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nella scheda per la monografia del 1960, cit.: «È uno<br />

dei documenti della breve ripresa futurista di Rosai,<br />

che si può collocare negli anni 1918-1919 (ma nel<br />

1919 si hanno già la serie delle “nature morte” e, con<br />

certezza quasi assoluta, i primi “paesaggi”). Di tutti gli<br />

altri dip<strong>in</strong>ti che riflettono i modi e <strong>il</strong> l<strong>in</strong>guaggio che verifichiamo<br />

<strong>in</strong> questo Scrittore a macch<strong>in</strong>a si sono però<br />

perse le tracce […], e resta qu<strong>in</strong>di questa attualmente<br />

l’unica testimonianza della fase <strong>in</strong>dicata.»<br />

Dove avrà preso spunto Rosai per questo quadro?<br />

L’autore ci dà qualche suggerimento: la figura è vestita<br />

con un colore verde-grigio; al colletto una sorta<br />

di mostr<strong>in</strong>a nera e arancione: pensiamo a un Soldato<br />

datt<strong>il</strong>ografo – così viene titolato negli Archivi del futurismo<br />

1962, cit. – che scrive a macch<strong>in</strong>a nell’Ufficio<br />

Maggiorità, magari un ciclost<strong>il</strong>e per l’esercito.<br />

Rosai era ancora <strong>in</strong> servizio nel periodo al quale è stata<br />

attribuita questa tela; anzi nel dicembre 1918, appena<br />

dopo la vittoria, risultava «Ricoverato nell’ospedale<br />

da Campo 119 per malattia» e nel gennaio 1919 «Traslocato<br />

ospedale di tappa di Ferrara». Imperversava<br />

allora la tremenda febbre Spagnola.<br />

Anche nel 1916, a Venas di Cadore, <strong>in</strong> attesa di andare<br />

<strong>in</strong> tr<strong>in</strong>cea, si era dedicato alla pittura per soddisfare<br />

i desideri di un colonnello e per non perdere <strong>il</strong> f<strong>il</strong>o<br />

dei suoi <strong>in</strong>teressi. Ora, a guerra v<strong>in</strong>ta, riemerge dalla<br />

bufera con <strong>in</strong>tenzioni di ripresa non solo materiale:<br />

deve riprist<strong>in</strong>are anche le sue motivazioni di fondo,<br />

un approccio nuovo con le cose, gli uom<strong>in</strong>i, gli ideali.<br />

In un testo «Ciuffi sugli occhi», stampato sul Numero<br />

negro del Centone, rivista mens<strong>il</strong>e di Firenze (anno I,<br />

n. 3-4, apr<strong>il</strong>e-maggio 1919), scrive: «Adesso è f<strong>in</strong>ita<br />

la guerra al conf<strong>in</strong>e, ma non ci fermiamo: uniti, serrati,<br />

una nuova ne <strong>in</strong>izieremo, più feroce, più forte, più<br />

Ottone Rosai, Follie estive (1918-19)<br />

bella; <strong>il</strong> nemico di fuori scappò f<strong>in</strong>almente, <strong>il</strong> nemico<br />

di dentro rosicchiava e cercava <strong>in</strong>gannarci, ma noi,<br />

gli stessi Arditi, sapremo mantenere <strong>il</strong> nome davanti<br />

anche a lui, ed a denti serrati, ventate di fuoco, travolgeremo<br />

per sempre questa <strong>in</strong>degna vigliaccheria<br />

italiana!»<br />

Il punto a capo comporta d’ist<strong>in</strong>to <strong>il</strong> riep<strong>il</strong>ogo della<br />

stagione ultima: futurcubismo, secondo gli esempi del<br />

maestro Soffici che lo aveva orientato… E sono sofficiane<br />

le toccature di pennello «alla Cézanne» martellate<br />

come sul metallo tenero, la sobrietà dei colori<br />

istruiti magari sugli antichi riferimenti (Paolo Uccello)<br />

e <strong>il</strong> buon governo della forma che pongono Rosai<br />

nell’alveo di quella toscanità ove si tiene al gusto di<br />

una pag<strong>in</strong>a ritmicamente composta, cioè mai abbandonata<br />

– per riportarci alle dist<strong>in</strong>zioni dell’epoca –<br />

alla d<strong>in</strong>amica squ<strong>il</strong>lante, stridente e provocatoria del<br />

mar<strong>in</strong>ettismo.<br />

Il posto di Rosai, e lo confermerà <strong>il</strong> percorso a seguire,<br />

è nell’osservatorio della realtà, anche <strong>in</strong> questo caso<br />

– come lo fu per Bar San Marco, 1914, e come nell’altro<br />

quadro coevo di Scrittore a macch<strong>in</strong>a, Follie estive,<br />

unico dip<strong>in</strong>to da potersi mettere significativamente <strong>in</strong><br />

parallelo.<br />

C’è modo qui di conoscere, di entrare nelle fibre costitutive<br />

della poetica, non solo un momento raro del<br />

Rosai d’avanguardia, ma una delle radici del suo l<strong>in</strong>guaggio<br />

che può essere considerato da un taglio diverso<br />

dall’usuale.<br />

Esiste, sebbene con poche testimonianze iconografiche,<br />

un futurismo alla Rosai, che si coniuga con Rosai<br />

scrittore – <strong>in</strong> questo caso <strong>il</strong> titolo è allusione non poi<br />

nascosta – futurista <strong>in</strong> quanto non rispetta alcun canone<br />

della cultura borghese, chiaramente debitore a<br />

Soffici, ma ha di suo un portato becero-popolaresco<br />

e primitivo-<strong>in</strong>fant<strong>il</strong>e che resta <strong>il</strong> getto autentico della<br />

sua creatività, cioè costituisce l’apporto rosaiano al<br />

cubofuturismo nazionale – Soffici e Carrà, sappiamo,<br />

ne sono i campioni – che nella sua versione, nelle forme<br />

semplificate, diviene, se vogliamo str<strong>in</strong>gere <strong>in</strong> formula,<br />

futur-primitivismo.<br />

L’impasto di tale complesso espressivo è tutt’altro che<br />

povero: alcuni <strong>in</strong>gredienti sembrano provenire dal<br />

novellismo sapido di Neri Tanfucio (Renato Fuc<strong>in</strong>i)<br />

e dalle poesie sboccacciate del Vamba (Luigi Bertelli),<br />

altri dai disegni scarabocchiati dei bimbi nei chiassi<br />

fiorent<strong>in</strong>i; non mancano comunque riferimenti a quel<br />

Rousseau <strong>il</strong> Doganiere che era f<strong>il</strong>trato <strong>in</strong> Italia attraverso<br />

Soffici.<br />

Tutto ciò tenuto <strong>in</strong>sieme, sarebbe altrimenti stata una<br />

torbida melassa, dal talento del giovane, dalla <strong>in</strong>nata<br />

capacità sua di dosare e amm<strong>in</strong>istrare forme e colori,

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