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2004 n.2 La Pianura - Camera di Commercio di Ferrara

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64<br />

Antenore Magri: Piccolo caffé e<br />

musicante, 1974<br />

olio su tela, cm 90x70<br />

Collezione Clara Chiari<br />

va, <strong>di</strong> dolce malinconia che ci rapisce in una<br />

sorta <strong>di</strong> sospensione magica dove lo spazio<br />

e il tempo vengono aboliti, proprio come<br />

avviene nella musica classica. Il termine<br />

“metafisico” applicato alla sua pittura ci riporta<br />

all’etimo greco: «oltre le cose fisiche».<br />

Come la musica classica non riproduce certo<br />

i rumori del mondo o i suoni della Natura<br />

(fruscio <strong>di</strong> foglie, scroscio <strong>di</strong> pioggia, sibilo <strong>di</strong><br />

vento, ecc.) ma corrisponde a vibrazioni interiori,<br />

ad armonie segrete che toccano le<br />

corde più profonde dell’anima, così la pittura<br />

metafisica <strong>di</strong> Magri risulta tutt’altro che naturalistica,<br />

evoca piuttosto mon<strong>di</strong> onirici, dà<br />

corpo ai fantasmi della poesia e della musica,<br />

per questo i suoi manichini femminili dai<br />

piccoli seni mostrano volti a forma <strong>di</strong> uova,<br />

lisci, privi <strong>di</strong> tratti fisionomici, ridotti a presenze<br />

non in<strong>di</strong>viduabili, specifiche, ma astratte,<br />

assolute.<br />

Lo stesso vale per le sue case riportate alla<br />

forma archetipa del cubo e del parallelepipedo,<br />

ben lontane da una definizione architettonica<br />

precisa. Così i suoi strumenti musicali<br />

non appartengono a un’epoca particola-<br />

FERRARA IN MUSICA<br />

re moderna, ricordano i liuti del<br />

Rinascimento, quelli <strong>di</strong>pinti dai gran<strong>di</strong> pittori<br />

da noi sopraccennati, ad<strong>di</strong>rittura si presentano<br />

privi <strong>di</strong> corde, proprio perché proposti<br />

come simboli extrasensoriali. L’elemento<br />

spettrale, già caro a de Chirico, ritorna nelle<br />

opere <strong>di</strong> Magri. Se proprio vogliamo suggerire<br />

un confronto calzante, possiamo citare la<br />

canzone “Vecchio frac” <strong>di</strong> Modugno in quanto<br />

le sue parole descrivono una situazione<br />

nostalgica, sognante, la stessa che ritroviamo<br />

nei Piccoli caffè con musicanti del pittore ferrarese:<br />

atmosfere notturne, strade deserte e<br />

silenziose, le insegne <strong>di</strong> un ultimo caffè,<br />

l’ombra che avvolge le cose in un alone <strong>di</strong><br />

mistero, il lampione che <strong>di</strong>ffonde una luce<br />

tremolante, i manichini simili a Muse della<br />

Musica, fantasmi come il vecchio frac, però<br />

non inquietanti come le celebri Muse <strong>di</strong> de<br />

Chirico , anzi rasserenanti. Magri fu amico <strong>di</strong><br />

artisti importanti come Gui<strong>di</strong>, Tamburi,<br />

Treccani, i quali presentarono le sue mostre<br />

tenute a Milano e a Parigi nel 1962.<br />

Proprio il suo soggiorno nella Ville Lumière ci<br />

fa pensare che l’artista ferrarese abbia avvertito<br />

il fascino magico dei bistro parigini,<br />

soprattutto quelli del quartiere latino. Infatti i<br />

suoi “piccoli caffè con musicanti” ci rimandano<br />

alle atmosfere misteriose delle “caves”<br />

esistenzialiste dove si riunivano i seguaci <strong>di</strong><br />

Sartre, vestiti <strong>di</strong> nero, intenti ad ascoltare le<br />

canzoni malinconiche interpretate da Juliette<br />

Grèco su testi <strong>di</strong> Prèvert e Vian. Ancora una<br />

volta ritorna la musica.<br />

Spulciando fra cataloghi e giornali per trovare<br />

annotazioni critiche che si ricolleghino al<br />

filo rosso da noi seguito, riportiamo in or<strong>di</strong>ne<br />

cronologico i commenti più emblematici.<br />

Scrive Arcangelo Rotunno «mi spiego come<br />

(Magri) sappia cogliere con imme<strong>di</strong>atezza<br />

autentica dell’arte, ami e intenda d’istinto<br />

così sincero la musica <strong>di</strong> Igor Stravinskij» (4).<br />

Carlo Segala, giornalista e pittore veronese,<br />

in<strong>di</strong>vidua nel Maestro due <strong>di</strong>rezioni: «raffinato<br />

tonalismo ed elaborazione <strong>di</strong> temi surrealistici»<br />

(5). <strong>La</strong> parola “tonalismo”, che ci ricorda<br />

il termine musicale “tono”, ovvero quel<br />

piccolo intervallo fra due suoni <strong>di</strong> altezza<br />

<strong>di</strong>versa, è già stato espresso dall’articolista<br />

Luber in occasione <strong>di</strong> una personale dell’artista<br />

presso la Galleria Cosmè <strong>di</strong> viale Cavour<br />

a <strong>Ferrara</strong> nel 1956. Il giornalista riscontra nel<br />

pittore «armoniosi accor<strong>di</strong> tonali, felici trasparenze,<br />

stupefatti atmosfere» in una recensione<br />

apparsa su “L’Avvenire d’Italia” dello stesso<br />

anno. Un altro articolo firmato con la sigla<br />

T. M. risulta più esplicito «Le sue cose parlano<br />

<strong>di</strong> solitu<strong>di</strong>ni profonde, <strong>di</strong> staticità incantata<br />

quasi egli riesca con vellutati rapporti tonali,<br />

con ritmi che si susseguono con insistenza<br />

matematica a fissare il tempo concretizzando<br />

una realtà poetica sognata che ha il

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