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I libri del
Mese
Lettere da Aosta
Il vivace affresco di un tempo andato nella raccolta epistolare di
Anchise Tempestini
di Erika Bresci
Le lettere spedite da Tempestini
durante i quindici mesi di servizio
militare – tra il luglio del
1967 e l’ottobre 1968 –, prima presso la
Scuola Militare Alpina e successivamente
presso il Battaglione Aosta, offrono un
affresco vivace e sincero di «un mondo
che dopo l’abolizione della leva obbligatoria
non esiste più». Un mondo fatto di
disciplina, di regole e servizi talvolta assurdi
da rispettare, ma anche di incontri
e relazioni interpersonali capaci di mettere
insieme, sia pure per un tempo limitato,
realtà di vita profondamente diverse,
provenienti da regioni lontane – molti
ragazzi uscivano per la prima volta dai
confini della propria terra per consumare
quell’esperienza socializzante di fatica
e comunità –, e che mescolava in un unicum
irripetibile cultura, tradizioni, modi
di fare e di essere. Tanto che se ne usciva
fuori cambiati, cresciuti, maturati («qualcosa
si è aggiunto a me»). La corrispondenza
fittissima con le donne di famiglia
assomiglia a un ordito di comune consapevolezza
teso a mantenere il capo del
filo che lega il giovane arruolato alla vita
civile, quasi una tela di Penelope double
face, e certo da non disfare la notte,
nella quale compaiono – in una ricca trama
di domande e risposte immaginate
dalle lettere che seguono – i volti degli
amici solo momentaneamente abbandonati,
insieme alla vita, anche accademica,
che per loro prosegue, per lui resta
in stand by (sebbene non rinunci a ripas-
sare nei momenti di riposo secoli di pittura
per essere pronto, prontissimo, una
volta congedato, a riprendere di slancio
la propria avventura professionale). O le
notizie dei fatti nazionali e internazionali
che connotano il periodo, sicuramente
“caldo”, della naja: come l’attentato a
Bob Kennedy, i rumours di sollevazioni
giovanili oltre confine, le fasi della rivoluzione
in Cecoslovacchia, gli scioperi in
Alto Adige del personale Enel. O le irrinunciabili
letture (Montale, Apollinaire,
Gogol, e tanti altri), partecipate alla madre
lontana, complice di questo amore
per le lettere, un modo come un altro per
sentirsi a casa, ricostruendo una piccola
biblioteca che lo tenga al riparo da giorni
sempre uguali spesso somiglianti a
una pania che si appiccica addosso. Poi i
luoghi. Da una parte Firenze e Viareggio,
dall’altra i paesaggi ancora incontaminati
della Valle d’Aosta, fotografata negli
scorci di rocce e vette innevate, nei «boschi
di larici rossi», nei tanti castelli, ora
maestosi e massicci, ora richiamanti atmosfere
da fiaba – come il castello di Fenis
«illuminato e immerso in una nebbia
leggerissima» –, nelle valli da cartolina
– la valle di Cogne «veramente bellissima,
selvaggia, riposante» –, e in quei
luoghi su cui l’antropizzazione barbara e
la spinta accelerata al turismo di massa
non avevano ancora allungato la mano
(su tutti l’esempio di La Thuile, diventata
la stazione sciistica che oggi tutti conosciamo,
abbandonato lo sfruttamento
delle miniere di carbone). Lettere nelle
quali la cronaca dei giorni si sposa con
gli umori, le speranze, le perplessità, le
scoperte di un giovane uomo che si affaccia
alla vita, dalle quali traspare bene
il carattere e le passioni personali. Il resoconto
di un’esperienza da “tesaurizzare”,
come sostiene Tempestini. Una
interessante testimonianza da passare
in eredità a quelle nuove generazioni che
non conosceranno mai di persona marce,
servizi, furerie, notti all’agghiaccio e
prove di ardimento.
ANCHISE TEMPESTINI
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