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Estate al giardino
gante strizzarmi il torace per spremere
l’aria dai polmoni ed un grande disco
dorato molto luminoso simile ad un’astronave
avvicinarsi; mentre questo disco
mi sfiora, vedo la figura angosciata
del quadro L’urlo di Munch trasformarsi
in una farfalla trasparente e delicata simile
ad un organo femminile che mi dice
con fermezza: «Non credere di stare
meglio di là, si sta assai peggio che qui
sulla terra, che invece è un posto meraviglioso».
Pochi istanti dopo, la stretta
finisce e il disco dorato si allontana
a gran velocità scomparendo nel nulla;
la voce di prima mi sussurra: «A posto,
vai, ce l’hai fatta». La vita e l’arte mi
avevano ridonato l’esistenza. Nei giorni
successivi molteplici allucinazioni mi
hanno perseguitato; tra quelle che meglio
ricordo, la ditta di un paese sottosviluppato
dove la manodopera ha costi
esigui. Una trentina di operai tutti allineati
confeziona buste di tè da distribuire
negli ospedali; il processo è controllato
da alcuni manager cinesi possessori di
grandi piantagioni di tè i quali per vincere
la concorrenza del mercato stanno
sperimentando l’uomo-macchina. È
così che alcuni medici consenzienti alle
richieste di questi manager, mi mettono
in una camera ben isolata, dove due
tipi attaccati ad uno stantuffo meccanico
effettuano 24 ore su 24 lo stesso
movimento. Movimento che
permette zero costi al confezionamento
del tè in bustine.
Ci sono anche degli psicologi
che rassicurano i manager,
sostenendo la teoria per
la quale dopo un po’ di tempo
sarei stato condizionato
ad accettare tale trattamento.
Mi arrovello per uscire
da questa disavventura, cerco
disperatamente nomi e
numeri di telefono, purtroppo
irraggiungibili, di giornalisti
che avrebbero potuto
velocemente denunciare tale
scempio. Poi tutto sparisce
nel nulla, solo vuoto
infinito, e nell’angoscia cerco
un colore per definire
questo stato d’animo. Sempre
nel corso delle allucinazioni,
mi domandavo spesso
come rappresentare i riflessi
dell’acqua, soprattutto gli scintillii dei
fiumi, dei ruscelli e dei mari quando il
sole ci si rispecchia, non usando colori:
la soluzione era di prendere degli
specchi, frantumarli in cristalli di varie
misure e poi incollarli su tela, intitolando
l’opera Riflessi. Subito dopo un’altra
idea: prendere dei frammenti di specchi,
attaccarli su tela distanziati tra loro,
in modo che coloro che guarderanno il
quadro vedranno riflessi i loro
movimenti, le loro smorfie:
titolo dell’opera I fotografi.
I pensieri sull’arte si susseguono.
Avvolto nella solitudine
e nell’angoscia, penso di
continuo al disegno, ai colori,
come se l’arte mi permettesse
di filtrare e controllare,
anche attraverso inaspettati
abbinamenti, quanto fuoriesce
dalla mia mente. Ricordo
di avere pensato come friggere
i colori, poi i colori alla
sedia elettrica e avere ipotizzato
delle ricette. Per il “colore
fritto”, impastare colori
prescelti con vinavil, tuorlo
d’uovo e farina e, dopo avere
ottenuto una crema densa,
metterla in un cucchiaio da
minestra e immergerla in olio
bollente fino a farla solidificare;
ripetere l’operazione quante volte si
vuole e depositare le frittelle (migliacciole)
su tela incollandocele. I risultati
ottenuti saranno molteplici in base al
disegno che la composizione di frittelle
seguirà. Per la variante “colore alla
sedia elettrica”, spalmare su tela colori
diluiti con liquidi conduttori, applicare
ai lati opposti della tela degli elettrodi e
collegarli alla corrente elettrica sia di linea
che di batteria (secondo la grandezza
della tela). La resistenza che i colori
opporranno al passaggio della corrente
produrrà rigonfiamenti, bolle, bruciacchiature,
fino all’apparire di astrazioni
tutte da interpretare. Infine per dare
un significato alla parola “arte” e definire
soprattutto a cosa serva, l’ho paragonata
alla luce: mentre la luce mette
in moto il ciclo della pioggia tramite il
vapore acqueo, l’arte tramite la mente
mette in moto il pensiero per trovare
nuovi modi di espressione e future strade
da seguire. Quindi, luce e arte fonti di
energia che compiono ininterrottamente
un lavoro. Alla fine di questa storia
un doveroso e sentito ringraziamento
agli angeli degli ospedali San Giovanni
di Dio e Santa Maria Nuova, che con
grande professionalità mi hanno curato
e resuscitato, e all’arte, che con la sua
energia mi ha tenuto sveglio facendo lavorare
il cervello e impedendomi di perdere
la ragione.
Ben arrivata
MAURO BONINSEGNI
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