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Gennaio - Febbraio - Marzo 2007 - Ordine dei Giornalisti

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P R O F E S S I O N E<br />

INTERCETTAZIONI<br />

L’ascolto illecito è fuori dalla Costituzione,<br />

ma la distruzione delle registrazioni abusive<br />

è una prerogativa affidata soltanto al Gip<br />

commento di Franco Abruzzo<br />

presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />

della Lombardia<br />

Il senso della legge 281/2006, che ha convertito il dl 27 settembre<br />

2006 n. 259 sulla normativa in tema di intercettazioni<br />

telefoniche, si può sintetizzare così: l'ascolto illecito è fuori dalla<br />

Costituzione, ma la distruzione delle registrazioni abusive è<br />

una prerogativa affidata soltanto al Gip, mentre il Pm mantiene<br />

un ruolo rilevante nella fase iniziale del procedimento che<br />

porta alla distruzione delle registrazioni illegittime. La vecchia<br />

stesura del rinnovato articolo 240 Cpp (Documenti anonimi ed<br />

atti relativi ad intercettazioni illegali) parlava di “autorità giudiziaria”<br />

(i ruoli di Pm e Gip non erano chiari). Oggi, invece, il<br />

Pm “dispone l’immediata secretazione e la custodia in luogo<br />

protetto <strong>dei</strong> documenti, <strong>dei</strong> supporti e degli atti concernenti<br />

dati e contenuti di conversazioni o comunicazioni, relativi a<br />

traffico telefonico e telematico, illegalmente formati o acquisiti.<br />

Allo stesso modo provvede per i documenti formati attraverso<br />

la raccolta illegale di informazioni. Di essi è vietato effettuare<br />

copia in qualunque forma e in qualunque fase del<br />

procedimento ed il loro contenuto non può essere utilizzato. Il<br />

Pm, acquisiti i documenti, i supporti e gli atti, entro quarantotto<br />

ore, chiede al giudice per le indagini preliminari di disporne<br />

la distruzione”. Il Gip a sua volta “entro le successive quarantotto<br />

ore fissa l’udienza da tenersi entro dieci giorni, ai sensi<br />

dell’articolo 127 Cpp, dando avviso a tutte le parti interessate,<br />

che potranno nominare un difensore di fiducia, almeno tre<br />

giorni prima della data dell’udienza”.<br />

Sentite le parti comparse, il Gip “legge il provvedimento in<br />

udienza e, nel caso ritenga sussistenti i presupposti, dispone<br />

la distruzione <strong>dei</strong> documenti, <strong>dei</strong> supporti e degli atti e vi dà<br />

esecuzione subito dopo alla presenza del pubblico ministero<br />

e <strong>dei</strong> difensori delle parti. Delle operazioni di distruzione è redatto<br />

apposito verbale, nel quale si dà atto dell’avvenuta intercettazione<br />

o detenzione o acquisizione illecita <strong>dei</strong> documenti,<br />

<strong>dei</strong> supporti e degli atti concernenti dati e contenuti di<br />

conversazioni o comunicazioni, relativi a traffico telefonico e<br />

telematico, illegalmente formati o acquisiti nonché delle modalità<br />

e <strong>dei</strong> mezzi usati oltre che <strong>dei</strong> soggetti interessati, senza<br />

alcun riferimento al contenuto degli stessi documenti, supporti<br />

e atti”. La procedura è estremamente garantista e per<br />

quanto riguarda i tempi di azione (48 ore per il Pm e 48 ore<br />

per il Gip) è evidente il raddoppio delle 24 ore previste nell’articolo<br />

21 (IV comma) della Costituzione. È sempre consentita<br />

la lettura <strong>dei</strong> verbali relativi all’acquisizione ed alle operazioni<br />

di distruzione degli atti.<br />

Questa legge ha sullo sfondo l’articolo 15 della Costituizione<br />

secondo il quale “la libertà e la segretezza della corrispondenza<br />

e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili.<br />

La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato<br />

dell’Autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge”.<br />

Ne consegue che le intercettazioni illegali non rientrano nel diritto<br />

di cronaca e non possono trovare cittadinanza nelle pagine<br />

<strong>dei</strong> giornali. Diverso è il discorso sulle intercettazioni disposte<br />

dall’autorità giudiziarie: quelle (una volta depositate in<br />

cancelleria) si possono pubblicare, ma salvaguardando la dignità<br />

delle persone coinvolte.<br />

Della stesura originaria dell’articolo 240 rimane in piedi soltanto<br />

il primo comma: “I documenti che contengono dichiarazioni<br />

anonime non possono essere acquisiti né in alcun modo<br />

utilizzati, salvo che costituiscano corpo del reato o provengano<br />

comunque dall’imputato”. Sotto il profilo strettamente<br />

giudiziario, le intercettazioni illecite non possono offrire ai Pm<br />

“spunti di indagine”, perché sono state raccolte senza “un atto<br />

motivato dell’Autorità giudiziaria” (la Cassazione sul punto<br />

è univoca).<br />

Sanzioni penali. L’articolo 3 della legge punisce chiunque<br />

consapevolmente detiene gli atti, i supporti o i documenti di<br />

cui sia stata disposta la distruzione con la pena della reclusione<br />

da sei mesi a quattro anni (in precedenza sei anni). Si<br />

applica la pena della reclusione da uno a cinque anni (in precedenza<br />

7 anni) se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale<br />

o da un incaricato di pubblico servizio. Le pene, quindi,<br />

sono state addolcite (nel massimo).<br />

Colpiti editori, articolisti e direttori di giornali. L’articolo<br />

4 si rifà ai contenuti dell’articolo 11 (Responsabilità civile) della<br />

legge 47/1948 sulla stampa (“Per i reati commessi col mezzo<br />

della stampa sono civilmente responsabili, in solido con gli<br />

autori del reato e fra di loro, il proprietario della pubblicazione<br />

e l’editore”) e a quelli dell’articolo 12 (Riparazione pecuniaria)<br />

della stessa legge (“Nel caso di diffamazione commessa col<br />

mezzo della stampa, la persona offesa può chiedere, oltre il<br />

risarcimento <strong>dei</strong> danni ai sensi dell’art. 185 del Codice penale,<br />

una somma a titolo di riparazione. La somma è determinata<br />

in relazione alla gravità dell’offesa ed alla diffusione dello<br />

stampato”). L’assonanza è perfetta. Chi è diffamato in sostanza<br />

incassa due somme, una sotto il profilo <strong>dei</strong> danni e una<br />

a titolo riparatorio. Lo stesso schema è stato riprodotto nella<br />

legge 281/2006, che punisce chi pubblica intercettazioni abusive.<br />

L’articolo 4 afferma che “a titolo di riparazione può essere richiesta<br />

all’autore della pubblicazione degli atti o <strong>dei</strong> documenti<br />

documenti (concernenti dati e contenuti di conversazioni o comunicazioni,<br />

relativi a traffico telefonico e telematico, illegalmente<br />

formati o acquisiti, ndr ) , al direttore responsabile e all’editore,<br />

in solido fra loro, una somma di denaro determinata<br />

in ragione di cinquanta centesimi per ogni copia stampata, ovvero<br />

da 50.000 a 1.000.000 di euro secondo l’entità del bacino<br />

di utenza ove la diffusione sia avvenuta con mezzo radiofonico,<br />

televisivo o telematico. In ogni caso, l’entità della riparazione<br />

non può essere inferiore a 10.000 euro (in precedenza<br />

20.000 euro). L’azione può essere proposta da parte di<br />

coloro a cui i detti atti o documenti fanno riferimento. L’azione<br />

si prescrive nel termine di cinque anni (un anno nel testo originario)<br />

dalla data della pubblicazione. Agli effetti della prova<br />

della corrispondenza degli atti o <strong>dei</strong> documenti pubblicati con<br />

quelli (distrutti) fa fede il verbale. Si applicano, in quanto compatibili,<br />

le norme di cui al capo III del titolo I del libro IV del codice<br />

di procedura civile. L’azione è esercitata senza pregiudizio<br />

di quanto il Garante per la protezione <strong>dei</strong> dati personali<br />

possa disporre ove accerti o inibisca l’illecita diffusione di dati<br />

o di documenti, anche a seguito dell’esercizio di diritti da parte<br />

dell’interessato. Qualora sia promossa per i medesimi fatti<br />

anche l’azione per il risarcimento del danno, il giudice tiene<br />

conto, in sede di determinazione e liquidazione dello stesso,<br />

della somma già corrisposta (a titolo di riparazione, ndr)”.<br />

Il testo originario affermava che l’azione riparatoria “va proposta<br />

nel termine di un anno dalla data della divulgazione, salvo<br />

che il soggetto interessato non dimostri di averne avuto conoscenza<br />

successivamente”. Il testo della legge, invece, recupera<br />

i termini (5 anni) dell’articolo 2947 del Codice civile. Con<br />

la sentenza n. 5259/1984, la Corte di Cassazione ha stabilito<br />

che ogni cittadino può tutelare il proprio onore e la propria dignità<br />

in sede civile senza avviare l’azione penale. Ogni cittadino<br />

può agire in sede penale entro tre mesi dalla pubblicazione<br />

della notizia diffamatoria (art. 124 Cp). Il Parlamento non<br />

ha provveduto, dopo la sentenza, a coordinare il tempo per l’azione<br />

civile con quello previsto per l’azione penale. Così è rimasto<br />

in vigore l’articolo 2947 del Cc, in base al quale «il diritto<br />

al risarcimento del danno derivante da fatto illecito si prescrive<br />

in 5 anni dal giorno in cui il fatto si è verificato... In ogni<br />

caso, se il fatto è considerato dalla legge come reato e per il<br />

reato è stabilita una prescrizione più lunga, questa si applica<br />

anche all’azione civile». Questa norma espone giornalisti ed<br />

aziende al rischio di vedersi citare in giudizio, anche a distanza<br />

di 7-10 anni, per fatti remoti e sui quali il giornalista non ha<br />

conservato alcuna documentazione. I tempi dell’azione civilistica,<br />

secondo Fnsi e <strong>Ordine</strong>, dovrebbero essere contenuti in<br />

180 giorni dalla diffusione della notizia ritenuta illecita o diffamatoria.<br />

L’azione del Garante della privacy non è stata ampliata: il potere<br />

di infliggere sanzioni pecuniarie resta solidamente nelle<br />

mani <strong>dei</strong> tribunali.<br />

Le sanzioni previste dall’articolo 4 sono pesanti e sono correlate<br />

alla lesione di diritti primari costituzionalmente protetti. Il<br />

rispetto della dignità della persona (art. 2 della Costituzione e<br />

art. 2 della legge 69/1963 sull’ordinamento della professione<br />

di giornalista) è il limite costituzionale interno all’esercizio del<br />

diritto di cronaca e di critica. Il riconoscimento del diritto-dovere<br />

di cronaca non può comportare il sacrificio del principio del<br />

rispetto della reputazione e della dignità della persona umana.<br />

I giornalisti ora sono avvertiti. Le intercettazioni illegali sono<br />

fuorilegge.<br />

Una contraddizione decisiva ai fini processuali. Il secondo<br />

comma dell’articolo 4 afferma che “agli effetti della prova<br />

della corrispondenza degli atti o <strong>dei</strong> documenti pubblicati<br />

con quelli di cui al comma 2 dell’articolo 240 del codice di procedura<br />

penale fa fede il verbale di cui al comma 6 dello stesso<br />

articolo”. Secondo il sesto comma dell’articolo 240 del Cpp,<br />

“delle operazioni di distruzione è redatto apposito verbale, nel<br />

quale si dà atto dell’avvenuta intercettazione o detenzione o<br />

acquisizione illecita <strong>dei</strong> documenti, <strong>dei</strong> supporti e degli atti di<br />

cui al comma 2 nonché delle modalità e <strong>dei</strong> mezzi usati oltre<br />

che <strong>dei</strong> soggetti interessati, senza alcun riferimento al contenuto<br />

degli stessi documenti, supporti e atti”. Domanda: se nel<br />

verbale non c’è “alcun riferimento al contenuto degli stessi documenti,<br />

supporti e atti (distrutti)” come può stabilire il giudice<br />

che un giornale pubblica le “carte” distrutte se il verbale non<br />

può concretamente “far fede”<br />

(da Guida al diritto del dicembre 2006)<br />

TRACCIABILITA’<br />

BANCARIA<br />

ANCHE PER<br />

I GIORNALISTI<br />

ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />

Obbligo per gli esercenti arti e professioni<br />

di riscuotere i compensi loro dovuti<br />

esclusivamente tramite mezzi di pagamento<br />

diversi dal denaro contante e da titoli al portatore<br />

La legge 248/2006 (già decreto<br />

legge 223/06) prevede,<br />

tra l' altro, disposizioni<br />

dirette a garantire la<br />

piena tracciabilità <strong>dei</strong><br />

flussi di pagamento.<br />

L' art. 35, comma 12, dispone<br />

l' obbligo per gli esercenti<br />

arti e professioni di riscuotere<br />

i compensi loro<br />

dovuti esclusivamente tramite<br />

mezzi di pagamento<br />

diversi dal denaro contante<br />

e da titoli al portatore.<br />

L’art. 35 ( Misure di contrasto<br />

dell'evasione e dell'elusione<br />

fiscale) dice al comma<br />

12: “All'articolo 19 del<br />

decreto del Presidente della<br />

Repubblica 29 settembre<br />

1973, n. 600, dopo il secondo<br />

comma sono inseriti i seguenti:<br />

"I soggetti di cui al<br />

primo comma sono obbligati<br />

a tenere uno o più conti<br />

correnti bancari o postali ai<br />

quali affluiscono, obbligatoriamente,<br />

le somme riscosse<br />

nell'esercizio dell'attività<br />

e dai quali sono effettuati i<br />

prelevamenti per il pagamento<br />

delle spese.<br />

I compensi in denaro per<br />

l'esercizio di arti e professioni<br />

sono riscossi esclusivamente<br />

mediante assegni<br />

non trasferibili o bonifici ovvero<br />

altre modalità di pagamento<br />

bancario o postale<br />

nonché mediante sistemi di<br />

pagamento elettronico, salvo<br />

per importi unitari inferiori<br />

a 100 euro".<br />

Il comma 12-bis precisa: “Il<br />

limite di 100 euro di cui al<br />

quarto comma dell'articolo<br />

19 del decreto del Presidente<br />

della Repubblica 29<br />

settembre 1973, n. 600, introdotto<br />

dal comma 12 del<br />

presente articolo, si applica<br />

a decorrere dal 1° luglio<br />

2008. Dalla data di entrata<br />

in vigore della legge di conversione<br />

del presente decreto<br />

e sino al 30 giugno<br />

<strong>2007</strong> il limite è stabilito in<br />

1.000 euro. Dal 1° luglio<br />

<strong>2007</strong> al 30 giugno 2008 il limite<br />

è stabilito in 500 euro".<br />

Anche gli aspiranti praticanti<br />

(d’ufficio) e gli aspiranti<br />

pubblicisti “sono obbligati a<br />

tenere uno o più conti correnti<br />

bancari o postali ai<br />

quali affluiscono, obbligatoriamente,<br />

le somme riscosse<br />

nell'esercizio dell'attività<br />

(giornalistica)”.<br />

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