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<strong>Azione</strong> Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 22 ottobre 2012 • N. 43LalunaconquistatadaVerneO pellegrin che vai Cantata per secoli dai poeti, venne per la prima volta raggiuntadall’uomo nei racconti di fantascienza dello scrittore francese, che anticipò di un secolola realtà con una precisione quasi inquietante45Cultura e SpettacoliIl mito eternodi KerouacFilmselezione Onthe Road incontrail cinemaMaria Bettetini«Una detonazione spaventosa, inaudita,sovrumana, di cui né gli scoppi dellafolgore, né il frastuono delle eruzionipotrebbero rendere l’idea, si sentì istantaneamente.Un immenso fascio di fuocosorse dalle viscere della Terra comeda un cratere. Il suolo ebbe un sussulto esolo qualche persona riuscì a vedere perun istante il proiettile che vittoriosamentefendeva l’aria tra i vapori fiammeggianti».E si potrebbe continuare:l’Apollo numero tale aveva felicementesuperato il momento più rischioso, ovverola partenza verso il superamentodell’orbita terrestre, verso lo spazio,verso la Luna. Ma chi scrive non è ungiornalista degli anni Sessanta e Settantadel secolo scorso. Queste righe sonola conclusione del ventiseiesimo capitolodel romanzo Dalla Terra alla Luna,scritto nel 1865 da Jules Verne, che conIntorno alla luna del 1870 è in anticipodi un secolo sui primi contatti dell’uomocon il satellite dei poeti. Che fai tuluna in ciel, dimmi che fai, chiedeva ilJules Verne indovinòil mese e il luogo dellancio di Apollo 8, comepure il peso dellanavetta e la sua velocitàpastore errante di Leopardi, il quale invecedi persona le parlava, la chiamava«graziosa luna». Venti secoli prima Saffocontemplava la «luna bella», che «risplendesulla terra», ma non allevia ilturbamento di chi ama: Scuote l’animamia Eros / Come vento sul monte / Cheirrompe entro le querce. Ci siamo distratticon la più alta e sofferente poesiaper contrasto, perché del tutto distanteUna locandina d’epoca del film Viaggio nella luna, del regista Georges Méliès.da questi è lo sguardo dei personaggi diJules Verne nei confronti della lunapallida e bella. Barbicane, Nicholl e ilfrancese Michel Ardan sono ardimentosiprotagonisti di un’avventura raccontatacon esilarante ironia e precisionescientifica. Nelle decine di suoi romanzi,Verne, uno dei padri della narrativadi fantascienza, ha una scritturesemplice, adatta anche ai bambini, maricca di riferimenti scientifici aggiornati,che spesso hanno fornito spunti perla ricerca.Chi è dunque questo romanzierecon cui tutti abbiamo avuto qualche incontroda ragazzini, per i figli, al cinema?L’autore di Ventimila leghe sotto imari, Al centro della terra e Il giro delmondo in 80 giorni è francese, nato aNantes nel 1828 e morto a Amiens nel1905, totalmente inserito quindi neitempi dell’afflato positivistico e dell’entusiasmoper le scienze esatte. A quindicianni o forse meno scappò di casa perfare il giro del mondo a bordo di unaPeramordi listeequisquiglieLetture L’ultimo libro dello scrittore toscano FrancescoM. Cataluccio per Sellerio: un autoritratto composto da dettagli,curiosità, pensieri, ricordi in ordine alfabeticoMariarosa MancusoCapitò di andare a trovare un’anzianaragioniera, per regolare questioni dicontabilità, e capitò che l’anziana ragionierasentisse il bisogno di scusarsi per ildisordine che aveva sulla scrivania (perlomeno,credeva di avere: a noi la scrivaniasembrava piuttosto ordinata.Non si scusò parlando di «disordine», eneanche usando la parola che tutti noinormalmente adoperiamo in quel frangentee che però non è bello vederestampata su un giornale per famiglie,anche se nessuno che non abbia svariatidecenni sulle spalle ne ricorda più l’origine,e quindi nemmeno perché ha unasfumatura di proibito (nelle pagine dipolitica, non solo si allude ma si descrivonosituazioni simili senza censure). Siscusò, rivolgendosi a noi con il titolo di«signorina» e dicendo: «scusi sa, ma quiè tutta una repubblica».Prendemmo nota della frase all’istante,con il pretesto di dover segnaresull’agenda qualcosa che ci era tornatoin mente all’improvviso, e che avremmodimenticato nel giro di un minuto.Era troppo bella e troppo antica per rischiaredi scordarla (e per non metterlainsieme a un’altra frase che l’anziana ragionieraripeteva spesso, garantendol’intervento del consorte in materie disua spettanza: «Mio marito provvederàsenza fallo»). Son modi di dire in via diestinzione, che non avevamo sentitoprima e non abbiamo più sentito poi.Come nessuno ricorda più che il «quarantotto»– nella frase «succede un quarantotto»– non è un numero particolarmenteonomatopeico ma una data rivoluzionariadell’Ottocento.«Ambaradan» e «quisquiglie» – accoppiatenel titolo dell’ultimo libro diFrancesco M. Cataluccio, che conosciamoper Vado a vedere se di là è meglioe Chernobyl, come questo usciti daSellerio – hanno lo stesso sapore antico.Una la conosciamo per via di Totò,«quisquisglie e pinzillacchere». L’altraviene da Amba Aradam, massicciomontuoso 700 chilometri a nord di AddisAbeba. Da quelle parti l’esercitoguidato dal maresciallo Pietro Badogliocombatté nel 1936 una battaglia controgli etiopi, alleandosi con qualche tribùlocale pochissimo fedele agli accordipresi. Per i reduci tornati in patria, AmbaAradam stava per «disastro e confusione»,e presto il doppio nome si fusein un nome comune.Miscellanea o zibaldone sono altreparole utili per prendere le misure al volumetto.Ma appunto di quisquiglie, inordine alfabetico dalla A di Ambaradanalla Zeta di Zittito. Dettagli, curiosità,pensieri, frammenti di ricordi e di storieche potrebbero sembrare poco importanti,e invece non sono soltanto affascinantialla lettura, ma alla fine compongonoun bell’autoritratto dello scrittoree viaggiatore. Un po’ come l’autobiografiadi Norman Douglas, compostaestraendo i biglietti da visita conservatidentro un bruciaprofumi, o quella diSergej Dovlatov, che in La valigia raccontala sua vita in URSS passando inrassegna i pochi oggetti che riuscì a portarsivia (emigrò perché ebreo, il colpodi coda delle autorità consentiva un solobagaglio).Francesco M. Cataluccio suggeriscecome modello i ritratti dell’Arcimboldo,che alla corte del’imperatoreRodolfo II usava zucchine e altri ortaggi– oppure libri e arnesi da cucina –per comporre ritratti. Quindi svela finalmenteil perché di quella M tra nomee cognome, e racconta una spassosastoria di pseudonimi risalente al 1980.Tornato dagli studi in Polonia avevascritto un rapportino sulla situazionedel paese per l’Istituto Gramsci, cheGiancarlo Pajetta giudicò «catastrofista».Lo fecero comunque scriveresull’«Unità», sotto sorveglianza. Sul«Manifesto» invece scriveva liberamentecon lo pseudonimo di FrancescoAlbergatore. Finché i due giornalistientrarono in polemica, e Cataluccio fucostretto a far le due parti in commedia,accusandosi e difendendosi.Scopriamo che Cataluccio ha unapassione per le liste. Da ragazzinoquando stilava la classifica dei migliorigelati di Firenze (provati e riprovati,perché la graduatoria doveva essereinattaccabile: i gusti campione eranonave, ma il padre lo trovò al primo scaloe lo riportò a scuola. Inquieto, studiavalegge ma si appassionava alla scrittura eagli studi di scienze. Fece l’autore dioperette e l’agente di cambio, finché unbuon matrimonio gli permise l’agio perdedicarsi solo alla narrativa e un editore,Hertzel, credette in lui e giunse apubblicare ogni anno almeno tre suoiromanzi, garantendogli fama e denari.Per non perderci tra sottomarini,pirati e palloni aerostatici, ci concentriamosul viaggio dalla terra alla luna,anche perché a noi evoca la scenografiadel bellissimo film Voyage dans la Lunedi Georges Méliès del 1902 (rivisto inparte recentemente al cinema in HugoCabret). L’idea di questo azzardo nascea Baltimora, negli Stati Uniti, tra i socidel ridicolo Gun Club, che raccoglie gliappassionati di armi pesanti, depressiper la fine della guerra di Secessione. Aisoci mancano arti, nasi, pezzi di cranio,ma la passione è tale da rendere sciocchezzegli incidenti di percorso. Per ammazzareil tempo i migliori e il presidentepensano di costruire un cannonecosì potente da arrivare a centrare la luna,anzi da arrivare sulla luna portandocon sé degli uomini. I due libri poi si dilunganoin spiegazioni scientifiche(corrette, per l’epoca) ed esperimenti,mentre l’entusiasmo del Gun Club è sostenutodalle folle entusiaste in ogniparte del mondo.Non vi diciamo come va a finire ilviaggio, possiamo solo dire che Mélièsha deliziosamente inventato tutta laparte dell’esplorazione del pianeta edello scontro con gli abitanti-funamboli.Però dobbiamo sottolineare che idue romanzi prevedono ciò che compiràl’Apollo 8 nel 1968 con grande verosimiglianza.Verne indovinò la nazione(Stati Uniti) e il luogo preciso del primolancio sulla luna (che immaginò aun chilometro da quello che poi fu CapeKennedy), e perfino il mese dell’anno(dicembre). Il peso e le dimensionidell’Apollo sono simili a quelli del proiettilesparato dal Gun Club, la lunghezzapercorsa da questo è di 218’000miglia, mentre la navetta della Nasaviaggiò per 225’000. Apollo volava a24’200 all’ora, il proiettile a 25’000, edentrambi infine ammararono nell’OceanoPacifico. Jules Verne ha dunqueispirato gli scienziati della Nasa,forse. Ma non lo sapeva, e dopo diversiviaggi di esplorazione per mare, la suavita incominciò a declinare mentre lafama cresceva sempre più. Fu ferito daun nipote folle, morirono persone care,e negli ultimi anni, in carrozzella, scrissesolo vicende di torbide lotte per ilpotere, poco adatte a grandi e piccini.Per questo preferiamo ricordarlo attraversol’espressione pacioccona della lunadi Méliès, che si vede colpire da treardimentosi scienziati chiusi in ungrande proiettile, gloria degli entusiastimutilati del Gun Club.Lo scrittore Francesco M. Cataluccio.cioccolato, crema e pistacchio). Troviamoil racconto di un Natale trascorsoda bambino malato («Francesco ètutto blu come un Puffo», diede l’allarmeil compagno di scuola). E un incontrocon Oriana Fallaci, l’anno era il1998, che ce la rende simpatica spazzandovia tutta la retorica successiva,da scrittrice santa e combattente (anchea essere d’accordo, i toni non sireggono). Vista la comune origine toscana,lei lo chiamava «pallino». Avevabisogno di una consulenza polacca, acarattere storico-passionale. La trisavolaa Firenze si era innamorata a Firenzedi un aristocratico arrivato dallaPolonia, e quando lei aspettava un figliolui sparì. Poteva Cataluccio aiutarlaa trovare notizie? Mentre parlavano,la figlia di Cataluccio infieriva con unpennarello sulle scarpe della signora, ele ruppe il manico di una borsetta regalatada Panagulis. Oriana Fallaci commentò:«Vivace la bimba, diventeràcome me». A Francesco M. Catalucciosi gelò il sangue nelle vene.Fabio Fumagalli** On the Road (Sulla strada), di WalterSalles con Kristen Stewart, GarrettHedlund, Kirsten Dunst, Sam Riley,Viggo Mortensen, Steve Buscemi (StatiUniti 2012)La madre di tutte le road movie, il padredella controcultura. Ha segnato generazioniSulla strada, il libro del qualeFrancis Ford Coppola deteneva i dirittie che da ormai 40 anni (da MarlonBrando a Gus Van Sant) in tanti avevanorinunciato a girare. Di certo, non acaso. Per la difficoltà implicita nel tradurrein immagini quel genere di parola,quella progressione tutta ritmica ecosi poco aneddotica; e più ancora, pernon arrischiare di tradire pesi epocali,rinvii comportamentali come quelliLa locandina del film di Walter Salles.dell’icona Jack Kerouac, o dei suoi personaggibeat, da Sal a Dean Moriarty, aMarylou.L’operazione è finita infine nellemani dell’impavido Walter Salles, autoredi opere anche simpatiche ma non dicerto dal segno indelebile, come Centraldo Brasil o I diari della motocicletta;preparata con ponderatezza, ma dallaquale era prevedibile nascesse qualcosaagli antipodi di quel mix di rabbia, sanguee delirio contenuto nei famosi 36metri di rotolo da carta da telex, riempitiin 3 settimane nel 1951 per infine esserepubblicati nel 1957.Sfila, in un film paradossalmentestatico, non tanto l’itinerario mentaledi Kerouac e del suo amico Cassidy, lafuga, l’ansia di libertà, e quindi, nonl’inventiva di uno sguardo registico,ma il paesaggio cosi spesso sfruttatodalle road movie, l’infilata dei campicoltivati, la parata delle auto d’epoca,gli inevitabili richiami alla pittura diEdward Hopper, l’agitazione degli attori(lodevolmente applicati) in predaalle varie eccitazioni, sogni e slanci mistici,estasi chimiche e sessuali. Ma, aparte il fatto che nel frattempo ne abbiamoviste di ben altre, tutto rimanenella penna, in questo caso nell’obiettivo.E così i Burroughs, i Ginsberg chefanno da contorno, così quell’angelomaledetto terribilmente edulcoratoche dovrebbe reincarnare tutta la caricatrasgressiva della beat generation, ilrimando che ristagna sullo sfondo allaletteratura somma dei Rimbaud,Proust e Céline.Solo la colonna sonora, questa sì,immersa nella meravigliosa e forse irripetibileesaltazione di quell’epoca, riescea trasmetterci un’emozione che nonsia soltanto patina, a fondersi nell’esteticadi Kerouac. La straordinaria libertàdel be-bop nascente, la pulsione cosìistintiva e immediata della musica diCharlie Parker e Dizzy Gillespie che alimentain continuità il sottofondo (oltrealla presenza live di gente come CharlieHaden e Slim Gaillard) costituisce ilpiacere più autentico che il film è in gradodi offrire.

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