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dall'espansione allo sviluppo. una storia economica dell'europa 1 ...

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Dall’espansione <strong>allo</strong> <strong>sviluppo</strong>.<br />

Rimanevano comunque alcuni squilibri a livello di economia mondiale, come quelli causati dalla<br />

ristrutturazione produttiva internazionale: la guerra aveva incoraggiato l’aumento della capacità<br />

produttiva in tutto il mondo extrabelligerante per sostituire i mercati che prima venivano riforniti con<br />

l’importazione dall’Europa, che alla fine della guerra, con il ritorno alla normalità produttiva<br />

europea, portò a un problema di sovrapproduzione cronico che provocò <strong>una</strong> tendenza chiamata<br />

“deflazione strutturale” che riflette l’eccesso di offerta di beni sul mercato condizionando le<br />

opportunità di commercio durante la decade degli anni 20. Questa difficoltà di riorganizzazione<br />

produttiva spiega, secondo Kinndleberger, la durezza della crisi del 1929: la domanda mondiale andò<br />

decelerando di fronte all’incapacità dell’offerta di sostenere i prezzi commercializzando<br />

costantemente a prezzi di saldo.<br />

L’isolazionismo nordamericano inoltre, che intorpidiva la crescita del resto del mondo, si era<br />

dimostrato prima con il disinteresse per i trattati di pace e per il nuovo ordine mondiale, poi con il<br />

rifiuto del Congresso di entrare nella Società delle Nazioni, con la chiusura all’immigrazione, che<br />

provocava l’abbassamento dei salari operai e si realizzò con l’imposizione di <strong>una</strong> quota massima, ed<br />

infine con l’imposizione di dazi commerciali protezionistici che nel 1931 chiusero letteralmente le<br />

frontiere americane.<br />

In nordamerica si viveva comunque <strong>una</strong> grande prosperità, in gran parte derivata dagli enormi<br />

guadagni procurati dalla neutralità, dai prezzi insuperabili per i prodotti agrari, minerari ed<br />

industriali, qui si sviluppavano mode e nuovi prodotti, l’American way of life (le comodità della vita<br />

moderna) si diffonde attraverso nuovi mezzi di comunicazione, il più brillante dei quali è il cinema.<br />

In questo ambiente pieno di sicurezza e di prosperità si andò estendendo notevolmente<br />

l’investimento in borsa e l’acquisto di azioni di credito: il mercato borsistico attraè sempre più fondi<br />

entrando in <strong>una</strong> fase decisamente rialzista durante il 1928 e 1929, tutto basato sul fatto che l’economia<br />

non avrebbe cessato di crescere. In effetti molti mercati andavano riducendosi dalla crescente<br />

disparità degli Stati Uniti, e lo stesso mercato interno andava saturandosi e la capacità produttiva<br />

stava diventando sproporzionata rispetto alla capacità di assorbimento del mercato, mostrando un<br />

raffreddamento economico nel secondo semestre del 1929, che provocò <strong>una</strong> corrente di vendite nella<br />

borsa di NYC che culminò alla fine di ottobre nella precipitazione delle quotazioni (venerdì nero e<br />

martedì nero), dei valori dei titoli, distruggendo in pochi giorni i sogni di ricchezza dei loro<br />

possessori. Molti investitori avevano comprato azioni a credito e la relativa insolvenza travolse chi<br />

aveva concesso loro i prestiti cioè le banche, e la spirale della contrazione del credito si mise in moto<br />

in tutte le direzioni, annullando le liquidità delle imprese, costrette a sospendere i pagamenti, molte a<br />

chiudere i battenti provocando disoccupazione. La Federal Reserv (FED, la banca centrale<br />

statunitense) sottovalutò il fenomeno e non intervenì, difesa dal presidente Hoover, che con questo<br />

errore si giocò la presidenza a favore dell’elezione nel 1932 di Roosvelt.<br />

Mentre la crisi borsistica si trasformava in bancaria e finanziaria in tutto il mondo, un altro<br />

meccanismo distruttivo si era messo in moto: l’America, per difendere la propria produzione, inasprì<br />

il protezionismo e ridusse fino a sospenderla l’erogazione di crediti all’estero, provocando la reazione<br />

di numerosi altri Paesi che avevano reagito con dazi più duri, e la tendenza alla guerra commerciale si<br />

vide rafforzata dalla caduta dell’attività <strong>economica</strong> e la crisi si globalizzò, portando il commercio<br />

mondiale a ridursi in modo continuo per 4 anni in <strong>una</strong> spirale di contrazione.<br />

Per sfuggire a questa ragnatela la soluzione era svalutare, tagliare cioè il legame con il gold standard,<br />

l’istituzione che simbolizzava la stabilità, normalità e benessere e che tanto era costato reintrodurre. Il<br />

Regno Unito fu il primo ad abbandonarla (settembre 1931), seguito da tutti i Paesi dell’area del<br />

Commonwealth e dai piccoli Paesi europei che dipendevano dal mercato britannico. In generale si<br />

comportarono meglio i Paesi che ne uscirono presto, riuscendo a svalutare e recuperare capacità<br />

competitiva, persa invece dagli altri.<br />

Una Storia Economica dell’Europa pag. 46

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