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dall'espansione allo sviluppo. una storia economica dell'europa 1 ...

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Dall’espansione <strong>allo</strong> <strong>sviluppo</strong>.<br />

popolazione, il che significa un livello di prosperità materiale superiore del 50% rispetto alla media<br />

mondiale, che nel 1998 arriva quasi a doppiare. C’erano meno europei, ma più prosperi.<br />

L’evoluzione demografica<br />

Durante il secolo i Paesi europei sono cresciuti di circa 300 milioni di abitanti, da 500 a 800, quindi più<br />

del 60%.<br />

La situazione prima del 1913, dopo le guerre balcaniche e con le frontiere esistenti in quel momento,<br />

vedeva il grosso della popolazione (88%) concentrata in 7 Stati (Russia, Germania, Austria-Ungheria,<br />

Regno Unito, Francia, Italia, Spagna).<br />

Il ritmo di crescita dal 1900 al 1913 fu di 1,11%, dal 1913 al 1950 (transwar years) molto più lenta,<br />

alcuni Paesi soffrirono di perdite numeriche considerevoli durante le guerre (Polonia e<br />

Cecoslovacchia), altri entrarono in <strong>una</strong> fase di stagnazione totale (Francia ma anche Germania,<br />

Austria ed Irlanda) mentre le periferie europee, la mediterranea e la settentrionale ebbero maggiori<br />

incrementi con in testa l’Olanda.<br />

Dopo il 1950 il ritmo globale di crescita aumenta come frutto del maggiore ottimismo del dopoguerra<br />

in tutti i Paesi tranne alcuni del blocco sovietico (Ungheria e Bulgaria), crescita concentrata nel terzo<br />

quarto di secolo (1950-1973 +1% annuo, 1973-1990 +0,5%, 1990-1998 +0,2%), mentre l’ultimo decennio<br />

fu segnato da <strong>una</strong> stagnazione totale dell’Europa orientale (CSI inclusa).<br />

I tassi di mortalità, specialmente quella infantile, declinarono fortemente, la speranza di vita alla<br />

nascita era in costante aumento. Nel 1900 si superavano raramente i 50 (Italia 43, Russia 32), alla fine<br />

del secolo la speranza di vita alla nascita era di 77–79 anni. La situazione attuale è di equilibrio tra<br />

natalità e mortalità, entrambe attorno al 10%0 .<br />

L’Europa fu durante tutto il XIX secolo un continente di emigrazione. Tra le due guerre l’Europa<br />

occidentale ed in particolare Gran Bretagna, Belgio e Francia cominciarono ad attrarre immigrati (dal<br />

Sud o dall’Est Europa) per la necessità di manodopera dovuta alle enormi perdite di vite umane, alle<br />

mutilazioni ed invalidità provocate dalla guerra, ma anche per le nuove severe leggi<br />

sull’immigrazione americane. Dopo la seconda guerra mondiale l’immigrazione europea ebbe un<br />

decollo, continuando negli anni ‘50 a convivere con la dominante emigrazione transoceanica, per<br />

trasformarsi negli anni ’60 in immigrazione netta iniziando ad attrarre anche popolazioni delle ex<br />

colonie ed extraeuropee.<br />

Il potenziale economico<br />

PIL: moltiplicazione della popolazione per il reddito pro capite, è il migliore indicatore della potenza<br />

<strong>economica</strong>, della capacità complessiva di mobilitare risorse.<br />

Nel 1913 le 6 maggiori potenze europee (Russia 20,4%, Germania 19,4%, Austria–Ungheria 17,2%,<br />

Francia10,7%, Regno Unito 10,1% ed Italia 6,1%) cumulavano l’85% del PIL (prodotto interno lordo).<br />

Ma tenendo conto anche il peso del PIL totale (coloniale), poderoso per l’Inghilterra (146%<br />

confrontato col PIL della madrepatria) e per l’Olanda (181%), ininfluente per Italia e Spagna (1%), la<br />

classifica del potenziale economico cambia vedendo l’Inghilterra al primo posto (31,9%), la Russia<br />

sprovvista di colonie retrocessa al secondo (15,5%) seguita da Germania (15,1%) e Francia (9,9%).<br />

Come si vede il potenziale britannico è molto superiore a quello dei soli territori metropolitani.<br />

Alla fine del XX secolo la situazione è stravolta: i grandi imperi coloniali sono svaniti, gli imperi<br />

centrali ed orientali si sono dissolti, il ranking delle potenze economiche è mutato del tutto. I grandi<br />

Una Storia Economica dell’Europa pag. 34

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