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dall'espansione allo sviluppo. una storia economica dell'europa 1 ...

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Dall’espansione <strong>allo</strong> <strong>sviluppo</strong>.<br />

all’industria. (Gran Bretagna rivoluzione industriale, Belgio e Francia anni 30-60, Germania periodo<br />

1850-1873, Svezia 1868-1890, Russia 1890-1914)<br />

4. Maturità, il processo si estende, le innovazioni si diffondono, nuove industrie<br />

trasmettono dinamismo. Il volume degli investimenti passa dal 10 al 20% del reddito nazionale, la<br />

produzione supera l’incremento demografico ed i redditi aumentano costantemente, si destinano<br />

maggiori risorse ai consumi.<br />

5. Età dei consumi di massa, modello americano, la distribuzione di <strong>una</strong> crescente quota<br />

del potere d’acquisto per i consumi spinge le imprese produttrici ad investire in processi di<br />

standardizzazione della produzione per allargare il mercato abbassando i prezzi.<br />

I critici notano come tale modello presenta un modello di crescita che si svolge ordinatamente<br />

attraverso fasi in cui uno stadio deriva da quello precedente ma non spiega i meccanismi di<br />

passaggio, le cause, e come non consideri le interazioni tra le diverse dimensioni<br />

(internazionale,nazionale, regionale) in cui si sviluppa il fenomeno. È <strong>una</strong> teoria di imitazione senza<br />

varianti.<br />

Gerschenkron e i vantaggi dell’arretratezza<br />

Ruolo centrale non le dinamiche di lungo periodo ma i due più importanti stadi di Rostow: le<br />

precondizioni e lo stadio del decollo. Studia i meccanismi che mettono i Paesi ritardatari in grado di<br />

avviare un processo di <strong>sviluppo</strong>, introduce il concetto di arretratezza relativa al paese leader, la Gran<br />

Bretagna, posizionando i diversi Paesi su <strong>una</strong> graduatoria di confronto con la quantità ed importanza<br />

dei prerequisiti.<br />

Più le condizioni sono simili, più è probabile un’imitazione veloce ed efficiente. Se invece i<br />

prerequisiti mancano, i Paesi possono colmare le lacune con l’impiego di fattori sostitutivi (il sistema<br />

bancario in Italia). I diversi percorsi di industrializzazione derivano dai diversi livelli di arretratezza e<br />

fattori sostitutivi.<br />

L’arretratezza ha comunque dei vantaggi: chi arriva dopo può imitare le tecnologie senza processi di<br />

perfezionamento e impiego di risorse in ricerca e <strong>sviluppo</strong>, utilizzando d’un colpo tecnologie che<br />

avevano impiegato oltre un secolo per arrivare a standard accettabili. Maggiore è il livello di<br />

arretratezza, più rapido sarà il ritmo di <strong>sviluppo</strong> industriale, maggiore lo <strong>sviluppo</strong> della grande<br />

industria, la concentrazione nella produzione di beni strumentali anziché di consumo, il ruolo degli<br />

attori istituzionali impiegati ad aumentare la velocità del processo, minore la crescita agricola e<br />

maggiore l’importazione di conoscenze tecniche e capitali stranieri.<br />

Chi è in testa non è sicuro di rimanervi (declino della Gran Bretagna nella seconda metà dell’800), chi<br />

è più vicino al leader può subentrarvi, chi è decaduto può recuperare posizioni (Italia).<br />

Il problema delle unità di analisi: Pollard e la regione <strong>economica</strong><br />

Dagli anni 70 si cercano di abbandonare i modelli di interpretazione univoci e lineari cercando di<br />

evidenziare le caratteristiche peculiari di ciascun caso, incontrado però il problema dell’unità di base<br />

dell’analisi, comunemente quella nazionale (permetteva l’utilizzo di cifre raccolte da autorità centrali)<br />

si iniziavano a proporre le regioni, non necessariamente coincidenti con un’unità politico<br />

amministrativa.<br />

The peaceful conquest (1981) mostra come la nozione di decollo si debba applicare alla dimensione<br />

regionale, e come nel caso della Gran Bretagna la rivoluzione industriale fosse stata favorita dalla<br />

simultaneità del decollo di numerose sue regioni. Tra le regioni c’erano divari anche importanti<br />

Una Storia Economica dell’Europa pag. 14

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