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Editoriali NN. 77/78 - Osservatorio Letterario

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nei linguaggi della malavita, dei soldati, dei mestieri, dei<br />

giovani, etc. Non si deve dimenticare che il gergo è<br />

usato spesso in ambienti e circostanze diverse da quelle<br />

originarie. Voci ed espressioni gergali, quando sono<br />

introdotte nella conversazione ordinaria, servono per un<br />

fine stilistico. In varie epoche la lingua letteraria italiana<br />

ha assunto termini ed espressioni dai gerghi per<br />

ricavarne espressività e colore: dal Rinascimento ai<br />

romanzi di Emilio Gadda (1893-1979) i gerghi hanno<br />

circolato nel mondo letterario italiano…<br />

Il grande studioso filologo ungherese Béla Bárczi<br />

(1894-1985) così si era espresso: «La lingua è lo<br />

strumento dei nostri pensieri e sentimenti, dei nostri<br />

rapporti quotidiani, è il componente principale, anzi è<br />

la condizione di ogni sviluppo umano. Senza la lingua<br />

non è immaginabile alcuna società umana neanche ad<br />

un livello più primitivo. La "lingua" è per ognuno la<br />

madrelingua. Si può imparare una lingua straniera, anzi<br />

in casi eccezionali si può anche saperla molto bene,<br />

ma a livello di madrelingua ogni suo elemento è pieno<br />

di mille colori e di contenuti espressivi, ed essa ci<br />

accompagna durante la nostra educazione e durante la<br />

nostra evoluzione, anzi in certo senso determina anche<br />

la nostra mentalità, il nostro modo di pensare… La<br />

profonda conoscenza della lingua, l'autoconsapevolezza<br />

linguistica sono doveri elementari di tutti, ma<br />

particolarmente di color che con intento artistico si<br />

presentano davanti al pubblico lettore…»<br />

Qui accennerei qualcosa a proposito un aspetto<br />

particolare della lingua nazionale d'Italia - della vostra<br />

lingua - nel rapporto tra la lingua italiana ed i dialetti.<br />

Per capire la realtà linguistica italiana d'oggi, bisogna<br />

tener conto della loro esistenza: la comunità linguistica<br />

fondamentale è rappresentata dall'insieme dei dialetti<br />

italiani che sono una parte importante della storia<br />

italiana. Tra gli Italiani c'è sempre stata anche la<br />

tendenza a riunirsi in un unico Stato e a parlare la<br />

stessa lingua. Quando Firenze riuscì ad affermare la sua<br />

civiltà e la sua lingua, quello fu l'inizio per ritrovare<br />

l'unità. Lo sforzo per diffondere l'uso di una lingua<br />

comune e l'aspirazione all'unità politica portarono al<br />

Risorgimento ed alla nascita dello Stato italiano. È<br />

questa l'altra storia della storia d'Italia, per gli Italiani<br />

oggi la più importante. La civiltà di Firenze ha dato<br />

origine alla “lingua italiana”: alla fine del Duecento<br />

Firenze era diventata una delle «grandi potenze»<br />

d'Europa. Questa forza economica e politica favorì lo<br />

sviluppo di una splendida civiltà: Firenze fu presto<br />

popolata di artisti e di scrittori. Nel Trecento tre scrittori<br />

- Dante, Petrarca, Boccaccio - scrissero opere di grande<br />

valore nel volgare fiorentino, loro lingua nativa. Gli<br />

scrittori delle altre regioni, affascinati dai modelli<br />

fiorentini della «Commedia», del «Canzoniere», del<br />

«Decameron», cominciarono fin dal Trecento ad<br />

imparare il fiorentino e a scrivere in questa lingua.<br />

Anche la diffusione della stampa, verso 1470, rafforzò<br />

questa tendenza. E così un po' alla volta il fiorentino fu<br />

considerato non più dialetto, ma la lingua comune degli<br />

Italiani. Naturalmente, gli scrittori di ogni epoca e gli<br />

abitanti di ogni regione hanno aggiunto via via al<br />

fiorentino molti elementi nuovi. Ma la struttura<br />

fondamentale della lingua comune era quella del<br />

fiorentino e tale è rimasta fino ad oggi.<br />

Per molto tempo la lingua italiana fu usata solo per<br />

scrivere. La lingua di tutti era il dialetto. Nel Seicento,<br />

Settecento ed Ottocento scrittori e scienziati di ogni<br />

regione usarono sempre più la lingua unitaria. Ma tale<br />

lingua era conosciuta solo dalle persone colte, che se<br />

ne servivano unicamente per scrivere; queste stesse<br />

persone non sapevano usarla con facilità quando<br />

parlavano! In fondo, la lingua italiana si parlava<br />

soltanto in Toscana, e un po' anche alla corte papale di<br />

Roma. Nel resto d'Italia le persone di ogni classe<br />

sociale, istruite o no, nella conversazione di qualsiasi<br />

genere e anche nelle discussioni in pubblico si<br />

servivano del dialetto locale. Insomma era ancora il<br />

dialetto la lingua viva e spontanea per la gran massa<br />

degli Italiani. Servendosi del solo dialetto, però, gli<br />

abitanti delle varie regioni non riuscivano a stabilire<br />

saldi legami tra loro; e di ciò si preoccuparono scrittori<br />

e studiosi. Mentre in Europa si compivano grandi eventi<br />

storici, si sentiva sempre più nel Paese la necessità che<br />

la lingua unitaria fosse compresa da tutti. Da alcuni<br />

secoli gli scrittori discutevano sulla «questione della<br />

lingua», cioè sulle difficoltà che creava in Italia la<br />

mancanza di una lingua comune, parlata da tutti.<br />

Nell'Ottocento le discussioni si fecero più vive, perché si<br />

constatava che la mancanza di unità linguistica<br />

ostacolava l'unificazione politica. I molti problemi<br />

discussi dagli scrittori dell'Ottocento cominciarono a<br />

risolversi davvero solo quando si formò lo Stato italiano<br />

unificato. L'unificazione politica dell'Italia - compiutasi<br />

tra 1859 e il 1870 - è l'avvenimento fondamentale che<br />

ha modificato le condizioni di vita del Paese e ha spinto<br />

per la prima volta la massa degli Italiani ad usare una<br />

lingua comune. Poi altri avvenimenti hanno avuto un<br />

effetto più rapido come gli spostamenti di popolazione,<br />

i nuovi mezzi di comunicazione di massa, l'istruzione<br />

gratuita ed obbligatoria. La lingua italiana è dunque,<br />

ormai, una lingua viva e largamente diffusa, però le<br />

abitudini della popolazione italiana sono in parte<br />

ancora diverse da un luogo all'altro. L'italiano ed il<br />

dialetto vivono ancora l'uno vicino all'altro. Perciò,<br />

anche chi parla sempre l'italiano, attraverso il suo<br />

ambiente ha preso almeno qualcosa dal dialetto locale.<br />

Ma i dialetti italiani sono tanti e diversi, e perciò<br />

l'italiano parlato è un po' diverso da regione a regione.<br />

Tant'è vero che spesso possiamo indovinare da quale<br />

regione proviene una persona, anche se parla soltanto<br />

in italiano. Questo italiano così “insaporito” di dialetto<br />

si chiama italiano parlato regionale.<br />

Se la lingua italiana non avesse accolto centinaia di<br />

vocaboli anche delle varie regioni, oggi ci<br />

mancherebbero molte parole ed espressioni più tipiche<br />

che usiamo. Queste voci dialettali sono penetrate nella<br />

lingua italiana un po' in tutte le epoche. Si nota che le<br />

parole prestate dai dialetti si riferiscono a moltissimi<br />

settori della vita comune e ciò vuol dire che gli Italiani<br />

nell'ultimo secolo hanno cominciato a conoscersi<br />

davvero. I legami sempre più stretti tra gli Italiani<br />

hanno permesso che si diffondessero rapidamente<br />

espressioni della lingua familiare o dei sopraccitati<br />

gerghi.<br />

La lingua italiana d'oggi, quindi, ha raccolto in sé<br />

tutta la storia del Paese: nella lingua si ritrova la traccia<br />

di tutti gli eventi che si sono succeduti nel tempo… A<br />

parere mio però è un errore opprimere il proprio<br />

OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l’Altrove A<strong>NN</strong>O XIV/XV – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. 2010/2011 21

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