Editoriali NN. 77/78 - Osservatorio Letterario
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E poi, perché invece di polemizzare non va a rileggere<br />
Penna d’Autore di gennaio/febbraio 2008 [N.d.R.<br />
correttamente è: 1998] a pagina 24?..................................<br />
Non metto in dubbio il Suo titolo di Professoressa che<br />
Le è stato attribuito in Ungheria, ma la lingua italiana è<br />
un’altra cosa: bisogna saperla LEGGERE e SCRIVERE.....<br />
Forse non Le ho mai detto, cara Professoressa, del<br />
danno di immagine che ha avuto Penna d’Autore in quel<br />
periodo per aver offerto ai “suoi amici” la possibilità di<br />
scrivere sulla rivista. Ma erano amici e andavano aiutati.<br />
Ora quegli stessi amici si sentono “offesi”, negano<br />
l’evidenza!..................................................................<br />
Ma con che coraggio!..................................................<br />
E dire che Penna d’Autore aveva spalancato loro le<br />
porte, come documentano le sue stesse pagine.............<br />
Ma forse sono io a non saper scrivere l’italiano, non Lei<br />
a leggerlo...................................................................<br />
La prego, per favore: non mi disturbi più.»...................<br />
È più comodo terminare così la lettera invece di<br />
chiedere scusa e rimediare l’ingiustizia... Questo<br />
signore, deducendo dalla sua risposta, sicuramente deve<br />
tanto soffrire della miopia – in senso simbolico – e del<br />
complesso d’inferiorità, altrimenti non avrebbe scritto<br />
tutto quello che si legge in questa sua lettera, inviata<br />
alla mia osservazione, alla segnalazione del falso.<br />
Inoltre, sempre deducendo dalle sue righe, o sia<br />
smemorato oppure consapevolmente ignora il fatto che<br />
dopo una mia partecipazione ad un concorso letterario<br />
del 1995/1996 bandito da lui, egli stesso mi ha invitato<br />
ad iscrivermi alla sua associazione (due volte ho optato<br />
al pagamento della quota associativa – 120 mila e 90<br />
mila lire [socio benemerito] –) ed a collaborare alla sua<br />
rivista bimestrale appena fondata (1996), e, non io<br />
chiedevo l’opportunità per pubblicare sul suo neonato<br />
periodico e di breve durata, sostituito da un «librorivista»<br />
– che io, a suo posto, lo/la chiamerei l’annuario<br />
– a cui non mi sono più abbonata, a causa della qualità<br />
e spazio per me non più soddisfacienti ed a causa degli<br />
intrighi nei miei confronti nati dalle mie pubblicazioni a<br />
puntate, dalle mie iniziative letteriare ed editoriali<br />
contestate...<br />
Sono perfettamente consapevole che non posso<br />
competere – e non lo intendo neanche – con i cittadini<br />
di madrelingua italiana, parlanti veramente correttamente<br />
la loro lingua. Per me straniera, trapiantata già<br />
da adulta, per impadronire la lingua acquisita a livello<br />
(quasi) madrelinguistico, non sarebbero sufficienti<br />
neanche 100 anni trascorsi in Italia... Questo è ovvio,<br />
però, nonostante le imperfezioni linguistiche, io però,<br />
nonostante tutto cerco di dare del mio meglio possibile...<br />
Quanto riguarda l’enorme lavoro che svolgo –<br />
anche se trovassi collaboratori fissi e continui soltanto<br />
per la revisione linguistica –, non potrei pretendere che<br />
gratuitamente rivedessero tutti i miei scritti. Se invece<br />
lo trovassi a pagamento, io non riuscirei ad affrontare<br />
questa spesa. Tornando alla lettera di sopra,<br />
comunque, è da pensare che a quei tempi questo<br />
signore nel mio saggio – che è stato ripubblicato sulla<br />
nostra rivista, nella rubrica della «Saggistica<br />
ungherese» nella serie «Aspetti generali della cultura<br />
ungherese» – la locuzione “il dotto Babits” l’ha<br />
corretta e l’ha pubblicata nella versione assolutamente<br />
errata, sostituendola con “il dottor Babits”: quindi è da<br />
impressionarsi e ci lascia perplessi che un nato italiano<br />
– che vanta pure della sua abilità madrelinguistica –<br />
non sa la differenza tra il “dotto” e “dottore”!... (v.<br />
Anno II – N. 8 Ago./Sett. 1997, p. 21 di Penna<br />
d’Autore: «Panorama della letteratura Ungherese VI.»<br />
di Melinda Tamás-Tarr-Bonani...)<br />
Passiamo ora ad un’altra «avventura»... Ecco un’altra<br />
curiosa esperienza a proposito della direzione e<br />
proprietà della nostra rivista: nel passato ormai lontano<br />
una conoscente ha messo in giro di essere lei la<br />
direttrice e titolare dell’<strong>Osservatorio</strong> <strong>Letterario</strong>, di cui<br />
venni a conoscenza per puro caso in un evento<br />
culturale. Durante una conversazione con persone per<br />
me sconosciute, nominando il nostro periodico,<br />
qualcuno mi ha domandato di «essere la collaboratrice<br />
della direttrice e proprietaria N.N. dell’<strong>Osservatorio</strong><br />
<strong>Letterario</strong>»? L’ho dovevo illuminare che la signora in<br />
questione non era né la direttrice, né la titolare<br />
dell’O.L.F.A... Potrei ancora elencare altre varie<br />
spiacevoli avventure, cattiverie, slealtà, ovviamente<br />
generate dai pregiudizi, odi, invidie, gelosie,<br />
malintenzioni e così via... Non mancavano neanche<br />
lettere di cattivo gusto, inviate dai mitomani o dagli<br />
stolti... Nei primi otto anni della mia attività editoriale<br />
ho anche incontrato tanta arroganza, vari tipi di<br />
ingiurie, incorrettezze – come accade anche nel mondo<br />
politico – per qualsiasi cosa: a certe persone non va a<br />
genio mai quello che si fa oppure non si fa; per<br />
qualsiasi iniziativa o decisione hanno avuto da ridire,<br />
lanciare offese... Non parlando della diffidenza o<br />
dell’incredulità per il mio operato. Ecco un esempio<br />
dell’anno 1998: non dimentico mai le reazioni di due<br />
donne ferraresi quando le ho fatto vedere la copertina<br />
appena realizzata – illustrata dal mio fotomontaggio in<br />
cui si vede anche una mia immagine – a colori del<br />
fascicolo dell’Anno II N. 3 Aprile/Giugno 1998: tutte le<br />
due mi hanno formulato la stessa domanda: «C’è<br />
dentro, però, la zampetta dell’ingegnere, è vero?» –<br />
cioè, nella realizzazione, secondo loro, c’entrava mio<br />
marito. Egli immediatamente, assieme a me, le<br />
informava di presumere male. Mi veniva, oltre<br />
l’amarezza, anche la rabbia dentro di me, perché mi<br />
infastidiva tale considerazione generata dal mio<br />
operato: anche perché se quelle due donne fossero<br />
incapaci di realizzare cose simili, non significa che altre<br />
donne sarebbero ugualmente incompetenti! Mio marito<br />
mai mi ha messo le mani sui miei lavori, anche perché<br />
non è competente di questo tipo d’attività. Poi, per il<br />
lavoro, tutto il giorno essendo fuori città, lontano da<br />
casa e rincasando stanco morto solo le otto di sera,<br />
quando avrebbe potuto fare i miei lavori redazionali<br />
durati di tutti i giorni interi?! Ho constatato reazioni<br />
simili nei miei confronti non soltanto dalla parte della<br />
gente incolta, ma anche da parte di persone di una<br />
certa istruzione! Anche oggigiorno mi sconcerta questa<br />
mentalità italiana con la quale si presuppone che le<br />
femmine sono meno capaci dei maschi in certe attività<br />
per loro magari anche insolite, non parlando se si tratta<br />
delle cittadine d’origine straniera... Tutti i giorni ho<br />
sentito ingiustizie, sfiducia, sospetto, pregiudizio nei<br />
miei confronti, nonostante la mia cittadinanza italiana.<br />
Ho sempre constatato: uno straniero facendo qualsiasi<br />
cosa, essendo qualitativamente uguale o anche migliore<br />
degli italiani, può massacrarsi per dimostrare il suo<br />
valore, la sua competenza, non lo considerano, lo<br />
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OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l’Altrove A<strong>NN</strong>O XIV/XV – <strong>NN</strong>. <strong>77</strong>/<strong>78</strong> NOV. – DIC./GEN. – FEBB. 2010/2011