolante deve contenere 8<br />

termini del triangolo <strong>di</strong> Pascal. I primi 7 sono facilmente in<strong>di</strong>viduabili e sono 1 (il termine costante),<br />

x, y, z, xy, yz, zx. Il settimo deve essere scelto tra i polinomi <strong>di</strong> grado cubico, dovendo rispettare la<br />

simmetria nel triangolo <strong>di</strong> Pascal (isotropia geometrica) e dovendo contenere termini lineari nelle tre<br />

coor<strong>di</strong>nate (spostamento lungo gli spigoli lineare), il solo termine adatto è xyz.<br />

Volendo che l’elemento sia compatibile, e volendo rappresentare geometrie anche non regolari, è<br />

richiesta una trasformazione parametrica (figura 2.1) che trasformi l’elemento reale <strong>di</strong>storto in un<br />

elemento parente regolare <strong>di</strong> lato 2, passando dal riferimento x, y, z a quello nelle coor<strong>di</strong>nate ξ, η, ρ.<br />

Definendo la trasformazione tramite le stesse funzioni <strong>di</strong> forma utilizzate in seguito per descrivere le<br />

incognite nodali, la trasformazione viene detta isoparamentrica. Una volta definita la trasformazione<br />

è possibile scrivere le funzioni <strong>di</strong> forma per l’elemento regolare nelle coor<strong>di</strong>nate ξ, η, ρ.<br />

Le funzioni <strong>di</strong> forma <strong>di</strong> questo elemento sono ricavabili tramite il proce<strong>di</strong>mento algebrico<br />

generalizzato: imposizione che nel nodo i lungo la <strong>di</strong>rezione j l’incognita Φ valga Φ ij . Questo metodo<br />

però, applicabile per l’elemento piano CST ed in genere a qualsiasi elemento, risulta molto laborioso<br />

date le <strong>di</strong>mensioni delle matrici in causa. E’ preferibile utilizzare meto<strong>di</strong> meno meccanici e più<br />

intuitivi. In questo caso, ricordandoci le proprietà <strong>di</strong> una funzione <strong>di</strong> forma descritte al punto 7 del<br />

capitolo precedente, posso scrivere la funzione del nodo i come produttoria delle equazioni dei 3<br />

piani che passano per tutti gli altri no<strong>di</strong> (in questo modo sono sicuro che negli altri no<strong>di</strong> la funzione <strong>di</strong><br />

forma è nulla) e poi imporre che sia unitaria nel nodo i. Così facendo si ricavano le 8 funzioni <strong>di</strong><br />

forma, che possono essere scritte in forma compatta [L1, L3, L5, L7, L8]:<br />

N<br />

i<br />

1<br />

= ⋅<br />

i<br />

i<br />

1<br />

8<br />

( 1+<br />

ξ ⋅ξ<br />

) ⋅ ( 1+<br />

η ⋅η<br />

) ⋅ ( + ρ ⋅ ρ )<br />

i<br />

(2.1)<br />

dove ξ i , η i , ρ i sono le coor<strong>di</strong>nate del generico nodo i (o +1 o –1).<br />

18


Formulazione dell’elemento finito tri<strong>di</strong>mensionale Cap. 2<br />

Organizzando il vettore delle incognite secondo il seguente schema:<br />

Nodo 1 1, 2, 3. (u, v, w – spostamento in x, y, z)<br />

Nodo 2 4, 5, 6.<br />

…<br />

…<br />

Nodo 8 22, 23, 24<br />

Si nota la relazione, che tornerà utile in fase <strong>di</strong> programmazione, tra i gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> libertà associati ad un<br />

nodo, ed il numero del nodo stesso:<br />

Gdl associato all’incognita u nel nodo nnodo = nnodo ⋅3 − 2<br />

Gdl associato all’incognita v nel nodo nnodo = nnodo ⋅3 −1<br />

Gdl associato all’incognita w nel nodo nnodo = nnodo ⋅3<br />

Il vettore delle funzioni <strong>di</strong> spostamento s (3x1) e quello delle incognite nodali q (24x1) sono i<br />

seguenti:<br />

⎡u(<br />

x,<br />

y,<br />

z)<br />

⎤<br />

s =<br />

⎢ ⎥<br />

⎢<br />

v(<br />

x,<br />

y,<br />

z)<br />

⎥<br />

⎢⎣<br />

w(<br />

x,<br />

y,<br />

z)<br />

⎥⎦<br />

⎡ u1<br />

⎤<br />

⎢ ⎥<br />

⎢<br />

v1<br />

⎥<br />

⎢w<br />

⎥<br />

1<br />

⎢ ⎥<br />

⎢u2<br />

⎥<br />

⎢v<br />

⎥<br />

2<br />

⎢ ⎥<br />

q = ⎢w2<br />

⎥<br />

(2.2)<br />

⎢ . ⎥<br />

⎢ ⎥<br />

⎢ . ⎥<br />

⎢<br />

u<br />

⎥<br />

⎢<br />

8<br />

⎥<br />

⎢ v8<br />

⎥<br />

⎢ ⎥<br />

⎣w8<br />

⎦<br />

Le incognite nodali rappresentano i pesi per cui devono essere moltiplicate le funzioni <strong>di</strong> forma per<br />

interpolare gli spostamenti. Avendo definito l’organizzazione del vettore q, si può ora costruire la<br />

matrice N.<br />

19


Formulazione dell’elemento finito tri<strong>di</strong>mensionale Cap. 2<br />

⎡N1<br />

0 0 N<br />

2<br />

0 0 . . . N8<br />

0 0 ⎤<br />

N =<br />

⎢<br />

⎥<br />

⎢<br />

0 N1<br />

0 0 N<br />

2<br />

0 . . . 0 N8<br />

0<br />

⎥<br />

(2.3)<br />

⎢⎣<br />

0 0 N<br />

⎥<br />

1<br />

0 0 N<br />

2<br />

. . . 0 0 N8<br />

⎦<br />

Questa matrice, definita nello spazio normalizzato ξ, η, ρ servirà sia per interpolare gli spostamenti<br />

che per la trasformazione isoparametrica.<br />

s = N ⋅ q<br />

(2.4)<br />

X = N ⋅ Ε<br />

(2.5)<br />

Essendo X il vettore delle coor<strong>di</strong>nate x, y, z e E quello delle coor<strong>di</strong>nate ξ, η, ρ. Per le proprietà delle<br />

funzioni <strong>di</strong> forma, si nota imme<strong>di</strong>atamente che al nodo i dell’elemento parente nello spazio<br />

normalizzato corrisponde, tramite la relazione (2.5), il nodo i dell’elemento reale. La trasformazione<br />

sarà biunivoca se l’elemento reale non è troppo <strong>di</strong>storto, ovvero se il determinante Jacobiano della<br />

trasformazione risulta <strong>di</strong>verso da zero. Come si sono riportati i no<strong>di</strong> dell’elemento dallo spazio<br />

normalizzato a quello reale, si possono riportare anche gli assi ξ, η, ρ. Si nota che le coor<strong>di</strong>nate<br />

cartesiane ξ, η, ρ dello spazio normalizzato, si trasformano in coor<strong>di</strong>nate curvilinee nello spazio<br />

reale.<br />

Dobbiamo ora definire le deformazioni. In uno stato <strong>di</strong> sforzo 3D le deformazioni da tenere in conto<br />

sono tutte e 6.<br />

ε<br />

x<br />

∂u<br />

=<br />

∂x<br />

γ<br />

xy<br />

∂u<br />

∂v<br />

= +<br />

∂y<br />

∂x<br />

∂v<br />

ε<br />

y<br />

=<br />

∂y<br />

∂v<br />

∂w<br />

γ<br />

yz<br />

= +<br />

(2.6)<br />

∂z<br />

∂y<br />

ε<br />

z<br />

∂w<br />

=<br />

∂z<br />

γ<br />

zx<br />

∂w<br />

∂u<br />

= +<br />

∂x<br />

∂z<br />

20


Formulazione dell’elemento finito tri<strong>di</strong>mensionale Cap. 2<br />

Organizzando il vettore delle funzioni <strong>di</strong> deformazione come:<br />

⎡ ε<br />

x ⎤<br />

⎢ ⎥<br />

⎢<br />

ε<br />

y<br />

⎥<br />

⎢ ε ⎥<br />

z<br />

ε = ⎢ ⎥<br />

(2.7)<br />

⎢γ<br />

xy ⎥<br />

⎢γ<br />

⎥<br />

yz<br />

⎢ ⎥<br />

⎢⎣<br />

γ<br />

zx ⎥⎦<br />

Si può ricavare l’operatore <strong>di</strong> congruenza che agendo sul vettore degli spostamenti s fornisce il<br />

vettore delle deformazioni ε secondo la relazione (1.10) :<br />

⎡∂<br />

⎢ ∂x<br />

⎢ 0<br />

⎢<br />

⎢ 0<br />

L = ⎢<br />

⎢<br />

∂<br />

∂y<br />

⎢<br />

⎢ 0<br />

⎢<br />

⎢<br />

∂<br />

⎣ ∂z<br />

0<br />

∂<br />

∂y<br />

0<br />

∂<br />

∂x<br />

∂<br />

∂z<br />

0<br />

0 ⎤<br />

⎥<br />

0 ⎥<br />

⎥<br />

∂ ⎥<br />

∂z<br />

⎥<br />

0 ⎥<br />

⎥<br />

∂<br />

∂y⎥<br />

⎥<br />

∂<br />

∂x⎥⎦<br />

(2.8)<br />

Facendo operare L sulla matrice N si ricava la matrice <strong>di</strong> congruenza interna dell’elemento finito B:<br />

⎡∂N<br />

⎢<br />

⎢<br />

∂x<br />

⎢ 0<br />

⎢<br />

⎢<br />

⎢ 0<br />

B = ⎢<br />

⎢∂N<br />

⎢ ∂y<br />

⎢<br />

⎢ 0<br />

⎢<br />

⎢∂N<br />

⎢<br />

⎣ ∂z<br />

1<br />

1<br />

1<br />

0<br />

∂N<br />

∂y<br />

0<br />

∂N<br />

∂x<br />

∂N<br />

∂z<br />

0<br />

1<br />

1<br />

1<br />

0<br />

0<br />

∂N<br />

∂z<br />

0<br />

1<br />

∂N<br />

∂y<br />

∂N<br />

∂x<br />

1<br />

1<br />

∂N<br />

∂x<br />

0<br />

0<br />

∂N<br />

∂y<br />

0<br />

2<br />

2<br />

∂N<br />

∂z<br />

2<br />

0<br />

∂N<br />

∂y<br />

0<br />

∂N<br />

∂x<br />

∂N<br />

∂z<br />

0<br />

2<br />

2<br />

2<br />

0<br />

0<br />

∂N<br />

∂z<br />

0<br />

2<br />

∂N<br />

∂y<br />

∂N<br />

∂x<br />

2<br />

2<br />

...<br />

...<br />

...<br />

...<br />

∂N<br />

∂x<br />

0<br />

0<br />

...<br />

∂N<br />

∂y<br />

0<br />

∂N<br />

8<br />

8<br />

8<br />

∂z<br />

0<br />

∂N<br />

∂y<br />

0<br />

∂N<br />

8<br />

8<br />

∂x<br />

∂N<br />

8<br />

∂z<br />

0<br />

0<br />

0<br />

∂N<br />

∂z<br />

0<br />

∂N<br />

8<br />

8<br />

∂y<br />

∂N<br />

8<br />

∂x<br />

⎤<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎦<br />

(2.9)<br />

21


Formulazione dell’elemento finito tri<strong>di</strong>mensionale Cap. 2<br />

Si nota che volendosi 6 deformazioni la matrice B possiede 6 righe ed avendosi 8 no<strong>di</strong> con 3<br />

incognite per nodo, la matrice B possiede 3 x 8 = 24 colonne. Le funzioni N i sono definite nelle<br />

coor<strong>di</strong>nate ξ, η, ρ dello spazio normalizzato, per cui le derivate che contiene la matrice B sono<br />

derivate <strong>di</strong> funzioni composte:<br />

∂N<br />

i<br />

∂x<br />

∂N<br />

i ∂ξ<br />

∂N<br />

i ∂η<br />

∂N<br />

i ∂ρ<br />

= + +<br />

∂ξ<br />

∂x<br />

∂η<br />

∂x<br />

∂ρ<br />

∂x<br />

(2.10)<br />

La trasformazione che permette <strong>di</strong> relazionare lo spazio reale con quello normalizzato, è scritta come<br />

X = X(ξ, η, ρ), la trasformazione inversa non è nota. Si preferisce quin<strong>di</strong> sviluppare le derivate nella<br />

forma:<br />

∂N<br />

i<br />

∂N<br />

i ∂x<br />

∂N<br />

i ∂y<br />

∂N<br />

i ∂y<br />

= + +<br />

(2.11)<br />

∂ξ<br />

∂x<br />

∂ξ<br />

∂y<br />

∂ξ<br />

∂y<br />

∂ξ<br />

In questo modo è possibile ricavare le derivate cercate risolvendo 8 sistemi lineari, uno per ogni<br />

funzione <strong>di</strong> forma:<br />

⎡∂N<br />

i<br />

⎤ ⎡ ∂x<br />

⎢ ⎥ ⎢<br />

⎢<br />

∂ξ<br />

⎥ ⎢<br />

∂ξ<br />

⎢∂N<br />

i ⎥ ⎢ ∂x<br />

=<br />

⎢ ∂η<br />

⎥ ⎢∂η<br />

⎢∂N<br />

⎥ ⎢<br />

i<br />

∂x<br />

⎢ ⎥ ⎢<br />

⎢⎣<br />

∂ρ<br />

⎥⎦<br />

⎢⎣<br />

∂ρ<br />

∂y<br />

∂ξ<br />

∂y<br />

∂η<br />

∂y<br />

∂ρ<br />

∂z<br />

⎤ ⎡∂N<br />

i<br />

⎤<br />

∂ξ<br />

⎥ ⎢ ⎥<br />

⎥ ⎢ ⎥<br />

∂z<br />

⎢<br />

∂ ∂<br />

⎥ N x i<br />

⋅ ⎥<br />

∂η<br />

⎥ ⎢ ∂y<br />

⎥<br />

∂z<br />

⎥ ⎢∂N<br />

⎥<br />

i<br />

⎥ ⎢ ⎥<br />

∂ρ<br />

⎥⎦<br />

⎣ ∂z<br />

⎦<br />

(2.12)<br />

Il vettore dei termini noti viene valutato come:<br />

⎡∂N<br />

i<br />

⎤ ⎡1<br />

⎤<br />

⎢ ⎥ ⎢ ξ + +<br />

⎥<br />

⎢<br />

∂<br />

i<br />

(1 ηηi<br />

)(1 ρρ )<br />

ξ<br />

i<br />

⎥ 8<br />

⎢<br />

⎥<br />

⎢∂N<br />

i ⎥ 1<br />

= ⎢ ηi<br />

(1 + ξξ<br />

i<br />

)(1 + ρρi<br />

) ⎥<br />

⎢ ∂η<br />

⎥ ⎢8<br />

⎥<br />

⎢∂N<br />

⎥ ⎢1<br />

i<br />

⎥<br />

⎢ ⎥ ⎢<br />

ρi<br />

(1 + ξξ<br />

i<br />

)(1 + ηηi<br />

)<br />

⎣<br />

⎥<br />

⎢⎣<br />

∂ρ<br />

⎥⎦<br />

8<br />

⎦<br />

(2.13)<br />

22


Formulazione dell’elemento finito tri<strong>di</strong>mensionale Cap. 2<br />

La matrice dei coefficienti è detta matrice Jacobiana (J) e <strong>di</strong>pende solamente dalla trasformazione:<br />

J<br />

⎡ ∂x<br />

⎢<br />

⎢<br />

∂ξ<br />

⎢<br />

⎢ ∂x<br />

= ⎢<br />

⎢∂η<br />

⎢<br />

⎢ ∂x<br />

⎢<br />

⎢⎣<br />

∂ρ<br />

∂y<br />

∂ξ<br />

∂y<br />

∂η<br />

∂y<br />

∂ρ<br />

∂z<br />

⎤ ⎡<br />

∂ξ<br />

⎥ ⎢<br />

⎥ ⎢<br />

⎥ ⎢<br />

∂z<br />

⎥ ⎢<br />

⎥ ⋅ ⎢<br />

∂η<br />

⎥ ⎢<br />

⎥ ⎢<br />

∂z<br />

⎥ ⎢<br />

⎥ ⎢<br />

∂ρ<br />

⎥⎦<br />

⎢⎣<br />

8<br />

∑<br />

i=<br />

1<br />

8<br />

∑<br />

i=<br />

1<br />

8<br />

∑<br />

i=<br />

1<br />

∂N<br />

i<br />

x<br />

∂ξ<br />

i<br />

∂N<br />

i<br />

x<br />

∂η<br />

i<br />

∂N<br />

i<br />

x<br />

∂ρ<br />

i<br />

8<br />

∑<br />

i=<br />

1<br />

8<br />

∑<br />

i=<br />

1<br />

8<br />

∑<br />

i=<br />

1<br />

∂N<br />

i<br />

y<br />

∂ξ<br />

i<br />

∂N<br />

i<br />

y<br />

∂η<br />

i<br />

∂N<br />

i<br />

y<br />

∂ρ<br />

i<br />

8<br />

∑<br />

i=<br />

1<br />

8<br />

∑<br />

i=<br />

1<br />

8<br />

∑<br />

i=<br />

1<br />

∂N<br />

i<br />

⎤<br />

zi<br />

∂ξ<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎥<br />

∂N<br />

⎥<br />

i<br />

zi<br />

⎥<br />

∂η<br />

⎥<br />

⎥<br />

∂N<br />

⎥<br />

i<br />

zi<br />

⎥<br />

∂ρ<br />

⎥⎦<br />

(2.14)<br />

Si nota che se la trasformazione è solamente un cambio <strong>di</strong> scala, la matrice Jacobiana <strong>di</strong>venta:<br />

J<br />

⎡a<br />

=<br />

⎢<br />

⎢<br />

0<br />

⎢⎣<br />

0<br />

0<br />

b<br />

0<br />

0⎤<br />

0<br />

⎥<br />

⎥<br />

c⎥⎦<br />

(2.15)<br />

Se l’elemento è <strong>di</strong>storto, sarà in generale una matrice piena. Per non avere fenomeni <strong>di</strong> ripiegamento<br />

durante la trasformazione (per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> biunivocità), viene richiesto che il determinante della matrice J<br />

sia strettamente maggiore <strong>di</strong> zero. Ricavata la matrice B si deve ora formare la matrice <strong>di</strong> rigidezza K<br />

dell’elemento finito, dalla relazione (1.18) si ha:<br />

K = B D B dV<br />

e ∫ ⋅ ⋅<br />

(2.16)<br />

Ve<br />

T<br />

Dove la matrice D è la matrice delle costanti elastiche del materiale:<br />

⎡1<br />

⎢<br />

⎢<br />

B<br />

⎢B<br />

D = A⋅<br />

⎢<br />

⎢0<br />

⎢0<br />

⎢<br />

⎣0<br />

B<br />

1<br />

B<br />

0<br />

0<br />

0<br />

B<br />

B<br />

1<br />

0<br />

0<br />

0<br />

0<br />

0<br />

0<br />

C<br />

0<br />

0<br />

0<br />

0<br />

0<br />

0<br />

C<br />

0<br />

0 ⎤<br />

0<br />

⎥<br />

⎥<br />

0 ⎥<br />

⎥<br />

0 ⎥<br />

0 ⎥<br />

⎥<br />

C<br />

⎦<br />

(2.17)<br />

23


Formulazione dell’elemento finito tri<strong>di</strong>mensionale Cap. 2<br />

E(1<br />

−υ)<br />

A =<br />

(1 + υ)(1<br />

− 2υ<br />

)<br />

υ<br />

B =<br />

( 1−υ)<br />

1−<br />

2υ<br />

C =<br />

(2.18)<br />

2(1 −υ)<br />

La matrice (2.17) e le costanti (2.18) sono valide in caso <strong>di</strong> elasticità lineare e <strong>di</strong> materiali isotropo (2<br />

costanti elastiche, E e ν). Se il materiale non fosse lineare, sarebbe necessario l’introduzione <strong>di</strong> una<br />

legge costitutiva che modelli le rigidezze del materiale a seconda dello stato <strong>di</strong> sforzo. Se il materiale<br />

fosse non isotropo, la matrice D conterrebbe più costanti elastiche e sarebbe scritta secondo un ben<br />

preciso sistema <strong>di</strong> assi <strong>di</strong> riferimento locale, si renderebbe quin<strong>di</strong> necessaria una rotazione degli assi<br />

dal sistema locale al sistema globale.<br />

La matrice B contiene però delle funzioni <strong>di</strong> ξ, η, ρ, per cui l’integrale va fatto con le coor<strong>di</strong>nate del<br />

dominio normalizzato che rappresentano, come già detto, un sistema <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nate curvilineo per<br />

l’elemento reale. L’elemento <strong>di</strong> volume infinitesimo può essere definito come:<br />

dV<br />

= ( dξ<br />

∧ dη)<br />

⋅ d ρ<br />

(2.19)<br />

I versori del sistema <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nate curvilinee può essere scritto riferendosi alla terna cartesiana,<br />

tramite gli incrementi delle funzioni x, y, z nelle <strong>di</strong>rezioni dei tre versori:<br />

∂x<br />

∂y<br />

∂z<br />

dξ<br />

= dξ<br />

⋅ i + dξ<br />

⋅ j + dξ<br />

⋅ k<br />

∂ξ<br />

∂ξ<br />

∂ξ<br />

∂x<br />

∂y<br />

∂z<br />

dη<br />

= dη<br />

⋅i<br />

+ dη<br />

⋅ j + dη<br />

⋅ k<br />

∂η<br />

∂η<br />

∂η<br />

(2.20)<br />

∂x<br />

∂y<br />

∂z<br />

dρ<br />

= dρ<br />

⋅i<br />

+ dρ<br />

⋅ j + dρ<br />

⋅ k<br />

∂ρ<br />

∂ρ<br />

∂ρ<br />

24


Formulazione dell’elemento finito tri<strong>di</strong>mensionale Cap. 2<br />

L’elemento infinitesimo <strong>di</strong> volume è:<br />

dV<br />

⎡ ∂x<br />

∂y<br />

∂z<br />

⎤ ⎡ ∂x<br />

∂y<br />

∂z<br />

⎤<br />

⎢ dξ<br />

dξ<br />

dξ<br />

ξ ξ ξ<br />

⎥ ⎢<br />

ξ ξ ξ<br />

⎥<br />

⎢<br />

∂ ∂ ∂<br />

⎥ ⎢<br />

∂ ∂ ∂<br />

⎥<br />

⎢<br />

⎥ ⎢<br />

⎥<br />

⎢ ∂x<br />

∂y<br />

∂z<br />

⎥ ⎢ ∂x<br />

∂y<br />

∂z<br />

⎥<br />

= det ⎢ dη<br />

dη<br />

dη⎥<br />

= det⎢<br />

⎥ ⋅ dξ<br />

⋅ dη<br />

⋅ dρ<br />

= det[ J ] ⋅ dξ<br />

⋅ dη<br />

⋅ dρ<br />

(2.21)<br />

⎢∂η<br />

∂η<br />

∂η<br />

⎥ ⎢∂η<br />

∂η<br />

∂η<br />

⎥<br />

⎢<br />

⎥ ⎢<br />

⎥<br />

⎢ ∂x<br />

∂y<br />

∂z<br />

⎥ ⎢ ∂x<br />

∂y<br />

∂z<br />

⎥<br />

⎢ dρ<br />

dρ<br />

dρ<br />

⎥ ⎢<br />

⎥<br />

⎢⎣<br />

∂ρ<br />

∂ρ<br />

∂ρ<br />

⎥⎦<br />

⎢⎣<br />

∂ρ<br />

∂ρ<br />

∂ρ<br />

⎥⎦<br />

Infatti sia B la matrice ottenuta dalla matrice A, moltiplicandone una riga per uno scalare k, il<br />

determinate <strong>di</strong> B risulta: det( B)<br />

= k ⋅ det( A)<br />

. Sfruttando questa proprietà si è potuto raccogliere dξ,<br />

dη,dρ all’esterno della matrice, e mettere in mostra il determinante della matrice Jacobiana.<br />

La relazione (2.16) si può quin<strong>di</strong> scrivere come:<br />

K<br />

e<br />

=<br />

1 1 1<br />

∫ ∫ ∫<br />

−1<br />

−1<br />

−1<br />

B<br />

T<br />

⋅ D ⋅ B ⋅ det( J ) ⋅ dξ<br />

⋅ dη<br />

⋅ dρ<br />

(2.22)<br />

Essendo, in generale, il determinante Jacobiano una funzione razionale, l’integrale si esegue per via<br />

numerica utilizzando le formule <strong>di</strong> Gauss.<br />

K<br />

e<br />

n<br />

n<br />

n<br />

= ∑∑∑<br />

i= 1 j= 1 k = 1<br />

T<br />

[ B ⋅ D ⋅ B ⋅ J )] ⋅Wi<br />

⋅W<br />

j<br />

⋅Wk<br />

det( (2.23)<br />

ijk<br />

La quantità tra parentesi quadra va calcolata in ogni punto <strong>di</strong> Gauss, moltiplicato al peso della<br />

formula e poi sommata a quelle relative agli altri punti. Se n è il numero <strong>di</strong> punti <strong>di</strong> Gauss, è noto che<br />

l’integrale numerico è esatto per un polinomio al massimo <strong>di</strong> grado 2n – 1, per cui, essendo la matrice<br />

B composta da termini lineari, e supponendo che il determinante <strong>di</strong> J sia una costante, si dovrà<br />

prendere almeno un reticolo <strong>di</strong> 8 punti (n=2) all’interno dell’elemento (supponendo <strong>di</strong> utilizzare la<br />

firmula <strong>di</strong> Gauss-Legendre).<br />

25


Formulazione dell’elemento finito tri<strong>di</strong>mensionale Cap. 2<br />

Si è visto che se l’elemento non è <strong>di</strong>storto il determinante <strong>di</strong> J è effettivamente una costante (2.15) e<br />

vale un ottavo del volume, per cui l’integrazione risulta esatta. Se l’elemento è <strong>di</strong>storto la funzione da<br />

integrare non è più un polinomio, per cui è possibile solo approssimare il valore dell’integrale. Per la<br />

1 1 1<br />

formula <strong>di</strong> integrazione <strong>di</strong> Gauss-Legendre 2x2x2 i punti hanno coor<strong>di</strong>nate ± ; ± ; ± e pesi<br />

3 3 3<br />

pari ad 1.<br />

Le forze nodali equivalenti alle forze <strong>di</strong> volume (peso oppure inerzia) si integrano allo stesso modo<br />

partendo dall’equazione (1.19):<br />

F<br />

e<br />

n n n<br />

T<br />

∫ N ⋅ F ⋅ dV =<br />

Ve<br />

i= 1 j= 1 k=<br />

1<br />

= ∑∑∑<br />

T<br />

[ N ⋅ F ⋅ J )] ⋅Wi<br />

⋅W<br />

j<br />

⋅Wk<br />

det( (2.24)<br />

ijk<br />

2. La rigidezza dell’elemento compatibile<br />

L’elemento così formulato risulta compatibile e conforme. La matrice B contiene infatti delle<br />

derivate <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne massimo pari a 1 (m=1), la completezza è garantita dal fatto che il polinomio<br />

interpolante è completo sino al grado 1, la conformità perché il polinomio interpolante risulta C ∞<br />

all’interno dell’elemento e C 0 sulla sua frontiera. E’ possibile quin<strong>di</strong> interpolare correttamente campi<br />

<strong>di</strong> variazione lineare <strong>di</strong> spostamento senza alcun riguardo alla forma dell’elemento. Non è così se lo<br />

spostamento da interpolare risulta quadratico (stato deformativi flessionale). Si riportano i risultati <strong>di</strong><br />

un Pacth Test [L1] eseguito sul corrispondente elemento bi<strong>di</strong>mensionale (Isop4).<br />

4<br />

y<br />

3<br />

1<br />

x<br />

2<br />

2<br />

2a<br />

Figura 2.2: Elemento Isop4.<br />

Imponendo il campo <strong>di</strong> spostamento quadratico:<br />

26


Formulazione dell’elemento finito tri<strong>di</strong>mensionale Cap. 2<br />

u = xy<br />

1 v = − x<br />

2<br />

2<br />

La soluzione esatta fornisce deformazioni e sforzi nulli, la soluzione approssimata con l’elemento:<br />

γ = xy<br />

x<br />

Ex<br />

τ<br />

xy<br />

=<br />

2(1<br />

+ υ)<br />

L’elemento non riesce a riprodurre lo stato <strong>di</strong> deformazione imposto. Il valore non corretto dello<br />

scorrimento si ripercuote sull’energia <strong>di</strong> deformazione a taglio, teoricamente nulla:<br />

2Ea<br />

2Ea<br />

=<br />

⎛ 1−υ<br />

2 ⎞<br />

esatta 2<br />

U totale<br />

approssimata<br />

= ⎜1+<br />

a<br />

2<br />

⎟<br />

3(1 −υ )<br />

3(1 −υ<br />

) ⎝ 2 ⎠<br />

U totale<br />

2<br />

L’energia <strong>di</strong> deformazione tende ad amplificarsi tramite il rapporto ( 1 (1 −υ)<br />

a 2)<br />

+ , fattore che<br />

tende a crescere con l’aumentare della snellezza dell’elemento. L’eccessivo valore <strong>di</strong> U comporta un<br />

elevato valore della rigidezza, fenomeno chiamato Shear Locking. Questo comportamento è esaltato<br />

negli elementi semplici, in cui le funzioni <strong>di</strong> forma sono rappresentate da polinomi <strong>di</strong> gra<strong>di</strong> basso.<br />

L’elemento solido ha un comportamento analogo, con Locking nelle tre componenti <strong>di</strong> taglio.<br />

Per rime<strong>di</strong>are a questo inconveniente si possono seguire <strong>di</strong>verse alternative, in questo lavoro si è<br />

esaminata l’integrazione selettiva e l’aggiunta <strong>di</strong> funzioni <strong>di</strong> forma incompatibili.<br />

3. L’integrazione selettiva<br />

Dal paragrafo precedente si nota che la <strong>di</strong>stribuzioni dello scorrimento γ xy = x permette <strong>di</strong> rime<strong>di</strong>are<br />

all’inconveniente del Locking calcolando l’energia a taglio in x = y = 0. Ragionamento analogo per<br />

l’elemento solido. Calcolando l’energia <strong>di</strong> deformazione a taglio nell’unico punto <strong>di</strong> Gauss x = y = z<br />

= 0 la si pone numericamente a zero. Si tratta quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> integrare la matrice <strong>di</strong> rigidezza con una<br />

integrazione 2x2x2 per le deformazioni normali e con una integrazione ridotta per lo scorrimento<br />

[L1, L4, L5, L9, L16].<br />

27


Formulazione dell’elemento finito tri<strong>di</strong>mensionale Cap. 2<br />

Si partiziona la matrice del materiale D nel modo seguente:<br />

⎡D<br />

n<br />

D = ⎢<br />

⎣<br />

0<br />

0 ⎤<br />

D<br />

⎥<br />

t ⎦<br />

(2.25)<br />

D n<br />

⎡1<br />

= A⋅<br />

⎢<br />

⎢<br />

B<br />

⎢⎣<br />

B<br />

B<br />

1<br />

B<br />

B⎤<br />

B<br />

⎥<br />

⎥<br />

1⎥⎦<br />

⎡C<br />

0<br />

D = ⋅<br />

⎢<br />

t<br />

A<br />

⎢<br />

0 C<br />

⎢⎣<br />

0 0<br />

0 ⎤<br />

0<br />

⎥ ⎥⎥ C⎦<br />

Con A, B, C, si sono in<strong>di</strong>cati gli stessi parametri in (2.18). La matrice D n raccoglie le caratteristiche<br />

del materiale relative ai fenomeni normali, la D t ai fenomeni taglianti.<br />

Allo stesso modo si può partizionare la matrice B:<br />

⎡B<br />

⎤<br />

n<br />

B = ⎢ ⎥<br />

(2.26)<br />

⎣<br />

B<br />

t ⎦<br />

⎡∂N1<br />

⎢<br />

⎢ ∂x<br />

= ⎢ 0<br />

⎢<br />

⎢<br />

⎢ 0<br />

⎣<br />

0<br />

∂N<br />

∂y<br />

∂N<br />

∂z<br />

∂N<br />

∂x<br />

2<br />

∂N<br />

∂y<br />

∂N<br />

∂z<br />

∂N<br />

∂x<br />

∂N<br />

∂y<br />

1<br />

2<br />

8<br />

B n<br />

0 0<br />

0 ... ... ... ... ... 0 0<br />

1<br />

2<br />

8<br />

0<br />

0<br />

0<br />

0<br />

0<br />

0<br />

0<br />

8<br />

0<br />

0<br />

0<br />

∂N<br />

∂z<br />

⎤<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎦<br />

⎡∂N<br />

⎢<br />

⎢<br />

∂y<br />

= ⎢ 0<br />

⎢<br />

⎢∂N<br />

⎢<br />

⎢⎣<br />

∂z<br />

1<br />

∂N<br />

∂x<br />

∂N<br />

∂z<br />

1<br />

∂N<br />

∂y<br />

∂N<br />

∂x<br />

∂N<br />

∂y<br />

2<br />

∂N<br />

∂z<br />

∂N<br />

∂x<br />

∂N<br />

∂z<br />

2<br />

∂N<br />

∂y<br />

∂N<br />

∂x<br />

∂N<br />

∂y<br />

∂N<br />

∂z<br />

∂N<br />

∂x<br />

∂N<br />

∂z<br />

⎤<br />

0 ⎥<br />

⎥<br />

∂N<br />

8 ⎥<br />

∂y<br />

⎥<br />

∂N<br />

⎥<br />

⎥<br />

∂x<br />

⎥⎦<br />

1 1<br />

2 2<br />

8<br />

B t<br />

0<br />

... ... ... ... ... 0<br />

1<br />

1 2<br />

2<br />

8<br />

8<br />

0<br />

0<br />

0<br />

0<br />

8<br />

0<br />

8<br />

28


Formulazione dell’elemento finito tri<strong>di</strong>mensionale Cap. 2<br />

In questo modo, operando le operazioni matriciali per blocchi, si giunge alla seguente formulazione<br />

della matrice <strong>di</strong> rigidezza dell’elemento finito:<br />

∫<br />

∫<br />

K = B ⋅ D ⋅ B ⋅ dV + B ⋅ D ⋅ B ⋅ dV<br />

(2.27)<br />

e<br />

Ve<br />

n<br />

T<br />

n<br />

n<br />

Ve<br />

t<br />

T<br />

t<br />

t<br />

Da notare che la matrice K e rimane sempre una 24x24, dato che i prodotti matriciali forniscono<br />

(24x3)x(3x3)x(3x24) = (24x24). Ora però il contributo tagliante è separato dal contributo normale,<br />

per cui si può integrare con una integrazione selettiva (<strong>di</strong>versa per i due contributi):<br />

2<br />

2<br />

2<br />

∑∑∑<br />

i= 1 j= 1 k = 1<br />

1 1 1<br />

T<br />

T<br />

[ B ⋅D<br />

⋅B<br />

⋅det(<br />

J )] + [ B ⋅D<br />

⋅B<br />

⋅det(<br />

J )]<br />

∑∑∑<br />

K =<br />

⋅8<br />

(2.28)<br />

e<br />

n<br />

n<br />

n<br />

ijk<br />

i= 1 j = 1 k = 1<br />

t<br />

t<br />

t<br />

ijk<br />

dove si sono già inseriti i pesi delle formule <strong>di</strong> Gauss – Legendre, pensando ad integrazioni su 2x2x2<br />

punti e su 1 punto.<br />

L’integrazione selettiva su elementi Isop4 piani da risultati ottimi. Nel caso si usi su un elemento<br />

esaedrico nasce però un problema. Se la matrice dell’elemento Isop4 venisse integrata utilizzando<br />

un’integrazione ridotta, anziché selettiva si vedrebbe la nascita <strong>di</strong> due mo<strong>di</strong> ad energia nulla, detti<br />

mo<strong>di</strong> spuri, questo comporta l’introduzione <strong>di</strong> labilità non volute nel modello strutturale, e bisogna<br />

prestare molta attenzione al fatto che un modo spurio non possa propagarsi [L1, L4].<br />

4<br />

y<br />

3<br />

x<br />

1<br />

2<br />

Figura 2.3: Esempio <strong>di</strong> un modo spurio.<br />

Il modo deformativi ad energia nulla nasce perché si valuta l’energia <strong>di</strong> deformazione nell’unico<br />

punto x = y = 0, dove il contributo tagliante è nullo per una deformazione imposta come in figura 2.3<br />

29


Formulazione dell’elemento finito tri<strong>di</strong>mensionale Cap. 2<br />

(<strong>di</strong> tipo flessionale), ma è nullo anche il contributo dovuto alle deformazioni normali, in quanto<br />

l’elementino infinitesimo posto nell’origine degli assi non si deforma. L’integrazione selettiva<br />

scavalca questo problema, valutando il contributo flessionale in altri punti.<br />

Esaminiamo però il caso <strong>di</strong> un elemento solido esaedrico sottoposto ad integrazione selettiva. Diamo<br />

una deformata all’elemento <strong>di</strong> tipo torsionale attorno ad uno dei tre assi. Il contributo all’energia<br />

deformativi dovuto alla deformazione tagliante è nulla, in quanto viene calcolata nell’unico punto x =<br />

y = z = 0. Il contributo dovuto alle deformazioni normali si calcola nei punti <strong>di</strong> gauss 2x2x2.<br />

Supponiamo che la torsione avvenga attorno all’asse x. I piani perpen<strong>di</strong>colari all’asse x rimangono<br />

piani a deformazione avvenuta (l’elemento non è in grado <strong>di</strong> cogliere l’ingobbimento della sua<br />

sezione) per cui la deformazione ε x è nulla in tutti e 8 i punti <strong>di</strong> Gauss. Ma anche le deformazioni ε y e<br />

ε z sono nulle in quanto nel piano xz la sezione ha un moto <strong>di</strong> rotazione e non si deforma.<br />

4<br />

z<br />

3<br />

x<br />

1<br />

2<br />

Figura 2.4: Stato deformativo in una sezione perpen<strong>di</strong>colare all'asse <strong>di</strong> torsione.<br />

L’energia <strong>di</strong> deformazione risulta quin<strong>di</strong> nulla. Anche se opero con l’integrazione selettiva, esistono<br />

3 mo<strong>di</strong> spuri (una torsione attorno a ciascun asse) che rendono labile il sistema.<br />

Una prova numerica <strong>di</strong> quanto esposto è ottenibile dal caso seguente. Si vuole simulare una prova <strong>di</strong><br />

trazione lungo l’asse x su <strong>di</strong> un singolo elemento esaedrico regolare <strong>di</strong> lato 2 con baricentro<br />

nell’origine degli assi, utilizzando l’integrazione selettiva. Si è scelto <strong>di</strong> porre 0 il coefficiente <strong>di</strong><br />

Poisson, in questo modo, vincolando tutti gli spostamenti dei quattro no<strong>di</strong> a quota x = -1, e<br />

sottoponendo i no<strong>di</strong> a quota x = 1 ad una forza parallela all’asse x, l’unico spostamento che ci si<br />

aspetta è in <strong>di</strong>rezione x, peraltro facilmente calcolabile.<br />

La simulazione numerica si blocca all’atto della risoluzione del sistema, con l’avviso: termine<br />

pivotale nullo, sistema labile.<br />

30


Formulazione dell’elemento finito tri<strong>di</strong>mensionale Cap. 2<br />

z<br />

y<br />

F<br />

F<br />

x<br />

F<br />

F<br />

Figura 2.5: Elemento in trazione.<br />

Ricopiando la matrice dei coefficienti in un programma <strong>di</strong> analisi matematica è possibile calcolarne<br />

autovalori e autovettori. Ci si può così accorgere che la matrice della rigidezza (a cui sono già state<br />

tolte le righe e le colonne relative ai vincoli) risulta labile. Infatti un autovalore risulta nullo, ed il<br />

corrispondente autovettore ha forma:<br />

Nodo 5 Nodo 6 Nodo 7 Nodo 8<br />

u i (in <strong>di</strong>r. x) 0 0 0 0<br />

v i (in <strong>di</strong>r. x) -K -K K K<br />

w i (in <strong>di</strong>r. x) +K -K -K K<br />

Dove K è una costante generica. Si può notare che si sviluppa un modo ad energia nulla.<br />

Se si aggiunge un vincolo, atto a bloccare la nascita <strong>di</strong> questo modo deformativo:<br />

z<br />

y<br />

F<br />

F<br />

x<br />

F<br />

Biella<br />

F<br />

Figura 2.6: Elemento in trazione con un vincolo aggiuntivo.<br />

I risultati che si ottengono sono corretti, ed il vincolo aggiuntivo ha reazione vincolare nulla.<br />

31


Formulazione dell’elemento finito tri<strong>di</strong>mensionale Cap. 2<br />

4. Le funzioni <strong>di</strong> forma incompatibili<br />

Un approccio basato sull’integrazione selettiva, produce per l’elemento esaedrico a 8 no<strong>di</strong>, la nascita<br />

<strong>di</strong> tre mo<strong>di</strong> spuri <strong>di</strong> forma torsionale. Un secondo metodo per eliminare lo shear locking introdotto da<br />

Wilson consiste nell’introduzione <strong>di</strong> ulteriori funzioni <strong>di</strong> forma legati a dei parametri incogniti α<br />

interni all’elemento che descrivano dei mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> deformazione quadratica. Un elemento così formulato<br />

riproduce correttamente un campo <strong>di</strong> sforzi flessionale senza introdurre mo<strong>di</strong> spuri [L1, L5, L9, L16,<br />

L17], [Wil], [Tay], [Les].<br />

4 3<br />

4<br />

3<br />

4 3<br />

1<br />

2<br />

1<br />

2<br />

1<br />

2<br />

Figura 2.7: Aggiunta della funzione <strong>di</strong> forma incompatibile.<br />

Nel caso tri<strong>di</strong>mensionale le funzioni incompatibili da aggiungere sono:<br />

2<br />

ψ<br />

1<br />

= 1−ξ<br />

2<br />

ψ<br />

2<br />

= 1−η<br />

2<br />

= −<br />

(2.29)<br />

ψ<br />

3<br />

1 ρ<br />

Il vettore q contiene ora anche 9 incognite interne, ha quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni 33x1. La matrice N è<br />

⎡N1<br />

0 0 N<br />

2<br />

0 0 . . . ψ<br />

3<br />

0 0 ⎤<br />

N =<br />

⎢<br />

⎥<br />

⎢<br />

0 N1<br />

0 0 N<br />

2<br />

0 . . . 0 ψ<br />

3<br />

0<br />

⎥<br />

(2.30)<br />

⎢⎣<br />

0 0 N<br />

⎥<br />

1<br />

0 0 N<br />

2<br />

. . . 0 0 ψ<br />

3 ⎦<br />

e ha <strong>di</strong>mensioni 3x33. Lo sviluppo segue le stesse regole dell’elemento compatibile, nella<br />

trasformazione parametrica non compaiono le funzioni <strong>di</strong> forma incompatibili, per cui l’elemento è<br />

del tipo super parametrico (si utilizzano meno funzioni per descrivere la geometria rispetto a quelle<br />

utilizzate per descrivere gli spostamenti).<br />

32


Formulazione dell’elemento finito tri<strong>di</strong>mensionale Cap. 2<br />

I gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> libertà introdotti con le funzioni incompatibili, sono scomo<strong>di</strong> da trattare in un co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong><br />

calcolo, perché non sono associate a nessun nodo visibile. E’ possibile condensarli staticamente in<br />

modo da ottenere una matrice <strong>di</strong> rigidezza sempre <strong>di</strong> 24x24.<br />

Ottenuta la matrice 33x33, si partizioni il sistema relativo al singolo elemento come segue:<br />

⎡K<br />

K ⎤ ⎡q⎤<br />

⎡F<br />

cc cn<br />

q ⎤<br />

⎢ ⎥ ⋅ ⎢ ⎥ + ⎢ ⎥ = 0<br />

(2.31)<br />

⎣<br />

K K<br />

⎦ ⎣α ⎦ ⎣F nc nn<br />

α ⎦<br />

Si ricava il vettore a dalla seconda equazione e lo si sostituisce nella prima:<br />

−1<br />

α = K ( −F<br />

− K q)<br />

(2.32)<br />

nn<br />

α<br />

nc<br />

cond<br />

cond<br />

K ⋅ q + F = 0<br />

(2.33)<br />

Dove si è posto:<br />

K<br />

cond<br />

−1<br />

= K − K K K<br />

F<br />

cond −<br />

F K K F<br />

cc cn nn nc<br />

q<br />

−<br />

1<br />

cn nn α<br />

= (2.34)<br />

In questo modo la matrice <strong>di</strong> rigidezza dell’elemento ed il vettore delle forze hanno ancora<br />

<strong>di</strong>mensioni 24x24 e 24x1.<br />

33


Formulazione dell’elemento finito tri<strong>di</strong>mensionale Cap. 2<br />

5. I vincoli elastici concentrati<br />

Si introduce ora la rigidezza <strong>di</strong> una molla elastica vincolante un nodo qualsiasi. L’orientamento della<br />

molla nello spazio è dato dai tre coseni <strong>di</strong>rettori dell’asse della molla θ x , θ y , θ z . Siano q x , q y , q z gli<br />

spostamenti <strong>di</strong> un estremo della molla, l’allungamento si può scrivere come:<br />

∆ = q cos( θ ) + q cos( θ ) + q cos( θ )<br />

(2.35)<br />

x<br />

x<br />

y<br />

y<br />

z<br />

z<br />

L’energia <strong>di</strong> deformazione risulta:<br />

U<br />

=<br />

1<br />

2<br />

k<br />

[ q cos( θ ) + q cos( θ ) + q cos( θ )] 2<br />

x<br />

x<br />

y<br />

y<br />

z<br />

z<br />

U<br />

1 2<br />

2<br />

2 2<br />

2<br />

2<br />

= k[<br />

q<br />

x<br />

cos ( θ<br />

x<br />

) + q<br />

y<br />

cos ( θ<br />

y<br />

) + q<br />

z<br />

cos ( θ<br />

z<br />

) +<br />

2<br />

2q<br />

q cos( θ )cos( θ ) + 2q<br />

q cos( θ ) cos( θ ) + 2q<br />

q<br />

x<br />

y<br />

x<br />

y<br />

y<br />

z<br />

y<br />

z<br />

x<br />

z<br />

cos( θ ) cos( θ )]<br />

x<br />

z<br />

Raccogliendo si ottiene:<br />

U<br />

1<br />

=<br />

2<br />

[ q q q ]<br />

x<br />

y<br />

z<br />

2<br />

⎡ cos ( θ<br />

x<br />

)<br />

⎢<br />

⋅ k⎢cos(<br />

θ<br />

y<br />

)cos( θ<br />

x<br />

)<br />

⎢<br />

⎣<br />

cos( θ<br />

z<br />

)cos( θ<br />

x<br />

)<br />

cos( θ )cos( θ )<br />

x<br />

2<br />

cos ( θ )<br />

cos( θ )cos( θ )<br />

z<br />

y<br />

y<br />

y<br />

cos( θ ⎤<br />

x<br />

)cos( θ<br />

z<br />

) ⎡q<br />

⎥<br />

cos( θ ⋅<br />

⎢<br />

y<br />

)cos( θ<br />

z<br />

) ⎥ ⎢<br />

q<br />

2<br />

cos ( θ ⎥<br />

⎦<br />

⎢<br />

z<br />

) ⎣q<br />

x<br />

y<br />

z<br />

⎤<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎥⎦<br />

(2.36)<br />

Il termine raccolto tra i due vettori <strong>di</strong> spostamento rappresenta la matrice <strong>di</strong> rigidezza della molla, e<br />

andrà assemblata ai termini della matrice <strong>di</strong> rigidezza totale corrispondenti ai gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> libertà vincolati<br />

dalla molla.<br />

34


Formulazione dell’elemento finito tri<strong>di</strong>mensionale Cap. 2<br />

6. Deformazioni anelastiche<br />

Se sono presenti delle deformazioni anelastiche ε i (ritiro, temperatura…), le tensioni si scrivono:<br />

σ = D ⋅ ε − ε )<br />

(2.37)<br />

(<br />

i<br />

per cui il lavoro interno scritto al punto (1.15) assume ora la forma più generale:<br />

∫<br />

∫<br />

L = δ ε ⋅σ<br />

⋅ dV = δ ε ⋅ D ⋅ ( ε − ε ) ⋅ dV<br />

(2.38)<br />

i<br />

Ve<br />

T<br />

Ve<br />

T<br />

i<br />

Dalla (2.38) svolgendo il prodotto e separando i due integrali si nota che alla variazione <strong>di</strong> energia <strong>di</strong><br />

deformazione calcolata con le deformazioni totali, viene sottratta la parte dovuta alle deformazioni<br />

anelastiche. Essendo note, questo termine viene portato a destra dell’uguale nell’equazione (1.5), e<br />

determina il contributo al vettore dei carichi nodali dato dalle deformazioni anelastiche.<br />

∫<br />

F = B ⋅ D ⋅ε ⋅ dV<br />

(2.39)<br />

i<br />

V<br />

t<br />

i<br />

Il vettore (2.39) è relativo ad un solo elemento, per cui è da utilizzare in fase <strong>di</strong> assemblaggio del<br />

vettore totale dei carichi nodali equivalenti.<br />

E’ da ricordare poi che se sono presenti delle deformazioni anelastiche, le tensioni, dopo avere<br />

assemblato e risolto il sistema, vanno sempre calcolate utilizzando la (2.37).<br />

35


Formulazione dell’elemento finito tri<strong>di</strong>mensionale Cap. 2<br />

7. Armatura embedded<br />

Vi sono <strong>di</strong>versi meto<strong>di</strong> per modellare l’armatura presente nel calcestruzzo in un co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> calcolo<br />

numerico. Un modo particolarmente efficace, consiste nel trattare la barra <strong>di</strong> armatura come se fosse<br />

un corpo (avente caratteristiche meccaniche proprie) immerso nell’elemento finito. L’apporto <strong>di</strong><br />

rigidezza alla matrice<br />

K dell’elemento può essere calcolato come segue (la formulazione viene<br />

e<br />

eseguita per l’elemento incompatibile, per quello compatibile è analoga) [Kwa].<br />

B<br />

z<br />

A<br />

y<br />

x<br />

Figura 2.8: Elemento embedded all'interno <strong>di</strong> un elemento finito.<br />

Siano A e B i punti <strong>di</strong> frontiera della barra <strong>di</strong> armatura per l’elemento considerato, sia L la lunghezza<br />

del tratto <strong>di</strong> armatura presente nell’elemento, la deformazione della barra, intesa come biella, vale:<br />

sa<br />

− sb<br />

ε<br />

b<br />

=<br />

(2.40)<br />

L<br />

dove con s a e s b si sono in<strong>di</strong>cati gli spostamenti dei punti <strong>di</strong> frontiera in <strong>di</strong>rezione della barra (sono<br />

scalari). La <strong>di</strong>rezione della barra viene definita tramite i coseni <strong>di</strong>rettori della retta che parte dal punto<br />

A e passa per il punto B. Gli spostamenti lungo la barra valgono:<br />

s<br />

s<br />

a<br />

b<br />

= q cos( θ ) + q cos( θ ) + q cos( θ ) = T ⋅ q<br />

xa<br />

xb<br />

x<br />

x<br />

ya<br />

yb<br />

y<br />

y<br />

za<br />

zb<br />

z<br />

z<br />

a<br />

= q cos( θ ) + q cos( θ ) + q cos( θ ) = T ⋅ q<br />

(2.41)<br />

b<br />

36


Formulazione dell’elemento finito tri<strong>di</strong>mensionale Cap. 2<br />

dove T è il vettore riga 1x3 che contiene i coseni <strong>di</strong>rettori, e q i è il vettore colonna 3x1 che contiene<br />

gli spostamenti del generico punto i (in generale non coincidente con un nodo). É possibile valutare<br />

gli spostamenti dei punti A e B tramite l’interpolazione degli spostamenti nodali eseguita con le<br />

funzioni <strong>di</strong> forma:<br />

s<br />

a<br />

= T ⋅ q<br />

a<br />

= T ⋅ N<br />

A<br />

⋅ q<br />

s<br />

b<br />

= T ⋅ q = T ⋅ N ⋅ q<br />

(2.42)<br />

b<br />

B<br />

Dove il vettore q 33x1 racchiude tutti gli spostamenti dei no<strong>di</strong> e le matrici delle funzioni <strong>di</strong> forma<br />

sono valutate nei punti A e B. La deformazione assiale della barra <strong>di</strong> armatura risulta:<br />

ε<br />

b<br />

=<br />

1<br />

( T ⋅ N ⋅ q − T ⋅ N ⋅ q) ⋅ = T ⋅ ( N − N )<br />

A<br />

B<br />

L<br />

A<br />

B<br />

1<br />

⋅ q ⋅<br />

L<br />

( N − N )<br />

1<br />

δε<br />

b<br />

= T ⋅ ⋅δ<br />

q ⋅<br />

(2.43)<br />

A B<br />

L<br />

La tensione nella barra, tenendo conto anche <strong>di</strong> deformazioni anelastiche in modo da poter modellare<br />

anche le armature <strong>di</strong> precompressione, è la stessa del (2.37) scritta come legame uniassiale:<br />

σ<br />

b<br />

= E ⋅ ε<br />

b<br />

− ε<br />

b<br />

)<br />

(<br />

i<br />

La variazione dell’energia <strong>di</strong> deformazione della barra risulta:<br />

δ U<br />

δU<br />

=<br />

∫<br />

V<br />

δε ⋅σ<br />

⋅ dV<br />

b<br />

b<br />

T<br />

T ⎡<br />

1 ⎤<br />

( N − N ) ⋅T<br />

⋅ E ⋅ T ⋅ ( N − N ) ⋅ q ⋅ −<br />

bi<br />

dV<br />

T 1<br />

= ∫δ<br />

q ⋅ ⋅<br />

L<br />

A B ⎢<br />

ε<br />

A B<br />

⎣<br />

L ⎥<br />

⎦<br />

⋅<br />

V<br />

(2.44)<br />

Ipotizzando <strong>di</strong> valutare E nel baricentro della barra, l’integrale contiene solo delle costanti.<br />

37


Formulazione dell’elemento finito tri<strong>di</strong>mensionale Cap. 2<br />

Sviluppando le parentesi è possibile identificare due termini, il primo è una una matrice <strong>di</strong> rigidezza<br />

33x33, che rappresenta l’aumento <strong>di</strong> rigidezza dell’elemento finito dovuto alla barra embedded:<br />

K<br />

b<br />

T T<br />

( N − N ) ⋅T<br />

⋅T<br />

⋅ ( N − N )<br />

A ⋅ Ec<br />

= ⋅<br />

(2.45)<br />

A B<br />

A B<br />

L<br />

da notare che il prodotto delle due matrici T risulta pari alla matrice (2.36) utilizzata per i vincoli<br />

elastici:<br />

~<br />

T = T<br />

T<br />

⋅T<br />

2<br />

⎡ cos ( θ<br />

x<br />

)<br />

⎢<br />

= ⎢cos(<br />

θ<br />

y<br />

)cos( θ<br />

x<br />

)<br />

⎢<br />

⎣<br />

cos( θ<br />

z<br />

)cos( θ<br />

x<br />

)<br />

cos( θ )cos( θ )<br />

x<br />

2<br />

cos ( θ )<br />

cos( θ )cos( θ )<br />

z<br />

y<br />

y<br />

y<br />

cos( θ ⎤<br />

x<br />

)cos( θ<br />

z<br />

)<br />

⎥<br />

cos( θ<br />

y<br />

)cos( θ<br />

z<br />

) ⎥<br />

2<br />

cos ( θ ) ⎥<br />

z ⎦<br />

(2.46)<br />

Il secondo termine che deriva dalla (2.44) è il vettore delle forze nodali equivalenti alla<br />

precompressione:<br />

F<br />

p<br />

c<br />

T T<br />

( N − N ) ⋅T<br />

⋅ε<br />

bi<br />

= A⋅<br />

E ⋅<br />

(2.47)<br />

A<br />

B<br />

T T<br />

T T<br />

Si nota che i prodotti matriciali ( N − N ) ⋅T<br />

⋅T<br />

⋅ ( N − N ) e ( N N ) ⋅T<br />

⋅ε<br />

bi<br />

A<br />

B<br />

A<br />

B<br />

A<br />

− forniscono<br />

delle costanti, perciò non è necessaria la loro valutazione ad ogni passo <strong>di</strong> carico in caso <strong>di</strong><br />

comportamento non lineare del materiale.<br />

La <strong>di</strong>fficoltà è ora nel valutare le matrici delle funzioni <strong>di</strong> forma nei punti A e B, in coor<strong>di</strong>nate<br />

naturali. I punti A e B sono noti infatti in coor<strong>di</strong>nate cartesiane, e la trasformazione che porta le<br />

coor<strong>di</strong>nate nel sistema naturale è nota solamente se l’esaedro non è <strong>di</strong>storto:<br />

B<br />

ξ = ( x − xc ) / a η = ( y − yc ) / b ρ = ( z − zc ) / c<br />

(2.48)<br />

dove il punto c è il baricentro dell’elemento, ed a, b, c sono i suoi semilati. In caso contrario è<br />

necessario il calcolo delle coor<strong>di</strong>nate nel sistema naturale tramite iterazione.<br />

38


Formulazione dell’elemento finito tri<strong>di</strong>mensionale Cap. 2<br />

Il metodo più semplice è quello <strong>di</strong> eseguire l’algoritmo della bisezione una volta per ogni coor<strong>di</strong>nata.<br />

Ovvero applicare 3 volte un metodo con una velocità <strong>di</strong> convergenza lineare. Molto più veloce è<br />

l’algoritmo tangente <strong>di</strong> Newton, velocità <strong>di</strong> convergenza quadratica.<br />

L’incremento <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nata x si può scrivere come:<br />

dx dx dx<br />

dx = dξ<br />

+ dη<br />

+ dρ<br />

dξ<br />

dη<br />

dρ<br />

quin<strong>di</strong>:<br />

⎡ ∂x<br />

⎢<br />

⎡dx⎤<br />

⎢<br />

∂ξ<br />

⎢ ⎥ ⎢ ∂y<br />

⎢<br />

dy<br />

⎥<br />

=<br />

⎢∂ξ<br />

⎢⎣<br />

dz⎥⎦<br />

⎢ ∂z<br />

⎢<br />

⎢⎣<br />

∂ξ<br />

∂x<br />

∂η<br />

∂y<br />

∂η<br />

∂z<br />

∂η<br />

∂x<br />

⎤<br />

∂ρ<br />

⎥<br />

⎥ ⎡dξ<br />

⎤<br />

∂y<br />

⎥ ⋅<br />

⎢ ⎥<br />

⎢<br />

dη<br />

⎥<br />

= J<br />

∂ρ<br />

⎥<br />

∂z<br />

⎥ ⎢⎣<br />

dρ⎥⎦<br />

⎥<br />

∂ρ<br />

⎥⎦<br />

T<br />

⎡dξ<br />

⎤<br />

⋅<br />

⎢ ⎥<br />

⎢<br />

dη<br />

⎥<br />

⎢⎣<br />

dρ⎥⎦<br />

⎡dξ<br />

⎤<br />

→<br />

⎢<br />

dη<br />

⎥<br />

= [ J ]<br />

⎢ ⎥<br />

⎢⎣<br />

dρ⎥⎦<br />

T −1<br />

⎡dx⎤<br />

⋅<br />

⎢ ⎥<br />

⎢<br />

dy<br />

⎥<br />

⎢⎣<br />

dz⎥⎦<br />

(2.49)<br />

8. Armatura <strong>di</strong>ffusa<br />

L’armatura modellata in modo embedded, è una buona approssimazione della situazione fisica della<br />

struttura, e risulta efficiente quando le armature risultano concentrate in alcune zone (armatura<br />

longitu<strong>di</strong>nale delle travi, cavi <strong>di</strong> precompressione…). Se però l’armatura risulta <strong>di</strong>stribuita (armatura<br />

a taglio delle travi, reti <strong>di</strong> armatura…) può essere utile poterla trattare come se fosse omogeneamente<br />

<strong>di</strong>stribuita all’interno dell’elemento finito [BMR2]. In questo caso è sufficiente sommare alla matrice<br />

D del calcestruzzo la matrice<br />

c<br />

sistema <strong>di</strong> riferimento globale.<br />

D dell’armatura omogeneizzata e opportunamente ruotata nel<br />

s<br />

s<br />

T<br />

D = T<br />

s<br />

'<br />

⋅D<br />

⋅T<br />

s<br />

s<br />

(2.50)<br />

39


Formulazione dell’elemento finito tri<strong>di</strong>mensionale Cap. 2<br />

dove<br />

'<br />

D è la matrice 6x6 dell’armatura omogeneizzata avente come unico elemento non nullo quello<br />

s<br />

appartenente alla posizione (1,1) <strong>di</strong> valore sarà<br />

ρ ⋅E<br />

(ρ s è la percentuale <strong>di</strong> armatura presente).<br />

s<br />

s<br />

Nella 2.50<br />

T è la matrice che ruota il tensore, dal sistema <strong>di</strong> riferimento x’ - y’ - z’ solidale con<br />

s<br />

l’asse dell’armatura, nel sistema globale x - y - z. Se vi sono più armature, <strong>di</strong>fferentemente orientate,<br />

la matrice D risulterà:<br />

∑<br />

D = D + T ⋅D' ⋅T<br />

(2.51)<br />

c<br />

i<br />

T<br />

si<br />

si<br />

si<br />

In questa formulazione si è assunto che il materiale fosse isotropo, se così non fosse anche le<br />

caratteristiche meccaniche del calcestruzzo andrebbero riportate nel sistema <strong>di</strong> riferimento globale.<br />

40


Legami costitutivi e problema non lineare Cap. 3<br />

Capitolo 3<br />

Legami costitutivi e problema non lineare<br />

La non linearità si può presentare in un problema strutturale, sotto <strong>di</strong>verse forme.<br />

• Ogni volta che un corpo subisce gran<strong>di</strong> spostamenti e/o gran<strong>di</strong> deformazioni si ha un problema <strong>di</strong><br />

non linearità geometrica. Per superare le <strong>di</strong>fficoltà fisico-matematiche legate ha questo tipo <strong>di</strong><br />

problema, è necessario :<br />

- calcolare l’equilibrio della struttura rispetto al corpo deformato<br />

- mo<strong>di</strong>ficare le relazioni lineari deformazione – spostamento viste nel capitolo 2 aggiungendo<br />

anche i termini <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne superiore.<br />

• Un altro tipo <strong>di</strong> non linearità si manifesta quando si considerano particolari con<strong>di</strong>zioni al contorno<br />

della struttura (ad es. il contatto tra due superfici). In questo caso si parlerà <strong>di</strong> non linearità <strong>di</strong><br />

contorno.<br />

• Se il materiale <strong>di</strong> cui è costituita la struttura, presenta una legge tensione – deformazione non<br />

lineare, si ha un problema <strong>di</strong> non linearità <strong>di</strong> materiale. In questo caso, anche se le deformazioni e gli<br />

spostamenti vengono supposti “piccoli” (in modo che sia lecito calcolare le tensioni riferendosi alla<br />

geometria indeformata), le tensioni non sono più linearmente proporzionali alle deformazioni. Il<br />

problema più <strong>di</strong>fficile è quello <strong>di</strong> determinare una legge costitutiva per il materiale che rappresenti il<br />

più correttamente possibile la situazione reale.<br />

In questo lavoro si affronta il problema della non linearità <strong>di</strong> materiale, nel seguito del capitolo<br />

verranno esposti i legami costitutivi utilizzati ed i più comuni algoritmi numerici utilizzati per la<br />

soluzione dei sistemi <strong>di</strong> equazioni non lineari.<br />

1. La non linearità <strong>di</strong> materiale<br />

I materiali comunemente usati nell’ingegneria, se sottoposti ad azioni chimiche, ra<strong>di</strong>azioni, carichi<br />

meccanici o altro, possono sviluppare nel loro interno delle microfessure che ne deteriorano le<br />

caratteristiche meccaniche. Questo fenomeno è chiamato processo <strong>di</strong> danneggiamento.<br />

41


Legami costitutivi e problema non lineare Cap. 3<br />

Numerosi legami costitutivi si rifanno appunto alla meccanica del danneggiamento, in questi modelli<br />

il deterioramento del materiale è descritto tramite delle variabili interne D i (introdotte da Kachanov<br />

nel 1958) che in<strong>di</strong>cano la densità delle microfessure presenti nel materiale. Il processo <strong>di</strong><br />

danneggiamento può essere isotropo o anisotropo. L’assunzione dell’isotropia del materiale e del<br />

processo <strong>di</strong> danneggiamento, è in pratica sufficiente per dare una buona stima del comportamento<br />

generale del materiale sia sotto carico monotono sia sotto carico ciclico. L’ipotesi d’isotropia produce<br />

inoltre notevoli semplificazioni nei calcoli, necessari per seguire l’evoluzione del danno. Nella<br />

descrizione del comportamento <strong>di</strong> strutture in calcestruzzo armato, l’assunzione dell’isotropia <strong>di</strong><br />

danneggiamento comporta però notevoli errori <strong>di</strong> valutazione, in special modo per quanto riguarda la<br />

portanza <strong>di</strong> pannelli armati soggetti a stato <strong>di</strong> sforzo <strong>di</strong> puro taglio. Per questo motivo si rende<br />

necessaria l’introduzione <strong>di</strong> una legge costitutiva non isotropa, che tenga conto della <strong>di</strong>versità <strong>di</strong><br />

danneggiamento nella <strong>di</strong>rezione delle trazioni rispetto a quella delle compressioni. In questo capitolo<br />

verranno esposti il modello <strong>di</strong> danneggiamento isotropo <strong>di</strong> Mazars e <strong>di</strong> Cervera per carichi monotoni<br />

crescenti, ed un legame costitutivo ortotropo.<br />

2. Definizione della variabile <strong>di</strong> danno<br />

Si consideri un solido danneggiato e se ne isoli un elemento <strong>di</strong> volume sufficientemente grande da<br />

essere rappresentativo dello stato del materiale.<br />

n<br />

Figura 3.1: Volume rappresentativo.<br />

42


Legami costitutivi e problema non lineare Cap. 3<br />

Sia S l’area della superficie <strong>di</strong> normale n e S r l’area S depurata dai microvuoti causati dal processo <strong>di</strong><br />

danneggiamento (sezione reale), risulta [LeC]:<br />

S r < S ; S d = S – S r (3.1)<br />

Dove S d in<strong>di</strong>ca l’area delle microfessure presenti nella sezione considerata, mentre il danneggiamento<br />

locale relativo alla <strong>di</strong>rezione n è definito come:<br />

Sd<br />

Dn = (3.2)<br />

S<br />

D n potrà dunque assumere i seguenti valori:<br />

D n = 0<br />

lo stato <strong>di</strong> danno è nullo (materiale vergine)<br />

D n = 1<br />

l’elemento è fessurato secondo un piano <strong>di</strong> normale n<br />

0 < D n < 1 l’elemento è danneggiato<br />

In caso <strong>di</strong> danneggiamento isotropo il valore D n non <strong>di</strong>pende dalla normale n considerata, per cui D n è<br />

una quantità scalare. In caso <strong>di</strong> danneggiamento anisotropo il danneggiamento è rappresentato tramite<br />

una variabile tensoriale.<br />

Il modello sviluppato da Mazars considera un danneggiamento isotropo, perciò è lecito porre :<br />

D = D n (3.3)<br />

Ciò equivale ad affermare che le microfessure causate dal danneggiamento sono orientate<br />

uniformemente in tutte le <strong>di</strong>rezioni.<br />

43


Legami costitutivi e problema non lineare Cap. 3<br />

3. Definizione dello stato <strong>di</strong> sforzo effettivo<br />

Con riferimento ad un caso <strong>di</strong> sforzo uniassiale, sia F la forza applicata ad una sezione <strong>di</strong> un prisma<br />

<strong>di</strong> base S. Lo sforzo risulta perciò:<br />

σ = F per cui lo stato <strong>di</strong> sforzo reale è:<br />

S<br />

σ<br />

F F<br />

r = = =<br />

σ<br />

(3.4)<br />

Sr<br />

S⋅( 1−D)<br />

(1−<br />

D)<br />

Dovendo essere 0 ≤D < 1 si deve necessariamente avere σr = σ per un materiale non danneggiato<br />

(D = 0), e σr → ∞ per un materiale a rottura ( D →1). Si riporta come esempio i risultati in termini <strong>di</strong><br />

σ e <strong>di</strong> σ r <strong>di</strong> una prova <strong>di</strong> compressione:<br />

Tensione (Mpa)<br />

0 5 10 15<br />

0 5 10 15 20 25 30 35 40<br />

Spostamenti impressi (mm)<br />

σ r<br />

σ<br />

Figura 3.2: Confronto tra sforzo effettivo e sforzo <strong>di</strong> Cauchy.<br />

In caso <strong>di</strong> sforzo pluriassiale, dato che il rapporto S/S r non <strong>di</strong>pende dalla normale n l’operatore (1-D)<br />

si applica a tutte le componenti del tensore degli sforzi, perciò :<br />

σ<br />

σ r =<br />

(3.5)<br />

( 1−<br />

D)<br />

44


Legami costitutivi e problema non lineare Cap. 3<br />

4. Ipotesi d’equivalenza nelle deformazioni<br />

Supponendo che il comportamento del materiale a deformazione non sia influenzato dal<br />

danneggiamento si può affermare che :<br />

il comportamento a deformazione monoassiale o pluriassiale <strong>di</strong> un materiale danneggiato, è ottenuto<br />

dalla legge <strong>di</strong> comportamento del materiale vergine, in cui lo stato <strong>di</strong> sforzo sia quello reale [LeC].<br />

σ<br />

σ<br />

σ r<br />

1 2 3<br />

⇒<br />

D = 0 D D = 0<br />

σ<br />

σ<br />

σ r<br />

Figura 3.3: Equivalenza nelle deformazioni tra il materiale danneggiato sotto-posto a sforzo <strong>di</strong> Cauchy (2), e<br />

lo stesso materiale sottoposto sforzo reale (3).<br />

La legge d’elasticità lineare mono<strong>di</strong>mensionale <strong>di</strong> un materiale danneggiato si scrive :<br />

r<br />

ε r = σ = σ<br />

(3.6)<br />

E (1 − D)<br />

⋅ E<br />

per cui si può definire un nuovo modulo E per il materiale danneggiato, pari a :<br />

Er<br />

= ( 1 − D)<br />

⋅ E<br />

(3.7)<br />

Questa semplice scrittura mostra come il processo <strong>di</strong> danneggiamento riduce le caratteristiche<br />

meccaniche del materiale. L’ipotesi introdotta non è rigorosa, in quanto suppone che i <strong>di</strong>versi<br />

comportamenti del materiale (elasticità, viscosità ...) siano influenzati dalla variabile D tutti allo<br />

stesso modo, ma la sua semplicità permette <strong>di</strong> formulare regole semplici ed efficaci.<br />

45


Legami costitutivi e problema non lineare Cap. 3<br />

5. La legge <strong>di</strong> evoluzione <strong>di</strong> Mazars<br />

Il modello <strong>di</strong> Mazars [Maz],[MaC] è fondato sulle seguenti ipotesi :<br />

1) Il materiale è elastico danneggiabile.<br />

2) Il danneggiamento avviene a causa d’estensioni presenti lungo almeno una del-le <strong>di</strong>rezioni<br />

principali <strong>di</strong> deformazioni ε i.<br />

3) Il danneggiamento è isotropo.<br />

4) Il percorso <strong>di</strong> carico è monotono crescente.<br />

5) Il danno evolve solo se si è superato un certo valore soglia.<br />

Dato che il danno evolve a causa della presenza d’estensioni, e che il danneggiamento deve <strong>di</strong>pendere<br />

da un’unica variabile scalare D, è necessario definire una deformazione equivalente (ε e ) che consenta<br />

<strong>di</strong> caratterizzare lo stato d’estensione <strong>di</strong> un generico punto del materiale a partire dalle deformazioni<br />

principali in esso presenti.<br />

La definizione proposta da Mazars è :<br />

2<br />

∑ 〈 εi〉<br />

i +<br />

ε e =<br />

(3.8)<br />

Dove ε i rappresenta la deformazione principale nella <strong>di</strong>rezione i<br />

ε =<br />

〈 i〉<br />

+ εi se εi ≥ 0<br />

ε i〉<br />

= 0 se εi < 0<br />

〈 +<br />

La soglia <strong>di</strong> danneggiamento è quin<strong>di</strong> definita come:<br />

f ( D)<br />

= ε e − k(<br />

D)<br />

= 0<br />

(3.9)<br />

Dove k(D) =<br />

ε d0 rappresenta la soglia d’inizio danneggiamento, pari alla deformazione <strong>di</strong> sforzo<br />

massimo in una prova <strong>di</strong> trazione monoassiale. Sostituendo la definizione (3.8) nella (3.9) si trova,<br />

nello spazio delle deformazioni principali, l’equazione <strong>di</strong> una sfera.<br />

46


Legami costitutivi e problema non lineare Cap. 3<br />

E’ così garantita la stessa importanza ad ognuna delle tre deformazioni principali. Nel rispetto della<br />

<strong>di</strong>seguaglianza <strong>di</strong> Clausius-Duhem, l’equazione che regola l’evolversi del danneggiamento assume la<br />

forma:<br />

dD<br />

dt<br />

dD<br />

dt<br />

= 0<br />

d〈<br />

εe〉<br />

= F(<br />

ε e)<br />

⋅<br />

dt<br />

+<br />

se f = 0 e<br />

se f = 0 e<br />

df<br />

dt<br />

df<br />

dt<br />

< 0 o f < 0 (3.10)<br />

= 0<br />

Il danneggiamento può avvenire per sforzi <strong>di</strong> compressione o <strong>di</strong> trazione, nel primo caso le<br />

estensioni si producono per effetto Poisson nella <strong>di</strong>rezione perpen<strong>di</strong>colare allo sforzo, nel secondo si<br />

verificano invece nella <strong>di</strong>rezione parallela allo sforzo. Questi <strong>di</strong>versi comportamenti causano<br />

<strong>di</strong>ssimetria nella risposta <strong>di</strong> uno stesso materiale a sforzi <strong>di</strong> trazione e <strong>di</strong> compressione. Per cogliere<br />

quest’aspetto è necessario introdurre nel modello due variabili scalari D t e D c , rappresentative del<br />

danneggiamento in trazione ed in compressione, e governate da leggi d’evoluzione <strong>di</strong>fferenti. In caso<br />

<strong>di</strong> sollecitazione uniassiale :<br />

Dt = Ft( εe)<br />

; Dc = Fc( εe)<br />

(3.11)<br />

In caso <strong>di</strong> sollecitazione pluriassiale entrambe le sollecitazioni contribuiscono all’evoluzione del<br />

danneggiamento, per cui Mazars ha proposto <strong>di</strong> considerare la seguente combinazione:<br />

D = α<br />

α t ⋅ Dt<br />

+ c ⋅ Dc<br />

(3.12)<br />

I parametri αt e αc sono definiti considerando la partizione del tensore degli sforzi nelle sue parti <strong>di</strong><br />

trazione e <strong>di</strong> compressione :<br />

σ = 〈 σ 〉 σ<br />

+ +〈 〉 −<br />

47


Legami costitutivi e problema non lineare Cap. 3<br />

Dove 〈 σ 〉 + in<strong>di</strong>ca la parte positiva del tensore degli sforzi mentre 〈 σ 〉 − la parte negativa. Attraverso<br />

questa partizione si può giungere a definire le deformazioni legate agli sforzi positivi ed a quelli<br />

negativi:<br />

tr ( σ ) = tr(<br />

〈 σ 〉 + ) + tr(<br />

〈 σ 〉 −)<br />

(3.13)<br />

1+<br />

ν ν<br />

εt<br />

= ⋅ 〈 σ 〉 − ⋅tr(<br />

〈 σ<br />

E E<br />

+ 〉+<br />

1+<br />

ν ν<br />

εc<br />

= ⋅ 〈 σ 〉 − ⋅ tr(<br />

〈 σ<br />

E E<br />

− 〉−<br />

)<br />

)<br />

Infine i parametri αt e αc presenti nell’equazione (3.12) sono definiti come:<br />

εti<br />

⋅ ( εti<br />

+ εci)<br />

εti<br />

⋅εi<br />

α t = ∑ Hi<br />

⋅<br />

= ∑ Hi<br />

⋅<br />

(3.14)<br />

i<br />

2<br />

i 2<br />

εe<br />

εe<br />

α c =<br />

∑<br />

i<br />

εci<br />

⋅ ( εti<br />

+ εci)<br />

εci<br />

⋅εi<br />

Hi<br />

⋅<br />

= ∑ Hi<br />

⋅<br />

2<br />

i 2<br />

εe<br />

εe<br />

Con H i = 0 se εi ≥ 0 , ed H i = 0 se εi < 0 .<br />

Per le variabili D t e D c sono state invece proposte, basandosi su risultati sperimentali, le seguenti<br />

espressioni:<br />

εd<br />

0 ⋅ (1 − At)<br />

At<br />

Dt<br />

= 1−<br />

−<br />

(3.15)<br />

εe<br />

exp( Bt<br />

⋅ ( εe<br />

− εd<br />

0))<br />

εd<br />

0 ⋅ (1 − Ac)<br />

Dc<br />

= 1−<br />

−<br />

εe<br />

exp( Bc<br />

Ac<br />

⋅ ( εe<br />

− εd<br />

0))<br />

Dove ε do è la soglia d’inizio danneggiamento e A t , B t , A c , e B c sono dei parametri caratteristici del<br />

materiale identificabili sperimentalmente con prove <strong>di</strong> compressione uniassiale (A c e B c ) e <strong>di</strong><br />

flessione (A t e B t ).<br />

48


Legami costitutivi e problema non lineare Cap. 3<br />

Assumendo A c = 1,1; B c = 1800; A t = 0,7; B t = 10000; ed0 = 0,0001; E = 1 KN/cm 2 ; ν = 0,2; le curve<br />

D c e D t assumono il seguente aspetto :<br />

1<br />

Valore del danno<br />

0.8<br />

0.6<br />

0.4<br />

0.2<br />

D t<br />

D c<br />

0<br />

2.99<br />

2.79<br />

2.59<br />

2.39<br />

2.19<br />

1.99<br />

1.79<br />

1.59<br />

1.39<br />

1.19<br />

0.99<br />

0.79<br />

0.59<br />

0.39<br />

0.19<br />

0<br />

Deformazione equivalente (in millesimi)<br />

Figura 3.4: Confronto tra l'evoluzione del danno a trazione con l'evoluzione a compressione.<br />

In caso <strong>di</strong> sforzo uniassiale è possibile trovare analiticamente le curve (σ-ε). Infatti, le equazioni<br />

(3.5.6-7-8) vengono riscritte come segue:<br />

se lo sforzo è uniassiale <strong>di</strong> trazione secondo la <strong>di</strong>rezione x :<br />

αt = 1 ; αc = 0 ; D = D t (ε e ) = D t (ε x )<br />

se lo sforzo è uniassiale <strong>di</strong> compressione secondo la <strong>di</strong>rezione x :<br />

αt = 0 ; αc = 1 ; D = D c (ε e ) = D c (ε y, ε z )<br />

per cui utilizzando l’equazione (3.6) si ricava :<br />

σ = ( 1− D)<br />

⋅E⋅<br />

εx (3.16)<br />

49


Legami costitutivi e problema non lineare Cap. 3<br />

con D = D t o D c , secondo i casi. Si hanno le due curve:<br />

Tensione<br />

0,0003<br />

0,00025<br />

0,0002<br />

0,00015<br />

0,0001<br />

0,00005<br />

0<br />

σ c<br />

σ t<br />

Deformazione principale<br />

Figura 3.5: Confronto tra curve <strong>di</strong> sforzo in materiale danneggiato a trazione o a compressione monoassiale (si<br />

è usata una scala <strong>di</strong>versa per ogni curva).<br />

Dai risultati numerici ottenuti (ve<strong>di</strong> par. 8.6) nel caso <strong>di</strong> compressione biassiale, si nota che il<br />

modello sottostima <strong>di</strong> molto la resistenza ultima del materiale rispetto ai risultati sperimentali. Questa<br />

è una conseguenza del fatto che il modello è stato formulato per campi <strong>di</strong> tensione uniassiale, e poi<br />

esteso campi <strong>di</strong> tensioni pluriassiali. Si può ottenere un certo miglioramento dei risultati introducendo<br />

un fattore correttivo γ( σi)<br />

≤ 1 [Per] in modo che la nuova deformazione equivalente da usare nel solo<br />

calcolo delle variabili D t e D c sia:<br />

εe = γ( σi) ⋅ εe<br />

con γ( σi)<br />

=<br />

∑<br />

i<br />

∑<br />

i<br />

(〈 σi〉<br />

−)<br />

(〈 σi〉<br />

−)<br />

2<br />

(3.17)<br />

50


Legami costitutivi e problema non lineare Cap. 3<br />

6. La legge d’evoluzione <strong>di</strong> Cervera<br />

Considerando una generica norma scalare τ t<br />

del tensore delle deformazioni o del tensore delle<br />

tensioni elastiche (non danneggiate) è possibile esprimere il criterio <strong>di</strong> danno [Cer] come :<br />

t t t t<br />

F( τ , r ) = τ − r ≤ 0 per ogni t ≥ 0 (3.18)<br />

τ t viene chiamata deformazione equivalente, ed r t è il massimo valore raggiunto dalla norma τ t sino<br />

all’istante considerato. Il valore iniziale r 0 è una proprietà del materiale, ed in ogni istante deve essere<br />

r t<br />

≥ r 0 . L’espressione (3.18) definisce una superficie limite nello spazio delle deformazioni o delle<br />

tensioni elastiche. Il danno aumenta quando la norma τ t supera il massimo valore raggiunto da r, in<br />

particolare il danno inizia quando la norma τ t supera il valore <strong>di</strong> soglia iniziale r 0 .<br />

Ad ogni istante i valori del danno e <strong>di</strong> soglia verranno aggiornati secondo:<br />

r t = max( r<br />

0 , t<br />

s ) con 0 ≤ s ≤ t<br />

(3.19)<br />

D<br />

0<br />

t<br />

r ⎡ r ⎤<br />

) = 1−<br />

exp⎢A⋅<br />

(1 − )<br />

t<br />

⎥<br />

r ⎣ r ⎦<br />

t<br />

( r<br />

0<br />

con 0<<br />

0 t<br />

r ≤ r<br />

(3.20)<br />

La funzione (3.20) che definisce la variabile <strong>di</strong> danno risulta essere monotona crescente e <strong>di</strong> valori<br />

compresi tra 0 ed 1.<br />

La norma τ t definisce la forma della superficie limite <strong>di</strong> danno, per cui a seconda del modello <strong>di</strong><br />

danneggiamento considerato essa assumerà espressioni <strong>di</strong>fferenti.<br />

• Modello <strong>di</strong> danno simmetrico a trazione e compressione.<br />

Viene assunta la norma:<br />

= 2 ⋅ Ψ<br />

t<br />

τ<br />

e<br />

ovvero<br />

t t<br />

τ = σ : C :<br />

e<br />

σ<br />

t<br />

e<br />

(3.21)<br />

51


Legami costitutivi e problema non lineare Cap. 3<br />

Dove Υ e<br />

è l’energia elastica corrispondente al materiale non danneggiato. Nello spazio delle tensioni<br />

elastiche la superficie limite assume la forma <strong>di</strong> un ellissoide con centro nell’origine (una sfera se<br />

ν =0). Il modello ha quin<strong>di</strong> la stessa resistenza a trazione che a compressione, perciò non è adeguato<br />

allo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> materiali come il calcestruzzo che possiede una resistenza a compressione circa 10 volte<br />

superiore <strong>di</strong> quella a trazione.<br />

• Modello con danno in sola trazione<br />

La deformazione equivalente viene ridefinita come:<br />

t t+ t+<br />

τ = σ : C: σ<br />

(3.22)<br />

e<br />

e<br />

Dove σ t+ 1 2 3<br />

e<br />

= [ ] T<br />

e<br />

σ<br />

e<br />

σ<br />

e<br />

0 0 0<br />

σ con σ e<br />

i<br />

pari alla tensione principale in <strong>di</strong>rezione i se<br />

questa è <strong>di</strong> trazione, 0 se è <strong>di</strong> compressione. Questa definizione coincide con quella precedente solo<br />

nell’ottante delle tensioni triassiali <strong>di</strong> trazione, mentre nell’ottante <strong>di</strong> compressione triassiale<br />

definisce un dominio non limitato.<br />

• Modello con danneggiamento non simmetrico<br />

E’ possibile definire un comportamento non simmetrico tra trazione e compres-sione eseguendo una<br />

correzione <strong>di</strong> soglia nel modello simmetrico. L’espressione (3.21) viene sostituita da:<br />

1 −θ<br />

t<br />

= σ<br />

(3.23)<br />

e<br />

n<br />

t<br />

t<br />

τ ( θ + ) ⋅ σ : C :<br />

e<br />

Dove n è il rapporto tra la massima resistenza a compressione (f c ) e la massima resistenza a trazione<br />

(f t ), mentre θ <strong>di</strong>pende dallo stato tensionale:<br />

3<br />

∑i<br />

∑<br />

i<br />

σ<br />

= 1 e<br />

θ = (3.24)<br />

3<br />

σ<br />

i=<br />

1<br />

i<br />

e<br />

In particolare θ è 1 se le tensioni sono nel campo delle trazioni triassiali, 0 se sono nel campo delle<br />

compressioni triassiale, un valore tra 0 e 1 negli altri casi.<br />

52


Legami costitutivi e problema non lineare Cap. 3<br />

f<br />

σ<br />

f<br />

σ<br />

f<br />

f<br />

f<br />

σ<br />

f<br />

εu<br />

f<br />

σ<br />

f<br />

σ<br />

f<br />

σ<br />

εu<br />

f<br />

σ<br />

f<br />

σ<br />

f c<br />

f<br />

σ<br />

εu<br />

f c<br />

f<br />

Figura 3.6: Superfici limite per ν= 0 nei tre modelli: modello a danno simmetrico, modello con danno a sola trazione,<br />

modello con danno a trazione e compressione.<br />

Tutti i modelli <strong>di</strong>pendono da due parametri, r 0 ed A. r 0 governa l’inizio del danneggiamento, e viene<br />

fissato (partendo da una prova <strong>di</strong> trazione monoassiale) pari a:<br />

r<br />

0<br />

=<br />

f<br />

t<br />

E<br />

(3.25)<br />

Per il parametro A si ricava l’espressione:<br />

G<br />

f<br />

⋅ E 1 −1<br />

A = ( − )<br />

(3.26)<br />

2<br />

L ⋅ ( f ) 2<br />

t<br />

Dove E è il modulo <strong>di</strong> Young, G f è l’energia <strong>di</strong> frattura del materiale per unità <strong>di</strong> area, f t è la<br />

resistenza massima a trazione, ed L è la lunghezza caratteristica dell’elemento finito (per elementi<br />

triangolari CST si è usata<br />

L = 2 ⋅ Area ).<br />

53


Legami costitutivi e problema non lineare Cap. 3<br />

Dovendo la funzione <strong>di</strong> danneggiamento essere monotona crescente, il parametro A non può essere<br />

negativo. La con<strong>di</strong>zione A ≥ 0 pone una limitazione sulle <strong>di</strong>mensioni degli elementi finiti:<br />

G<br />

f<br />

⋅ E<br />

L ≤ (3.27)<br />

2<br />

f )<br />

( t<br />

Valore danno<br />

1<br />

0,8<br />

0,6<br />

0,4<br />

0,2<br />

0<br />

Aumento <strong>di</strong> A<br />

0 1 2 3 4<br />

Valore deformazione equivalente<br />

Figura 3.7: Influenza del parametro A sull'evoluzione del danno.<br />

1<br />

Valore danno<br />

0.8<br />

0.6<br />

0.4<br />

0.2<br />

0<br />

Diminuzione <strong>di</strong> r 0<br />

0 1 2 3 4<br />

Valore deformazione equivalente<br />

Figura 8: Influenza del valore <strong>di</strong> soglia sull’evoluzione del danno.<br />

Esaminando la risposta uniassiale della legge σ – ε del modello <strong>di</strong> Cervera al variare dell’unico<br />

parametro A, si nota che non viene rappresentata in maniera adeguata la risposta a compressione del<br />

calcestruzzo (fig. 3.9) per cui vengono stu<strong>di</strong>ati altri legami.<br />

54


Legami costitutivi e problema non lineare Cap. 3<br />

-25<br />

-25<br />

-20<br />

-20<br />

Tensione (MPa)<br />

-15<br />

Tensione (MPa)<br />

-15<br />

-10<br />

-10<br />

-5<br />

-5<br />

0<br />

0<br />

-0.0005<br />

-0.001<br />

-0.0015<br />

-0.002<br />

0<br />

0<br />

-0.0005<br />

-0.001<br />

-0.0015<br />

-0.002<br />

Deformazione<br />

Deformazione<br />

Figura 3.9: Legame σ-ε uniassiale in compressione per A=0.8 e per A=0.4<br />

7. La legge d’evoluzione <strong>di</strong> Rizzi<br />

Mantenendo le leggi che descrivono la soglia <strong>di</strong> danneggiamento <strong>di</strong> Cervera, Rizzi propone la<br />

seguente legge d’evoluzione del danno [Riz]:<br />

D(<br />

r<br />

t<br />

0 t<br />

[ B ⋅ ( r − r )]<br />

0<br />

r<br />

) = 1−<br />

(1 − A)<br />

⋅ − A⋅<br />

exp<br />

(3.28)<br />

t<br />

r<br />

Anche questo legame (ideato per lo stu<strong>di</strong>o della meccanica delle rocce) non rappresenta bene il<br />

comportamento del calcestruzzo.<br />

55


Legami costitutivi e problema non lineare Cap. 3<br />

8. La legge <strong>di</strong> evoluzione proposta per il modello isotropo<br />

Volendo meglio rappresentare il tratto <strong>di</strong> softening del calcestruzzo, si ricerca una formula adatta per<br />

la legge <strong>di</strong> evoluzione del danno. L’equazione analitica deve sod<strong>di</strong>sfare le seguenti caratteristiche. Per<br />

∂D<br />

r = r 0 deve essere D = 0, per r = r 0 deve essere D = 0 e la derivata = 0<br />

∂r<br />

r=r0<br />

L’equazione proposta è la seguente:<br />

( t<br />

) ⎡<br />

= 1 − exp ⎢ ⋅ (1 r<br />

D r<br />

A −<br />

⎣ r<br />

t<br />

) 2<br />

0<br />

⎤<br />

⎥<br />

⎦<br />

(3.29)<br />

con A un parametro <strong>di</strong>mensionale. Il legame uniassiale risulta ora:<br />

5<br />

0<br />

-0.009 -0.008 -0.007 -0.006 -0.005 -0.004 -0.003 -0.002 -0.001 0 0.001 0.002<br />

-5<br />

-10<br />

-15<br />

-20<br />

Tensione (MPa)<br />

-25<br />

-30<br />

-35<br />

Deformazione<br />

-40<br />

Figura 3.10: Relazione tensione - deformazione per la legge <strong>di</strong> danno proposta.<br />

56


Legami costitutivi e problema non lineare Cap. 3<br />

9. Un legame ortotropo<br />

Oltre ai legami isotropi esposti nei precedenti paragrafi, si è implementato anche un legame<br />

ortotropo, generalizzando in 3 <strong>di</strong>mensioni i legami uniassiali delle teorie costruite per analizzare stati<br />

<strong>di</strong> sforzo in regime membranale (CFT, MCFT, RA-STM); ne risulta un legame a fessura rotante e<br />

<strong>di</strong>ffusa all’interno dell’elemento finito. Il proce<strong>di</strong>mento seguito per il calcolo della matrice del<br />

materiale nel sistema <strong>di</strong> riferimento globale è il seguente:<br />

● Dalla soluzione elastica lineare ottenuta dall’analisi per elementi finiti, si ricavano le 3<br />

deformazioni principali e le 3 <strong>di</strong>rezioni principali utilizzando l’algoritmo <strong>di</strong> Jacobi sul tensore delle<br />

deformazioni (si ricavano autovalori ed autovettori).<br />

● Si forma la matrice <strong>di</strong> rigidezza del materiale nel sistema <strong>di</strong> riferimento principale, associando ad<br />

ogni <strong>di</strong>rezione principale una legge costitutiva uniassiale.Il modulo <strong>di</strong> Poisson viene assunto nullo,<br />

per cui la matrice del materiale in questo sistema <strong>di</strong> riferimento risulta <strong>di</strong>agonale. Definendo il<br />

parametro <strong>di</strong> softened ζ =<br />

compressione sono:<br />

1<br />

1+<br />

400⋅<br />

ε eq<br />

, i legami costitutivi considerati per il calcestruzzo in<br />

Ramo ascendente: ( ε ≤ζ<br />

⋅ )<br />

(3.30)<br />

d<br />

ε 0<br />

σ = ζ ⋅<br />

d<br />

f<br />

'<br />

c<br />

⎡ ⎛ ε<br />

d<br />

⎞ ⎛ ε<br />

d<br />

⎞<br />

⎢2<br />

⎜<br />

⎟ −<br />

⎜<br />

⎟<br />

⎢⎣<br />

⎝ζ<br />

⋅ε<br />

0 ⎠ ⎝ζ<br />

⋅ε<br />

0 ⎠<br />

2<br />

⎤<br />

⎥<br />

⎥⎦<br />

Ramo <strong>di</strong>scendente: ( ε > ζ ⋅ )<br />

d<br />

ε 0<br />

2<br />

⎡ ⎛ ε ⎤<br />

d ⎞<br />

⎢ ⎜ −1⎟<br />

⎥<br />

⎢ ⎜ ζε<br />

0<br />

σ<br />

⎟ ⎥<br />

d<br />

= ζ ⋅ f '<br />

c<br />

1 −<br />

⎢ ⎜ ⎟<br />

(3.31)<br />

2 ⎥<br />

⎢ ⎜ −1<br />

⎟ ⎥<br />

⎢⎣<br />

⎝ ζ ⎠ ⎥⎦<br />

57


Legami costitutivi e problema non lineare Cap. 3<br />

Il parametro <strong>di</strong> softened ha lo scopo <strong>di</strong> ridurre la legge costitutiva a compressione del calcestruzzo,<br />

per tener conto della <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> comportamento tra un calcestruzzo appartenente ad una struttura<br />

reale ed un calcestruzzo appartenente ad un provino sottoposto a compressione.<br />

Figura 3.11: Legame uniassiale del calcestruzzo compresso.<br />

L’effetto <strong>di</strong> una tensione trasversale <strong>di</strong> trazione mo<strong>di</strong>fica la legge a compressione riducendone sia il<br />

valore <strong>di</strong> sforzo massimo sia la relativa deformazione. Per definire il parametro <strong>di</strong> softened<br />

ζ =<br />

1<br />

1+<br />

400<br />

⋅ε eq<br />

si definisce una deformazione <strong>di</strong> trazione trasversale equivalente, se la <strong>di</strong>rezione<br />

delle compressioni è la 1, si assume<br />

2<br />

3<br />

2<br />

ε<br />

eq<br />

= ε 2<br />

+ ε dove ε<br />

2<br />

vale 0 se la deformazione è <strong>di</strong><br />

compressione, ε<br />

2<br />

se è <strong>di</strong> trazione.<br />

Per il calcestruzzo in trazione si utilizza il seguente legame:<br />

Ramo ascendente: ( ε ≤ ε ) σ<br />

r<br />

= Ec<br />

⋅ε<br />

r<br />

= 3 .875 f '<br />

c<br />

⋅ε<br />

r<br />

(3.32)<br />

r<br />

cr<br />

Ramo <strong>di</strong>scendente: ε > ε<br />

r<br />

cr<br />

0.4<br />

⎛ ε<br />

cr<br />

⎞<br />

0 ⎛ 0.00008<br />

.31 '<br />

⎟ ⎞<br />

σ ⎜<br />

⎟ = ⋅<br />

⎜<br />

r<br />

= f<br />

cr<br />

f<br />

c<br />

(3.33)<br />

⎝ ε<br />

r ⎠<br />

⎝ ε<br />

r ⎠<br />

0.4<br />

58


Legami costitutivi e problema non lineare Cap. 3<br />

Figura 3.12: Legame uniassiale del calcestruzzo in trazione.<br />

In tutte le formule precedenti si è assunto<br />

E<br />

c<br />

= 3875 f ' [MPa] (Modulo elastico del calcestruzzo),<br />

ε = 0.00008 (Deformazione <strong>di</strong> fessurazione), = 0.31 f ' c [MPa] (Tensione <strong>di</strong> fessurazione).<br />

cr<br />

Il generico modulo G, viene formato come:<br />

f cr<br />

c<br />

G<br />

ij<br />

Ei<br />

⋅E<br />

j<br />

= (3.34)<br />

E + E<br />

i<br />

j<br />

● Formata la matrice D nel sistema <strong>di</strong> riferimento principale, si ricavano le proprietà del materiale<br />

nel sistema globale tramite la relazione<br />

D<br />

XYZ<br />

= T<br />

T<br />

⋅D<br />

123<br />

⋅T<br />

dove [L3], [VMW]:<br />

2<br />

2<br />

2<br />

⎡ l<br />

⎤<br />

1<br />

m1<br />

n1<br />

l1<br />

⋅m1<br />

m1<br />

⋅n1<br />

l1⋅n1<br />

⎢ 2<br />

2<br />

2<br />

⎥<br />

⎢ l2<br />

m2<br />

n2<br />

l2<br />

⋅m2<br />

m2<br />

⋅n2<br />

l2<br />

⋅n2<br />

⎥<br />

⎢<br />

2<br />

2<br />

2<br />

l<br />

⎥<br />

3<br />

m3<br />

n3<br />

l3<br />

⋅m3<br />

m3<br />

⋅n3<br />

l3<br />

⋅n3<br />

T = ⎢<br />

⎥<br />

(3.35)<br />

⎢2⋅l1<br />

⋅l2<br />

2⋅m1<br />

⋅m2<br />

2⋅n1<br />

⋅n2<br />

l1<br />

⋅m2<br />

+ l2<br />

⋅m1<br />

m1<br />

⋅n2<br />

+ m2<br />

⋅n1<br />

n1<br />

⋅l2<br />

+ n2<br />

⋅l1<br />

⎥<br />

⎢2⋅l<br />

⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ + ⋅ ⋅ + ⋅ ⋅ + ⋅ ⎥<br />

2<br />

l3<br />

2 m2<br />

m3<br />

2 n2<br />

n3<br />

l2<br />

m3<br />

l3<br />

m2<br />

m2<br />

n3<br />

m3<br />

n2<br />

n2<br />

l3<br />

n3<br />

l2<br />

⎢<br />

⎥<br />

⎢⎣<br />

2⋅l3<br />

⋅l1<br />

2⋅m3<br />

⋅m1<br />

2⋅n3<br />

⋅n1<br />

l3<br />

⋅m1<br />

+ l1⋅m3<br />

m3<br />

⋅n1<br />

+ m1<br />

⋅n3<br />

n3<br />

⋅l1<br />

+ n1<br />

⋅l3<br />

⎥⎦<br />

avendo in<strong>di</strong>cato con l m n i coseni <strong>di</strong>rettori della terna principale rispetto al sistema X Y Z.<br />

i<br />

i<br />

i<br />

59


Legami costitutivi e problema non lineare Cap. 3<br />

● Calcolate le proprietà del materiale nel sistema <strong>di</strong> riferimento principale, la matrice <strong>di</strong> rigidezza<br />

dell’elemento finito viene calcolata in modo analogo al caso isotropo.<br />

10. Legami costitutivi dell’acciaio<br />

Per l’acciaio normale il legame più semplice è quello bilatero simmetrico, <strong>di</strong> tipo elastico<br />

perfettamente plastico. Si assume quin<strong>di</strong>:<br />

σ<br />

E ε<br />

s<br />

=<br />

s<br />

⋅<br />

s<br />

per<br />

s y<br />

ε < ε ramo elastico lineare (3.36)<br />

σ<br />

s<br />

= f y<br />

per ε<br />

s<br />

≥ ε<br />

y<br />

ramo plastico (3.37)<br />

dove<br />

E<br />

s<br />

: Modulo elastico delle armature, f<br />

y<br />

: Valore dello sforzo <strong>di</strong> snervamento dell’ armatura.<br />

Questo modello rappresenta bene la risposta <strong>di</strong> un provino <strong>di</strong> acciaio in una prova <strong>di</strong> trazione, il<br />

comportamento delle barre d’armatura immerse (embedded) nel calcestruzzo è però <strong>di</strong>verso. La<br />

<strong>di</strong>fferenza più importante è l’abbassamento della tensione<br />

f<br />

y<br />

; inoltre, dopo lo snervamento, il<br />

comportamento della barra immersa nel calcestruzzo è <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile determinazione in quanto la<br />

deformazione dell’acciaio nella zona <strong>di</strong> fessura cresce rapidamente. Un legame costitutivo più vicino<br />

al reale comportamento dell’acciaio immerso nel calcestruzzo prevede le seguenti equazioni<br />

costitutive [L22], [Vec]:<br />

f<br />

= ⋅ε<br />

Ramo elastico, fig. 3.13 ( ε<br />

s<br />

≤ ε<br />

n<br />

) (3.33)<br />

s<br />

E s<br />

f = f<br />

s<br />

y<br />

s<br />

⎡<br />

ε ⎤<br />

s<br />

⎢( 0 .91−2B) + ( 0.02+<br />

0.25B)<br />

. ⎥ Ramo <strong>di</strong> incru<strong>di</strong>mento, fig. 3.13 ( ε<br />

s<br />

> ε<br />

n<br />

) (3.34)<br />

⎢⎣<br />

ε<br />

y ⎥⎦<br />

Essendo ε<br />

n<br />

la deformazione me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> snervamento delle barre d’acciaio avvolte dal calcestruzzo<br />

misurata all’inizio dello snervamento effettivo e pari a =ε ( 0.93−<br />

B)<br />

ε .<br />

n y<br />

2<br />

60


Legami costitutivi e problema non lineare Cap. 3<br />

Il parametro<br />

⎛ 1 ⎞⎛<br />

B=<br />

⎜ ⎟⎜<br />

⎝ ρ ⎠<br />

⎝<br />

f<br />

f<br />

cr<br />

y<br />

⎞<br />

⎟<br />

⎠<br />

1.5<br />

è il termine associato allo snervamento apparente delle barre.<br />

Figura 3.13: Legame uniassiale per l'acciaio immerso nel calcestruzzo.<br />

Per l’acciaio <strong>di</strong> precompressione il modello assunto è quello <strong>di</strong> Ramberg-Osgood [MC90]:<br />

f<br />

p<br />

= E ( E + ε ) Ramo elastico, fig. 3.14 ( f 0. 7 f )<br />

ps<br />

dec<br />

s<br />

p<br />

≤ (3.35)<br />

pu<br />

'<br />

E<br />

ps<br />

( ε<br />

dec<br />

+ ε<br />

s<br />

)<br />

'<br />

( E ( ε + ))/<br />

f<br />

= Ramo <strong>di</strong> incru<strong>di</strong>mento, fig. 3.14 ( f<br />

[ { } ] m 1<br />

1 +<br />

m<br />

p<br />

0. 7 f<br />

pu<br />

)<br />

ps dec<br />

ε<br />

s pu<br />

f<br />

p<br />

/<br />

> (3.36)<br />

Figura 3.14: Legame uniassiale per l'acciaio da precompressione.<br />

61


Legami costitutivi e problema non lineare Cap. 3<br />

10. Cenni sulla regolarizzazione della risposta non lineare<br />

L’implementazione <strong>di</strong> un co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> calcolo che stu<strong>di</strong> il ramo <strong>di</strong> “softening” <strong>di</strong> un materiale presenta<br />

numerose <strong>di</strong>fficoltà. Una <strong>di</strong> queste è la localizzazione del danneggiamento in zone <strong>di</strong> volume tendenti<br />

a zero, quando il <strong>di</strong>agramma sforzi deformazioni manifesta pendenza negativa. Questo<br />

comporterebbe l’annullarsi dell’energia <strong>di</strong>ssipata dalla struttura, fenomeno fisicamente non realistico.<br />

Per ovviare questo inconveniente si sono stu<strong>di</strong>ati dei meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> regolarizzazione, che tramite<br />

l’introduzione <strong>di</strong> una lunghezza caratteristica <strong>di</strong>pendente dal materiale, governano l’ampiezza della<br />

zona nella quale si concentrano i fenomeni anelastici [Per],[BoM2]. La regolarizzazione del modello<br />

a danno può avvenire con uno dei seguenti meto<strong>di</strong> [Mai]:<br />

● Regolarizzazione basata sull’energia <strong>di</strong> frattura.<br />

I parametri che governano il softening del materiale vengono mo<strong>di</strong>ficati al variare della mesh, in<br />

modo che l’energia <strong>di</strong> frattura associata all’elemento finito rimanga costante.<br />

● Modello <strong>di</strong> danno non locale.<br />

Si considera che l’evoluzione del danno in un punto sia governato dalla me<strong>di</strong>a pesata su <strong>di</strong> un volume<br />

rappresentativo <strong>di</strong> materiale, anziché solo dal suo valore puntuale.<br />

● Modello <strong>di</strong> danno con gra<strong>di</strong>ente <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne superiore.<br />

Si assume che il comportamento del materiale in un punto <strong>di</strong>penda non solo dal valore del danno in<br />

quel punto, ma anche dal suo gra<strong>di</strong>ente.<br />

● Regolarizzazione viscosa.<br />

Si introduce nel modello una <strong>di</strong>pendenza dal tempo me<strong>di</strong>ante un parametro <strong>di</strong> viscosità fittizia.<br />

Il modello a danno isotropo <strong>di</strong> Cervera, utilizza una regolarizzazione basata sull’energia <strong>di</strong> frattura,<br />

<strong>di</strong>fatti il parametro<br />

G<br />

f<br />

⋅ E 1 −1<br />

A = ( − ) viene ricavato in modo che i vari elementi della mesh<br />

2<br />

L ⋅ ( f ) 2<br />

t<br />

abbiano la stessa energia <strong>di</strong> frattura. Nella formula per ricavare A, il parametro L (lunghezza<br />

caratteristica dell’elemento finito) caratterizza la <strong>di</strong>mensione dei singoli elementi.<br />

62


Legami costitutivi e problema non lineare Cap. 3<br />

Il modello ortotropo viene invece regolarizzato utilizzando un danno non locale [BoM2]. Definita<br />

una grandezza caratteristica per la struttura λ (che può essere l’altezza della trave in caso <strong>di</strong> travi<br />

inflesse) in ogni punto <strong>di</strong> Gauss viene calcolata una deformazione non locale pari a:<br />

~ ε = c⋅ε<br />

+ (1−<br />

c)<br />

⋅<br />

∑<br />

i<br />

ε(<br />

ξ ) ⋅w(<br />

ξ )<br />

∑<br />

i<br />

w(<br />

ξ )<br />

dove la sommatoria sull’in<strong>di</strong>ce i è riferita a tutti i valori <strong>di</strong> deformazione appartenenti ad una sfera<br />

centrata nel punto corrente <strong>di</strong> raggio pari a<br />

2 ⋅λ<br />

, ξ è la <strong>di</strong>stanza dal punto corrente al generico punto<br />

interno alla sfera e w è il peso da assegnare alle varie deformazioni. La funzione peso w è stata<br />

assunta pari a<br />

2<br />

−(<br />

ξ / λ )<br />

w(<br />

ξ ) =e mentre alla costante c è stato assegnato un valore <strong>di</strong> 0.9.<br />

11. Metodo della secante per la soluzione <strong>di</strong> problemi non lineari<br />

Se il materiale è non lineare elastico, l’equazione costitutiva non <strong>di</strong>pende dalla storia <strong>di</strong> carico.<br />

L’equazione <strong>di</strong> equilibrio per il singolo elemento è:<br />

K ⋅ S = R<br />

(3.37)<br />

e<br />

e<br />

dove<br />

K è la matrice <strong>di</strong> rigidezza secante:<br />

e<br />

K<br />

e<br />

= ∫ B ⋅ D ⋅ B ⋅ dV<br />

(3.38)<br />

V<br />

T<br />

la matrice costitutiva D conterrà i moduli secanti del materiale. Assemblando le (3.38) si trova un<br />

sistema <strong>di</strong> equazioni algebriche non lineari, la cui soluzione si ottiene col metodo iterativo della<br />

secante.<br />

63


Legami costitutivi e problema non lineare Cap. 3<br />

Alla i-esima iterazione si ha:<br />

( i− 1) ( i)<br />

K ⋅ S = R<br />

t<br />

t<br />

(3.39)<br />

dove la matrice <strong>di</strong> rigidezza secante è calcolata alla iterazione precedente come:<br />

K<br />

( i− 1) T ( i−1)<br />

e<br />

= ∫ B<br />

V<br />

⋅ D<br />

⋅ B ⋅ dV<br />

(3.40)<br />

La soluzione viene eseguita in modo automatico con le seguenti operazioni. Supponiamo <strong>di</strong> applicare<br />

il carico R totale (lo schema seguente è valido nel caso <strong>di</strong> un modello a danno isotropo, la<br />

generalizzazione ad legame anisotropo è imme<strong>di</strong>ata).<br />

Iterazione i = 1<br />

Calcolo della matrice <strong>di</strong> rigidezza col modulo iniziale, per tutti gli elementi.<br />

K<br />

(0)<br />

e<br />

= ∫ B<br />

V<br />

T<br />

⋅ D<br />

(0)<br />

⋅ B ⋅ dV<br />

Assemblaggio e risoluzione del sistema lineare.<br />

(0)<br />

K ⋅ S = R<br />

t<br />

(1)<br />

t<br />

Calcolo della deformazione degli elementi.<br />

ε<br />

(1)<br />

= B ⋅ S<br />

(1)<br />

Valutazione del danneggiamento per ogni elemento, calcolo della tensione <strong>di</strong> Cauchy e della nuova<br />

matrice costitutiva.<br />

64


Legami costitutivi e problema non lineare Cap. 3<br />

σ<br />

(1)<br />

(0)<br />

= D ⋅ d<br />

(1) (1)<br />

( 1−<br />

) ⋅ε<br />

D<br />

(1)<br />

= D<br />

(0)<br />

⋅ (1 − d<br />

(1)<br />

)<br />

Calcolo delle forze interne equivalenti alle tensioni <strong>di</strong> Cauchy per ogni elemento.<br />

F<br />

(1)<br />

e<br />

= ∫ B<br />

V<br />

T<br />

⋅σ<br />

(1)<br />

⋅ dV<br />

Assemblaggio delle forze interne e calcolo dello squilibrio.<br />

P<br />

(1)<br />

(1)<br />

t<br />

= R − F t<br />

F<br />

Squilibrio alla seconda iterazione<br />

R<br />

1 2 i<br />

Punto <strong>di</strong> equilibrio teorico<br />

Punto <strong>di</strong> equilibrio numerico<br />

S(1) S(2) S(i)<br />

S<br />

Figura 3.15: Metodo della matrice secante.<br />

Iterazione i = 2<br />

Calcolo della matrice <strong>di</strong> rigidezza col modulo iniziale, per tutti gli elementi.<br />

K<br />

(1)<br />

e<br />

= ∫ B<br />

V<br />

T<br />

⋅ D<br />

(1)<br />

⋅ B ⋅ dV<br />

Assemblaggio e risoluzione del sistema lineare.<br />

65


Legami costitutivi e problema non lineare Cap. 3<br />

(1)<br />

K ⋅ S = R<br />

t<br />

(2)<br />

t<br />

Calcolo della deformazione degli elementi.<br />

ε<br />

(2)<br />

= B ⋅ S<br />

(2)<br />

Valutazione del danneggiamento per ogni elemento, calcolo della tensione <strong>di</strong> Cauchy e della nuova<br />

matrice costitutiva.<br />

σ<br />

(2)<br />

(0)<br />

= D ⋅ d<br />

(2) (2)<br />

( 1−<br />

) ⋅ε<br />

D<br />

(2)<br />

= D<br />

(0)<br />

⋅ (1 − d<br />

(2)<br />

)<br />

Calcolo delle forze interne equivalenti alle tensioni <strong>di</strong> Cauchy per ogni elemento.<br />

F<br />

(2)<br />

e<br />

= ∫ B<br />

V<br />

T<br />

⋅σ<br />

(2)<br />

⋅ dV<br />

Assemblaggio delle forze interne e calcolo dello squilibrio.<br />

P<br />

(2)<br />

(2)<br />

t<br />

= R − F t<br />

Il proce<strong>di</strong>mento iterativo prosegue finché non viene sod<strong>di</strong>sfatto un opportuno criterio <strong>di</strong> convergenza<br />

[L2, L6, L18, L19]. Un primo criterio è quello <strong>di</strong> determinare la norma dell’incremento <strong>di</strong><br />

spostamento e rapportarla alla norma dello spostamento corrente; si raggiunge convergenza quando<br />

tale rapporto è minore <strong>di</strong> una quantità prefissata:<br />

S<br />

( i)<br />

− S<br />

S<br />

( i)<br />

( i−1)<br />

≤ δ<br />

1<br />

(3.41)<br />

66


Legami costitutivi e problema non lineare Cap. 3<br />

Un altro criterio si basa sulla norma delle forze residue rapportata alla norma dei carichi esterni:<br />

R − F<br />

R<br />

( i)<br />

≤ δ<br />

2<br />

(3.42)<br />

Un terzo criterio può essere quello <strong>di</strong> rapportare la norma sul lavoro fatto rispetto al lavoro iniziale:<br />

( R − F<br />

( i)<br />

T<br />

)<br />

( R − F<br />

⋅ ( S<br />

(1)<br />

)<br />

( i)<br />

T<br />

− S<br />

⋅ S<br />

(1)<br />

( i−1)<br />

)<br />

≤ δ<br />

3<br />

(3.43)<br />

Come norma viene generalmente usata la norma euclidea.<br />

Il proce<strong>di</strong>mento viene invece arrestato nel caso <strong>di</strong> mancata convergenza della soluzione nel numero<br />

massimo <strong>di</strong> iterazioni previste. Questa situazione è in genere associata ad una con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> carico<br />

che supera la capacita portante della struttura. La tecnica risolutiva secante presenta dei vantaggi e<br />

degli svantaggi. La matrice <strong>di</strong> rigidezza secante è definita positiva per cui il proce<strong>di</strong>mento iterativo<br />

risulta molto più affidabile rispetto ad altri algoritmi. La velocità <strong>di</strong> convergenza del metodo secante è<br />

però più bassa essendo un metodo del primo or<strong>di</strong>ne. La limitazione fondamentale dell’impostazione<br />

secante risiede però nell’ipotizzare un legame costitutivo dei materiali elastico non lineare per cui<br />

non è possibile cogliere i fenomeni isteretici.<br />

Altri algoritmi numerici utilizzati nella risoluzione <strong>di</strong> problemi non lineari sono il metodo <strong>di</strong> Newton<br />

ed i meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> Newton mo<strong>di</strong>ficati. Questi meto<strong>di</strong> sono <strong>di</strong> tipo incrementale, e sono più adatti, rispetto<br />

al metodo secante, a seguire una storia <strong>di</strong> carico complicata.<br />

Il metodo <strong>di</strong> Newton, o metodo della matrice tangente, in particolare converge con velocità <strong>di</strong><br />

convergenza 2 se la soluzione <strong>di</strong> partenza nella generica iterazione, è sufficientemente vicina alla<br />

soluzione esatta.<br />

67


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

CAP. 4<br />

Applicazioni in campo elastico lineare<br />

In<strong>di</strong>ce riassuntivo delle applicazioni riportate<br />

Esempi eseguiti con tutti i 3 co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> calcolo implementati (integrazione completa, integrazione<br />

selettiva, funzioni <strong>di</strong> forma non compatibili) :<br />

- Patch Test per l’elemento solido integrato in modo selettivo.<br />

- Patch Test per l’elemento solido aventi funzioni <strong>di</strong> forma non compatibili.<br />

- Analisi una mensola snella e soggetta ad un carico concentrato.<br />

- Analisi <strong>di</strong> una trave doppiamente incastrata e soggetta ad un carico uniforme.<br />

Esempi eseguiti col solo co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> calcolo operante con funzioni non compatibili:<br />

- Stu<strong>di</strong>o della deformabilità trasversale e dell’ingobbimento sezionale <strong>di</strong> un elemento in<br />

parete sottile a profilo rettangolare chiuso.<br />

Esempi eseguiti col solo co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> calcolo operante ad integrazione selettiva:<br />

- Patch Test per l’elemento solido con acciaio <strong>di</strong>ffuso.<br />

- Patch Test per l’elemento solido con acciaio embedded.<br />

- Patch Test per l’elemento solido presollecitato.<br />

- Pilastro soggetto a peso proprio.<br />

- Stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> una pila da ponte a profilo misto in campo elastico lineare.<br />

68


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

1. Patch Test per l’elemento solido integrato in modo selettivo<br />

Il Patch Test è stato introdotto dal Prof. Irons come mezzo per verificare la convergenza <strong>di</strong> un<br />

elemento finito non compatibile. In questo lavoro viene eseguito sia per testare il co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> calcolo<br />

implementato, sia per verificare la correttezza della soluzione ottenuta tramite l’integrazione selettiva<br />

(e quin<strong>di</strong> con presenza <strong>di</strong> mo<strong>di</strong> deformativi ad energia nulla). Tutte le prove numeriche sono state<br />

eseguite sia con un modulo <strong>di</strong> Poisson nullo, sia pari a 0.2.<br />

Il Patch Test <strong>di</strong> esegue nel seguente modo.<br />

1) Si forma una maglia <strong>di</strong> elementi contenenti almeno un nodo interno. Le maglie devono<br />

essere non regolari in modo da prevenire eventuali compensazioni <strong>di</strong> errore per simmetria. La maglia<br />

scelta in questo lavoro, riproduce un cubo <strong>di</strong> lato 2 sud<strong>di</strong>viso in 8 cubi <strong>di</strong> lato 1. Se la maglia non<br />

fosse <strong>di</strong>storta il nodo centrale avrebbe avuto coor<strong>di</strong>nate pari a 0,0,0; è stato invece imposto che il<br />

punto centrale avesse coor<strong>di</strong>nate 0.2,0.1,0.3 in modo da ottenere un cubo regolare dall’assemblaggio<br />

<strong>di</strong> 8 elementi <strong>di</strong>storti.<br />

z<br />

y<br />

x<br />

Figura 5.1: Rappresentazione della struttura utilizzata nel Patch Test.<br />

2) Si assumono arbitrariamente che dei polinomi P i (x,y,z) siano la soluzione del problema<br />

negli spostamenti u (in X), v (in Y) e w (in Z).<br />

69


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

3) Si calcolano i valori <strong>di</strong> P i , k nei no<strong>di</strong> esterni della mesh, e si effettua una prova numerica<br />

imponendo i valori P i,k e controllando che gli spostamenti calcolati nel nodo centrale coincidano coi<br />

valori ottenibili dai polinomi imposti.<br />

a) Prova <strong>di</strong> trazione uniassiale<br />

Si impone uno spostamento in <strong>di</strong>rezione X pari a 1.0 per i no<strong>di</strong> con coor<strong>di</strong>nata x = 1.0, 0.5 per i no<strong>di</strong><br />

con coor<strong>di</strong>nata x = 0.0 e 0.0 per i no<strong>di</strong> <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nata –1.0. Tutti gli altri spostamenti dei no<strong>di</strong> esterni<br />

vengono imposti nulli. Alla struttura rimangono così solamente i 3 gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> libertà relativi al nodo<br />

interno.<br />

La soluzione imposta prevede i seguenti spostamenti:<br />

u ( x , y,<br />

z)<br />

= 0.5 ⋅(1.0<br />

+ x)<br />

In <strong>di</strong>rezione X<br />

v ( x,<br />

y,<br />

z)<br />

= 0.0<br />

In <strong>di</strong>rezione Y<br />

w ( x,<br />

y,<br />

z)<br />

= 0.0<br />

In <strong>di</strong>rezione Z<br />

Per il nodo centrale si deve ottenere uno spostamento pari a u = 0 .5 ⋅(0.2+<br />

1) = 0. 6<br />

Il risultato numerico ottenuto è<br />

u = 6.000000000000002E-001<br />

v = 1.242266312400961E-017<br />

z = -8.848897666825595E-018<br />

Mentre in termini <strong>di</strong> tensioni in tutti gli elementi risulta:<br />

PT G SIGMA X SIGMA Y SIGMA Z TAU XY TAU YZ TAU XZ<br />

1 .2000E+02 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

2 .2000E+02 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

3 .2000E+02 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

4 .2000E+02 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

5 .2000E+02 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

6 .2000E+02 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

7 .2000E+02 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

8 .2000E+02 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

9 .2000E+02 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

70


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

Stesse tensioni negli altri elementi. Dato che si è assunto un modulo <strong>di</strong> elasticità pari a 40.0 ed un<br />

∆ 1.0<br />

modulo <strong>di</strong> Poisson pari a 0.0, σ = E ⋅ ε = E ⋅ = 40 .0 ⋅ = 20. 0 il risultato appare corretto.<br />

Lato 2.0<br />

Questa stessa prova numerica è stata eseguita anche per un nodo interno <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nate x = 0.1, y =<br />

0.2, z = 0.3 e per x = 0.0, y = 0.0, z =0.0, poiché non è detto che se la soluzione calcolata è corretta<br />

per una posizione del nodo centrale, lo sia anche per altre posizioni. In tutte le prove eseguite i<br />

risultati sono stati comunque corretti.<br />

La prova è stata quin<strong>di</strong> ripetuta utilizzando un modulo <strong>di</strong> Poisson pari a 0.2. La soluzioni in termini <strong>di</strong><br />

spostamento non deve essere influenzata dal valore del modulo <strong>di</strong> Poisson, per cui ci si attende uno<br />

spostamento del nodo centrale pari a 0.6 in <strong>di</strong>rezione X.<br />

Essendo impe<strong>di</strong>ta la contrazione laterale, nasceranno però delle tensioni anche in <strong>di</strong>rezione Y e Z, e la<br />

tensione in X risulterà maggiore rispetto al caso stu<strong>di</strong>ato in precedenza. Chiamando ∆ il generico<br />

ce<strong>di</strong>mento imposto sulla faccia del cubo e b il lato del cubo, è possibile, utilizzando il metodo delle<br />

forze, scrivere il seguente sistema:<br />

⎡ b<br />

⎢ E<br />

⎢<br />

⎢ ν ⋅ b<br />

⎢−<br />

⎢<br />

E<br />

⎢ ν ⋅ b<br />

⎢−<br />

⎣ E<br />

ν ⋅ b<br />

−<br />

E<br />

b<br />

E<br />

ν ⋅ b<br />

−<br />

E<br />

ν ⋅ b⎤<br />

− ⎥ ⎡σ<br />

x ⎤ ⎡∆<br />

E<br />

⎥ ⎢ ⎥ ⎢<br />

ν ⋅ b⎥<br />

⎢ ⎥ ⎢<br />

− ⎥ ⋅ ⎢σ<br />

⎥ = ⎢<br />

y<br />

∆<br />

E<br />

⎥ ⎢ ⎥ ⎢<br />

⎥ ⎢ ⎥ ⎢<br />

b<br />

⎥ ⎢<br />

⎣σ<br />

⎥<br />

⎦<br />

⎢<br />

z ⎣∆<br />

E ⎦<br />

⎤<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎦<br />

x<br />

y<br />

z<br />

(5.1)<br />

risolvendo il (5.1) è possibile ricavare la soluzione corretta in termini <strong>di</strong> tensioni, dati i ce<strong>di</strong>menti<br />

imposti sulle facce. Nel caso in esame si ottieneσ<br />

22 .2 σ = 5.5 σ = 5. 5<br />

L’elaborazione numerica fornisce in termini <strong>di</strong> spostamento:<br />

x<br />

=<br />

y<br />

z<br />

u = 6.000000000000000E-001<br />

v = 3.337805100953997E-017<br />

w = -3.929851842769097E-017<br />

71


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

Mentre in termini <strong>di</strong> tensioni in tutti gli elementi risulta:<br />

PT G SIGMA X SIGMA Y SIGMA Z TAU XY TAU YZ TAU XZ<br />

1 .2222E+02 .5556E+01 .5556E+01 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

2 .2222E+02 .5556E+01 .5556E+01 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

3 .2222E+02 .5556E+01 .5556E+01 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

***<br />

7 .2222E+02 .5556E+01 .5556E+01 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

8 .2222E+02 .5556E+01 .5556E+01 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

9 .2222E+02 .5556E+01 .5556E+01 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

Questa setessa prova numerica è stata eseguita anche per un nodo interno <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nate x = 0.1, y =<br />

0.2, z = 0.0 e per x = 0.0, y = 0.0, z =0.0, in tutte le prove eseguite i risultati sono corretti.<br />

b) Prova <strong>di</strong> taglio puro<br />

Si impone uno spostamento in <strong>di</strong>rezione Y pari ad 1.0 a tutti i no<strong>di</strong> con Z = 1.0 e uno spostamento<br />

pari a 0.5 nei no<strong>di</strong> con Z = 0.5. Ovvero si impone uno spostamento che sod<strong>di</strong>sfi i polinomi:<br />

u ( x,<br />

y,<br />

z)<br />

= 0.0<br />

In <strong>di</strong>rezione X<br />

v ( x , y,<br />

z)<br />

= 0.5 ⋅(1.0<br />

+ z)<br />

In <strong>di</strong>rezione Y<br />

w ( x,<br />

y,<br />

z)<br />

= 0.0<br />

In <strong>di</strong>rezione Z<br />

Lo spostamento del nodo centrale deve perciò risultare v = 0 .5 ⋅(1.0<br />

+ 0.2) = 0. 6 sia con modulo <strong>di</strong><br />

Poisson nullo che con modulo <strong>di</strong> Poisson pari a 0.2.<br />

Le uniche tensioni non nulle saranno le τ yz che dovranno valere:<br />

per ν = 0.0 γ = 0.5 τ = 10.0<br />

per ν = 0.2 γ = 0.5 τ = 8 . 3<br />

72


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

Per ν = 0.0 l’elaborazione numerica fornisce in termini <strong>di</strong> spostamento:<br />

u = 6.987782965174495E-018<br />

v = 6.000000000000001E-001<br />

w = 4.119739619340261E-017<br />

Mentre in termini <strong>di</strong> tensioni, in tutti gli elementi risulta:<br />

PT G SIGMA X SIGMA Y SIGMA Z TAU XY TAU YZ TAU XZ<br />

1 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .1000E+02 .0000E+00<br />

2 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .1000E+02 .0000E+00<br />

3 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .1000E+02 .0000E+00<br />

* * *<br />

8 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .1000E+02 .0000E+00<br />

9 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .1000E+02 .0000E+00<br />

Per ν = 0.2 l’elaborazione numerica fornisce in termini <strong>di</strong> spostamento:<br />

u = -1.609447109364453E-017<br />

v = 6.000000000000002E-001<br />

w = 2.593942896853087E-017<br />

Mentre in termini <strong>di</strong> tensioni, in tutti gli elementi risulta:<br />

PT G SIGMA X SIGMA Y SIGMA Z TAU XY TAU YZ TAU XZ<br />

1 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .8333E+01 .0000E+00<br />

2 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .8333E+01 .0000E+00<br />

* * *<br />

7 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .8333E+01 .0000E+00<br />

8 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .8333E+01 .0000E+00<br />

9 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .8333E+01 .0000E+00<br />

Questa stessa prova numerica è stata eseguita anche per un nodo interno <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nate x = 0.1, y =<br />

0.2, z = 0.0 e per x = 0.0, y = 0.0, z =0.0, in tutte le prove eseguite i risultati sono corretti.<br />

73


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

c) Prova <strong>di</strong> taglio – trazione<br />

Viene eseguita una prova <strong>di</strong> taglio più trazione nel solo caso con modulo <strong>di</strong> Poisson pari a 0.2. Il<br />

taglio viene imposto come nel caso b) mentre la trazione come nel caso a) con un valore pari a 0.6<br />

nella faccia esterna del cubo. I risultati esatti si deducono sovrapponendo gli effetti del caso b) con<br />

0.6 volte gli effetti del caso a). Gli spostamenti imposti sod<strong>di</strong>sfano i polinomi:<br />

u ( x,<br />

y,<br />

z)<br />

= 0.3⋅<br />

(1.0 + x)<br />

In <strong>di</strong>rezione X<br />

v ( x,<br />

y,<br />

z)<br />

= 0.5⋅<br />

(1.0 + z)<br />

In <strong>di</strong>rezione Y<br />

w ( x,<br />

y,<br />

z)<br />

= 0.0<br />

In <strong>di</strong>rezione Z<br />

Nel nodo centrale dovrà risultare u = 0 .3 ⋅(0.2+<br />

1) = 0. 36 e v = 0 .5 ⋅(1.0<br />

+ 0.2) = 0. 6 mentre le tensioni<br />

dovranno essere costanti e pari a :<br />

σ<br />

x<br />

=<br />

y<br />

z<br />

yz<br />

22 .2 ⋅ 0.6 = 13.3 σ = 5.5 ⋅ 0.6 = 3.3 σ = 5.5 ⋅ 0.6 = 3.3 τ = 8.3<br />

L’elaborazione numerica fornisce in termini <strong>di</strong> spostamento:<br />

u = 3.600000000000000E-001<br />

v = 6.000000000000000E-001<br />

w = 4.290914885448565E-017<br />

Mentre in termini <strong>di</strong> tensioni, in tutti gli elementi risulta:<br />

PT G SIGMA X SIGMA Y SIGMA Z TAU XY TAU YZ TAU XZ<br />

1 .1333E+02 .3333E+01 .3333E+01 .0000E+00 .8333E+01 .0000E+00<br />

2 .1333E+02 .3333E+01 .3333E+01 .0000E+00 .8333E+01 .0000E+00<br />

3 .1333E+02 .3333E+01 .3333E+01 .0000E+00 .8333E+01 .0000E+00<br />

4 .1333E+02 .3333E+01 .3333E+01 .0000E+00 .8333E+01 .0000E+00<br />

5 .1333E+02 .3333E+01 .3333E+01 .0000E+00 .8333E+01 .0000E+00<br />

6 .1333E+02 .3333E+01 .3333E+01 .0000E+00 .8333E+01 .0000E+00<br />

7 .1333E+02 .3333E+01 .3333E+01 .0000E+00 .8333E+01 .0000E+00<br />

8 .1333E+02 .3333E+01 .3333E+01 .0000E+00 .8333E+01 .0000E+00<br />

9 .1333E+02 .3333E+01 .3333E+01 .0000E+00 .8333E+01 .0000E+00<br />

74


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

2. Patch test per l’elemento solido aventi funzioni <strong>di</strong> forma non compatibili<br />

Il test sull’elemento non compatibile viene inizialmente eseguito su <strong>di</strong> una mesh non <strong>di</strong>storta (senza<br />

però piani <strong>di</strong> simmetria, punto centrale x = 0.2, y = 0.1, z = 0.3).<br />

z<br />

y<br />

x<br />

Figura 5.2: Mesh per il Patch Test dell'elemento incompatibile.<br />

Viene eseguita la prova <strong>di</strong> trazione vista nel punto a), si riportano i risultati in termini <strong>di</strong> spostamento:<br />

u = 5.000000000000000E-001<br />

v = 9.535333435268551E-034<br />

w = 4.633301234482236E-017<br />

Il test da risultati corretti. Il punto centrale viene ora portato a x = 0.35, y = 0.10, z = 0.30 <strong>di</strong><br />

conseguenza il cubo sarà formato da 8 esaedri irregolari. Essendo la trazione in <strong>di</strong>rezione X, lo<br />

1<br />

spostamento del punto centrale sarà 1 .35 ⋅ = 0. 675 .<br />

2<br />

75


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

I risultati in termini <strong>di</strong> spostamento:<br />

u =6.760914893916842E-001<br />

v = 3.044309783847875E-017<br />

w = 2.938330877047082E-017<br />

Il test da risultati non corretti per lo spostamento in <strong>di</strong>rezione X. Il punto centrale viene ora portato a<br />

x = 0.35, y = 0.20, z = 0.30. Non avendo mo<strong>di</strong>ficato la coor<strong>di</strong>nata in <strong>di</strong>rezione X, ci si aspetta <strong>di</strong><br />

ritrovare gli stessi risultati, invece in termini <strong>di</strong> spostamento si trova:<br />

u = 6.760995594447284E-001<br />

v = 1.781093657018022E-003<br />

w = 2.598975706585580E-017<br />

Si noti che non solo compare uno spostamento in <strong>di</strong>rezione Y che non ha ragione <strong>di</strong> esistere, ma<br />

cambia anche lo spostamento in <strong>di</strong>rezione X senza che sia stata mo<strong>di</strong>ficata la coor<strong>di</strong>nata del punto<br />

centrale in quella <strong>di</strong>rezione. Il Patch Test da quin<strong>di</strong> dei risultati non corretti. Lo stesso problema<br />

risolto con l’esaedro a integrazione completa e con l’esaedro a integrazione selettiva fornisce:<br />

Integrazione completa:<br />

u = 6.750000000000002E-001<br />

v = 1.099285665512805E-018<br />

w = -8.917688029245993E-018<br />

Integrazione selettiva:<br />

u = 6.750000000000002E-001<br />

v = 1.176290574752829E-018<br />

w = 1.162143382850229E-017<br />

Come specificato in [Hughes] la formulazione dell’elemento incompatibile alla Wilson può dar luogo<br />

a dei risultati sbagliati in un Pacht Test con elementi <strong>di</strong>storti, come anche comprovato da numerosi<br />

stu<strong>di</strong> numerici e teorici [Lesaint]. Il problema è stato risolto da Taylor, grazie alla formulazione <strong>di</strong> un<br />

elemento incompatibile mo<strong>di</strong>ficato [Taylor]. In questo lavoro il co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> calcolo ad Elementi Finiti<br />

Incompatibili verrà utilizzato solo con mesh non <strong>di</strong>storte, per cui non viene introdotta la mo<strong>di</strong>fica<br />

apportata da Taylor.<br />

76


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

3. Analisi <strong>di</strong> una mensola snella<br />

Per testare la qualità dei 3 meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> soluzioni stu<strong>di</strong>ati (integrazione completa, integrazione selettiva e<br />

funzioni <strong>di</strong> forma non compatibili) si esegue l’analisi <strong>di</strong> una mensola snella. La sezione della mensola<br />

viene <strong>di</strong>scretizzata tramite 2 elementi finiti accoppiati nel senso della larghezza, in modo da avere 1<br />

solo elemento finito lungo l’altezza della mensola. L’uso <strong>di</strong> 2 elementi accoppiati è necessario per<br />

impe<strong>di</strong>re il propagarsi dei mo<strong>di</strong> spuri torsionali durante l’analisi con l’integrazione selettiva. La<br />

sezione della mensola ha lato 20 x 20 cm, mentre la sua lunghezza è pari a 4 m (rapporto L/h = 20). Il<br />

materiale ipotizzato possiede un modulo <strong>di</strong> Young E = 30000 MPa ed un modulo <strong>di</strong> Poisson pari a<br />

0.0 o 0.2 a seconda dei casi. La mensola è considerata incastrata ad un estremo e caricata nell’altro<br />

con una forza pari a 800 N. La soluzione <strong>di</strong> De Saint Venant in termini <strong>di</strong> freccia e rotazione<br />

dell’estremo caricato, fornisce:<br />

3<br />

3<br />

P ⋅ L 800 ⋅ 4000<br />

f = =<br />

= 4.26<br />

8<br />

3 ⋅ E ⋅ I 3 ⋅ 30000 ⋅1.3<br />

⋅10<br />

mm<br />

ϕ =<br />

P ⋅ L<br />

2<br />

2<br />

800 ⋅ 4000<br />

=<br />

2 ⋅ 30000 ⋅1.3<br />

⋅10<br />

8<br />

2 ⋅ E ⋅ I<br />

= 0.16<br />

L’analisi numerica è stata eseguita infittendo la <strong>di</strong>scretizzazione lungo l’asse della mensola da 1 a 64<br />

sud<strong>di</strong>visioni, ottenendo così le curve <strong>di</strong> convergenza per ognuno dei tre meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> soluzione.<br />

77


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

Spostamenti impe<strong>di</strong>ti<br />

Forze nodali applicate<br />

200<br />

100<br />

Figura 5.3: Modello utilizzato con 4 sud<strong>di</strong>visioni lungo l'asse.<br />

Dalle elaborazioni eseguite si nota che se il modulo <strong>di</strong> Poisson è nullo la soluzione calcolata con<br />

l’integrazione selettiva coincide (per il caso stu<strong>di</strong>ato) con la soluzione trovata impiegando le funzioni<br />

<strong>di</strong> forma incompatibili. La soluzione in termini <strong>di</strong> freccia è già ottimamente approssimata impiegando<br />

solamente 4 elementi lungo l’asse, mentre in termini <strong>di</strong> rotazione della sezione caricata la soluzione<br />

coincide con quella <strong>di</strong> DSV anche con una sola sud<strong>di</strong>visione. La soluzione calcolata tramite<br />

l’integrazione completa non è paragonabile, in termini <strong>di</strong> accuratezza, con quelle derivanti dagli altri<br />

meto<strong>di</strong>. Per ottenere la stessa precisione <strong>di</strong> 4 sud<strong>di</strong>visioni con elementi incompatibili o integrati in<br />

modo selettivo, occorrono 64 sud<strong>di</strong>visioni con elementi operanti con integrazione completa.<br />

Se il modulo <strong>di</strong> Poisson non è nullo, la soluzione derivante dagli elementi soli<strong>di</strong> con integrazione<br />

selettiva, converge ad un valore minore rispetto a quella calcolata con le funzioni <strong>di</strong> forma non<br />

compatibili.<br />

78


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

4.5<br />

4<br />

3.5<br />

3<br />

freccia (mm)<br />

2.5<br />

2<br />

1.5<br />

1<br />

Freccia Selettiva / Incompatibili<br />

Freccia Completa<br />

Freccia De Saint Venant<br />

0.5<br />

0<br />

0 4 8 12 16 20 24 28 32 36 40 44 48 52 56 60 64<br />

Divisioni in asse<br />

Figura 5.4: Curve <strong>di</strong> convergenza dei 3 meto<strong>di</strong> stu<strong>di</strong>ati, per l'abbassamento della sezione caricata (ν = 0).<br />

0.18<br />

0.16<br />

0.14<br />

0.12<br />

Rotazione<br />

0.1<br />

0.08<br />

0.06<br />

0.04<br />

Selettiva / Incompatibili /<br />

De Saint Venant<br />

Completa<br />

0.02<br />

0<br />

0 4 8 12 16 20 24 28 32 36 40 44 48 52 56 60 64<br />

Divisioni in asse<br />

Figura 5.5: Curve <strong>di</strong> convergenza dei 3 meto<strong>di</strong> stu<strong>di</strong>ati, per la rotazione della sezione caricata (ν = 0).<br />

79


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

4.5<br />

4<br />

3.5<br />

3<br />

Freccia (mm)<br />

2.5<br />

2<br />

1.5<br />

1<br />

Selettiva<br />

Completa<br />

De Saint Venant<br />

Incompatibile<br />

0.5<br />

0<br />

0 4 8 12 16 20 24 28 32 36 40 44 48 52 56 60 64<br />

Divisioni in asse<br />

Figura 5.6: Curve <strong>di</strong> convergenza dei 3 meto<strong>di</strong> stu<strong>di</strong>ati, per l'abbassamento della sezione caricata (ν = 0.2).<br />

0.18<br />

0.16<br />

0.14<br />

0.12<br />

Rotazione<br />

0.1<br />

0.08<br />

0.06<br />

0.04<br />

Selettiva<br />

Completa<br />

Incompatibili<br />

De Saint Venant<br />

0.02<br />

0<br />

0 4 8 12 16 20 24 28 32 36 40 44 48 52 56 60 64<br />

Divisioni in asse<br />

Figura 5.7: Curve <strong>di</strong> convergenza dei 3 meto<strong>di</strong> stu<strong>di</strong>ati, per la rotazione della sezione caricata (ν = 0.2).<br />

80


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

4. Analisi <strong>di</strong> una trave doppiamente incastrata<br />

Come secondo esempio per testare la qualità dei 3 meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> soluzioni stu<strong>di</strong>ati (integrazione<br />

completa, integrazione selettiva e funzioni <strong>di</strong> forma non compatibili) si esegue l’analisi <strong>di</strong> una trave<br />

incastrata alle due estremità e soggetta ad un carico <strong>di</strong>stribuito. I modelli su cui sono state eseguite le<br />

elaborazioni numeriche sono gli stessi dell’esempio precedente (con un cambio <strong>di</strong> vincolo e <strong>di</strong><br />

carico). Il materiale ipotizzato possiede sempre un modulo <strong>di</strong> Young E = 30000 MPa ed un modulo <strong>di</strong><br />

Poisson pari a 0.0 o 0.2 a seconda dei casi. Il carico <strong>di</strong>stribuito su tutta la campata è fissato a 1000<br />

N/m. La soluzione <strong>di</strong> De Saint Venant in termini <strong>di</strong> freccia massima (in mezzeria) fornisce:<br />

4<br />

4<br />

P ⋅ L 1⋅<br />

4000<br />

f = =<br />

= 0.16<br />

8<br />

384 ⋅ E ⋅ I 384 ⋅ 30000 ⋅1.3<br />

⋅10<br />

mm<br />

Spostamenti impe<strong>di</strong>ti<br />

Forze nodali applicate<br />

100<br />

200<br />

Spostamenti impe<strong>di</strong>ti<br />

Figura 5.8: Modello utilizzato con 4 sud<strong>di</strong>visioni lungo l'asse.<br />

Si espongono ora i risultati delle elaborazioni eseguite con modulo <strong>di</strong> Poisson nullo.<br />

81


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

1.80E-01<br />

1.60E-01<br />

1.40E-01<br />

1.20E-01<br />

Freccia (mm)<br />

1.00E-01<br />

8.00E-02<br />

6.00E-02<br />

4.00E-02<br />

Selettiva / Incompatibile<br />

Completa<br />

De Saint Venant<br />

2.00E-02<br />

0.00E+00<br />

0 10 20 30 40 50 60<br />

Divisioni in asse<br />

Figura 5.9: Convergenza sulla freccia in mezzeria dei 3 meto<strong>di</strong> analizzati (ν = 0).<br />

Ascissa (m)<br />

0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4<br />

0.00E+00<br />

2.00E-02<br />

4.00E-02<br />

6.00E-02<br />

Spostamento (mm)<br />

8.00E-02<br />

1.00E-01<br />

1.20E-01<br />

1.40E-01<br />

1.60E-01<br />

1.80E-01<br />

2 Sudd.<br />

4 Sudd.<br />

8 Sudd.<br />

16 Sudd.<br />

32 Sudd.<br />

64 Sudd.<br />

Figura 5.10: Deformata dell'asse calcolata con il metodo dell'integrazione selettiva (ν = 0).<br />

82


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

0.00E+00<br />

Ascissa (m)<br />

0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4<br />

2.00E-02<br />

4.00E-02<br />

6.00E-02<br />

Spostamento (mm)<br />

8.00E-02<br />

1.00E-01<br />

1.20E-01<br />

1.40E-01<br />

1.60E-01<br />

Selettiva / Incompatibile<br />

Linea Elastica<br />

Completa<br />

1.80E-01<br />

Figura 5.11: Deformata dell'asse calcolata con 16 sud<strong>di</strong>visiaoni (ν = 0).<br />

0.00E+00<br />

Ascissa (m)<br />

0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4<br />

2.00E-02<br />

4.00E-02<br />

6.00E-02<br />

Spostamento (mm)<br />

8.00E-02<br />

1.00E-01<br />

1.20E-01<br />

1.40E-01<br />

1.60E-01<br />

Selettiva / Incompatibile<br />

Linea Elastica<br />

Completa<br />

1.80E-01<br />

Figura 5.12: Deformata dell'asse calcolata con 64 sud<strong>di</strong>visiaoni (ν = 0).<br />

83


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

Dalle elaborazioni numeriche eseguite a modulo <strong>di</strong> Poisson nullo, risulta che la soluzione calcolata<br />

tramite i soli<strong>di</strong> incompatibili coincide con quella calcolata con l’integrazione selettiva. Si può notare<br />

anche in questo esempio come la velocità <strong>di</strong> convergenza del solido integrato in modo completo, sia<br />

nettamente inferiore a quella dei soli<strong>di</strong> che utilizzano meto<strong>di</strong> che riducono il locking a taglio. Per<br />

ottenere la stessa precisione (in termini <strong>di</strong> freccia) del modello con 64 sud<strong>di</strong>visioni e integrazione<br />

completa, è sufficiente utilizzare il modello a 8 sud<strong>di</strong>visioni con integrazione selettiva.<br />

Dai grafici <strong>di</strong> fig. 5.11 e 5.12 si nota che con 16 sud<strong>di</strong>visioni il modello che utilizza l’integrazione<br />

selettiva, o le funzioni <strong>di</strong> forma non compatibili, si sovrappone in maniera pressoché perfetta alla<br />

deformata teorica derivante dalla linea elastica mentre il modello con l’integrazione completa ne<br />

sottostima gli abbassamenti <strong>di</strong> circa il 40%. Passando poi al modello con 64 sud<strong>di</strong>visioni, il calcolo<br />

con l’integrazione selettiva risulta più accurato della stessa teoria <strong>di</strong> De Saint Venant (che non tiene<br />

conto della deformabilità a taglio).<br />

-1.50<br />

Ascissa (m)<br />

-1.00<br />

2 Sudd.<br />

4 Sudd.<br />

8 Sudd.<br />

16 Sudd.<br />

32 Sudd.<br />

64 Sudd.<br />

Momento (KN m)<br />

-0.50<br />

0.00<br />

0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4<br />

0.50<br />

1.00<br />

Figura 5.13: Momento flettente dei vari modelli con integrazione selettiva (ν = 0).<br />

Per quanto riguarda le azioni interne, i modelli a integrazione completa o con funzioni non<br />

compatibili, forniscono buoni risultati.<br />

84


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

-1.50<br />

Ascissa (m)<br />

-1.00<br />

4 Sudd.<br />

64 Sudd.<br />

De Saint Venant<br />

Momento (KN m)<br />

-0.50<br />

0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4<br />

0.00<br />

0.50<br />

1.00<br />

Figura 5.14: Confronto con il momento flettente teorico (ν = 0).<br />

2.5<br />

Ascissa (m)<br />

2<br />

1.5<br />

1<br />

0.5<br />

Taglio (KN)<br />

0<br />

0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4<br />

-0.5<br />

-1<br />

-1.5<br />

De Saint Venant<br />

32 Sud<strong>di</strong>visioni<br />

-2<br />

-2.5<br />

Figura 5.15: Confronto con il taglio teorico, i pallini in<strong>di</strong>cano il valore del taglio nel baricentro degli elementi.<br />

85


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

Per i grafici 14 e 15 vanno aggiunte alcune precisazioni. Il momento è stato calcolato integrando sulla<br />

sezione le tensioni sigma che si ottengono negli 8 punti <strong>di</strong> Gauss, sia per il modello ad integrazione<br />

selettiva, sia per il modello con le funzioni <strong>di</strong> forma non compatibili. Il primo infatti utilizza<br />

l’integrazione completa per le tensioni sigma (e ridotta per le tau) mentre il secondo utilizza sempre<br />

l’integrazione completa, ma con 3 funzioni in più. Essendo in modulo <strong>di</strong> Poisson nullo si ha:<br />

( a + b ⋅ x + c ⋅ y + d ⋅ z + e ⋅ x ⋅ y + f ⋅ y ⋅ z + g ⋅ x ⋅ z + h ⋅ x ⋅ y ⋅ z)<br />

∂<br />

σ x<br />

= E ⋅ε<br />

x<br />

= E ⋅<br />

=<br />

∂x<br />

f ( y,<br />

z)<br />

Per cui la tensione in <strong>di</strong>rezione x, risulta costante, all’interno <strong>di</strong> un elemento, lungo l’asse X. Essendo<br />

poi nullo anche il modulo <strong>di</strong> Poisson, lo spostamento in <strong>di</strong>rezione X è costante lungo la larghezza<br />

della trave, per cui sparisce anche la <strong>di</strong>pendenza dalla coor<strong>di</strong>nata y. Le tensioni calcolata con<br />

l’integrazione selettiva sono risultate identiche a quelle calcolate con il modello con funzioni <strong>di</strong> forma<br />

incompatibili.<br />

Differente è il <strong>di</strong>scorso per quanto riguarda il taglio. La forza <strong>di</strong> taglio è stata anch’essa calcolata<br />

integrando le tau sulla sezione ma il modello con integrazione selettiva utilizza le tau calcolate nel<br />

solo baricentro dell’elemento, mentre il modello con le funzioni <strong>di</strong> forma non compatibili, utilizza le<br />

tau calcolate negli 8 punti <strong>di</strong> Gauss. I valori delle tau calcolate in questi 8 punti sono risultati identici<br />

al valore della tau calcolata nel baricentro dell’elemento integrato in modo selettivo. Per questi motivi<br />

i grafici 14 e 15 valgono per entrambi i modelli.<br />

Nettamente <strong>di</strong>versi sono i grafici del momento e del taglio per l’elemento integrato in modo<br />

completo. Se dai grafici 14 e 15 si nota che il valore del momento e del taglio calcolati nel baricentro<br />

(punto dell’integrazione ridotta ovvero punto ottimale per il calcolo delle tensioni), dai grafici 16 e 17<br />

si nota come solo infittendo la sud<strong>di</strong>visione i <strong>di</strong>agrammi del momento e del taglio si avvicinino a<br />

quelli teorici. Il <strong>di</strong>agramma del taglio rimane comunque ben lontano da quello teorico, anche con 64<br />

sud<strong>di</strong>visioni, solo valore del baricentro, si avvicina all’andamento corretto.<br />

86


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

-1.5<br />

Ascissa (m)<br />

-1<br />

De Saint Venant<br />

16 Sud<strong>di</strong>visioni<br />

64 Sud<strong>di</strong>visioni<br />

Momento (KN m)<br />

-0.5<br />

0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4<br />

0<br />

0.5<br />

1<br />

Figura 5.16: Diagramma del momento flettente derivante dal modello con integrazione completa (ν = 0).<br />

6<br />

Ascissa (m)<br />

4<br />

De Saint Venant<br />

64 Sud<strong>di</strong>visioni<br />

Deformata<br />

2<br />

Taglio (KN)<br />

0<br />

0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4<br />

-2<br />

-4<br />

-6<br />

-8<br />

-10<br />

Figura 5.17: Diagramma del taglio derivante dal modello con integrazione completa (ν = 0).<br />

87


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

2.5<br />

Ascissa (m)<br />

2<br />

1.5<br />

De Saint Venant<br />

64 Sud<strong>di</strong>visioni<br />

1<br />

Taglio (KN m)<br />

0.5<br />

0<br />

0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4<br />

-0.5<br />

-1<br />

-1.5<br />

-2<br />

-2.5<br />

Figura 5.18: Valori me<strong>di</strong> del taglio all'interno degli elementi del modello ad integrazione completa (ν = 0).<br />

E’ interessante notare l’andamento del taglio <strong>di</strong> figura 5.17 e 5.18. All’interno <strong>di</strong> ogni elemento la τ<br />

subisce una variazione lineare in X. La pendenza <strong>di</strong> questa variazione cambia da elemento ad<br />

elemento, e si inverte in corrispondenza dei punti <strong>di</strong> flesso della deformata. Anche se l’andamento<br />

complessivo del taglio <strong>di</strong> figura 5.17, non rappresenta l’andamento teorico, i valori me<strong>di</strong> stimanti nel<br />

baricentro degli elementi si sovrappongono correttamente ai valori teorici. Del tutto <strong>di</strong>verso è invece<br />

l’andamento del momento flettente <strong>di</strong> figura 5.16, che coglie l’andamento corretto solo in maniera<br />

qualitativa, ed anche con 64 sud<strong>di</strong>visioni i valori corretti non vengono raggiunti nemmeno nel<br />

baricentro.<br />

I grafici delle azioni interne riportati in questo capitolo, sono ricavati integrando le rispettive tensioni<br />

(sigma per il momento e τ per il taglio) sulla sezione. Questi grafici possono indurre a credere che<br />

l’equilibrio globale non sia garantito, <strong>di</strong>fatti in figura 5.16 il momento d’incastro è ben lontano dal<br />

valore<br />

2<br />

p ⋅ l<br />

12<br />

necessario per l’equilibrio. Questa <strong>di</strong>fferenza è dovuta al fatto che in una soluzione per<br />

elementi finiti, l’equilibrio è garantito solamente in termini <strong>di</strong> variabili nodali.<br />

88


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

Le forze nodali appartenenti ad un elemento si ricavano come:<br />

F<br />

e<br />

n n n<br />

T<br />

∫ B ⋅ ⋅ dV =<br />

Ve<br />

i= 1 j= 1 k = 1<br />

= ∑∑∑<br />

T<br />

[ B ⋅σ<br />

⋅ det( J )] ⋅Wi<br />

⋅W<br />

j<br />

⋅Wk<br />

σ (5.2)<br />

ijk<br />

Per l’elemento ad integrazione completa, per quello ad integrazione selettiva il prodotto matriciale va<br />

eseguito a blocchi, separando i termini taglianti da quelli normali, ed i primi vanno calcolati nel solo<br />

punto centrale. Esaminiamo il caso dell’integrazione completa, la generica forza in <strong>di</strong>rezione X del<br />

nodo m, vale (nel caso in esame si ha solo σ x e τ xz ) :<br />

F<br />

xm<br />

n<br />

n<br />

n<br />

= ∑∑∑<br />

i= 1 j= 1 k = 1<br />

⎡⎛<br />

∂N<br />

m<br />

⎢⎜<br />

⎣⎝<br />

∂x<br />

⋅<br />

∂N<br />

m<br />

σ<br />

x<br />

+ ⋅τ<br />

xz ⎟ ⋅ det( J ) ⋅Wi<br />

⋅W<br />

j<br />

⋅Wk<br />

(5.3)<br />

∂z<br />

⎞<br />

⎠<br />

⎤<br />

⎥<br />

⎦<br />

ijk<br />

La forza nodale in <strong>di</strong>rezione X <strong>di</strong>pende nel caso esaminato, non solo dalla σ x ma anche dalla τ xz .<br />

Eseguendo il calcolo del momento nella sezione <strong>di</strong> incastro, tramite le F x il valore<br />

2<br />

p ⋅ l<br />

12<br />

risulta<br />

verificato. Risolvendo la struttura tramite l’integrazione selettiva le σ e le τ assumono valori<br />

<strong>di</strong>fferenti, ma l’integrazione tramite la (5.2) fornisce le stesse reazioni vincolari calcolate con<br />

l’integrazione completa. Per le forze in <strong>di</strong>rezione Z (taglio), la (5.2) <strong>di</strong>viene (sempre nel caso<br />

dell’integrazione completa):<br />

F<br />

zm<br />

n<br />

n<br />

n<br />

= ∑∑∑<br />

i= 1 j= 1 k = 1<br />

⎡⎛<br />

∂N<br />

m<br />

⎢⎜<br />

⎣⎝<br />

∂x<br />

⎞ ⎤<br />

⋅τ xz ⎟ ⋅ det( J ) ⎥ ⋅Wi<br />

⋅W<br />

j<br />

⋅Wk<br />

(5.4)<br />

⎠ ⎦<br />

ijk<br />

Si nota che, per il caso considerato, l’equilibrio in <strong>di</strong>rezione Z è garantito dalla sola tensione τ xz (a<br />

<strong>di</strong>fferenza dell’equilibrio in <strong>di</strong>rezione X).<br />

Il <strong>di</strong>agramma del taglio incrocia il <strong>di</strong>agramma esatto nel baricentro degli elementi (figure 5.17 e<br />

5.18), questo punto è il punto <strong>di</strong> integrazione ridotta per l’elemento. Come illustrato in [Malerba] e in<br />

89


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

[Barlow] i punti <strong>di</strong> integrazione ridotta sono particolari punti, detti anche “Optimal Sampling Points”<br />

in cui i valori <strong>di</strong> sforzo hanno lo stesso grado <strong>di</strong> accuratezza degli spostamenti nodali.<br />

L’elemento finito è in grado <strong>di</strong> descrivere in maniera “esatta” un campo <strong>di</strong> spostamenti con una<br />

variazione lineare, per cui avendo il grafico del taglio una variazione lineare, l’elemento fornisce la<br />

soluzione corretta nei sui “Optimal Sampling Points”, ovvero nel suo baricentro. La tensione σx ha<br />

invece una variazione parabolica lungo X, per cui l’elemento non ne da un valore corretto nemmeno<br />

nei suoi punti <strong>di</strong> integrazione ridotta, mentre si può notare dalla figura 5.19 che anche con 16<br />

elementi il valore della τ xz nel baricentro degli elementi è corretto.<br />

10<br />

Ascissa (m)<br />

8<br />

6<br />

De Saint Venant<br />

16 Sud<strong>di</strong>visioni<br />

Deformata<br />

4<br />

2<br />

Taglio (KN)<br />

0<br />

0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4<br />

-2<br />

-4<br />

-6<br />

-8<br />

-10<br />

Figura 5.19: Diagramma del taglio derivante dal modello con integrazione completa (ν = 0).<br />

Dalle elaborazioni numeriche effettuate risulta che nel caso dell’integrazione selettiva la τ xz calcolata<br />

nel baricentro risulta esatta mentre nel caso si utilizzino le funzioni <strong>di</strong> forma non compatibili, la τ xz<br />

valutata negli 8 punti <strong>di</strong> gauss risulta pari al valore dalla τ xy nel baricentro.<br />

90


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

Infine tutti i modelli sono stati analizzati considerando un modulo <strong>di</strong> Poisson pari a 0.2.<br />

1.80E-01<br />

1.60E-01<br />

1.40E-01<br />

1.20E-01<br />

Freccia (mm)<br />

1.00E-01<br />

8.00E-02<br />

6.00E-02<br />

Incompatibile<br />

Selettiva<br />

Completa<br />

Linea Elastica<br />

4.00E-02<br />

2.00E-02<br />

0.00E+00<br />

0 10 20 30 40 50 60<br />

Divisioni in asse<br />

Figura 5.20: Convergenza sulla freccia in mezzeria dei 3 meto<strong>di</strong> analizzati (ν = 0.2).<br />

Come anche osservato nel caso <strong>di</strong> una mensola caricata ad un’estremità, la soluzione ottenuta con<br />

l’integrazione selettiva, risulta più rigida <strong>di</strong> quella ottenuta con le funzioni <strong>di</strong> forma incompatibili.<br />

Notiamo infine che le soluzioni calcolate con 2 soli elementi lungo l’asse risultano coincidenti per i 3<br />

meto<strong>di</strong>, sia nel caso con ν = 0 che con ν = 0.2. In questo caso infatti, essendo la sud<strong>di</strong>visone<br />

esattamente in mezzeria, gli elementi sono soggetti ad uno stato <strong>di</strong> taglio puro e l’abbassamento<br />

risulterà pari a:<br />

s =<br />

p ⋅ L<br />

8<br />

2<br />

2 ⋅ (1 + ν )<br />

⋅<br />

A ⋅ E<br />

trovati dall’analisi numerica.<br />

che fornisce 0 .003<br />

mm se ν = 0 e 0.004 mm se ν = 0.2 in accordo coi risultati<br />

91


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

5. Stu<strong>di</strong>o della deformabilità trasversale e dell’ingobbimento sezionale <strong>di</strong> un<br />

elemento in parete sottile a profilo rettangolare chiuso.<br />

Si fa riferimento ad un elemento incastrato ad una estremità e soggetto ad una coppia torcente<br />

all’estremità opposta, avente un rapporto geometrico tra <strong>di</strong>mensione minima della sezione e<br />

lunghezza pari ad 1/10. Si stu<strong>di</strong>ano <strong>di</strong>versi casi al variare dei seguenti parametri, α = t/h, β = b/h,<br />

avendo in<strong>di</strong>cato con t lo spessore del profilo e con h e b, rispettivamente la minima e la massima<br />

<strong>di</strong>mensione trasversale della sezione.<br />

Figura 5.21: Assonometria e sezione trasversale dell'elemento.<br />

La deformabilità trasversale e l’ingobbimento sezionale del profilo vengono quantificati me<strong>di</strong>ante i<br />

parametri D max e I max. Il parametro I max rappresenta il valore massimo dell’ingobbimento presente<br />

nella sezione, mentre D max è la massima <strong>di</strong>fferenza tra la posizione <strong>di</strong> un punto, appartenente alla<br />

sezione in posizione deformata, e la posizione che avrebbe lo stesso punto se la sezione ruotasse<br />

rigidamente.<br />

92


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

Rotazione rigida<br />

Figura 5.22: Rappresentazione dei parametri D max e I max .<br />

Si riporta graficamente la variazione <strong>di</strong> questi parametri al variare <strong>di</strong> α e β nei seguenti intervalli:<br />

0.025 < α < 0.1 5 cm < t < 20 cm<br />

1 < β < 2 200 cm < b < 400 cm<br />

L’altezza h della sezione (200 cm) e la lunghezza l dell’elemento (2000 cm) vengono mantenuti<br />

costanti in tutte le elaborazioni effettuate. Il materiale utilizzato ha la seguenti caratteristiche<br />

meccaniche: E = 30000 MPa, ν = 0.2, mentre la sollecitazione torcente ha il valore <strong>di</strong> M t = 1 MNm.<br />

In ultimo si riportano i grafici a<strong>di</strong>mensionalizzati rispetto alla quantità<br />

la rotazione me<strong>di</strong>a equivalente della sezione.<br />

h<br />

ϕ ⋅ , dove con ϕ si è in<strong>di</strong>cata<br />

2<br />

93


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

Figura 5.23: Rappresentazione in 3D del parametro <strong>di</strong> rotazione me<strong>di</strong>a (rad).<br />

94


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

0.006<br />

0.005<br />

Valore parametro <strong>di</strong> rotazione<br />

0.004<br />

0.003<br />

0.002<br />

0.001<br />

β (b/h)<br />

0.000<br />

0.025 0.030 0.035 0.040 0.045 0.050 0.055 0.060 0.065 0.070 0.075 0.080 0.085 0.090 0.095 0.100<br />

α (t/h)<br />

Figura 5.24: Rotazione me<strong>di</strong>a in funzione del parametro α.<br />

0.006<br />

0.005<br />

Valore parametro <strong>di</strong> rotazione<br />

0.004<br />

0.003<br />

0.002<br />

0.001<br />

α (t/h)<br />

0.000<br />

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11<br />

β (b/h)<br />

Figura 5.25: Rotazione me<strong>di</strong>a in funzione del parametro β.<br />

95


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

Figura 5.26: Rappresentazione in 3D del parametro <strong>di</strong> ingobbimento (rad).<br />

96


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

0.006<br />

0.005<br />

β (b/h)<br />

Valore parametro <strong>di</strong> ingobbimento (cm)<br />

0.004<br />

0.003<br />

0.002<br />

0.001<br />

0.000<br />

0.025 0.030 0.035 0.040 0.045 0.050 0.055 0.060 0.065 0.070 0.075 0.080 0.085 0.090 0.095 0.100<br />

α (t/h)<br />

Figura 5.27: Ingobbimento in funzione del paramentro α.<br />

0.006<br />

0.005<br />

0.004<br />

0.003<br />

0.002<br />

Valore parametro <strong>di</strong> ingobbimento (cm)<br />

α (t/h)<br />

0.001<br />

0.000<br />

11<br />

10<br />

9<br />

8<br />

7<br />

6<br />

5<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

β (b/h)<br />

Figura 5.28: Ingobbimento in funzione del paramentro β.<br />

97


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

Figura 5.29: Rappresentazione in 3D del parametro <strong>di</strong> rotazione me<strong>di</strong>a (rad).<br />

98


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

0.020<br />

0.018<br />

0.016<br />

Valore parametro <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> forma (cm)<br />

0.014<br />

0.012<br />

0.010<br />

0.008<br />

0.006<br />

β (b/h)<br />

0.004<br />

0.002<br />

0.000<br />

0.025 0.030 0.035 0.040 0.045 0.050 0.055 0.060 0.065 0.070 0.075 0.080 0.085 0.090 0.095 0.100<br />

α (t/h)<br />

Figura 5.29: Per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> forma in funzione del paramentro α.<br />

0.020<br />

0.018<br />

0.016<br />

Valore parametro <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> forma (cm)<br />

0.014<br />

0.012<br />

0.010<br />

0.008<br />

0.006<br />

α (t/h)<br />

0.004<br />

0.002<br />

0.000<br />

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11<br />

β (b/h)<br />

Figura 5.30: Per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> forma in funzione del paramentro β.<br />

99


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

6. Patch Test per l’elemento solido con acciaio <strong>di</strong>ffuso<br />

Per il solo co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> calcolo operante con l’integrazione selettiva, si esegue un Patch Test a trazione<br />

sulla struttura già analizzata negli esempi 1 e 2 avendo aggiunto dell’armatura <strong>di</strong>ffusa lungo le 3<br />

<strong>di</strong>rezioni cartesiane. Il materiale ipotizzato possiede una E c = 40 MPa, ν = 0.2, E s = 200 MPa, ρ x =<br />

0.1, ρ y = 0.05, ρ z = 0.01. Per semplificare i conti <strong>di</strong> prova che si eseguono senza l’ausilio del co<strong>di</strong>ce<br />

<strong>di</strong> calcolo, la struttura viene vincolata come in figura 5.31:<br />

z<br />

y<br />

Faccia vincolata in X<br />

Faccia con ce<strong>di</strong>menti<br />

unitari<br />

x<br />

Faccia vincolata in Y<br />

Faccia vincolata in Z<br />

Figura 5.31: Vincoli assunti.<br />

Rispetto agli esempi 1 e 2 solo le quattro facce in<strong>di</strong>cate risultano vincolate (3 con vincoli fissi ed 1<br />

con ce<strong>di</strong>menti imposti) e i vincoli sono posti solamente nella <strong>di</strong>rezione dell’asse perpen<strong>di</strong>colare alla<br />

faccia. Come negli esempi 1 e 2 il ce<strong>di</strong>mento in <strong>di</strong>rezione X è stato imposto unitario e la mesh <strong>di</strong> 8<br />

elementi risulta <strong>di</strong>storta dalla posizione del nodo interno.<br />

Per avere dei risultati da confrontare con quelli ottenuti dal co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> calcolo, il problema è stato<br />

risolto tramite il metodo delle forze. Il metodo delle forze permette <strong>di</strong> scrivere le equazioni risolventi<br />

il problema, dopo aver tolto dei vincoli dalla struttura originaria; le equazioni che si dovranno<br />

scrivere saranno perciò <strong>di</strong> congruenza. In questo esempio si è scelto <strong>di</strong> degradare il vincolo a terra in<br />

<strong>di</strong>rezione X, assegnando la reazione R al solido.<br />

100


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

Risulta poi necessario degradare i 3 vincoli interni tra il solido e l’armatura, mettendo perciò in<br />

evidenza le 3 reazioni interne esistenti tra il solido e l’armatura: F x , F y , F z . In figura 5.32 si riporta per<br />

semplicità un analogo caso in 2D con ce<strong>di</strong>mento in <strong>di</strong>rezione Y.<br />

Ce<strong>di</strong>mento<br />

R<br />

Ce<strong>di</strong>mento<br />

Fy<br />

R + Fy<br />

Fx<br />

R + Fy<br />

Fx<br />

Fx<br />

Fx<br />

R<br />

Fy<br />

Figura 5.32: Struttura degradata per il caso piano.<br />

Si deve quin<strong>di</strong> scrivere 4 equazioni <strong>di</strong> congruenza, la prima tra il solido ed il vincolo a terra, le altre 3<br />

tra il solido e l’armatura <strong>di</strong>ffusa. In queste equazione deve essere tenuta in conto anche la<br />

deformazione per effetto Poisson. Il sistema risolvente è:<br />

⎡ b<br />

⎢ Ec<br />

⋅ Ac<br />

⎢<br />

⎢<br />

⎢<br />

b<br />

⎢ Ec<br />

⋅ Ac<br />

⎢<br />

⎢ ν ⋅ b<br />

⎢−<br />

⎢ Ec<br />

⋅ A<br />

⎢<br />

⎢ ν ⋅ b<br />

⎢<br />

−<br />

⎣ Ec<br />

⋅ A<br />

c<br />

c<br />

⎛<br />

⎜<br />

⎝ E<br />

c<br />

b<br />

⋅ A<br />

b<br />

E ⋅ A<br />

c<br />

c<br />

+<br />

E<br />

ν ⋅ b<br />

−<br />

E ⋅ A<br />

c<br />

ν ⋅ b<br />

−<br />

E ⋅ A<br />

c<br />

c<br />

sx<br />

c<br />

c<br />

b<br />

⋅ A<br />

sx<br />

⎞<br />

⎟<br />

⎠<br />

⎛<br />

⎜<br />

⎝ E<br />

c<br />

ν ⋅ b<br />

−<br />

E ⋅ A<br />

ν ⋅ b<br />

−<br />

E ⋅ A<br />

b<br />

⋅ A<br />

c<br />

c<br />

c<br />

+<br />

E<br />

ν ⋅ b<br />

−<br />

E ⋅ A<br />

c<br />

c<br />

c<br />

sy<br />

c<br />

b<br />

⋅ A<br />

sy<br />

⎞<br />

⎟<br />

⎠<br />

⎛<br />

⎜<br />

⎝ E<br />

c<br />

ν ⋅ b<br />

−<br />

E ⋅ A<br />

ν ⋅ b<br />

−<br />

E ⋅ A<br />

ν ⋅ b<br />

−<br />

E ⋅ A<br />

b<br />

⋅ A<br />

c<br />

c<br />

c<br />

c<br />

+<br />

E<br />

c<br />

c<br />

c<br />

sz<br />

b<br />

⋅ A<br />

sz<br />

⎤<br />

⎥ ⎡ R ⎤ ⎡∆⎤<br />

⎥ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥<br />

⎥ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥<br />

⎥ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥<br />

⎢<br />

Fx<br />

⎥ ⎢<br />

0<br />

⎥ ⎥<br />

⎥ ⋅ ⎢ ⎥ = ⎢ ⎥<br />

⎥ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥<br />

⎥ ⎢F<br />

⎥ ⎢ ⎥<br />

y<br />

0<br />

⎥ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥<br />

⎥ ⎢ ⎥ ⎢ ⎥<br />

⎞⎥<br />

⎢ ⎥ ⎢ ⎥<br />

⎟<br />

⎥ ⎢⎣<br />

Fz<br />

⎥⎦<br />

⎢⎣<br />

0⎥⎦<br />

⎠⎦<br />

(5.6)<br />

Dove ∆ è il ce<strong>di</strong>mento e b è il lato del cubo. I risultati ottenuti sono: R = 120.8130582 N, F x = -40.0<br />

N, F y = 3.264551894 N, F z = 0.8007391435, che in termini <strong>di</strong> tensioni nel solido <strong>di</strong>vengono: σ x =<br />

20.203265 MPa, σ y = 0.81613797 MPa, σ z = 0.2001847859 MPa.<br />

101


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

I risultati ottenuti col co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> calcolo sono:<br />

PT G SIGMA X SIGMA Y SIGMA Z TAU XY TAU YZ TAU XZ<br />

1 .2020E+02 .8161E+00 .2002E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

2 .2020E+02 .8161E+00 .2002E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

3 .2020E+02 .8161E+00 .2002E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

4 .2020E+02 .8161E+00 .2002E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

5 .2020E+02 .8161E+00 .2002E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

6 .2020E+02 .8161E+00 .2002E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

7 .2020E+02 .8161E+00 .2002E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

8 .2020E+02 .8161E+00 .2002E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

9 .2020E+02 .8161E+00 .2002E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

mentre lo spostamento del punto centrale (<strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nate 0.2, 0.1, 0.3) risulta:<br />

u = 6.000000000000001E-001<br />

v = -8.977517708654141E-002<br />

w = -1.301201108715740E-001<br />

Lo spostamento esatto del punto centrale è pari a 0.6 mm in <strong>di</strong>rezione X (variazione lineare del<br />

ce<strong>di</strong>mento imposto), mentre per agli altri 2 spostamenti:<br />

ε<br />

y<br />

σ<br />

y ν<br />

= − ⋅ ( σ<br />

x<br />

+ σ<br />

z<br />

) = −0.0816138<br />

E E<br />

c<br />

c<br />

σ<br />

z ν<br />

ε<br />

z<br />

= − ⋅ ( σ<br />

x<br />

+ σ<br />

y<br />

) = −0.100092<br />

E E<br />

c<br />

c<br />

v =<br />

ε y<br />

b<br />

⋅( + 0.1) = −0.0897752<br />

2<br />

w =<br />

ε z<br />

b<br />

⋅( + 0.3) = −0.130120<br />

2<br />

In accordo coi risultati forniti dal co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> calcolo.<br />

102


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

7. Patch Test per l’elemento solido con acciaio embedded<br />

Si è ripetuto l’esempio 6 sostituendo all’armatura <strong>di</strong>ffusa delle barre embedded <strong>di</strong> pari area. Per<br />

semplicità si è scelto <strong>di</strong> utilizzare la mesh <strong>di</strong> 8 elementi non <strong>di</strong>storti ma non simmetrici (il punto<br />

centrale ha coor<strong>di</strong>nate 0.2, 0.1, 0.3). In ogni <strong>di</strong>rezione si sono inserite 4 barre <strong>di</strong> armatura in modo che<br />

ogni elemento abbia 3 barre embedded al suo interno.<br />

z<br />

y<br />

x<br />

Figura 5.33: Visualizzazione della sola armatura in <strong>di</strong>rezione Y.<br />

Per poter rappresentare un modello analogo all’esempio 6, le barre vengono posizionate in modo che<br />

passino per i baricentri dei singoli elementi finiti. L’area della barra viene calcolata in modo che<br />

rappresenti l’armatura <strong>di</strong>ffusa all’interno del singolo elemento. Ad esempio, le prime nove barre<br />

avranno le seguenti caratteristiche:<br />

Xa Ya Za Xb Yb Zb Es As Eps0 Ele<br />

-1.00 0.55 0.65 0.20 0.55 0.65 200.00 0.0630 0.0 1<br />

-0.40 0.10 0.65 -0.40 1.00 0.65 200.00 0.0420 0.0 1<br />

-0.40 0.55 0.30 -0.40 0.55 1.00 200.00 0.0108 0.0 1<br />

-1.00 -0.45 0.65 0.20 -0.45 0.65 200.00 0.0770 0.0 2<br />

-0.40 -1.00 0.65 -0.40 0.10 0.65 200.00 0.0420 0.0 2<br />

-0.40 -0.45 0.30 -0.40 -0.45 1.00 200.00 0.0132 0.0 2<br />

-1.00 0.55 -0.35 0.20 0.55 -0.35 200.00 0.1170 0.0 3<br />

-0.40 0.10 -0.35 -0.40 1.00 -0.35 200.00 0.0780 0.0 3<br />

-0.40 0.55 -1.00 -0.40 0.55 0.30 200.00 0.0108 0.0 3<br />

103


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

I risultati coincidono con quelli calcolati nell’esempio 5, le tensioni nel solido sono:<br />

PT G SIGMA X SIGMA Y SIGMA Z TAU XY TAU YZ TAU XZ<br />

1 .2020E+02 .8161E+00 .2002E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

2 .2020E+02 .8161E+00 .2002E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

3 .2020E+02 .8161E+00 .2002E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

***<br />

8 .2020E+02 .8161E+00 .2002E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

9 .2020E+02 .8161E+00 .2002E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

mentre lo spostamento del punto centrale (<strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nate 0.2, 0.1, 0.3) risulta:<br />

u = 6.000000000000002E-001<br />

v = -8.977517708654144E-002<br />

w = -1.301201108715734E-001<br />

e coincide con quello calcolato nell’esempio 6. Infatti anche se le due mesh hanno geometria <strong>di</strong>versa<br />

a livello dei singoli elementi (l’esempio 6 ha una mesh <strong>di</strong>storta), il punto centrale ha sempre<br />

coor<strong>di</strong>nate 0.2, 0.1, 0.3.<br />

La struttura è stata poi analizzata ponendo nullo il modulo <strong>di</strong> Poisson, i risultati trovati sono, in<br />

termini <strong>di</strong> tensioni:<br />

PT G SIGMA X SIGMA Y SIGMA Z TAU XY TAU YZ TAU XZ<br />

1 .2000E+02 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

2 .2000E+02 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

3 .2000E+02 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

***<br />

8 .2000E+02 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

9 .2000E+02 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

e in termini <strong>di</strong> spostamento del punto centrale:<br />

u = 6.000000000000014E-001<br />

v = -1.423827492354191E-016<br />

w = 1.484372108007727E-016<br />

L’unica tensione non nulla risulta in <strong>di</strong>rezione X, poiché non essendoci effetto Poisson la congruenza<br />

in <strong>di</strong>rezione Y e Z tra il solido e l’armatura è automaticamente verificata già nella posizione<br />

indeformata. Difatti il punto centrale subisce uno spostamento solo in <strong>di</strong>rezione X in cui avviene il<br />

ce<strong>di</strong>mento imposto.<br />

104


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

8. Patch Test per l’elemento solido presollecitato.<br />

Alla struttura dell’esempio 7 vengono tolti i vincoli che impongono il ce<strong>di</strong>mento, e viene inserita una<br />

deformazione iniziale delle armature in <strong>di</strong>rezione X pari al 10%. La precompressione inserita nel<br />

co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> calcolo non tiene conto delle per<strong>di</strong>te elastiche (verrà infatti usata per rappresentare cavi<br />

post-tesi) e si riduce al calcolo delle forze equivalenti come visto al punto (2.47) :<br />

F<br />

p<br />

= A⋅<br />

E<br />

c<br />

⋅<br />

T T<br />

( N − N ) ⋅T<br />

⋅ε<br />

bi<br />

A<br />

B<br />

z<br />

y<br />

Direzione presollecitata<br />

Faccia vincolata in X<br />

x<br />

Faccia vincolata in Y<br />

Faccia vincolata in Z<br />

Figura 5.34: Rappresentazione della struttura presollecitata.<br />

I risultati in termini <strong>di</strong> tensioni sono:<br />

PT G SIGMA X SIGMA Y SIGMA Z TAU XY TAU YZ TAU XZ<br />

1 -.1338E+01 -.5404E-01 -.1326E-01 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

2 -.1338E+01 -.5404E-01 -.1326E-01 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

***<br />

7 -.1338E+01 -.5404E-01 -.1326E-01 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

8 -.1338E+01 -.5404E-01 -.1326E-01 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

9 -.1338E+01 -.5404E-01 -.1326E-01 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

Il calcolo delle tensioni corrette all’interno della struttura può essere eseguito col metodo delle forze,<br />

come visto nell’esempio 5.<br />

105


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

Per questo calcolo l’armatura verrà considerata come <strong>di</strong>stribuita, avendo già comprovato<br />

l’equivalenza tra i due modelli analizzati. La forza equivalente <strong>di</strong> precompressione agente sulle facce<br />

perpen<strong>di</strong>colari all’asse X, risulta:<br />

Fp = Asx<br />

⋅ Esx<br />

⋅ε<br />

i<br />

= 0 .4 ⋅ 200 ⋅ 0.1 = 8<br />

N<br />

Il sistema risolvente è:<br />

⎡⎛<br />

⎢<br />

⎜<br />

⎢⎝<br />

E<br />

⎢<br />

⎢<br />

⎢<br />

⎢<br />

⎢<br />

⎢⎣<br />

c<br />

b<br />

⋅ A<br />

c<br />

+<br />

E<br />

ν ⋅ b<br />

−<br />

E ⋅ A<br />

c<br />

ν ⋅ b<br />

−<br />

E ⋅ A<br />

c<br />

sx<br />

c<br />

c<br />

b<br />

⋅ A<br />

sx<br />

⎞<br />

⎟<br />

⎠<br />

⎛<br />

⎜<br />

⎝ E<br />

c<br />

ν ⋅ b<br />

−<br />

E ⋅ A<br />

b<br />

⋅ A<br />

c<br />

c<br />

+<br />

E<br />

ν ⋅ b<br />

−<br />

E ⋅ A<br />

c<br />

c<br />

sy<br />

c<br />

b<br />

⋅ A<br />

sy<br />

⎞<br />

⎟<br />

⎠<br />

⎛<br />

⎜<br />

⎝ E<br />

c<br />

ν ⋅ b<br />

−<br />

E ⋅ A<br />

ν ⋅ b<br />

−<br />

E ⋅ A<br />

b<br />

⋅ A<br />

c<br />

c<br />

c<br />

+<br />

E<br />

c<br />

c<br />

sz<br />

b<br />

⋅ A<br />

sz<br />

⎤<br />

⎥ ⎡F<br />

⎥ ⎢<br />

⎥ ⎢<br />

⎥ ⋅ ⎢F<br />

⎥ ⎢<br />

⎞⎥<br />

⎢<br />

⎥ ⎢<br />

⎟ ⎣F<br />

⎠⎥⎦<br />

x<br />

y<br />

z<br />

⎡ b ⋅ Fp<br />

⎤ ⎢<br />

⎥ ⎢<br />

Ec<br />

⋅ Ac<br />

⎥ ⎢ ν ⋅ b ⋅ F<br />

⎥ = ⎢−<br />

⎥ ⎢ Ec<br />

⋅ Ac<br />

⎥ ⎢ ν ⋅ b ⋅ F<br />

⎥<br />

⎦ ⎢−<br />

⎢⎣<br />

Ec<br />

⋅ Ac<br />

p<br />

p<br />

⎤<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎥⎦<br />

(5.7)<br />

Dove come <strong>di</strong> consuetu<strong>di</strong>ne, si è in<strong>di</strong>cato con Fi la forza scambiata tra armatura e solido in <strong>di</strong>rezione<br />

i. I risultati ottenuti sono: F x = 2.648720302 N, F y = -.2161721220 N, F z = -.5302335068,<br />

che in termini <strong>di</strong> tensioni nel solido <strong>di</strong>vengono: σ x = -1.337820 MPa, σ y = -0.0540430 MPa, σ z = -<br />

0.132558 MPa. I risultati ottenuti col co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> calcolo sono:<br />

PT G SIGMA X SIGMA Y SIGMA Z TAU XY TAU YZ TAU XZ<br />

1 -.1338E+01 -.5404E-01 -.1326E-01 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

2 -.1338E+01 -.5404E-01 -.1326E-01 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

3 -.1338E+01 -.5404E-01 -.1326E-01 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

4 -.1338E+01 -.5404E-01 -.1326E-01 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

5 -.1338E+01 -.5404E-01 -.1326E-01 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

6 -.1338E+01 -.5404E-01 -.1326E-01 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

7 -.1338E+01 -.5404E-01 -.1326E-01 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

8 -.1338E+01 -.5404E-01 -.1326E-01 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

9 -.1338E+01 -.5404E-01 -.1326E-01 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

Risultano perciò corretti. Non si riporta il controllo sullo spostamento del nodo centrale che<br />

comunque risulta corretto.<br />

106


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

9. Pilastro soggetto a peso proprio<br />

Gli stessi modelli utilizzati nell’esempio 3 (ve<strong>di</strong> la figura 5.3) vengono ora riproposti per lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />

un pilastro soggetto al solo peso proprio. Il pilastro è costituito da un solo materiale (senza armature)<br />

avente E = 30.000 MPa, ν = 0.0, γ x = 3750.0 KN / m 3 .<br />

La soluzione del problema è nota dalla teoria dell’elasticità:<br />

x<br />

x = L<br />

d<br />

σ x<br />

x<br />

+ σ ⋅ dx<br />

dx<br />

γ<br />

dx<br />

x = 0<br />

σ x<br />

Figura 5.35: Rappresentazione del problema nella teoria dell'elasticità.<br />

L’equazione <strong>di</strong>fferenziale negli spostamenti che regge il problema in esame è:<br />

2<br />

∂ u γ<br />

=<br />

2<br />

∂x<br />

E<br />

(5.8)<br />

Una volta integrata, ed imposto le con<strong>di</strong>zioni al contorno, si hanno:<br />

γ 2<br />

u = ⋅ x<br />

2 ⋅ E<br />

γ ⋅ L<br />

− ⋅ x<br />

E<br />

(5.9)<br />

σ = γ ⋅ ( x − L)<br />

(5.10)<br />

x<br />

107


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

Ascissa (m)<br />

0<br />

0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4<br />

-0.2<br />

Abbassamento (mm)<br />

-0.4<br />

-0.6<br />

-0.8<br />

De Saint Venant<br />

2 Sud<strong>di</strong>visioni<br />

8 Sud<strong>di</strong>visioni<br />

-1<br />

-1.2<br />

Figura 5.36: Abbassamento lungo l'asse del pilastro.<br />

Ascissa (m)<br />

0<br />

0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4<br />

-2<br />

-4<br />

-6<br />

Sigma x (MPa)<br />

-8<br />

-10<br />

-12<br />

De Saint Venant<br />

2 Sud<strong>di</strong>visioni<br />

8 Sud<strong>di</strong>visioni<br />

32 Sud<strong>di</strong>visioni<br />

-14<br />

-16<br />

Figura 5.37: Tensione lungo l'asse del pilastro.<br />

Da notare che per cogliere in maniera ottima la deformata e con un errore massimo del 10% la<br />

tensione, sono sufficienti 8 elementi.<br />

108


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

10. Stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> una pila da ponte a profilo misto in campo elastico lineare<br />

Scopo centrale del presente lavoro è lo stu<strong>di</strong>o in campo non lineare della risposta <strong>di</strong> una pila da ponte<br />

binata soggetta ad un carico monotonamente crescente. Dopo aver eseguito vari esempi con lo scopo<br />

<strong>di</strong> assicurarsi del corretto funzionamento del co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> calcolo implementato, verranno qua riportati<br />

gli stu<strong>di</strong> eseguiti in campo elastico lineare con lo scopo <strong>di</strong> costruire un adeguato modello in grado <strong>di</strong><br />

cogliere il comportamento della struttura.<br />

900<br />

V<br />

V<br />

40<br />

50<br />

40<br />

20<br />

110<br />

60<br />

Asse del ponte<br />

600<br />

820<br />

4250<br />

(32+32) φ18<br />

per parete<br />

(8+8) φ18<br />

per lama<br />

hp<br />

(53+53) φ30<br />

per lama<br />

(2+2) cavi<br />

per lama<br />

46<br />

46<br />

46<br />

46<br />

46<br />

46<br />

45<br />

107.5<br />

Figura 5.38: Geometria della pila binata (misure in cm).<br />

109


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

La tipologia della pila da ponte esaminata è <strong>di</strong> tipo misto (o binata), la pila risulta infatti sud<strong>di</strong>visa in<br />

due parti:<br />

- una prima parte (nella zona inferiore) costituita da un cassone monocellulare composto<br />

da due pareti principali sagomate, trasversali rispetto all’asse del ponte collegate mutuamente da due<br />

setti arretrati e posizionati all’inizio della sagomatura.<br />

- Una seconda parte (nella zona superiore) costituita da due lame in<strong>di</strong>pendenti collegate<br />

solo in sommità, ottenute come prolungamento delle pareti principali del cassone.<br />

Con riferimento alla figura 5.38 l’estensione relativa al primo tratto <strong>di</strong> altezza h p viene caratterizzata<br />

tramite il parametro <strong>di</strong>mensionale α = h p / h, dove h = 42.5 m. Alla base la pila viene considerata<br />

incastrata rigidamente, e non si eseguirà nessuna modellazione della fondazione o del terreno. In<br />

sommità, essa termina con un tratto molto rigido che, <strong>di</strong> fatto, impone alle due estremità delle lame<br />

gli stessi spostamenti e le stesse rotazioni. La struttura è precompressa tramite una serie <strong>di</strong> cavi<br />

verticali <strong>di</strong>sposti lungo gli assi <strong>di</strong> ciascuna delle due lame e lunghi quanto l’intera pila. La forza totale<br />

<strong>di</strong> precompressione P in ciascuna lama vale 10 MN. L’altezza totale della pila è pari a 42.5 m ed il<br />

carico verticale su ciascuna lama è V = 30 MN. Le caratteristiche geometriche delle sezioni<br />

trasversali e le <strong>di</strong>sposizioni dell’armatura longitu<strong>di</strong>nale vengono mostrate in figura 5.38. Come<br />

armatura trasversale viene considerata una staffatura <strong>di</strong> 1φ10 ogni 10 cm lungo tutto il profilo della<br />

pila. Per i materiali si considerano le seguenti caratteristiche <strong>di</strong> base:<br />

Calcestruzzo: f c0 = -33.2 MPa ε c0 = -0.002 ε cu = -0.0035<br />

Acciaio normale: f sy = 430 MPa E s = 210 GPa ε su = -0.01<br />

Acciaio da precompressione: f py = 1600 MPa E p = 200 GPa ε pu = -0.01<br />

Il modulo <strong>di</strong> rigi<strong>di</strong>tà tangente del calcestruzzo viene assunto pari a (Euroco<strong>di</strong>ce 2):<br />

1/ 3<br />

Ec0 = 9500 ⋅ f<br />

c0<br />

= 30533<br />

MPa<br />

110


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

Per quanto riguarda il livello <strong>di</strong> precompressione nei cavi, si assume una tensione a per<strong>di</strong>te lente<br />

scontate pari a σ p0 = 1000 MPa, mentre le per<strong>di</strong>te per attrito in rettilineo vengono valutate assumendo<br />

un coefficiente <strong>di</strong> attrito µ = 0.3 ed una curvatura non intenzionale dei cavi k = 0.0016.<br />

Allo scopo <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare un adeguata <strong>di</strong>scretizzazione per la pila, in questo paragrafo verrà<br />

analizzata in campo elastico lineare senza armatura, senza precompressione e senza il vincolo sugli<br />

spostamenti relativi della sommità delle lame. Inoltre non viene considerato il carico verticale dovuto<br />

all’azione esercitata dal ponte sovrastante, bensì un carico orizzontale pari a 18 MN su ciascuna lama.<br />

Sotto queste ipotesi la pila si comporta come una mensola <strong>di</strong> sezione variabile, <strong>di</strong> cui si può<br />

ragionevolmente conoscere il comportamento tramite la teoria delle travi (De Saint Venant e<br />

Timoshenko). Analizzando più modelli si potrà perciò in<strong>di</strong>viduare il grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>scretizzazione. Come<br />

suggerito in [Coc] si può utilizzare come in<strong>di</strong>catore la tensione alla Von Mises. Questa infatti <strong>di</strong>pende<br />

dalle tensioni in tutte le <strong>di</strong>rezioni, ed un buon modello deve fornirne una variazione non brusca tra i<br />

vari elementi. Per semplicità in questo lavoro, si esaminerà l’accuratezza della <strong>di</strong>scretizzazione<br />

solamente considerando lo spostamento in sommità della mensola.<br />

Una prima approssimazione dello spostamento <strong>di</strong> sommità è ottenibile dalla teoria delle travi alla De<br />

Saint Venant:<br />

36 MN 36 MN<br />

21.25 m<br />

36 MN<br />

hp = 21.25 m<br />

765 MNm<br />

Figura 5.39: Schema risolutivo per la teoria delle travi.<br />

Lo spostamento in sommità risulta pari a:<br />

f<br />

3<br />

2<br />

2<br />

3<br />

3<br />

P ⋅ L M ⋅ L M ⋅ L P ⋅ L P ⋅ L<br />

= + + + +<br />

3 ⋅ E ⋅ I 2 ⋅ E ⋅ I E ⋅ I 2 ⋅ E ⋅ I 3 ⋅ E ⋅ I<br />

1<br />

1<br />

1<br />

1<br />

2<br />

111


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

Equazione che contempla sia gli spostamenti per flessione sia i moti rigi<strong>di</strong> della parte superiore<br />

dovuti alla flessione della parte inferiore.<br />

I = 143 m<br />

1<br />

. 2<br />

4<br />

I<br />

2<br />

= 95.<br />

11 m<br />

4<br />

I 1 è il momento d’inerzia della parte inferiore, I 2 è il momento d’inerzia della parte superiore. I<br />

moenti d’inerzia calcolati sono riferiti alla sezione <strong>di</strong>cretizzata <strong>di</strong> figura 5.42. Si ottiene una freccia<br />

pari a f = 0.22799 m.<br />

Volendo tenere in conto anche il contributo della deformazione tagliante, si esegue un’analisi col<br />

co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> calcolo TELAIO sviluppato dagli allievi Sgambi e Gomez durante il primo anno alla Scuola<br />

<strong>di</strong> <strong>Specializzazion</strong>e “F.lli Pesenti”. Il fattore <strong>di</strong> taglio (1/k) viene assunto pari a (Journal of Applied<br />

Mechanics) :<br />

10 ⋅ (1 + ν ) 5<br />

k = = per la parte superiore.<br />

12 + 11⋅ν<br />

6<br />

k =<br />

(12+<br />

72⋅m+<br />

150⋅m<br />

2<br />

+ 90⋅m<br />

3<br />

10 ⋅(1+<br />

ν ) ⋅(1+<br />

3⋅m)<br />

) + ν⋅(11+<br />

66⋅m+<br />

135⋅m<br />

2<br />

2<br />

+ 90⋅m<br />

3<br />

) + 10⋅n<br />

2<br />

⋅((3+<br />

ν ) ⋅m+<br />

3⋅m<br />

2<br />

= 0.2232<br />

)<br />

dove<br />

m<br />

b⋅t<br />

h ⋅ t<br />

h<br />

= ed<br />

b<br />

b<br />

n= con b = base escluso lo spessore delle pareti, h = altezza. Nei calcoli <strong>di</strong> k si è<br />

h<br />

posto ν = 0. Risulta:<br />

Senza la deformazione tagliante<br />

Con la deformazione tagliante<br />

f = 0.2240 m<br />

f = 0.2353 m<br />

Questi valori verranno utilizzati per stabilire l’accuratezza del modello <strong>di</strong>screto adottato per la pila. In<br />

prima analisi vengono analizzati i modelli raffigurati nella pagina seguente.<br />

112


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

Figura 5.40: Modelli 1 - 2 - 3.<br />

Figura 5.41: Modelli 4 - 5 - 6.<br />

113


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

La sezione viene <strong>di</strong>scretizzata come in figura 5.42. Da notare che si è scelto <strong>di</strong> non seguire la<br />

sagomatura originale che prevedeva l’introduzione <strong>di</strong> elementi con una <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> 20 cm e <strong>di</strong> altri<br />

elementi <strong>di</strong>storti. Questo porterà certamente ad un errore <strong>di</strong> <strong>di</strong>scretizzazione non facilmente valutabile<br />

in campo non lineare.<br />

450<br />

130<br />

Errore <strong>di</strong> <strong>di</strong>scretizzazione<br />

80<br />

Vincoli <strong>di</strong> simmetria<br />

per riflessione<br />

60<br />

600<br />

760<br />

Figura 5.42: Discretizzazione della sezione trasversale (<strong>di</strong>mensioni in cm).<br />

Risultano però valide le ragioni che hanno portato a tale scelta. L’introduzione <strong>di</strong> elementi <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>mensione pari a 20 cm (molto inferiore ai 60 cm dell’elemento più piccolo) avrebbe portato o ad<br />

una mesh con un brusco cambio <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione (e quin<strong>di</strong> soluzione poco accurata [Coo]) oppure ad<br />

un infittimento molto spinto della <strong>di</strong>scretizzazione con conseguente richiesta <strong>di</strong> risorse e tempo<br />

macchina non sod<strong>di</strong>sfacibili.<br />

Da notare infine che in tutti i modelli si è sfruttato il vincolo <strong>di</strong> simmetria per riflessione, ciò a dato la<br />

possibilità <strong>di</strong> utilizzare mesh con una <strong>di</strong>scretizzazione spinta lungo l’asse <strong>di</strong> flessione, senza superare<br />

i 2000 gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> libertà e con una semibanda pari a 106 (questo per la particolare numerazione adottata,<br />

<strong>di</strong>pende solo dalla <strong>di</strong>scretizzazione della sezione).<br />

Come si vede dalla curva <strong>di</strong> convergenza riportata nella pagina successiva, la risposta in campo<br />

lineare è molto buona e già il modello 3 da una freccia pari a quella calcolabile col modello <strong>di</strong> trave<br />

alla Timoshenko.<br />

114


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

0.25<br />

Elementi incompatibili<br />

0.24<br />

0.2363 0.2369<br />

0.2380<br />

0.23<br />

0.2320<br />

0.2351<br />

Timoshenko<br />

0.22<br />

De Saint Venant<br />

0.2286<br />

0.2182<br />

Freccia (m)<br />

0.21<br />

0.2<br />

0.2055<br />

0.19<br />

0.1913<br />

Elementi compatibili<br />

0.18<br />

0.17<br />

0.1659<br />

0.16<br />

0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600<br />

Gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> Liberta'<br />

Figura 5.43: Curva <strong>di</strong> convergenza dei modelli 1-6.<br />

L’analisi in campo non lineare richiede una <strong>di</strong>scretizzazione sicuramente più fitta <strong>di</strong> quella richiesta<br />

per un’analisi lineare. Il danneggiamento della parti <strong>di</strong> struttura porta all’aumento del gra<strong>di</strong>ente delle<br />

tensioni in altre parti, per cui è bene non utilizzare mesh troppo rade. Un infittimento della mesh può<br />

essere utile in zone particolari come all’incastro della pila o nel punto in cui la sezione <strong>di</strong>venta binata.<br />

Verranno ulteriormente analizzati i modelli 4 e 6 infittendo la mesh nelle zone sopra citate (entrambi<br />

i modelli sono raffinati aggiungendo 6 piani <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nate nodali). In particolare verrà costruito un<br />

modello (denominato /tris) che abbia una variazione graduale nell’infittimento della mesh.<br />

Come evidenziano i risultati riportati nelle due pagine seguenti, in campo lineare le <strong>di</strong>fferenze tra i<br />

modelli non sono molto accentuate, questo perché si è già ad un risultato sostanzialmente corretto (in<br />

termini <strong>di</strong> freccia) anche col modello 4 (il modello 6/tris da una <strong>di</strong>fferenza del 1% rispetto al modello<br />

4). Anche se il miglioramento risulta quasi inconsistente, il modello con un infittimento graduale<br />

della mesh possiede un comportamento migliore.<br />

115


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

Figura 5.44: Modelli 4, 4/bis, 4/tris.<br />

0.238<br />

Mod. 4 / tris<br />

0.2377<br />

0.2375<br />

0.2376<br />

Mod. 4 / bis<br />

Freccia (m)<br />

0.237<br />

0.2365<br />

Mod. 4<br />

0.2363<br />

0.236<br />

0.2355<br />

600 700 800 900 1000 1100 1200<br />

Gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> Liberta'<br />

Figura 5.45: Convergenza dei modelli 4, 4/bis e 4/tris.<br />

116


Applicazioni in campo elastico lineare Cap. 4<br />

Figura 5.46: Modelli 6, 6/bis e 6/tris.<br />

0.239<br />

0.2385<br />

Mod. 6 / tris<br />

0.2383<br />

0.238<br />

Mod. 6<br />

0.2380<br />

0.2383<br />

Mod. 6 / bis<br />

Freccia (m)<br />

0.2375<br />

0.237<br />

0.2365<br />

1500 1600 1700 1800 1900 2000 2100<br />

Gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> Liberta'<br />

Figura 5.47: Convergenza dei modelli 6, 6/bis e 6/tris.<br />

117


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

Capitolo 5<br />

Applicazioni in campo elastico non lineare<br />

In<strong>di</strong>ce riassuntivo delle applicazioni riportate<br />

- Prove <strong>di</strong> compressione monoassiale.<br />

- Dominio <strong>di</strong> rottura <strong>di</strong> Kupfer.<br />

- Dominio <strong>di</strong> rottura <strong>di</strong> Bresler – Pister.<br />

- Pannello soggetto a stato <strong>di</strong> sforzo <strong>di</strong> puro taglio.<br />

- Trave <strong>di</strong> Bresler - Scordelis.<br />

- Analisi <strong>di</strong> una pila da ponte a profilo misto in campo non lineare.<br />

Tutte le applicazioni riportate in questo capitolo sono state eseguite con il co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> calcolo operante<br />

con le funzioni <strong>di</strong> forma non compatibili alla Wilson. Le prove <strong>di</strong> compressione ed i domini <strong>di</strong><br />

Kupfer e <strong>di</strong> Bresler-Pister sono stati ricavati sia con il legame a danneggiamento isotropo, sia con il<br />

legame ortotropo.<br />

118


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

1. Prove <strong>di</strong> compressione monoassiale<br />

Le applicazioni degli esempi 1, 2, 3, e 4 vengono eseguite sui modelli geometrici già analizzati nel<br />

capitolo precedente. Per il calcestruzzo si assume un modello geometrico formato da 8 elementi che<br />

assemblati tra loro forniscono un cubo <strong>di</strong> lato 2. La mesh è <strong>di</strong>storta in quanto il punto centrale non ha<br />

coor<strong>di</strong>nate 0, 0, 0, ma 0.2, 0.1, 0.3. La struttura viene vincolata come in Figura 5.1:<br />

z<br />

y<br />

Faccia vincolata in X<br />

Faccia con ce<strong>di</strong>menti<br />

unitari<br />

x<br />

Faccia vincolata in Y<br />

Faccia vincolata in Z<br />

Figura 5.1: Vincoli assunti nella prova <strong>di</strong> compressione uniassiale.<br />

Avendo vincolato solamente 3 facce in <strong>di</strong>rezione ad esse normali, l’elemento risulta libero <strong>di</strong><br />

deformarsi per effetto Poisson. La prova viene effettuata a ce<strong>di</strong>menti imposti, in modo da cogliere<br />

anche il ramo softening della risposta. In questo esempio si vuole confrontare la risposta del legame a<br />

danneggiamento isotropo proposto con 3 delle curve σ - ε presenti nel Model Code 90 per il<br />

calcestruzzo compresso. I materiali utilizzati sono:<br />

f c = 27 MPa Ec = 28500 MPa ε e = 0.00028 ε m = 0.0022 ε u = 0.0070<br />

f c = 39 MPa Ec = 32216 MPa ε e = 0.00036 ε m = 0.0022 ε u = 0.0060<br />

f c = 48 MPa Ec = 34525 MPa ε e = 0.00042 ε m = 0.0022 ε u = 0.0055<br />

119


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

Il valore <strong>di</strong> ε e viene ricavato per ogni materiale in base alle sperimentazioni eseguite da [KoN] che<br />

in<strong>di</strong>carono col valore <strong>di</strong> σ = 0.3 x f c il valore limite della fase elastica. Il valore <strong>di</strong> ε m viene mantenuto<br />

pari al 2.2 per mille, essendo questo valore quasi in<strong>di</strong>pendente dal valore della resistenza f c . La<br />

grandezza ε u viene invece mo<strong>di</strong>ficata per tentativi per cogliere la giusta inclinazione del ramo <strong>di</strong><br />

softening del calcestruzzo. I calcestruzzi a più elevata resistenza presentano infatti una pendenza più<br />

accentuata, e delle deformazioni ultime minori.<br />

60<br />

50<br />

Curva Calcolata<br />

Tensione <strong>di</strong> compressione (MPa)<br />

40<br />

30<br />

20<br />

fc = 27 MPa<br />

fc = 48 MPa<br />

fc = 39 MPa<br />

Curva <strong>di</strong><br />

Riferimento<br />

10<br />

0<br />

0 0.001 0.002 0.003 0.004 0.005 0.006<br />

Deformazione <strong>di</strong> compressione<br />

Figura 5.2: Curve sforzo - deformazione nel caso della compressione uniassiale.<br />

Il modello <strong>di</strong> danno proposto coglie molto bene il primo tratto della curva (tratto ascendente) ed in<br />

modo sufficientemente approssimato il tratto <strong>di</strong> softening (tratto <strong>di</strong>scendente). I parametri della legge<br />

<strong>di</strong> evoluzione del danno verranno tarati sulla base della risposta a compressione, la risposta del<br />

modello ad altri tipi <strong>di</strong> sollecitazione viene riportata nelle pagine seguenti.<br />

120


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

Per questo primo esempio si riportano inoltre i valori delle tensioni in un passo interme<strong>di</strong>o, nonché i<br />

valori della variabile <strong>di</strong> danneggiamento nei vari elementi. Vengono riportati i risultati relativi alla<br />

curva con f c = 48.<br />

Le tensioni al passo 30 (ce<strong>di</strong>mento pari a –0.006) sono (in un generico elemento):<br />

PT G SIGMA X SIGMA Y SIGMA Z TAU XY TAU YZ TAU XZ<br />

1 -.4217E+02 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

2 -.4217E+02 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

***<br />

9 -.4217E+02 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00 .0000E+00<br />

Mentre il danneggiamento vale:<br />

Elem. 1<br />

Elem. 2<br />

Elem. k<br />

DG1<br />

.593E+00<br />

.593E+00<br />

.593E+00<br />

DG2<br />

.593E+00<br />

.593E+00<br />

.593E+00<br />

DG3<br />

.593E+00<br />

.593E+00<br />

.593E+00<br />

DG4<br />

.593E+00<br />

.593E+00<br />

.593E+00<br />

DG5<br />

.593E+00<br />

.593E+00<br />

.593E+00<br />

DG6<br />

.593E+00<br />

.593E+00<br />

.593E+00<br />

DG7<br />

.593E+00<br />

.593E+00<br />

.593E+00<br />

DG8<br />

.593E+00<br />

.593E+00<br />

.593E+00<br />

DG9<br />

.593E+00<br />

.593E+00<br />

.593E+00<br />

Lo spostamento del nodo centrale, <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nate 0.2, 0.1, 0.3, vale:<br />

u = -3.600000000000000E-003<br />

v = -1.671559930473855E-016<br />

z = 2.175898210753022E-016<br />

Come è possibile notare dai risultati sopra riportati, il danno è costante in tutti gli elementi, in quanto<br />

la mesh (anche se è <strong>di</strong>storta) è soggetta ad un campo <strong>di</strong> spostamenti che provoca una tensione<br />

uniforme in tutti gli elementi. Lo spostamento del nodo centrale non è influenzato dal valore del<br />

danno negli elementi, in quanto questo risulta uniforme. Lo spostamento corretto si può sempre<br />

calcolare come:<br />

1.2<br />

u = 0 .006⋅<br />

= 0.0036<br />

2<br />

121


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

2. Dominio <strong>di</strong> rottura <strong>di</strong> Kupfer<br />

In questo esempio si vuole ricostruire il dominio <strong>di</strong> rottura del calcestruzzo sottoposto ad un campo si<br />

sforzi normali biassiali. La curva <strong>di</strong> riferimento è quella sperimentale, ottenuta da Kupfer e Gerstle<br />

nel 1973 [KuG]. Le equazioni interpolanti il dominio <strong>di</strong> rottura sono:<br />

σ<br />

2<br />

= f<br />

tu<br />

= 64 (per il campo trazione – trazione) (5.1)<br />

3 2<br />

0.<br />

⋅ f<br />

cu<br />

σ<br />

2<br />

σ<br />

1<br />

= 1+<br />

0.8⋅<br />

(per il campo trazione – compressione)<br />

f tu<br />

f cu<br />

⎛ σ<br />

1<br />

σ<br />

2<br />

⎜ +<br />

⎝ f<br />

cu<br />

f<br />

cu<br />

2<br />

⎞ σ<br />

1<br />

σ<br />

2<br />

⎟ + + 3.65⋅<br />

⎠ f<br />

cu<br />

f<br />

cu<br />

= 0<br />

(per il campo delle compressioni – compressioni)<br />

Oltre al dominio <strong>di</strong> rottura si controlleranno anche le curve σ − ε per i casi in cui sono note le curve<br />

sperimentali. L’analisi viene sempre condotta sulla mesh descritta nell’esempio 1 (mesh <strong>di</strong>storta).<br />

Come leggi costitutive in campo non lineare si utilizza sia il modello a danno isotropo proposto, sia il<br />

legame ortotropo in modo da poter confrontare le soluzioni ottenute coi due legami.<br />

122


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

0.2<br />

σ1 / fcu<br />

0<br />

-1.4 -1.2 -1 -0.8 -0.6 -0.4 -0.2 0 0.2<br />

-0.2<br />

-0.4<br />

Calcolato<br />

Sperimentale<br />

-0.6<br />

-0.8<br />

-1<br />

-1.2<br />

2 / fcu<br />

-1.4<br />

Figura 5.3: Confronto tra il dominio <strong>di</strong> Kupfer ed il dominio <strong>di</strong> rottura calcolato (Modello a Danno Isotropo)<br />

σ1 / fcu<br />

3<br />

0.2<br />

2<br />

0<br />

-1.4 -1.2 -1 -0.8 -0.6 -0.4 -0.2 0 0.2<br />

-0.2<br />

-0.4<br />

Sperimentale<br />

Calcolato<br />

-0.6<br />

1<br />

-0.8<br />

-1<br />

-1.2<br />

σ2 / fcu<br />

-1.4<br />

Figura 5.4 : Confronto tra il dominio <strong>di</strong> Kupfer ed il dominio <strong>di</strong> rottura calcolato (Modello a Danno Ortotropo)<br />

123


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

Dai grafici seguenti si può notare che anche la correzione apportata al campo delle compressione –<br />

trazione, nel modello a danno isotropo fornisce risultati ottimi (senza <strong>di</strong> essa l’errore rispetto alle<br />

curve σ − ε sarebbe del 50 %). I risultati ottenuti tramite il modello ortotropo sono invece più<br />

approssimativi, specialmente nel campo compressione – compressione. Il <strong>di</strong>agramma risultante è<br />

approssimativamente <strong>di</strong> tipo quadrato, con gli spigoli smussati nel campo della trazione<br />

compressione. Questo smusso si verifica per l’assunzione del parametro <strong>di</strong> softening ζ (ve<strong>di</strong> pag. 58)<br />

che riduce la resistenza a compressione in presenza <strong>di</strong> trazione in altre <strong>di</strong>rezioni principali.<br />

La figura quadrata del <strong>di</strong>agramma risultante trova giustificazione nell’ipotesi <strong>di</strong> avere assunto un<br />

coefficiente <strong>di</strong> Poisson nullo. In questo esempio le <strong>di</strong>rezioni <strong>di</strong> carico sono infatti anche <strong>di</strong>rezioni<br />

principali (lungo le <strong>di</strong>rezioni principali si valutano i legami costitutivi) e quin<strong>di</strong> la matrice <strong>di</strong><br />

rotazione risulta unitaria. La risposta lungo la <strong>di</strong>rezione X risulta perciò <strong>di</strong>saccoppiata dalla risposta<br />

in <strong>di</strong>rezione Y, il problema si riduce a:<br />

⎡σ<br />

x ⎤ ⎡E1<br />

⎢ ⎥<br />

=<br />

⎢<br />

⎢<br />

σ<br />

y<br />

⎥ ⎢<br />

0<br />

⎢⎣<br />

0 ⎥⎦<br />

⎢⎣<br />

0<br />

0<br />

E<br />

0<br />

2<br />

0 ⎤ ⎡ ε<br />

x<br />

⎤<br />

⎢ ⎥<br />

0<br />

⎥<br />

⎥<br />

⋅⎢ε<br />

y ⎥<br />

G⎥⎦<br />

⎢ ⎥<br />

⎣γ<br />

xy ⎦<br />

(5.2)<br />

Le tensioni che forniscono il carico ultimo risulteranno quin<strong>di</strong> pari a σ = f σ ≥ f nel campo delle<br />

i<br />

c<br />

j<br />

c<br />

bicompressioni (dando luogo alla zona 1 del <strong>di</strong>agramma <strong>di</strong> Kupfer, fig. 5.4) e<br />

σ = f σ ≤ f nel<br />

i<br />

t<br />

j<br />

t<br />

campo delle bitrazioni (dando luogo alla zona 2). Ad esempio nel campo delle bicompressioni<br />

risulterà σ = f σ ≥ f in tutti i casi in cui si è scelto un rapporto <strong>di</strong> carico σ / ≥1<br />

motivo per cui<br />

x<br />

c<br />

y<br />

c<br />

il tratto <strong>di</strong> <strong>di</strong>agramma corrispondente risulta retto. La zona 3 delle trazioni compressioni, risulta<br />

<strong>di</strong>visibile in altre 2 sottozone. Una zona più estesa dove il rapporto tra le tensioni <strong>di</strong> carico è tale da<br />

far giungere la crisi per σ = f σ ≥ f (tratto orizzontale del <strong>di</strong>agramma) ed una zona meno estesa<br />

i<br />

t<br />

j<br />

c<br />

x<br />

σ y<br />

dove la crisi risulta con<br />

f / f del<br />

σ<br />

i<br />

= fc<br />

σ<br />

j<br />

≤ ft<br />

. La lunghezza <strong>di</strong> tali zone <strong>di</strong>pende dal rapporto<br />

c t<br />

calcestruzzo, in genere assunto pari a 10 o 12 (Il tratto orizzontale è 10 o 12 volte il tratto verticale).<br />

Da notare che il coefficiente <strong>di</strong> softened introdotto a pag. 59 con lo scopo <strong>di</strong> abbassare la resistenza a<br />

compressione nel caso fossero presenti delle trazioni trasversali, influisce sulla resistenza ultima<br />

124


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

solamente per il tratto verticale della zona 3 e per un brevissimo tratto orizzontale, causando uno<br />

smusso del <strong>di</strong>agramma <strong>di</strong> Kupfer. Per la restante zona 3 <strong>di</strong>fatti, la crisi sopraggiunge sulla<br />

componente a trazione quando la componente <strong>di</strong> compressione risulta ancora inferiore alla resistenza<br />

massima <strong>di</strong>minuita dall’effetto softened.<br />

Effetto softened<br />

0.2<br />

σ1 / fcu<br />

0<br />

-1.4 -1.2 -1 -0.8 -0.6 -0.4 -0.2 0<br />

Figura 5.5: Effetto Softened sulla resistenza ultima a compressione trazione.<br />

La zona interessata dall’effetto softened risulterà tanto maggiore quanto il rapporto<br />

f / f si avvicina<br />

c<br />

t<br />

ad 1. Per un calcestruzzo in cui la resistenza a trazione risulta circa un decimo <strong>di</strong> quella a<br />

compressione, l’effetto softened risulta circoscritto ad una piccola zona del <strong>di</strong>agramma delle trazioni<br />

compressioni. Si riportano <strong>di</strong> seguito le curve σ − ε ottenute, sovrapposte a quelle sperimentali. I casi<br />

riportati sono:<br />

- compressione biassiale -1 : -1 : 0<br />

- compressione biassiale -1 : -0.52 : 0<br />

- compressione trazione -1 : 0.102 : 0<br />

- compressione trazione -1 : -0.204 : 0<br />

Si noti che per le ε 2 ed ε 3 nel caso della compressione monoassiale e per la sola ε 3 per il caso della<br />

compressione biassiale, la curva sperimentale presenta quasi un plateau orizzontale che il non si<br />

riesce a cogliere. Ciò è dovuto al fenomeno della <strong>di</strong>latanza, ovvero all’aumento della deformazione<br />

trasversale (dovuta al solo effetto Poisson a provino integro) quando ci si avvicina alla resistenza<br />

massima. Il modello ortotropo assume un coefficiente ν post - fessurazione nullo, per cui nei relativi<br />

grafici mancheranno le curve tensione – deformazione dovute all’effetto Poisson.<br />

125


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

1.6<br />

ε1 , ε2<br />

1.4<br />

1.2<br />

Tensione / fcm<br />

ε3<br />

1.0<br />

0.8<br />

Curva Calcolata<br />

Curva <strong>di</strong> Riferimento<br />

0.6<br />

0.4<br />

0.2<br />

0.0<br />

Deformazione<br />

-4.50E-03 -3.50E-03 -2.50E-03 -1.50E-03 -5.00E-04 5.00E-04 1.50E-03 2.50E-03 3.50E-03 4.50E-03 5.50E-03<br />

Figura 5.6: Compressione biassiale -1 : -1 : 0 (Modello Isotropo).<br />

1.6<br />

ε1<br />

ε2<br />

1.4<br />

1.2<br />

Tensione / fcm<br />

1.0<br />

ε3<br />

0.8<br />

0.6<br />

0.4<br />

Curva Calcolata<br />

Curva <strong>di</strong> Riferimento<br />

0.2<br />

Deformazione<br />

-4.00E-03 -3.00E-03 -2.00E-03 -1.00E-03 0.00E+00 1.00E-03 2.00E-03<br />

0.0<br />

Figura 5.7: Compressione biassiale -1 : -1 : 0 (Modello Ortotropo).<br />

126


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

1.6<br />

ε1<br />

ε2<br />

1.4<br />

1.2<br />

Tensione / fcm<br />

1.0<br />

ε3<br />

0.8<br />

0.6<br />

0.4<br />

Curva Calcolata<br />

Curva <strong>di</strong> Riferimento<br />

0.2<br />

Deformazione<br />

-4.00E-03 -3.00E-03 -2.00E-03 -1.00E-03 0.00E+00 1.00E-03 2.00E-03<br />

0.0<br />

Figura 5.8: Compressione biassiale -1 : -0.52 : 0 (Modello Isotropo).<br />

1.6<br />

ε1<br />

ε2<br />

1.4<br />

1.2<br />

Tensione / fcm<br />

1.0<br />

ε3<br />

0.8<br />

0.6<br />

0.4<br />

Curva Calcolata<br />

Curva <strong>di</strong> Riferimento<br />

0.2<br />

Deformazione<br />

-4.00E-03 -3.00E-03 -2.00E-03 -1.00E-03 0.00E+00 1.00E-03 2.00E-03<br />

0.0<br />

Figura 5.9: Compressione biassiale -1 : -0.52 : 0 (Modello Ortotropo).<br />

127


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

0.7<br />

ε1<br />

Tensione / fcm<br />

0.6<br />

0.5<br />

ε2<br />

ε3<br />

0.4<br />

Curva Calcolata<br />

0.3<br />

Curva <strong>di</strong> Riferimento<br />

0.2<br />

0.1<br />

Deformazione<br />

-0.002 -0.0015 -0.001 -0.0005 0 0.0005<br />

0<br />

Figura 5.10: Compressione - Trazione -1 : 0.103 : 0 (Modello Isotropo).<br />

0.7<br />

ε1<br />

ε2<br />

Tensione / fcm<br />

0.6<br />

0.5<br />

0.4<br />

ε3<br />

Curva Calcolata<br />

0.3<br />

Curva <strong>di</strong> Riferimento<br />

0.2<br />

0.1<br />

Deformazione<br />

-0.002 -0.0015 -0.001 -0.0005 0 0.0005<br />

0<br />

Figura 5.11: Compressione - Trazione -1 : 0.103 : 0 (Modello Ortotropo).<br />

128


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

0.4<br />

ε2<br />

ε1<br />

Tensione / fcm<br />

0.35<br />

0.3<br />

0.25<br />

ε3<br />

0.2<br />

Curva Calcolata<br />

Curva <strong>di</strong> Riferimento<br />

0.15<br />

0.1<br />

0.05<br />

Deformazione<br />

-0.0011 -0.0009 -0.0007 -0.0005 -0.0003 -0.0001 0.0001 0.0003 0.0005<br />

0<br />

Figura 5.12: Compressione - Trazione -1 : 0.202 : 0 (Modello Isotropo).<br />

0.4<br />

ε2<br />

ε1<br />

Tensione / fcm<br />

0.35<br />

0.3<br />

ε3<br />

0.25<br />

0.2<br />

0.15<br />

0.1<br />

Curva Calcolata<br />

0.05<br />

Curva <strong>di</strong> Riferimento<br />

Deformazione<br />

0<br />

-0.0005 -0.0004 -0.0003 -0.0002 -0.0001 0 0.0001 0.0002 0.0003 0.0004 0.0005<br />

Figura 5.13: Compressione - Trazione -1 : 0.202 : 0 (Modello Ortotropo).<br />

129


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

3. Dominio <strong>di</strong> rottura <strong>di</strong> Bresler – Pister.<br />

In questo esempio si vogliono riprodurre i risultati sperimentali ottenuti da Bresler e Pister nel 1958<br />

per il caso <strong>di</strong> calcestruzzi sottoposti a sforzi <strong>di</strong> compressione – taglio, trazione – taglio [BrP]. Per<br />

l’esecuzione delle prove sperimentali sono stati utilizzati provini tubolari <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro esterno <strong>di</strong> 23<br />

cm, <strong>di</strong>ametro interno <strong>di</strong> 15 cm e lunghi 76 cm, con 3 <strong>di</strong>versi valori <strong>di</strong> resistenza a compressione.<br />

Un’approssimazione del dominio <strong>di</strong> rottura può essere ottenuta col criterio <strong>di</strong> Mohr, (o della curva<br />

intrinseca) adatto per i materiali fragili.<br />

(a)<br />

(b)<br />

Figura 14: Cerchi <strong>di</strong> Mohr. (a) Cerchio (σ 1 -σ 3 ): con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> rottura <strong>di</strong> uno stato <strong>di</strong> tensione tri<strong>di</strong>mensionale. Cerchio (0-<br />

σ cr ): con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> rottura a compressione semplice. Cerchio (σ crt -0): con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> rottura <strong>di</strong> trazione semplice. (b)<br />

Relazione trastato <strong>di</strong> <strong>di</strong> sforzo σ-τ e sforzi principali.<br />

Impostando la proporzione B 3 K/B 1 L=B 2 B 3 /B 2 B 1 e sostituendo l’espressione degli sforzi principali, si<br />

ottiene l’espressione analitica della con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> rottura:<br />

2<br />

1 2 2 2<br />

σ − ( 1−<br />

ρ)<br />

⋅σ<br />

⋅σ<br />

cr<br />

+ ρ⋅(1+<br />

) ⋅τ<br />

= ρ⋅σ<br />

cr<br />

(5.2)<br />

ρ<br />

dove ρ=f ctm /f cm .<br />

130


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

Si riportano si riportano i risultati dell’analisi numerica eseguita sia col modello a danno isotropo sia<br />

col modello a danno ortotropo, il dominio <strong>di</strong> rottura sperimentale ed il dominio <strong>di</strong> rottura derivante<br />

dal criterio <strong>di</strong> Mohr. Si noti che i risultati sperimentali sono compresi tra le due linee tratteggiate. La<br />

<strong>di</strong>fficoltà dell’esecuzione <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> prova e l’uso <strong>di</strong> calcestruzzi <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa resistenza, ha infatti<br />

portato ad una notevole <strong>di</strong>spersione dei risultati. Il modello a danno fornisce comunque dei buoni<br />

risultati, approssimando molto bene i risultati sperimentali nel campo della compressione – taglio e<br />

sovrastimando leggermente la resistenza nel campo della trazione – taglio. Il modello ortotropo coglie<br />

comunque meglio la forma del dominio <strong>di</strong> rottura, anche se sovrastima leggermente la resistenza nel<br />

campo del taglio – compressione.<br />

0.300<br />

0.250<br />

Dispersione Sperimentale<br />

Dispersione Sperimentale<br />

Mohr<br />

Modello isotropo<br />

Modello isotropo<br />

τ / fcu<br />

0.200<br />

0.150<br />

0.100<br />

0.050<br />

σ / fcu<br />

0.000<br />

-0.200 0.000 0.200 0.400 0.600 0.800 1.000 1.200<br />

Figura 5.15: Confronto tra i domini <strong>di</strong> Bresler – Pister ed il dominio <strong>di</strong> rottura calcolato.<br />

131


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

4. Pannello soggetto a taglio puro<br />

Si vuole riprodurre il comportamento a taglio puro <strong>di</strong> un pannello in calcestruzzo armato. Il pannello<br />

scelto fa parte <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> pannelli testati sperimentalmente da Vecchio, Collins e Melhorn (1985)<br />

per una competizione internazionale sulla pre<strong>di</strong>zione della risposta strutturale <strong>di</strong> pannelli in C.A. Di<br />

seguito si riportano i dati <strong>di</strong> alcuni dei pannelli testati.<br />

Caratteristiche geometriche dei pannelli [MPa]<br />

Pannello<br />

Sperime<br />

ntazione<br />

angolo<br />

armature<br />

si no α2 [°] ρ<br />

l<br />

Armature<br />

Longitu<strong>di</strong>nali Trasversali<br />

'<br />

ε<br />

f<br />

ly<br />

ρ<br />

t<br />

f<br />

ty<br />

Calcestruzzo<br />

PV10 X 90 0.0179 276 0.0100 276 0.00270 14.5<br />

PV11 X 90 0.0179 235 0.0131 235 0.00260 15.6<br />

PV12 X 90 0.0179 469 0.0045 269 0.00250 16.0<br />

PV18 X 90 0.0179 431 0.0032 412 0.00220 19.5<br />

PV19 X 90 0.0179 458 0.0071 299 0.00220 19.0<br />

PV20 X 90 0.0179 460 0.0089 297 0.0018 19.6<br />

c<br />

'<br />

f<br />

c<br />

Caratteristiche del materiale (E s = 200000 MPa) [MPa]<br />

Pannello<br />

E<br />

Teoria MCFT<br />

Teoria STM<br />

' '<br />

'<br />

c<br />

= 2 f c<br />

/ ε<br />

c f<br />

cr<br />

= 0.33<br />

f<br />

c<br />

'<br />

E<br />

c<br />

= 3875 f<br />

c<br />

PV10 10740.7 1.26 14755.6 1.18<br />

PV11 12000.0 1.30 15305.0 1.22<br />

PV12 12800.0 1.32 15500.0 1.24<br />

PV18 17727..3 1.46 17111.5 1.37<br />

PV19 17272.7 1.44 16890.7 1.35<br />

PV20 21777.8 1.46 17155.4 1.37<br />

f =<br />

cr<br />

'<br />

0.31<br />

f<br />

c<br />

Si è scelto <strong>di</strong> testare il solo pannello PV19, confrontando i risultati ottenuti sia con i risultati<br />

sperimentali, sia con i risultati ottenuti dall’ing. Gomez utilizzando le stesse leggi costitutive<br />

(ortotrope) assunte in questo lavoro, con un co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> calcolo non ad Elementi Finiti.<br />

132


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

Si noti la perfetta corrispondenza con i risultati ottenuti dall’ing. Gomez, nonché la buona<br />

approssimazione ai risultati reali.<br />

4.5<br />

4<br />

Sperimentale<br />

3.5<br />

3<br />

<strong>Tesi</strong> ing. Gomez<br />

Tensione τ (MPa)<br />

2.5<br />

2<br />

<strong>Tesi</strong> ing. Sgambi (modello ortotropo)<br />

1.5<br />

1<br />

0.5<br />

0<br />

0 0.001 0.002 0.003 0.004 0.005 0.006 0.007 0.008 0.009 0.01<br />

Deformazione γ<br />

Figura 5.15: Curva γ - τ per il pannello PV19.<br />

L’utilizzo <strong>di</strong> un legame isotropo porterebbe in questo caso ad una resistenza ultima pari alla<br />

resistenza <strong>di</strong> fessurazione, con una tensione nulla nelle barre <strong>di</strong> armatura. Un modello isotropo non è<br />

quin<strong>di</strong> in grado <strong>di</strong> rappresentare il comportamento <strong>di</strong> una membrana in calcestruzzo armato quando<br />

siano presenti sforzi <strong>di</strong> taglio rilevanti. Questo appare chiaro se consideriamo il sistema che governa<br />

la risposta del modello isotropo in caso <strong>di</strong> stato <strong>di</strong> sforzo piano <strong>di</strong> taglio puro:<br />

⎡ 0 ⎤ ⎡D<br />

⎢ ⎥<br />

=<br />

⎢<br />

⎢ 0 ⎥ ⎢<br />

D<br />

⎢ ⎥<br />

⎣τ<br />

⎦<br />

⎢<br />

xy ⎣ 0<br />

11<br />

21<br />

D<br />

D<br />

12<br />

0<br />

22<br />

0 ⎤ ⎡ ε<br />

x<br />

⎤<br />

⎢ ⎥<br />

0<br />

⎥<br />

⎥<br />

⋅(1−<br />

d)<br />

⋅⎢ε<br />

y ⎥<br />

D ⎥⎦<br />

⎢ ⎥<br />

33 ⎣γ<br />

xy ⎦<br />

(5.3)<br />

dove d in<strong>di</strong>ca il danneggiamento del materiale.<br />

133


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

La matrice <strong>di</strong> rigi<strong>di</strong>tà del materiale possiede sempre la forma data nella 5.3, con degli zeri in<br />

posizione (1,3) (2,3) (3,1) e (3,2) che provocano il <strong>di</strong>saccoppiamento delle equazioni che governano<br />

la risposta a taglio da quelle che governano la risposta alle azioni normali. Si hanno perciò i seguenti<br />

2 sistemi:<br />

⎡0⎤<br />

⎡<br />

⎥ = D<br />

⎢ ⎢<br />

⎣0⎦<br />

⎣D<br />

11<br />

21<br />

D<br />

D<br />

21<br />

22<br />

⎤ ⎡ ⎤<br />

⎥ ⋅ ε<br />

x<br />

(1−<br />

d)<br />

⋅⎢<br />

⎥<br />

⎦ ⎣ε<br />

y ⎦<br />

(sistema che governa la risposta ad azioni normali) (5.4)<br />

τ = D33 ⋅(1−<br />

d)<br />

⋅γ<br />

(sistema che governa la risposta ad azioni <strong>di</strong> taglio) (5.5)<br />

xy<br />

xy<br />

dato che la matrice <strong>di</strong> rigi<strong>di</strong>tà presente nella (5.4) possiede rango 2 (se così non fosse sarebbe il<br />

modulo E del calcestruzzo pari a 0) il sistema (5.4) ammette come unica soluzione la soluzione nulla<br />

x<br />

=<br />

y<br />

ε 0 ε =0 con conseguente errato inutilizzo delle armature poste in <strong>di</strong>rezione X e Y.<br />

La risposta strutturale risulta perciò governata dalla sola equazione (5.5) che fornisce come resistenza<br />

ultima del pannello, la resistenza a taglio del solo calcestruzzo.<br />

Col modello ortotropo, nel momento in cui la matrice <strong>di</strong>agonale delle rigi<strong>di</strong>tà nel sistema <strong>di</strong><br />

riferimento principale viene ruotata nel sistema <strong>di</strong> riferimento X,Y si trova un sistema con matrice dei<br />

coefficienti piena e <strong>di</strong> rango 3 (altrimenti si avrebbe una <strong>di</strong>rezione i in cui E i = 0 ma questo è escluso<br />

dalle leggi costitutive anche nel caso <strong>di</strong> trazione pura):<br />

⎡ 0 ⎤ ⎡D11<br />

D12<br />

D13<br />

⎤ ⎡ ε<br />

x<br />

⎤<br />

⎢ ⎥ ⎢<br />

⎥ ⎢ ⎥<br />

⎢ 0 ⎥=<br />

⎢<br />

D21<br />

D22<br />

D23<br />

⎥<br />

⋅⎢ε<br />

y ⎥<br />

⎢ ⎥ ⎢⎣<br />

⎥⎦<br />

⎢ ⎥<br />

⎣τ xy ⎦ D31<br />

D32<br />

D33<br />

⎣γ<br />

xy ⎦<br />

(5.6)<br />

essendo i coefficienti in posizione (1,3) (2,3) (3,1) e (3,2) non più nulli, una deformazione a taglio<br />

provoca anche delle deformazioni in <strong>di</strong>rezione X e Y che chiamano in causa le relative armature (se<br />

presenti). Nasceranno quin<strong>di</strong> delle tensioni <strong>di</strong> tipo σ in <strong>di</strong>rezioni X e Y, tuttavia le tensioni σ presenti<br />

nel calcestruzzo saranno equilibrate dagli sforzi presenti nell’armatura (se la membrana è soggetta a<br />

taglio puro le tensioni σ che nascono sono autoequilibrate all’interno della struttura).<br />

134


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

5. Trave <strong>di</strong> Bresler – Scordelis<br />

Si considera come primo esempio, due delle travi provate sperimentalmente da Bresler e Scordelis<br />

nel 1961, e precisamente la trave A-1 e la trave OA-1. La trave A-1 è caratterizzata da una forte<br />

armatura flessionale e da una debole armatura a taglio, in modo da raggiungere un collasso con un<br />

meccanismo <strong>di</strong> parete. La trave OA-1, rispetto alla A-1, è del tutto sprovvista <strong>di</strong> armatura trasversale<br />

e <strong>di</strong> armatura al positivo. In fig. 5.16 sono riportate le <strong>di</strong>mensioni, le <strong>di</strong>sposizioni <strong>di</strong> armatura e le<br />

caratteristiche dei materiali della trave A-1. La struttura è stata sud<strong>di</strong>visa in 297 elementi finiti, per un<br />

totale <strong>di</strong> 2040 gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> libertà. Tuttavia, essendo la struttura sottoposta ad uno stato <strong>di</strong> sforzo piano, i<br />

gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> libertà che effettivamente concorrono a rappresentare il modello sono solo 680. Tutte le<br />

armature presenti sono state assegnate in modo <strong>di</strong>ffuso, il carico <strong>di</strong> prova e le reazioni vincolari sono<br />

state ripartite nell’intorno del punto <strong>di</strong> applicazione, per evitare arbitrarie concentrazioni <strong>di</strong> sforzo.<br />

Figura 5.16: Geometria della trave <strong>di</strong> Bresler Scordelis con staffatura.<br />

135


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

500<br />

450<br />

400<br />

350<br />

Carico applicato (KN)<br />

300<br />

250<br />

200<br />

150<br />

Risultati sperimentali<br />

Elaborazione numerica<br />

100<br />

50<br />

0<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16<br />

Freccia massima (mm)<br />

Figura 5.17: Curva carico freccia, sperimentale e calcolato.<br />

L’elaborazione numerica con un legame costitutivo ortotropo fornisce una buona interpretazione del<br />

comportamento strutturale della trave. Nelle pagine seguenti vengono riportate le immagini <strong>di</strong><br />

fessurazione ricavate numericamente, da confrontare con il quadro fessurativo sperimentale riportato<br />

in fig. 5.18.<br />

Figura 5.18: Quadro fessurativo sperimentale sulle 2 facce della trave armata a taglio.<br />

136


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

Figura 5.19: Quadro fessurativo al 10% del carico ultimo.<br />

Figura 5.20: Quadro fessurativo al 40% del carico ultimo.<br />

137


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

Figura 5.21: Quadro fessurativo al 80% del carico ultimo.<br />

Figura 5.22: Quadro fessurativo al 100% del carico ultimo.<br />

138


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

400<br />

350<br />

300<br />

Carico applicato (KN)<br />

250<br />

200<br />

150<br />

Sperimentale<br />

elaborazione numerica<br />

100<br />

50<br />

0<br />

0 1 2 3 4 5 6 7 8<br />

Freccia massima (mm)<br />

Figura 5.23: Curva carico freccia, sperimentale e calcolato.<br />

Nelle pagine seguenti vengono riportate le immagini <strong>di</strong> fessurazione ricavate<br />

numericamente, da confrontare con il quadro fessurativo sperimentale riportato in figura<br />

5.24.<br />

Figura 5.24: Quadro fessurativo sperimentale sulle 2 facce della trave armata a taglio.<br />

139


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

Figura 5.25: Quadro fessurativo al 15% del carico ultimo.<br />

Figura 5.26: Quadro fessurativo al 40% del carico ultimo.<br />

140


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

Figura 5.27: Quadro fessurativo al 80% del carico ultimo.<br />

Figura 5.28: Quadro fessurativo al 100% del carico ultimo.<br />

141


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

6. Analisi <strong>di</strong> una pila da ponte binata<br />

Si riprende la pila da ponte stu<strong>di</strong>ata in campo elastico lineare e riportata nel capitolo precedente a<br />

pag. 112. Per como<strong>di</strong>tà si riportano le caratteristiche geometriche e meccaniche della pila.<br />

La tipologia della pila è <strong>di</strong> tipo misto (o binata), la pila risulta infatti sud<strong>di</strong>visa in due zone:<br />

900<br />

V<br />

V<br />

40<br />

50<br />

40<br />

20<br />

110<br />

60<br />

Asse del ponte<br />

600<br />

820<br />

4250<br />

(32+32) φ18<br />

per parete<br />

(8+8) φ18<br />

per lama<br />

hp<br />

(53+53) φ30<br />

per lama<br />

(2+2) cavi<br />

per lama<br />

46<br />

46<br />

46<br />

46<br />

46<br />

46<br />

45<br />

107.5<br />

Figura 5.29: Geometria della pila binata (misure in cm).<br />

una prima parte (nella zona inferiore) costituita da un cassone monocellulare composto da due pareti<br />

principali sagomate, trasversali rispetto all’asse del ponte collegate mutuamente da due setti arretrati<br />

e posizionati all’inizio della sagomatura ed una seconda parte (nella zona superiore) costituita da due<br />

lame in<strong>di</strong>pendenti collegate solo in sommità, ottenute come prolungamento delle pareti principali del<br />

cassone.<br />

142


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

Con riferimento alla Figura 5.29 l’estensione relativa al primo tratto <strong>di</strong> altezza h p viene caratterizzata<br />

tramite il parametro <strong>di</strong>mensionale α = h p / h, dove h = 42.5 m. Alla base la pila viene considerata<br />

incastrata rigidamente, e non si eseguirà nessuna modellazione della fondazione o del terreno. In<br />

sommità, essa termina con un tratto molto rigido che, <strong>di</strong> fatto, impone alle due estremità delle lame<br />

gli stessi spostamenti e le stesse rotazioni. L’altezza totale della pila è pari a 42.5 m ed il carico<br />

verticale su ciascuna lama è V = 30 MN. Le caratteristiche geometriche delle sezioni trasversali e le<br />

<strong>di</strong>sposizioni dell’armatura longitu<strong>di</strong>nale vengono mostrate in figura 5.29. Come armatura trasversale<br />

viene considerata una staffatura <strong>di</strong> 1φ10 ogni 10 cm lungo tutto il profilo della pila. Per i materiali si<br />

considerano le seguenti caratteristiche <strong>di</strong> base:<br />

Calcestruzzo: f c0 = -33.2 MPa ε c0 = -0.002 ε cu = -0.0035<br />

Acciaio normale: f sy = 430 MPa E s = 210 GPa ε su = -0.01<br />

Acciaio da precompressione: f py = 1600 MPa E p = 200 GPa ε pu = -0.01<br />

Il modulo <strong>di</strong> rigi<strong>di</strong>tà tangente del calcestruzzo viene assunto pari a (Euroco<strong>di</strong>ce 2):<br />

1/ 3<br />

0 0<br />

=<br />

Ec = 9500 ⋅ f<br />

c<br />

30533<br />

MPa<br />

L’analisi numerica prevede <strong>di</strong> sottoporre la pila ad un carico orizzontale crescente in sommità, sino al<br />

raggiungimento del carico massimo. La pila è stata analizzata in entrambe le <strong>di</strong>rezioni <strong>di</strong> inflessione<br />

<strong>di</strong> fig. 5.30:<br />

Figura 5.30: Direzione <strong>di</strong> flessione 1 e 2.<br />

143


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

Durante la flessione nella <strong>di</strong>rezione 1, il comportamento strutturale è quello <strong>di</strong> tipo trave. Una<br />

aumento dell’altezza della costolatura aumenta la resistenza a flessione della struttura.<br />

14<br />

12<br />

10<br />

Forza orizzontale (MN)<br />

8<br />

6<br />

4<br />

Parametro α<br />

crescente<br />

2<br />

0<br />

0.00 0.05 0.10 0.15 0.20 0.25 0.30 0.35 0.40<br />

Spostamento in sommità (m)<br />

Figura 5.31: Curve forza spostamento per flessione in <strong>di</strong>rezione 1.<br />

Le curve rimangono comunque pressoché simili, in quanto il comportamento globale della struttura<br />

non subisce gran<strong>di</strong> alterazioni rispetto a quello originario, l’incremento <strong>di</strong> resistenza dovuto<br />

all’aumento dell’altezza della costolatura è modesto. Il comportamento è sostanzialmente <strong>di</strong> tipo<br />

trave, a parte una piccola zona <strong>di</strong>ffusiva al termine della costolatura per i casi <strong>di</strong> α = 1/3 e α = 2/3.<br />

Più interessante sono i risultati per una flessione in <strong>di</strong>rezione 2. Anche in questa <strong>di</strong>rezione la pila può<br />

essere pensata come composta da due travi, ma la parte superiore (senza costolatura) possiede una<br />

deformabilità notevolmente superiore rispetto alla parte inferiore a cassone. L’incremento <strong>di</strong><br />

resistenza all’aumentare dell’altezza della costolatura è notevole, e ad un incremento <strong>di</strong> capacità<br />

portante corrisponde un relativo decremento <strong>di</strong> deformabilità. La pila senza costolatura risulta quin<strong>di</strong><br />

essere la più deformabile ma la meno portante (riferito ad una forza orizzontale in sommità), mentre<br />

la pila con sezione uniforme a cassone è la struttura più portante ma meno deformabile.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista computazionale, il modelli utilizzati per l’analisi della flessione in <strong>di</strong>rezione hanno<br />

144<br />

Parametro α<br />

crescente


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

richiesto una mesh <strong>di</strong> circa 5000 gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> libertà (contro i circa 2500 nel caso <strong>di</strong> flessione in <strong>di</strong>rezione<br />

1). Nel grafico riportato in Figura 5.32 vengono evidenziate anche le stesse curve ricavate dall’ing.<br />

Bion<strong>di</strong>ni nella sua <strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> Dottorato [Bio] con elementi <strong>di</strong> tipo trave.<br />

18<br />

16<br />

14<br />

Analisi con elementi <strong>di</strong> trave<br />

Analisi con elementi soli<strong>di</strong><br />

12<br />

Forza orizzontale (MN)<br />

10<br />

8<br />

6<br />

4<br />

2<br />

0<br />

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2<br />

Spostamento in sommità (m)<br />

Figura 5.32: Curve forza spostamento per flessione in <strong>di</strong>rezione 2.<br />

Si noti l’estrema corrispondenza tra la risposta calcolata con elementi <strong>di</strong> tipo trave e quella con<br />

elementi finiti soli<strong>di</strong>, nei casi della prima e della quarta curva (pila senza costolatura, pila con<br />

costolatura completa). Nel caso <strong>di</strong> una costolatura non completa, l’elemento <strong>di</strong> tipo trave non coglie<br />

in modo sufficientemente corretto la deformabilità dell’elemento, causando delle sovrastime anche<br />

del 20% sulla resistenza ultima. L’errore si incrementerà maggiormente col <strong>di</strong>minuire della snellezza<br />

della pila stessa. Nelle pagine successive si riportano tutti i casi stu<strong>di</strong>ati, con le relative curve carico<br />

spostamento ed i loro quadri fessurativi.<br />

145


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

Pila inflessa in <strong>di</strong>rezione 1 con costolatura nulla (α=0)<br />

Figura 5.33: Mesh indeformata, e visione assonometrica della deformata.<br />

12<br />

10<br />

8<br />

Forza orizzontale (MN)<br />

6<br />

4<br />

Asse del ponte<br />

2<br />

0<br />

0.00 0.05 0.10 0.15 0.20 0.25 0.30 0.35 0.40<br />

Spostamento in sommità (m)<br />

Figura 5.34: Risposta in termini <strong>di</strong> carico orizzontale - freccia.<br />

146


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

Figura 5.35: Quadro fessurativo e danneggiamento per la vista dal lato A. Situazioni al 50%, 75% e 100% del carico<br />

ultimo.<br />

Figura 5.36: Quadro fessurativo e danneggiamento per la vista dal lato B. Situazioni al 50%, 75% e 100% del carico<br />

ultimo.<br />

147


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

Pila inflessa in <strong>di</strong>rezione 1 con costolatura ad 1/3 dell’altezza totale (α=1/3)<br />

Figura 5.37: Mesh indeformata, e visione assonometrica della deformata.<br />

14<br />

12<br />

10<br />

Forza orizzontale (MN)<br />

8<br />

6<br />

Asse del ponte<br />

4<br />

2<br />

0<br />

0.00 0.05 0.10 0.15 0.20 0.25 0.30 0.35 0.40<br />

Spostamento in sommità (m)<br />

Figura 5.38: Risposta in termini <strong>di</strong> carico orizzontale - freccia.<br />

148


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

Figura 5.39: Quadro fessurativo e danneggiamento per la vista dal lato A. Situazioni al 50%, 75% e 100% del carico<br />

ultimo.<br />

Figura 5.40: Quadro fessurativo e danneggiamento per la vista dal lato B. Situazioni al 50%, 75% e 100% del carico<br />

ultimo.<br />

149


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

Pila inflessa in <strong>di</strong>rezione 1 con costolatura ad 2/3 dell’altezza totale (α=2/3)<br />

Figura 41: Mesh indeformata, e visione assonometrica della deformata.<br />

14.00<br />

12.00<br />

10.00<br />

8.00<br />

6.00<br />

Asse del ponte<br />

4.00<br />

2.00<br />

0.00<br />

0.00 0.05 0.10 0.15 0.20 0.25 0.30 0.35 0.40<br />

Figura 5.42: Risposta in termini <strong>di</strong> carico orizzontale - freccia.<br />

150


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

Figura 5.43: Quadro fessurativo e danneggiamento per la vista dal lato A. Situazioni al 50%, 75% e 100% del carico<br />

ultimo.<br />

Figura 5.44: Quadro fessurativo e danneggiamento per la vista dal lato B. Situazioni al 50%, 75% e 100% del carico<br />

ultimo.<br />

151


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

Pila inflessa in <strong>di</strong>rezione 1 con costolatura ad 3/3 dell’altezza totale (α=3/3)<br />

Figura 5.45: Mesh indeformata, e visione assonometrica della deformata.<br />

14.00<br />

12.00<br />

10.00<br />

Forza orizzontale (MN)<br />

8.00<br />

6.00<br />

Asse del ponte<br />

4.00<br />

2.00<br />

0.00<br />

0.00 0.05 0.10 0.15 0.20 0.25 0.30 0.35 0.40<br />

Spostamento in sommità (m)<br />

Figura 5.46: Risposta in termini <strong>di</strong> carico orizzontale - freccia.<br />

152


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

Figura 5.47: Quadro fessurativo e danneggiamento per la vista dal lato A. Situazioni al 50%, 75% e 100% del carico<br />

ultimo.<br />

Figura 5.48: Quadro fessurativo e danneggiamento per la vista dal lato B. Situazioni al 50%, 75% e 100% del carico<br />

ultimo.<br />

153


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

Pila inflessa in <strong>di</strong>rezione 2 con costolatura ad 0/3 dell’altezza totale (α=0)<br />

Figura 5.49: Mesh indeformata, e visione assonometrica della deformata.<br />

5<br />

4<br />

Forza orizzontale (MN)<br />

3<br />

2<br />

Asse del ponte<br />

1<br />

0<br />

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2<br />

Spostamento in sommità (m)<br />

Figura 5.50: Risposta in termini <strong>di</strong> carico orizzontale - freccia.<br />

154


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

Figura 5.51: Quadro fessurativo e danneggiamento per la vista dal lato A. Situazioni al 50%, 75% e 100% del carico<br />

ultimo.<br />

Figura 5.52: Quadro fessurativo e danneggiamento per la vista dal lato B. Situazioni al 50%, 75% e 100% del carico<br />

ultimo.<br />

155


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

Pila inflessa in <strong>di</strong>rezione 2 con costolatura ad 1/3 dell’altezza totale (α=1/3)<br />

Figura 5.53: Mesh indeformata, e visione assonometrica della deformata.<br />

6<br />

5<br />

4<br />

Forza orizzontale (MN)<br />

3<br />

2<br />

Asse del ponte<br />

1<br />

0<br />

0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8<br />

Spostamento in sommità (m)<br />

Figura 5.54: Risposta in termini <strong>di</strong> carico orizzontale - freccia.<br />

156


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

Figura 5.55: Quadro fessurativo e danneggiamento per la vista dal lato A. Situazioni al 50%, 75% e 100% del carico<br />

ultimo.<br />

Figura 5.56: Quadro fessurativo e danneggiamento per la vista dal lato B. Situazioni al 50%, 75% e 100% del carico<br />

ultimo.<br />

157


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

Pila inflessa in <strong>di</strong>rezione 2 con costolatura ad 2/3 dell’altezza totale (α=2/3)<br />

Figura 5.57: Mesh indeformata, e visione assonometrica della deformata.<br />

12<br />

10<br />

8<br />

Forza orizzontale (MN)<br />

6<br />

4<br />

Asse del ponte<br />

2<br />

0<br />

0 0.05 0.1 0.15 0.2 0.25 0.3 0.35 0.4<br />

Spostamento in sommità (m)<br />

Figura 5.58: Risposta in termini <strong>di</strong> carico orizzontale - freccia.<br />

158


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

Figura 5.59: Quadro fessurativo e danneggiamento per la vista dal lato A. Situazioni al 50%, 75% e 100% del carico<br />

ultimo.<br />

Figura 5.60: Quadro fessurativo e danneggiamento per la vista dal lato B. Situazioni al 50%, 75% e 100% del carico<br />

ultimo.<br />

159


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

Pila inflessa in <strong>di</strong>rezione 2 con costolatura ad 3/3 dell’altezza totale (α=3/3)<br />

Figura 5.61: Mesh indeformata, e visione assonometrica della deformata.<br />

18<br />

16<br />

14<br />

12<br />

Forza orizzontale (MN)<br />

10<br />

8<br />

6<br />

Asse del ponte<br />

4<br />

2<br />

0<br />

0 0.05 0.1 0.15 0.2 0.25 0.3 0.35 0.4<br />

Spostamento in sommità (m)<br />

Figura 5.62: Risposta in termini <strong>di</strong> carico orizzontale - freccia.<br />

160


Applicazioni in campo elastico non lineare Cap. 5<br />

Figura 5.63: Quadro fessurativo e danneggiamento per la vista dal lato A. Situazioni al 50%, 75% e 100% del carico<br />

ultimo.<br />

Figura 5.64: Quadro fessurativo e danneggiamento per la vista dal lato B. Situazioni al 50%, 75% e 100% del carico<br />

ultimo.<br />

161


Co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> calcolo sviluppati<br />

App. A<br />

Appen<strong>di</strong>ce A<br />

Co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> calcolo sviluppati<br />

All’interno del mio lavoro <strong>di</strong> tesi ho sviluppato una serie <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> calcolo in linguaggio Microsoft<br />

Visual Fortran. In questo capitolo se ne da un elenco ed una breve descrizione.<br />

In<strong>di</strong>ce dei co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> calcolo sviluppati<br />

PreCass<br />

PreC<br />

PrePila<br />

Esa3D<br />

CalcEsa<br />

PostEsa2D<br />

Modellatore per una trave con profilo a cassone<br />

Modellatore per una trave con profilo a C<br />

Modellatore per un pila da ponte binata<br />

Programma <strong>di</strong> grafica 3D<br />

Programma <strong>di</strong> calcolo non lineare<br />

Post Processor 2D<br />

164


Co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> calcolo sviluppati<br />

App. A<br />

1. PrePila<br />

I co<strong>di</strong>ci PreCass, PreC, e PrePila sono molto simili, per cui verrà fornita una descrizione del solo<br />

co<strong>di</strong>ce Prepila. Il compito <strong>di</strong> questo programma è quello <strong>di</strong> costruire il modello <strong>di</strong> calcolo <strong>di</strong> una pila<br />

da ponte ponte binata, dovrà perciò fornire come output le coor<strong>di</strong>nate dei no<strong>di</strong> e la matrice delle<br />

incidenze del calcestruzzo, nonché le coor<strong>di</strong>nate nodali e la matrice delle incidenze dell’acciaio<br />

embedded.<br />

LeggiDati<br />

FormaCoordPn1<br />

FormaCoord1<br />

FormaCoordPn2<br />

FormaCoord2<br />

FormaInc1<br />

FormaIncTran<br />

FormaInc2<br />

Or<strong>di</strong>naPiani<br />

CalcCoeff<br />

CalcInter<br />

CalcInter<br />

Stampa<br />

Figura A.1: Schema a blocchi del co<strong>di</strong>ce PrePila.<br />

Nelle pagine seguenti si riporta un esempio <strong>di</strong> file <strong>di</strong> dati, un esempio <strong>di</strong> pila <strong>di</strong>segnata in 2D (non<br />

corrisponde a quella del file <strong>di</strong> dati) e l’output del programma Esa3d.<br />

165


Co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> calcolo sviluppati<br />

App. A<br />

File <strong>di</strong> DATI <strong>di</strong> PrePila per la costruzione del modello <strong>di</strong> pila binata<br />

COSTOLA<br />

4 : File <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nate<br />

10.0<br />

20.0<br />

40.0<br />

50.0<br />

LAMA<br />

7 : File <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nate<br />

10.0<br />

20.0<br />

30.0<br />

40.0<br />

50.0<br />

70.0<br />

80.0<br />

SPIGOLI<br />

5.0<br />

10.0<br />

: DY, DZ dei 4 spigoli<br />

ALTEZZA UNITE<br />

4 : File <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nate<br />

10.0<br />

60.0<br />

120.0<br />

150.0<br />

ALTEZZA SEPARATE<br />

4 : File <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nate<br />

150.0<br />

190.0<br />

200.0<br />

230.0<br />

EMBEDDING<br />

: X1,Y1,Z1 X2,Y2,Z2<br />

2<br />

10.0 15.0 15.0 230.0 15.0 15.0<br />

10.0 14.0 14.0 230.0 14.0 14.0<br />

Il programma consente un infittimento della mesh in zone dove è intuitiva la presenza <strong>di</strong> un forte<br />

gra<strong>di</strong>ente <strong>di</strong> sforzi, ad esempio nei punti in cui la pila da profilo a cassone <strong>di</strong>venta a doppia lama.<br />

166


Co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> calcolo sviluppati<br />

App. A<br />

Coor<strong>di</strong>nate Lama Coor<strong>di</strong>nate Lama<br />

Coor<strong>di</strong>nate Costola<br />

Coor<strong>di</strong>nate Lama<br />

∆Z<br />

∆Y<br />

Figura A.2: Geometria 2D <strong>di</strong> una pila da ponte binata.<br />

167


Co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> calcolo sviluppati<br />

App. A<br />

Figura A.3: La mesh creata da PrePila e visualizzata da Esa3D.<br />

FormaCoordPn1<br />

Calcola le coor<strong>di</strong>nate nodali appartenenti al piano perpen<strong>di</strong>colare all’asse della pila, nella zona <strong>di</strong><br />

profilo a cassone.<br />

FormaCood1<br />

Estende le coor<strong>di</strong>nate nodali piane a tutta l’altezza del profilo a cassone.<br />

FormaCoordPn2<br />

Calcola le coor<strong>di</strong>nate nodali appartenenti al piano perpen<strong>di</strong>colare all’asse della pila, nella zona <strong>di</strong><br />

profilo a doppia lama.<br />

168


Co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> calcolo sviluppati<br />

App. A<br />

FormaCood1<br />

Estende le coor<strong>di</strong>nate nodali piane a tutta l’altezza del profilo a doppia lama.<br />

FormaInc1<br />

Forma la matrice delle incidenze per gli elementi esaedrici nella zona <strong>di</strong> profilo a cassone.<br />

FormaIncTran<br />

Forma la matrice delle incidenze per gli elementi esaedrici nella zona <strong>di</strong> transizione dal profilo a<br />

cassone al profilo a doppia lama.<br />

FormaInc1<br />

Forma la matrice delle incidenze per gli elementi esaedrici nella zona <strong>di</strong> profilo a doppia lama.<br />

Or<strong>di</strong>naPiani<br />

Forma un array contenente le incidenze <strong>di</strong> tutte le facce <strong>di</strong> tutti gli esaedri (6 facce per ogni elemento<br />

finito).<br />

CalcCoeff<br />

Calcola i coefficienti angolari <strong>di</strong> tutti i piani rappresentanti le facce degli elementi (or<strong>di</strong>nati nella<br />

subroutine Or<strong>di</strong>naPiani) e <strong>di</strong> tutte le rette rappresentanti gli elementi embedded.<br />

CalcInter<br />

Calcola l’intersezione tra una retta (elemento embedded) e tutti i piani presenti.<br />

ControllaInt<br />

Controlla se l’intersezione calcolata da CalcInter è interna ai no<strong>di</strong> appartenenti a quella faccia, se così<br />

è si è trovata una coor<strong>di</strong>nata dell’elemento embedded.<br />

Stampa<br />

Stampa i risultati: matrice delle coor<strong>di</strong>nate e delle incidenze degli esaedri, matrice delle coor<strong>di</strong>nate e<br />

delle incidenze degli elementi embedded.<br />

169


Co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> calcolo sviluppati<br />

App. A<br />

2. Esa3D<br />

Il co<strong>di</strong>ce Esa3D visualizza sullo schermo la geometria della struttura. Come dati riceve le coor<strong>di</strong>nate<br />

nodali, le incidenze e la posizione dell’osservatore (punto <strong>di</strong> osservazione). La visualizzazione sullo<br />

schermo della geometria del solido viene eseguita dopo una serie <strong>di</strong> calcoli geometrici che<br />

permettono <strong>di</strong> proiettare il solido su <strong>di</strong> un piano (piano <strong>di</strong> <strong>di</strong>segno). Fissato un punto all’interno del<br />

corpo (punto osservato) il solido viene proiettato su <strong>di</strong> un piano perpen<strong>di</strong>colare alla linea<br />

congiungente il punto <strong>di</strong> osservazione ed il punto osservato, tramite una rotazione del sistema <strong>di</strong><br />

riferimento vengono poi calcolate le coor<strong>di</strong>nate delle proiezioni dei no<strong>di</strong> sul piano <strong>di</strong> <strong>di</strong>segno<br />

(coor<strong>di</strong>nate in 2D) nonché tutte le <strong>di</strong>stanze nodo – proiezione. Basandosi poi sulla liste dei piani che<br />

formano le facce del solido, sulla lista delle rette che formano gli spigoli del solido, e sulle <strong>di</strong>stanze<br />

prima calcolate, vengono cancellati i tratti <strong>di</strong> linee che sono coperti da parti solide (cancellazione<br />

delle linee nascoste) ed infine viene eseguito il <strong>di</strong>segno del solido sullo schermo.<br />

LeggiDati<br />

Legge la geometria della struttura e il punto <strong>di</strong> osservazione.<br />

Me<strong>di</strong>o<br />

Calcola un punto me<strong>di</strong>o all’interno della struttura e lo assume come punto osservato.<br />

Or<strong>di</strong>naPiani<br />

Forma un array contenente le incidenze <strong>di</strong> tutte le facce <strong>di</strong> tutti gli esaedri (6 facce per ogni elemento<br />

finito).<br />

Or<strong>di</strong>naPiani<br />

Forma un array contenente le incidenze degli spigoli <strong>di</strong> tutti gli esaedri (12 spigolo per ogni elemento<br />

finito).<br />

Piano Pro<br />

Calcola le equazioni <strong>di</strong> tutte le rette <strong>di</strong> proiezione.<br />

170


Co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> calcolo sviluppati<br />

App. A<br />

LeggiDati<br />

Me<strong>di</strong>o<br />

Or<strong>di</strong>naPiani<br />

Or<strong>di</strong>naRette<br />

PianoPro<br />

PianoRetta<br />

Portaa2D<br />

CalCoeff<br />

DistaPro<br />

Estremi<br />

ScalaXY<br />

Disegna<br />

DisegnaLinea<br />

Coperto<br />

Figura A.4: Schema a blocchi del co<strong>di</strong>ce Esa3D.<br />

PianoRetta<br />

Calcola le intersezioni tra le rette ed il piano <strong>di</strong> proiezione.<br />

Portaa2D<br />

Calcola le coor<strong>di</strong>nate nel riferimento locale del piano <strong>di</strong> proiezione.<br />

Dista<br />

Calcola le <strong>di</strong>stanze dei no<strong>di</strong> dal piano <strong>di</strong> proiezione.<br />

Disegna<br />

Disegna la geometria della struttura, linea per linea, controllando che lo spigolo non sia coperto da<br />

parti solide.<br />

171


Co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> calcolo sviluppati<br />

App. A<br />

Figura A.5: Test <strong>di</strong> prova per la cancellazione delle linee nascoste.<br />

Figura A.6: Profilo a C <strong>di</strong>scretizzato in Elementi Finiti.<br />

172


Co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> calcolo sviluppati<br />

App. A<br />

Figura A.7: Trave a C <strong>di</strong>scretizzata in Elementi Finiti.<br />

Figura A.8: Trave a cassone <strong>di</strong>scretizzata in Elementi Finiti.<br />

173


Co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> calcolo sviluppati<br />

App. A<br />

3. CalcEsa<br />

In questo lavoro si sono implementati 3 programmi <strong>di</strong> calcolo ad elementi finiti (operanti<br />

rispettivamente con funzioni <strong>di</strong> forma compatibili, incompatibili, e con integrazione selettiva). In<br />

questo paragrafo si da una breve descrizione del co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> calcolo operante con le funzioni<br />

incompatibili alla Wilson.<br />

LeggiDati<br />

Legge la geometria della struttura, i vincoli, le forze, i passi <strong>di</strong> carico e i dati necessari ad effettuare le<br />

proiezioni ortogonali della struttura fessurata. Un esempio <strong>di</strong> file <strong>di</strong> dati è il seguente:<br />

File ESA.PRE:<br />

Problema <strong>di</strong> prova<br />

Dati gen, NCoord NEle NFVar NFCost NVinc NMol NDefI NEmb NDIF NPG NPassi Toll<br />

1482 900 66 66 376 0 0 0 900 8 400 0.01<br />

Coor<strong>di</strong>nate cartesiane, Coor<strong>di</strong>nata X Coor<strong>di</strong>nata Y Coor<strong>di</strong>nata Z<br />

0.000000000000000E+000 0.000000000000000E+000 0.000000000000000E+000<br />

*** *** ***<br />

41.500000000000000 3.800000000000000 9.000000000000000<br />

Incidenze, N1 N2 N3 N4 N5 N6 N7 N8<br />

2 1 7 8 56 55 61 62<br />

*** *** *** *** *** *** *** ***<br />

3 2 8 9 57 56 62 63<br />

Materiale calcestruzzo, FC1 EPS_C1 Fx Fy Fz<br />

31.5D0 -0.002D0 -0.025D0 0.0D0 0.0D0<br />

Forze concentrate variabili, Nodo Fx Fy Fz<br />

1417 0.0 0.0 1.515151515152E-03<br />

*** *** *** ***<br />

1482 0.0 0.0 1.515151515152E-03<br />

Forze concentrate costanti, nodo Fx Fy Fz<br />

1417 -4.5454545454545E-01 0.0 0.0<br />

*** *** *** ***<br />

1482 -4.5454545454545E-01 0.0 0.0<br />

174


Co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> calcolo sviluppati<br />

App. A<br />

Vincoli rigi<strong>di</strong>, NGDL Flag (1-Fisso 2-Ce<strong>di</strong>mento) Ce<strong>di</strong>mento<br />

1 1 0.0<br />

*** *** ***<br />

4445 1 0.0<br />

Vincoli elastici concentrati, NNodo T1 T2 T3 Rig<br />

Deformazioni iniziali<br />

Elementi Embed<strong>di</strong>ng incidenze, NEmbed<strong>di</strong>ng per elemento<br />

EE car.,XA YA ZA XB YB ZB EYoung Area DefIniz Ele<br />

Elementi Diffusi, RoX RoY RoZ E FX FY FZ<br />

1.10E-02 3.00E-03 3.00E-03 2.10E+05 4.30E+02 4.30E+02 4.30E+02<br />

*** *** *** *** *** *** ***<br />

1.10E-02 3.00E-03 3.00E-03 2.10E+05 4.30E+02 4.30E+02 4.30E+02<br />

Storia <strong>di</strong> carico, Moltiplicatore<br />

1.00000E+00<br />

***<br />

1.30500E+02<br />

mentre per eseguire le proiezioni ortogonali della struttura fessurata, si richiede in input anche il<br />

file MINCRIS.PRE:<br />

0 1 0<br />

0 0 0<br />

******<br />

0 0 0<br />

0 0 0<br />

0 1 0<br />

Ogni riga rappresenta un elementi finito. Se nella prima colonna vi è 1 significa che l’elemento<br />

appartiene alla proiezione ortogonale sul piano XY, sul piano XZ se è nella seconda colonna, sul<br />

piano YZ se è nella terza colonna. Di questi elementi verranno stampati le matrici delle incidenze<br />

proiettate in 2 <strong>di</strong>mensioni, nonché le proiezioni delle inclinazioni <strong>di</strong> fessurazione.<br />

Semibanda<br />

Calcola la semibanda del sistema risolvente analizzando la matrice delle incidenze.<br />

175


Co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> calcolo sviluppati<br />

App. A<br />

Gauss_non_locale<br />

In ogni punto <strong>di</strong> Gauss forma un array con i punti che si dovranno considerare per il calcolo delle<br />

deformazioni in senso non locale. Associa inoltre ad ogni punto il relativo peso.<br />

Forma_der_X<br />

Forma la matrice delle derivate delle funzioni <strong>di</strong> forma rispetto al sistema <strong>di</strong> riferimento generale (x,<br />

y, z). Al suo interno contiene altre subroutine per il calcolo delle derivate rispetto al sistema <strong>di</strong><br />

riferimento standard (ξ,η,ρ), per il calcolo della matrice Jacobiana e del suo determinante, e per la<br />

risoluzione del sistema 3x3 che fornisce le derivate cercate.<br />

Standard_steel<br />

Calcola le coor<strong>di</strong>nate nel sistema <strong>di</strong> riferimento standard delle intersezioni degli elementi embedded<br />

con le facce degli elementi finiti. Utilizza un algoritmo <strong>di</strong> Newton per la risoluzione del problema<br />

non lineare della trasformazione <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nate.<br />

Assembla<br />

Forma la matrice <strong>di</strong> rigidezza della struttura in forma <strong>di</strong> semibanda raddrizzata. Al suo interno<br />

contiene altre subroutine per il calcolo della matrice <strong>di</strong> rigidezza del singolo elemento, per il calcolo<br />

della matrice <strong>di</strong> rigidezza degli elementi embedded e per la condensazione statica dei gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> libertà<br />

non compatibili.<br />

Ce<strong>di</strong>m<br />

Impone i vincoli ed i ce<strong>di</strong>menti.<br />

SBGauss<br />

Risolve il sistema lineare con il metodo <strong>di</strong> gauss. Contiene delle subroutine per il calcolo del residuo<br />

e per un eventuale raffinamento iterativo della soluzione.<br />

Defo_loc<br />

Calcola le deformazioni in senso locale per ogni elemento finito.<br />

176


Co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> calcolo sviluppati<br />

App. A<br />

Defo_non_loc<br />

Calcola le deformazioni in senso non locale per ogni elemento finito e le sostituisce a quelle locali.<br />

Aggiorna moduli<br />

Esegue il calcolo dei moduli <strong>di</strong> elasticità danneggiati e della relativa matrice <strong>di</strong> rigi<strong>di</strong>tà del materiale.<br />

Contiene al suo interno le subroutine per il calcolo degli autovalori e degli autovettori con il metodo<br />

<strong>di</strong> Jacobi, per la valutazione dei legami costitutivi, per la formazione della matrice <strong>di</strong> rotazione e per<br />

il calcolo della matrice <strong>di</strong> rigi<strong>di</strong>tà nel sistema <strong>di</strong> riferimento globale (x, y, z).<br />

Stress<br />

Calcola le tensioni nei materiali.<br />

Squilibrio<br />

Calcola il vettore delle forze nodali interne ed il relativo vettore dello squilibrio (<strong>di</strong>fferenza tra forze<br />

nodali esterne e forze nodali interne).<br />

Convergenza<br />

Decide se le iterazioni in campo non lineare sono giunte a convergenza.<br />

Stampa_ris<br />

Stampa i risultati dell’elaborazione in termini <strong>di</strong>: curva forza - spostamento in un punto della<br />

struttura, spostamenti, forze nodali interne e squilibrio in tutti i punti della struttura, tensioni e<br />

deformazioni in tutti i punti <strong>di</strong> gauss, proiezioni ortogonali dei piani <strong>di</strong> fessurazione negli elementi<br />

desiderati.<br />

177


Co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> calcolo sviluppati<br />

App. A<br />

LeggiDati<br />

Inizializza<br />

Semibanda<br />

Gauss_non_locale<br />

Incrementa carico<br />

Sino a convergenza<br />

Forma_der_X<br />

Standard_steel<br />

Aggiorna_FNE<br />

Assembla<br />

Ce<strong>di</strong>m<br />

SBGauss<br />

Per ogni elemento:<br />

Forma_der_csi<br />

Forma_Jacobiano<br />

Calcola_der_X<br />

Per ogni elemento:<br />

Forma_K_loc<br />

Forma_K_embedded<br />

Condensa_K<br />

Assembla_K_loc<br />

Defo_loc<br />

Defo_non_loc<br />

Aggiorna_moduli<br />

Stress<br />

Squilibrio<br />

Per ogni elemento:<br />

Calcola_autovalori<br />

Calcola_D123<br />

Forma_T<br />

Calcola_DXYZ<br />

Convergenza<br />

Stampa_ris<br />

Fine elaborazione<br />

Figura A.9: Schema a blocchi del co<strong>di</strong>ce CalcEsa.<br />

178


Co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> calcolo sviluppati<br />

App. A<br />

4. PostEsa2D<br />

Disegna a video le proiezioni ortogonali della struttura, con il relativo quadro fessurativo.<br />

LeggiDati<br />

Leggi_inclinazioni<br />

Dis_mesh<br />

Cicla 2 o 3 volte<br />

a seconda dei dati<br />

Dis_fessure<br />

Leggi_danno<br />

Dis_mesh<br />

Cicla 2 o 3 volte<br />

a seconda dei dati<br />

Dis_danno<br />

Stop<br />

Figura A.10: Schema a blocchi del co<strong>di</strong>ce PostEsa2D.<br />

I dati per il <strong>di</strong>segno delle proiezioni ortogonali vengono stampati dal co<strong>di</strong>ce CalcEsa. La subroutine<br />

Dis_danno colora le proiezioni degli elementi finiti a seconda del valore dell’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> fessurazione<br />

posseduto da quell’elemento. Come in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> fessurazione si è assunta la me<strong>di</strong>a delle deformazioni<br />

principali in trazione eseguita sui punti <strong>di</strong> Gauss dell’elemento. La colorazione cambia da chiaro a<br />

scuro a seconda della gravità della fessurazione. Nella pagina successiva si riportano 2 esempi <strong>di</strong><br />

post-processing.<br />

179


Co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> calcolo sviluppati<br />

App. A<br />

Figura A.11: Quadro fessurativo e danno nella trave <strong>di</strong> Bresler Scordelis.<br />

Figura A.12: In<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> danno in una pila binata sottoposta a flessione.<br />

180


Bibliografia<br />

App. B<br />

Appen<strong>di</strong>ce B Bibliografia<br />

Libri sulla modellazione numerica e sulle tematiche strutturali<br />

(L1)<br />

(L2)<br />

(L3)<br />

(L4)<br />

Introduzione al metodo degli elementi finiti<br />

Francesco Cesari – Pitagora E<strong>di</strong>trice Bologna<br />

Problemi non lineari nella meccanica del continuo<br />

Francesco Cesari – Pitagora E<strong>di</strong>trice Bologna<br />

Co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> calcolo per l’analisi <strong>di</strong> strutture spaziali<br />

Francesco cesari – Pitagora E<strong>di</strong>trice Bologna<br />

Analisi per elementi finiti: Modellazione strutturale e controllo dei risultati<br />

Autori Vari – Cism<br />

(L5) The Finite Element Method – Vol 1<br />

Zienkiewicz, Taylor – McGraw Hill<br />

(L6) The Finite Element Method – Vol 2<br />

Zienkiewicz, Taylor – McGraw Hill<br />

(L7)<br />

(L8)<br />

(L9)<br />

(L10)<br />

(L11)<br />

(L12)<br />

Fondamenti del metodo degli elementi finiti<br />

Brebbia, Connor – CittàStu<strong>di</strong>E<strong>di</strong>zioni<br />

Programming the finite element method<br />

Smith, Griffiths – Wiley<br />

Finite Element Procedures<br />

Klaus, Bathe – Prentice Hall<br />

Modellistica Numerica per Problemi Differenziali<br />

Quarteroni – Sprinter<br />

Matematica Numerica<br />

Quarteroni, Sacco, Saleri – Sprinter<br />

Analisi numerica<br />

Comincioli – McGraw Hill<br />

(L13) Meccanica delle strutture – Vol 1,<br />

Corra<strong>di</strong> – McGraw Hill<br />

181


Bibliografia<br />

App. B<br />

(L14) Meccanica delle strutture – Vol 2<br />

Corra<strong>di</strong> – McGraw Hill<br />

(L15) Meccanica delle strutture – Vol 3<br />

Corra<strong>di</strong> – McGraw Hill<br />

(L16)<br />

(L17)<br />

The finite element method<br />

Thomas J. R. Hughes<br />

Non linear finite elements for continua and structures<br />

Belytschko, Kam liu, Moran - Wiley<br />

(L18) Non linear finite element analysis of solid and structures – Vol 1<br />

Crisfield – Wiley<br />

(L19)<br />

(L20)<br />

(L21)<br />

(L22)<br />

Non linear finite element analysis of solid and structures – Vol 2Advanced Topics<br />

Crisfield – Wiley<br />

Meccanica dei materiali<br />

Vergani – McGraw Hill<br />

Equazioni <strong>di</strong>fferenziali alle derivate parziali<br />

Prouse – Masson<br />

Unified theory of reinforced concrete<br />

Hsu – CRC Press<br />

Articoli e tesi<br />

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[Bar]<br />

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182


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[Cek1]<br />

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185

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