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Gennaio - Febbraio - Marzo 2007 - Ordine dei Giornalisti

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Video choc girato ai danni di un giovane disabile<br />

Franco Gianola,<br />

giornalista e storico<br />

Una direttiva comunitaria<br />

potrebbe salvare Google<br />

di Gianni Buosi<br />

Si è spento all’improvviso, sabato 13 gennaio,<br />

a 76 anni, Franco Gianola, a lungo redattore<br />

de il Giorno. Lascia la moglie Donatella e dolore<br />

e rimpianto in tutti quelli che l’hanno conosciuto,<br />

apprezzato e amato per le sue qualità<br />

umane e professionali.<br />

Era nato a Remanzacco, in provincia di<br />

Udine, il 18 marzo del 1930. Aveva iniziato<br />

l’attività professionale negli anni Cinquanta, al<br />

Piccolo di Trieste, poi era passato a l’Unità, in<br />

qualità di inviato speciale nel Friuli. Nel ‘62 iniziava<br />

il suo periodo giornalisticamente più ricco<br />

di soddisfazioni, alla rivista Vie Nuove, prima<br />

a Milano, poi a Roma, infine di nuovo a<br />

Milano. Sui più svariati temi di politica e di costume<br />

aveva saputo far valere le sue virtù di<br />

Giuseppe Fumarola<br />

difensore della verità<br />

di Sergio Borsi<br />

Due, forse tre, giorni prima di Natale, durante<br />

i lavori del Consiglio nazionale dell'<strong>Ordine</strong> a<br />

Roma, siamo stati raggiunti dalla notizia della<br />

morte di un altro amico, Peppino Fumarola.<br />

Aveva da poco compiuto i 75 anni.<br />

Gli ultimi giorni della sua esistenza terrena<br />

sono stati duri, dolorosi. Si è così riprodotta,<br />

nel breve termine, l'essenza della sua vita,<br />

costellata di fatiche, di sofferenze, di impegno,<br />

di coerenza, spesso pagata a caro prezzo.<br />

Giuseppe Fumarola è venuto a Milano dal<br />

sud, dalla Puglia e ad Alberobello è stato ricondotto<br />

nel suo ultimo viaggio. Un ritorno a<br />

casa, in quella terra che ha sempre amato e,<br />

soprattutto, ha cercato in ogni modo di difendere<br />

e di nobilitare.<br />

A Milano ha lavorato a Il Giorno (“Quello di<br />

Baldacci e di Pietra” era solito puntualizzare),<br />

ha ricoperto incarichi per molti anni nel sindacato,<br />

nell'<strong>Ordine</strong>. È stato delegato a molti<br />

congressi della Federazione della stampa, è<br />

stato docente alla Cattolica, ai corsi di preparazione<br />

agli esami professionali e poi componente<br />

delle commissioni agli esami di Stato.<br />

Forse ho tralasciato qualche altro dato biografico.<br />

Mi scuso con Peppino, con i suoi cari,<br />

con i colleghi. Ma preferisco ricordarlo in altro<br />

modo: come un uomo coerente, convinto<br />

delle sue idee, difensore della verità, combattente<br />

per la giustizia. In questo senso gli dobbiamo<br />

qualche scusa: per averlo talvolta sottovalutato,<br />

per averlo giudicato troppo insistente<br />

e caparbio su talune letture della vita<br />

professionale e delle vistose carenze che si<br />

sono palesate nei vari ambiti del nostro lavo-<br />

ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />

inviato scrupoloso, naturalmente portato all’approfondimento.<br />

La sua curiosità l’aveva<br />

portato anche a uno <strong>dei</strong> primi viaggi nella<br />

Cuba di Castro, dalla quale era tornato con<br />

un ampio reportage. La sua naturale tendenza<br />

all’approfondimento l’aveva spinto a scrivere<br />

anche due libri: Come l’uomo distrugge<br />

il pianeta e Il pianeta sesso.<br />

Ma poi Vie Nuove chiudeva e Franco, uomo<br />

schivo, orgoglioso ed estraneo agli apparati,<br />

affrontava un periodo di disoccupazione per<br />

approdare infine, nel 1980, a il Giorno in qualità<br />

di semplice redattore. E qui si era accontentato<br />

- lui così colto e preparato - di far valere,<br />

nel settore “i Fatti della Vita”, il suo bagaglio<br />

di esperienza e la sua scrupolosità nel<br />

lavoro redazionale di ogni giorno. Così, per<br />

quasi 15 anni, si era fatto stimare e amare da<br />

quanti - giornalisti, ma anche tipografi - erano<br />

riusciti a scalfire la sua maschera di riservatezza<br />

e di velata frustrazione professionale<br />

per scoprire sensibilità ed empatia rare.<br />

Ma si vedeva che quel mestiere ormai gli andava<br />

stretto. Anche se pochi avrebbero scommesso<br />

che - una volta approdato alla pensione,<br />

nel dicembre ‘94 - Franco avrebbe davvero<br />

realizzato il progetto che meditava da<br />

tempo: una rivista di storia.<br />

Invece, nel ‘96, decollava già Storia in<br />

Network, la prima rivista italiana on line specializzata<br />

nel settore. Con rigore scientifico<br />

ma con intenti divulgativi, la rivista avrebbe<br />

affrontato, per ben 123 numeri, i più svariati<br />

temi di storia, con un’attenzione particolare a<br />

quella moderna e con il coraggio di affrontare<br />

anche, negli editoriali, i temi più scottanti<br />

dell’attualità (da ultimo, il nodo dell’alta velocità<br />

in val di Susa). Questa formula intelligente<br />

aveva portato Storia in Network a raggiungere<br />

il primo posto fra le riviste on line del settore<br />

con oltre 10mila contatti a numero.<br />

Di questa brillante iniziativa editoriale Franco<br />

è stato l’ideatore, il fondatore, il direttore responsabile,<br />

il motore instancabile. Per lunghi<br />

dieci anni, finché la morte s’è portato via l’intellettuale<br />

arguto ma affabile, l’uomo dal tratto<br />

signorile, l’amico.<br />

ro quotidiano. È stato un cattolico militante,<br />

della tradizione popolare più genuina. Con<br />

noi è stato il fondatore del Gruppo giornalisti<br />

cattolici “Giuseppe Donati”. Studioso, critico<br />

<strong>dei</strong> processi politici ma senza mai rinnegare<br />

le proprie scelte. È stato al nostro fianco in<br />

una delle stagioni più difficili, quella della chiusura<br />

delle tipografie, <strong>dei</strong> computer in redazione,<br />

<strong>dei</strong> sistemi editoriali da definire con gli<br />

editori, <strong>dei</strong> piani di ristrutturazione da discutere<br />

nella difesa <strong>dei</strong> posti di lavoro. Severo nel<br />

giudizio, garbato nei suggerimenti, consapevole<br />

della portata della trasformazione. Il suo<br />

nome è apparso poche volte sul giornale ma<br />

fra noi è stato spesso un punto di riferimento.<br />

Gli dobbiamo tanta gratitudine assieme al ricordo<br />

e ad una preghiera.<br />

di Franco Abruzzo<br />

La notizia si può riassumere in poche righe<br />

nonostante la sua gravità: la Procura di<br />

Milano ha iscritto nel registro degli indagati i<br />

due legali rappresentanti di Google Italy Srl<br />

nell'ambito dell'inchiesta avviata sul video<br />

choc girato ai danni di un giovane disabile.<br />

Entrambi gli indagati sono americani. I reati<br />

contestati sono quelli di concorso omissivo<br />

nel reato di diffamazione a mezzo internet. In<br />

pratica è stata estesa a Google la normativa<br />

sulla stampa sul presupposto che “la rete<br />

Internet, quale sistema internazionale di interrelazione<br />

tra piccole e grandi reti telematiche,<br />

è equiparabile ad un organo di stampa”<br />

e che “il titolare di un nome di dominio<br />

Internet ha gli obblighi del proprietario di un<br />

organo di comunicazione” (Trib. Napoli, 8<br />

agosto 1997).<br />

La società Google Italia si è difesa affermando<br />

che “i filmati pubblicati dagli utenti vanno<br />

in linea automaticamente e che non c’è nessun<br />

filtro editoriale preventivo da parte nostra.<br />

Quello che facciamo è ‘tirare giù i contenuti<br />

illegali quando ce ne accorgiamo. Il video era<br />

evidentemente contrario alle nostre policy, infatti<br />

l’abbiamo cancellato immediatamente,<br />

appena ci è stato segnalato. Stiamo sperimentando,<br />

e continueremo a sperimentare,<br />

tecnologie in grado di individuare automaticamente<br />

i contenuti illegali. Ma non è un’impresa<br />

facile. Per fortuna ci siamo accorti che<br />

il filtro più importante è il controllo della comunità.<br />

Sono gli stessi utenti di Google, che<br />

appena vedono qualcosa di anomalo, provvedono<br />

a segnalarcelo”. Secondo il Garante<br />

della Privacy, “il caso del video del ragazzo<br />

down pestato in classe effettivamente pone il<br />

problema del controllo sui siti Internet e sui<br />

nuovi media per i quali è più difficile intervenire<br />

con provvedimenti interdettivi. Il web è<br />

molto ampio e la quantità <strong>dei</strong> siti si moltiplica<br />

quotidianamente. Spesso, perciò, sono difficili<br />

il monitoraggio e l’intervento tempestivo”.<br />

Oggi il web permette di inviare non solo messaggi<br />

ma anche immagini e filmati all’interno<br />

di newsgroups, mailing lists, chat line e di costruire<br />

pagine web personali.Tramite Internet,<br />

quindi, si possono commettere diversi reati: la<br />

violazione delle norme sul diritto d’autore, la<br />

diffamazione (è il caso di cui ci occupiamo),<br />

la violazione delle norme contro lo sfruttamento<br />

sessuale <strong>dei</strong> minori, la violazione delle<br />

norme sull’ordine pubblico con la diffusione<br />

di materiale di carattere terroristico; la violazione<br />

del diritto alla privacy.<br />

Quali sono le norme applicabili La Procura<br />

di Milano sembra orientata ad attribuire una<br />

responsabilità a Google (inquadrato come un<br />

internet provider) per fatti commessi da terzi<br />

in base alle norme sulla responsabilità del direttore<br />

di una testata giornalistica ed in particolare<br />

all’articolo 57 Cp, equiparando il gestore<br />

di un sito internet ad un direttore responsabile<br />

e attribuendogli l’obbligo di verificare<br />

la liceità del materiale pubblicato sul proprio<br />

server, compreso quello inviato da terzi.<br />

La legge 223/1990 (“legge Mammì”) ha esteso<br />

questa responsabilità ai direttori <strong>dei</strong> Tg e<br />

<strong>dei</strong> radiogiornali, mentre la legge 62/2001 ha<br />

coinvolto direttamente i direttori <strong>dei</strong> siti web.<br />

Una sentenza milanese va in questa direzione:<br />

“Alla luce della complessiva normativa<br />

in tema di pubblicazioni diffuse sulla rete<br />

Internet, risulta ormai acquisito all’ordinamento<br />

giuridico il principio della totale assimilazione<br />

della pubblicazione cartacea<br />

a quella diffusa in via elettronica, secondo<br />

quanto stabilito esplicitamente dall’articolo<br />

1 della legge 62/2001” (Tribunale di<br />

Milano, II sezione civile, sentenza 10-16 maggio<br />

2002 n. 6127).<br />

L’internet provider sarebbe corresponsabile<br />

della condotta illecita del terzo utente sulla<br />

base del principio giuridico della culpa in vigilando,<br />

che si realizza con il mancato adempimento<br />

dell’obbligo di monitoraggio del materiale<br />

sistemato nel server, obbligo sancito<br />

indirettamente dall’articolo. 57 Cp. Il direttore<br />

deve evitare che, con il mezzo della stampa<br />

(o di internet), si “commettano delitti”.<br />

Il Pm di Milano, però, dovrà valutare l’incidenza<br />

di una direttiva comunitaria, che sembra<br />

scagionare Google. L’articolo 31 della legge<br />

39/2002 delega il Governo ad emanare un<br />

dlgs per l’attuazione della direttiva<br />

2000/31/CE, relativa a taluni aspetti giuridici<br />

<strong>dei</strong> servizi della società dell’informazione, in<br />

particolare il commercio elettronico, nel mercato<br />

interno. Il dlgs è il n. 70/2003 (Attuazione<br />

della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni<br />

aspetti giuridici <strong>dei</strong> servizi della società dell’informazione<br />

nel mercato interno, con particolare<br />

riferimento al commercio elettronico).<br />

L’articolo 16 di questo dlgs, paragonabile alla<br />

classica ciambella di salvataggio (per<br />

Google), specifica che “nella prestazione di<br />

un servizio della società dell’informazione,<br />

consistente nella memorizzazione di informazioni<br />

fornite da un destinatario del servizio,<br />

il prestatore non è responsabile delle<br />

informazioni memorizzate a richiesta di un<br />

destinatario del servizio, a condizione che<br />

detto prestatore: a) non sia effettivamente a<br />

conoscenza del fatto che l’attività o l’informazione<br />

è illecita e, per quanto attiene ad azioni<br />

risarcitorie, non sia al corrente di fatti o di<br />

circostanze che rendono manifesta l’illiceità<br />

dell’attività o dell’informazione; b) non appena<br />

a conoscenza di tali fatti, su comunicazione<br />

delle autorità competenti, agisca immediatamente<br />

per rimuovere le informazioni o<br />

per disabilitarne l’accesso”.<br />

Google in questo caso svolge un’attività di<br />

semplice “ospitalità” del filmato incriminato.<br />

Tale circostanza potrebbe evitare grane alla<br />

società americana ove si legga anche l’articolo<br />

17 (Assenza dell’obbligo generale di sorveglianza)<br />

del dlgs 70/2003: “Nella prestazione<br />

<strong>dei</strong> servizi… il prestatore non è assoggettato<br />

ad un obbligo generale di sorveglianza<br />

sulle informazioni che trasmette o memorizza,<br />

né ad un obbligo generale di ricercare attivamente<br />

fatti o circostanze che indichino la<br />

presenza di attività illecite. 2. … il prestatore<br />

è comunque tenuto: a) ad informare senza<br />

indugio l’autorità giudiziaria o quella amministrativa<br />

avente funzioni di vigilanza, qualora<br />

sia a conoscenza di presunte attività o informazioni<br />

illecite riguardanti un suo destinatario<br />

del servizio della società dell’informazione;<br />

b) a fornire senza indugio, a richiesta delle<br />

autorità competenti, le informazioni in suo<br />

possesso che consentano l’identificazione<br />

del destinatario <strong>dei</strong> suoi servizi con cui ha accordi<br />

di memorizzazione <strong>dei</strong> dati, al fine di individuare<br />

e prevenire attività illecite. 3. Il prestatore<br />

è civilmente responsabile del contenuto<br />

di tali servizi nel caso in cui, richiesto<br />

dall’autorità giudiziaria o amministrativa<br />

avente funzioni di vigilanza, non ha agito<br />

prontamente per impedire l’accesso a detto<br />

contenuto, ovvero se, avendo avuto conoscenza<br />

del carattere illecito o pregiudizievole<br />

per un terzo del contenuto di un servizio al<br />

quale assicura l’accesso, non ha provveduto<br />

ad informarne l’autorità competente”. Se non<br />

c’è obbligo di sorveglianza non c’è responsabilità<br />

penale. E se c’è correttezza nel comportamento<br />

con le autorità di vigilanza non<br />

c’è responsabilità civile.<br />

Frattanto un senatore di Forza Italia (Maria<br />

Burani Procaccini) ha presentato un disegno<br />

di legge per vietare la divulgazione via internet<br />

di immagini di episodi di bullismo.<br />

L’obiettivo è quello di colmare un “vuoto legislativo’’.<br />

Saranno previste pene pesanti per i<br />

trasgressori, con l’inasprimento delle pene<br />

per i minori e per i genitori correi nonché la<br />

chiusura <strong>dei</strong> siti. Probabilmente questa è la<br />

via giusta. Bisogna tener conto che il comma<br />

2 dell’articolo 21 proibisce la censura sulla<br />

stampa. Gli Internet provider non possono<br />

esercitare funzioni vietate espressamente<br />

dalla Carta fondamentale della Repubblica.<br />

Soltanto il giudice può ordinare che un filmato<br />

illecito sia tolto dal web. Altra storia è l’accusa<br />

di diffamazione: il Pm dovrà provare che<br />

i responsabili di Google abbiano agito con<br />

dolo. L’impresa, per le questioni illustrate, è a<br />

prima vista alquanto difficile. L’Europa sembra<br />

escludere questa accusa.<br />

(da Il Giorno/Il Resto del Carlino/La<br />

Nazione del 26 settembre 2006, pagina 6.<br />

IL COMMENTO/PENE PESANTI, MA AI VE-<br />

RI COLPEVOLI)<br />

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