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Editoriali NN. 77/78 - Osservatorio Letterario

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migliori della mia generazione, assorbite le sbornie e le<br />

albe in riva al mare, si perdono nei cinema e davanti<br />

agli schermi baluginanti dei computer. Nelle strade e<br />

nei parchi non c'è più nessuno. Le piazze sono deserti<br />

in mano a guardie e ladri. Si esce la sera solo per<br />

incontrare qualcuno di prestabilito. La paura e la<br />

violenza ci sono compagne tutti i giorni, e quando<br />

dobbiamo pescare la carta degli imprevisti già ci<br />

fasciamo la testa in attesa di brutte news. La cattiva<br />

stampa faccia il suo mea culpa, please. L'allarmismo ci<br />

sta portando alla paranoia.… Cinquant'anni fa si<br />

pensava alla vita come a qualcosa di indiscutibilmente<br />

vero, non di realistico o plagiario come viene in mente<br />

dando retta a certa tivù o a determinati autori minori<br />

cosiddetti d'avanguardia. Ci si sbrana in attesa di un<br />

futuro a sorpresa, ma quali sorprese ci allieteranno<br />

quando saremo a brandelli? Le alchimie, le profezie, i<br />

vaticini? Abbiamo bisogno di così tanta sicurezza, o<br />

siamo soltanto in attesa di una Grande Cosa Nuova, di<br />

un nuovo rigore e una nuova disciplina? Dietro l'angolo<br />

c'è una visione più umana o un nuovo fascismo? I sogni<br />

gentili di Martin Heidegger o le peggio allucinazioni di<br />

George Orwell? Nella fuga centrifuga di tutti noi c'è<br />

una certezza sola: il positivismo è finito, la fiducia nelle<br />

sorti progressive è svanita, i lumi della razionalità in<br />

grado di gettare luce e mostrare inequivocabilmente la<br />

via sono spenti per sempre…” Da queste parole e da<br />

tante altre simili a maggio saranno trascorsi tre anni ed<br />

io mi domando: è cambiato in positivo qualcosa da<br />

allora? Ho paura di rispondere… La risposta la<br />

sappiamo tutti… Continuerei ora la riflessione con le<br />

affermazioni contenute nella relazione intitolata «Perso<br />

per sempre?» di Valentin Rasputin, sentite sempre al<br />

succitato convegno ed a tre anni di distanza ancora<br />

attuali: «Il mondo odierno costituisce il crollo di tutte le<br />

speranze che hanno portato conforto all'umanità nel<br />

percorso della sua intera storia, di tutte le speranze che<br />

hanno stimolato le varie forme di attività di questa<br />

umanità, a partire da quella pratica per arrivare agli<br />

ideali etici. Oggi questo crollo delle aspirazioni di tante<br />

generazioni è sempre più evidente sia in terra che in<br />

cielo. È comodo per noi far finta di non sapere se<br />

viviamo già nello spazio della catastrofe o soltanto se ci<br />

stiamo avvicinando ad esso… John Locke diceva un<br />

tempo che è inutile parlare di moralità, quando si tratta<br />

dello stato e della politica. A distanza di tre secoli,<br />

decine e centinaia di predicatori dichiarano che è<br />

ugualmente privo di senso parlare di moralità, quando<br />

si tratta di cultura. La cultura si è presentata sempre in<br />

duplice aspetto , esprimendo il meglio con le forme<br />

migliori, la bellezza morale congiunta alla bellezza<br />

artistica. Nell'attuale situazione, rinunciando all'essenza<br />

spirituale della vita, essa ha perduto anche la possibilità<br />

di esprimersi attraverso la bellezza e l'armonia delle<br />

forme… Oggi la letteratura si muove piuttosto su un<br />

piano orizzontale, con scopi venali, non esiste il<br />

peccato, non esiste la santità, non esiste né il bene né il<br />

male, il mondo è solo un mercato dove regna la legge<br />

della domanda e dell'offerta. Oggi nella società è<br />

considerato etico ciò che piace alla maggioranza, in<br />

base alla valutazione del mercato; la letteratura ha<br />

rinunciato alla sua missione di offrire al lettore il piacere<br />

estetico e spirituale ed è passata a titillare i sensi in una<br />

visione materialistica del piacere. Il patto di neutralità<br />

tra bene e male non poteva durare a lungo; il male<br />

paga meglio e si comporta in modo più stimolante e<br />

meno noioso. Sant'Antonio lo aveva intuito sin dal IV<br />

secolo, quando diceva: "Arriverà un tempo in cui ti<br />

diranno: sei pazzo, poiché non vuoi partecipare della<br />

pazzia universale; ma noi ti ridurremo uguale a tutti gli<br />

altri". Poco prima di morire, il geniale Fellini riconobbe<br />

che il cinema contribuisce alla degradazione dei<br />

costumi, ma aveva paura di protestare per non<br />

sembrare neoprogressista. Sono passati sedici secoli tra<br />

la profezia di Sant'Antonio e la confessione di Fellini,<br />

ma la profezia negli ultimi trenta-quarant'anni si è<br />

compiuta… Il mondo è impazzito e l'uomo inserito nella<br />

quotidianità non sta nemmeno a pensare a quel che gli<br />

succede intorno…» Rileggendo gli appunti di<br />

affermazioni interessanti, che non perdono purtroppo la<br />

loro attualità, fatte sempre in quel congresso da<br />

Stefano Zecchi cerco qui di farne un essenziale<br />

riassunto: il nichilismo moderno non è la conseguenza<br />

della tecnologia e dei suoi linguaggi, ma la causa. In<br />

questo secolo l'arte ha rinunciato all'espressione, a<br />

un'espressività fatta di simboli e di bellezza vivente.<br />

Le grandi avanguardie hanno teorizzato la fine di ogni<br />

eccellenza comunicativa, hanno adeguato i propri<br />

linguaggi a quelli tecnico-scientifici. Era inevitabile che<br />

depotenziandosi il linguaggio espressivo dell'arte -<br />

basato sui principi dell'educazione estetica, che a loro<br />

volta erano fondamento dell'eticità della convivenza<br />

civile -, tutto il sistema comunicativo finisse per perdere<br />

progressivamente la sua antica funzione di costruzione<br />

umanistica dell'uomo. La crisi della comunicazione<br />

artistica ha prodotto la crisi del dialogo del linguaggio<br />

che istituisce differenza e identità, che detiene la<br />

responsabilità della descrizione e dell'interpretazione,<br />

che possiede eticità. La dissoluzione delle forme<br />

espressive dell'arte annulla i fondamenti dell'eticità;<br />

l'oblio o la derisione della bellezza rinnegano ogni<br />

esperienza di verità. Nel sistema di comunicazione di<br />

massa c'è assenza di grandi opere. La tecnologia ed i<br />

suoi linguaggi hanno dato un colpo forse mortale al<br />

fondamento umanistico della nostra cultura. L'efficacia<br />

di questi linguaggi è tanto più forte e diffusa quanto più<br />

essi si emancipano dalla scrittura. I nuovi sistemi<br />

comunicativi, le tecnologie informatiche non trovano più<br />

un punto di resistenza e di confronto nella tradizione<br />

umanistica: ereditano e sviluppano la disgregazione<br />

della cultura di questo secolo, nata dagli<br />

sperimentalismi artistici, letterari, musicali delle<br />

avanguardie. La teorizzazione sempre più convinta e<br />

argomentata dell'antiumanesimo è, infine, trasformata<br />

in un ilare nichilismo che spettacolarizza tutto e<br />

omologa ogni cosa, in grado di assorbire ogni tentativo<br />

di opposizione facendolo proprio. Purtroppo viviamo<br />

immersi nell'esteticità delle rappresentazioni, nelle<br />

apparenze belle e fuggevoli: la nostra esperienza<br />

quotidiana è dominata da questa seduttiva esteticità,<br />

dal kitsch immaginario che inducono al consumo, alla<br />

leggerezza, a una dialogicità superficiale o<br />

inconsistente, che dissolvono ogni elemento di<br />

simbolicità dell'esistenza.<br />

Termino ora questa riflessione condotta attraverso le<br />

parole di alcuni esponenti della letteratura e della<br />

cultura [...].<br />

OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l’Altrove A<strong>NN</strong>O XIV/XV – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. 2010/2011 19

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