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dall'espansione allo sviluppo. una storia economica dell'europa 1 ...

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Dall’espansione <strong>allo</strong> <strong>sviluppo</strong>.<br />

dinamico al mondo, dalla crescita demografica prodotta dalle ondate migratorie, dall’ambiente<br />

sociale favorevole all’accumulazione delle ricchezze materiali e all’adozione di tecniche moderne<br />

(dovuta alla carenza di manodopera e quindi l’alto costo del lavoro), all’equilibrio tra tutti i comparti<br />

produttivi e le diverse aree del paese e dalla crescita di grandi imprese nei settori strategici dello<br />

<strong>sviluppo</strong>.<br />

Il Belgio fu il Paese che più si conformò al modello inglese per similarità di risorse naturali, lunga<br />

tradizione marittima, commerciale e manifatturiera, e contiguità territoriale. In epoca napoleonica<br />

aveva beneficiato del mercato francese, poi fu accorpata ai Paesi Bassi e divenne indipendente nel<br />

1830. Il sistema industriale era forte: attività mineraria e metallurgica, polo laniero più potente sul<br />

continente, meccanizzazione del lanificio, industria cotoniera, meccanica e siderurgica. Più tardi<br />

zuccherifici, vetrerie, cantieri navali, ferroviari e tranvari, industria chimica. Sperimentò inoltre un<br />

originale strumento finanziario di sostegno all’attività industriale, <strong>una</strong> banca di investimenti (1830)<br />

che deteneva pacchetti azionari di imprese e ne creava seguendone gli interessi. La banque del<br />

Belgique, creata nel 1835, fondò e rilevò in 4 anni ben 24 imprese industriali. Lo Stato ebbe un ruolo<br />

importante nella costruzione di ferrovie e nel 1840 il Belgio era il paese più industrializzato del<br />

continente, e tale rimase fino al 1914.<br />

La Francia, svantaggiata da istituzioni e mentalità imprenditoriale poco adatte <strong>allo</strong> <strong>sviluppo</strong><br />

industriale e dalla scarsità di carbone, mantenne fino al 1850 in primo piano gli interessi agricoli pur<br />

raggiungendo importanti sviluppi nel settore cotoniero, siderurgico e meccanico. I tre quarti<br />

dell’output industriale provenivano dalla manifattura artigianale di beni di lusso ad alto valore<br />

aggiuntivo (industrie naturali) che godevano di alto prestigio e radicate tradizioni. Già seconda<br />

potenza commerciale al mondo, la crescita accelerò quando la mano pubblica (Napoleone III, secondo<br />

Impero) intervenne nella costruzione di <strong>una</strong> rete ferroviaria e telegrafica, ma pesò negativamente la<br />

sconfitta nella guerra franco prussiana con la perdita dell’Alsazia-Lorena, la recessione degli anni 80,<br />

le epidemie nel settore vitivinicolo, le guerre commerciali con l’Italia e in generale la svolta<br />

protezionistica del periodo che penalizzava un Paese principalmente esportatore, il rallentamento del<br />

mercato interno dovuto alla bassa crescita della popolazione.<br />

I punti di debolezza strutturali erano le piccole dimensioni aziendali sia in agricoltura che nelle<br />

attività manifatturiere, il dualismo tra un ampio settore di produzioni artigianali di nicchia e poli<br />

industriali moderni localizzati intorno ai grandi centri urbani, la dipendenza energetica dalla forza<br />

idraulica (l’elettricità consentì un recupero all’esordio del nuovo secolo che ebbe il suo settore<br />

trainante nell’industria automobilistica).<br />

La Germania grazie ai suoi rapidissimi sviluppi divenne la seconda potenza mondiale, il più temibile<br />

rivale continentale dell’Inghilterra. Le industrie avevano alla base attività di laboratorio, erano<br />

orientate più all’efficienza tecnica che al rendimento, e la Germania fu la prima nazione ad introdurre<br />

un sistema di previdenza sociale (1880). Il decollo avvenne dopo l’unificazione nel 1871 e si fondò<br />

sull’attiva partecipazione dello Stato e sui forti legami con le banche (ruolo propulsivo della banca<br />

mista) che iniziarono col finanziare le costruzioni ferroviarie, per poi estendersi ai settori a monte<br />

(industria mineraria, siderurgica e meccanica) ed a tutto il mercato. Il modello di <strong>sviluppo</strong> si<br />

configurò come capitalismo organizzato o capitalismo manageriale cooperativo, i cui aspetti più<br />

significativi furono la tendenza alla concentrazione degli impianti ed il conseguente rafforzamento<br />

del ruolo della grande impresa (big business), forte legame tra scienza ed industria, e l’affermazione<br />

di cooperazioni tra imprese dello stesso settore attraverso accordi di cartello per eliminare la<br />

concorrenza, stabilire i prezzi e i profitti, che divennero legittimi nel 1897 (106 nel 1890, 385 nel 1905)<br />

I settori di punta, meccanica industriale pesante (elettromeccanica), metallurgica e chimica (Bayer,<br />

aspirina, coloranti) producevano beni strumentali e non di consumo, si imposero sui mercati<br />

Una Storia Economica dell’Europa pag. 26

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