Scarica il catalogo in PDF - Casa d'aste Farsettiarte
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Nelle sue tele com<strong>in</strong>ciano ad affacciarsi caseggiati<br />
squadrati, <strong>in</strong>tervallati da f<strong>in</strong>estre buie, come aperture<br />
sul vuoto e sulla desolazione, capannoni, muri lisci<br />
e cim<strong>in</strong>iere, delimitati da strade grigie, attraversate<br />
da un tram solitario, o da un camion che trasporta<br />
materiali <strong>in</strong>dustriali, o da cavalli e calessi, ultimo<br />
residuo dei mezzi di trasporto ottocenteschi; visioni<br />
che rompono del tutto con la fiducia nella velocità e<br />
nella modernizzazione delle teorizzazioni futuriste, e<br />
che appaiono <strong>in</strong>vece ferme, costruite su prospettive<br />
stranianti, forzate, che portano ora i muri prepotentemente<br />
sul primo piano, o descrivono immag<strong>in</strong>arie<br />
visioni dall’alto, quasi schiacciando le strade e le architetture<br />
sulla dimensione della tela. Composizioni<br />
più geometriche che descrittive, fissate <strong>in</strong> una sorta<br />
di dimensione atemporale, che le eternizza <strong>in</strong> tutta la<br />
loro s<strong>in</strong>tesi plastica, mettendo <strong>in</strong> scena tutta la loro<br />
desolazione e allo stesso tempo trattandole con la dignità<br />
di un paesaggio classico, tramite un l<strong>in</strong>guaggio<br />
di grande potenza pittorica ed equ<strong>il</strong>ibrio compositivo.<br />
Non c’è nulla di consolatorio nei paesaggi urbani sironiani,<br />
nessuna speranza nel possib<strong>il</strong>e progresso portato<br />
dalla modernità: la presenza umana è quasi <strong>in</strong>visib<strong>il</strong>e,<br />
accennata solo da un tram che riporta a casa i<br />
lavoratori dalle fabbriche, o da un camion che fende le<br />
grigie strisce d’asfalto, neppure nei dip<strong>in</strong>ti degli anni<br />
Trenta, come <strong>il</strong> nostro Paesaggio urbano, datato 1934<br />
nei cataloghi delle tre grandi mostre dedicate all’artista<br />
<strong>in</strong> cui è stato esposto, M<strong>il</strong>ano, Palazzo Reale, 1973,<br />
Verona, Galleria dello Scudo, 1983, e <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e Sassari,<br />
Padiglione dell’artigianato sardo, 1985. In questi anni<br />
Sironi è forse l’artista italiano più impegnato nell’attività<br />
pubblica, nel pieno dell’avventura della pittura<br />
murale, <strong>in</strong>augurata dalla Triennale m<strong>il</strong>anese del 1933,<br />
ma nelle coeve pitture da cavalletto, come la nostra,<br />
la sua poetica rimane del tutto fedele agli esempi del<br />
decennio precedente, nonostante forse i volumi si facciano<br />
ancora più s<strong>in</strong>tetici, la tavolozza più terrosa e<br />
più ricca di materia pittorica. Tutti gli elementi della<br />
periferia sironiana sono presenti: i grandi caseggiati<br />
<strong>in</strong>tervallati da f<strong>in</strong>estre cieche, la cim<strong>in</strong>iera sulla s<strong>in</strong>istra,<br />
<strong>il</strong> tram che si dirige sotto un grande cavalcavia,<br />
perdendosi sullo sfondo e del<strong>in</strong>eando una potentissima<br />
direttrice prospettica; sono elementi implacab<strong>il</strong>i<br />
di disperazione, solitud<strong>in</strong>e e alienazione, trasfigurati<br />
però dalla mano dell’artista <strong>in</strong> una dimensione altra,<br />
monumentale e anti-retorica <strong>in</strong>sieme, che rende i paesaggi<br />
urbani uno dei cicli pittorici più emblematici<br />
della pittura italiana tra le due guerre.<br />
E l’elemento architettonico si ritrova anche nell’altro<br />
grande dip<strong>in</strong>to di Sironi presente <strong>in</strong> <strong>catalogo</strong>, Composizione,<br />
realizzato dal pittore nell’ultima fase della<br />
sua produzione, agli <strong>in</strong>izi degli anni C<strong>in</strong>quanta. Egli<br />
ha ormai alle spalle tutta l’elaborazione della pittura<br />
murale degli anni Trenta, conclusasi <strong>in</strong>sieme al fallimento<br />
dell’idea del ruolo sociale dell’arte a cui era<br />
<strong>in</strong>dissolub<strong>il</strong>mente legata; tale fallimento è una vera e<br />
propria sconfitta personale per l’artista, che trascorrerà<br />
<strong>il</strong> periodo dell’immediato dopoguerra ritirato dalla<br />
scena pubblica, cont<strong>in</strong>uando però <strong>in</strong>cessantemente a<br />
dip<strong>in</strong>gere. E la concezione del dip<strong>in</strong>to come parete,<br />
considerando la dimensione della tela come ormai<br />
<strong>in</strong>adeguata per ospitare composizioni complesse, sovrapposte,<br />
alla maniera appunto dei cicli della grande<br />
decorazione parietale, si riflettono <strong>in</strong> molte composizioni<br />
della fase ultima della produzione sironiana,<br />
come <strong>in</strong> questo dip<strong>in</strong>to, dove i vari elementi che si affacciano<br />
sulla superficie pittorica sono disposti su tre<br />
registri, come <strong>in</strong> una pittura rupestre. La materia si fa<br />
sempre più spessa, <strong>il</strong> gesto pittorico è libero, sv<strong>in</strong>colato<br />
ormai dalle esigenze della descrittività, e le componenti<br />
iconiche tipiche dell’immag<strong>in</strong>ario poetico sironiano,<br />
come appunto i caseggiati, <strong>il</strong> cavallo, le figure<br />
divengono fantasmi, tracce di un mondo irrimediab<strong>il</strong>mente<br />
perduto, ancora estremamente vivo però nella<br />
mitologia personale del pittore, che non perde mai la<br />
sua vitalità creatrice, sostituendo, come scrive Fabio<br />
Benzi “a quel sogno di un classicismo ormai annullato,<br />
un’antichità primigenia, arcaica, comune alle orig<strong>in</strong>i<br />
archetipiche della cultura umana: idoli, cavalieri,<br />
pesci graffiti come apotropaiche figure preistoriche,<br />
montagne scarne e assolute che portano l’uomo a meditare<br />
sulla sua dimensione esistenziale” (F. Benzi, <strong>in</strong><br />
Mario Sironi 1885-1961, Electa, 1993, p. 328).<br />
Mario Sironi, Composizione con cavallo nero, 1949