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Caritate

n. 4 - ottobre/dicembre 2010 - Suore Francescane Elisabettine

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parola chiavedel fare le cose per essere visti sia daglialtri che da se stessi; il digiuno servecome sostegno alla preghiera, all’agireinteriore pulito e retto, contrassegnatodalla gioia del cuore che va incontro alproprio Dio e di conseguenza è liberodi incontrare i suoi fratelli).L’elemento che però suggeriscemeglio la corrispondenza dell’azioneesteriore con la conversione interioredel cuore è la gioia, che io interpretereicome quel senso di levità, di leggerezza,di non seriosità con cui si compionole buone opere lontani da quel dannatosenso di importanza che ci diamo oda quell’ottuso bisogno di affermazionepresso gli altri che ci divora. Èsignificativo che la chiesa, all’inizio delcammino quaresimale, ricordi proprioquesta condizione di levità con cuioccorre compiere tutte le opere di penitenza.È il modo più autentico per farrimarcare come le opere di penitenzanon riguardino che la conversione delcuore e la conversione del cuore nonconsista in altro che in una capacità difare incontro con Dio, con il prossimo,con noi stessi. La ricompensa promessanon ha nulla a che fare con la pagadovuta al lavoro fatto; riguarda solola rivelazione e la pienezza che gustail cuore quando viene incontrato daQualcuno di cui porta il desiderio,quando si apre alla vita di una relazioneche trasforma totalmente il suo mododi vedere e di sentire.Umiltà via al regnoCon l’umiltà, che fa in modo chenessuno debba mai chinare la testadavanti a noi, ritroviamo la nostradignità la quale si risolve nel daredignità a tutti. Si ricostituiscono glispazi per vivere rapporti di comunionecon i fratelli. È l’umiltà ben definitada Marco Asceta: «Pensare umilmentenon consiste nel condannare la propriacoscienza, ma nel discernere la graziadi Dio ed i sentimenti correlati» 2 . Èl’umiltà che fa dire a Isacco Siro: «Sepratichi una bella virtù e non sentiil gusto del suo soccorso, non meravigliarti.Finché l’uomo non diventaumile, non prende la paga della sua8 ottobre/dicembre 2010opera. La ricompensa non è data all’opera,ma all’umiltà. Chi fa torti allaseconda, perde la prima» 3 .Di questa umiltà parla Pietro nellasua lettera svelandone il segreto digrazia: «Rivestitevi tutti di umiltà gliuni verso gli altri, perché Dio resisteai superbi, ma dà grazia agli umili.Umiliatevi dunque sotto la potentemano di Dio, perché vi esalti al tempoopportuno, gettando in lui ogni vostrapreoccupazione, perché egli ha cura divoi» (1Pt 5, 5-7).Se osserviamo il modo di agire diGesù nei vangeli, con quel suo fare decisoe sovranamente libero, è proprioall’umiltà, compresa nel suo mistero,che va riferito quel tratto che lo caratterizzacome persona e che egli esigedai suoi apostoli. La sua decisione nonva letta tanto nel segno della radicalitàdella sequela di Dio contro i sentimentinaturali dell’uomo, quanto nelcontenuto di questa radicalità: essereabitati da mitezza ed umiltà di modoche la misericordia di salvezza del Signoresi compia senza esserne deviatio distolti da nessuna cosa o persona,da nessun evento lieto o triste, da nessunaafflizione per quanto pesante. Ilriferimento al regno è assoluto; la viaper il regno è unica, la stessa che hapercorso Gesù, quella che s. Chiaradi Assisi commenta con rara finezza:«Disse egli, infatti: “Le volpi hanno leloro tane, gli uccelli del cielo i nidi, mail Figlio dell’uomo, cioè Cristo, nonha dove posare il capo” (Mt 8,20); equando lo reclinò sul suo petto, fu perrendere l’ultimo respiro (Gv 19,30)» 4 .Come a dire: quando ha lasciatoriposare il suo capo, lo fece per sempree rese il suo spirito, cioè rese il suospirito a noi perché di lui e come lui potessimovivere, senza voler avere altroposto ove riposare. Si tratta di quellostesso spirito che s. Paolo, scrivendoai Galati, chiama spirito di libertà econtro il quale nulla possono i desideridella carne che pur ci fanno guerra. È lalibertà di vivere in mitezza ed umiltà,segno della presenza dello Spirito delSignore che introduce al suo regno. Èil compimento dell’invocazione che recitiamonel Padre Nostro: venga il tuoregno, venga il tuo Spirito 5 e ci purifichifacendoci vivere in mitezza ed umiltàper realizzare fino in fondo la rivelazionedell’amore di Dio agli uomini, unicoscopo di ogni annuncio apostolico.La gioia del regnoLa gioia del regno è coinvolgente eradicale, arriva alle radici del cuore ene alimenta la vita. Capace di far dire:l’afflizione del tuo cuore è affare trate e Dio, mentre i tuoi fratelli hannodiritto alla tua gioia 6 ; non tenere ituoi beni come costituissero la tuagioia, perché quando te li toccassero,sparirebbe la tua gioia; non rivendicarediritti perché quando non te liriconoscessero resteresti schiacciato.Perché noi ci lamentiamo tanto nellavita? La lamentela è il sintomo dellaprecarietà della libertà conquistata, lospazio di morte nel quale indugiamo,un impedire al nostro cuore di viverenell’amore esattamente là dove si trova,né più in qua né più in là, né più suné più giù!La perdita di senso e di interioritànella società odierna lascia gli individuitroppo distanti tra loro e nell’impossibilitàdi superare la distanza.Troppo preoccupati dei propri diritti,non ci si accorge dello scadimento dilivello nel difenderli perché, invece dilottare in nome dell’essere, finiamo perlottare solo per l’avere, nell’illusioneche il possesso ci porti all’essere. Seper il possesso, agire con la forza dellarivendicazione porta a qualche risultato,al livello dell’essere, rivendicare,esigere e difendere porta al fallimento.In effetti, insieme all’affermazione dise stessi sta l’incapacità del dono di sé,l’incapacità di un rapporto in gratuitàe gratitudine, vera porta d’ingresso al

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