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919<br />

Giorgio de Chirico<br />

Volos 1888 - Roma 1978<br />

Ettore e Andromaca, primi anni Sessanta<br />

Olio su tela, cm. 80x60<br />

Storia: Collezione Rosenfield; Collezione Claudio Bruni<br />

Sakraischik, Roma; Collezione Tony Allen, Roma; Collezione<br />

privata, M<strong>il</strong>ano; Collezione privata<br />

Certificato su foto di Claudio Bruni Sakraischik, Roma<br />

16 settembre 1988, con n. 38/88, <strong>in</strong> copia conforme<br />

all’orig<strong>in</strong>ale r<strong>il</strong>asciata dal Prof. Paolo Picozza (Fondazione<br />

Giorgio e Isa de Chirico, Roma).<br />

Stima � 600.000 / 750.000<br />

parte frontale della composizione.<br />

Maestro nell’estraniamento cont<strong>in</strong>uo ottenuto mediante<br />

un accurato accostamento di elementi perpetuamente<br />

<strong>in</strong> contraddizione l’uno con l’altro Giorgio<br />

de Chirico è consapevole dell’<strong>in</strong>fluenza della sua pittura<br />

e <strong>in</strong> particolare di quella avuta dal motivo dei manich<strong>in</strong>i<br />

sull’arte europea, come ad esempio nell’opera<br />

di Max Ernst, al punto che nelle Memorie della mia<br />

vita se la prende con Salvador Dalì proprio perché,<br />

ancora più di altri, trasse ispirazione e riprese nelle<br />

proprie opere proprio questo tema. Volto ad essere<br />

caratterizzato solo per mezzo degli attributi che gli<br />

sono assegnati volta per volta è probab<strong>il</strong>e che per<br />

questa stessa natura <strong>il</strong> manich<strong>in</strong>o permanga quale elemento<br />

funzionale alla rappresentazione anche dopo le<br />

profonde svolte che hanno caratterizzato <strong>il</strong> percorso<br />

artistico di Giorgio de Chirico dopo l’elaborazione<br />

della Metafisica. Il manich<strong>in</strong>o è <strong>il</strong> protagonista de Il<br />

Trovatore, de La Mal<strong>in</strong>conia, è Il F<strong>il</strong>osofo ed è Il con-<br />

dottiero e, ancora, è all’apice della catasta del Grande<br />

Metafisico. Ed è forse per questo che, scrivendo nel<br />

1942, l’artista mostra di aver maturato un rapporto<br />

quasi emozionale con questo motivo quando afferma:<br />

“Il manich<strong>in</strong>o è profondamente non vivo e questa sua<br />

mancanza di vita ci resp<strong>in</strong>ge e ce lo rende odioso. Il<br />

suo aspetto umano e, nel tempo stesso, mostruoso, ci<br />

fa paura e ci irrita […]”. Ma è questa stessa natura che<br />

<strong>in</strong> Ettore e Andromaca ne permette la trasformazione<br />

<strong>in</strong> uno dei simboli della civ<strong>il</strong>tà antica, quello degli<br />

eroi omerici, <strong>in</strong>fatti de Chirico prosegue chiarendo “Il<br />

manich<strong>in</strong>o non è una f<strong>in</strong>zione, è una realtà, anzi, una<br />

realtà triste e mostruosa. Noi spariremo ma <strong>il</strong> manich<strong>in</strong>o<br />

resta. Il manich<strong>in</strong>o non è un giocattolo, frag<strong>il</strong>e<br />

e effimero, che una mano di bamb<strong>in</strong>o può spezzare,<br />

non è dest<strong>in</strong>ato a divertire gli uom<strong>in</strong>i […]” ma, come<br />

<strong>in</strong> questo caso, è la figura che più di qualsiasi altra può<br />

<strong>in</strong>carnare le gesta e le passioni degli eroi delle leggende<br />

più antiche.

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