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Novembre

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Ritratti

d’artista

Io e il Covid-19

L’arte compagna di Mauro Boninsegni nella triste

esperienza della malattia

di Mauro Boninsegni

Vi racconto la mia esperienza diretta

con il Covid-19 e i pensieri

che mi ha suscitato. Tutto ha

avuto inizio l’8 marzo con la febbre oltre

38°. Telefonata al medico di famiglia

che mi dice: «Prendi la tachipirina, poi

ti prescrivo antibiotico in pasticche, vedrai

che passa tutto tra qualche giorno, è

solo un po’ di influenza». Dopo una settimana

la febbre aumenta con affanno e

forti dolori agli occhi: chiamiamo il 118.

A casa l’infermiere della Misericordia,

dopo aver effettuato il controllo dell’ossigenazione

(bassissima), mi chiede:

«Da quanti giorni hai questa febbre così

alta?». Gli rispondo: «Da una settimana».

Mi guarda ed esclama: «Per me

sei più che positivo, lo vedo dalla faccia,

ho esperienza, se non hai niente in

contrario, ti portiamo all’ospedale». Ovviamente

sono d’accordo. È il 16 marzo.

Mi portano all’Ospedale di Santa Maria

Nuova, dove il tampone per il Covid-19

risulta positivo. Dopo le prime cure, mi

trasferiscono all’Ospedale San Giovanni

di Dio presso Torregalli. Dopo avermi

vampirizzano con varie analisi e terapie,

mi diagnosticano la polmonite tipica del

Covid-19. Comincio a fare fatica a respirare,

mi trasferiscono in terapia intensiva.

È il 23 marzo. Sto rischiando

la vita. A quel punto perdo conoscenza,

sono in coma farmacologico e vengo

intubato. I medici mi curano con un

potente farmaco anti artritico; avvertono

i miei familiari che mi restano 24/48

ore di vita al massimo se il mio corpo

non reagisce. L’organismo risponde alle

cure, mi svegliano e man mano che

torno cosciente, mi vedo pieno di tubi,

tubicini, fili, insieme a tanti macchinari.

È il 31marzo. Mi sembra d’essere una

macchina idraulica, intubato e mascherato

per l’ossigenazione ed altre terapie,

domando a cenni che mi succede.

Sento esclamare un infermiere che mi

accudisce: «Puoi accendere un cero alla

Madonna, ti è andata veramente bene».

Finalmente mi tolgono i tubi. È il

5 aprile. Dopo una convalescenza a Villa

Torrigiani, nei pressi di San Domenico,

e un nuovo ricovero all’Ospedale di

Santa Maria Nuova, torno a casa. È il

28 maggio. Comincio a ricordare i sogni

che ho fatto o se vogliamo le “allucinazioni”

che ho avuto quando ero in

terapia intensiva. Ricordo una mano gi-

Conversazione

Giochi con l’acqua

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MAURO BONINSEGNI

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