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Ripensare l’antimafia percorrendo<br />

nuove strade e senza “star mediatiche”<br />

Melania Federico<br />

Èdivenuto oramai un treno su cui salire per attraversare tutte<br />

le strade mediatiche destinate a forgiare dei veri e propri<br />

professionisti. L’imperativo è certamente quello di conquistare<br />

“l’etichetta antimafia” da mettere in bella mostra in ogni occasione.<br />

Si è tuttavia giunti ad un bivio ed è arrivato certamente il<br />

momento di cambiare strada. Servono scelte oculate e coraggiose<br />

nonché azioni tangibili. Proprio per "Ripensare l'antimafia" giuristi,<br />

magistrati, politici e giornalisti si sono confrontati in una due<br />

giorni a Palermo grazie ad un convegno organizzato dal Dems-<br />

Dipartimento degli Studi Europei e dell'Integrazione Internazionale-<br />

in collaborazione con la Fondazione Progetto Legalità onlus.<br />

La conferenza ha preso spunto dal dibattito di questi giorni sulla riforma<br />

dell'articolo 416 ter del codice penale, quello sul voto di<br />

scambio politico-mafioso. Tante tavole rotonde sono state programmate<br />

per analizzare e sviscerare il problema. Dal sistema penale<br />

al sistema della prevenzione giurisdizionale fino alla<br />

prevenzione amministrativa. I diversi focus hanno portato tutti<br />

verso la medesima convergenza: occorre una svolta. Decisa e<br />

concreta.<br />

"C'è un populismo politico e mediatico – ha detto Giovanni Fiandaca,<br />

direttore del Dems - che pensa di potere condizionare<br />

l'agenda del governo. Il vero vangelo antimafia non possono pretendere<br />

di imporlo né grandi star mediatiche che pensano di potere<br />

dettare l'agenda al governo, né alcuni esponenti politici che<br />

hanno assunto sul 416ter atteggiamenti che prendono forme perverse<br />

di populismo politico e penale". "In tema di antimafia - ha<br />

aggiunto Fiandaca - si avverte l'esigenza di fare sempre meno retorica<br />

e di minori interessati opportunismi”. Propone dunque una<br />

soluzione: un rinnovato approccio antimafia deve essere frutto di<br />

un'impresa collettiva fatta di diversi attori che hanno pari diritti e<br />

doveri di partecipare, dalle associazioni alla magistratura alla cultura.<br />

"Sono molto preoccupata dalla cultura dei ritardi- ha detto Rosy<br />

Bindi, presidente della Commissione Parlamentare Antimafiasono<br />

anni che attendiamo interventi in alcune materie”. All'agenzia<br />

nazionale dei beni confiscati ha proposto di nominare un commissario<br />

e non un direttore per andare contro la vecchia ottica<br />

dell'agenzia nazionale, ma questi deve avere un'ottica manageriale.<br />

Il suo elisir è quello di cambiare prospettiva rispetto al passato.<br />

Poi si è soffermata sulla gestione e sugli apporti dati dalle<br />

associazioni antimafia e non è mancata una stoccata. "Occorre<br />

evitare conflitti di interesse- ha detto-, se Libera amministra beni<br />

confiscati non può stare nel consiglio di amministrazione dell'agenzia,<br />

ma al massimo in quello di indirizzo. Sono la prima a difendere<br />

gli ordini professionali e il loro compito è di tutela dei<br />

cittadini, ma se gli ordini difendono la corporazione e se esiste una<br />

'zona grigia' allora dobbiamo guardarci in faccia".<br />

Nella tavola rotonda “Il sistema penale”, moderato da Giovanni<br />

Fiandaca, hanno offerto il loro apporto Gaetano Insolera, Università<br />

di Bologna, Piergiorgio Morosini, Tribunale di Palermo, Giuseppe<br />

Pignatone, Procuratore di Roma, e Valerio Spignarelli,<br />

presidente dell'Unione nazionale delle camere penali. A infuocare<br />

il dibattito è stato quest’ultimo che ha parlato di una "avvocatura<br />

insanguinata”. “È triste- ha detto- sentirsi dire che gli avvocati diventano<br />

complici degli imputati". La presidente Bindi ha rilanciato<br />

l’oggetto della provocazione ricordando che le sue considerazioni<br />

scaturivano dalla decisione dell'ex capo dell'Agenzia di "affidare un<br />

bene confiscato a un avvocato che aveva difeso il proprietario".<br />

"Non negherei a nessuno - ha aggiunto Rosy Bindi - il diritto<br />

alla difesa. Ma abbiamo il dovere di vedere quanti avvocati<br />

sono stati condannati per associazione mafiosa o per concorso<br />

esterno. Possiamo chiedere all'ordine di controllare È un principio<br />

che vale per tutti. Anche perché un'antimafia moderna<br />

deve porsi il problema di controllare preventivamente i comportamenti<br />

più o meno virtuosi". Quanto all'Agenzia per i beni<br />

confiscati Rosy Bindi ha detto che bisogna evitare di inserire<br />

nei consigli di amministrazione soggetti espressi dalle associazioni<br />

a cui i beni vengono affidati. La Bindi ha infine aperto<br />

la porta alla nomina di manager provenienti da aziende private<br />

nella gestione dei patrimoni confiscati per utilizzare le loro competenze<br />

quando si tratta di "restituire alla comunità il valore di<br />

quei beni". "É il momento di pensare alla prevenzione dei reati<br />

- ha detto Giuseppe Pignatone, procuratore capo di Roma- più<br />

che alla norma penale in senso stretto. Senza volere considerare<br />

l'autoriciclaggio la panacea di tutti i mali, la sua applicazione,<br />

con le dovute limitazioni, potrebbe rivelarsi utile nelle<br />

indagini e nel contrasto della ricchezza e della capacità di<br />

espansione sul piano economico e finanziario delle mafie. Purtroppo<br />

mi sembra di assistere - ha aggiunto Pignatone - a un<br />

apparente sbarramento dottrinale sulla volontà di volere punire<br />

l'autoriciclaggio". Il procuratore capo di Roma si è infine dichiarato<br />

d'accordo a non mettere mano al reato 416bis, perché<br />

crede che si dovrebbe prima cercare di saperne di più su cosa<br />

sono le mafie fuori dalla Sicilia e poi provare a modificare la<br />

legge esistente.<br />

"La discussione sul 416ter -ha detto il magistrato Piergiorgio<br />

Morosini- è sembrata più uno spot elettorale che una riflessione<br />

articolata in materia di giustizia penale. Negli ultimi 20 anni il<br />

rapporto tra giudice e legge è stato molto problematico: il vero<br />

dato di una certa stagione giudiziaria su fatti inerenti la criminalità<br />

organizzata è stata la continua oscillazione dei verdetti.<br />

Abbiamo registrato un deficit di coraggio della classe politica e<br />

un certo istinto di auto protezione di alcuni segmenti". Viene<br />

fuori così il rammarico che nel ventennale delle stragi di mafia<br />

è mancato un confronto vero di intellettuali e sociologi che fornissero<br />

nuovi chiavi di lettura sulle stragi, e ci si è concentrati<br />

su intercettazioni e aspirazioni politiche di alcuni magistrati.<br />

Un'occasione mancata<br />

16 7aprile2014 asud’europa

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