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Gennaio - Febbraio - Marzo 2007 - Ordine dei Giornalisti

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LIBRERIA DI TABLOID<br />

Maria Rosaria Ostuni, Gian Antonio Stella<br />

Sogni e fagotti<br />

Fino a quando, nel 1961, il<br />

neocaporedattore del Corriere<br />

d’Informazione Luigi<br />

Chiarelli chiese inaspettatamente<br />

a Buzzati di averne<br />

una copia.<br />

Forse poteva essere la volta<br />

buona, ma ancora l’improvvisa<br />

scomparsa di<br />

Chiarelli mandò l’elaborato<br />

a dormire fra le sue carte; fino<br />

a quando, nell’anno<br />

2000, proprio durante la rivoluzione<br />

in corso per preparare<br />

l’edizione fascicolata<br />

della cronaca milanese, il figlio<br />

di Chiarelli, Paolo, lo ritrovò<br />

e lo portò a Gian Giacomo<br />

Schiavi capocronista<br />

del Corriere.<br />

“Per cinque anni il rapporto<br />

è rimasto in Cronaca in un<br />

cassetto, poi il caso ha voluto<br />

che il capocronista ne<br />

parlasse in pubblico.<br />

Qualcuno ha pensato che<br />

potesse essere uno scoop.<br />

Invece è l’ultimo mistero di<br />

Buzzati. Un giornale da fare<br />

e che nessuno farà mai”<br />

scrive Schiavi nel suo commento<br />

di presentazione del<br />

volumetto Dino Buzzati il<br />

giornale segreto edito dalla<br />

Fondazione del Corriere<br />

della Sera nella collana “le<br />

carte del Corriere” per ricordare<br />

il centenario della nascita<br />

del grande giornalista.<br />

Recensire questo libro non<br />

è così semplice, anche perché,<br />

dopo la presentazione<br />

dell’opera a cura del presidente<br />

della Fondazione<br />

Pier Gaetano Marchetti, un<br />

approfondito commento si<br />

trova già nell’apertura del libro,<br />

scritto appunto dall’autore<br />

dello scoop.<br />

Sono trenta pagine di ricerche<br />

e di riflessioni nelle<br />

quali Schiavi non nasconde<br />

il suo stupore e la sua ammirazione<br />

per un progetto<br />

pieno di intuizioni ancora<br />

oggi così attuali.<br />

“Un Pomeriggio fra la Notte<br />

e il Giorno” titola Schiavi il<br />

suo commento, e quanto si<br />

poteva riscontrare dalla lettura<br />

delle quindici cartelle,<br />

lo ha già detto. Rimangono<br />

così solo poche briciole di<br />

commento a questo intervento<br />

per ribadire che ancora<br />

una volta Buzzati ci riserva<br />

una straordinaria lezione<br />

di buonsenso, nel rispetto<br />

del buon gusto e della<br />

buona educazione.<br />

Un contentino finale a chi si<br />

aspetta, leggendo una recensione,<br />

di conoscere<br />

non solo i lati positivi del lavoro<br />

in esame ma anche<br />

quelli negativi.<br />

Dedico a costoro una sola,<br />

piccolissima macchia che<br />

ho rilevato da lettore pignolo.<br />

Il grande attore comico<br />

romano, citato nel commento<br />

di Schiavi, famoso conduttore<br />

del programma televisivo<br />

“Il musichiere” si<br />

chiamava in realtà Mario, e<br />

non Mariolino Riva.<br />

Mi auguro che nelle prossime<br />

ristampe del volume<br />

questo veniale errore venga<br />

sistemato.<br />

Dino Buzzati,<br />

Il giornale segreto<br />

(collana<br />

“ le carte del Corriere”),<br />

Fondazione del Corriere<br />

della Sera,<br />

2006 tiratura limitata,<br />

pagine 99<br />

di Filippo Senatore<br />

“Noi andavam per lo solingo<br />

piano / com’om che torna alla<br />

perduta strada, / che ‘nfino<br />

ad essa li pare ire invano.”<br />

(Purg. C. I, vv.118/120).<br />

In cento anni, dal 1876 al<br />

1976, gli emigrati italiani sono<br />

stati almeno ventisette<br />

milioni. Questa è la nostra<br />

storia da riscoprire e rivalutare<br />

senza enfasi o censure<br />

falsamente patriottiche.<br />

È un evento epocale che interessa<br />

oggi drammaticamente<br />

altri popoli migranti,<br />

ma ci tocca da vicino con il<br />

fenomeno in ripresa dall’inizio<br />

degli anni ’90. Gli italiani<br />

sono i nuovi emigranti in<br />

Germania e in altri paesi<br />

anche se l’emigrazione di<br />

massa non esiste più, secondo<br />

la studiosa Edith<br />

Pichler dell’università di<br />

Berlino.<br />

Un passato non troppo remoto<br />

di persone in cerca di<br />

un altrove. Un presente che<br />

ci mette di fronte lo straniero<br />

che si spinge verso le nostre<br />

sponde. Da qui il bisogno<br />

di preservare una memoria<br />

collettiva per rispettare<br />

i nostri antenati ed allo<br />

stesso modo, gli immigrati<br />

extracomunitari leggendo<br />

nei loro occhi il medesimo<br />

smarrimento familiare di coloro<br />

che hanno abbandonato<br />

la patria fuggendo le malattie<br />

e la fame alla ricerca<br />

di una dignità nuova.<br />

Sogni e fagotti. Immagini,<br />

parole e canti degli emigranti<br />

italiani, il volume illustrato<br />

e corredato da un cd,<br />

di Maria Rosaria Ostuni e<br />

Gian Antonio Stella, ha il<br />

vantaggio rispetto ai precedenti<br />

libri sull’emigrazione<br />

di focalizzare l’immaginario<br />

e di sviluppare anticorpi<br />

contro il razzismo.<br />

“Le lettere, le parole che<br />

viaggiano per il mondo sono<br />

il filo sottile ma resistente<br />

che tiene unite le due<br />

parti di una famiglia divisa<br />

dall’emigrazione”.<br />

Chi scrive ricorda ancora<br />

negli anni Sessanta, Annuzza,<br />

un’anziana madre<br />

che viveva in un catoio buio,<br />

col viso scuro del fumo insalubre<br />

dello scaldino invernale,<br />

attendere con emozione<br />

la lettera del figlio dal<br />

Canada, emigrato da più di<br />

venti anni senza tornare al<br />

paesello.<br />

Quando il postino le consegnava<br />

quell’involucro con<br />

l’emblema postale straniero,<br />

la donnina in nero andava<br />

dalla vicina per farsi leggere<br />

la lettera. Gliela portava<br />

chiusa e il primo impatto<br />

era la caduta di banconote<br />

di vario taglio, per dimostrare<br />

a se stessa e agli altri<br />

che il figliolo aveva raggiunto<br />

il benessere ambito dopo<br />

anni di sacrifici. “Cara matre...<br />

tuo devotissimo figlio<br />

Cicero Antonio”. Sento ancora<br />

con emozione la voce<br />

perduta della mia nonna,<br />

trasmettere alla madre<br />

analfabeta da un altrove<br />

fantastico, le emozioni di un<br />

emigrato col rimpianto della<br />

lontananza incolmabile.<br />

Ostuni e Stella raccontano<br />

storie individuali e collettive<br />

scavando negli archivi e<br />

raccontando codeste vicende<br />

di miseria, illusioni e<br />

sfruttamento.<br />

Gli autori assemblano frammenti<br />

d’inchieste, testimonianze<br />

dirette e documenti<br />

cercando di interpretare, di<br />

capire e di spiegare.<br />

La grande emigrazione italiana<br />

è illustrata attraverso<br />

una straordinaria collezione<br />

di fotografie, copertine<br />

(dall’Illustrazione Italiana alla<br />

Domenica del Corriere),<br />

cartoline, manifesti e vignette.<br />

Sono spunti che sollecitano<br />

approfondimenti e curiosità<br />

che il lettore potrà soddisfare<br />

per i rimandi bibliografici<br />

continui.<br />

La felice suddivisione del libro<br />

è scandita dal passo attento,<br />

dato al visitatore di un<br />

museo che è anche una finestra<br />

sul presente. Si snoda<br />

un lungo flash back con<br />

una tecnica filmica e documentarista.<br />

La partenza, il viaggio e<br />

l’arrivo. L’insediamento. Il<br />

dramma del mancato riscatto.<br />

Il razzismo che degenera<br />

in linciaggio ed ecatombe.<br />

Ostuni e Stella descrivono<br />

la violenza e l’orrore,<br />

subiti dagli emigranti.<br />

Dal massacro di New<br />

Orleans nel 1891 all’eccidio<br />

d’Aigues Mortes in Camargue<br />

nel 1893.<br />

Tante famiglie hanno atteso<br />

il riscatto nelle generazioni<br />

successive.<br />

Pochi i successi immediati.<br />

Tante le illusioni di trovare il<br />

nuovo mondo lastricato d’oro.<br />

I fortunati trasmettono, ai<br />

parenti rimasti in Italia, foto<br />

che ostentano benessere<br />

ed abbondanza.<br />

A volte mascherano le ambientazioni<br />

con colpi di teatro<br />

per millantare ricchezze<br />

ed agiatezze.<br />

Una piccola minoranza ce<br />

l’ha fatta. Personaggi noti e<br />

meno noti in pochi anni sono<br />

stati baciati dalla fortuna<br />

e possono fregiarsi del nome<br />

di zio d’America.<br />

Gli autori mescolano immagini<br />

di luoghi ed epoche diverse<br />

con l’intento del raffronto,<br />

dell’uso intelligente<br />

della decifrazione. I dormitori<br />

della Ginevra del 1962<br />

non sono molto diversi da<br />

quelli della New York del<br />

1898.<br />

Lavori insalubri e pericolosi,<br />

mortalità infantile, incidenti<br />

sul lavoro e case malsane<br />

riproducono la miseria del<br />

luogo di provenienza. Il sogno<br />

si è infranto, ma la volontà<br />

emancipa la speranza.<br />

Il tempo lenisce le storie dolorose<br />

col ritornello di qualche<br />

vecchia strofa.<br />

In allegato al libro c’è un cd<br />

della Compagnia delle<br />

Acque e di Gualtiero<br />

Bertelli, che riproduce vecchie<br />

canzoni sull’emigrazione.<br />

Mamma mia dammi<br />

cento lire, La ballata di<br />

Sacco e Vanzetti”, La partenza<br />

per la Merica ecc.<br />

Grazie agli archivi della<br />

Fondazione Cresci, del<br />

Corriere della Sera, d’altri<br />

fondi privati ed alla passione<br />

<strong>dei</strong> due autori vengono<br />

alla luce ricordi di un album<br />

ritrovato, dimenticato in soffitta<br />

che ci fa riscoprire le<br />

nostre radici lontane.<br />

Maria Rosaria Ostuni,<br />

Gian Antonio Stella<br />

Sogni e fagotti.<br />

Immagini, parole e canti<br />

degli emigranti italiani,<br />

con cd della Compagnia<br />

delle Acque,<br />

Rizzoli libri illustrati,<br />

pagine 160, euro 25,00<br />

sta la voglia di fare confusione<br />

il meno possibile ma di ricordare,<br />

ricordare tutto, rimettere<br />

in sesto (e bene in fila)<br />

gli avvenimenti, a cominciare<br />

da quelli <strong>dei</strong> quali siamo<br />

stati testimoni diretti, non<br />

sempre sereni, il più delle<br />

volte inquieti, tormentati, pieni<br />

di paure, nervosi, lupi solitari,<br />

oppure completamente<br />

sbadati, svaniti, increduli,<br />

perfino incoscienti. C’è rimasta<br />

una gran voglia di comporre<br />

il “puzzle (il ‘prima’, il<br />

‘poi’ il ‘durante’) e sentiamo<br />

che dobbiamo finirlo in fretta,<br />

il nostro puzzle, perché il fiato<br />

viene a mancare di giorno<br />

in giorno, la memoria corre il<br />

rischio di sbriciolarsi quando<br />

non è esercitata, ed è proprio<br />

questo (lo sbriciolamento,<br />

l’annullamento della memoria:<br />

quella individuale, quella<br />

collettiva, quella storica) l’obbiettivo<br />

di chi vuole mettere<br />

una grossa pietra sopra a<br />

tutte queste storie, con il pretesto<br />

che sono storie che dividono,<br />

fomentano l’odio,<br />

provocano le divisioni, allontanano<br />

gli equilibri, le riconciliazioni,<br />

gli accordi.<br />

È vero il contrario. Quel passato<br />

aiuta a capire. Illumina i<br />

comportamenti, altrimenti incomprensibili,<br />

<strong>dei</strong> personaggi<br />

che affollano i palcoscenici<br />

di oggi”.<br />

Scritte nel 1999, queste parole<br />

appaiono profetiche, anzi,<br />

come fossero scritte oggi.<br />

Fra le molte lezioni di giornalismo<br />

che Nozza, inconsapevolmente,<br />

ha lasciato ce n’è<br />

una di cui ha fatto tesoro<br />

Alberto Papuzzi, nello scrivere<br />

il suo Manuale del giornalista.<br />

Rievoca, proprio nel primo<br />

capitolo dedicato alla ‘notizia’,<br />

un episodio avvenuto<br />

alla fine degli anni Sessanta<br />

e legato alla venuta in Italia<br />

del filosofo Herbert Marcuse.<br />

A Venezia, all’appuntamento<br />

con una decina di giornalisti<br />

al suo posto si presentò l’addetto<br />

stampa di un editore<br />

che aveva acquistato in<br />

esclusiva per una rivista il<br />

racconto del viaggio italiano<br />

di Marcuse. Spiegò che<br />

Marcuse non poteva parlare<br />

ma che lui era a disposizione<br />

per raccontare tutto quello<br />

che aveva fatto e aveva visto.<br />

Di necessità virtù: dopo qualche<br />

timida protesta i giornalisti<br />

cominciarono a fare domande.<br />

Tutti, tranne uno:<br />

Marco Nozza. il quale scorto<br />

un signore alto e allampanato<br />

che, dall’ascensore si avviava<br />

svelto, al fianco della<br />

moglie, verso l’uscita (era<br />

proprio Marcuse), abbandonò<br />

il gruppo e si mise a seguirlo.<br />

Papuzzi dietro Nozza,<br />

e un fotografo dietro i due. Di<br />

rispondere a domande, neanche<br />

l’ombra. A un certo<br />

Marco Nozza a Venezia con Herbert Marcuse.<br />

punto, chiaramente infastidito,<br />

torna sui suoi passi, rientra<br />

in albergo e rientra in<br />

ascensore. E Nozza dietro.<br />

Fino alla porta della camera<br />

che gli viene sbattuta in faccia.<br />

Che fare Papuzzi, allora alle<br />

prime armi, si adegua. E come<br />

altri ricicla le notizie fornite<br />

dall’addetto stampa.<br />

Qualcuno spudoratamente<br />

aveva finto di aver veramente<br />

intervistato il personaggio.<br />

L’indomani legge i giornali. E<br />

qui da Marco Nozza, la grande<br />

lezione di giornalismo.<br />

Sul Giorno raccontava passo<br />

dopo passo l’intera storia<br />

della fuga di Marcuse e<br />

signora dall’albergo, l’inseguimento,<br />

il dietrofront, la<br />

ritirata in camera.<br />

Descriveva la salita in<br />

ascensore, il cronista con i<br />

signori Marcuse, sordi alle<br />

domande più innocenti: “Le<br />

piace Venezia, professore<br />

Le piace Venezia, signora”<br />

Ci rimasi malissimo.<br />

Nozza raccontava ciò che<br />

era veramente accaduto. È<br />

stata la migliore lezione di<br />

giornalismo che io abbia<br />

mai ricevuto.<br />

E qui si riabilita la figura romantica<br />

del giornalista (andare,<br />

vedere, raccontare).<br />

Il commento di Papuzzi, ad<br />

uso degli studenti di giornalismo,<br />

va anche al di là.“La notizia<br />

non era Marcuse a<br />

Venezia, che passava indifferente<br />

davanti ai muri dell’Istituto<br />

di architettura imbrattati<br />

di scritte in spray rosso<br />

ispirate alla contestazione.<br />

La notizia non erano i suoi<br />

progetti editoriali nel riassunto<br />

dell’addetto stampa. Né il<br />

suo giudizio sul movimento<br />

studentesco in America o in<br />

Europa. Qual era la notizia<br />

Che l’autore de L’uomo a<br />

una dimensione, il collaboratore<br />

di Horkeimer, il pensatore<br />

che denunciava la non-libertà<br />

delle società industriali<br />

avanzate, appariva così vincolato<br />

da un contratto editoriale<br />

in esclusiva da rifiutare<br />

qualsiasi altro rapporto, mostrandosi<br />

di fatto prigioniero<br />

delle leggi del mercato e della<br />

concorrenza. Il critico <strong>dei</strong><br />

sistemi di controllo dentro un<br />

sistema di controllo.<br />

Nel ricordare Marco Nozza,<br />

attraverso le avvincenti pagine<br />

de Il Pistarolo, rivado a un<br />

giorno lontano, agli inizi degli<br />

anni cinquanta. Ci eravamo<br />

conosciuti a Lecco a un piccolo<br />

Premio, tra il giornalistico<br />

e il letterario, vincitori ex<br />

aequo di un concorso dedicato<br />

al paesaggio manzoniano.<br />

Lui aveva pubblicato il<br />

suo articolo su L’eco di<br />

Bergamo, io sul Corriere<br />

Lombardo con il nome de<br />

plume di Elio Pomi (lavorando<br />

in Rai, al Giornale radio,<br />

non ero autorizzato a firmare<br />

con il mio nome). Il premio<br />

era modesto, diviso in due,<br />

poi. Ma per noi, poco più che<br />

ventenni, i soldi non contavano.<br />

Ci domandammo a vicenda<br />

“Quanto ci danno” Per<br />

pura curiosità. Sul non dare<br />

valore al denaro ci accorgemmo,<br />

da subito, di essere<br />

d’accordo. E non cambiammo<br />

mai parere.<br />

Marco Nozza,<br />

Il pistarolo<br />

(da piazza Fontana,<br />

trent’anni di storia<br />

raccontati da un grande<br />

cronista),<br />

introduzione<br />

di Corrado Staiano<br />

Il Saggiatore, Milano 2006,<br />

pagine 384, euro 19,00<br />

ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />

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