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ti dei colori che osservavo nelle vesti degli
apostoli.
Nelle sue opere s’intravede una patina
di nostalgia, forse perché sono immagini
provenienti da ricordi del passato?
Sì, i miei soggetti provengono da un periodo
passato della mia vita. In questi
dipinti, il tempo non appartiene più alla
realtà, ma si trasforma in sogno. Non
dipingo le cose che vedo, ma quelle che
sento. I treni, i circhi, il mare sono tutti ricordi
della mia infanzia. Il mare l’avevo visto
solo alla televisione in bianco e nero e
soltanto all’età di 14 anni lo vidi per la prima
volta per davvero. Quella volta rimasi
colpito e decisi di cominciare a dipingere.
Devo ammettere che i miei primi tentativi
non furono soddisfacenti. Poi, dopo il
mio matrimonio, ho conosciuto Salvatore
Magazzini, che abitava accanto a me,
e insieme abbiamo dipinto un quadro: io
due figure su una terrazza e lui il paesaggio
intorno. È stato allora che ho iniziato
a dipingere.
Cosa può dirci del suo percorso artistico
da autodidatta?
Ho studiato tanto da casa, leggendo numerosi
libri d’arte. Ponevo particolare attenzione
alla composizione, che per me è
fondamentale nella costruzione della geometria
del dipinto. Già nei quadri dei
grandi maestri come in Una domenica
pomeriggio all’isola della Grande-Jatte di
Seurat notavo che ogni elemento è posto
in un determinato punto del quadro e non
potrebbe non esserci. Anche le mie opere,
se si levasse un elemento qualsiasi, perderebbero
l’armonia compositiva. L’ordine,
come anche il disordine, fanno parte
di me. Il disordine vitale lo compenso con
l’ordine creato nei dipinti.
Fra le tante letture fatte negli anni,
quali hanno maggiormente influenzato
la sua ricerca artistica?
Oltre a numerosi libri di storia dell’arte,
ho letto anche alcuni trattati sulla pittura,
ma devo dire che sono risultati piuttosto
inutili. Per esempio, ho imparato gli accostamenti
dei colori ad olio, ma queste
informazioni oggi non servono più. Adesso,
date le componenti chimiche e non
più naturali, i colori ad olio sono diventati
molto più semplici nella lavorazione
e, oltre a reggere meglio la luce, possono
anche essere mischiati fra loro. Nella
mia ricerca ho spesso preferito l’olio
e l’acquarello. Ho realizzato anche alcuni
affreschi che, tramite la tecnica dello
strappo, oggi si trovano in collezioni private.
La potenza dell’affresco sta nel fatto
di dipingere sull’intonaco fresco, su una
superficie granulosa; una pittura che crea
volume e perciò attira la mia attenzione.
Come vede la scena dell’arte contemporanea?
Cornici Ristori Firenze
www.francoristori.com
Via F. Gianni, 10-12-5r, 50134 Firenze
Già nel 1972, quando ho cominciato a fare
il pittore, mi sono subito distinto da
tutti gli altri artisti a me contemporanei.
Mentre altri percorrevano l’arte informale
e l’arte astratta, io ho preferito continuare
il percorso dell’arte tradizionale. Sono appassionato
di artisti come Pollock e Burri
ma a grandi linee sostengo che dopo
la Merda d’artista di Manzoni non c’è più
niente da inventare, essendo insuperabile
dal punto di vista della provocazione.
Che conseguenze ha avuto l’attuale
emergenza sanitaria sull’andamento
del suo lavoro?
Il gallerista che mi rappresenta non ha
sentito gli effetti della pandemia, il nostro
lavoro procede come prima. Ovviamente,
questa situazione ha influenzato il calendario
delle mie mostre, che sono state ridotte.
Per quanto riguarda l’ispirazione, a
me piace definirla piuttosto “voglia di lavorare”.
Mentre dipingo sento il desiderio
di andare avanti mescolarsi ad uno stato
di esaltazione e di grazia. Dipingo tutti
i giorni perché sostengo che bisogna
lavorare sempre. Mi capita raramente di
“staccare” la mente e anche in queste occasioni
spesso trovo una fonte d’ispirazione.
Non dipingo en plein air perché ho
bisogno di silenzio e le persone o il rumore
intorno mi distraggono.
Deposito di vecchi treni (2020), olio su tela, cm 95x140
Porto canale (2020), olio su tela, cm 95x140
MARCELLO SCUFFI
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