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<strong>Azione</strong> Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 22 ottobre 2012 • N. 4329Politicae EconomiaLo sfidanteSarà il socialdemocratico PeerSteinbrück a sfidare AngelaMerkel nel 2014 alla CancelleriaSecondo round a ObamaPer il presidente americano ilgiorno della riscossa è arrivatoall’università di Hofstra e lo vedevincitore nei sondaggi suRomney. Ma tutti gli occhi sonogià puntati sul terzo e ultimodibattito di lunedì sera inFlorida, decisivo per il voto del6 novembrepagina 33La guerra santa dei salafitiÈ allarme in Siria per la presenzadi infiltrati jihadisti checontribuiscono ad alimentarela violenzaPiù cauti nell’uso dei diritti popolariDopo una serie di insuccessi nella raccoltadi firme per iniziative e referendum,i partiti svizzeri si mostrano più restii a faruso dei diritti popolari, un tempo ambìtistrumenti di marketing politicopagina 39pagina 31pagina 35NuovefrontiereinEuropa?Tensioni secessioniste Catalogna, Scozia, Fiandre potrebbero diventare in un futuro non troppo lontano Statiindipendenti complice l’eurocrisi e la crisi dell’integrazione europea. Che ne sarà allora dell’Unione europea?Il monumento diGlenfinnan, nelleHighlandsscozzesi, luogosimbolodellabattaglia diCarlo EdoardoStuart per iltrono dellaScozia. (AFP)Lucio CaraccioloCatalogna, Scozia, Fiandre: oggi partedi Spagna, Regno Unito di Gran Bretagnae Irlanda del Nord, Belgio; domaniStati indipendenti? La domanda non èoziosa. L’eurocrisi ha infatti riportatoin evidenza le tensioni secessionisteche da tempo agitano queste regioni,che per molti dei loro abitanti sono inrealtà nazioni.La retorica dei «popoli senza Stato»segna l’età moderna. Ma solo nei tempidi cambiamento, guerra o rivoluzionerischia di produrre i suoi effetti. E chequesto sia un momento in cui i vecchiparadigmi geopolitici sono tutti rimessiin discussione, è abbastanza evidente.La già pletorica carta politica del VecchioContinente, con una cinquantinadi Stati o staterelli di dubbio statuto(Kosovo, Bosnia, Transnistria eccetera),potrebbe arricchirsi presto di nuovefrontiere.Vediamo che cosa unisce e che cosadistingue questi tre casi. Di fondo c’è lacontemporanea crisi dell’integrazioneeuropea e degli Stati nazionali che nefanno parte. Catalogna, Scozia e Fiandreappartengono a paesi membridell’Ue e non intendono affatto usciredalla casa comunitaria. Gli indipendentistipiù accesi vogliono restarvi, ma amodo loro. Da soggetti sovrani, a parititolo degli Stati da cui si separarebbero.A sorreggere le loro ambizioni, l’ideologiadell’«Europa delle regioni», che risaleagli anni Ottanta. Il centro motore delprogetto di dissoluzione degli Stati nazionalie del ritorno a un’Europa «imperiale»,sul modello del Sacro RomanoImpero di Nazione Germanica, era all’epocala Baviera. I sostenitori del regionalismoeuropeo non avevano un segnopolitico classico. Nel mazzo euroregionalistatrovavamo il socialdemocraticotedesco Peter Glotz, il leader «liberale»austriaco Jörg Haider, il padre-padronedella Lega Nord, Umberto Bossi,teorico della mal definita «Padania».L’organismo che dava voce ai regionalismi,alcuni dei quali più o meno esplicitamenteseparatisti, è stato in quegli anniil Comitato delle Regioni, creato dalTrattato di Maastricht del 1992.Questo regionalismo di sapore secessionistasi diramava anche in Catalogna,Fiandre e Scozia, dove incontravapiù o meno antiche storie di indipendentismonazionale, di lotta di liberazionedall’«oppressione» castigliana (franchista),vallone e inglese. A favorirlo,l’effetto di duplice delegittimazione delleistituzioni democratiche prodottodall’europeismo classico, che mentrecolpisce alla radice il senso degli Stati nazionali,contenitori storici delle nostredemocrazie, produce al grado comunitarioun edificio barocco (meglio: rococò)formato da organismi assai poco legittimati:uno pseudo-esecutivo europeo(Commissione) e un altrettanto improbabileParlamento europeo, che inqualsiasi democrazia occidentale nonsarebbe considerato degno di tanto nome.Questa tenaglia continua a schiacciaregli Stati membri, deprivandoli delleloro funzioni più essenziali (ultima lamoneta), senza per ciò produrre unoStato democratico europeo.I secessionismi attuali derivano dallaformidabile opportunità creata daquesta crisi. Il consenso intorno agli Statinazionali non è mai stato così basso,anche se in genere superiore a quello,ancora più incrinato, delle istituzionicomunitarie. La deriva economica e socialeha esasperato alcune rivendicazionilocali e regionali (nazionali), mentre èscoccata l’ora dei demagoghi, che attribuisconoalla corruzione o all’egoismodi Madrid, Londra, Bruxelles le sofferenzedi catalani, scozzesi e fiamminghi.E qui intervengono le differenze. InCatalogna il secessionismo, che da lungotempo cova sotto la cenere, è uscitoallo scoperto in occasione della Diada,la festa nazionale catalana (11 settembre).I leader catalanisti, compresi quellifinora più prudenti, hanno alzato labandiera dell’indipendenza nazionaleperché si sono convinti che esista ormaiuna maggioranza in favore della separazionedalla Spagna. Persino una starmondiale come l’ex allenatore del Barcellona,Pep Guardiola, si è dichiaratoper il distacco dalla Spagna. Le elezionianticipate catalane del 25 novembre cidiranno se questo movimento secessionistaè in grado di arrivare alle estremeconseguenze, promuovendo un referendumper l’indipendenza – in spregiodella costituzione spagnola.Il referendum è invece già un appuntamentodeterminato in Scozia. Allafine del 2014 gli scozzesi deciderannose restare nella casa britannica o recuperarela sovranità persa tre secoli fa. Ilpercorso verso la consultazione popolareè stato concordato con britannicofair play dal leader nazionalista scozzeseAlex Salmond e dall’inquilino di DowningStreet, David Cameron. Il quale haottenuto che la domanda fosse posta intermini secchi – «lei vuole o non vuoleche la Scozia resti nel Regno Unito?» –perché un quesito più sfumato potrebbeforse impedire di emergere alla presuntamaggioranza filobritannica (gli indipendentistipuri e duri sono circa unterzo, informano i sondaggi).A ridare fiato alle aspirazionifiamminghe di emanciparsi totalmenteda ciò che resta del Belgio sono statele recentissime elezioni che hannoportato alla netta vittoria della Nieuw-Vlaamse Alliantie, partito esplicitamentesecessionista, nella grande cittàportuale di Anversa. A guidare il movimentoper l’indipendenza un giovaneleader, Bart De Wever, che spicca percarisma e abilità manovriera nell’arcipelagopolitico belga. Il momento dellaverità è comunque rinviato al 2014,quando si terranno le elezioni per ilparlamento federale belga, per quelliregionali e per il parlamento europeo.Se De Wever dovesse salire al poterenelle Fiandre, il destino del Belgio sarebbeseriamente in questione. E conesso, inevitabilmente, verrebbe messoin discussione il futuro di Bruxelles,capitale belga, fiamminga ed europea.Ma a quel punto, che ne sarebbe dell’UnioneEuropea?

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