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2004 n.2 La Pianura - Camera di Commercio di Ferrara

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70<br />

Guido Slataper, Ritratto a<br />

stampa <strong>di</strong> Francesco Migliari.<br />

<strong>Ferrara</strong>, Biblioteca Comunale<br />

Ariostea.<br />

Bevilacqua nel 1818 scrisse il libretto per<br />

A<strong>di</strong>na ovvero il califfo <strong>di</strong> Bagdad, farsa in un<br />

atto commissionata al musicista<br />

dall’Ispettore dei teatri portoghesi, mentre<br />

l’anno seguente (esattamente il 24 aprile<br />

1819), andò in scena al teatro “San<br />

Benedetto” <strong>di</strong> Venezia Eduardo e Cristina,<br />

dramma per musica in due atti, su libretto<br />

scritto da Gherardo assieme ad Andrea<br />

Leone Tottola.<br />

L’anno precedente al Teatro S. Carlo <strong>di</strong><br />

Napoli era andata in scena Il trionfo <strong>di</strong><br />

Traiano, <strong>di</strong> Domenico Tritto, sempre su<br />

libretto <strong>di</strong> Bevilacqua e <strong>di</strong> Tottola, rielaborando<br />

un brogliaccio <strong>di</strong> Giovanni Schmidt.<br />

Ma il ferrarese collaborò contemporaneamente<br />

con Gaetano Donizetti: il 26 <strong>di</strong>cembre<br />

1819 si svolse la première <strong>di</strong> Pietro il<br />

Grande czar delle Russie o Il falegname <strong>di</strong><br />

Livonia, opera buffa in due atti che purtroppo<br />

non ebbe successo. Ha infatti argutamente<br />

rilevato Fayad: “è la fine <strong>di</strong> <strong>di</strong>cembre:<br />

la glacialità del pubblico è pari a quella della<br />

temperatura esterna!” (4).<br />

Forse a causa <strong>di</strong> questo insuccesso,<br />

Bevilacqua decide <strong>di</strong> lasciare il mondo del<br />

teatro per de<strong>di</strong>carsi alla storia dell’arte, pur<br />

non trascurando i rapporti con <strong>Ferrara</strong> (5):<br />

abbandonato il Nord Italia, pubblica a Roma<br />

nel 1829 “Le belle arti applicate ai bisogni<br />

della vita”, saggio filosofico con sue otto tavole<br />

incise e nel 1840 l’ambiziosissimo “Italia.<br />

Memorie poligrafe iconografiche”, importante<br />

testo analitico che voleva iniziare una storia<br />

universale dell’arte (6), anche questo corredato<br />

da sue illustrazioni, le quali riba<strong>di</strong>scono<br />

un’evidente inclinazione per la scenografia.<br />

Il progetto e<strong>di</strong>toriale ne <strong>di</strong>ssanguò le finanze,<br />

tanto che Gherardo morì a Roma il 22 gennaio<br />

1845, a soli 53 anni, in una casetta in<br />

affitto ed in assoluta povertà.<br />

Nel decennio precedente aveva conosciuto<br />

un periodo felice alla corte <strong>di</strong> Napoli: era<br />

stato infatti nominato da Fer<strong>di</strong>nando II <strong>di</strong><br />

Borbone <strong>di</strong>rettore degli scavi <strong>di</strong> Ercolano e<br />

Pompei, nonché supervisore degli spettacoli<br />

teatrali alla corte partenopea. In tal senso<br />

chiamò ad operare quali decoratori e, forse,<br />

scenografi, i concitta<strong>di</strong>ni Francesco Migliari e<br />

Francesco Saraceni: le fonti parlano genericamente<br />

<strong>di</strong> affreschi negli appartamenti del<br />

principe Carlo nel Palazzo Reale (nell’o<strong>di</strong>erna<br />

piazza del Plebiscito), che però fu gravemente<br />

danneggiato da un incen<strong>di</strong>o nel<br />

1837, rovinando anche il Teatro <strong>di</strong> Corte (7).<br />

Traccia del soggiorno partenopeo <strong>di</strong> Migliari<br />

è un suo ine<strong>di</strong>to <strong>di</strong>segno vedutistico, raffigurante<br />

il “Santuario Capo Major <strong>di</strong> Napoli” (8).<br />

Al <strong>di</strong> là delle simpatie <strong>di</strong> Gherardo a carattere<br />

“campanilistico”, Migliari era in effetti<br />

decoratore e scenografo noto in tutt’Italia.<br />

FERRARA IN MUSICA<br />

Nato a <strong>Ferrara</strong> nel 1793, anch’egli si era perfezionato<br />

a Milano, presso il Sanquirico:<br />

quin<strong>di</strong> aveva operato come scenografo per il<br />

teatro “Comunale” <strong>di</strong> Bologna (1834:<br />

Norma, per l’impresario Carlo Re<strong>di</strong>), aveva<br />

realizzato nel 1836 apparati per il teatro <strong>di</strong><br />

Medole, nel Mantovano e nel 1838 scenografie<br />

per il teatro <strong>di</strong> Bondeno, operando<br />

altresì per Forlì.<br />

Nel 1840 fu chiamato da Tranquillo Arsi alla<br />

veneziana “Fenice”, nel 1841 si recò a<br />

Monaco <strong>di</strong> Baviera (lavorandovi ancora<br />

assieme al Saraceni) e poco dopo affrescò il<br />

teatro “Bonci” <strong>di</strong> Cesena e quello<br />

“Comunale” <strong>di</strong> Bagnacavallo, mentre nel<br />

1851 realizzò il sipario del teatro <strong>di</strong> Fabriano,<br />

nelle Marche (completato da Girolamo<br />

Domenichini): ebbe altresì l’incarico <strong>di</strong> decorare<br />

il teatro <strong>di</strong> Camerino, terminato per la<br />

morte improvvisa dal figlio Giuseppe e dal<br />

Pedrali.<br />

Soggiornò inoltre, per motivi <strong>di</strong> lavoro, in<br />

Grecia, a Firenze e a Roma.<br />

Ma il suo impegno maggiore fu svolto a<br />

<strong>Ferrara</strong>, dove decorò numerosi palazzi ed il<br />

teatro “Comunale” (completando la decorazione<br />

poco prima della morte, avvenuta il 21<br />

agosto 1851): per la medesima sala teatrale<br />

realizzò molte scenografie per opere musicali.<br />

Ad esempio, il 4 novembre 1830 andò in<br />

scena al “Comunale” <strong>La</strong> caduta <strong>di</strong> Fetonte,<br />

cantata a tre voci con coro musicata da<br />

Antonio Ronzi su libretto <strong>di</strong> Francesco<br />

Avventi: la composizione musicale era incentrata<br />

sulla leggenda classica <strong>di</strong> Fetonte, legata<br />

alla nascita mitica del Po, seppur con un<br />

singolare epilogo e, con sullo sfondo, il<br />

panorama <strong>di</strong> <strong>Ferrara</strong> contrad<strong>di</strong>stinto dalle<br />

quattro torri del Castello Estenze.<br />

Di altre scenografie, ne tramanda la memoria<br />

Clau<strong>di</strong>o Savonuzzi, il quale scrive: “Sono<br />

perdute anche le “scene”, documentate, del<br />

Migliari per il Comunale ferrarese ed eseguite<br />

con la collaborazione del figlio Giuseppe<br />

(che finirà ad Odessa a decorarvi quel teatro,<br />

dopo i lavori alla Sala <strong>di</strong> Fabriano assieme al<br />

Domenichini jr), <strong>di</strong> Celeste Tomasi e <strong>di</strong> Luigi<br />

Pedrali. Per la Luisa Miller furono: a) Villaggio<br />

montano nel Tirolo, b) Sala nel castello del<br />

conte Walter, c) Interno <strong>di</strong> casa Miller, d)<br />

Giar<strong>di</strong>no pensile; per la Adelaide <strong>di</strong><br />

Borgogna, opera-ballo: e) Sala d’armi, f)<br />

Interno della torre, g) Villaggio sul Garda, h)<br />

Interno <strong>di</strong> una grotta, i) Piazza <strong>di</strong> Pavia” (9).<br />

Ma un analisi dettagliata delle locan<strong>di</strong>ne e<br />

dei programmi <strong>di</strong> sala conservati negli<br />

Albums dell’Ariostea documenta un’attività<br />

ben più intensa, ovvero tutt’altro che spora<strong>di</strong>ca.<br />

Il ferrarese si impegnò infatti eseguendo<br />

scene per opere e balli rappresentati sia<br />

nella stagione <strong>di</strong> Carnevale che in quella pri-

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