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Quaderno di cultura popolare, Numero monografico - Comune di ...

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26<br />

…scuoto tre volte i susini e mi faccio la marinara piena; ma sono<br />

appannate, così livide e fredde che bisogna farle scaldare al sole per<br />

poterle mangiare. 2<br />

…il pero gigantesco mai scalato fino in vetta che faceva tanti miria…<br />

…i perini nani, allineati destr-riga, che offrivano, ritta sul sedere<br />

grassoccio, la pera burrina scaricata nella notte…3 Dal punto <strong>di</strong> vista più rigorosamente scientifico, la frutticoltura<br />

piemontese è documentata da un gran numero <strong>di</strong> fonti, che ne attestano<br />

l’importanza, la <strong>di</strong>stribuzione sul territorio e le <strong>di</strong>verse fasi evolutive. Negli<br />

anni ’50-‘60, numerosi sono i testi a firma del professor Carlone, dove<br />

vengono riportati dati storici a questo proposito.<br />

…Poche altre regioni possono vantare al pari del Piemonte con<strong>di</strong>zioni<br />

così propizie ai fruttiferi sia per ciò che riguarda il clima che il suolo,<br />

sicchè nell’assortimento sono rappresentate tutte le specie arboree<br />

da frutto delle zone temperate: dal pero al melo, dal pesco all’albicocco,<br />

al susino ed al ciliegio, e dal noce al nocciolo, ecc. Esse si trovano<br />

nelle ricche pianure, come lungo i pen<strong>di</strong>ii, sia nelle vallate che nelle<br />

alture, fino a 1000 metri <strong>di</strong> altitu<strong>di</strong>ne.<br />

Nell’agricoltore piemontese è profondamente ra<strong>di</strong>cata la passione<br />

per gli alberi in genere e per quelli da frutto in modo particolare,<br />

passione antica ere<strong>di</strong>tata dai padri e che viene tramandata ai figli.<br />

Le origini della frutticoltura nella regione sono abbastanza remote,<br />

risalendo ai tempi dei romani… (omissis)<br />

Nel 1700, con la fine delle invasioni e delle pestilenze che funestarono<br />

il Piemonte, ritorna la floridezza nelle campagne e rifiorisce la<br />

frutticoltura, la cui totale produzione nel 1750 fu <strong>di</strong> oltre 83.000<br />

quintali. L’estensione dei frutteti dell’epoca non sempre rispecchia<br />

nei luoghi l’attuale frutticoltura, comunque sappiamo che a Torino<br />

si producevano 6.400 quintali <strong>di</strong> frutta, a Pinerolo 8.500, a Ivrea<br />

6.000, a Mondovì circa 7.000 (omissis). Invece negli attuali maggiori<br />

centri frutticoli la frutta era <strong>di</strong> appena 1.500 quintali ad Alba, 5.000<br />

a Saluzzo e soltanto 26 quintali a Cuneo. 4<br />

Una delle prime fonti autorevoli <strong>di</strong>rette che attestano la vocazione<br />

frutticola sono i testi del Gallesio (1772 – 1839), giurista e <strong>di</strong>plomatico,<br />

pubblico funzionario ed agricoltore, fortemente interessato al mondo vegetale<br />

che stu<strong>di</strong>ò costantemente nel corso dei suoi viaggi, fino ad arrivare alla<br />

Pomona italiana, monumentale opera sul patrimonio frutticolo, agrumicolo,<br />

olivicolo e viticolo dell’Italia del primo Ottocento. Notizie sull’area in oggetto<br />

<strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o, vengono anche da "I giornali dei viaggi" 5 , dove il Gallesio descrive<br />

2 Jahier P., Ragazzo – Il paese delle vacanze, Vallecchi Ed., Firenze 1967.<br />

3 Jahier P., Ragazzo – Visita al paese, Vallecchi Ed., Firenze 1967.<br />

4 Raffaele Carlone, “Situazione attuale ed orientamenti per una progre<strong>di</strong>ta frutticoltura<br />

piemontese”, 1961.<br />

5 Giorgio Gallesio, “I giornali dei viaggi – Trascrizione, note e commento <strong>di</strong> Enrico<br />

Bal<strong>di</strong>ni”, Firenze 1995.

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