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Anno V n° 3 luglio - settembre 2005 - Studi Cassinati

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Domenico Coia detto Centrillo<br />

Cronaca di un atto di brigantaggio<br />

di<br />

Domenico Pozzo<br />

“11 Gennaio 1861<br />

Relazione sul brigantaggio di Domenico Coja alias Centrillo<br />

Don Luigi Marzullo cancelliere di Castellone”<br />

171<br />

La vasta area che comprende la Catena delle Mainarde, i Monti della Meta e le circostanti<br />

valli dell’Alto Volturno, dell’Alto Sangro e l’attuale basso frusinate, fu teatro nel<br />

decennio 1860-1870 delle gesta di numerose bande di briganti. Il fenomeno del brigantaggio<br />

che nelle epoche precedenti aveva imperversato nel Regno delle Due Sicilie con<br />

caratteristiche e motivazioni complesse, assunse nei primi anni del ‘860 connotazioni<br />

politiche e in quel territorio sopravvisse ancora per diversi anni rispetto ad altre zone<br />

dell’ex Regno.<br />

La capacità di resistere più che altrove alla feroce repressione scatenata nei suoi confronti,<br />

(che impegnò ingenti forze del neo Esercito Italiano) 1 , puó essere ricondotta soprattutto<br />

a due motivi: la vicinanza con la frontiera dello Stato Pontificio nel quale le<br />

bande potevano trascorrere in sicurezza i mesi invernali e agevolmente riparare per sfuggire<br />

alla caccia delle truppe sabaude; la possibilità di sostentamento che nel periodo estivo<br />

trovavano presso gli stazzi dei pastori, spesso conniventi, che utilizzavano i pascoli<br />

di alta montagna per le loro greggi.<br />

Domenico Fuoco e Luigi Alonzi da Sora (quest’ultimo detto Memmo O’ Chiavone),<br />

Croce di Tola (detto Crocitto per la sua statura che non superava il metro e quaranta centimetri),<br />

Nunzio Tamburrini originario di Roccaraso, Domenico Coia da Castelnuovo<br />

(detto Centrillo), sono soltanto alcuni dei nomi dei più famosi capobanda.<br />

A proposito di Centrillo, protagonista del fatto di brigantaggio di cui si riporta la cronaca,<br />

nato a Castelnuovo al Volturno (IS) ma vissuto a Cardito (frazione di Vallerotonda)<br />

si legge:<br />

“… fu un capobanda animosissimo ed operoso, molto ardito nelle sue operazioni,<br />

amante dei colpi strepitosi ed inaspettati, marciatore indefesso o manovratore espertissimo;<br />

tenne in continua lena le truppe, scorazzò le Mainarde, e tutta quella catena di<br />

asprissime montagne che da Sora ad Arce si stende a San Germano e Isernia. Arrecò<br />

danni ai popoli senza però aver mai versato sangue per truculenza d’animo e ferocia<br />

di carattere, anzi fu buono il più delle volte, e nel disarmo di Vallerotonda invadendo il<br />

1 “La repressione del brigantaggio assunse i contorni di un vero e proprio conflitto che vide impegnati<br />

tra il 1861 ed il 1865 ben 120.000 soldati, a cui si aggiunsero ingenti forze di polizia e migliaia<br />

di volontari inquadrati nella Guardia Nazionale” A. Pantaleo, Il brigantaggio nell’Abruzzo Peligno<br />

e nell’Alto Sangro 1860-1870, Prefazione, L. Torres, Ed. Majell.<br />

CDSC - STUDI CASSINATI - 3/<strong>2005</strong>

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