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Novembre

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le persone diventa un piacere. In questo

mi è stato maestro Marco Pesaresi,

che mi ha insegnato un approccio sempre

sorridente e sereno. Il fotografo non

deve creare, ma osservare attentamente

quello che accade come in un teatro

vivente, uscendo dalle abitudini visive

che inibiscono la capacità di vedere

le cose sotto una nuova luce. Essere

più naturale possibile contribuirà a non

dare nell’occhio, rendendo quindi possibile

avvicinarsi a chi si ha di fronte,

mettendolo a proprio agio. La macchina

fotografica sempre al collo e la scoperta

di star bene con l’ambiente vanno di

pari passo con il lavoro svolto.

Nella serie Il cielo in una stanza hai

dimostrato cosa significhi guardare

la realtà in maniera nuova. Come nasce

questo progetto?

L’idea iniziale non era un progetto ma

lo è diventato in seguito. Ho cercato di

raccontare il cielo nella maniera più originale

possibile, ritagliando l’azzurro e

lavorando per astrazione. Allo spettatore

ho lasciato il compito e il piacere di

fantasticare su questi dettagli trovandovi

qualunque cosa l’immaginazione sia

in grado di suggerire. Un lavoro che ha

richiesto curiosità e grande costanza.

Quanto è importante sovvertire le regole

per essere liberi nella fotografia?

La fotografia è comunicazione ma anche

libertà. Per questo motivo occorre

prima conoscere e approfondire

la tecnica per poi evolvere nella conoscenza

di questo linguaggio attraverso

lo studio dei grandi fotografi.

Bisogna allenare l’occhio per cambiare

il proprio modo di guardare le cose.

Ho visto tante persone lasciarsi

affascinare dalla fotografia e perdere

poco a poco l’entusiasmo solo perché

non arrivavano a risultati immediati.

La fotografia ha bisogno di tempo

per essere studiata e metabolizzata, e

questo contrasta con un’epoca come

la nostra dove tutto cambia e si evolve

troppo velocemente.

Secondo te, i social influenzano la

fotografia? E quanto invece la fotografia

influenza le nostre vite?

I canali social sono un’arma potente

per far conoscere il proprio lavoro ed

entrare in relazione con molte persone.

Ogni giorno veicolano una straordinaria

quantità di immagini che

influenzano la nostra vita a più livelli.

Dobbiamo quindi imparare ad usarli

in maniera consapevole, distinguendo

le buone fotografie da quelle che

invece non meritano attenzione. Le

immagini devono trasmettere un’emozione,

catturare l’attimo, cogliere

il senso di una storia più di mille parole,

ma devono soprattutto suscitare

in chi le osserva domande utili ad

aumentare senso critico e consapevolezza.

Cosa pensi dell’utilizzo di Photoshop

nella street photography?

La foto di strada non ha necessità di

grandi interventi di postproduzione ma

di una semplice messa a punto. Grandi

autori del passato come Garry Winogrand

o William Klein sostengono che

il mondo è imperfetto e va fotografato

per quello che è. L’importante è sempre

essere onesti con se stessi e con

gli altri.

Da alcuni anni organizzi, con Alex Liverani

e Francesco Sembolini, l’Italian

Street Photo Festival. Quali sono

le finalità di questa iniziativa?

L’idea di realizzare un festival italiano

di street photography è nata a Francesco

Sembolini, e dal momento che siamo

tutt’e tre esperti in questo genere

di fotografia, abbiamo creato una squadra

unendo le nostre esperienze e competenze.

Quella di quest’anno è la terza

edizione nella sede delle Officine Fotografiche

a Roma. Un’avventura che

ci sta regalando grandi soddisfazioni,

consentendoci di organizzare giornate

d’incontro sulla fotografia alla presenza

anche di maestri di fama internazionale.

www.stefanomirabella.com

STEFANO MIRABELLA

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