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Novembre

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ti dei colori che osservavo nelle vesti degli

apostoli.

Nelle sue opere s’intravede una patina

di nostalgia, forse perché sono immagini

provenienti da ricordi del passato?

Sì, i miei soggetti provengono da un periodo

passato della mia vita. In questi

dipinti, il tempo non appartiene più alla

realtà, ma si trasforma in sogno. Non

dipingo le cose che vedo, ma quelle che

sento. I treni, i circhi, il mare sono tutti ricordi

della mia infanzia. Il mare l’avevo visto

solo alla televisione in bianco e nero e

soltanto all’età di 14 anni lo vidi per la prima

volta per davvero. Quella volta rimasi

colpito e decisi di cominciare a dipingere.

Devo ammettere che i miei primi tentativi

non furono soddisfacenti. Poi, dopo il

mio matrimonio, ho conosciuto Salvatore

Magazzini, che abitava accanto a me,

e insieme abbiamo dipinto un quadro: io

due figure su una terrazza e lui il paesaggio

intorno. È stato allora che ho iniziato

a dipingere.

Cosa può dirci del suo percorso artistico

da autodidatta?

Ho studiato tanto da casa, leggendo numerosi

libri d’arte. Ponevo particolare attenzione

alla composizione, che per me è

fondamentale nella costruzione della geometria

del dipinto. Già nei quadri dei

grandi maestri come in Una domenica

pomeriggio all’isola della Grande-Jatte di

Seurat notavo che ogni elemento è posto

in un determinato punto del quadro e non

potrebbe non esserci. Anche le mie opere,

se si levasse un elemento qualsiasi, perderebbero

l’armonia compositiva. L’ordine,

come anche il disordine, fanno parte

di me. Il disordine vitale lo compenso con

l’ordine creato nei dipinti.

Fra le tante letture fatte negli anni,

quali hanno maggiormente influenzato

la sua ricerca artistica?

Oltre a numerosi libri di storia dell’arte,

ho letto anche alcuni trattati sulla pittura,

ma devo dire che sono risultati piuttosto

inutili. Per esempio, ho imparato gli accostamenti

dei colori ad olio, ma queste

informazioni oggi non servono più. Adesso,

date le componenti chimiche e non

più naturali, i colori ad olio sono diventati

molto più semplici nella lavorazione

e, oltre a reggere meglio la luce, possono

anche essere mischiati fra loro. Nella

mia ricerca ho spesso preferito l’olio

e l’acquarello. Ho realizzato anche alcuni

affreschi che, tramite la tecnica dello

strappo, oggi si trovano in collezioni private.

La potenza dell’affresco sta nel fatto

di dipingere sull’intonaco fresco, su una

superficie granulosa; una pittura che crea

volume e perciò attira la mia attenzione.

Come vede la scena dell’arte contemporanea?

Cornici Ristori Firenze

www.francoristori.com

Via F. Gianni, 10-12-5r, 50134 Firenze

Già nel 1972, quando ho cominciato a fare

il pittore, mi sono subito distinto da

tutti gli altri artisti a me contemporanei.

Mentre altri percorrevano l’arte informale

e l’arte astratta, io ho preferito continuare

il percorso dell’arte tradizionale. Sono appassionato

di artisti come Pollock e Burri

ma a grandi linee sostengo che dopo

la Merda d’artista di Manzoni non c’è più

niente da inventare, essendo insuperabile

dal punto di vista della provocazione.

Che conseguenze ha avuto l’attuale

emergenza sanitaria sull’andamento

del suo lavoro?

Il gallerista che mi rappresenta non ha

sentito gli effetti della pandemia, il nostro

lavoro procede come prima. Ovviamente,

questa situazione ha influenzato il calendario

delle mie mostre, che sono state ridotte.

Per quanto riguarda l’ispirazione, a

me piace definirla piuttosto “voglia di lavorare”.

Mentre dipingo sento il desiderio

di andare avanti mescolarsi ad uno stato

di esaltazione e di grazia. Dipingo tutti

i giorni perché sostengo che bisogna

lavorare sempre. Mi capita raramente di

“staccare” la mente e anche in queste occasioni

spesso trovo una fonte d’ispirazione.

Non dipingo en plein air perché ho

bisogno di silenzio e le persone o il rumore

intorno mi distraggono.

Deposito di vecchi treni (2020), olio su tela, cm 95x140

Porto canale (2020), olio su tela, cm 95x140

MARCELLO SCUFFI

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