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parte terza - Comune di Pressana

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Storia <strong>di</strong> una comunità e del suo territorio<br />

90<br />

In genere gli attacchi avvenivano nel seguente modo. Dopo aver lasciato<br />

vedette sullo stradone <strong>di</strong> accesso, il grosso della banda prendeva posizione<br />

attorno alla corte. Alcuni componenti si avvicinavano all’e<strong>di</strong>ficio principale<br />

e, improvvisamente, battevano con una lunga pertica (“pargulina” o “perteghina”)<br />

sulle imposte del piano superiore, per svegliarne gli occupanti. Appena<br />

questi si affacciavano, il capo dei ban<strong>di</strong>ti chiedeva, con voce minacciosa,<br />

viveri e sol<strong>di</strong>. C’erano <strong>di</strong> quelli che, terrorizzati, aprivano e consegnavano<br />

quanto veniva loro richiesto.<br />

Se invece le finestre si richiudevano, gli aggressori iniziavano, nell’aia, un<br />

potente schiamazzo e, per incutere ancora più paura, accendevano torce e<br />

bruciavano fascine. Avveniva quin<strong>di</strong> l’assalto vero e proprio, specie nelle corti<br />

grosse dove si sapeva che il fattore aveva incassato sol<strong>di</strong> per la ven<strong>di</strong>ta <strong>di</strong><br />

prodotti o per la riscossione degli affitti. Con una grossa trave, usata come<br />

una testa d’ariete, i malviventi cercavano <strong>di</strong> sfondare la porta d’entrata (da<br />

cui il nome <strong>di</strong> bande “della trave”).<br />

Se la porta reggeva, talvolta desistevano dal loro proposito; se, invece,<br />

cedeva, arrabbiati per la resistenza opposta, irrompevano nell’e<strong>di</strong>ficio concentravano<br />

donne e bambini in un unico luogo e minacciavano gli uomini<br />

se non avessero rivelato il nascon<strong>di</strong>glio dei sol<strong>di</strong>. Alcuni della banda,<br />

frattanto, saccheggiavano e facevano man bassa <strong>di</strong> viveri, vestiti, monili e<br />

oggetti <strong>di</strong> valore.<br />

L’impresa criminosa, talvolta con violenza anche sulle donne, si esauriva<br />

quando non c’era più nulla da racimolare. Le bande colpirono in<strong>di</strong>scriminatamente<br />

canoniche, chiese, case, negozi, riserie, magazzini. Quasi sempre<br />

si limitavano alla sottrazione <strong>di</strong> beni ma, in alcuni casi, ci scapparono persino<br />

il ferito e anche il morto. Ci fu poi chi, durante le rapine, si mostrò più<br />

feroce degli altri: e sembra che proprio da questi fatti abbia avuto origine il<br />

detto “el gh’in fa più de Nineta” che era il capo <strong>di</strong> una <strong>di</strong> queste bande (G.VE-<br />

DOVELLI, 1984).<br />

I nomi <strong>di</strong> battaglia<br />

Alcune delle bande più organizzate, secondo uno stu<strong>di</strong>oso come Luigi<br />

Lugaresi, dall’ottobre 1848 al 1854 attaccarono e saccheggiarono corti in<br />

svariate località del Basso Veronese. I briganti erano conosciuti soprattutto<br />

attraverso i loro soprannomi: il Chioca, Casaleto, Bemech, Terigio, Marzarol,<br />

Bellin, Pitarolo, Ceppa, Macchion, Manina, Verza, Pantoz e Moro,<br />

Cantel, Morsel, Balosson, Gon, Scavezzato, Barugio, Biso, Castald ecc., alcuni<br />

sempre “attivi”, altri presenti solo in qualche colpo. Chi era scoperto<br />

o colto in flagrante e catturato, a volte veniva giustiziato sul posto, altre<br />

volte nel luogo <strong>di</strong> provenienza come monito per gli altri briganti dei <strong>di</strong>ntorni<br />

(G.VEDOVELLI, 1984).<br />

Altri episo<strong>di</strong> criminosi<br />

Tra i molti episo<strong>di</strong> criminosi <strong>di</strong> questi anni, da ricordare anche alcuni<br />

tentativi <strong>di</strong> truffa frutto più della malafede che della necessità <strong>di</strong> sopravvivenza.<br />

Esplicito è il caso <strong>di</strong> Angelo Lanzerotto <strong>di</strong> <strong>Pressana</strong> il quale, gra-<br />

zie ad una pergamena falsificata, somministrava nella propria abitazione<br />

caffè e liquori. Un reato punibile anche se <strong>di</strong>fficilmente <strong>di</strong>mostrabile. Infatti<br />

la madre, tale Domenica Bertolaso vedova <strong>di</strong> Stefano Lanzerotto, vendeva<br />

caffè, liquori ed altri generi <strong>di</strong> “casoleria” in contrada Crosare. Il figlio<br />

quin<strong>di</strong> pensò bene <strong>di</strong> proseguire l’attività e, per certificare pubblicamente<br />

il proprio mestiere, provvide ad esporre, come previsto, il documento<br />

attestante l’autorizzazione a somministrare bevande. Qualcuno però,<br />

volle vederci chiaro avvisando l’autorità pubblica la quale chiese subito<br />

notizie del soggetto in questione all’amministrazione locale. Il comune<br />

<strong>di</strong> <strong>Pressana</strong>, il 24 gennaio 1859, descrisse Angelo come una persona tranquilla,<br />

<strong>di</strong> buon carattere e <strong>di</strong> onorata fama, abile fabbro ed economicamente<br />

autosufficiente grazie alla ren<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> 5 campi. L’illecito era stato purtroppo<br />

denunciato e l’autorità fece il proprio dovere. Il reato, tuttavia, non<br />

poté essere definito truffa perché il documento esposto era privo <strong>di</strong> qualsiasi<br />

firma non potendo così trarre inganno alcuno. L’unico provve<strong>di</strong>mento<br />

fu, quin<strong>di</strong>, <strong>di</strong> imporre al Lanzerotto la desistenza e, con delibera del 1 maggio<br />

1859, gli si or<strong>di</strong>nò <strong>di</strong> evitare <strong>di</strong> somministrare le bevande sopra in<strong>di</strong>cate<br />

(A.S.VR., 1847 – 1861).<br />

Un episo<strong>di</strong>o increscioso si registrò nella notte tra il 13 e il 14 <strong>di</strong>cembre<br />

del 1860. La <strong>di</strong>mora del nobile Widman, situata ai confini tra Minerbe e<br />

Caselle, venne visitata da malfattori muniti d’armi da fuoco i quali, introdottisi<br />

con il favore delle tenebre, portarono via numerosi polli. La scoperta,<br />

fatta il mattino dopo, portò l’agente dello stabile, un certo Giacomo<br />

Gattolini, ad avere dei vaghi sospetti e a far convergere le ricerche su<br />

alcuni muratori che stavano lavorando nello stabile ospitati temporaneamente<br />

in alcune casette ad esso attigue. La gendarmeria provvide ad<br />

arrestare due in<strong>di</strong>vidui che vennero interrogati senza avere purtroppo<br />

nessuna notizia utile.<br />

Frequenti furti<br />

Oltre ai briganti che taglieggiavano le persone sia <strong>di</strong> notte che <strong>di</strong> giorno<br />

lungo le strade, annate scarsamente produttive e forti calamità resero la situazione<br />

ancor più preoccupante.<br />

Nel 1857, viene pubblicata una raccolta <strong>di</strong> tre volumi <strong>di</strong> proverbi veneti.<br />

Caratteristica è una filastrocca molto <strong>di</strong> moda all’epoca che rappresentava<br />

un riassunto politico-alimentare delle vicende degli ultimi 60 anni. Diceva:<br />

“Co Venezia comandava<br />

Se <strong>di</strong>snava e se senava;<br />

Coi Francesi, bona zente,<br />

Se <strong>di</strong>snava solamente”<br />

La prima <strong>parte</strong> della filastrocca finiva lì ma, ad essa, vennero aggiunte altre<br />

due righe dopo l’arrivo degli austriaci per rimarcare il peggiorare <strong>di</strong> una<br />

situazione alimentare al limite del collasso. L’aggiunta <strong>di</strong>ceva:<br />

“Co la casa de Lorena (la casata austriaca)<br />

No se <strong>di</strong>sna e no se sena” (F.BOZZINI, 1976).<br />

Ed in effetti il crescente numero <strong>di</strong> furti, rapine e <strong>di</strong> altri eventi criminosi,<br />

avvalorò le rime della filastrocca. Il 17 settembre del 1860 viene denun-<br />

91<br />

L’età moderna: Ottocento e Novecento

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