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standard italiani per la cura del diabete mellito - Changing Diabetes ...

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CURA DEL DIABETE IN CONTESTI SPECIfICI 133<br />

3. Cerando F. Principi fondamentali di Medicina Penitenziaria.<br />

Servizio Editoriale Università degli Studi di Pisa, 1989.<br />

e. <strong>diabete</strong> e cure palliatiVe<br />

raccomandazioni<br />

L’approccio al paziente diabetico in fase terminale<br />

deve essere differenziato in funzione <strong>del</strong>le prospettive<br />

di sopravvivenza:<br />

Prognosi di poche settimane o mesi:<br />

I valori glicemici vanno mantenuti in un range compreso<br />

fra 180 e 360 mg/dl, al fine di ridurre al minimo<br />

il rischio di ipoglicemia; l’approccio va <strong>per</strong>sonalizzato<br />

nel caso di i<strong>per</strong>glicemia sintomatica. (Livello <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

prova VI, Forza <strong>del</strong><strong>la</strong> raccomandazione B)<br />

Possono essere evitate indicazioni dietetiche restrittive<br />

(Livello <strong>del</strong><strong>la</strong> prova VI, Forza <strong>del</strong><strong>la</strong> raccoman‑<br />

dazione B)<br />

La frequenza <strong>del</strong> monitoraggio glicemico deve essere<br />

ridotta al minimo accettabile. (Livello <strong>del</strong><strong>la</strong> prova VI,<br />

Forza <strong>del</strong><strong>la</strong> raccomandazione B)<br />

Con <strong>la</strong> riduzione <strong>del</strong>l’appetito, nel <strong>diabete</strong> tipo 2 <strong>la</strong><br />

dose di ipoglicemizzanti orali deve essere ridotta,<br />

dando <strong>la</strong> preferenza a sulfoniluree a breve durata<br />

di azione o glinidi, ed evitando <strong>la</strong> metformina.<br />

Nel paziente tipo 1 <strong>la</strong> dose di insulina può essere<br />

ridotta a causa <strong>del</strong>l’anoressia o <strong>del</strong> vomito; anche<br />

in assenza di alimentazione una dose minima di<br />

insulina è comunque necessaria <strong>per</strong> evitare <strong>la</strong> chetoacidosi.<br />

(Livello <strong>del</strong><strong>la</strong> prova VI, Forza <strong>del</strong><strong>la</strong> rac‑<br />

comandazione B)<br />

Prognosi di pochi giorni:<br />

Se il paziente è cosciente e presenta sintomi di<br />

i<strong>per</strong>glicemia, si può somministrare insulina rapida<br />

quando <strong>la</strong> glicemia è � 360 mg/dl. (Livello <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

prova VI, Forza <strong>del</strong><strong>la</strong> raccomandazione B)<br />

Se il paziente non è cosciente, è opportuno sospendere<br />

<strong>la</strong> terapia ipoglicemizzante e il monitoraggio glicemico<br />

condividendo con i familiari questa scelta.<br />

(Livello <strong>del</strong><strong>la</strong> prova VI, Forza <strong>del</strong><strong>la</strong> raccomanda‑<br />

zione B)<br />

◆◆COMMENTO Definizione di cure palliative<br />

Il termine “palliativo” non significa “inutile”; <strong>la</strong> sua definizione<br />

esatta deriva dal<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> <strong>la</strong>tina pallium: mantello, protezione.<br />

In letteratura compaiono diverse definizioni di cure palliative.<br />

Riportiamo quelle più comunemente utilizzate:<br />

Una prima definizione che si può citare è quel<strong>la</strong> data dall’OMS.<br />

In un technical report <strong>del</strong> 1990 (1) viene detto che “le cure palliative<br />

si occupano in maniera attiva e totale dei pazienti colpiti<br />

da una ma<strong>la</strong>ttia che non risponde più a trattamenti specifici e <strong>la</strong><br />

cui diretta conseguenza è <strong>la</strong> morte. Il controllo <strong>del</strong> dolore, di altri<br />

sintomi e degli aspetti psicologici, sociali e spirituali è di fondamentale<br />

importanza. Lo scopo <strong>del</strong>le cure palliative è il raggiungimento<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> miglior qualità di vita possibile <strong>per</strong> i pazienti e le<br />

loro famiglie. Alcuni interventi palliativi sono applicabili anche<br />

più precocemente nel decorso <strong>del</strong><strong>la</strong> ma<strong>la</strong>ttia, in aggiunta al trattamento<br />

oncologico”.<br />

Quasi sovrapponibile è quanto riportato, a livello europeo,<br />

dal<strong>la</strong> European Association for Palliative Care (EAPC) (2),<br />

secondo <strong>la</strong> quale le cure palliative sono “<strong>la</strong> <strong>cura</strong> attiva e globale<br />

prestata al paziente quando <strong>la</strong> ma<strong>la</strong>ttia non risponde più alle<br />

terapie aventi come scopo <strong>la</strong> guarigione”. In questo caso, il controllo<br />

<strong>del</strong> dolore e degli altri sintomi, dei problemi psicologici,<br />

sociali e spirituali assume importanza primaria.<br />

Nel nostro paese ci si può rifare a quanto riportato nel 2003<br />

dal<strong>la</strong> Conferenza Stato-Regioni (3). In questo documento si<br />

afferma che “le cure palliative costituiscono una serie di interventi<br />

terapeutici e assistenziali finalizzati al<strong>la</strong> <strong>cura</strong> attiva, totale,<br />

di ma<strong>la</strong>ti <strong>la</strong> cui ma<strong>la</strong>ttia di base non risponde più a trattamenti<br />

specifici”.<br />

Diabete e cure palliative<br />

La revisione <strong>del</strong><strong>la</strong> letteratura non ha <strong>per</strong>messo di individuare<br />

evidenze e linee-guida specifiche <strong>per</strong> <strong>la</strong> gestione <strong>del</strong> <strong>diabete</strong> nel<br />

contesto <strong>del</strong>le cure palliative (4).<br />

I pochi articoli che trattano in maniera specifica di questo<br />

argomento sono basati esclusivamente su parere di es<strong>per</strong>ti e<br />

sull’es<strong>per</strong>ienza clinica, attraverso analisi retrospettive, interventi<br />

di focus group su familiari e <strong>per</strong>sonale di assistenza coinvolto.<br />

Quasi tutti i dati sono re<strong>la</strong>tivi a pazienti terminali affetti da patologia<br />

neop<strong>la</strong>stica (5).<br />

Il problema prevalente, ancora senza risposta certa, è se il controllo<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> glicemia in fase terminale possa migliorare il comfort<br />

<strong>del</strong> paziente attraverso <strong>la</strong> prevenzione dei sintomi di ipo- e<br />

i<strong>per</strong>glicemia, o se gli svantaggi e il disagio derivanti dal<strong>la</strong> prosecuzione<br />

<strong>del</strong> monitoraggio glicemico e <strong>del</strong><strong>la</strong> terapia insulinica<br />

possano su<strong>per</strong>are questo eventuale beneficio (6).<br />

A questo proposito si possono riconoscere due posizioni contrastanti.<br />

La prima posizione sostiene che in una situazione clinica<br />

gravemente compromessa l’i<strong>per</strong>glicemia è condizione ulteriormente<br />

invalidante con sintomi di sete, disidratazione, poliuria,<br />

dolore addominale, confusione e sonnolenza. Nei pazienti terminali<br />

essa è anche più frequente a causa <strong>del</strong><strong>la</strong> risposta allo stress<br />

acuto proprio <strong>del</strong>le gravi ma<strong>la</strong>ttie, e <strong>del</strong><strong>la</strong> frequente presenza di<br />

infezioni (ad esempio broncopolmonite). L’uso di insulina <strong>per</strong><br />

via sottocutanea in tali pazienti sarebbe <strong>per</strong>tanto giustificato,<br />

nonostante <strong>la</strong> necessità di sottoporli al disagio <strong>del</strong> monitoraggio<br />

glicemico.<br />

La seconda posizione sostiene invece che durante le fasi terminali<br />

un’i<strong>per</strong>glicemia clinicamente rilevante è in realtà improbabile,<br />

a causa <strong>del</strong><strong>la</strong> scarsa o assente assunzione orale di cibo da<br />

parte <strong>del</strong> paziente. Proseguire <strong>la</strong> terapia ipoglicemizzante esporrebbe<br />

anzi i pazienti al<strong>la</strong> comparsa di ipoglicemia (con tutti<br />

i fastidiosi sintomi di accompagnamento), favorita dall’insufficienza<br />

epatica e renale, spesso presenti nei pazienti terminali.<br />

Inoltre, questa scelta comporterebbe <strong>la</strong> necessità di continuare<br />

il monitoraggio <strong>del</strong><strong>la</strong> glicemia, pratica disagevole e spesso mal<br />

tollerata dai pazienti.<br />

Partico<strong>la</strong>rmente in pazienti con <strong>diabete</strong> tipo 1, <strong>la</strong> gestione<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> fase terminale crea diversi interrogativi medici ed etici.

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