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Novembre

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Storia delle

Religioni

A cura di

Stefano Marucci

Francesco e Chiara d’Assisi

Le vite di due santi uniti da un amore spirituale

di Valter Quagliarotti

Èdifficile separare i nomi di

Francesco e Chiara, questi

due fenomeni, queste leg- «gende di santità. Il binomio Francesco e

Chiara è una realtà che si comprende solamente

attraverso le categorie cristiane,

ma è anche una realtà di questa terra, di

questa città, di questa chiesa. Rimane il

modo in cui Francesco vedeva sua sorella:

il modo in cui egli sposò Cristo; vedeva

se stesso a immagine di lei, sposa

di Cristo, sposa mistica con cui formava

la sua santità». Queste parole di Giovanni

Paolo II introducono la riflessione

sul rapporto tra San Francesco e Chiara

d’Assisi, sul valore e sul peso che la fede

in Maria Vergine ha avuto nella spiritualità,

o meglio, nella vita evangelica

di entrambi. La vita di Chiara, scritta in

occasione della sua canonizzazione, viene

presentata come “impronta” di Maria

Vergine, indicandola come guida delle

donne, mentre i frati minori sono detti

“nuovi discepoli del Verbo incarnato”,

alla cui sequela sono chiamati gli uomini.

Tale distinzione rispecchia la men-

talità tipica dell’epoca ed

evidentemente del biografo

che si mostra però rispettoso

delle caratteristiche proprie

di questa donna di Dio.

Passando agli scritti di Francesco,

essi presentano un

lento processo di maturazione

interiore. Il riferimento

mariano è ben presente nelle

due lettere indirizzate da

Francesco a Chiara. La prima

costituisce il cuore della

forma di vita della santa:

«Poiché, per divina ispirazione,

vi siete fatte figlie e

ancelle dell’altissimo sommo

Re, il Padre celeste, e

vi siete sposate allo Spirito

Santo scegliendo di vivere

secondo la perfezione

del santo Vangelo, voglio

e prometto, da parte mia e

dei miei frati, di avere sem-

pre di voi, come di loro, cura diligente e

sollecitudine speciale»; la seconda viene

indicata come ultima volontà di Francesco:

«Io frate Francesco piccolo voglio

seguire la vita e la povertà dell’altissimo

Signore nostro Gesù Cristo e della

sua santissima Madre e perseverare in

essa sino alla fine. E prego voi, mie signore,

e vi consiglio, affinché viviate

sempre in questa santissima vita e povertà».

Queste lodi servono come introduzione

alla preghiera liturgica, poiché

uniscono l’orante con la Chiesa del cielo

che celebra la sua continua liturgia davanti

all’Agnello immolato. Così recita la

rubrica: «Incominciano le lodi che il beatissimo

padre nostro Francesco compilò

ordinatamente e che egli recitava a

tutte le ore [canoniche] del giorno e della

notte e prima dell’Ufficio della Beata

Vergine Maria». Una volta ammessa l’abitudine

di Francesco a recitare, accanto

all’ufficio divino prescritto, anche questo

piccolo ufficio della Madonna, si capisce

meglio perché nel breviario di San Francesco

custodito nel protomonastero di

Santa Chiara ad Assisi si trovi anche un

Officium beatae Mariae Virginis. Francesco

non propone una dottrina sulla Madonna,

non discute con i suoi frati o con

i fedeli questioni mariologiche, ma onora

la Vergine rivolgendo a lei saluti e preghiere.

Nel Saluto alla beata Vergine la

parola caratterizzante è “Ave” che apre il

saluto e si ripete sette volte e che fuori

del Saluto riscontriamo soltanto nell’esortazione

alla lode di Dio − «Ave Maria,

piena di grazia, il Signore è con te» − e

nel Saluto delle Virtù − «Ave, regina sapienza,

il Signore ti salvi con tua sorella,

la santa, pura semplicità» −, oltre a

richiamare la locuzione di Luca, “Ave,

gratia plena”, che successivamente assumerà

forma litanica molto conosciuta

nel Medioevo e il cui contenuto, ampliato

in senso trinitario, sarà accettato dalla

Chiesa. Anche Chiara d’Assisi si sente

profondamente nata per e nella Chiesa,

inviata dal Signore a glorificare in tutto

il mondo la Chiesa del Padre, diventando

per tutti esempio e specchio di Cristo

e di sua Madre.

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FRANCESCO E CHIARA D’ASSISI

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