Gennaio - Febbraio - Marzo 2007 - Ordine dei Giornalisti
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L'intera delibera è in www.odg.mi.it<br />
“Mondo”):<br />
ani (ad di BpL)<br />
Sentiti dal Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> di Milano<br />
Sallusti e il Cdr<br />
di “Libero” dicono<br />
che “Dreyfus<br />
non è Renato Farina”<br />
Milano, 16 gennaio <strong>2007</strong>. Il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />
della Lombardia ha condotto una indagine amministrativa<br />
diretta ad accertare l’identità di “Dreyfus”, una firma<br />
apparsa più volte anche nella prima pagina del quotidiano<br />
Libero. Il direttore responsabile, Alessandro Sallusti, e i tre<br />
membri del Cdr (Attilio Barbieri, Andrea Morigi e Maurizio<br />
Zottarelli) hanno dichiarato che “Dreyfus non è Renato<br />
Farina”. Sallusti ha precisato che quella di “Dreyfus” è una<br />
firma a disposizione della direzione, un po’ come quella dell’elefantino<br />
per il Foglio: “Dreyfus” sarebbe un autore collettivo.<br />
“Farina - ha aggiunto Sallusti - non svolge alcuna attività<br />
giornalistica dopo la sospensione di 12 mesi inflittagli<br />
dall’<strong>Ordine</strong>”. Il Cdr ha aggiunto, facendo riferimento a un colloquio<br />
con il direttore generale dell’azienda, che “Farina non<br />
prende lo stipendio, che non è a bilancio e che la sua firma<br />
non è nel sistema editoriale”.<br />
Sequestro Abu Omar:<br />
Renato Farina patteggia<br />
una pena di sei mesi<br />
per favoreggiamento<br />
Roma, 16 febbraio <strong>2007</strong>. Il giornalista Renato Farina, vice<br />
direttore di Libero (ora sospeso dalla professione) ha<br />
patteggiato la pena a sei mesi. Era accusato di favoreggiamento<br />
nell'ambito del procedimento sul sequestro di<br />
Abu Omar<br />
Il patteggiamento a sei mesi di reclusione accordato dal<br />
gup di Milano Caterina Interlandi a Renato Farina è stato<br />
convertito in una pena pecuniaria di 6.840 euro. Un anno,<br />
9 mesi e 10 giorni e' invece la pena patteggiata dall'ex carabiniere<br />
del Ros Luciano Pironi, accusato di concorso in<br />
sequestro di persona. La pena patteggiata dall'ex maresciallo<br />
<strong>dei</strong> Ros Luciano Pironi, unico reo confesso per il rapimento,<br />
è sospesa con la condizionale. (ANSA)<br />
ex direttore del “Mondo”<br />
esse costituiscono elementi<br />
di sospetto in ordine al fatto<br />
narrato che per essere ritenuto<br />
provato avrebbe dovuto<br />
essere suffragato da robusti<br />
elementi di riscontro fattuale<br />
o logico.<br />
Ebbene non può ritenersi<br />
che siano emersi elementi a<br />
sostegno, delle dichiarazioni<br />
suddette con riferimento al<br />
prospettato asservimento ed<br />
all’asserita benevolenza del<br />
giornale diretto da Gambarotta<br />
nei confronti di Fiorani,<br />
della sua banca o <strong>dei</strong><br />
suoi amici/ sostenitori.<br />
Le copertine del Mondo prodotte<br />
in istruttoria hanno dato<br />
conto della linea critica del<br />
giornale nel periodo “caldo”<br />
delle vicende Fiorani/Ricucci/Bankitalia<br />
ed anche con riferimento<br />
al periodo antecedente<br />
laddove la pregressa<br />
mancata pubblicazione del<br />
“dossier” di Stefano Elli ha<br />
trovato una spiegazione nelle<br />
parole di Gambarotta e<br />
dello stesso Elli che non si<br />
presta ad essere interpretata<br />
come voluta benevolenza nei<br />
confronti di Fiorani.<br />
Costituisce infine un evidente<br />
ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />
salto logico l’affermazione<br />
del Consiglio secondo cui la<br />
mancata assunzione da parte<br />
di Gambarotta di iniziative<br />
legali nei confronti di Boni e<br />
di Fiorani costituirebbe un’implicita<br />
ammissione della percezione<br />
del denaro essendo<br />
detto comportamento, peraltro<br />
spiegato dal giornalista,<br />
del tutto neutro con riferimento<br />
all’accusa di un fatto<br />
violativo delle regole deontologiche<br />
la cui prova doveva<br />
essere fornita da chi quell’accusa<br />
aveva elevata (vige anche<br />
nel giudizio disciplinare<br />
la regola civilistica sull’onere<br />
della prova).<br />
p. q. m.<br />
chiede che il Consiglio nazionale<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />
voglia riformare la delibera<br />
impugnata mandando<br />
assolto il giornalista Giovanni<br />
Gambarotta dall’addebito<br />
ascrittogli disponendo, nelle<br />
more, la sospensione dell’efficacia<br />
esecutiva della delibera<br />
medesima.<br />
Milano 22.01.<strong>2007</strong>.<br />
In:www.odg.mi.it/docview.-<br />
aspDID=2585 la delibera<br />
dell’<strong>Ordine</strong> di Milano<br />
Rapporti distorti col Sismi:<br />
Fazzo sospeso per 12 mesi<br />
Milano, 18 dicembre 2006. Il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />
della Lombardia ha inflitto la sanzione della sospensione<br />
di 12 mesi al giornalista professionista Luca Fazzo, già<br />
inviato speciale di Repubblica per i rapporti anomali e distorti<br />
mantenuti per due anni con il n. 2 (Marco Mancini) del<br />
Sismi. Dice l’articolo 54 della legge 69/1963: “La sospensione<br />
dall’esercizio professionale può essere inflitta nei casi in cui<br />
l’iscritto con la sua condotta abbia compromesso la dignità professionale”.<br />
La delibera è esecutiva.<br />
Nell’articolo apparso nell’edizione 18 luglio 2006 del Corriere<br />
della Sera si poteva leggere: “Il Sismi cerca di capire cosa<br />
pubblicheranno i quotidiani attraverso i giornalisti<br />
che seguono per mestiere i Servizi. Nessuno di questi<br />
è indagato. Il 10 maggio il capocentro Sismi di Milano,<br />
colonnello Gerli, comunica a Mancini che un giornalista<br />
di Repubblica, l’inviato milanese Luca Fazzo, gli ha<br />
preannunciato un articolo sul carabiniere del Ros che<br />
ha confessato il sequestro. «Alle 22.20 il giornalista<br />
chiama Mancini e gli anticipa che l’indomani sarà pubblicato<br />
anche un articolo pesante (firmato da<br />
Giuseppe D’Avanzo, ndr), che gli riassume e che subito<br />
dopo gli invia per fax»”. Nell’articolo pubblicato il<br />
19 luglio 2006 da Repubblica si poteva leggere: "Alle<br />
22.20 del 10 maggio, il giornalista di Repubblica Luca<br />
Fazzo chiama Marco Mancini e gli anticipa che l’indomani<br />
sarà pubblicato un articolo pesante il cui contenuto<br />
gli riassume e che subito dopo gli invia per fax.<br />
Alle 9.34 del giorno successivo ancora il giornalista<br />
chiama Mancini, commenta con lui gli articoli, apparsi<br />
sui quotidiani di quel giorno e l’attività di alcuni suoi<br />
“colleghi” (“È come se si fosse creato un circuito che<br />
si autoalimenta, in cui alcuni hanno i loro cazzi da sistemare...<br />
Colpiscono te per colpire il direttore”)”.<br />
Il Consiglio afferma la piena responsabilità di Luca Fazzo,<br />
protagonista di episodi (non solo quello dell’invio via fax di un<br />
articolo di un collega al n. 2 del Sismi) che dimostrano la sua<br />
sudditanza nei riguardi del Servizio segreto militare. La linea<br />
difensiva si può riassumere così: “Per svolgere il suo lavoro in<br />
tali situazioni, Luca Fazzo ha necessariamente avuto contatti,<br />
assolutamente leciti, con esponenti <strong>dei</strong> servizi segreti ed ha<br />
utilizzato tali rapporti per trovare e scrivere notizie sul suo giornale.<br />
Luca Fazzo aveva importanti fonti nei servizi segreti, ma<br />
non era affatto fonte di questi: è emerso dalle indagini penali,<br />
infatti, come Luca Fazzo non avesse alcun rapporto con Pio<br />
Pompa. In tale ambito deve quindi essere giudicato l’invio del<br />
fax a Mancini”.<br />
Fazzo precisa: “Ho mandato quel fax soltanto per tenere salda<br />
una fonte che forniva a Repubblica notizie importanti, di cui<br />
Repubblica si è giovata per due anni… Ezio Mauro è un direttore<br />
presente e meticoloso, legge il suo giornale fino all’ultima<br />
riga. E per due anni ha potuto, quantomeno, leggere in articoli<br />
a firma di Luca Fazzo notizie la cui provenienza dai servizi<br />
era evidente, se non altro perché spesso i servizi - in particolare<br />
il Sismi - erano indicati senza giri di parole come fonti<br />
dell’articolo… Dunque, Repubblica sapeva e pubblicava.<br />
Certo, non conosceva i nomi e i cognomi delle mie fonti al<br />
Sismi. Avrei dovuto comunicarli Credo proprio di no, se ogni<br />
norma deontologica mette ai primi posti <strong>dei</strong> doveri del<br />
giornalista la tutela delle proprie fonti. Ed è ovvio che è<br />
una tutela che vale anche all’interno del giornale, visto che<br />
quello che Mauro si aspettava - così vi ha raccontato - non era<br />
una confidenza a tu per tu, ma una “messa in comune”, una<br />
rivelazione della fonte nella riunione di redazione: «e poi magari<br />
alle sei quando abbiamo la riunione di tutto il gruppo di direzione<br />
nella mia stanza lo ripete di nuovo perché diventi un<br />
patrimonio condiviso». Avrei dovuto, secondo lui, rendere pubblica<br />
l’identità di una mia fonte, di una fonte delicatissima come<br />
un agente segreto. Questo sì che sarebbe stata una violazione<br />
imperdonabile <strong>dei</strong> miei doveri”.<br />
Ezio Mauro, invece, prospetta un’altra verità, credibile, che<br />
non demonizza l’utilizzazione <strong>dei</strong> servizi come fonti corrette:<br />
“Io non ero assolutamente a conoscenza di questi rapporti e<br />
come me non ne erano a conoscenza i colleghi della direzione.<br />
Non esisterà nessuna traccia, noi eravamo - come è evidente<br />
degli avvisi di garanzia mandati dalla procura di Milano<br />
- intercettati dagli amici di Fazzo a nostra insaputa. ….. non c’è<br />
mai una mia telefonata, non c’è una mia mail, non c’è nulla in<br />
cui io gli chieda di muoversi in quegli ambienti. Voglio precisare,<br />
e poi torno subito al punto, che naturalmente si possono<br />
frequentare per lavoro i servizi segreti come fonte e non necessariamente<br />
bisogna comportarsi in modo infedele nel proprio<br />
giornale e in modo sleale verso i propri colleghi altrimenti<br />
noi potremmo consegnare le chiavi della nostra deontologia e<br />
smettere di occuparcene. Se tutti i colleghi che si sono occupati<br />
nella storia del giornalismo e che si occupano oggi di servizi<br />
segreti dovessero per questo diventare infedeli nei confronti<br />
del proprio giornale, spiare i colleghi e trasmettere ad<br />
un’altra entità con cui - tra parentesi ma nel caso in questione<br />
è così, il giornale era in conflitto perché le nostre inchieste ci<br />
hanno portato in conflitto con questi signori e quindi in patente<br />
e conosciuta situazione di conflitto - il collega sceglie quella<br />
struttura e quel potere invece del suo giornale, quindi è una<br />
cosa inconcepibile. Si può benissimo occuparsi di Servizi ed<br />
essere puliti nel fare il proprio mestiere; puliti nei confronti <strong>dei</strong><br />
lettori, puliti nei confronti <strong>dei</strong> propri colleghi, puliti nei confronti<br />
del direttore, puliti nei confronti del giornale e di tutta la struttura<br />
(questo, detto tra parentesi). Lui avrebbe benissimo potuto<br />
occuparsene ed essere un giornalista leale ai suoi doveri<br />
professionali tra i quali c’è anche il dovere nei confronti dell’azienda<br />
che gli paga lo stipendio, convinto che si tratti di un lavoro<br />
in esclusiva - convinto come prevede il contratto che si<br />
tratta di lavoro in esclusiva - e che ci sia un accesso al sistema<br />
informatico interno del giornale dove sono posti via via tutti<br />
i pezzi nella convinzione che si lavora per un’opera intellettuale<br />
collettiva dove il lavoro viene diviso ed è nello stesso tempo<br />
a disposizione di tutti in un presupposto di buona fede… Ma<br />
la lettera che lui mi ha fatto sul piano personale è una lettera<br />
che aveva scarsissimi elementi di difesa rispetto alla gravità di<br />
quello che era successo; una sottovalutazione assoluta di<br />
quello che era successo tanto che lui sembrava non doversi<br />
difendere, non sentire il bisogno di difendersi e poi nella lettera<br />
lui sottolinea di avere avuto - cosa non richiesta, cosa che<br />
non era contestata dai fatti - oltre a Mancini e tutte queste persone<br />
qua, anche incontri con Pollari “che stimo tantissimo”, eccetera,<br />
eccetera.<br />
Quando lui è venuto poi a parlarmi degli incontri con Pollari<br />
“che stimo tantissimo” gli ho detto «Senti una cosa, io lo ricordo<br />
che qualche volta, due forse tre, ti ho trovato qui in redazione<br />
che era probabilmente prima o dopo, o prima e dopo i<br />
tuoi incontri con Pollari e non hai mai sentito il bisogno di informarmi<br />
di questo….. Comunque, presidente, nel punto specifico,<br />
guardandoci in faccia: io non ho mai saputo né ho avuto<br />
elementi; nessuno, né il giornale, né chiacchiere, né indicazioni<br />
concrete per dire «Ah, no, ma su questo punto abbiamo<br />
Fazzo che può fare verifiche…». Mai, mai, mai! Io non ho mai<br />
saputo che c’era quella cosa lì, lui ne ha fatta una gestione privata.<br />
Il direttore, la struttura di direzione del giornale non l’hanno<br />
mai saputo e la prova del nove, ricavata a posteriori casualmente,<br />
è questa cosa qui che addirittura è di quattro o cinque<br />
incontri con Pollari. Se tu ti vanti di avere <strong>dei</strong> rapporti organici<br />
scoperti con i Servizi e che il tuo giornale lo sapeva e ti<br />
incitava a farlo allora perché quando sei andato dal capo non<br />
lo hai detto al direttore prima e dopo E non gli hai riferito, non<br />
hai messo a disposizione del giornale quella cosa lì O almeno<br />
del direttore chiedendogli una gestione confidenziale delle<br />
fonti Magari mi potevi dire «Questa roba matura tra un mese,<br />
non dirla a nessuno me ne sto occupando io». Niente, niente,<br />
niente. E ti ripeto questo gli è stato con te sta to e non ha detto<br />
una parola su questo”.<br />
Anche il Cdr non conosceva i rapporti reali tra Sismi e Fazzo.<br />
Ha detto Andrea Montanari: “Quello che è sempre stato noto<br />
a noi, ma come a chiunque, insomma, qualsiasi collega può,<br />
anche il lettore di Repubblica, dire che il collega Fazzo era del<br />
settore della giudiziaria del nostro quotidiano, dopodiché quello<br />
che facesse, quali fossero i suoi contatti noi come Cdr non<br />
siamo neanche venuti a saperlo…”.<br />
Riassumendo: Luca Fazzo dal 2004 al 2006 ha sviluppato<br />
rapporti intensi con Marco Mancini (n. 2 del Sismi) conosciuto<br />
tramite Giuliano Tavaroli (capo della sicurezza<br />
Pirelli/Telecom). Tavaroli per lui è un amico di famiglia.<br />
Incontrerà “5 o 6 volte”, attraverso Mancini, il direttore del<br />
Sismi Nicolò Pollari. Fazzo fu utilizzato da Mancini “per far<br />
pervenire” all’editore di Repubblica e dell’Espresso, Carlo De<br />
Bendetti, “la notizia dell’arrabbiatura del Sismi” per via di un<br />
articolo del settimanale del gruppo.<br />
Nella lettera a Ezio Mauro del 18 luglio 2006, Fazzo scrive:<br />
“È successo un paio di volte che Mancini mi abbia chiesto di<br />
sapere cosa Repubblica avrebbe pubblicato il giorno successivo.<br />
A queste richieste ho sempre risposto in modo generico<br />
e senza comunicare nulla di rilevante o in grado di danneggiare<br />
il giornale. In un solo caso ho comunicato in anticipo al<br />
Sismi il contenuto di un articolo non ancora pubblicato. Si trattava<br />
del mio articolo sull’interrogatorio del maresciallo Luciano<br />
Pironi, indagato per il sequestro di Abu Omar.<br />
Mi rivolsi al servizio per chiedere se c’erano stati rapporti tra<br />
Pironi e il servizio stesso, e ne ebbi risposta negativa. Poi l’articolo,<br />
come ti è noto, venne stoppato su richiesta del dottor<br />
Spataro, che era stato anch’egli informato della pubblicazione<br />
imminente”.<br />
Conclude Fazzo: “È tutto. Mancherei di lealtà a Marco Mancini<br />
se non ti dicessi che lo considero a tutt’oggi un servitore fedele<br />
di questo Stato e - con parola desueta - un patriota. Degli<br />
eventuali illeciti che possa aver commesso risponderà lui. I<br />
miei rapporti con Mancini sono stati quelli di un giornalista con<br />
la sua fonte, una fonte che lavorava per la sicurezza del nostro<br />
Paese e che affrontava sulla sua pelle rischi che ben pochi<br />
avrebbero affrontato. Te lo dico perché lo dirò anche ai magistrati<br />
nel caso che davvero decidano di interrogarmi”.<br />
Su quest’ultima confessione di Fazzo - la lettera a Mauro è<br />
una confessione con ammissione di colpevolezza -<br />
Mauro ha così riferito il colloquio con Fazzo, mentre aveva<br />
sotto gli occhi la lettera del 18 luglio: “”Mancherei di lealtà a<br />
Marco Mancini…”. Eh, ma non ti preoccupi mica di aver mancato<br />
di lealtà nei confronti del giornale “Mancherei di lealtà<br />
a Marco Mancini…” e la lealtà nei confronti del giornale non<br />
viene prima di tutto “Se non ti dicessi che lo considero a<br />
segue<br />
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