Scenari industriali n. 3, Giugno 2012CENTRO STUDI CONFINDUSTRIAesigenze specifiche del cliente (materiali, forme e dimensioni) mediante le quali si compensanogli svantaggi del<strong>la</strong> ridotta dimensione.Da questo paradigma si distacca solo l’MB6 (imprese con apertura internazionale che ricorronoall’esternalizzazione del<strong>la</strong> produzione), caratterizzato da un deciso orientamento commercialeverso i mercati esteri e sostenuto da una dimensione organizzativa in grado di valorizzaresia l’impiego di marchi distintivi sia <strong>la</strong> forza vendita all’estero e <strong>la</strong> flessibilità dei costi produttivimediante esternalizzazione. Più del 90% delle imprese che adottano tale modelloesporta in mercati UE ed extra-UE, mentre il mercato interno riveste un ruolo meno importante(10%). Questo modello è l’unico che non solo sembra non risentire del<strong>la</strong> recessioneglobale, ma anche consolida <strong>la</strong> sua presenza sui mercati esteri, soprattutto quelliextra-UE (da 83% a 92%).Lavorazioni metalliche. Le problematichesono per molti aspetti simili a quelle esaminateper l’industria del mobile; <strong>la</strong> percentualedi imprese che opera sumercati di ampiezza nazionale è inmedia ridotta (attorno al 30%) con unanetta prevalenza del<strong>la</strong> dimensione regionale(nel 2010 il 28% delle imprese).La quota di imprese che dichiara di operaresu mercati internazionali (in mediail 22% verso <strong>la</strong> UE e il 16% extra-UE)varia per i modelli di business consideratitra il 27% e il 49% (Tabel<strong>la</strong> 3.3).Anche in questo caso nodali sono le leveTabel<strong>la</strong> 3.3Lavorazioni metalliche(Ripartizione % delle imprese per modello di business e areadi mercato. Imprese che presidiano direttamente il mercato,anno 2010)Dimensione areaModello di businessdi mercato MB 1 MB 3 MB 4 MB 5Non oltre <strong>la</strong> provincia 33,3 14,4 64,4 34,8Fino a tre regioni 32,4 26,7 26,0 28,1Nazionale 33,1 58,0 9,4 36,5Area UE 26,8 49,5 6,5 46,1Area extra-UE 20,0 40,7 4,2 32,6Fonte: e<strong>la</strong>borazioni su dati SOSE.competitive disponibili per affrontare il mercato. Infatti, è il solo MB3 (imprese che realizzanoprodotti finiti a marchio proprio e che operano una massiccia esternalizzazione delle fasi produttive) aevidenziare una più accentuata propensione a presidiare i mercati esteri (49%), avendoun’organizzazione adeguata ad affrontare le complessità gestionali; ciò è dimostrato anchedal forte ricorso di tali imprese all’esternalizzazione di fasi del processo produttivo che richiedonoabilità di coordinamento dei subfornitori e capacità di negoziare i tempi di consegnae <strong>la</strong> qualità delle <strong>la</strong>vorazioni. Più limitatamente, anche l’MB5 (imprese specializzatenel<strong>la</strong> produzione e rifinitura di <strong>la</strong>me e posateria) e l’MB1 (imprese integrate che realizzano prodotti finitia marchio proprio e vendono prevalentemente su catalogo) mostrano una certa apertura versoi mercati esteri (rispettivamente 46% e 27%), favorita in entrambi i casi dall’impiego di marchidistintivi di prodotto oltreché, nel primo caso, dal<strong>la</strong> notorietà riconosciuta del<strong>la</strong> qualitàdei prodotti. Invece, aziende con profili artigianali e prive di marchi distintivi come quelle88
CENTRO STUDI CONFINDUSTRIAScenari industriali n. 3, Giugno 2012in MB4 (imprese integrate con prodotti finiti privi di marchio, specializzate per marchio o per prodotto)operano in ambiti geografici esclusivamente locali, tanto che per circa i due terzi di esse levendite non oltrepassano i confini provinciali. La crisi ha spinto verso un incremento del<strong>la</strong>quota di imprese che si rivolgono ai mercati internazionali.I tre settori finora considerati hanno tratti comuni: le produzioni si rivolgono ai mercati finalidi consumo; il fattore design è rilevante; <strong>la</strong> complessità organizzativa è mediamente ridotta,pure rispetto al<strong>la</strong> media dell’intero sistema delle piccole imprese. Tali elementi hannoimplicazioni notevoli per le dinamiche competitive: il design di prodotto riveste generalmenteimportanza critica per conquistare i mercati; <strong>la</strong> tecnologia di prodotto, al contrario,non è decisiva per determinare il vantaggio competitivo che spesso invece risiede maggiormentenell’organizzazione del processo produttivo; il marchio, e con esso l’investimentodi natura immateriale incorporato nelle reti commerciali e nel governo delle lorocompetenze, riveste un ruolo cruciale nel valorizzare e difendere <strong>la</strong> distintività del prodotto(e il suo design in primis).Al<strong>la</strong> luce di ciò, e tenendo conto del fatto che <strong>la</strong> quota complessiva di imprese in grado dirivolgersi al mercato estero non è elevata (non superiore al 12-13%) e che si osserva unamolteplicità di modelli di business poco complessi i cui mercati di riferimento sono prevalentementedi dimensione locale (al più regionale) 3 , alcuni dei risultati illustrati in precedenzasi possono interpretare come segue.La scarsa rilevanza del vantaggio tecnologico sposta <strong>la</strong> competizione sulle caratteristichedel prodotto, sul suo prezzo, sui livelli di specializzazione produttiva e, ove possibile comenel settore del mobile, sul<strong>la</strong> personalizzazione del<strong>la</strong> soluzione proposta al cliente finale.Ma si tratta di vantaggi competitivi di fatto effimeri, fragili, che proprio per questo consentonodi fronteggiare solo mercati molto ristretti nel tentativo (sempre meno riuscito) disfuggire al<strong>la</strong> concorrenza più dura. Le evidenze empiriche suggeriscono che proprio questisono anche i settori contraddistinti dal<strong>la</strong> maggior turbolenza demografica delle imprese,con un turnover molto elevato e una mortalità più elevata 4 .È interessante verificare se questi schemi interpretativi possono essere applicati anche aglialtri due settori (<strong>la</strong>vorazioni p<strong>la</strong>stiche e meccanica strumentale), che sono profondamentediversi da quelli fin qui trattati per mercati di riferimento e competenze tecnologiche.3Il settore dell’abbigliamento è il solo che si discosti da questo profilo in quanto almeno tre modelli di business operanoin netta prevalenza a livello nazionale.4Si veda su questo punto Scenari industriali n. 2, giugno 2011, cap. 4.89
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