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Il Sagrestano è senza dubbio una delle opere più rappresentative<br />

della prima fase della scultura di Medardo<br />

Rosso.<br />

Nella cronologia della storia artistica di Rosso <strong>il</strong> Sagrestano,<br />

datato concordemente dalla critica al 1883,<br />

viene dopo El Locch, 1881, Il bersagliere, 1881, Il cantante<br />

a spasso, 1881-82, Gli <strong>in</strong>namorati sotto <strong>il</strong> lampione,<br />

1881-82, Gavroche, 1882, La ruffiana, 1882-83, e<br />

condivide di queste sculture l’appartenenza a quella<br />

fase di Rosso ancora legata alla cultura letteraria e artistica<br />

della Scapigliatura lombarda.<br />

Nato a Tor<strong>in</strong>o nel 1858, Rosso si era trasferito a M<strong>il</strong>ano<br />

nel 1870: dopo aver prestato nel 1879-81 <strong>il</strong> servizio<br />

m<strong>il</strong>itare a Pavia, si era iscritto nel maggio 1882 all’Accademia<br />

di Brera, scuola di Nudo e Plastica. Nel marzo<br />

del 1883 era stato espulso dall’Accademia per essersi<br />

posto “alla testa di una sottoscrizione reclamante<br />

<strong>in</strong>torno agli orari della scuola di nudo e alla mancanza<br />

di preparati anatomici da copiarsi dal vero” (Verbale<br />

dell’espulsione, <strong>in</strong> Borghi, 1951, p. 18).<br />

Nel 1883 Rosso, ventic<strong>in</strong>quenne, avrebbe dunque realizzato<br />

anche due sculture capitali della sua storia:<br />

Lo studio di Medardo Rosso<br />

Amor materno e Carne altrui, che nell’impianto plastico<br />

sembrano staccarsi sia dal precedente Gavroche,<br />

ispirato a una figura dei Miserab<strong>il</strong>i di Victor Hugo,<br />

sia da La ruffiana, che da Il sagrestano, del quale non<br />

condividono gli elementi di “bozzetto letterario” scapigliato.<br />

Amor materno e Carne altrui, nel loro apparente sentimentale<br />

naturalismo, annunciano potentemente la<br />

stagione successiva del Rosso “impressionista”, se non<br />

addirittura moderno.<br />

Del 1883-84 sarebbe anche, secondo Ardengo Soffici,<br />

Carlo Carrà e Scolari-Barr, quella Impression d’omnibus,<br />

opera capitale, anche se distrutta, di cui le poche<br />

fotografie esistenti attestano la grande novità l<strong>in</strong>guistica<br />

e <strong>il</strong> genio di Rosso. Seppure <strong>il</strong> soggetto d’Impression<br />

d’omnibus appartenga a uno dei temi di vita quotidiana<br />

già raffigurato nella pittura realista francese,<br />

da Honoré Daumier, e <strong>in</strong> qualche modo riconducib<strong>il</strong>e<br />

alla pred<strong>il</strong>ezione per i temi della vita moderna degli<br />

impressionisti, <strong>in</strong> Rosso la “scena” di vita quotidiana<br />

assurge a un carattere nuovo: lo scultore ha collocato<br />

<strong>in</strong> f<strong>il</strong>a c<strong>in</strong>que figure su un sed<strong>il</strong>e del vagone d’omni-

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