parte terza - Comune di Pressana
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Storia <strong>di</strong> una comunità e del suo territorio<br />
Maria Faccio<br />
naccia che se non si fosse ritrovato il ricercato sarebbero stati fucilati 25<br />
ostaggi. Furono quin<strong>di</strong> prelevati dalle loro famiglie a casaccio una quarantina<br />
<strong>di</strong> uomini e condotti in Municipio (circa il doppio rispetto a quelli previsti<br />
in un primo momento). L’arciprete si offrì per la ricerca e partì verso<br />
Montagnana. All’altezza <strong>di</strong> Urbana si mise in contatto con un gruppo <strong>di</strong> partigiani,<br />
i quali non sapevano nulla circa il ricercato e il loro comandante. Lo<br />
stesso parroco rilasciò una <strong>di</strong>chiarazione che fu presentata al comandante<br />
della Brigata Nera nelle prime ore del pomeriggio e precisamente alle 14. Gli<br />
ostaggi non furono rilasciati ma trasferiti con camion a Verona verso le 17 e<br />
imme<strong>di</strong>atamente don Pietro Meneguzzo si interessò, tramite i cappellani<br />
militari, affinchè intercedessero presso il Comando Provinciale (TESTIMO-<br />
NIANZE LOCALI).<br />
La situazione sembrava ormai drammatica e fu solo un fatto collaterale<br />
e del tutto in<strong>di</strong>pendente ad evitare un’altra strage. In concomitanza del sequestro<br />
Pasi, a Colognola ai Colli venivano sequestrati il figlio e l’attendente<br />
del maggiore Ciro Di Carlo, comandante del 40° battaglione delle Brigate<br />
Nere e superiore <strong>di</strong> Bruno Reggiani. Grazie a una complessa opera <strong>di</strong>plomatica<br />
che coinvolse anche i sacerdoti, le due persone vennero liberate e Di<br />
Carlo con un gesto <strong>di</strong> gratitu<strong>di</strong>ne, martedì 15 agosto <strong>di</strong>ede la libertà anche<br />
a tutti gli ostaggi <strong>di</strong> Cologna, <strong>Pressana</strong> e Veronella.<br />
Neppure il tempo per festeggiare il ritorno a casa <strong>di</strong> queste persone e<br />
lo stesso venerdì si sparse la voce del ritrovamento del corpo <strong>di</strong> Gaetano<br />
Pasi. A scoprire il cadavere fu un pastore proprio in località Ronchi. Il<br />
corpo venne imme<strong>di</strong>atamente trasportato nella cella mortuaria <strong>di</strong> Caselle<br />
e analizzato dal dottor Tescari <strong>di</strong> <strong>Pressana</strong>, che lo descrisse straziato<br />
in alcune sue parti. Del caso parlò <strong>di</strong>ffusamente anche il giornale “L’Arena”,<br />
visto che per il suo sequestro erano state minacciate <strong>di</strong> morte quasi<br />
150 persone. I funerali si tennero il 21 agosto e numerosissima fu la<br />
folla presente alle esequie compresa una rappresentanza <strong>di</strong> fascisti e tedeschi.<br />
A <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> anni sembra assodato, dagli stu<strong>di</strong> fatti dal professor<br />
Maccagnan, che ad uccidere il Pasi siano stati, tra le varie persone, un<br />
certo “Pasin” ed un certo “Paoletto” che, dopo il sequestro e la barbara uccisione,<br />
decisero <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssociarsi dai partigiani. Il primo dei due presunti<br />
colpevoli sembra avesse voluto ven<strong>di</strong>care un affronto subito quando il<br />
Pasi era suo superiore durante il servizio militare (AA.VV. VENTO SULLA<br />
PIANURA, 1987).<br />
L’esempio <strong>di</strong> Maria Faccio<br />
Una fetta importante della resistenza del territorio è legata ad una donna,<br />
una tra le tante coraggiose che hanno affiancato i testimoni della resistenza<br />
per combattere l’occupazione tedesca e i soprusi del regime. Fu<br />
la <strong>di</strong>retta protagonista <strong>di</strong> tanti episo<strong>di</strong> e si pro<strong>di</strong>gò per assistere, aiutare e<br />
curare dei giovani sbandati e quelli perseguitati dal regime. Si <strong>di</strong>ce fosse<br />
lei a coor<strong>di</strong>nare <strong>parte</strong> della resistenza contro i soldati tedeschi e le bande<br />
repubblichine. Il suo nome <strong>di</strong> partigiana era Giulia: collaborava con Emilio<br />
Poletto, detto Edoardo, e con Renzo Zorzi, detto Abel, responsabile della<br />
resistenza nel Colognese e lungo l’A<strong>di</strong>ge. Tra le molte azioni a cui par-<br />
tecipò, è da ricordare il salvataggio <strong>di</strong> un soldato francese <strong>di</strong> nome Clau<strong>di</strong>o.<br />
Questi fu ferito durante un’operazione e, rimasto a terra, venne creduto<br />
morto dai tedeschi. Lasciato inerme al suolo, Maria Faccio lo nascose<br />
in una località chiamata “Il deserto” e, dopo averlo curato, provvide<br />
a tenerlo nascosto fino al termine del conflitto, cambiandogli continuamente<br />
rifugio per paura dei rastrellamenti. Aiutò, inoltre, il giovane<br />
inglese Peter Chapman durante le tante azioni <strong>di</strong> sabotaggio e provvide a<br />
nascondere molti giovani partigiani quando, dopo l’uccisione <strong>di</strong> Gaetano<br />
Pasi, i repubblichini organizzarono un esteso rastrellamento dell’intera<br />
zona. Nulla potè, pur essendo presente, come testimone, alla strage del 26<br />
aprile consumata in piazza a <strong>Pressana</strong>.<br />
Peter Chapman<br />
Tra le prime testimonianze <strong>di</strong> resistenza coor<strong>di</strong>nata e costruttiva nel<br />
nostro territorio, è da ricordare certamente quella legata ad un giovane<br />
inglese <strong>di</strong> nome Peter Chapman. Nato a Londra nel 1922, a 17 anni si arruolò<br />
nel reggimento dei fucilieri reali. Inviato in Africa a combattere, cadde,<br />
come molti suoi commilitoni, prigioniero e nel 1943, a seguito della capitolazione<br />
del regime fascista, riuscì ad evadere dal campo <strong>di</strong> prigionia<br />
e si arruolò nella brigata partigiana “Pasubio”. Si fece conoscere per capacità<br />
e preparazione e quando questo corpo partigiano venne sciolto,<br />
Chapman riuscì a trovare rifugio a Bonavigo. Qui organizzò un gruppo <strong>di</strong><br />
partigiani che riuscirono a mettere a segno varie azioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbo. Era conosciuto<br />
come “London” per le sue origini inglesi ed era molto abile con<br />
le armi. Fascisti e tedeschi, accortisi della sua presenza, decisero <strong>di</strong> mettere<br />
una taglia sul suo capo <strong>di</strong> ben 30.000 lire, ma Peter riusciva a fuggire<br />
sempre, protetto da molte persone del paese. La sua attività <strong>di</strong> collegamento<br />
tra i vari gruppi <strong>di</strong> partigiani e l’esperienza maturata nel campo<br />
dell’informazione, aiutò molto le truppe alleate con le quali era spesso in<br />
contatto ra<strong>di</strong>o, per conoscere la <strong>di</strong>slocazione e gli spostamenti dei soldati<br />
tedeschi. Quando ormai sembrava che la guerra volgesse al termine e<br />
la sua presenza era <strong>di</strong>venuta un punto fermo per la resistenza locale dei<br />
giovani, probabilmente allettati dalla ricompensa, lo uccisero il giorno<br />
dell’Epifania del 1945. Alcune persone lo ricordano come una persona <strong>di</strong><br />
gran<strong>di</strong> capacità, ma allo stesso tempo, <strong>di</strong> profonda umiltà e umanità<br />
(AA.VV. VENTO SULLA PIANURA – 1987). A Caselle <strong>di</strong> <strong>Pressana</strong> c’è un piccolo<br />
cippo che lo ricorda: “Il 6 gennaio 1945 qui morendo per la libertà<br />
chiuse la sua leggendaria giornata PETER CHAPMAN soldato inglese-partigiano<br />
italiano”.<br />
La figura del maestro Gironda<br />
La morte inaspettata <strong>di</strong> Chapman provocò un forte scossone all’apparato<br />
organizzativo delle formazioni partigiane. Fu un doppio trauma non<br />
solo per la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> un valido soldato, ma anche perché dopo l’uccisione,<br />
frugandogli tra le tasche, venne scoperto un foglio nel quale veniva riportato<br />
un elenco <strong>di</strong> persone nemiche sia ai repubblichini che alle truppe<br />
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L’età moderna: Ottocento e Novecento<br />
Peter Chapman