Alcune considerazioni sugli interventi in materia di intese e di abuso ...

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si avvale sempre del contributo informativo delle imprese che subiscono l’abuso 1 . Tradizionalmente assai più delicato è il caso delle intese, ed in particolare delle intese orizzontali, nel quale i soggetti economici che subiscono un danno, gli utenti finali, sono per loro natura dispersi e poco informati e non hanno quindi gli incentivi sufficienti, né a volte le informazioni necessarie, ad attivarsi. È per questa ragione che molte delle osservazioni che svilupperemo nei prossimi paragrafi saranno riservate al caso delle intese, mentre dedicheremo uno spazio minore al tema degli abusi di posizione dominante. Giunti a tal punto, giova ripercorrere brevemente, nell’ottica descritta, l’esperienza comunitaria, concentrando l’attenzione sulla sua evoluzione più recente e sulle sue prospettive, così come delineate, in particolare, nel Libro Bianco della Commissione sulla modernizzazione del diritto comunitario 2 e in taluni progetti di regolamenti e comunicazioni in discussione. 1.1 Il regolamento CEE 17/62 Nell’esperienza comunitaria degli ultimi 40 anni l’intervento in materia di intese ed abusi di posizione dominante è stato attuato secondo le linee procedurali tracciate nel regolamento CEE 17/62, primo regolamento di applicazione degli artt. 85 e 86 (ora 81 e 82) del Trattato. In particolare, per quanto concerne le intese, al fine di conseguire una serie di obiettivi in termini di raccolta delle informazioni rilevanti, applicazione uniforme e certezza del diritto per le imprese, si era scelto di accentrare l’applicazione del diritto della concorrenza comunitario in capo alla Commissione europea 3 e di prevedere un sistema di autorizzazione preventiva di fatto obbligatoria. L’art. 81, come è noto, è composto di tre paragrafi. Nel primo è stabilito che le intese restrittive della concorrenza sono vietate, nel secondo paragrafo si dichiara che le intese vietate sono nulle di pieno diritto, mentre il terzo paragrafo stabilisce a quali condizioni talune intese possono essere esentate dal divieto. La norma non chiarisce, tuttavia, se e chi sia competente ad applicare la disposizione, né, eventualmente, quando. Sotto questo profilo, il Reg. 17/62 compie alcune scelte cruciali allo scopo di conseguire gli obiettivi in precedenza ricordati. Per favorire la raccolta del massimo numero di informazioni sulle imprese e sui mercati in cui operano viene scelto un regime di autorizzazione, di fatto preventivo e obbligatorio. Infatti, perché un’intesa restrittiva sfugga al divieto previsto dal primo paragrafo e quindi dall’automatica sanzione di nullità, questa deve essere comunicata prima della sua attuazione al fine di essere esplicitamente autorizzata. Per favorire l’uniformità applicativa, il Reg. 17/62 ha attribuito alla sola Commissione il potere di concedere le esenzioni dal divieto, così conferendo a tale autorità un monopolio di fatto nell’applicazione della disciplina delle intese. Le autorità ed i giudici nazionali, oltre che la Commissione, possono infatti applicare la norma di divieto; autorità e giudici nazionali non possono tuttavia concedere esenzioni in base all’art. 85.3 (ora 81.3). 1 . Va d’altra parte considerato che le informazioni che giungono dalle parti non possono essere automaticamente considerate come veritiere. Esiste quindi un problema di verifica e di validazione che l’Autorità deve svolgere, in particolare quando un procedimento sia stato avviato. 2 . Commissione Europea, Libro Bianco sulla modernizzazione delle norme per l’applicazione degli artt. 85 (ora 81) e 86 (ora 82) del Trattato CE, 28 aprile 1999, in GUCE C132 del 12 maggio 1999. In questa sede non si è potuto tenere conto del progetto di regolamento pubblicato in data 27 settembre 2000, con il quale la Commissione ha tradotto in proposte normative alcune delle indicazioni contenute nel Libro Bianco. 3 . Alcune delle considerazioni che seguono sono riprese da Ghezzi (2000), cui si rimanda per una seppur parziale indicazione dei principali commenti di natura giuridica ed economica alle tesi ed ai progetti contenuti nel Libro Bianco della Commissione. Meritano comunque di essere segnalati gli atti di un seminario a porte chiuse organizzato il 2 e 3 giugno 2000 a Firenze dall’Istituto Universitario Europeo, che saranno oggetto di pubblicazione nei prossimi mesi. 2
A ciò deve aggiungersi che, per evitare di lasciare un eccessivo spazio ai giudici e alle autorità nazionali (inesperti e/o portatori di interessi nazionali e poco favorevoli alla concorrenza), sin dall’inizio la Commissione ha prediletto un'interpretazione rigorosa e formalistica del concetto di restrizione della concorrenza, così ampliando ulteriormente l’ambito di applicazione del divieto stabilito dal primo paragrafo dell’art. 81. In questo modo, tutte le restrizioni alla libertà di comportamento delle parti comportano una limitazione della concorrenza e sono pertanto vietate. Dunque, le intese – anche procompetitive (nel senso che in mancanza della restrizione si produrrebbe di meno e a maggiori prezzi, oppure non si produrrebbe affatto) o comunque non restrittive in modo consistente della concorrenza – devono essere notificate alla Commissione, la quale, se ricorrono le condizioni specificate dal terzo paragrafo dell’art. 81, concede l’esenzione individuale. Infine, il terzo ed ultimo obiettivo, cioè la certezza giuridica per le imprese, doveva essere assicurato dalla circostanza che la decisione con cui la Commissione dichiara un determinato accordo esentato ai sensi dell’art. 81(3) è costitutiva di diritti ed ha quindi validità erga omnes, salvo il controllo della Corte di giustizia. In altri termini, né i giudici né le autorità nazionali possono in alcun modo alterare, modificare o sovvertire una decisione di esenzione comunitaria. Data la scelta compiuta in favore di un regime di autorizzazione (di fatto) preventiva e obbligatoria, se la Commissione avesse in effetti concluso tutti i procedimenti formalmente, con una decisione di esenzione, le imprese avrebbero goduto del massimo grado di certezza giuridica, potendo contare su una sorta di salvacondotto assoluto in relazione ai propri accordi. I meccanismi stabiliti dal Reg. 17/62 e l’interpretazione formale del concetto di restrizione della concorrenza fatta propria dalla Commissione, ed avallata dalla Corte di giustizia, comportarono che tutte le imprese di dimensioni medio-grandi dovettero notificare gli accordi al fine di ottenere un’esenzione dal divieto, onde tutelarsi dalla nullità che colpisce automaticamente le intese che, ancorché esentabili, non siano state notificate all’autorità antitrust comunitaria. Il meccanismo di enforcement predisposto non tardò a manifestare effetti perversi rilevanti: esso conferiva fortissimi incentivi alle imprese coinvolte in intese con aspetti anticompetitivi limitati o nulli a segnalare i propri progetti e a richiedere un'esenzione, assorbendo molte risorse della Commissione in un compito di autorizzazione preventiva dagli esiti nella maggior parte dei casi scontati. Non esistendo al contempo alcun incentivo a segnalare un progetto o una pratica di intesa di natura anticompetitiva, i casi rilevanti di collusione e di abuso rimanevano ovviamente nell’ombra, protetti anche dall'incapacità o dall’impossibilità della Commissione di dedicare risorse rilevanti a situazioni certamente più meritevoli di attenzione. Nei primi anni ’60 la Commissione venne infatti sommersa da decine di migliaia di notifiche, e l’attività di enforcement venne di fatto paralizzata, con tempi di attesa, per le poche decisioni annualmente pubblicate, in media di 2-3 anni, con punte di oltre 20 4 . Peraltro, sin dall’inizio apparve chiaro che la stragrande maggior parte delle intese comunicate non erano – in sostanza – restrittive della concorrenza. Un solo dato: in quasi 40 anni di applicazione del diritto antitrust comunitario solo nove intese spontaneamente comunicate (rispetto alle decine di migliaia di notifiche effettuate) sono state vietate dalla Commissione in quanto non ritenute meritevoli di esenzione. Nel corso del tempo, sono stati via via predisposti numerosi rimedi correttivi per migliorare l’efficacia dell’intervento e tentare di correggere le disfunzioni viste sopra. La Corte di giustizia, sin dalle sue prime sentenze, ha introdotto il concetto di restrizione sensibile, tra- 4 . Emblematica è la vicenda delle norme bancarie e degli altri accordi notificati dall’Associazione Banche del Belgio nel 1962 – in realtà successivamente a più riprese modificati – in relazione ai quali la Commissione si è espressa, con una decisione formale, nel dicembre 1986. Cfr. Commissione, 11-12-1986, Banche del Belgio in G.U.C.E. L7 del 9-1-1987. 3
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