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“Più <strong>in</strong> là della prospettiva… la scoperta del cosmo è una dimensione nuova, è l’<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito, allora buco questa tela,<br />

che era alla base di tutte le arti e ho creato una dimensione <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ita… l’idea è proprio quella lì, è una dimensione<br />

nuova corrispondente al cosmo… Il buco era, appunto, creare questo vuoto dietro di lì… La scoperta di E<strong>in</strong>ste<strong>in</strong><br />

del cosmo è la dimensione all’<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito, senza f<strong>in</strong>e. E, allora ecco che: primo, secondo e terzo piano… per andar più<br />

<strong>in</strong> là cosa devo fare? … io buco, passa l’<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito di lì, passa la luce, non c’è bisogno di dip<strong>in</strong>gere”.<br />

Così Lucio Fontana descriverà – come riportato da<br />

Carla Lonzi <strong>in</strong> Autoritratto, uscito nel 1969, l’anno<br />

successivo alla scomparsa dell’artista – <strong>il</strong> processo<br />

creativo alla base della sua rivoluzionaria svolta l<strong>in</strong>guistica,<br />

che marchierà <strong>in</strong> modo <strong>in</strong>deleb<strong>il</strong>e lo sv<strong>il</strong>uppo<br />

dell’arte italiana del secondo dopoguerra.<br />

Questa sfida a varcare i limiti del supporto della tela<br />

bucandola e attraversandola, e aprendola così alla luce<br />

e allo spazio che la circonda, è stata maturata nel corso<br />

di una lunga e complessa carriera, che percorre quasi<br />

tutto <strong>il</strong> camm<strong>in</strong>o dell’arte italiana del Novecento,<br />

partendo dalla figurazione plastica degli esordi negli<br />

anni Venti, sv<strong>il</strong>uppata poi nell’esperienza astratta del<br />

gruppo del M<strong>il</strong>ione e nelle esperienze della scultura <strong>in</strong><br />

ceramica e a mosaico degli anni Trenta, per approdare<br />

poi, nell’immediato dopoguerra, alle prime meditazioni<br />

sullo Spazialismo e all’elaborazione dei primi,<br />

fondamentali, Ambienti spaziali: l’Ambiente spaziale a<br />

luce nera, realizzato nel febbraio 1949 alla Galleria del<br />

Lucio Fontana, Concetto spaziale, Nature<br />

Naviglio di M<strong>il</strong>ano, e la celeberrima struttura al neon<br />

per <strong>il</strong> soffitto dello scalone d’onore alla IX Triennale<br />

di M<strong>il</strong>ano, 1951, veri e propri antecedenti di molte<br />

ricerche ambientali e lum<strong>in</strong>ose successive, soprattutto<br />

statunitensi, e tentativi di mettere <strong>in</strong> opera i pr<strong>in</strong>cipi<br />

teorici che contemporaneamente Fontana e <strong>il</strong> gruppo<br />

degli spazialisti andavano elaborando nei manifesti<br />

programmatici come <strong>il</strong> Manifesto blanco, 1946, e <strong>il</strong><br />

Manifesto tecnico, 1951.<br />

Un percorso complesso, dunque, quello di Fontana,<br />

teorico e poetico <strong>in</strong>sieme, e che riflette le nuove esigenze<br />

che le esperienze artistiche più aggiornate si<br />

trovano ad affrontare nel secondo dopoguerra, secondo<br />

una nuova sp<strong>in</strong>ta ad abbandonare la figurazione<br />

del ritorno all’ord<strong>in</strong>e e sv<strong>in</strong>colarsi di nuovo,<br />

come era stato per le avanguardie storiche di <strong>in</strong>izio<br />

Novecento, dai limiti della descrizione per riflettere<br />

<strong>in</strong>vece sui significanti del l<strong>in</strong>guaggio pittorico, plastico<br />

e ambientale.<br />

Nel Manifesto tecnico del 1951, pubblicato proprio<br />

<strong>in</strong> occasione della Triennale m<strong>il</strong>anese, si legge: “È necessario<br />

qu<strong>in</strong>di un cambiamento nell’essenza e nella<br />

forma. È necessaria la superazione della pittura, della<br />

scultura, della poesia. Si esige ora un’arte basata sulla<br />

necessità di questa nuova visione. […] Passati vari<br />

m<strong>il</strong>lenni dal suo sv<strong>il</strong>uppo artistico analitico, arriva <strong>il</strong><br />

momento della s<strong>in</strong>tesi. Prima la separazione fu necessaria,<br />

oggi costituisce una dis<strong>in</strong>tegrazione dell’unità<br />

concepita. Concepiamo la s<strong>in</strong>tesi come una somma di<br />

elementi fisici: colore, suono, movimento, spazio, <strong>in</strong>tegranti<br />

un’unità ideale e materiale. Colore, l’elemento<br />

dello spazio, suono, l’elemento del tempo ed <strong>il</strong> movimento<br />

che si sv<strong>il</strong>uppa nel tempo e nello spazio. Son le<br />

forme fondamentali dell’arte nuova che contiene le<br />

quattro dimensioni dell’esistenza”.<br />

Ed è all’<strong>in</strong>terno di questa riflessione sulla necessità di<br />

trovare un l<strong>in</strong>guaggio che racchiuda <strong>in</strong> sé la s<strong>in</strong>tesi di<br />

queste “quattro dimensioni dell’esistenza” che Fontana<br />

com<strong>in</strong>cia, nelle sue opere da cavalletto, a realizzare<br />

i primi buchi, tra 1949 e 1953, esposti <strong>in</strong> una personale<br />

alla Galleria del Naviglio di M<strong>il</strong>ano. Prima realizzati

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