parte terza - Comune di Pressana
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Storia <strong>di</strong> una comunità e del suo territorio<br />
Il problema del brigantaggio in una cartolina<br />
del 19° Reggimento Fanteria<br />
(Collezione privata)<br />
86<br />
tarda notte, giunti a Michellorie, furono assaliti da cinque sconosciuti.<br />
Uno <strong>di</strong> essi si pose davanti al povero asino che trainava il carretto; un secondo<br />
assalì Pietro Mantovani con un bastone ferendolo ad una mano e<br />
ponendogli davanti alla gola un lungo coltello. Gli altri due, invece, affrontarono<br />
il figlio Antonio or<strong>di</strong>nandogli <strong>di</strong> tirar fuori il denaro infarcendo<br />
l’or<strong>di</strong>ne con bestemmie ed imprecazioni. Passarono quin<strong>di</strong> dalle parole<br />
ai fatti e, mentre il terzo teneva sotto controllo i due malcapitati con<br />
una falce, il quarto provvedeva a frugare con rabbia nelle tasche <strong>di</strong> padre<br />
e figlio. I Mantovani furono derubati <strong>di</strong> tutto: 17 lire che tenevano nelle tasche<br />
più nascoste, quel poco materiale che avevano nel carretto e persino<br />
scarpe e cappello.<br />
Denunciato il fatto, ben presto l’autorità giu<strong>di</strong>ziaria setacciò l’intero territorio<br />
colognese e, <strong>di</strong> lì a breve, la caccia ebbe buon esito. Il processo si<br />
svolse il 15 <strong>di</strong>cembre del 1852 a Meglia<strong>di</strong>no S.Vitale e, alla sbarra, comparvero<br />
quattro dei cinque aggressori. Erano tutti originari <strong>di</strong> Merlara e, dagli<br />
atti, non risultarono certo degli stinchi <strong>di</strong> santo. I loro nomi: Luigi Galvan<br />
<strong>di</strong> 39 anni celibe, villico, aveva già avuto una condanna per un furto politico<br />
mentre risultava imputato in altre tre rapine; Antonio Tavellin, 24 anni,<br />
villico e soldato, venne ritenuto colpevole <strong>di</strong> un furto pericoloso; Natale Bonifacio,<br />
detto Salin, 22 anni campagnolo e considerato <strong>di</strong> cattiva fama anch’egli<br />
colpevole <strong>di</strong> un furto pericoloso ed infine Francesco Stopazzolo detto<br />
Cavarina anch’egli <strong>di</strong> 22 anni <strong>di</strong> cattiva fama e autore <strong>di</strong> un altro furto. La<br />
sentenza fu esemplare. Il Galvan venne condannato a morte e fucilato, il<br />
Tavellin ebbe una condanna a 20 anni <strong>di</strong> lavori forzati, il Bonifacio e lo Stopazzolo<br />
a 20 anni <strong>di</strong> carcere duro (L.PIVA, 1984).<br />
La morte <strong>di</strong> Giacomo Zago detto Brusa Case<br />
Un vero e proprio giallo dell’epoca fu, invece, la morte del giovane <strong>di</strong> <strong>Pressana</strong><br />
Giacomo Zago detto Brusa Case. La notte tra il 2 e il 3 gennaio il suo corpo<br />
venne ripescato nelle acque <strong>di</strong> un canale che scorre tra Caselle e Minerbe.<br />
Una morte inspiegabile per la quale si indagò in tutte le <strong>di</strong>rezioni. Furono<br />
ricostruiti gli ultimi movimenti della vittima e si venne a sapere che il giovane,<br />
appren<strong>di</strong>sta calzolaio nella bottega <strong>di</strong> Pietro Erbesato <strong>di</strong> <strong>Pressana</strong>, era<br />
stato mandato da quest’ultimo il 28 <strong>di</strong>cembre del 1849 a riscuotere delle<br />
somme <strong>di</strong> denaro e ad assumere delle or<strong>di</strong>nazioni presso alcune famiglie <strong>di</strong><br />
Caselle. Dagli appunti <strong>di</strong> investigazione si scoprì che lo Zago già nel primo<br />
pomeriggio <strong>di</strong> quello stesso giorno, fece visita ad alcuni debitori del proprio<br />
padrone quali Domenico Albarello, Giovanni Limon, una certa Vaccari e Domenica<br />
Marroncini <strong>di</strong> Caselle.<br />
Si presentò da questi per esigere i danari spettanti da lavori eseguiti dal<br />
suo principale ma, mentre dall’ultima persona visitata ricevette 2,5 lire, gli<br />
altri fecero solo promesse vaghe o poco gratificanti. Terminato il proprio<br />
compito, prima <strong>di</strong> tornare a casa, Giacomo decise <strong>di</strong> spendere una piccola<br />
<strong>parte</strong> (circa 30 centesimi) in osteria acquistando del vino. Riscaldati l’animo<br />
e il cuore, Zago, verso l’Ave Maria ritornò ubriaco sulla via <strong>di</strong> Caselle ma,<br />
da questo momento in poi, <strong>di</strong> lui si persero le tracce. Qualcuno ipotizzò un<br />
omici<strong>di</strong>o a scopo <strong>di</strong> rapina, le zone erano infestate da ladri e sbandati, mentre<br />
c’è pure chi in<strong>di</strong>cava in qualcuno delle persone visitate dallo Zago il potenziale<br />
omicida. Vennero imputate le persone visitate durante il giorno dal<br />
giovane e che non avevano provveduto al pagamento ma, in breve, l’accusa<br />
nei loro confronti si sgonfiò. Infatti dopo un’accurata indagine, gli investigatori<br />
arrivarono alla conclusione che il povero Zago, ubriaco com’era, durante<br />
il ritorno verso casa, avesse messo un piede in fallo cadendo nel canale<br />
pieno d’acqua trovandovi la morte. L’analisi fu alquanto semplice; infatti il<br />
corpo ripescato dopo qualche giorno non presentava né tracce <strong>di</strong> botte né<br />
<strong>di</strong> ferite. Morte accidentale quin<strong>di</strong>, dovuta solo ad un banale incidente.<br />
Discorso a <strong>parte</strong> merita il caso <strong>di</strong> Luigi Danieli anch’egli pressanese. A<br />
chiedere sia la data <strong>di</strong> nascita che la fe<strong>di</strong>na penale fu l’autorità giu<strong>di</strong>ziaria il<br />
12 gennaio 1850. Costui, dell’età <strong>di</strong> 54 anni, pur essendo nato “nel villaggio”<br />
e cioè a <strong>Pressana</strong>, risultava domiciliato a San Salvaro ed era, probabilmente,<br />
sottoposto al controllo dell’autorità giu<strong>di</strong>ziaria (A.S.VR., 1847 – 1861).<br />
Un nuovo giro <strong>di</strong> vite<br />
Deputazioni e singoli possidenti non si sentivano tranquilli e, con una<br />
certa perio<strong>di</strong>cità, sollevarono continue lagnanze presso le autorità imperiali<br />
per porre rime<strong>di</strong>o ad ogni forma <strong>di</strong> recrudescenza. Fu, quin<strong>di</strong>, deciso un<br />
ulteriore giro <strong>di</strong> vite e anche i giochi vennero in <strong>parte</strong> considerati illegali. E’<br />
del 18 <strong>di</strong>cembre del 1849 un avviso pubblico affisso in tutti i paesi del Colognese<br />
che rendeva nota la messa al bando dei “Giuochi d’azzardo come Pirla,<br />
Faraone, Bassetta, Macao (detto anche nuovo turchetto ed uomo e donna),<br />
Zecchinetta, Rolina, Biribis, (giochi <strong>di</strong> palla), Trenta e Quaranta, Vent’uno,<br />
Quin<strong>di</strong>ci e mezzo, Quin<strong>di</strong>ci, l’Un<strong>di</strong>ci e mezzo, Sette e mezzo, Lanzinetto,<br />
Pari e <strong>di</strong>spari, Gioco dei da<strong>di</strong>, Bestia, Orologio, Toppa e Barlon”. La pe-<br />
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L’età moderna: Ottocento e Novecento