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3<br />

Introduzione<br />

L’aumento impressionante registrato nel secolo XX del ruolo dello Stato nelle<br />

attività umane, misurato dall’ammontare dei flussi di spesa pubblica sul totale della<br />

spesa societale nella contabilità economica, ha messo in primo piano il problema di<br />

conoscere efficienza ed efficacia della spesa pubblica rispetto agli obiettivi per i quali<br />

si è espansa. Il controllo e la misurazione dei risultati è divenuto pertanto un<br />

imperativo categorico intorno al quale si è sviluppata una ingente letteratura. Ma<br />

assai più scarse sono state le esperienze effettive messe in opera per dare seguito agli<br />

imperativi dichiarati e proclamati in numerosi e condivise dichiarazioni universali di<br />

intenzione, e direttive politiche varie, che vanno sotto nomi vari ambiziosi quali:<br />

“nuova amministrazione pubblica” (“new public administration” NPA); reinvenzione<br />

del modo di governare (“reinventing government revolution”); “gestione fondata sul<br />

risultato” (“result-based management”), e così via. La via operativa ovunque, a<br />

parole, è stata quella dell’introduzione di “sistemi” di controllo di gestione<br />

(management control), attraverso forme di “misurazione delle prestazioni (o<br />

performance)”; e della trasformazione dei tradizionali bilanci pubblici in bilanci<br />

strettamente in funzione dei risultati attesi o conseguiti (performance budgeting). Ma<br />

questi sistemi hanno ovunque incontrato molti ostacoli alla loro introduzione; ostacoli<br />

a causa di fattori diversi: a) in generale alla scarsa preparazione culturale delle<br />

amministrazioni al tipo di progettazione necessaria, e al tipo di contabilità dei costi e<br />

degli effetti concernente, con una scarsa sensibilità delle istituzioni universitarie; b) in<br />

particolare perché gli operatori, soprattutto quelli di più elevata responsabilità,<br />

venivano “valutati” facilmente e direttamente nel loro rendimento e nelle loro<br />

capacità; c) perché la cultura su cui si è costruita l’azione pubblica si è basata su<br />

principi di legittimità di poteri e decisioni, ed è stata poco finalizzati all’utilità e alla<br />

produttività delle azioni (in parole essenziali con difficoltà di trasformare il dirigente<br />

pubblico da “burocrate” a “manager”)..Ciò nonostante in alcuni paesi dei più avanzati<br />

culturalmente ed economicamente da tempo si sono svolti sforzi notevoli di riforma<br />

in questa direzione. Dapprima elaborando liberamente proposte tecnico-scientifiche.<br />

In Usa, per es., con il Planning-programming budgeting system (PPBS) e in Francia<br />

con la Rationalisation des choix budgetaires (RCB), perfino in Italia con la<br />

Programmazione di bilancio, (PB) tra gli anni 60 e 70 del secolo scorso. Sistemi che,<br />

ove più ove meno, furono dapprima oggetto di “rigetto” nelle rispettive<br />

amministrazioni. Ma dopo un certo periodo di stand-by, negli ultimi due decenni a<br />

cominciare dagli Stati Uniti nel 1993, si sono rilanciati in forma politica più organica<br />

e incisiva quei sistemi, con interventi legislativi efficaci, , creando quello sviluppo di<br />

attenzione di cui si è detto all’inizio, con applicazione che hanno incominciato ad<br />

dare risultati tangibili e fruttuosi. Questo non è avvenuto in Italia, purtroppo, in cui<br />

alle molte parole pronunciate sulle riforma della PA, con taglio prevalentemente

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