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acta ordinis fratrumminorum - OFM

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E SECRETARIATU PRO EVANGELIZATIONE ET MISSIONE 247diverse vocazioni alle quali Lui ci chiama, edi fare del Vangelo la sua regola, la sua vita.Un annuncio che non sia accompagnato dellagioia profonda non sarà mai credibile, e menoancora contagioso. Quanto è eloquente peri nostri giorni la metodologia missionaria ditanti nostri confratelli, come ad esempio sanFrancesco Solano che evangelizzava attraversola musica. Il credente, il Frate Minoreforse con ancor più ragioni, non può privareil mondo della testimonianza della gioia sgorgatadalla fede. È la gioia dei credenti, infatti,che narra al mondo la gloria di Dio, è la gioiaquello che ci chiedono gli uomini: Mostri il Signorela sua gloria, e voi credenti fateci vederela vostra gioia! (cf. Is 66, 5).L’evangelizzazione nella nostra Europanon è facile, come non era facile neppure peri primi discepoli, così come leggiamo questigiorni negli Atti degli Apostoli: “Richiamatigli apostoli li fecero fustigare e ordinaronoloro di non continuare a parlare nel nome diGesù”. Ma i discepoli, coscienti che “bisognaobbedire a Dio piuttosto che agli uomini”, noncessarono di testimoniare il Risorto e se ne andaronodal Sinedrio lieti di essere stati oltraggiatiper amore del nome di Gesù”. La gioiacristiana ha una dimensione escatologica chesi evidenza soprattutto come “gioia anche nelletribolazioni” (2Cor 7,4; Col 1,24), cioè comegioia che non viene meno pur nelle situazionidi sofferenza e di contraddizione. Essere profetidella gioia, anche in mezzo alle sofferenzee difficoltà, ecco un aspetto importante dellanostra vita e missione in questo momento.Andare/correre. Quando arde il cuore, simuovono i piedi. Ce lo mostrano i pastori checorrono per trovare il neonato che giaceva inuna mangiatoia, ce lo mostra Maria che correper portare la presenza del Verbo alla cuginaElisabetta, ce lo mostra Giovanni che corre alsepolcro per essere testimone di quanto era accadutoe le donne, che dopo aver ascoltato laBella Notizia corrono per comunicarla ai discepoli,ce lo mostrano i discepoli di Emmausche, dopo aver riconosciuto il Risorto nellafrazione del pane corrono per trasmettere laloro esperienza ai discepoli che erano a Gerusalemme.Chi ha incontrato veramente Cristonon può tenerlo per sé, deve mettersi in cammino,andare, anzi correre per annunciarlo. Iltermometro del nostro incontro con Gesù è ilnostro passo. Certamente, né la stanchezza, néla routine manifestano la bellezza della BuonaNotizia che voglio comunicare.Ma per andare, e soprattutto per correre eattraversare frontiere, è necessario rimanereliberi o, in linguaggio francescano, senza nulladi proprio. Se vogliamo andare “con corsoveloce e passo leggero” (2LAg 11), per restituireil dono del Vangelo, in questo, infatti,consiste precisamente l’evangelizzazione, nonpossiamo lasciarci “avvolgere da nessuna ombradi mestizia” (3LAg 11) e da strutture, nonsoltanto materiali, che ci impediscano una veraitineranza di mente, di cuore e, quando sianecessario, anche di piedi. È quello che chiedeGesù ai suoi quando dice loro di non portare nédenaro, né bastone, né due tuniche (cf. Lc 9,3).Annunciare/testimoniare. Il Vangelo è undono chiamato ad essere restituito, con la vitae la parola. Nel nostro caso è un dono chiamatoad essere restituito in un mondo che ha caratteritotalmente nuovi rispetto al passato. Indubbiamente,il secolo scorso è stato il più secolarizzatodella storia cristiana, tanto diverso daquelli che lo hanno preceduto. Il cristianesimonon è morto, come molti avevano previsto.Tuttavia, in fondo – è innegabile – sentiamoche c’è un processo di erosione in corso, anchese è molto più lento e con tanti più ritorni diquanto alcuni severi studiosi avessero pronosticato.Sentiamo pure che il mondo cristiano èspesso ridotto ad alcune isole, talune popolateed efficienti, altre molto meno. E la domandasi impone: Che significato ha il Vangelo fuoridi queste isole? Che cosa rappresentano pertanti cha hanno solo un contatto limitato conesse? Una cosa sembra certa: Nel ministerodell’evangelizzazione non si tratta soltanto diun aggiustamento strutturale, anche se necessariotante volte, ma di mettere le basi di unanuova missione nel tempo contemporaneo dovesi possa veramente trasmettere la fede “aivicini e ai lontani” (Ef 2,17). Infatti, in molticasi, si tratta del primo annuncio, anche tra ibattezzati. Ecco perché, come diceva PaoloVI in Evangeli nuntiandi, si tratta di renderela Chiesa più idonea ad annunciare il Vangeloall’umanità. E quanto è detto della Chiesa sideve dire anche dell’Ordine dei Frati Minori.Questa idoneità, della quale stiamo parlando,esige un linguaggio che sia comprensibileper l’uomo e la donna di oggi, esige simpatiaed empatia per questo mondo che è il nostro eche Dio ama, ma esige anche capacità di discernimentoe senso critico per vedere ciò cheviene dal Signore e ciò che gli è contrario. Civuole, inoltre, creatività e fantasia. L’ultimoCapitolo generale dell’Ordine ci ha chiesto

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