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Quaderno di cultura popolare, Numero monografico - Comune di ...

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10<br />

ancora caldo, che per<br />

aromatizzare l’impasto,<br />

unitamente a spezie e aglio.<br />

Facendo fondere il<br />

grasso più morbido che non<br />

era stato possibile utilizzare<br />

come lardo o per la<br />

preparazione dei salami, dopo<br />

averlo tagliato a pezzetti, si<br />

ricavano i ciccioli (grassette,<br />

friciule, friscule, grissiliun);<br />

infine dopo aver soffritto porri<br />

e cipolle, una volta tritati,<br />

saranno aggiunti all’impasto<br />

<strong>di</strong> carne. “Gli ingre<strong>di</strong>enti –<br />

spiega Verona - vengono<br />

quin<strong>di</strong> uniti al sangue (che<br />

dovrebbe assolutamente<br />

essere usato entro le 8 ore<br />

dall’uccisione del maiale) e si<br />

completa l’impasto prima <strong>di</strong><br />

insaccare nel budello e legare<br />

le mustardele in modo che<br />

siano lunghe 20 cm.” Un tempo<br />

Mustardela della Val Pellice.<br />

il prodotto era consumato fresco, oppure veniva appeso come i salami e<br />

stagionato secco. Altri stagionavano in recipienti con del grasso ma ciò<br />

aveva spesso il grave inconveniente <strong>di</strong> irranci<strong>di</strong>re alterando così il gusto del<br />

salume. Tra<strong>di</strong>zionalmente realizzata in inverno, “è un piatto da consumarsi<br />

nella stagione fredda – conclude l’agronoma pinerolese specializzata in<br />

tra<strong>di</strong>zioni culinarie – passato in padella con le cipolle, oppure bollito ed<br />

accompagnato da patate, purè o polenta. Però trova un momento <strong>di</strong> utilizzo<br />

anche con le prime patate novelle in estate o ancora con contorno <strong>di</strong> patate<br />

del burro rosolate ed aromatizzate con rosmarino.”<br />

LA TRADIZIONE ENOLOGICA<br />

Nel Me<strong>di</strong>oevo<br />

Gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Fer<strong>di</strong>nando Gabotto, Rinaldo Comba e <strong>di</strong> altri stu<strong>di</strong>osi<br />

locali, ci illuminano sul panorama viticolo della regione nel Me<strong>di</strong>oevo a<br />

cavallo tra XIII e XIV secolo. Si tratta ovviamente <strong>di</strong> vigne signorili dei principi<br />

Savoia-Acaia, collocate a ridosso della collina Pinerolese, tra gli attuali<br />

comuni <strong>di</strong> Roletto, Pinerolo e Porte la cui estensione ricopriva all'epoca circa<br />

10 ettari <strong>di</strong> terreno nei quali erano coltivate viti <strong>di</strong> beaune, moscatello e<br />

nebbiolo, che secondo il Caffaro era una presenza consistente da lunga<br />

data e potevano impegnare parecchi salariati nei lavori connessi con i cicli<br />

stagionali <strong>di</strong> manutenzione della vite, il cui momento culminante era

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