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Gennaio - Febbraio - Marzo 2007 - Ordine dei Giornalisti

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DELIBERE DISCIPLINARI<br />

SEGUE LA DELIBERA DELL’ORDINE SU LUCA FAZZO<br />

segue dalla pagina precedente<br />

tutt’oggi un servitore fedele di questo Stato e (…ESPRES-<br />

SIONE ININTELLIGIBILE…) un patriota”. Sì è una lettera personale<br />

che io ho. Dopodiché, se posso fare una parentesi,<br />

è chiaro che con questa lettera lui meritava il licenziamento<br />

in tronco…”.<br />

Fazzo non è protagonista, come si pensava, soltanto dell’episodio<br />

di aver spedito via fax l’articolo di un collega al n. 2<br />

del Sismi. Ricevendo notizie spesso esclusive dagli uomini<br />

<strong>dei</strong> servizi, ne era condizionato fino al punto di essere utilizzato<br />

da Mancini come corriere di un “messaggio” minaccioso<br />

diretto al suo editore. Fazzo non si rendeva conto che il Sismi<br />

lo “alimentava” per farlo crescere nel suo giornale al fine poi<br />

di ottenere a sua volta favori sotto forma di informazioni privilegiate.<br />

Mancini era in grado di chiedergli notizie particolari<br />

alle quali, dice, dava risposte generiche. E chi può garantirlo<br />

Luca Fazzo - che con la sua lettera a Mauro ha confermato<br />

il fondamento dell’accusa - ammette di fatto di avere tenuto<br />

un rapporto distorto con il suo giornale e ha strumentalizzato<br />

la professione giornalistica, ponendosi al servizio del<br />

Sismi e piegando l’esercizio della libertà di stampa (con la<br />

trasmissione via fax dell’articolo di un collega al n. 2 del<br />

Sismi) a fini estranei ai doveri di indipendenza e autonomia,<br />

lealtà e buona fede, osservanza delle leggi e rispetto <strong>dei</strong> lettori<br />

propri di chi svolge una funzione di pubblico interesse,<br />

qual è quella del giornalista professionista mediatore intellettuale<br />

tra i fatti e i cittadini. Nella lettera a Mauro, Fazzo scrive:<br />

“Non credo che esistano norme precise e codificate<br />

sui rapporti tra i giornalisti e le loro fonti, men che<br />

meno sui rapporti con fonti particolari come sono<br />

quelle dell’intelligence”, mentre l’articolo 1 della legge<br />

801/1977 afferma che “In nessun caso i Servizi possono avere<br />

alle loro dipendenze, in modo organico o saltuario, … giornalisti<br />

professionisti”. Questa norma, che vale anche sul rovescio,<br />

vieta ai giornalisti professionisti di lavorare, comunque,<br />

anche se in forma indiretta ed episodica, per i Servizi segreti<br />

civili e militari. Nella Carta <strong>dei</strong> doveri del giornalista si legge:<br />

“La responsabilità del giornalista verso i cittadini prevale sempre<br />

nei confronti di qualsiasi altra. Il giornalista non può mai subordinarla<br />

ad interessi di altri e particolarmente a quelli dell’editore,<br />

del governo o di altri organismi dello Stato … Il giornalista<br />

non può accettare privilegi, favori o incarichi che possono<br />

condizionare la sua autonomia e la sua credibilità professionale”.<br />

Fazzo ignorava e ignora questi obblighi e questi doveri.<br />

“Ogni norma deontologica - afferma Fazzo - mette ai primi posti<br />

<strong>dei</strong> doveri del giornalista la tutela delle proprie fonti”. Il segreto<br />

professionale sulle fonti fiduciarie è esterno, non interno.<br />

Il cronista non svela le sue fonti a nessuno (magistrati<br />

compresi). Il segreto professionale, secondo la Corte di<br />

Strasburgo, è un pilastro del buon giornalismo, perché contribuisce<br />

a garantire ai cittadini le informazioni su tutto quello<br />

che accade nei Palazzi del potere. Il segreto professionale,<br />

però, non può essere opposto al proprio direttore, garante<br />

dell’autonomia della redazione e punto di riferimento deontologico<br />

<strong>dei</strong> redattori, come questo Consiglio ha avuto modo di<br />

affermare in plurime occasioni. Fazzo sbaglia, quando sostiene<br />

il contrario e sbaglia ancora quando afferma: “Avevo<br />

creato con il Sismi un rapporto di fiducia nell’interesse del giornale”.<br />

La delicatezza e i rischi di quel rapporto, insolito per i<br />

cronisti, dovevano far scattare in Fazzo l’esigenza di ottenere<br />

il sostegno del suo direttore.<br />

In particolare il giornalista professionista Luca Fazzo:<br />

a. ha strumentalizzato, come rilevato, la professione giornalistica,<br />

ponendosi al servizio del Sismi (in contrasto con le<br />

finalità di cui all’articolo 1, primo comma, della legge<br />

801/1977) e piegando l’esercizio della libertà di stampa<br />

(con la trasmissione via fax dell’articolo di un collega al n.2<br />

del Sismi) a fini estranei ai doveri di lealtà e buona fede,<br />

osservanza delle leggi e rispetto <strong>dei</strong> lettori propri di chi<br />

svolge una funzione di pubblico interesse, qual è quella del<br />

giornalista professionista mediatore intellettuale fra i fatti e<br />

i cittadini;<br />

b. ha violato l’obbligo di esercitare con dignità e decoro la professione<br />

(articolo 48 della legge 69/1963 sull’ordinamento<br />

della professione di giornalista), assoggettando la sua libertà<br />

di cronaca e di critica a interessi esterni (con violazione<br />

del comma 2 dell’articolo 21 della Costituzione) fino<br />

al punto di “essere tirato per la giacca” in ogni momento<br />

da Marco Mancini;<br />

c. ha violato il principio dell’autonomia professionale (affermato<br />

dall’articolo 1, comma 3, del Cnlg 2001/2005), venendo<br />

così meno al dovere di promuovere la fiducia tra la stampa<br />

e i lettori (articolo 2 della legge 69/1963);<br />

d. non ha rispettato la sua reputazione e la dignità dell’<strong>Ordine</strong><br />

professionale (articolo 48 della legge professionale<br />

69/1963);<br />

e. ha tradito, con comportamenti sleali, il rapporto di fiducia<br />

con il direttore, i redattori e l’editore di la Repubblica in un<br />

momento in cui apparati deviati del Sismi controllavano il<br />

quotidiano e in particolare due giornalisti, impegnati sul<br />

fronte delle indagini sulle attività illegali dello stesso<br />

Servizio segreto militare.<br />

Cassazione<br />

“Diritto di critica<br />

va motivato<br />

con giudizio<br />

di disvalore”<br />

Per il corretto esercizio del diritto di critica è necessario motivare<br />

in modo congruo il giudizio di disvalore, che incide sull'onore<br />

o la reputazione. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione<br />

(Sezione Terza n. 27141 del 19 dicembre 2006), secondo cui<br />

il diritto di critica non si estrinseca, come quello di cronaca,<br />

nella mera narrazione <strong>dei</strong> fatti ma in un'opinione che, in quanto<br />

tale, non può che essere soggettiva. In quanto manifestazione<br />

del punto di vista della persona che la esprime, la critica,<br />

per non sfociare nella lesione della reputazione, deve essere<br />

corredata da adeguate motivazioni di disapprovazione<br />

morale.<br />

“Il diritto di critica, - precisa la Corte - non diversamente da<br />

quello di cronaca, è condizionato, quanto alla legittimità del<br />

suo esercizio, dal limite della continenza, sia sotto l'aspetto<br />

della correttezza formale dell’esposizione, sia sotto quello sostanziale<br />

della non eccedenza <strong>dei</strong> limiti di quanto strettamente<br />

necessario per il pubblico interesse, e dov’essere accompagnato<br />

da congrua motivazione del giudizio di disvalore incidente<br />

sull’onore o la reputazione”.<br />

“Tuttavia, - dichiara la Cassazione - allorquando la narrazione<br />

di determinati fatti, per essere esposta insieme ad opinioni<br />

dell’autore, rappresenti nel contempo esercizio del diritto di<br />

cronaca e di quello di critica, la valutazione di continenza non<br />

può essere condotta sulla base degli indicati criteri di natura<br />

essenzialmente formale, ma deve lasciare spazio alla interpretazione<br />

soggettiva <strong>dei</strong> fatti esposti, in modo che la critica<br />

non può ritenersi sempre vietata quando sia idonea ad offendere<br />

la reputazione individuale, essendo, invece, decisivo, ai<br />

fini del riconoscimento dell’esimente, un bilanciamento dell’interesse<br />

individuale alla reputazione con quello alla libera manifestazione<br />

del pensiero, costituzionalmente garantita, il quale<br />

è ravvisabile nella pertinenza della critica di cui si tratta all’interesse<br />

dell’opinione pubblica alla conoscenza del fatto oggetto<br />

della critica”.<br />

(da: www.criticamente.it)<br />

Sentenze della Corte d’Appello e del Tribunale civile di Milano<br />

Le deliberazioni disciplinari sono<br />

e devono essere accessibili a tutti.<br />

La loro divulgazione non è illecito civile<br />

Il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della<br />

Lombardia, con delibera 15 luglio 1996, ha<br />

dichiarato di avvalersi del “diritto di diffondere<br />

informazioni (e quindi anche le deliberazioni<br />

disciplinari) attraverso la stampa”<br />

(“osservando le norme di legge dettate a<br />

tutela della personalità altrui”) e anche nell’ambito<br />

della “formazione sociale” dove “si<br />

svolge la personalità” degli iscritti all’Albo<br />

<strong>dei</strong> giornalisti (articoli 10, secondo comma,<br />

della legge 4 agosto 1955 n. 848; 19, secondo<br />

comma, della legge 25 ottobre 1977<br />

n. 881; 2 della Costituzione della<br />

Repubblica italiana e 2, primo comma, della<br />

legge n. 69/1963).<br />

Le decisioni (disciplinari) del Consiglio<br />

dell’<strong>Ordine</strong>, una volta depositate in segreteria<br />

e affisse, sono, infatti, pubbliche e possono<br />

essere divulgate al fine di sottoporle<br />

al controllo della pubblica opinione e di<br />

orientare anche il comportamento degli<br />

iscritti all’Albo <strong>dei</strong> giornalisti; principi, questi,<br />

riconosciuti come legittimi dalla Corte<br />

d’Appello (I sezione civile) di Milano con la<br />

sentenza Pietroni (n. 2159, depositata in<br />

cancelleria il 18 dicembre 1992): “La pubblicità<br />

data... alla sanzione... rientra del<br />

tutto legittimamente nella funzione di tutela<br />

anche pubblica della correttezza<br />

della professione giornalistica di cui è<br />

indubbiamente investito l’<strong>Ordine</strong>”.<br />

L’orientamento dell’<strong>Ordine</strong> della Lombardia<br />

è stato condiviso dalla I sezione civile del<br />

Tribunale di Milano (sentenza n. 8810 del<br />

10-27 luglio 1998, RG n. 10667/1996; n.<br />

8432 Reg. Dep.; Andrea Monti contro<br />

<strong>Ordine</strong> giornalisti Lombardia): “Il Consiglio<br />

dell’<strong>Ordine</strong> è organo preposto alla sorveglianza<br />

e alla disciplina <strong>dei</strong> suoi iscritti<br />

e i suoi provvedimenti sono e devono<br />

essere, per loro natura e per la natura<br />

dell’ente che li emana, accessibili a tutti.<br />

Aver comunicato alla stampa nazionale<br />

il provvedimento completo ed averlo<br />

pubblicato su Tabloid non costituisce<br />

certo comportamento illecito, lesivo <strong>dei</strong><br />

diritti del Monti. Meraviglia che le censure<br />

muovano da chi ha fatto dell’informazione<br />

il proprio impegno quotidiano e<br />

dovrebbe quindi ben sapere che l’interesse<br />

del pubblico alla corretta e completa<br />

informazione su tutto ciò che riguarda<br />

la vita ‘pubblica’ in genere, ivi<br />

comprese le vicende relative ai giornalisti,<br />

che della vita ‘pubblica’ sono gli interpreti<br />

ed i veicoli primi, deve sempre e<br />

comunque prevalere sul diritto del singolo,<br />

chiunque esso sia, alla riservatezza.<br />

Corre poi obbligo di rilevare come la<br />

comunicazione della decisione (peraltro<br />

confermata in secondo grado) sia stata<br />

particolarmente completa, esauriente e<br />

corretta. La notizia è stata data senza il<br />

minimo commento, ma tutti gli elementi,<br />

di accusa e di difesa, sono stati puntigliosamente<br />

riportati, sia nel comunicato<br />

alla stampa che nell’articolo apparso<br />

su Tabloid”.<br />

La delibera disciplinare, infine, è un atto<br />

amministrativo governato dai principi “di<br />

pubblicità e di trasparenza” (art. 1, punto 1,<br />

della legge 241/1990).<br />

La pubblicità alle delibere<br />

disciplinari non costituisce<br />

illecito disciplinare<br />

Non costituisce illecito civile, e non comporta<br />

pertanto alcun obbligo di risarcimento<br />

in favore dell’incolpato, la divulgazione e<br />

la pubblicazione su un organo di stampa di<br />

una deliberazione disciplinare del Consiglio<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti. (Trib. Milano, 27-<br />

07-1998; Monti c. Abruzzo e altri; FONTI<br />

Foro It., 1999, I, 3083).<br />

Il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> è organo preposto<br />

alla sorveglianza ed alla disciplina <strong>dei</strong> suoi<br />

iscritti ed i suoi provvedimenti sono, e devono<br />

essere, per la loro natura accessibili a<br />

tutti. Pertanto la pubblicazione integrale sulla<br />

stampa del provvedimento disciplinare<br />

non costituisce comportamento illecito lesivo<br />

<strong>dei</strong> diritti dell’incolpato (Trib. Milano, 27<br />

luglio 1998; Parti in causa A..M. c. F.A. e altro;<br />

Riviste Rass. Forense, 1999, 200).<br />

Una nota del<br />

Garante<br />

della Privacy<br />

“La conoscibilità delle informazioni<br />

relative ai provvedimenti disciplinari<br />

rende quindi lecita la loro divulgabilità,<br />

anche tramite eventuali riviste,<br />

notiziari o altre pubblicazioni curati<br />

dai Consigli dell’<strong>Ordine</strong> purché i dati<br />

siano esatti ed aggiornati nonché<br />

riportati in termini di sostanziale correttezza.<br />

La pubblicazione di queste<br />

riviste, ha spiegato il Garante, da<br />

parte di soggetti pubblici ricade peraltro<br />

nell’ampia nozione di trattamento<br />

<strong>dei</strong> dati personali finalizzato<br />

alla pubblicazione o diffusione occasionale<br />

di articoli, saggi o altre manifestazioni<br />

del pensiero, trattamento<br />

cui si applica la disciplina prevista<br />

in generale per l’attività giornalistica<br />

e di informazione, a prescindere dalla<br />

natura privata o pubblica del soggetto<br />

che cura la pubblicazione”.<br />

(Newsletter del Garante, 9 - 15<br />

aprile 2001)<br />

18 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>

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