Scarica il pdf - Fnp Cisl
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Abruzzo<br />
Abruzzo<br />
L’economia abruzzese dagli<br />
anni ’50 al nuovo secolo<br />
Spesso, troppo spesso i pensionati e gli<br />
anziani in generale vengono dipinti come<br />
i principali responsab<strong>il</strong>i del dissesto<br />
economico dello Stato Italiano; come<br />
quelli che brucano l’erba e devastano <strong>il</strong><br />
prato destinato ad alimentare le nuove generazioni;<br />
in sintonia con questi concetti i<br />
Governi che si sono succeduti, negli ultimi<br />
10 anni, alla guida del nostro Paese hanno<br />
tutti sfrontatamente disatteso le speranze,<br />
le richieste, le rivendicazioni dei pensionati<br />
che vedevano ogni giorno assottigliarsi<br />
la capacità di acquisto dei loro modesti assegni<br />
pensionistici! Solo limitate persone<br />
si fermano a considerare <strong>il</strong> contributo dato<br />
dalla passata generazione alla rinascita<br />
morale e materiale del Paese uscito distrutto<br />
da una guerra disgraziata. Il grandissimo<br />
tributo in termini di rinunce, di<br />
sudore, di sacrifici di vite umane donato<br />
all’Italia dagli attuali nonni per portarla al<br />
rango assunto all’inizio del secolo ventunesimo.<br />
Vogliamo qui cercare di documentare,<br />
con i dati forniti dagli Istituti<br />
specializzati (Istat, Prometea, Cresa) l’evoluzione<br />
dell’economia abruzzese dalla<br />
fine della II guerra mondiale all’anno<br />
2007. Terrib<strong>il</strong>i anni quelli del primo dopoguerra<br />
in Abruzzo, una regione in gran<br />
parte devastata dalla lunga permanenza<br />
della linea del fronte sul territorio regionale,<br />
circostanza che aveva profondamente<br />
inciso su una struttura produttiva ancora<br />
arretrata, con forti perdite sia nel settore<br />
agricolo sia in quello industriale. L’economia,<br />
ridotta al lumicino e con notevole ritardo<br />
di sv<strong>il</strong>uppo rispetto al Paese, era assolutamente<br />
incapace di soddisfare anche i<br />
bisogni primari della popolazione e quindi<br />
bisognava di interventi massicci i aiuti<br />
dall’estero; gran parte dei giovani furono<br />
costretti ad emigrare, nelle regioni del<br />
Nord Italia, nei paesi del centro Europa e<br />
del sud America ed in tal modo contribuirono,<br />
doppiamente, alla rinascita regionale:<br />
arricchendo <strong>il</strong> loro patrimonio culturale<br />
e professionale, che poi avrebbero messo a<br />
disposizione della loro terra, e fornendo risorse<br />
finanziarie alle loro famiglie, risorse<br />
che costituivano linfa vitale per l’asfittica<br />
economia locale. Pensiamo al ruolo che<br />
ebbero i nostri minatori in Belgio che permisero<br />
a tutta l’Italia, grazie al loro duro<br />
lavoro ed al corrispettivo in carbone che<br />
ne scaturì, di far fronte agli immensi bisogni<br />
energetici del paese! Ecco qual’era, a<br />
grandi linee, <strong>il</strong> quadro economico dell’Abruzzo<br />
nel primo dopoguerra: <strong>il</strong> settore<br />
agricolo, a bassa produttività per le caratteristiche<br />
fisiche del territorio in gran parte<br />
montuoso, aveva una incidenza preponderante<br />
nell’economia della regione con un<br />
peso sull’occupazione complessiva pari al<br />
60% circa. Il settore industriale, già modesto<br />
in precedenza, esce completamente distrutto<br />
dall’evento bellico e inizia la ripresa<br />
nei primi anni ‘50 in seguito alla riforma<br />
agraria ed alle prime opere di ricostruzione;<br />
l’indice di industrializzazione è comunque<br />
meno del 50 % rispetto a quello<br />
nazionale, 4,4 % rispetto al 9,3 % del Paese.<br />
È però in questo periodo che inizia la<br />
rinascita dell’Abruzzo, la spinta che lo<br />
porterà, dal penultimo posto della graduatoria<br />
fra le regioni italiane per P<strong>il</strong>, per reddito<br />
pro capite e per numero di disoccupati,<br />
ad essere di gran lunga la prima fra le<br />
regioni del Mezzogiorno ed a competere<br />
degnamente con quelle del centro Italia<br />
grazie ad una rapida crescita del reddito<br />
prodotto. E se agli inizi degli anni ’70 c’è<br />
un rallentamento, peraltro generale dell’economia<br />
italiana in conseguenza dello<br />
shock petrolifero, l’Abruzzo continua a<br />
crescere mediamente del 2,6% annuo dalla<br />
metà degli anni ’70 fino al 1995 contro un<br />
corrispondente valore del 2,2% a livello<br />
nazionale. In generale la dinamica del P<strong>il</strong><br />
abruzzese è stata capace di ridurre <strong>il</strong> divario<br />
esistente con le aree più sv<strong>il</strong>uppate: se<br />
nei primi anni ’60 <strong>il</strong> reddito pro capite degli<br />
abruzzesi era pari al 55% di quelli del<br />
centro-nord, dopo vent’anni aveva superato<br />
<strong>il</strong> 75%, grazie soprattutto agli elevati<br />
tassi di crescita del P<strong>il</strong> regionale, congiuntamente<br />
ai flussi di emigrazione che fino<br />
agli anni ’60 avevano interessato la nostra<br />
regione.<br />
Quali sono state le leve che hanno permesso<br />
all’economia abruzzese di risollevarsi<br />
dallo stato comatoso raggiunto nel primo<br />
dopoguerra? Cerchiamo di individuarne<br />
alcune, convalidate anche dagli studiosi<br />
dell’argomento: fra le principali innanzitutto<br />
la orgogliosa e forte volontà di riscossa<br />
dalla gente comune, volontà che si<br />
traduceva in corrispondente attaccamento<br />
al lavoro, qualunque esso fosse; lo spirito<br />
del fare era sopportato da una classe politica<br />
e piccolo industriale abbastanza <strong>il</strong>luminata,<br />
che riusciva a guardare alto e<br />
avanti, con modestia ma con forte determinazione.<br />
Una felice alleanza fra classe<br />
politica, industriale e lavoratrice che, con<br />
lodevole sinergia e con <strong>il</strong> supporto di efficienti<br />
ed intelligenti referenti politici presso<br />
le istituzioni Nazionali, ha saputo gettare<br />
le basi e creare le condizioni logistiche<br />
ed ambientali per rendere appetib<strong>il</strong>i le nostre<br />
zone ai grandi investimenti. I presupposti<br />
programmatici ed organizzativi che<br />
permisero <strong>il</strong> r<strong>il</strong>ancio dell’economia regionale<br />
si basarono su alcune linee guida:<br />
1) Sv<strong>il</strong>uppo delle infrastrutture a cominciare<br />
dalla rete viaria ed autostradale<br />
che permettesse <strong>il</strong> rapido ed agevole<br />
collegamento con i mercati del Nord e<br />
con quello della Capitale; un buon impulso<br />
fu dato anche allo sv<strong>il</strong>uppo dei<br />
collegamenti aeroportuali.<br />
2) Creazione dei Distretti Industriali corredate<br />
di aree di sv<strong>il</strong>uppo e consorzi di<br />
imprese, specialmente piccolo industriali,<br />
che potevano sfruttare la disponib<strong>il</strong>ità<br />
di terreni a costi contenuti e dotati<br />
di reti di servizi e, soprattutto, la<br />
possib<strong>il</strong>ità di accedere agli incentivi<br />
che la legislazione nazionale e Cee<br />
metteva a disposizione degli investitori<br />
in quelle aree.<br />
3) Programmazione intelligente nella dislocazione<br />
delle iniziative e degli investimenti:<br />
ciascun distretto si orienta in<br />
base alle vocazioni locali; ne deriva<br />
una struttura industriale variegata, con<br />
forte presenza manifatturiera nel Teramano,<br />
con insediamenti importanti nel<br />
settore metalmeccanico nel Chietino,<br />
con notevoli poli elettronici nell’Aqu<strong>il</strong>ano<br />
e con insediamenti misti di industrie<br />
manifatturiere, metal meccaniche<br />
e chimiche nel Pescarese.<br />
4) Oculato ed intenso ut<strong>il</strong>izzo dei fondi<br />
pubblici per l’industria tanto da passare<br />
dall’8% dei fondi dell’intero Sud nei<br />
primi anni ’70, ad oltre <strong>il</strong> 30% nel periodo<br />
1988/1999.<br />
In definitiva l’industria ha continuato, nel<br />
corso degli anni in esame, ad accrescere <strong>il</strong><br />
suo ruolo nella struttura produttiva abruzzese<br />
arrivando a rappresentare negli anni<br />
’90 quasi <strong>il</strong> 25% del valore aggiunto complessivo<br />
(contro <strong>il</strong> 23,8% di quello medio<br />
nazionale). Nello stesso periodo l’incidenza<br />
dell’agricoltura scendeva dal 12% circa<br />
al 4,2% mentre l’incidenza del terziario<br />
aumenta leggermente passando dal 64 al<br />
66%. Indubbiamente l’uscita della Regione<br />
dalle provvidenze Cee connesse all’obiettivo<br />
1, uscita prevista nel 1990 e prorogata<br />
in forma ridotta fino al 1996, ha<br />
rallentato la crescita economica, tuttavia la<br />
struttura solida ha retto, tanto che <strong>il</strong> divario<br />
con <strong>il</strong> resto dell’Europa è passato fra<br />
gli anni 1988/1996 da un reddito pari<br />
all’87% della media Ue a inizio periodo al<br />
90% del 1996. Naturalmente, in conseguenza<br />
dello sv<strong>il</strong>uppo economico, nonostante<br />
la perdurante espulsione della manodopera<br />
dall’agricoltura ed <strong>il</strong> forte inserimento<br />
nel mercato del lavoro della componente<br />
femmin<strong>il</strong>e, è cresciuta l’occupazione<br />
che si attesta alla fine degli anni ’90,<br />
quasi al livello di quello medio nazionale<br />
(43,1% contro <strong>il</strong> 44,4%).<br />
Vi sono certamente altri fattori, oltre a<br />
quelli descritti, che hanno contribuito a<br />
far crescere l’economia dell’Abruzzo (<strong>il</strong><br />
buon livello di scolarizzazione, la bassa<br />
incidenza della criminalità organizzata,<br />
una posizione geografica baricentrica nel<br />
territorio nazionale etc.) ma la disanima<br />
comporterebbe una indagine ben più completa<br />
ed approfondita che non rientra in<br />
questa nota.<br />
Volevamo soltanto dire ai nostri figli e nipoti:<br />
ecco, vi abbiamo consegnato una Regione<br />
fiorente, conservatela degnamente e,<br />
possib<strong>il</strong>mente, miglioratela!<br />
Purtroppo l’economia della nostra regione<br />
ha subito, con l’inizio del nuovo secolo,<br />
un netto rallentamento della sua crescita,<br />
peraltro registrata anche a livello nazionale<br />
seppure in misura inferiore. Se nel mezzo<br />
secolo precedente l’ascesa era stata costante,<br />
nei primi anni 2000 è iniziata la discesa,<br />
con qualche accenno di ripresa fra <strong>il</strong><br />
2005 e <strong>il</strong> 2006, fino a sfociare nell’attuale<br />
recessione che, come noto, affonda le radici<br />
ben al di là e al di sopra dell’Abruzzo. È<br />
IV<br />
<strong>Fnp</strong> Chieti,<br />
XVI congresso territoriale<br />
nche per gli anziani una vita di-<br />
“Agnitosa” questo lo slogan che la<br />
<strong>Fnp</strong>-<strong>Cisl</strong> Pensionati di Chieti ha scelto<br />
per celebrare <strong>il</strong> XVI Congresso territoriale<br />
che ha riconfermato a Segretario<br />
Generale Antonio Macculi.<br />
Il leader sindacale teatino di lungo<br />
corso è eletto con grande entusiasmo,<br />
per <strong>il</strong> lavoro prodotto, così come hanno<br />
sottolineato nei loro interventi <strong>il</strong><br />
Segretario territoriale della Ust Malandra<br />
ed <strong>il</strong> Segretario Nazionale <strong>Fnp</strong><br />
Sandro Loschi.<br />
Cinque sono stati i temi affrontati nella<br />
sua relazione introduttiva da Macculi, <strong>il</strong><br />
quale ha voluto, nel ripercorrere i risultati<br />
ottenuti dal sindacato attivo dei la-<br />
voratori in pensione della <strong>Cisl</strong>, porre soprattutto<br />
l’accento sugli argomenti relativi<br />
alla Sanità, la Previdenza e all’economia:<br />
ma bisogna guardare oltre.<br />
L’età anziana ha concluso Macculi è piena<br />
di incertezze e la <strong>Fnp</strong> lo sa benissimo.<br />
Per questo dobbiamo impegnarci<br />
come sindacato ancora di più affinché i<br />
pensionati possano godere di un dovuto<br />
rispetto da parte delle altre categorie sociali,<br />
della loro salute, della loro sensib<strong>il</strong>ità<br />
negli studi di malattia e disagi.<br />
L’intento della <strong>Cisl</strong> è quello di offrire,<br />
con passione e concretezza, alle persone<br />
della cosiddetta terza età una meritata<br />
spensieratezza al termine di una operosa<br />
vita lavorativa. ✍<br />
diffic<strong>il</strong>e indicare una causa dominante nel<br />
processo involutivo del sistema economico<br />
abruzzese, tante sono state; di natura<br />
endogena: l’incapacità della classe politica<br />
di far fronte alle responsab<strong>il</strong>ità che la<br />
riforma sanitaria le assegnava in termini di<br />
spesa; lo scarso peso che la stessa classe<br />
politica ha avuto ed ha nei confronti del<br />
governo nazionale; la visione miope e<br />
campan<strong>il</strong>istica del sistema creditizio regionale<br />
dimostratosi diviso ed indifeso di<br />
fronte ai colossi bancari nazionali che ne<br />
hanno fatto boccone; forse anche una<br />
mancata reazione delle forze sindacali al<br />
cospetto di una crisi che si presentava<br />
sempre più evidente; la mancata risposta<br />
dell’imprenditoria locale ai disimpegni<br />
che tanti industriali d’assalto venuti dal<br />
Nord consumavano nei nostri riguardi.<br />
Certamente ce ne sono anche altre, specie<br />
di natura esterna: <strong>il</strong> progressivo abbandono<br />
delle attività da parte di aziende, specie<br />
multinazionali, che avevano ut<strong>il</strong>izzato proficuamente<br />
le risorse che una favorevole<br />
condizione congiunturale, una legislazione<br />
premiale ed una disponib<strong>il</strong>ità completa del<br />
sistema socio/economico regionale aveva<br />
messo a loro disposizione, l’affacciarsi nei<br />
mercati internazionali dei paesi dell’est<br />
europeo con offerta di mano d’opera a<br />
prezzi altamente competitivi; la riduzione<br />
dei trasferimenti finanziari dallo Stato<br />
Centrale alla Regione conseguente alle<br />
modifiche legislative.<br />
Al punto in cui siamo possiamo solo dare<br />
consigli: facciamo come quando, finita la<br />
guerra, ci siamo ritrovati poveri ed affamati,<br />
ma col cuore e con la mente gonfi di<br />
volontà di rinascita e di riscossa, e con la<br />
nostra orgogliosa volontà di rinascita e di<br />
riscossa, e con la nostra orgogliosa dignità<br />
ci siamo rimboccati le maniche e tutti insieme<br />
abbiamo ripreso <strong>il</strong> cammino che ci<br />
ha portato fin qui. (Giuliano D’Ottavio)