Gennaio - Febbraio - Marzo 2007 - Ordine dei Giornalisti
Gennaio - Febbraio - Marzo 2007 - Ordine dei Giornalisti
Gennaio - Febbraio - Marzo 2007 - Ordine dei Giornalisti
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
Moda e deontologia professionale: convegno al Circolo della Stampa<br />
Il Diavolo veste Prada<br />
Purché la pubblicità<br />
non si vesta da giornalismo<br />
Accanto al<br />
titolo il<br />
ritratto di<br />
Max David.<br />
Qui sopra,<br />
con Sergio<br />
Zavoli,<br />
Luciano<br />
Lami e<br />
Alberto<br />
Mattioli,<br />
Milena<br />
Gabanelli<br />
alla<br />
consegna<br />
del premio.<br />
Una giuria di inviati che rende<br />
omaggio solo al merito<br />
ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />
virà come anticipo per le spese dell’avvocato,<br />
visto che proprio ieri mi è stata comunicata<br />
la mia diciottesima causa. Anni fa,<br />
quando seguivo Mo all’estero, mi sembrava<br />
di fare chissà che cosa. Oggi, francamente,<br />
mi sembra di fare solo il mio lavoro.<br />
Dopodiché, che sono perfida me lo dicono<br />
un po’ tutti. Ma Report, che ha ormai dieci<br />
anni di vita, si occupa di storie che nessuno<br />
racconta. Certo, le rogne sono parecchie, le<br />
cause 18, ma non me l’ha ordinato il medico”.<br />
Ma come e perché ha avuto inizio l’avventura<br />
“Nella vita di tutti a un certo punto succede<br />
qualcosa che ti fa cambiare direzione,<br />
o che ti indirizza verso quello che sarà il tuo<br />
mestiere”. Per lei è stata la descrizione di<br />
Ayacucho, Sierra peruviana, che si legge<br />
nell’introduzione al libro di Ettore Mo La peste<br />
la fame la guerra, edito nel 1897 e ristampato<br />
per la XXVI edizione del “Max<br />
David”: “dopo aver letto quelle righe, è scattato<br />
in me un meccanismo. Ho pensato che<br />
prima di tutto dovevo conoscere Mo. Ci ho<br />
messo quattro anni, poi siamo andati in<br />
Cecenia insieme. Io non ho modelli, però<br />
Ettore è stato la molla, senza saperlo”. Da<br />
allora sono trascorsi vent’anni.<br />
“Lavoravo moltissimo, e in fondo aspettavo<br />
un riconoscimento che però non arrivava:<br />
ero come invisibile. Adesso invece i riconoscimenti<br />
arrivano. Ecco, vorrei invitare chi organizza<br />
i premi giornalistici a guardare bene<br />
ai giovani, perché un riconoscimento, in un<br />
momento della vita magari critico, può rivelarsi<br />
ancora più utile”.<br />
Milena Gabanelli, classe 1954, è laureata<br />
in Storia del Cinema all’Università di<br />
Bologna. Nel 1981 è alla Rai 3 dell’Emilia<br />
Romagna: contratti a termine per la realizzazione<br />
di servizi in ambito regionale. Tre<br />
anni dopo, il passaggio a Rai 3 Lombardia.<br />
Nel 1986, l’approdo ai Servizi speciali del<br />
Tg1. Dal 1989 al ‘98 è inviata di guerra per<br />
la trasmissione Mixer in numerosi punti del<br />
globo: Cina, Vietnam, Pitcairn Island,<br />
Cambogia, ex Jugoslavia, Nogorno<br />
Karabah, Somalia, Mozambico, Cecenia,<br />
Kazakistan, Tamil Nadu, Sudafrica,<br />
Palestina, Israele. Dal 1994 al ‘96 cura come<br />
autrice e conduttrice, per Rai 2,<br />
Professione Reporter, un programma sperimentale<br />
di servizi realizzati da neo-videogiornalisti.<br />
Non mancano le polemiche, per<br />
timore che l’iniziativa possa veicolare una<br />
politica di riduzione del personale, con<br />
giornalisti che possono fare a meno dell’operatore.<br />
Dal 1997 è alla guida di Report,<br />
rotocalco di informazione videogiornalistica.<br />
Al suo attivo, riconoscimenti professionali<br />
quali il “Premiolino”, il “Flaiano”, il<br />
“Premio Ilaria Alpi”, e il “Premio Saint<br />
Vincent” come giornalista dell’anno nel<br />
2005.<br />
Al fine di rispettare lo spirito del Premio, che<br />
è dichiaratamente apolitico, la giuria del Max<br />
David è composta in prevalenza da inviati o<br />
ex inviati di lunga esperienza, compresi alcuni<br />
vincitori di precedenti edizioni. Ogni<br />
componente vota i tre giornalisti ritenuti più<br />
meritevoli nel corso dell’anno precedente,<br />
assegnando tre, due e un punto. Quindi le<br />
schede vengono raccolte e il giornalista con<br />
il punteggio più alto viene dichiarato vincitore.<br />
Il presidente onorario è Sergio Zavoli. La<br />
giuria è attualmente composta da Lucia Annunziata,<br />
Edgardo Bartoli, Piero Benetazzo,<br />
Giuseppe Chisari, Renzo Cianfanelli, Vittorio<br />
Dell’Uva, Lucio Lami, Ettore Mo, Valerio<br />
Pellizzari, Giorgio Torchia.<br />
Il riconoscimento consiste nella somma di<br />
2.600 euro e in una targa d’argento con l’effigie<br />
di Max David.<br />
di Patrizia Pedrazzini<br />
Le giornaliste che si occupano di moda<br />
Colleghe che “sanno solo scrivere del tailleurino”,<br />
quasi considerate alla stregua di soubrette,<br />
professionalmente poco, o niente, credibili.<br />
E magari, il tailleurino del quale scrivere,<br />
lo potessero liberamente e obiettivamente<br />
selezionare: “nell'ambito dell’informazione<br />
di moda si parla sempre <strong>dei</strong> soliti noti, <strong>dei</strong> soliti,<br />
grandi, stilisti. Mentre alle sfilate delle giovani<br />
griffes non c’è mai nessuno”.<br />
Intervenendo al convegno La moda italiana:<br />
pubblicità, editoria e deontologia della<br />
professione giornalistica, svoltosi il 25 novembre<br />
scorso al Circolo della Stampa di<br />
Milano, la giornalista di MF Fashion Michela<br />
Zio ha messo senza troppi preamboli il dito<br />
nella piaga. “In questo settore la commistione<br />
fra pubblicità e informazione è la regola, e<br />
non solo nei periodici femminili, ma anche nei<br />
quotidiani. Per le aziende di moda, la comunicazione<br />
<strong>dei</strong> marchi passa solo attraverso la<br />
pubblicità, conditio sine qua non per ottenere<br />
spazio nei servizi giornalistici. Il che porta, al<br />
di là dell’aspetto deontologico, a un appiattimento<br />
pazzesco dell’informazione di moda.<br />
Come ha detto Natalia Aspesi: il giornalismo<br />
di moda è un supporto pubblicitario”.<br />
Ma con la credibilità se ne vanno<br />
anche i lettori<br />
Insomma, la consueta e ovvia considerazione:<br />
senza pubblicità i giornali chiudono, ma<br />
con troppi, o peggio ancora mascherati, messaggi<br />
promozionali, le stesse testate perdono<br />
credibilità. E, con la credibilità, i lettori.<br />
“Possibile - si è chiesta Michela Zio - non rendersi<br />
conto che, così facendo, si va verso la<br />
chiusura <strong>dei</strong> giornali di moda Quando invece<br />
questo è un ambito ricco di notizie, interessanti<br />
e divertenti, che, se trattate con sana<br />
obiettività, restituirebbero dignità a un settore<br />
forte. Mentre una sana collaborazione<br />
con la pubblicità andrebbe a tutto vantaggio<br />
<strong>dei</strong> giornali stessi”.<br />
Patrocinato dall’Associazione “Otre la moda”<br />
(nata a Milano nell’aprile 2006 e presieduta<br />
da Luigi Salvioli), il convegno è stato anche<br />
occasione per affrontare ancora una volta nel<br />
suo complesso il problema della commistione<br />
fra informazione e pubblicità (già discusso<br />
in un precedente incontro, sempre al Circolo<br />
della Stampa, il 10 novembre, come riferito<br />
su <strong>Ordine</strong> Tabloid n. 11-12 novembre-dicembre<br />
2006).<br />
Dopo aver ricordato come già da tempo e per<br />
legge (articolo 44 del Contratto nazionale di<br />
lavoro giornalistico e articolo 8 della Legge<br />
Mammì) i due ambiti debbano chiaramente e<br />
nettamente risultare separati, e quanto<br />
l’<strong>Ordine</strong> lombardo si faccia costantemente<br />
carico di intervenire in questa sempre più ardua<br />
battaglia in difesa di un’informazione corretta,<br />
il presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />
della Lombardia Franco Abruzzo ha sottolineato<br />
la serietà della situazione attuale.<br />
“Della pubblicità - ha detto - il 58% va alla televisione:<br />
il 38% alle reti Mediaset, il 18% a<br />
quelle Rai, il 2% alle altre. Quanto alla parte<br />
restante, il 20% finisce alla stampa quotidiana,<br />
il 14% a quella periodica, mentre il rimanente<br />
8% viene distribuito fra Internet, radio<br />
e affissioni. Ma le cose stanno cambiando: in<br />
Inghilterra Internet ha già superato, quanto a<br />
introiti pubblicitari, la tv. I nostri quotidiani sono<br />
in grave difficoltà. L’ultimo tentativo di invertire<br />
la rotta è stato la scelta del full color,<br />
ma la televisione, al contrario della carta<br />
stampata, è invasiva. E gli editori cosa fanno<br />
Regalano. Ma è una strada sbagliata. E<br />
intanto emerge che fra le grandi case pubblicitarie<br />
e la stampa esiste un accordo: io ti do<br />
tot di pubblicità, tu mi dai tot di redazionali.<br />
Un inganno, un vero e proprio tradimento della<br />
professione giornalistica”.<br />
Senza l’<strong>Ordine</strong>, diventiamo<br />
tutti impiegati<br />
Una partita quindi molto chiara nelle sue connotazioni,<br />
ma anche estremamente delicata<br />
e difficile. Che coinvolge, tra gli altri, il ruolo<br />
stesso del direttore. “In questi ultimi anni - ha<br />
detto ancora Abruzzo - nei Consigli di amministrazione<br />
<strong>dei</strong> giornali stanno entrando i direttori.<br />
E questo non va bene: l’editore e il direttore<br />
sono due figure dialetticamente opposte.<br />
Il direttore non è, come piace sostenere<br />
agli editori, un semplice dipendente: è l’arbitro<br />
del giornale, del quale garantisce l’autonomia<br />
e la qualità. Ma oggi le aziende editoriali<br />
si stanno trasformando in fabbriche di<br />
notizie, ai giornalisti viene chiesto di essere<br />
sempre più flessibili, ai capi di trasformarsi in<br />
manager, mentre la pubblicità e l’informazione<br />
confluiscono in un’unica, immensa marmellata,<br />
e i giornali femminili sono <strong>dei</strong> cataloghi”.<br />
Di qui gli attacchi mirati a disintegrare la<br />
figura del giornalista. E la stessa offensiva<br />
per l’abolizione dell’<strong>Ordine</strong>, o meglio della<br />
deontologia che esso incarna e difende: “senza,<br />
si diventa impiegati del Catasto”.<br />
Una battaglia comunque, per Abruzzo, “non<br />
persa, anche se, come <strong>Ordine</strong>, siamo soli. In<br />
ogni caso una battaglia da vincere qui, a<br />
Milano. Perché, se a Milano passa una linea<br />
regressiva, che cosa può succedere a<br />
Palermo o a Napoli”.<br />
“Senza autonomia non c’è informazione. Ma<br />
libertà assoluta equivale ad arbitrio assoluto.<br />
Ecco allora la grande assente in questa nostra<br />
società: l’etica. In politica, nello sport: gli<br />
esempi, anche recentissimi, sono sotto gli<br />
occhi di tutti. E non è scandaloso che personaggi<br />
compromessi siano ancora protagonisti<br />
della vita televisiva”. Così Remo Danovi,<br />
avvocato e docente di Deontologia forense<br />
all’Università degli Studi di Milano, ha allargato<br />
il tiro sulla questione morale nel suo insieme:<br />
“Pensiamo alla tv: ogni dieci minuti,<br />
urla e insulti; ogni venti, parolacce; ogni trenta,<br />
un omicidio. Si è affermato che la televisione<br />
non produce programmi da dare al<br />
pubblico, ma pubblico da dare agli inserzionisti.<br />
Eppure il bisogno di etica c’è, e si avverte.<br />
La stessa pubblicità ha un codice etico,<br />
che bacchetta quanti non rispettano i canoni.<br />
E il Giurì è in più di un’occasione intervenuto<br />
contro messaggi pubblicitari ritenuti non corretti.<br />
Fra tutti, il caso di un famoso amaro che<br />
ha suscitato la vivace protesta della categoria<br />
<strong>dei</strong> veterinari, cui il liquore veniva strettamente<br />
associato”.<br />
Le regole ci sono:<br />
bisogna solo rispettarle<br />
Regole, quindi. Ma regole da rispettare. “I<br />
giornalisti le hanno - ha proseguito Danovi -<br />
e sono regole che parlano di libertà, di autonomia,<br />
di indipendenza, di buona fede, di diritto<br />
del pubblico ad avere un’informazione<br />
corretta. Pensiamo anche a quelle relative al<br />
giornalismo economico e finanziario: il rifiuto<br />
di regali e prebende; il non farsi testimonial di<br />
alcunché, se non in presenza di un fine culturalmente<br />
accettabile; l’attenzione a non turbare<br />
il corretto andamento <strong>dei</strong> mercati”.<br />
Quindi il problema della pubblicità occulta:<br />
“Se un giornale non manifesta chiaramente<br />
la differenza fra informazione e pubblicità, si<br />
è in presenza di un tradimento della fiducia<br />
del lettore. Per non parlare <strong>dei</strong> viaggi offerti<br />
dalle grandi aziende ai giornalisti per presentare<br />
iniziative e prodotti, che tanto, e giustamente,<br />
hanno suscitato l’indignazione di<br />
Abruzzo. E la questione <strong>dei</strong> comunicati stampa<br />
È diffusa l’idea che rappresentino un’occasione<br />
per lavorare meno, per cui li si pubsegue<br />
31