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Editoriali NN. 77/78 - Osservatorio Letterario

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1930-32 fu la ripresa su ampia scala della<br />

decosachizzazione: questa volta, però fu rivendicata da<br />

Stalin, la cui parola d'ordine ufficiale, strombazzata<br />

dalla propaganda di regime, era «sterminare i kulak in<br />

quanto classe». I kulak che resistevano alla<br />

collettivizzazione furono fucilati, gli altri deportati con<br />

donne, vecchi e bambini. Certo, non furono tutti<br />

eliminati direttamente, ma con il lavoro forzato al quale<br />

vennero sottoposti in zone non dissodate della Siberia e<br />

del Grande Nord, lasciò loro poche possibilità di<br />

sopravvivenza Anche in Ungheria, nella mia patria<br />

d'origine furono vari campi di concentramento e campi<br />

di lavoro forzato. Il terrore comunista non si differenzia<br />

a quello nazista. Poi non parliamo del fatto, che i<br />

vincitori del 1945 hanno legittimamente fatto del<br />

crimine, ed in particolare del genocidio degli ebrei È<br />

bene sapere che il potere di Stalin e dei sui emuli<br />

voleva regolare il conto con gli ebrei nell'apparato<br />

comunista internazionale eliminandoli definitivamente.<br />

Questi ebrei comunisti non aderivano alla confessione<br />

ebraica. La loro identità sembrava, invece, legata alla<br />

nazione nella quale si erano integrati oppure alla loro<br />

appartenenza alla comunità comunista internazionale.<br />

Per mancanza di testimonianze e di fonti non si sa<br />

come questa identità fosse stata influenzata<br />

dall'esperienza del genocidio. Si sa, tuttavia, che molti<br />

dei loro parenti erano morti nei campi di sterminio<br />

nazisti. Questi ebrei comunisti, fortemente<br />

rappresentati nell'apparato dell'Internazionale<br />

comunista, continuarono dopo la guerra a occupare<br />

posti chiave in parecchi partiti ed apparati di Stato<br />

d'Europa centrale. Nella sua sintesi sul comunismo<br />

ungherese lo storico Miklós Molnár scrive: «Al vertice<br />

della gerarchia, i dirigenti sono quasi sempre di origine<br />

ebraica, come pure, sebbene in proporzione<br />

leggermente minore, nell'apparato del Comitato<br />

centrale, nella polizia politica, nella stampa,<br />

nell'editoria, nel teatro, nel cinema… La forte ed<br />

indubbia promozione dei quadri operai non può<br />

nascondere il fatto che il potere decisionale appartiene,<br />

in larghissima misura, ai compagni provenienti dalla<br />

piccola borghesia.» Nel gennaio 1953 il capo della<br />

Sicurezza di Stato ungherese ed ex amico di László<br />

Rajk, Péter Gábor, fu arrestato come cospiratore<br />

sionista. Il discorso ufficiale di Rákosi, anch'egli ebreo<br />

comunista, che lo bolla con il nomignolo di «Péter e la<br />

sua banda» (lui e alcuni ufficiali della Sicurezza) ne fa<br />

un capro espiatorio.<br />

La repressione dei regimi comunisti in Europa, è<br />

definibile terrore di massa, si basava sulla violazione e<br />

l'eliminazione delle libertà dei diritti fondamentali, il<br />

che, del resto, costituiva il suo scopo. L'assoluta<br />

chiusura degli archivi nei paesi governati dai regimi<br />

comunisti, il totale controllo della stampa, dei mass<br />

media e di tutte le vie di comunicazione con l'estero, la<br />

propaganda sui «successi» del regime, tutto questo<br />

dispositivo di blocco dell'informazione mirava in primo<br />

luogo a impedire che si facesse chiarezza sui crimini.<br />

Non contenti di nascondere i loro misfatti, i carnefici<br />

hanno combattuto con tutti i mezzi gli uomini che<br />

tentavano di informare l'opinione pubblica. Il terrore di<br />

massa come metodo di repressione non era scomparso<br />

neanche negli anni 70-80! Particolarmente alla fine<br />

degli anni 70 ed all'inizio degli anni 80 in Ungheria<br />

anch'io con la mia famiglia ero vittima protagonista<br />

mirata della persecuzione spietata del regime<br />

comunista di Kádár dello Stato-partito ungherese. Fino<br />

al cambiamento del regime del 1989 un apparato di<br />

spionaggio vastissimo funzionava non soltanto contro i<br />

presunti nemici esteri, ma contro «i nemici» interni<br />

etichettati «nemici di classe», «persone non grate».<br />

Di fronte alla propaganda comunista l'Occidente ha<br />

dato prova a lungo di una straordinaria cecità (voluta?)!<br />

La chiamerei piuttosto omertà. (Non era un accordo tra<br />

i paesi occidentali?) Questo comportamento è stato<br />

alimentato e quasi legittimato dalla convinzione dei<br />

comunisti occidentali e di molti uomini di sinistra che<br />

questi paesi stessero «costruendo il socialismo».<br />

All'ignoranza, voluta o meno, della dimensione criminale<br />

del comunismo si è aggiunta, come sempre,<br />

l'indifferenza dei contemporanei. Gli archivi interni del<br />

sistema di repressione dell'ex Unione sovietica, delle ex<br />

democrazie popolari e della Cambogia mettono una<br />

realtà terribile: il carattere massiccio e sistematico del<br />

terrore che, in molti casi, è sfociato nel crimine contro<br />

l'umanità.<br />

La strategia ragionata della repressione comunista,<br />

volta ad instaurare il potere assoluto, dopo avere<br />

eliminato i concorrenti politici e tutti coloro che avevano<br />

o potevano avere un «potere reale» - fra gli altri, i<br />

quadri dell'esercito e della Sicurezza - a rigor di logica<br />

avrebbe dovuto attaccare gli organismi della società<br />

civile coloro che volevano assicurarsi il monopolio del<br />

potere e della verità dovevano colpire le forze che<br />

avevano o potevano avere un potere politico-sociale:<br />

dirigenti e militanti politici o sindacali, ecclesiastici,<br />

giornalisti, scrittori, etc. La vittima veniva spesso scelta<br />

fra coloro che occupavano un posto chiave negli<br />

organismi della società civile: partiti, chiese, sindacati,<br />

ordini religiosi, associazioni, organi di stampa, potere<br />

locale. Il potere totalmente sottomesso all'Unione<br />

Sovietica, ordinava di spezzare tutti i numerosi legami<br />

della società civile con l'estero.<br />

Le dittature comuniste temevano gli spiriti creativi, la<br />

loro libertà di parola.<br />

Le Chiese rappresentavano per il potere comunista il<br />

grande problema nel processo di annientamento o di<br />

controllo degli organismi della società civile. La<br />

strategia di Mosca era ben definita: rompere i legami<br />

delle Chiese, cattolica o greco-cattolica, con il Vaticano<br />

e sottomettere al potere le Chiese divenute nazionali.<br />

Per raggiungere il loro scopo - ridurre l'influenza delle<br />

Chiese sulla vita sociale, sottometterle al minuzioso<br />

controllo dello Stato e trasformarle in strumenti della<br />

loro politica - i comunisti si avvalsero congiuntamente<br />

della repressione, dei tentativi di corruzione e<br />

dell'infiltrazione nella gerarchia. L'apertura degli<br />

archivi ha smascherato l'attività di collaborazione di<br />

molti ecclesiastici, vescovi compresi, con la polizia<br />

segreta.<br />

Quindi la vita della Chiesa nei paesi caduti dal 1945<br />

sotto l'egemonia ed oppressione sovietica fu molto<br />

difficile. Dopo gli arresti, le condanne, la prigionia o la<br />

relegazione della maggioranza dei vescovi cattolici negli<br />

anni posteriori al 1945 e la rottura delle relazioni<br />

diplomatiche con il Vaticano, nei paesi dell'Europa<br />

centrale ed orientale era scesa sulla chiesa una pesante<br />

coltre di gelo. Pastori incarcerati e confinati, case<br />

OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l’Altrove A<strong>NN</strong>O XIV/XV – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. 2010/2011 29

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