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BOLERO SPADÒ

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La scoperta dell’archivio<br />

Sono caduto dalle nuvole quando, nell’autunno 1978,<br />

zia Giorgia, con la voce rotta dall’emozione, mi ha chiesto<br />

telefonicamente di aiutarla a traslocare dalla sua casasartoria<br />

di Fermo. Nemmeno per me è facile lasciare i<br />

luoghi in cui ho trascorso gli anni più belli della mia<br />

giovinezza.<br />

Dopo aver caricato su di un camion mobili, letti, tavoli,<br />

sedie e, con particolare cura, alcuni quadri dipinti da<br />

mio zio Alberto, domando alle zie: “In soffitta non c’è<br />

niente da portare via?”<br />

“Hai già lavorato abbastanza!”, protesta Giorgia.<br />

“Ci sono solo vecchi stracci!”, cerca di dissuadermi zia Maria.<br />

Testardo come un mulo volo fino all’ultima rampa di<br />

scale, apro la porta e scruto attentamente nella semi -<br />

oscurità. Un tempo questo era il mio regno. Da piccolo<br />

qui correvo a nascondermi quando i miei genitori venivano<br />

a prendermi per ricondurmi a casa al termine<br />

delle vacanze. Da adolescente è qui che mi rifugiavo per<br />

ascoltare i primi dischi dei Beatles e dei Led Zeppelin.<br />

Conosco ogni angolo di questa soffitta: il camerino<br />

con i ritagli di stoffa; la parete dove sono ammucchiati<br />

i giornali di moda; i manichini che mi divertivo a far<br />

girare come trottole.<br />

Un cartone con la scritta ‘Alberto Spadolini’ cattura la mia<br />

attenzione. Di questo zio, morto a Parigi nel 1972, so<br />

ben poco. Anche la sua morte è avvolta nel mistero: ne<br />

siamo stati informati con due giorni di ritardo e qualcuno,<br />

nel frattempo, ha fatto sparire dal suo appartamento<br />

documenti, libri e diari …<br />

“Non c’è più posto qui dentro!”, protesta il conducente<br />

quando cerco di salire a bordo del camion con lo scatolone.<br />

“Non si preoccupi, lo tengo in braccio!”, lo tranquillizzo.<br />

Ben presto mi rendo conto di aver scoperto ‘l’archivio<br />

Spadolini’. All’interno sono stipati un centinaio di fotografie<br />

degli anni ’30, manifesti, libri, articoli, spartiti<br />

musicali, depliant degli spettacoli di danza e delle esposizioni<br />

di pittura in Francia, in Svezia, in Belgio, in Germania,<br />

in Danimarca, in Italia, in Africa, in America, in<br />

Estremo Oriente…<br />

L’archivio Spadolini resta a lungo nello scatolone. A punzecchiarmi<br />

ci pensa l’amico Antonio Bortolotti che più<br />

volte mi esorta a studiare quegli ingialliti documenti.<br />

Nel maggio 1986, convinto di sapere tutto, scrivo un<br />

articolo su zio Alberto per la rivista “Quaderni del Centro<br />

C. G. Jung”.<br />

Nel 1999 riprendo le ricerche e, certo di aver svelato<br />

anche gli ultimi segreti, insieme ai miei studenti dell’Istituto<br />

Statale d’Arte ‘F. Fellini’ di Riccione dedico a<br />

Spadolini un capitolo del libro “Alla scuola dell’albero:<br />

crescere secondo natura”.<br />

Ho quasi dimenticato quella storia finché con la mia famiglia,<br />

nell’estate del 2004, trascorro le vacanze a Parigi.<br />

Mi reco sulla tomba di Spadolini nel cimitero parigino<br />

di Saint-Ouen e, con enorme sorpresa mi avvedo che, a<br />

distanza di trent’anni dalla sua morte, qualcuno gli porta<br />

ancora fiori freschi.<br />

Nella speranza di rintracciare lo sconosciuto amico<br />

dello zio lascio nel sottovaso un bigliettino con il mio<br />

recapito. Dopo qualche mese squilla il telefono… un<br />

accento francese… e, come per incanto, entro nel magico<br />

mondo di Spadolini.<br />

Novello ‘Indiana Jones’ rintraccio alcuni dei suoi più<br />

cari amici; entro in possesso di alcune sue lettere rimaste<br />

sepolte per 70 anni in una cantina; recupero un centinaio<br />

di preziosi documenti nelle biblioteche di Parigi<br />

e di Londra; scopro una trentina dei suoi dipinti fra cui<br />

uno nella collezione dell’ex primo Ministro Giovanni<br />

Spadolini, suo lontano parente; ricevo in regalo il costume<br />

di scena da lui indossato migliaia di volte per danzare<br />

il “Bolero” di Ravel … e mi arrendo all’evidenza: ho<br />

conosciuto solo “la punta dell’iceberg” Spadolini.<br />

A destra: Spadolini ritratto da Roger Carlet, Parigi anni ’30 (Coll. B-S n. 32).<br />

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